Diario della caduta di un regime.
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Re: Diario della caduta di un regime.
LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
L’ASILO ETRURIA HA RIABILITATO ADDIRITTURA BAFFINO, CHE NEI LORO CONFRONTI SEMBRA UN GIGANTE
PENSAR MALE SI FA PECCATO, MA QUASI SEMPRE CI SI AZZECCA.
Giulio Andreotti.
E' PENSAR MALE CHE IL CASO ETRURIA E' STATO MESSO NEL DIMENTICATOIO IN CAMBIO DELLA COSTITUZIONE?
E' DA GUFI ROSICONI PENSARLA IN QUESTO MODO????
19 LUG 2016 17:45
BAFFINO ATTACK! D’ALEMA VS RENZI E “LA SIMPATICISSIMA” BOSCHI - SUL REFERENDUM: “CHI VOTA ‘NO’ VERRÀ ACCUSATO DI ESSERE COMPLICE DELL’ISIS” - POI SULLA VICENDA BANCA ETRURIA RILANCIA I SOSPETTI DI INSIDER TRADING SU PALAZZO CHIGI - VIDEO
Mario Ventriglia per “tv.ilfattoquotidiano.it”
“Per chi pensa che la Costituzione sia un abito da cucirsi addosso, poi finisce che l’indossa qualcun altro”.
Inizia così l’attacco di Massimo D’alema, ospite a In Onda (La7), contro il presidente del consiglio Matteo Renzi e la riforma costituzionale.
“Le persone che dicono ‘mi dimetto’ e poi se ne vanno sono pochissime.
Non voglio obbligare Renzi a far parte di questo novero così ristretto – dice D’Alema -.
Pertanto, non gli chiedo di dimettersi, ma chiedo che i cittadini possano votare con libertà.
Sono impressionato da una campagna quasi intimidatoria. Lasciateci votare in libertà.
Non è vero che se cade questa riforma non se ne può fare nessuna. Lasciateci votare senza ridicole intimidazioni”.
L’ex segretario del PDS che lancia una frecciata al ministro Mariaelena Boschi: “Addirittura la simpaticissima ministro Boschi ha detto che se passa la riforma costituzionale si potrà combattere meglio il terrorismo. Cioè siamo arrivati al punto che se uno non gli piace questo pastrocchio lo accuseranno di essere complice dell’Isis”, poi continua: “La costituzione è di tutti e non può essere a disposizione di una maggioranza che non ha vinto le elezioni”.
D’Alema parla anche del suo rapporto con Renzi: “quando fu eletto segretario io collaborai con lui. Quando andò al governo invece realizzò il programma di Berlusconi” e, conclude: “Renzi dice tante cose ma non sempre quello che dice corrisponde a quello che fa e a quello che ha detto due giorni prima”
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
L’ASILO ETRURIA HA RIABILITATO ADDIRITTURA BAFFINO, CHE NEI LORO CONFRONTI SEMBRA UN GIGANTE
PENSAR MALE SI FA PECCATO, MA QUASI SEMPRE CI SI AZZECCA.
Giulio Andreotti.
E' PENSAR MALE CHE IL CASO ETRURIA E' STATO MESSO NEL DIMENTICATOIO IN CAMBIO DELLA COSTITUZIONE?
E' DA GUFI ROSICONI PENSARLA IN QUESTO MODO????
19 LUG 2016 17:45
BAFFINO ATTACK! D’ALEMA VS RENZI E “LA SIMPATICISSIMA” BOSCHI - SUL REFERENDUM: “CHI VOTA ‘NO’ VERRÀ ACCUSATO DI ESSERE COMPLICE DELL’ISIS” - POI SULLA VICENDA BANCA ETRURIA RILANCIA I SOSPETTI DI INSIDER TRADING SU PALAZZO CHIGI - VIDEO
Mario Ventriglia per “tv.ilfattoquotidiano.it”
“Per chi pensa che la Costituzione sia un abito da cucirsi addosso, poi finisce che l’indossa qualcun altro”.
Inizia così l’attacco di Massimo D’alema, ospite a In Onda (La7), contro il presidente del consiglio Matteo Renzi e la riforma costituzionale.
“Le persone che dicono ‘mi dimetto’ e poi se ne vanno sono pochissime.
Non voglio obbligare Renzi a far parte di questo novero così ristretto – dice D’Alema -.
Pertanto, non gli chiedo di dimettersi, ma chiedo che i cittadini possano votare con libertà.
Sono impressionato da una campagna quasi intimidatoria. Lasciateci votare in libertà.
Non è vero che se cade questa riforma non se ne può fare nessuna. Lasciateci votare senza ridicole intimidazioni”.
L’ex segretario del PDS che lancia una frecciata al ministro Mariaelena Boschi: “Addirittura la simpaticissima ministro Boschi ha detto che se passa la riforma costituzionale si potrà combattere meglio il terrorismo. Cioè siamo arrivati al punto che se uno non gli piace questo pastrocchio lo accuseranno di essere complice dell’Isis”, poi continua: “La costituzione è di tutti e non può essere a disposizione di una maggioranza che non ha vinto le elezioni”.
D’Alema parla anche del suo rapporto con Renzi: “quando fu eletto segretario io collaborai con lui. Quando andò al governo invece realizzò il programma di Berlusconi” e, conclude: “Renzi dice tante cose ma non sempre quello che dice corrisponde a quello che fa e a quello che ha detto due giorni prima”
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Re: Diario della caduta di un regime.
LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
LIBRE news
I 5 Stelle: basta terrore, l’Italia si smarchi da Ue e Nato
Scritto il 19/7/16 • nella Categoria: Recensioni Condividi
Dopo la strage di Nizza del 14 luglio e il fallito golpe in Turchia, il Movimento 5 Stelle batte un colpo e chiede apertamente che l’Italia si smarchi dal guinzaglio Usa-Ue.
«Gli ultimi eventi europei impongono a tutti i cittadini una profonda riflessione a proposito della politica estera italiana», spiegano i 5 Stelle in una nota sul blog di Grillo, accompagnata da un video-editoriale del deputato Manlio Di Stefano.
«Il governo è totalmente in preda agli eventi, elargisce solidarietà a destra e a manca ma non agisce in alcun modo, anche perché tirato per la giacchetta da una parte e dall’altra», è la premessa.
L’esecutivo «nicchia, non prende posizione, si accoda alle grandi cordate e non si guarda dentro».
Tocca quindi al Parlamento provare a fare «quello che il governo non ha il coraggio di fare», ovvero: «Discutere di un cambio nella nostra politica estera».
Tema decisivo e urgentissimo, dal momento che «tutt’intorno una Terza Guerra Mondiale a pezzetti prende sempre più piede».
Dai 5 Stelle, dunque, anche una lettera ai presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Piero Grasso.
«Ci troviamo in una fase cruciale e la paura è il denominatore comune che ci sta accompagnando in questi mesi convulsi, segnale dell’impotenza e dello stato confusionale in cui versa l’establishment euro-atlantico», scrivono i grillini.
L’Unione Europea «appare come un ‘contenitore geopolitico’ incapace di adeguarsi ai mutamenti in atto e dare risposte in termini di sicurezza e lotta al terrorismo».
Attenzione: «L’intera impalcatura su cui è costruito il potere del sistema euro-atlantico sembra essere ormai vicina al collasso».
Consci della gravità del problema, i 5 Stelle questo chiedono «una svolta nella politica estera e una reale volontà politica nel farlo».
In altre parole, «l’Italia ha l’obbligo di tornare ad esprimere una politica estera sempre più autonoma e che abbia come principale interesse la sicurezza nazionale.
Una politica estera non più schiava di decisioni altrui che negli ultimi anni si sono rivelate drammatici fallimenti».
Come forza principale di opposizione, i 5 Stelle chiedono di inserire nell’agenda parlamentare un dibattitto su temi strategici, a cominciare dalla «ridiscussione del ruolo e degli accordi con la Turchia, come principale alleato nella gestione dell’immigrazione, alla luce degli ultimi eventi».
I grillini vogliono anche ridiscutere la decisione emersa nell’ultimo vertice Nato di proseguire la missione militare in Afghanistan, per la quale si chiede all’Italia un impegno più consistente.
Altra proposta: «Non destinare più nostri finanziamenti a paesi come l’Arabia Saudita, il Qatar e i paesi del Golfo a causa della loro ambiguità con il terrorismo internazionale», oggi targato
Isis, introducendo anche una moratoria sulle armi da fuoco.
Infine, i parlamentari grillini chiedono al governo Renzi di instaurare «una collaborazione senza precedenti tra le forze di intelligence dei paesi Ue, Nato e della Federazione russa».
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
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I 5 Stelle: basta terrore, l’Italia si smarchi da Ue e Nato
Scritto il 19/7/16 • nella Categoria: Recensioni Condividi
Dopo la strage di Nizza del 14 luglio e il fallito golpe in Turchia, il Movimento 5 Stelle batte un colpo e chiede apertamente che l’Italia si smarchi dal guinzaglio Usa-Ue.
«Gli ultimi eventi europei impongono a tutti i cittadini una profonda riflessione a proposito della politica estera italiana», spiegano i 5 Stelle in una nota sul blog di Grillo, accompagnata da un video-editoriale del deputato Manlio Di Stefano.
«Il governo è totalmente in preda agli eventi, elargisce solidarietà a destra e a manca ma non agisce in alcun modo, anche perché tirato per la giacchetta da una parte e dall’altra», è la premessa.
L’esecutivo «nicchia, non prende posizione, si accoda alle grandi cordate e non si guarda dentro».
Tocca quindi al Parlamento provare a fare «quello che il governo non ha il coraggio di fare», ovvero: «Discutere di un cambio nella nostra politica estera».
Tema decisivo e urgentissimo, dal momento che «tutt’intorno una Terza Guerra Mondiale a pezzetti prende sempre più piede».
Dai 5 Stelle, dunque, anche una lettera ai presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Piero Grasso.
«Ci troviamo in una fase cruciale e la paura è il denominatore comune che ci sta accompagnando in questi mesi convulsi, segnale dell’impotenza e dello stato confusionale in cui versa l’establishment euro-atlantico», scrivono i grillini.
L’Unione Europea «appare come un ‘contenitore geopolitico’ incapace di adeguarsi ai mutamenti in atto e dare risposte in termini di sicurezza e lotta al terrorismo».
Attenzione: «L’intera impalcatura su cui è costruito il potere del sistema euro-atlantico sembra essere ormai vicina al collasso».
Consci della gravità del problema, i 5 Stelle questo chiedono «una svolta nella politica estera e una reale volontà politica nel farlo».
In altre parole, «l’Italia ha l’obbligo di tornare ad esprimere una politica estera sempre più autonoma e che abbia come principale interesse la sicurezza nazionale.
Una politica estera non più schiava di decisioni altrui che negli ultimi anni si sono rivelate drammatici fallimenti».
Come forza principale di opposizione, i 5 Stelle chiedono di inserire nell’agenda parlamentare un dibattitto su temi strategici, a cominciare dalla «ridiscussione del ruolo e degli accordi con la Turchia, come principale alleato nella gestione dell’immigrazione, alla luce degli ultimi eventi».
I grillini vogliono anche ridiscutere la decisione emersa nell’ultimo vertice Nato di proseguire la missione militare in Afghanistan, per la quale si chiede all’Italia un impegno più consistente.
Altra proposta: «Non destinare più nostri finanziamenti a paesi come l’Arabia Saudita, il Qatar e i paesi del Golfo a causa della loro ambiguità con il terrorismo internazionale», oggi targato
Isis, introducendo anche una moratoria sulle armi da fuoco.
Infine, i parlamentari grillini chiedono al governo Renzi di instaurare «una collaborazione senza precedenti tra le forze di intelligence dei paesi Ue, Nato e della Federazione russa».
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Re: Diario della caduta di un regime.
LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
ECONOMIA & LOBBY
Reddito di inclusione, un primo passo contro la povertà
Economia & Lobby
di Lavoce.info | 23 luglio 2016
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Watchdog della politica economica italiana
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Gli ultimi dati Istat sono un nuovo monito sulla crescita della povertà in Italia. Nello stesso giorno della loro pubblicazione, la Camera ha approvato il disegno di legge delega che prevede l’istituzione del reddito di inclusione. I passi avanti e quello che manca per fronteggiare l’emergenza.
di Tortuga (Fonte: lavoce.info)
La povertà nei dati Istat
Recentemente l’Istat ha comunicato che nel nostro paese sono oltre 8,3 milioni le persone in condizioni di povertà relativa (ossia quando una famiglia di due componenti spende meno della singola persona media), mentre sono 4,5 milioni quelle in povertà assoluta (vale a dire al di sotto di una soglia che varia tra 400 e 1900 euro a seconda della composizione familiare e del luogo di residenza). Un fenomeno, quest’ultimo, che colpisce particolarmente le fasce più giovani.
Figura 1
fig1
Fino al 2013 si parlava di numeri ben più alti, addirittura fino a 10 milioni di poveri. Ma la differenza è semplicemente dovuta a una modifica della modalità di rilevazione da parte dell’Istat nel 2014. I nuovi dati sono statisticamente più accurati: includono per esempio più interviste, più tipologie di beni, un campione rappresentativo di cittadini selezionato considerando se risiedono in aree metropolitane, periferie o piccoli comuni (la cosiddetta stratificazione), valutando inoltre l’autoconsumo a prezzi di mercato. Ciò aiuta a ricordare quanto le statistiche economiche vadano maneggiate con cura, ma non cambia di una virgola il messaggio. Quel che conta è che il trend della povertà relativa e assoluta in Italia è in netta crescita. Un problema sociale importante, che tuttavia fatica a guadagnare una dovuta attenzione nel dibattito politico. Nei mesi scorsi il governo sembrava avere avviato la prima misura strutturale di lotta alla povertà, il disegno di legge delega, che dopo varie modifiche è stato approvato proprio il 14 luglio dalla Camera dei deputati.
Come dovrebbe funzionare il nuovo sistema
Il disegno di legge, centrato attorno al cosiddetto reddito di inclusione, è caratterizzato da tre aspetti importanti, finora trascurati nel sistema di lotta alla povertà in Italia: universalità, efficienza e complementarietà a un reinserimento nel mercato del lavoro e nel contesto sociale di appartenenza. Il reddito sarà universale rivolgendosi, uniformemente su tutto il territorio nazionale, a tutti coloro che vivono al di sotto della soglia di povertà assoluta; l’assegnazione avverrà a livello di nucleo familiare e sarà basata sull’indicatore della situazione economica equivalente (Isee). In attesa dei decreti attuativi, il governo sostiene che l’ammontare elargito arriverà fino a 320 euro al mese. L’intenzione è poi quella di semplificare e uniformare tutti quegli strumenti, trattamenti, indennità, integrazioni di reddito e assegni di natura assistenziale già presenti, eccetto le prestazioni rivolte alla fascia di popolazione anziana, quelle a sostegno della genitorialità o legate alla condizione di disabilità e invalidità. L’ultimo aspetto di rilievo è costituito dallo stretto legame fra il reddito di inclusione e il reinserimento nel mercato del lavoro. Infatti, la misura prevede che i beneficiari intraprendano percorsi personalizzati di attivazione, mirati alla ricerca di lavoro, ma anche all’integrazione nelle proprie comunità. Questi servizi saranno erogati dai comuni insieme con organizzazioni del terzo settore e coordinati dal ministero del Lavoro.
Cosa manca
Una delle critiche maggiori al Ddl è la limitatezza della platea a cui si rivolge. Con lo stanziamento di soli 1,6 miliardi per i primi due anni, la misura non raggiungerà tutti coloro che versano in condizioni di povertà; secondo l’Alleanza contro la povertà il provvedimento potrà raggiungere al massimo il 30 per cento degli indigenti, ovvero circa 1,3 milioni di persone. In particolare, il reddito darà la priorità ai nuclei familiari con figli minori, con disabilità grave, con donne in stato di gravidanza accertata o con persone con più di 55 anni di età in stato di disoccupazione. Il Ddl rimane poi vago sullo stanziamento a regime, menzionando che partirà da un miliardo e verrà esteso in base alle risorse contingenti. La proposta originale dell’Alleanza contro la povertà, invece, prevedeva uno stanziamento graduale del reddito d’inclusione ma con un costo a regime di circa 7,1 miliardi annui. Le risorse arriveranno dal Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, istituito con l’ultima legge di stabilità, e coperto dalla fiscalità generale, in quanto le economie derivanti dal riordino delle prestazioni di natura assistenziale, sebbene destinate al fondo, sono considerate eventuali. L’Italia si colloca agli ultimi posti in tutta l’Unione Europea per quanto riguarda l’efficacia delle misure di contrasto alla povertà. Nel 2014 i trasferimenti sociali e gli interventi di sostegno nel loro complesso hanno diminuito la percentuale di popolazione a rischio di povertà del 5,3 per cento contro la media europea dell’8,9 per cento; solo Grecia e Romania hanno fatto peggio di noi. Un intervento strutturale e organico nel contrasto alla povertà, ispirato a principi universalistici, e un riordino del sistema assistenziale, ora frammentato e inefficiente, potrebbero finalmente migliorare queste statistiche in un momento in cui la coesione sociale è sempre più a rischio.
Figura 2
fig2
* Tortuga è un gruppo di studenti di economia alla Bocconi, a LSE e UPF. Attualmente vi partecipano Andrea Cerrato, Francesco Chiocchio, Marco Felici, Francesco Filippucci, Giulia Gitti, Alessandro Greco, Giuseppe Ippedico, Cecilia Mariotti, Alberto Mola, Marco Palladino, Benedetta Pavesi, Isabella Rossi, Matteo Sartori, Giulia Travaglini, Francesca Viotti, Alessandro Zhou e Alessandro Zona. Questi i link alla loro pagina facebook e al loro sito https://www.facebook.com/tortugaecon/; http://www.tortugaecon.eu/
di Lavoce.info | 23 luglio 2016
Per visualizzare i diagrammi, vedi:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/07 ... a/2926499/
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Reddito di inclusione, un primo passo contro la povertà
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Gli ultimi dati Istat sono un nuovo monito sulla crescita della povertà in Italia. Nello stesso giorno della loro pubblicazione, la Camera ha approvato il disegno di legge delega che prevede l’istituzione del reddito di inclusione. I passi avanti e quello che manca per fronteggiare l’emergenza.
di Tortuga (Fonte: lavoce.info)
La povertà nei dati Istat
Recentemente l’Istat ha comunicato che nel nostro paese sono oltre 8,3 milioni le persone in condizioni di povertà relativa (ossia quando una famiglia di due componenti spende meno della singola persona media), mentre sono 4,5 milioni quelle in povertà assoluta (vale a dire al di sotto di una soglia che varia tra 400 e 1900 euro a seconda della composizione familiare e del luogo di residenza). Un fenomeno, quest’ultimo, che colpisce particolarmente le fasce più giovani.
Figura 1
fig1
Fino al 2013 si parlava di numeri ben più alti, addirittura fino a 10 milioni di poveri. Ma la differenza è semplicemente dovuta a una modifica della modalità di rilevazione da parte dell’Istat nel 2014. I nuovi dati sono statisticamente più accurati: includono per esempio più interviste, più tipologie di beni, un campione rappresentativo di cittadini selezionato considerando se risiedono in aree metropolitane, periferie o piccoli comuni (la cosiddetta stratificazione), valutando inoltre l’autoconsumo a prezzi di mercato. Ciò aiuta a ricordare quanto le statistiche economiche vadano maneggiate con cura, ma non cambia di una virgola il messaggio. Quel che conta è che il trend della povertà relativa e assoluta in Italia è in netta crescita. Un problema sociale importante, che tuttavia fatica a guadagnare una dovuta attenzione nel dibattito politico. Nei mesi scorsi il governo sembrava avere avviato la prima misura strutturale di lotta alla povertà, il disegno di legge delega, che dopo varie modifiche è stato approvato proprio il 14 luglio dalla Camera dei deputati.
Come dovrebbe funzionare il nuovo sistema
Il disegno di legge, centrato attorno al cosiddetto reddito di inclusione, è caratterizzato da tre aspetti importanti, finora trascurati nel sistema di lotta alla povertà in Italia: universalità, efficienza e complementarietà a un reinserimento nel mercato del lavoro e nel contesto sociale di appartenenza. Il reddito sarà universale rivolgendosi, uniformemente su tutto il territorio nazionale, a tutti coloro che vivono al di sotto della soglia di povertà assoluta; l’assegnazione avverrà a livello di nucleo familiare e sarà basata sull’indicatore della situazione economica equivalente (Isee). In attesa dei decreti attuativi, il governo sostiene che l’ammontare elargito arriverà fino a 320 euro al mese. L’intenzione è poi quella di semplificare e uniformare tutti quegli strumenti, trattamenti, indennità, integrazioni di reddito e assegni di natura assistenziale già presenti, eccetto le prestazioni rivolte alla fascia di popolazione anziana, quelle a sostegno della genitorialità o legate alla condizione di disabilità e invalidità. L’ultimo aspetto di rilievo è costituito dallo stretto legame fra il reddito di inclusione e il reinserimento nel mercato del lavoro. Infatti, la misura prevede che i beneficiari intraprendano percorsi personalizzati di attivazione, mirati alla ricerca di lavoro, ma anche all’integrazione nelle proprie comunità. Questi servizi saranno erogati dai comuni insieme con organizzazioni del terzo settore e coordinati dal ministero del Lavoro.
Cosa manca
Una delle critiche maggiori al Ddl è la limitatezza della platea a cui si rivolge. Con lo stanziamento di soli 1,6 miliardi per i primi due anni, la misura non raggiungerà tutti coloro che versano in condizioni di povertà; secondo l’Alleanza contro la povertà il provvedimento potrà raggiungere al massimo il 30 per cento degli indigenti, ovvero circa 1,3 milioni di persone. In particolare, il reddito darà la priorità ai nuclei familiari con figli minori, con disabilità grave, con donne in stato di gravidanza accertata o con persone con più di 55 anni di età in stato di disoccupazione. Il Ddl rimane poi vago sullo stanziamento a regime, menzionando che partirà da un miliardo e verrà esteso in base alle risorse contingenti. La proposta originale dell’Alleanza contro la povertà, invece, prevedeva uno stanziamento graduale del reddito d’inclusione ma con un costo a regime di circa 7,1 miliardi annui. Le risorse arriveranno dal Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, istituito con l’ultima legge di stabilità, e coperto dalla fiscalità generale, in quanto le economie derivanti dal riordino delle prestazioni di natura assistenziale, sebbene destinate al fondo, sono considerate eventuali. L’Italia si colloca agli ultimi posti in tutta l’Unione Europea per quanto riguarda l’efficacia delle misure di contrasto alla povertà. Nel 2014 i trasferimenti sociali e gli interventi di sostegno nel loro complesso hanno diminuito la percentuale di popolazione a rischio di povertà del 5,3 per cento contro la media europea dell’8,9 per cento; solo Grecia e Romania hanno fatto peggio di noi. Un intervento strutturale e organico nel contrasto alla povertà, ispirato a principi universalistici, e un riordino del sistema assistenziale, ora frammentato e inefficiente, potrebbero finalmente migliorare queste statistiche in un momento in cui la coesione sociale è sempre più a rischio.
Figura 2
fig2
* Tortuga è un gruppo di studenti di economia alla Bocconi, a LSE e UPF. Attualmente vi partecipano Andrea Cerrato, Francesco Chiocchio, Marco Felici, Francesco Filippucci, Giulia Gitti, Alessandro Greco, Giuseppe Ippedico, Cecilia Mariotti, Alberto Mola, Marco Palladino, Benedetta Pavesi, Isabella Rossi, Matteo Sartori, Giulia Travaglini, Francesca Viotti, Alessandro Zhou e Alessandro Zona. Questi i link alla loro pagina facebook e al loro sito https://www.facebook.com/tortugaecon/; http://www.tortugaecon.eu/
di Lavoce.info | 23 luglio 2016
Per visualizzare i diagrammi, vedi:
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Re: Diario della caduta di un regime.
LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
SIAMO ALLA FRUTTA.
NELL'ITALIA DOVE 11 MILIONI DI ESSERI UMANI NON HANNO I SOLDI PER CURARSI. (L'ALTRO IERI GINO STRADA SI E' CHIESTO SE QUESTA E' CIVILTA'), DOVE CI SONO 4,5 MILIONI DI POVERI, E L'INPS HA COMUNICATO CHE I CONTRATTI STABILI SONO SCESI DEL 78 %, IL SUPER CAZZONE DI BRIATORE SI PERDE IN QUESTI RAGIONAMENTI.
Briatore: "Troppa invidia sociale. Bisogna lasciare l'Italia"
Flavio Briatore prende le difese di Paolo Bonolis, finito nel tritacarne del web per una foto che lo vedeva in viaggio con la famiglia su un aereo privato
Luisa De Montis - Sab, 23/07/2016 - 10:27
commenta
L'unica soluzione? "Lasciare l'Italia, diventata patria dell'invidia sociale". Flavio Briatore, in una intervista al Giorno, prende così le difese di Paolo Bonolis, finito nel tritacarne del web per una foto che lo vedeva in viaggio con la famiglia su un aereo privato.
Lo hanno accusato di sfoggiare il lusso sfrenato e la moglie Sonia Bruganelli ha reagito contro quelli che ha definito "frustrati" e "poveracci".
"Io ormai ho rinunciato a comprendere i miei connazionali. Non vi capisco più. Io non voglio scomodare Trump, il discorso nemmeno riguarda la politica. Qui parliamo di una cultura negativa impossibile da estirpare. C'è una differenza enorme tra gli italiani e gli americani, gli inglesi, eccetera. All'estero ammirano chi ce la fa, chi conquista il successo. Chi diventa ricco per meriti suoi si trasforma in un simbolo positivo", dice Briatore. Che poi aggiunge che invece da noi il caso, minimo, di Bonolis è diventato il simbolo di una mentalità sbagliata: "Mica ha sperperato soldi pubblici. Uno sarà libero di usare il suo denaro come meglio crede o no?. Basta con questi moralismi da strapazzo. Bisognerebbe spiegare ai ragazzi che la ricchezza non va detestata. In Italia invece l'invidia sociale si trasforma addirittura in odio. Dovremmo augurarci di stare tutti meglio, ma prevale l'idea assurda che tutti dovremmo stare peggio. Non sono ottimista perché sradicare un sentimento così profondo non è impresa facile. Infatti io ho preso una decisione ormai venti anni fa e non mi sono mai pentito. Potendo, dall'Italia bisogna andarsene".
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
SIAMO ALLA FRUTTA.
NELL'ITALIA DOVE 11 MILIONI DI ESSERI UMANI NON HANNO I SOLDI PER CURARSI. (L'ALTRO IERI GINO STRADA SI E' CHIESTO SE QUESTA E' CIVILTA'), DOVE CI SONO 4,5 MILIONI DI POVERI, E L'INPS HA COMUNICATO CHE I CONTRATTI STABILI SONO SCESI DEL 78 %, IL SUPER CAZZONE DI BRIATORE SI PERDE IN QUESTI RAGIONAMENTI.
Briatore: "Troppa invidia sociale. Bisogna lasciare l'Italia"
Flavio Briatore prende le difese di Paolo Bonolis, finito nel tritacarne del web per una foto che lo vedeva in viaggio con la famiglia su un aereo privato
Luisa De Montis - Sab, 23/07/2016 - 10:27
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L'unica soluzione? "Lasciare l'Italia, diventata patria dell'invidia sociale". Flavio Briatore, in una intervista al Giorno, prende così le difese di Paolo Bonolis, finito nel tritacarne del web per una foto che lo vedeva in viaggio con la famiglia su un aereo privato.
Lo hanno accusato di sfoggiare il lusso sfrenato e la moglie Sonia Bruganelli ha reagito contro quelli che ha definito "frustrati" e "poveracci".
"Io ormai ho rinunciato a comprendere i miei connazionali. Non vi capisco più. Io non voglio scomodare Trump, il discorso nemmeno riguarda la politica. Qui parliamo di una cultura negativa impossibile da estirpare. C'è una differenza enorme tra gli italiani e gli americani, gli inglesi, eccetera. All'estero ammirano chi ce la fa, chi conquista il successo. Chi diventa ricco per meriti suoi si trasforma in un simbolo positivo", dice Briatore. Che poi aggiunge che invece da noi il caso, minimo, di Bonolis è diventato il simbolo di una mentalità sbagliata: "Mica ha sperperato soldi pubblici. Uno sarà libero di usare il suo denaro come meglio crede o no?. Basta con questi moralismi da strapazzo. Bisognerebbe spiegare ai ragazzi che la ricchezza non va detestata. In Italia invece l'invidia sociale si trasforma addirittura in odio. Dovremmo augurarci di stare tutti meglio, ma prevale l'idea assurda che tutti dovremmo stare peggio. Non sono ottimista perché sradicare un sentimento così profondo non è impresa facile. Infatti io ho preso una decisione ormai venti anni fa e non mi sono mai pentito. Potendo, dall'Italia bisogna andarsene".
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CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
LIBRE news
L’Inps: l’Italia sprofonda, altri 400.000 nuovi poveri
Scritto il 22/7/16 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
In controtendenza con i dati positivi sull’occupazione, la povertà assoluta nel 2015 non solo non è diminuita, ma è aumentata, coinvolgendo quasi 400 mila persone in più rispetto al 2014 e raggiungendo 4 milioni e 598 mila persone, pari al 7,6 per cento della popolazione. Si tratta, secondo i dati Istat pubblicati ieri, del dato più alto dal 2005. L’incidenza della povertà continua ad essere maggiore nel Mezzogiorno. Ma l’aumento è avvenuto pressoché tutto nelle regioni del Nord, dove riguarda in prevalenza famiglie di persone straniere e regolarmente residenti nel nostro paese. Tra queste, infatti, si trova in povertà assoluta quasi un terzo, il 32,1, una percentuale di 8 punti maggiore rispetto all’anno prima e più alta di quella, pur considerevole (28,3 per cento), rilevabile per queste famiglie a livello nazionale. Se si riducono un po’ i divari Nord-Sud, ciò sembra avvenire in larga misura a causa dell’aumento del divario, soprattutto al Nord, tra famiglie di italiani e famiglie di stranieri. Se a livello nazionale le famiglie di tutti stranieri si trovano in povertà oltre sei volte di più di quelle di tutti italiani, nel Nord la differenza è di oltre tredici volte.Gli effetti lunghi della crisi sembrano aver colpito molto di più gli stranieri, che faticano a trovare o ritrovare un lavoro che sia anche decente. Potremmo pensare che questi dati non rispecchiano il miglioramento avvenuto sul piano dell’occupazione a seguito del dispiegarsi degli effetti del Jobs Act, stante che questo è avvenuto soprattutto nell’ultimo trimestre del 2015. Può essere, ma solo in parte. Siamo, infatti, ancora ben lontani dall’aver recuperato tutti i posti di lavoro perduti. Inoltre va considerato con grande preoccupazione che l’aumento della povertà assoluta (dal 5,2 al 6,1 per cento) ha riguardato anche famiglie con persona di riferimento occupata, soprattutto se operaio o assimilato. Tra le famiglie di questi ultimi l’incidenza della povertà assoluta è passata in un anno dal 9,7 all’11 per cento. Molti di questi lavoratori hanno avuto un reddito troppo basso per poter fruire degli 80 euro, perché incapienti, o li hanno dovuti restituire perché “indebitamente” percepiti, in base alla logica paradossale degli 80 euro che esclude i più poveri.Il fenomeno dei lavoratori e delle famiglie di lavoratori povere ha conosciuto un fortissimo aumento negli anni della crisi, a motivo sia della riduzione del numero di occupati in famiglia, soprattutto a causa della disoccupazione giovanile, sia della crescita del part-time involontario. Quest’ultimo è sempre meno una caratteristica solo dei contratti di lavoro a tempo determinato e in generale dei contratti atipici quando non irregolari. Come documenta il rapporto Inps presentato la scorsa settimana, quattro contratti a tutele crescenti su dieci sono a tempo parziale. Avere un lavoro non sempre è sufficiente a proteggere dalla povertà, se è a tempo ridotto, o troppo poco pagato, o se il reddito che fornisce deve bastare per diverse persone. Da questo punto di vista, un altro dato preoccupante riguarda l’aumento della povertà assoluta tra le famiglie con due figli, specie se minori. Finora era il terzo figlio a far scattare un rischio di povertà sopra la media. Ora basta il secondo.Non stupisce, allora, che i minori siano sovrarappresentati tra chi si trova in povertà assoluta, con un peggioramento sensibile nell’arco di dieci anni. Era in povertà assoluta il 3,9 per cento di tutti i minori nel 2005, il 10,9 per cento nel 2015. In termini numerici sono più del doppio degli anziani: 1 milione e 131 mila rispetto a 538 mila. Ma anche i loro fratelli più grandi non stanno meglio, con quasi il 10 per cento, pari a un milione e 13 mila individui, in povertà assoluta. A ben vedere, poco meno della metà dei poveri assoluti appartiene alle giovani e giovanissime generazioni, che non hanno ancora l’età per entrare nel mercato del lavoro o che ne vengono escluse, come mostrano i dati del citato rapporto Inps sull’invecchiamento della forza lavoro occupata negli anni della crisi, a seguito del combinarsi di riduzione della domanda di lavoro e innalzamento dell’età alla pensione. Investire sull’aumento dell’occupazione, come ha dichiarato il ministro Padoan, è certo necessario per combattere la povertà. Ma il fenomeno dei lavoratori poveri e delle loro famiglie, della sovrarappresentazione dei minori e dei giovani tra i poveri, insieme alla drammaticità dell’incidenza della povertà tra gli immigrati, segnalano che non è sufficiente se non si tiene conto di quale lavoro si tratta e di chi può accedervi. Impongono anche di rivedere criticamente alcune scelte redistributive, dagli 80 euro al bonus bebè.
(Chiara Saraceno, “Perché cresce il paese dei poveri”, da “Repubblica” del 15 luglio 2016, ripreso da “Micromega”).
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
LIBRE news
L’Inps: l’Italia sprofonda, altri 400.000 nuovi poveri
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In controtendenza con i dati positivi sull’occupazione, la povertà assoluta nel 2015 non solo non è diminuita, ma è aumentata, coinvolgendo quasi 400 mila persone in più rispetto al 2014 e raggiungendo 4 milioni e 598 mila persone, pari al 7,6 per cento della popolazione. Si tratta, secondo i dati Istat pubblicati ieri, del dato più alto dal 2005. L’incidenza della povertà continua ad essere maggiore nel Mezzogiorno. Ma l’aumento è avvenuto pressoché tutto nelle regioni del Nord, dove riguarda in prevalenza famiglie di persone straniere e regolarmente residenti nel nostro paese. Tra queste, infatti, si trova in povertà assoluta quasi un terzo, il 32,1, una percentuale di 8 punti maggiore rispetto all’anno prima e più alta di quella, pur considerevole (28,3 per cento), rilevabile per queste famiglie a livello nazionale. Se si riducono un po’ i divari Nord-Sud, ciò sembra avvenire in larga misura a causa dell’aumento del divario, soprattutto al Nord, tra famiglie di italiani e famiglie di stranieri. Se a livello nazionale le famiglie di tutti stranieri si trovano in povertà oltre sei volte di più di quelle di tutti italiani, nel Nord la differenza è di oltre tredici volte.Gli effetti lunghi della crisi sembrano aver colpito molto di più gli stranieri, che faticano a trovare o ritrovare un lavoro che sia anche decente. Potremmo pensare che questi dati non rispecchiano il miglioramento avvenuto sul piano dell’occupazione a seguito del dispiegarsi degli effetti del Jobs Act, stante che questo è avvenuto soprattutto nell’ultimo trimestre del 2015. Può essere, ma solo in parte. Siamo, infatti, ancora ben lontani dall’aver recuperato tutti i posti di lavoro perduti. Inoltre va considerato con grande preoccupazione che l’aumento della povertà assoluta (dal 5,2 al 6,1 per cento) ha riguardato anche famiglie con persona di riferimento occupata, soprattutto se operaio o assimilato. Tra le famiglie di questi ultimi l’incidenza della povertà assoluta è passata in un anno dal 9,7 all’11 per cento. Molti di questi lavoratori hanno avuto un reddito troppo basso per poter fruire degli 80 euro, perché incapienti, o li hanno dovuti restituire perché “indebitamente” percepiti, in base alla logica paradossale degli 80 euro che esclude i più poveri.Il fenomeno dei lavoratori e delle famiglie di lavoratori povere ha conosciuto un fortissimo aumento negli anni della crisi, a motivo sia della riduzione del numero di occupati in famiglia, soprattutto a causa della disoccupazione giovanile, sia della crescita del part-time involontario. Quest’ultimo è sempre meno una caratteristica solo dei contratti di lavoro a tempo determinato e in generale dei contratti atipici quando non irregolari. Come documenta il rapporto Inps presentato la scorsa settimana, quattro contratti a tutele crescenti su dieci sono a tempo parziale. Avere un lavoro non sempre è sufficiente a proteggere dalla povertà, se è a tempo ridotto, o troppo poco pagato, o se il reddito che fornisce deve bastare per diverse persone. Da questo punto di vista, un altro dato preoccupante riguarda l’aumento della povertà assoluta tra le famiglie con due figli, specie se minori. Finora era il terzo figlio a far scattare un rischio di povertà sopra la media. Ora basta il secondo.Non stupisce, allora, che i minori siano sovrarappresentati tra chi si trova in povertà assoluta, con un peggioramento sensibile nell’arco di dieci anni. Era in povertà assoluta il 3,9 per cento di tutti i minori nel 2005, il 10,9 per cento nel 2015. In termini numerici sono più del doppio degli anziani: 1 milione e 131 mila rispetto a 538 mila. Ma anche i loro fratelli più grandi non stanno meglio, con quasi il 10 per cento, pari a un milione e 13 mila individui, in povertà assoluta. A ben vedere, poco meno della metà dei poveri assoluti appartiene alle giovani e giovanissime generazioni, che non hanno ancora l’età per entrare nel mercato del lavoro o che ne vengono escluse, come mostrano i dati del citato rapporto Inps sull’invecchiamento della forza lavoro occupata negli anni della crisi, a seguito del combinarsi di riduzione della domanda di lavoro e innalzamento dell’età alla pensione. Investire sull’aumento dell’occupazione, come ha dichiarato il ministro Padoan, è certo necessario per combattere la povertà. Ma il fenomeno dei lavoratori poveri e delle loro famiglie, della sovrarappresentazione dei minori e dei giovani tra i poveri, insieme alla drammaticità dell’incidenza della povertà tra gli immigrati, segnalano che non è sufficiente se non si tiene conto di quale lavoro si tratta e di chi può accedervi. Impongono anche di rivedere criticamente alcune scelte redistributive, dagli 80 euro al bonus bebè.
(Chiara Saraceno, “Perché cresce il paese dei poveri”, da “Repubblica” del 15 luglio 2016, ripreso da “Micromega”).
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Re: Diario della caduta di un regime.
24 LUG 2016 13:05
SCALFARI SPIA
- “HO SAPUTO DA UNA FONTE MOLTO ATTENDIBILE CHE RENZI HA DECISO DI METTER MANO ALLA RIFORMA ELETTORALE PRIMA DEL REFERENDUM COSTITUZIONALE. QUINDI ENTRO QUALCHE SETTIMANA. SAREBBE UN PASSO DECISIVO E POSITIVO PER LA DEMOCRAZIA ITALIANA" - - -
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IL CALIFFO E IL FULMINE DI ZEUS SUL POPOLO SOVRANO
Eugenio Scalfari per “la Repubblica”
Soltanto l’Is, il Daesh, il Califfato o comunque vogliate chiamarlo non difendono la democrazia ma un Dio proprio, un proprio Allah che fa giustizia di tutti gli altri Dei, ovunque siano e comunque si chiamino. In realtà il vero Dio per il Califfato è il Califfato medesimo, depositario di tutto il bene e nemico senza quartiere di tutto il male.
Il terrorismo è l’arma del Califfato per sterminare il male. Ricordate gli dei olimpici? Zeus aveva il fulmine, Nettuno le tempeste del mare, Vulcano il fuoco e Ade i tartassati degli Inferi.
Il Califfato prosegue questa tradizione e il terrorismo ricorda il fulmine di Zeus e gli Inferi di Ade.
In tutti gli altri Paesi, specie quelli del Medio Oriente e della civiltà occidentale, la democrazia è la parola ricorrente sia pure in diversi significati che variano col variare della storia e delle diverse religioni.
Noi in America, in Europa e in Italia ci siamo spesso dichiarati tali salvo nei frequenti casi di potere assoluto.
In quella situazione però il potere assoluto e accentrato nella mani di una sola persona e del ristrettissimo gruppo dei suoi consiglieri, si diceva venisse usato per il bene del popolo. Ma quale popolo? Quello governato e sottomesso alla sovranità del Capo, che fosse Re o Papa o duca o marchese o cardinale o vescovo.
La democrazia era assente nella pratica, ma presente nel ricordo è la speranza di un futuro migliore costantemente perseguito e auspicato. Ma anche la democrazia presupponeva un potere affidato al popolo.
A quel popolo che governava quel territorio, lo difendeva e spesso pensava di estenderne i confini aggredendo altri popoli. In che modo? Non certo con pacifica predicazione ma con la guerra, difensiva o offensiva.
La storia di tutto il mondo è caratterizzata da questi valori, anche se chiamarli tali è alquanto abusivo. Valori? Ideali? Oppure, più realisticamente, finalità. Obiettivi, speranze futuribili?
Ho scritto di queste cose in alcuni miei libri ma in particolare in quello intitolato “L’uomo che non credeva in Dio” e un altro dal titolo “L’amore, la sfida, il destino”, ma non è stata materia dei miei servizi giornalistici. Credo che ora sia il momento di farlo per rendere più comprensibile ciò che accade tutti i giorni e in tutti i Paesi del mondo, “croce e delizia al cor”, ma molto più croce che delizia e non soltanto al cor ma anche al corpo e dunque alla vita.
La democrazia è il potere affidato al popolo. Ma qual è il popolo sovrano? Come si configura socialmente?
Un tempo, poco più di cent’anni fa, in quasi tutti i paesi era limitato ai maschi ed anche al censo. I maschi poveri erano esenti dalle imposte e quindi dal voto. Sudditi, non sovrani. Ma la rivoluzione inglese guidata da Cromwell e quella francese del 1789 modificarono la visione del popolo sovrano. In Inghilterra e in Francia più rapidamente che altrove. L’Italia fu l’ultima ad allinearsi alla modernità nel voto tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo.
Quando, almeno in teoria, i popoli erano ovunque sovrani. Questa sovranità si manifesta con tre valori ( questa volta bisogna chiamarli tali): la libertà, l’eguaglianza, la fratellanza. La loro bandiera fu il tricolore francese, acquisito in Italia circa un secolo dopo e cioè nel 1861 quando Cavour proclamò il Regno d’Italia.
Dunque popolo sovrano, tutti coloro che la legge autorizzava a votare e questo avviene sia pure con diverse modalità in tutti i Paesi della civiltà occidentale e in quelli che il colonialismo rese o tentò di rendere simili ai nostri.
Accade però che molti cittadini elettori non abbiano voglia di esercitare quel loro diritto e se ne astengono. Fisiologicamente il 20 per cento degli elettori non esercita il suo diritto, ma in molti Paesi la quota degli astenuti è cresciuta, ormai si aggira intorno al 30 e in certo casi al 40 per cento con punte estreme che arrivano addirittura al 50 per cento. In questi casi la sovranità è in mano ad un popolo ampiamente falcidiato, composto a sua volta da due categorie assai diverse tra loro: una consapevole dei suoi diritti e degli interessi generali che lo Stato democratico deve rappresentare; l’altra di persone che perseguono l’interesse proprio e dei loro capi locali e qui emergono anche fenomeni di corruzione che inquinano i risultati elettorali.
Infine c’è un fenomeno che spesso accade e cioè il fascino di un Capo, il suo carisma che si impone a masse di elettori. Di questo fenomeno ho parlato qualche settimana fa citando un brano estremamente significativo di Paul Valéry sulla dittatura. Lo ricordo perché è un fenomeno ormai abbastanza diffuso, che mina dall’interno la democrazia, il popolo sovrano e i valori generali dei quali uno Stato democratico dovrebbe essere depositario.
Personalmente non credo molto al popolo sovrano. Credo piuttosto ad una classe dirigente che guida l’economia, le banche, la cultura, la scienza e naturalmente la politica.
Questa classe dirigente ha come base di sostegno il popolo sovrano; base di sostegno, non più di questo, ma una base di sostegno è comunque fondamentale; se la base cede, l’intera classe dirigente precipita nella crisi e nella sconfitta.
Quanto alla politica, da che mondo è mondo essa si compone di un’oligarchia con al vertice un Capo il quale è l’espressione dell’oligarchia. Aristotele, che metteva la politica in cima a tutto, l’affidava ad un’oligarchia e così è sempre stato. Se manca l’oligarchia c’è un sovrano assoluto, con la soppressione della libertà.
Infine la libertà ha bisogno dell’eguaglianza la quale a sua volta ha bisogno della libertà e tutte e due si uniscono in nome della fratellanza che personalmente vedo così come papa Francesco vede lo Spirito Santo nel suo rapporto con Dio padre e il figlio Cristo.
Perdonerete questa citazione un po’ ardita, ma è per dire che la fratellanza trasforma in umanesimo la libertà e l’eguaglianza. Bisogna amare il popolo e operare per il suo bene, scegliere la pace e non la guerra, l’amore e non il potere.
Stiamo attraversando un periodo amarissimo; il Califfato l’avevamo ormai imparato a conoscere, ma il sultanato turco è l’ultimo dei disastri che l’area balcanica e mediterranea sta attraversando. Ci vorrà molta forza d’animo e molta speranza di futuro per attraversare l’Inferno che c’è caduto addosso.
Ed ora un poscritto dedicato a Matteo Renzi. Ho saputo da una fonte molto attendibile che non posso citare per ragioni di deontologia professionale, che Renzi ha deciso di metter mano alla riforma elettorale in modo drastico e prima del referendum costituzionale. Quindi entro qualche settimana. Sarebbe un passo decisivo e positivo per la democrazia italiana. Mi auguro che la mia fonte colga il vero e lo auguro al nostro Paese.
SCALFARI SPIA
- “HO SAPUTO DA UNA FONTE MOLTO ATTENDIBILE CHE RENZI HA DECISO DI METTER MANO ALLA RIFORMA ELETTORALE PRIMA DEL REFERENDUM COSTITUZIONALE. QUINDI ENTRO QUALCHE SETTIMANA. SAREBBE UN PASSO DECISIVO E POSITIVO PER LA DEMOCRAZIA ITALIANA" - - -
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IL CALIFFO E IL FULMINE DI ZEUS SUL POPOLO SOVRANO
Eugenio Scalfari per “la Repubblica”
Soltanto l’Is, il Daesh, il Califfato o comunque vogliate chiamarlo non difendono la democrazia ma un Dio proprio, un proprio Allah che fa giustizia di tutti gli altri Dei, ovunque siano e comunque si chiamino. In realtà il vero Dio per il Califfato è il Califfato medesimo, depositario di tutto il bene e nemico senza quartiere di tutto il male.
Il terrorismo è l’arma del Califfato per sterminare il male. Ricordate gli dei olimpici? Zeus aveva il fulmine, Nettuno le tempeste del mare, Vulcano il fuoco e Ade i tartassati degli Inferi.
Il Califfato prosegue questa tradizione e il terrorismo ricorda il fulmine di Zeus e gli Inferi di Ade.
In tutti gli altri Paesi, specie quelli del Medio Oriente e della civiltà occidentale, la democrazia è la parola ricorrente sia pure in diversi significati che variano col variare della storia e delle diverse religioni.
Noi in America, in Europa e in Italia ci siamo spesso dichiarati tali salvo nei frequenti casi di potere assoluto.
In quella situazione però il potere assoluto e accentrato nella mani di una sola persona e del ristrettissimo gruppo dei suoi consiglieri, si diceva venisse usato per il bene del popolo. Ma quale popolo? Quello governato e sottomesso alla sovranità del Capo, che fosse Re o Papa o duca o marchese o cardinale o vescovo.
La democrazia era assente nella pratica, ma presente nel ricordo è la speranza di un futuro migliore costantemente perseguito e auspicato. Ma anche la democrazia presupponeva un potere affidato al popolo.
A quel popolo che governava quel territorio, lo difendeva e spesso pensava di estenderne i confini aggredendo altri popoli. In che modo? Non certo con pacifica predicazione ma con la guerra, difensiva o offensiva.
La storia di tutto il mondo è caratterizzata da questi valori, anche se chiamarli tali è alquanto abusivo. Valori? Ideali? Oppure, più realisticamente, finalità. Obiettivi, speranze futuribili?
Ho scritto di queste cose in alcuni miei libri ma in particolare in quello intitolato “L’uomo che non credeva in Dio” e un altro dal titolo “L’amore, la sfida, il destino”, ma non è stata materia dei miei servizi giornalistici. Credo che ora sia il momento di farlo per rendere più comprensibile ciò che accade tutti i giorni e in tutti i Paesi del mondo, “croce e delizia al cor”, ma molto più croce che delizia e non soltanto al cor ma anche al corpo e dunque alla vita.
La democrazia è il potere affidato al popolo. Ma qual è il popolo sovrano? Come si configura socialmente?
Un tempo, poco più di cent’anni fa, in quasi tutti i paesi era limitato ai maschi ed anche al censo. I maschi poveri erano esenti dalle imposte e quindi dal voto. Sudditi, non sovrani. Ma la rivoluzione inglese guidata da Cromwell e quella francese del 1789 modificarono la visione del popolo sovrano. In Inghilterra e in Francia più rapidamente che altrove. L’Italia fu l’ultima ad allinearsi alla modernità nel voto tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo.
Quando, almeno in teoria, i popoli erano ovunque sovrani. Questa sovranità si manifesta con tre valori ( questa volta bisogna chiamarli tali): la libertà, l’eguaglianza, la fratellanza. La loro bandiera fu il tricolore francese, acquisito in Italia circa un secolo dopo e cioè nel 1861 quando Cavour proclamò il Regno d’Italia.
Dunque popolo sovrano, tutti coloro che la legge autorizzava a votare e questo avviene sia pure con diverse modalità in tutti i Paesi della civiltà occidentale e in quelli che il colonialismo rese o tentò di rendere simili ai nostri.
Accade però che molti cittadini elettori non abbiano voglia di esercitare quel loro diritto e se ne astengono. Fisiologicamente il 20 per cento degli elettori non esercita il suo diritto, ma in molti Paesi la quota degli astenuti è cresciuta, ormai si aggira intorno al 30 e in certo casi al 40 per cento con punte estreme che arrivano addirittura al 50 per cento. In questi casi la sovranità è in mano ad un popolo ampiamente falcidiato, composto a sua volta da due categorie assai diverse tra loro: una consapevole dei suoi diritti e degli interessi generali che lo Stato democratico deve rappresentare; l’altra di persone che perseguono l’interesse proprio e dei loro capi locali e qui emergono anche fenomeni di corruzione che inquinano i risultati elettorali.
Infine c’è un fenomeno che spesso accade e cioè il fascino di un Capo, il suo carisma che si impone a masse di elettori. Di questo fenomeno ho parlato qualche settimana fa citando un brano estremamente significativo di Paul Valéry sulla dittatura. Lo ricordo perché è un fenomeno ormai abbastanza diffuso, che mina dall’interno la democrazia, il popolo sovrano e i valori generali dei quali uno Stato democratico dovrebbe essere depositario.
Personalmente non credo molto al popolo sovrano. Credo piuttosto ad una classe dirigente che guida l’economia, le banche, la cultura, la scienza e naturalmente la politica.
Questa classe dirigente ha come base di sostegno il popolo sovrano; base di sostegno, non più di questo, ma una base di sostegno è comunque fondamentale; se la base cede, l’intera classe dirigente precipita nella crisi e nella sconfitta.
Quanto alla politica, da che mondo è mondo essa si compone di un’oligarchia con al vertice un Capo il quale è l’espressione dell’oligarchia. Aristotele, che metteva la politica in cima a tutto, l’affidava ad un’oligarchia e così è sempre stato. Se manca l’oligarchia c’è un sovrano assoluto, con la soppressione della libertà.
Infine la libertà ha bisogno dell’eguaglianza la quale a sua volta ha bisogno della libertà e tutte e due si uniscono in nome della fratellanza che personalmente vedo così come papa Francesco vede lo Spirito Santo nel suo rapporto con Dio padre e il figlio Cristo.
Perdonerete questa citazione un po’ ardita, ma è per dire che la fratellanza trasforma in umanesimo la libertà e l’eguaglianza. Bisogna amare il popolo e operare per il suo bene, scegliere la pace e non la guerra, l’amore e non il potere.
Stiamo attraversando un periodo amarissimo; il Califfato l’avevamo ormai imparato a conoscere, ma il sultanato turco è l’ultimo dei disastri che l’area balcanica e mediterranea sta attraversando. Ci vorrà molta forza d’animo e molta speranza di futuro per attraversare l’Inferno che c’è caduto addosso.
Ed ora un poscritto dedicato a Matteo Renzi. Ho saputo da una fonte molto attendibile che non posso citare per ragioni di deontologia professionale, che Renzi ha deciso di metter mano alla riforma elettorale in modo drastico e prima del referendum costituzionale. Quindi entro qualche settimana. Sarebbe un passo decisivo e positivo per la democrazia italiana. Mi auguro che la mia fonte colga il vero e lo auguro al nostro Paese.
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Re: Diario della caduta di un regime.
LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
NELL'ITALIETTA CHE STA FRANANDO IN LUNGO E IN LARGO, ANNOVERIAMO ANCHE QUESTA NOTA DI DAGOSPIA.
LA RAI E' MORTA(titolo di prima pagina)
24 LUG 2016 15:40
1. DIO PERDONA, BRUNETTA NO! ‘’L’ANTICIPAZIONE FORNITA DA DAGOSPIA DEGLI STIPENDI DI MANAGER E GIORNALISTI CHE SUPERANO LA SOGLIA DEI 200 MILA EURO ANNUI, HA LA FORZA DELLA SCOPERTA DI UN PIANETA SCONOSCIUTO, IL PIANETA DELLA CASTA DEL BENGODI”
2. “ORA LA GENTE SA CHI FORAGGIA ATTRAVERSO IL CANONE APPLICATO ALLA BOLLETTA DELLA ELETTRICITA', MAGARI CON RADDOPPI DI PRELIEVO CAUSA MOLTEPLICITÀ DI CONTATORI”
3. “LA SCUSA SAREBBE IL SERVIZIO PUBBLICO FORNITO AI CITTADINI. MA QUALE SERVIZIO È? E’ UN SERVIZIO RESO AL POTERE ADESSO RENZIANO, IERI MONTIANO, E SEMPRE NAPOLITANO”
4. “NON E’ ABBASTANZA. RESTANO ANCORA RISERVATI I COMPENSI DEI CONDUTTORI E DELLE STAR, DA FABIO FAZIO A BRUNO VESPA, DALLA LITIZZETTO A GRAMELLINI O FRANCESCO MERLO''
5. ‘’PRIVATIZZIAMO LA RAI. BASTA STORIE. ABBATTIAMO IL PIANETA DELLA CASTA DEL BENGODI, PARASSITA DEI NOSTRI SOLDI E DELLE NOSTRE VITE E DELLA NOSTRA LIBERTÀ DI INFORMAZIONE”
VEDI ARTICOLO, CON FOTO:
http://www.dagospia.com/rubrica-2/media ... 129318.htm
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
NELL'ITALIETTA CHE STA FRANANDO IN LUNGO E IN LARGO, ANNOVERIAMO ANCHE QUESTA NOTA DI DAGOSPIA.
LA RAI E' MORTA(titolo di prima pagina)
24 LUG 2016 15:40
1. DIO PERDONA, BRUNETTA NO! ‘’L’ANTICIPAZIONE FORNITA DA DAGOSPIA DEGLI STIPENDI DI MANAGER E GIORNALISTI CHE SUPERANO LA SOGLIA DEI 200 MILA EURO ANNUI, HA LA FORZA DELLA SCOPERTA DI UN PIANETA SCONOSCIUTO, IL PIANETA DELLA CASTA DEL BENGODI”
2. “ORA LA GENTE SA CHI FORAGGIA ATTRAVERSO IL CANONE APPLICATO ALLA BOLLETTA DELLA ELETTRICITA', MAGARI CON RADDOPPI DI PRELIEVO CAUSA MOLTEPLICITÀ DI CONTATORI”
3. “LA SCUSA SAREBBE IL SERVIZIO PUBBLICO FORNITO AI CITTADINI. MA QUALE SERVIZIO È? E’ UN SERVIZIO RESO AL POTERE ADESSO RENZIANO, IERI MONTIANO, E SEMPRE NAPOLITANO”
4. “NON E’ ABBASTANZA. RESTANO ANCORA RISERVATI I COMPENSI DEI CONDUTTORI E DELLE STAR, DA FABIO FAZIO A BRUNO VESPA, DALLA LITIZZETTO A GRAMELLINI O FRANCESCO MERLO''
5. ‘’PRIVATIZZIAMO LA RAI. BASTA STORIE. ABBATTIAMO IL PIANETA DELLA CASTA DEL BENGODI, PARASSITA DEI NOSTRI SOLDI E DELLE NOSTRE VITE E DELLA NOSTRA LIBERTÀ DI INFORMAZIONE”
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Re: Diario della caduta di un regime.
LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
24 LUG 2016 10:40
BISI E RISI
- MONTE DEI PASCHI, BOMBA AD OROLOGERIA PER RENZI: FRA 5 GIORNI LA BOCCIATURA DELLO STRESS TEST DELLA BCE
- PADOAN PARALIZZATO ANCHE PERCHÉ MATTARELLA PENSA A LUI PER UN GOVERNO TECNICO CHE TRANQUILLIZZI L'EUROPA
- BANKITALIA NON PERVENUTA. CASSA DEPOSITI ALLA RICERCA DELL'ULTIMO EURO DA METTERE NEL FONDO ATLANTE RACIMOLANDOLO TRA LE CASSE DI PREVIDENZA CHE RESISTONO. BRUNETTA VUOLE LA COMMISSIONE D'INCHIESTA PARLAMENTARE -
Luigi Bisignani per Il Tempo
A Renzi restano cinque giorni per non venire travolto dal disastro che si consumerebbe attorno al salvataggio del Monte dei Paschi di Siena.
Se ne parla poco, ma il Premier e' alla spasmodica ricerca della soluzione del rebus che ad oggi sembra irrisolvibile. Un vero incubo. La fretta poi di risolvere il caso prima del 29 luglio puo' significare che il governo sa che Mps non supererà gli stress test della Bce, evento che potrebbe compromettere l’andamento già disastroso del titolo in Borsa e trascinare con sé tutto il settore bancario. Un rischio concreto per la tenuta dell'esecutivo.
Lo ha segnalato anche un parlamentare autorevole della maggioranza, Francesco Boccia, presidente della strategica Commissione Bilancio, il quale ha bollato come inadeguato il duttile Ministro dell'Economia Padoan (al quale invece pensa Mattarella per un eventuale governo che garantisca di fronte all'Europa la crisi bancaria e la legge di stabilita').
Renzi vorrebbe usare il pretesto della Brexit per sospendere l’applicazione del Bail-in, che fa cadere su obbligazionisti e azionisti la responsabilità della mala gestione. In realtà il tema delle sofferenze bancarie l’ha creato proprio lui, quando, per salvare le quattro banche care al suo Giglio Magico, ne fece una svalutazione eccessiva che oggi affosserebbe il bilancio di Mps.
Il Premier insiste perché queste sofferenze vengano cedute al Fondo Atlante, definito “privato” ma che privato non è. Un vicolo cieco. E a Cassa Depositi e Prestiti, Fondazioni ed enti vari di previdenza viene chiesto di intervenire per evitare la nazionalizzazione della più antica banca italiana.
Mentre in Parlamento c'è chi, come Renato Brunetta, chiede da tempo una commissione d'inchiesta sul dissesto di Mps e sulle complicità che la legano a tutta la rete di potere che va dal vecchio Partito Comunista all'attuale Pd fino alle cooperative rosse. Senza dimenticare che ci è scappato pure un morto 'suicida'. Renzi ha ragione a temere che Siena stia per travolgere Roma. Una bella rivincita visto che il Palazzo dove lavora era della famiglia senese dei Chigi.
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
24 LUG 2016 10:40
BISI E RISI
- MONTE DEI PASCHI, BOMBA AD OROLOGERIA PER RENZI: FRA 5 GIORNI LA BOCCIATURA DELLO STRESS TEST DELLA BCE
- PADOAN PARALIZZATO ANCHE PERCHÉ MATTARELLA PENSA A LUI PER UN GOVERNO TECNICO CHE TRANQUILLIZZI L'EUROPA
- BANKITALIA NON PERVENUTA. CASSA DEPOSITI ALLA RICERCA DELL'ULTIMO EURO DA METTERE NEL FONDO ATLANTE RACIMOLANDOLO TRA LE CASSE DI PREVIDENZA CHE RESISTONO. BRUNETTA VUOLE LA COMMISSIONE D'INCHIESTA PARLAMENTARE -
Luigi Bisignani per Il Tempo
A Renzi restano cinque giorni per non venire travolto dal disastro che si consumerebbe attorno al salvataggio del Monte dei Paschi di Siena.
Se ne parla poco, ma il Premier e' alla spasmodica ricerca della soluzione del rebus che ad oggi sembra irrisolvibile. Un vero incubo. La fretta poi di risolvere il caso prima del 29 luglio puo' significare che il governo sa che Mps non supererà gli stress test della Bce, evento che potrebbe compromettere l’andamento già disastroso del titolo in Borsa e trascinare con sé tutto il settore bancario. Un rischio concreto per la tenuta dell'esecutivo.
Lo ha segnalato anche un parlamentare autorevole della maggioranza, Francesco Boccia, presidente della strategica Commissione Bilancio, il quale ha bollato come inadeguato il duttile Ministro dell'Economia Padoan (al quale invece pensa Mattarella per un eventuale governo che garantisca di fronte all'Europa la crisi bancaria e la legge di stabilita').
Renzi vorrebbe usare il pretesto della Brexit per sospendere l’applicazione del Bail-in, che fa cadere su obbligazionisti e azionisti la responsabilità della mala gestione. In realtà il tema delle sofferenze bancarie l’ha creato proprio lui, quando, per salvare le quattro banche care al suo Giglio Magico, ne fece una svalutazione eccessiva che oggi affosserebbe il bilancio di Mps.
Il Premier insiste perché queste sofferenze vengano cedute al Fondo Atlante, definito “privato” ma che privato non è. Un vicolo cieco. E a Cassa Depositi e Prestiti, Fondazioni ed enti vari di previdenza viene chiesto di intervenire per evitare la nazionalizzazione della più antica banca italiana.
Mentre in Parlamento c'è chi, come Renato Brunetta, chiede da tempo una commissione d'inchiesta sul dissesto di Mps e sulle complicità che la legano a tutta la rete di potere che va dal vecchio Partito Comunista all'attuale Pd fino alle cooperative rosse. Senza dimenticare che ci è scappato pure un morto 'suicida'. Renzi ha ragione a temere che Siena stia per travolgere Roma. Una bella rivincita visto che il Palazzo dove lavora era della famiglia senese dei Chigi.
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Re: Diario della caduta di un regime.
LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
CAMPIONATO MONDIALE DI BUFALE
------SPARALA GROSSA SAM---------
Per il momento è sempre in testa Trump, dove su un sito web hanno verificato 163 sparate di Donald, e solo 3 sono risultate vere.(così acchiappo tanti voti, si sarebbe giustificato il bufaliere a stelle e strisce)
Ma anche in Europa non si scherza.
Nizza, nuove accuse al ministero degli Interni: «Pressioni per cancellare i filmati della Promenade»
Corriere della Sera - 8 ore fa
Sandra Bertin, responsabile della videosorveglianza di Nizza, ... A Nizza la sera dell'attentato del 14 luglio non c'era la ... Ma le pressioni per modificare il rapporto su quanto ...
Nizza, Francia ancora sotto accusa per la sicurezza
Europa.
Capo videosorveglianza accusa: pressioni dal governo. La donna denuncia di essere stata tenuto un'ora al telefono con un funzionario del ministero dell'Interno
Il ministro, per salvare la cadrega, esercita la pressione della denuncia per “falso”.
Il ministro Padoan, dichiara che il sistema bancario italiano è solido.
Boccia aveva appena dichiarato tre giorni fa:
Francesco Boccia - Ultime notizie e news - Sommario
http://www.pokedem.it/815/news
1.
Rassegna stampa su Francesco Boccia: news e notizie in tempo reale da centinaia di fonti. ...Padoan? Ma per carità. Parte il siluro del big Pd: "Non è all'altezza". ... di Equitalia proposta dal presidente della V commissione Francesco Boccia ...
Alfano chiede a FI di mollare Salvini per costituire un forte centro moderato.
Solo l’altro giorno al senato erano rimasti in 11, giusti giusti per fare la partitella.
Angelino è preoccupato per il suo futuro.
In questo momento il Bomba e la Boschi sono in silenzio, ma appena ricominciano sbaraglieranno tutti.
La situazione è talmente tragica che non si sa se ridere o se piangere.
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Per il momento è sempre in testa Trump, dove su un sito web hanno verificato 163 sparate di Donald, e solo 3 sono risultate vere.(così acchiappo tanti voti, si sarebbe giustificato il bufaliere a stelle e strisce)
Ma anche in Europa non si scherza.
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Corriere della Sera - 8 ore fa
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Capo videosorveglianza accusa: pressioni dal governo. La donna denuncia di essere stata tenuto un'ora al telefono con un funzionario del ministero dell'Interno
Il ministro, per salvare la cadrega, esercita la pressione della denuncia per “falso”.
Il ministro Padoan, dichiara che il sistema bancario italiano è solido.
Boccia aveva appena dichiarato tre giorni fa:
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Rassegna stampa su Francesco Boccia: news e notizie in tempo reale da centinaia di fonti. ...Padoan? Ma per carità. Parte il siluro del big Pd: "Non è all'altezza". ... di Equitalia proposta dal presidente della V commissione Francesco Boccia ...
Alfano chiede a FI di mollare Salvini per costituire un forte centro moderato.
Solo l’altro giorno al senato erano rimasti in 11, giusti giusti per fare la partitella.
Angelino è preoccupato per il suo futuro.
In questo momento il Bomba e la Boschi sono in silenzio, ma appena ricominciano sbaraglieranno tutti.
La situazione è talmente tragica che non si sa se ridere o se piangere.
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Banche, attenti risparmiatori! Contro il ‘Too bad to fail’ le soluzioni sono oscene
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di Roberto Marchesi | 24 luglio 2016
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I diktat della direttiva europea Brrd (Bank Recovery and Resolution Directive, del 2014) e la pasticciata gestione assunta in conseguenza dal nostro governo per intervenire sulle banche considerate a rischio default, hanno portato ad una situazione che di fatto trasforma il famoso assunto del “Too big to fail” (troppo grande per fallire) sulle banche in crisi al più ampio “Too bad to fail” (troppo brutta per fallire).
Occorre dire che il “Too big to fail” valeva solo sulle mega-banche americane di interesse nazionale, ma ai livelli inferiori le banche che hanno chiuso i battenti prima, dopo e durante la Grande Recessione sono state migliaia, e comunque anche una grande banca (la Lehman Brothers) è stata indotta a dichiarare fallimento prima di attivare il salvataggio delle altre big ad evitare un crash stile 1929.
In Italia (e in Europa) si attivano invece delle procedure di risanamento preventivo che, invece di intervenire con il commissariamento sulle banche (medie e piccole) che si sono già mangiate il capitale proprio, attuano fantasiosi progetti finanziari che hanno nell’etichetta la volontà di evitare il crollo della banca nei momenti difficili, ma nella realtà creano solo maggiore tensione sul titolo e allargano il rischio di perdite sul capitale investito (responsabilità classica dei soci) ai risparmiatori sottoscrittori di obbligazioni e persino ai correntisti in una estensione di responsabilità che, giustamente, comporta seri rischi di incostituzionalità oltre che, naturalmente, di severa ingiustizia e discriminazione sociale, perché non è possibile non vedere che, nella maggior parte dei casi, i risparmiatori sono solo vittime inconsapevoli della mala-gestione della banca e non possono in alcun modo, in uno Stato di Diritto, essere coinvolti nelle malversazioni e nello sciacallaggio di certi banchieri, che dovrebbero invece pagare con la galera immediata le loro amministrazioni spregiudicate.
Hanno cominciato nel 2013 in America con gli “Stress Test”, una specie di esame sulla consistenza patrimoniale e finanziaria delle banche che obbliga le grandi banche considerate a rischio a provvedere in tempi rapidi a risolvere autonomamente la situazione o vedersi commissariata dalla Federal Reserve. L’Europa ha subito copiato a modo suo con parametri più accomodanti ad evitare che le grandi banche tedesche, spagnole e inglesi uscissero malconce dall’esame.
Il fatto è però che, pur riconoscendo l’utilità del test a setacciare le situazioni più gravi, lo scopo dichiarato di evitare il tracollo nel caso di una nuova “Grande Recessione” non sta in piedi. Pensare che queste riforme e questi test possano bastare a salvare il sistema in caso si verificasse un crollo finanziario globale è pura illusione. Solo l’intervento degli Stati potrà sperare di tenere a galla il sistema.
In America si sono però fermati lì, chi non si mette in riga passa nel “tritacarne” del controllo federale e, se non basta, chiude i battenti. In Europa invece è un fiorire di proposte quasi oscene spacciate per strumenti finanziari atti al riequilibrio finanziario delle banche in difficoltà (vedasi su l’Espresso n.29 del 21-07-2016 maggiori dettagli):
Bail-in – Quando la capitalizzazione della banca è inferiore ai parametri stabiliti negli stress-test serve ad evitare un coinvolgimento di denaro pubblico (ovvero di soldi dei contribuenti) in caso di nuova recessione. Esso obbliga perciò la banca a ricapitalizzarsi per rientrare nei parametri stabiliti anche espropriando in tutto o in parte del loro investimento gli obbligazionisti e persino i correntisti (aziende) con deposito superiore ai 100.000 euro.
Gacs (garanzia cartolarizzazione sofferenze) – Serve a smaltire progressivamente i crediti deteriorati. In realtà non è altro che una cessione del credito (inesigibile) ad una società specializzata nel recupero crediti. Queste società acquistano, scontati fino al 70-80% i crediti deteriorati, li cartolarizzano in tre nuovi prodotti finanziari a diverso livello di rischio e di rendimento e li immettono nel mercato (vendendoli quindi a nuovi investitori raramente consapevoli di cosa si tratta). Le banche però malgradiscono questa formula perché a bilancio, pur riducendosi il parametro dei crediti a rischio, si evidenzierebbe ancor più la loro debolezza patrimoniale.
Bad Bank – E’ la creazione ad hoc, da parte dello Stato, di una banca avente semplicemente lo scopo di raccogliere le sofferenze (crediti incagliati e inesigibili) delle banche che necessitano ricapitalizzazione. Ma questa soluzione si scontra con la direttiva europea che impedisce l’intervento dello Stato per il salvataggio delle banche in crisi, quindi il nostro governo, salvo casi molto particolari, non la può fare. In ogni caso, anche senza la direttiva europea, la “bad bank” avrebbe di fatto assorbito le perdite su crediti della banca originaria trasferendole allo Stato. Vero che la banca originaria sarebbe stata risanata ma il costo sarebbe ricaduto per intero sulla fiscalità generale, ovvero noi contribuenti.
Fondo Atlante – E’ un fondo costituito prevalentemente da banche nazionali e da altri soggetti finanziari privati (Cassa Depositi e Prestiti, Poste ecc.) avente lo scopo di partecipare agli aumenti di capitale delle banche in crisi e di acquistare (come sempre a prezzo di realizzo) i crediti cosiddetti incagliati delle banche così da restituire alle stesse nuovi livelli di operatività. Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca sono stati al centro dei primi due interventi finanziari del fondo che ora è l’azionista di controllo di entrambe le banche ma ha praticamente già esaurito la sua disponibilità finanziaria. Data l’indisponibilità del Fondo Atlante ad aumentare il proprio capitale per rendersi disponibile a nuovi interventi, il governo sta pensando alla costituzione di un Fondo Atlante 2 nel quale entrerebbero anche banche estere (Chase Bank, Goldman Sachs, ecc.). Questa ipotesi spalancherebbe di fatto la porta alla speculazione internazionale sul nostro sistema creditizio (ovvero lo stesso errore che già fece circa 10 anni fa la Grecia mettendosi la corda al collo).
La sostanza di tutta questa manfrina è però che, per evitare il rischio che il costo del dissesto di qualche banca potesse ricadere sui contribuenti nel caso di gravi crisi economiche (direttiva Europea Brrd), si finisce col caricarlo immediatamente, attraverso questi strumenti finanziari, sulle spalle di incolpevoli risparmiatori che ovviamente, ammesso che abbiano conservato un risparmio residuo e già scottati dalle varie direttive Europee, vedrebbero come un’occasione le offerte dei nuovi soggetti esteri globalizzati che offrono prodotti finanziari a più alto rendimento (senza presumibilmente conoscere la vera natura dei titoli cartolarizzati e i vincoli sottoscritti nel frattempo dallo Stato Italiano).
Morale: la speculazione internazionale si sta già leccando i baffi!
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Occorre dire che il “Too big to fail” valeva solo sulle mega-banche americane di interesse nazionale, ma ai livelli inferiori le banche che hanno chiuso i battenti prima, dopo e durante la Grande Recessione sono state migliaia, e comunque anche una grande banca (la Lehman Brothers) è stata indotta a dichiarare fallimento prima di attivare il salvataggio delle altre big ad evitare un crash stile 1929.
In Italia (e in Europa) si attivano invece delle procedure di risanamento preventivo che, invece di intervenire con il commissariamento sulle banche (medie e piccole) che si sono già mangiate il capitale proprio, attuano fantasiosi progetti finanziari che hanno nell’etichetta la volontà di evitare il crollo della banca nei momenti difficili, ma nella realtà creano solo maggiore tensione sul titolo e allargano il rischio di perdite sul capitale investito (responsabilità classica dei soci) ai risparmiatori sottoscrittori di obbligazioni e persino ai correntisti in una estensione di responsabilità che, giustamente, comporta seri rischi di incostituzionalità oltre che, naturalmente, di severa ingiustizia e discriminazione sociale, perché non è possibile non vedere che, nella maggior parte dei casi, i risparmiatori sono solo vittime inconsapevoli della mala-gestione della banca e non possono in alcun modo, in uno Stato di Diritto, essere coinvolti nelle malversazioni e nello sciacallaggio di certi banchieri, che dovrebbero invece pagare con la galera immediata le loro amministrazioni spregiudicate.
Hanno cominciato nel 2013 in America con gli “Stress Test”, una specie di esame sulla consistenza patrimoniale e finanziaria delle banche che obbliga le grandi banche considerate a rischio a provvedere in tempi rapidi a risolvere autonomamente la situazione o vedersi commissariata dalla Federal Reserve. L’Europa ha subito copiato a modo suo con parametri più accomodanti ad evitare che le grandi banche tedesche, spagnole e inglesi uscissero malconce dall’esame.
Il fatto è però che, pur riconoscendo l’utilità del test a setacciare le situazioni più gravi, lo scopo dichiarato di evitare il tracollo nel caso di una nuova “Grande Recessione” non sta in piedi. Pensare che queste riforme e questi test possano bastare a salvare il sistema in caso si verificasse un crollo finanziario globale è pura illusione. Solo l’intervento degli Stati potrà sperare di tenere a galla il sistema.
In America si sono però fermati lì, chi non si mette in riga passa nel “tritacarne” del controllo federale e, se non basta, chiude i battenti. In Europa invece è un fiorire di proposte quasi oscene spacciate per strumenti finanziari atti al riequilibrio finanziario delle banche in difficoltà (vedasi su l’Espresso n.29 del 21-07-2016 maggiori dettagli):
Bail-in – Quando la capitalizzazione della banca è inferiore ai parametri stabiliti negli stress-test serve ad evitare un coinvolgimento di denaro pubblico (ovvero di soldi dei contribuenti) in caso di nuova recessione. Esso obbliga perciò la banca a ricapitalizzarsi per rientrare nei parametri stabiliti anche espropriando in tutto o in parte del loro investimento gli obbligazionisti e persino i correntisti (aziende) con deposito superiore ai 100.000 euro.
Gacs (garanzia cartolarizzazione sofferenze) – Serve a smaltire progressivamente i crediti deteriorati. In realtà non è altro che una cessione del credito (inesigibile) ad una società specializzata nel recupero crediti. Queste società acquistano, scontati fino al 70-80% i crediti deteriorati, li cartolarizzano in tre nuovi prodotti finanziari a diverso livello di rischio e di rendimento e li immettono nel mercato (vendendoli quindi a nuovi investitori raramente consapevoli di cosa si tratta). Le banche però malgradiscono questa formula perché a bilancio, pur riducendosi il parametro dei crediti a rischio, si evidenzierebbe ancor più la loro debolezza patrimoniale.
Bad Bank – E’ la creazione ad hoc, da parte dello Stato, di una banca avente semplicemente lo scopo di raccogliere le sofferenze (crediti incagliati e inesigibili) delle banche che necessitano ricapitalizzazione. Ma questa soluzione si scontra con la direttiva europea che impedisce l’intervento dello Stato per il salvataggio delle banche in crisi, quindi il nostro governo, salvo casi molto particolari, non la può fare. In ogni caso, anche senza la direttiva europea, la “bad bank” avrebbe di fatto assorbito le perdite su crediti della banca originaria trasferendole allo Stato. Vero che la banca originaria sarebbe stata risanata ma il costo sarebbe ricaduto per intero sulla fiscalità generale, ovvero noi contribuenti.
Fondo Atlante – E’ un fondo costituito prevalentemente da banche nazionali e da altri soggetti finanziari privati (Cassa Depositi e Prestiti, Poste ecc.) avente lo scopo di partecipare agli aumenti di capitale delle banche in crisi e di acquistare (come sempre a prezzo di realizzo) i crediti cosiddetti incagliati delle banche così da restituire alle stesse nuovi livelli di operatività. Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca sono stati al centro dei primi due interventi finanziari del fondo che ora è l’azionista di controllo di entrambe le banche ma ha praticamente già esaurito la sua disponibilità finanziaria. Data l’indisponibilità del Fondo Atlante ad aumentare il proprio capitale per rendersi disponibile a nuovi interventi, il governo sta pensando alla costituzione di un Fondo Atlante 2 nel quale entrerebbero anche banche estere (Chase Bank, Goldman Sachs, ecc.). Questa ipotesi spalancherebbe di fatto la porta alla speculazione internazionale sul nostro sistema creditizio (ovvero lo stesso errore che già fece circa 10 anni fa la Grecia mettendosi la corda al collo).
La sostanza di tutta questa manfrina è però che, per evitare il rischio che il costo del dissesto di qualche banca potesse ricadere sui contribuenti nel caso di gravi crisi economiche (direttiva Europea Brrd), si finisce col caricarlo immediatamente, attraverso questi strumenti finanziari, sulle spalle di incolpevoli risparmiatori che ovviamente, ammesso che abbiano conservato un risparmio residuo e già scottati dalle varie direttive Europee, vedrebbero come un’occasione le offerte dei nuovi soggetti esteri globalizzati che offrono prodotti finanziari a più alto rendimento (senza presumibilmente conoscere la vera natura dei titoli cartolarizzati e i vincoli sottoscritti nel frattempo dallo Stato Italiano).
Morale: la speculazione internazionale si sta già leccando i baffi!
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