Renzi
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Re: Renzi
2 AGO 2016 09:29
1. IN BARBA AI PROCLAMI DI VITTORIA DI RENZI, LE BANCHE ITALIANE SONO SOTTO ATTACCO
2. IL MERCATO NON SI FIDA DEL PIANO DI SALVATAGGIO DI MPS, TEME CHE ANCHE GLI ALTRI ISTITUTI SIANO ''INFETTATI'' DAI CREDITI "MARCI". L'UNICA VIA DI USCITA E' IL BAIL-IN, OVVERO COSTRINGERE AZIONISTI, OBBLIGAZIONISTI E RISPARMIATORI A PERDERE I PROPRI RISPARMI
3. DOPO IL TRACOLLO DI IERI DI UNICREDIT CHE DOVRÀ AFFRONTARE UNA MASSICCIA RICAPITALIZZAZIONE, TRA 5 E 8 MILIARDI (A PICCO ANCHE INTESA SANPAOLO CHE PURE È RISULTATA TRA LE MIGLIORI BANCHE D'EUROPA AGLI STRESS TEST), QUESTA MATTINA PEGGIORA ANCORA PIAZZA AFFARI: SONO STATE SOSPESE UNICREDIT, MPS, UBI BANCA, SAIPEM E FCA
BORSA: MILANO PEGGIORA (-1,6%), SOSPESE MPS, UNICREDIT
(ANSA) - Peggiora ancora Piazza Affari dopo le prime contrattazioni. L'indice Ftse Mib cede l'1,57% mentre sono state sospese Unicredit, Mps, Ubi Banca, Saipem e Fca. Soffre ancora una volta il comparto bancario mentre le vendite colpiscono tutto il listino.
1 - BANCHE A PICCO IN BORSA I NOSTRI RISPARMI SOTTO ATTACCO
Cinzia Meoni per “il Giornale”
Banche italiane sotto scacco e, con loro, i risparmi degli italiani. L'esito tutto sommato positivo degli stress test, pubblicati venerdì sera a mercato chiuso, non è bastato a sostenere i titoli in Borsa appesantita anche dai dati macroeconomici in arrivo dagli Stati Uniti con il rallentamento dell' Ism, l'indice che misura l'attività del sistema manifatturiero.
Il mercato, dopo l'ennesimo piano di salvataggio sistemico di Mps, teme il contagio, ovvero che anche le banche più solide, chiamate ad accollarsi il peso dei buchi di bilancio altrui, prima o poi siano «infettate». A quel punto, l'unica via di risalita passerebbe dalla strada del bail-in ovvero coinvolgendo azionisti, obbligazionisti e risparmiatori. Uno scenario estremo, ma che diventa terreno fertile per la speculazione, anche internazionale, che da mesi tiene in scacco gli istituti di credito.
Piazza Affari, dopo un avvio positivo, è stata così travolta dalle vendite sui bancari. A salvarsi, tra le big, è stata solo Monte Paschi, peraltro protetta dal divieto di vendite allo scoperto da parte della Consob. La tempesta ha invece travolto Unicredit (-9,4% a 1,9 euro) per cui l' Eba, l' Authority che ha curato gli stress, ha calcolato una solidità patrimoniale del 7,1% nel caso l' Europa cadesse in una profonda recessione.
Abbastanza per dare maggiore forza al timore della Borsa che Unicredit dovrà affrontare una massiccia ricapitalizzazione, secondo alcuni analisti tra 5 e 8 miliardi. A picco anche Banco Popolare (-5% a 2,39 euro), Ubi (-6,2% a 2,5 euiro), Carige (-6,8% a 0,31 euro), Popolare Milano (-6,2% a 0,4 euro), Bper (-5,6% a 3,4 euro) e Credem (-2,65% a 5,52 euro). E non è stata risparmiata Intesa Sanpaolo (-3,5% a 1,9 euro) che pure, con un indice Cet1 al 10,2% calcolato nelle peggiori ipotesi di recessione, è risultata tra le migliori banche d' Europa agli stress test.
«Il mercato intravede un rischio sistemico del settore bancario» sostiene un esperto del settore che preferisce l'anonimato, secondo cui «il timore è quello che dalle banche più solide a livello patrimoniale, siano drenate risorse a sostegno dei salvataggi di sistema, allargando quindi la portata del contagio».
«I problemi delle banche italiane sono essenzialmente due: la redditività sempre più ardua da ottenere in questo scenario di mercato con tassi rasoterra e la colossale massa di sofferenze che sommerge il settore», sostiene Stefano Gianti di Swissquote. In effetti, le banche italiane pur avendo registrato dati patrimoniali buoni, sono vittime del virus dei deteriorati: «Un terzo circa dei non performing loan europei pesa sulle banche italiane e rimane, oggi, un problema insoluto», aggiunge Gianti.
Il futuro delle banche italiane deve quindi passare da un graduale smaltimento delle sofferenze. E non solo da soluzioni dettate dall' emergenza come è avvenuto per Mps. Se è vero che il sistema sta salvando Rocca Salimbeni, garantendo la futura ricapitalizzazione da 5 miliardi e concorrendo a rilevare parte delle sofferenze del Monte al 33% del nominale, non è affatto detto che una simile e costosa soluzione possa essere replicata in futuro per altre situazioni che lo richiedessero. Insomma il salvataggio di Mps ha aperto la strada a una voragine di dubbi.
Senza considerare che anche l'esito della maxi-ricapitalizzazione di Mps non è così scontato. «Permangono incertezze sulle modalità della cartolarizzazione (delle sofferenze ndr)» commenta Luca Comi di Icbi. Non solo. Per l' analista l' aumento di capitale del Monte potrebbe risolversi con molto inoptato e quindi con il conseguente rischio di un elevato accollo da parte delle banche del consorzio di garanzia. Le quali probabilmente proporranno una struttura dell' aumento iper-diluitiva, così da assicurarsi un prezzo di sottoscrizione molto basso.
2 - CURARE LA POLMONITE CON L' ASPIRINA
Nicola Porro per “il Giornale”
Ieri le banche hanno ripreso a soffrire, eccome, in Borsa. Anche quelle, come Intesa, che sono state giudicate dai controlli europei (stress test) tra le più solide al mondo. Ciò avviene, per di più, all'indomani delle roboanti dichiarazioni di Matteo Renzi sul salvataggio del Monte dei Paschi di Siena, la grande malata. I mercati hanno ripreso a non fidarsi più dell'Italia. Passare uno stress test conta poco: i rischi che ci riserva il futuro, come i cigni neri, non sono prevedibili da un modello statistico-matematico. Sono imprevedibili. Certo, essere bocciati a un test vuol dire essere messi male, già oggi.
Questi famigerati stress test sono dunque un termometro che misura la temperatura oggi, ma non la forza dei nostri anticorpi, come pretendono di fare. E allora cosa sta succedendo? Semplice: nessuno si fida del salvataggio di Mps. Le sue azioni, ieri, hanno tenuto solo perché si tratta di un titolo che non si può vendere allo scoperto, e la cui capitalizzazione è talmente ridotta (20 volte meno di Intesa) che i suoi movimenti sono determinati da pochi scambi.
Eppure, tutti dicono che Jp Morgan e Atlante hanno salvato la banca senese? Col cavolo. In un mondo, si veda Mediaset-Vivendi, in cui si stracciano persino i contratti firmati, qualcuno si fida forse del fatto che la banca d' affari americana tra sei mesi porti a Siena i cinque miliardi promessi, posto che non ha firmato alcuna garanzia vincolante?
Ci possiamo, al massimo, sperare. Non siamo in un mercato che vive di speranze; in sei mesi, il mondo cambia. Pensate che Jp Morgan abbia qualche obbligo morale con Renzi? Pazzi, se lo credete. Mps non è ancora al sicuro e quindi non è scongiurato il rischio sistemico per le nostre banche. Anche quelle che godono di migliore forma.
C'era un'alternativa? Certo. Invece di mettere in piedi questo cervellotico piano di salvataggio di cui nessuno si fida (che, nota Luigi Zingales, peraltro prevede aiuti di Stato) si sarebbe dovuto tagliare la testa all'orso, quello che tira giù i mercati borsistici: già che c'eravamo, fare un vero e proprio salvataggio di Stato.
Certo a Bruxelles ci vorrebbe un politico, non un degnissimo economista come Padoan, che non può certo rompere con le tecnocrazie da cui proviene e dalle quali ritornerà. Il rischio è che come dieci anni fa abbiamo sottovalutato la condizione delle nostre banche non ricapitalizzandole, mentre tutti gli Stati lo facevano, anche oggi commettiamo lo stesso errore di presunzione: ci ostiniamo a curare una polmonite con l' aspirina.
1. IN BARBA AI PROCLAMI DI VITTORIA DI RENZI, LE BANCHE ITALIANE SONO SOTTO ATTACCO
2. IL MERCATO NON SI FIDA DEL PIANO DI SALVATAGGIO DI MPS, TEME CHE ANCHE GLI ALTRI ISTITUTI SIANO ''INFETTATI'' DAI CREDITI "MARCI". L'UNICA VIA DI USCITA E' IL BAIL-IN, OVVERO COSTRINGERE AZIONISTI, OBBLIGAZIONISTI E RISPARMIATORI A PERDERE I PROPRI RISPARMI
3. DOPO IL TRACOLLO DI IERI DI UNICREDIT CHE DOVRÀ AFFRONTARE UNA MASSICCIA RICAPITALIZZAZIONE, TRA 5 E 8 MILIARDI (A PICCO ANCHE INTESA SANPAOLO CHE PURE È RISULTATA TRA LE MIGLIORI BANCHE D'EUROPA AGLI STRESS TEST), QUESTA MATTINA PEGGIORA ANCORA PIAZZA AFFARI: SONO STATE SOSPESE UNICREDIT, MPS, UBI BANCA, SAIPEM E FCA
BORSA: MILANO PEGGIORA (-1,6%), SOSPESE MPS, UNICREDIT
(ANSA) - Peggiora ancora Piazza Affari dopo le prime contrattazioni. L'indice Ftse Mib cede l'1,57% mentre sono state sospese Unicredit, Mps, Ubi Banca, Saipem e Fca. Soffre ancora una volta il comparto bancario mentre le vendite colpiscono tutto il listino.
1 - BANCHE A PICCO IN BORSA I NOSTRI RISPARMI SOTTO ATTACCO
Cinzia Meoni per “il Giornale”
Banche italiane sotto scacco e, con loro, i risparmi degli italiani. L'esito tutto sommato positivo degli stress test, pubblicati venerdì sera a mercato chiuso, non è bastato a sostenere i titoli in Borsa appesantita anche dai dati macroeconomici in arrivo dagli Stati Uniti con il rallentamento dell' Ism, l'indice che misura l'attività del sistema manifatturiero.
Il mercato, dopo l'ennesimo piano di salvataggio sistemico di Mps, teme il contagio, ovvero che anche le banche più solide, chiamate ad accollarsi il peso dei buchi di bilancio altrui, prima o poi siano «infettate». A quel punto, l'unica via di risalita passerebbe dalla strada del bail-in ovvero coinvolgendo azionisti, obbligazionisti e risparmiatori. Uno scenario estremo, ma che diventa terreno fertile per la speculazione, anche internazionale, che da mesi tiene in scacco gli istituti di credito.
Piazza Affari, dopo un avvio positivo, è stata così travolta dalle vendite sui bancari. A salvarsi, tra le big, è stata solo Monte Paschi, peraltro protetta dal divieto di vendite allo scoperto da parte della Consob. La tempesta ha invece travolto Unicredit (-9,4% a 1,9 euro) per cui l' Eba, l' Authority che ha curato gli stress, ha calcolato una solidità patrimoniale del 7,1% nel caso l' Europa cadesse in una profonda recessione.
Abbastanza per dare maggiore forza al timore della Borsa che Unicredit dovrà affrontare una massiccia ricapitalizzazione, secondo alcuni analisti tra 5 e 8 miliardi. A picco anche Banco Popolare (-5% a 2,39 euro), Ubi (-6,2% a 2,5 euiro), Carige (-6,8% a 0,31 euro), Popolare Milano (-6,2% a 0,4 euro), Bper (-5,6% a 3,4 euro) e Credem (-2,65% a 5,52 euro). E non è stata risparmiata Intesa Sanpaolo (-3,5% a 1,9 euro) che pure, con un indice Cet1 al 10,2% calcolato nelle peggiori ipotesi di recessione, è risultata tra le migliori banche d' Europa agli stress test.
«Il mercato intravede un rischio sistemico del settore bancario» sostiene un esperto del settore che preferisce l'anonimato, secondo cui «il timore è quello che dalle banche più solide a livello patrimoniale, siano drenate risorse a sostegno dei salvataggi di sistema, allargando quindi la portata del contagio».
«I problemi delle banche italiane sono essenzialmente due: la redditività sempre più ardua da ottenere in questo scenario di mercato con tassi rasoterra e la colossale massa di sofferenze che sommerge il settore», sostiene Stefano Gianti di Swissquote. In effetti, le banche italiane pur avendo registrato dati patrimoniali buoni, sono vittime del virus dei deteriorati: «Un terzo circa dei non performing loan europei pesa sulle banche italiane e rimane, oggi, un problema insoluto», aggiunge Gianti.
Il futuro delle banche italiane deve quindi passare da un graduale smaltimento delle sofferenze. E non solo da soluzioni dettate dall' emergenza come è avvenuto per Mps. Se è vero che il sistema sta salvando Rocca Salimbeni, garantendo la futura ricapitalizzazione da 5 miliardi e concorrendo a rilevare parte delle sofferenze del Monte al 33% del nominale, non è affatto detto che una simile e costosa soluzione possa essere replicata in futuro per altre situazioni che lo richiedessero. Insomma il salvataggio di Mps ha aperto la strada a una voragine di dubbi.
Senza considerare che anche l'esito della maxi-ricapitalizzazione di Mps non è così scontato. «Permangono incertezze sulle modalità della cartolarizzazione (delle sofferenze ndr)» commenta Luca Comi di Icbi. Non solo. Per l' analista l' aumento di capitale del Monte potrebbe risolversi con molto inoptato e quindi con il conseguente rischio di un elevato accollo da parte delle banche del consorzio di garanzia. Le quali probabilmente proporranno una struttura dell' aumento iper-diluitiva, così da assicurarsi un prezzo di sottoscrizione molto basso.
2 - CURARE LA POLMONITE CON L' ASPIRINA
Nicola Porro per “il Giornale”
Ieri le banche hanno ripreso a soffrire, eccome, in Borsa. Anche quelle, come Intesa, che sono state giudicate dai controlli europei (stress test) tra le più solide al mondo. Ciò avviene, per di più, all'indomani delle roboanti dichiarazioni di Matteo Renzi sul salvataggio del Monte dei Paschi di Siena, la grande malata. I mercati hanno ripreso a non fidarsi più dell'Italia. Passare uno stress test conta poco: i rischi che ci riserva il futuro, come i cigni neri, non sono prevedibili da un modello statistico-matematico. Sono imprevedibili. Certo, essere bocciati a un test vuol dire essere messi male, già oggi.
Questi famigerati stress test sono dunque un termometro che misura la temperatura oggi, ma non la forza dei nostri anticorpi, come pretendono di fare. E allora cosa sta succedendo? Semplice: nessuno si fida del salvataggio di Mps. Le sue azioni, ieri, hanno tenuto solo perché si tratta di un titolo che non si può vendere allo scoperto, e la cui capitalizzazione è talmente ridotta (20 volte meno di Intesa) che i suoi movimenti sono determinati da pochi scambi.
Eppure, tutti dicono che Jp Morgan e Atlante hanno salvato la banca senese? Col cavolo. In un mondo, si veda Mediaset-Vivendi, in cui si stracciano persino i contratti firmati, qualcuno si fida forse del fatto che la banca d' affari americana tra sei mesi porti a Siena i cinque miliardi promessi, posto che non ha firmato alcuna garanzia vincolante?
Ci possiamo, al massimo, sperare. Non siamo in un mercato che vive di speranze; in sei mesi, il mondo cambia. Pensate che Jp Morgan abbia qualche obbligo morale con Renzi? Pazzi, se lo credete. Mps non è ancora al sicuro e quindi non è scongiurato il rischio sistemico per le nostre banche. Anche quelle che godono di migliore forma.
C'era un'alternativa? Certo. Invece di mettere in piedi questo cervellotico piano di salvataggio di cui nessuno si fida (che, nota Luigi Zingales, peraltro prevede aiuti di Stato) si sarebbe dovuto tagliare la testa all'orso, quello che tira giù i mercati borsistici: già che c'eravamo, fare un vero e proprio salvataggio di Stato.
Certo a Bruxelles ci vorrebbe un politico, non un degnissimo economista come Padoan, che non può certo rompere con le tecnocrazie da cui proviene e dalle quali ritornerà. Il rischio è che come dieci anni fa abbiamo sottovalutato la condizione delle nostre banche non ricapitalizzandole, mentre tutti gli Stati lo facevano, anche oggi commettiamo lo stesso errore di presunzione: ci ostiniamo a curare una polmonite con l' aspirina.
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Re: Renzi
2 AGO 2016 10:51
1. ANCHE SOTTO GLI OMBRELLONI DELLA VERSILIA SI PUÒ PERCEPIRE LA CADUTA DI POPOLARITÀ (E DI SIMPATIA) DELL’EX SINDACO DI FIRENZE. QUEST’ANNO ERA TUTTO UN PETTEGOLARE ACIDO SU RENZI CHE A GENNAIO, CIOÈ A ISCRIZIONI CHIUSE E CON UNA LUNGA LISTA D’ATTESA, È RIUSCITO A FAR ISCRIVERE I PROPRI FIGLI NELL’ESCLUSIVA SCUOLA AMERICANA DI FIRENZE, TRASFERENDOLI DALLE SCUOLE PUBBLICHE DI PONTASSIEVE DOVE INSEGNA LA MAMMA AGNESE
IL CASQUET DI RENZI.
Anche sotto gli ombrelloni della Versilia si può percepire la caduta di popolarità (e di simpatia) dell’ex sindaco di Firenze, Matteo Renzi, nella sua stessa Toscana. Quest’anno era tutto un pettegolare acido sul premier ducetto che a gennaio, cioè a iscrizioni rigorosamente chiuse e con una lunga lista d’attesa, è riuscito a far iscrivere i propri figlioli nell’esclusiva scuola americana di Firenze, trasferendoli dalle scuole pubbliche di Pontassieve dove insegna pure la mamma Agnese Landini.
1. ANCHE SOTTO GLI OMBRELLONI DELLA VERSILIA SI PUÒ PERCEPIRE LA CADUTA DI POPOLARITÀ (E DI SIMPATIA) DELL’EX SINDACO DI FIRENZE. QUEST’ANNO ERA TUTTO UN PETTEGOLARE ACIDO SU RENZI CHE A GENNAIO, CIOÈ A ISCRIZIONI CHIUSE E CON UNA LUNGA LISTA D’ATTESA, È RIUSCITO A FAR ISCRIVERE I PROPRI FIGLI NELL’ESCLUSIVA SCUOLA AMERICANA DI FIRENZE, TRASFERENDOLI DALLE SCUOLE PUBBLICHE DI PONTASSIEVE DOVE INSEGNA LA MAMMA AGNESE
IL CASQUET DI RENZI.
Anche sotto gli ombrelloni della Versilia si può percepire la caduta di popolarità (e di simpatia) dell’ex sindaco di Firenze, Matteo Renzi, nella sua stessa Toscana. Quest’anno era tutto un pettegolare acido sul premier ducetto che a gennaio, cioè a iscrizioni rigorosamente chiuse e con una lunga lista d’attesa, è riuscito a far iscrivere i propri figlioli nell’esclusiva scuola americana di Firenze, trasferendoli dalle scuole pubbliche di Pontassieve dove insegna pure la mamma Agnese Landini.
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Re: Renzi
POLITICA BUSINESS CAFONAL CRONACHE SPORT
4 AGO 2016 11:05
DAGONEWS: L'AIR FORCE CAZZ-ONE DI RENZI RESTA A TERRA PURE STAVOLTA!
– IL DUCETTO E’ ANDATO A RIO CON L’AEREO VOLUTO DA BERLUSCONI. QUANTI MILIONI PAGHIAMO INUTILMENTE?
– STRANE STORIE SULL’AIRBUS: CONTRATTO DI LEASING CON ETHIAD SECRETATO. IL COSTO DELL’AFFARE SAREBBE INTORNO AI 200 MILIONI
– IN CARBURANTE CONSUMA PIU’ DELL’INTERA FLOTTA DI STATO...
VEDI ARTICOLO E FOTO:
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 129990.htm
4 AGO 2016 11:05
DAGONEWS: L'AIR FORCE CAZZ-ONE DI RENZI RESTA A TERRA PURE STAVOLTA!
– IL DUCETTO E’ ANDATO A RIO CON L’AEREO VOLUTO DA BERLUSCONI. QUANTI MILIONI PAGHIAMO INUTILMENTE?
– STRANE STORIE SULL’AIRBUS: CONTRATTO DI LEASING CON ETHIAD SECRETATO. IL COSTO DELL’AFFARE SAREBBE INTORNO AI 200 MILIONI
– IN CARBURANTE CONSUMA PIU’ DELL’INTERA FLOTTA DI STATO...
VEDI ARTICOLO E FOTO:
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 129990.htm
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Re: Renzi
MEDIA & REGIME
‘Via i partiti dalla Rai’, ovvero come Renzi promette ma non mantiene
Media & Regime
di Peter Gomez | 4 agosto 2016
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5,8 mila
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Peter Gomez
Direttore de ilfattoquotidiano.it e scrittore
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La cosa più sgradevole è la presa per i fondelli. Dopo aver vinto le primarie e aver trionfato alle elezioni europee del 2014 al grido “via i partiti dalla Rai”, Matteo Renzi e i suoi il 4 agosto 2016 occupano pure i telegiornali. Se il premier si fosse presentato agli elettori rivendicando il diritto dell’esecutivo di fare ciò che vuole dell’informazione televisiva le decisioni di oggi, avallate a maggioranza da un consiglio di amministrazione come al solito pavido e lottizzato, sarebbero risultate fastidiose, ma almeno coerenti con un progetto di governo. L’uomo però è quel che è. Ormai lo ha ampiamente dimostrato: trova gli slogan migliori per mettersi in sintonia con l’opinione pubblica, li usa per ottenere consensi e poi, se gli conviene, li disattende in maniera plateale. Chiunque, se vuole, se ne può rendere conto.
A parte il proposito sbandierato alla Leopolda di fare della tv di Stato la Bbc, a imperitura memoria rimane la sua bacheca di twitter. Qui ricorderemo solo un intervento: “Niente paura il futuro arriverà anche alla Rai. Senza ordini dei partiti #cambiaverso #italiariparte”. La cronaca che ci dice come è andata. l’Italia, già ricca di per sé di gente che pagherebbe per servire, arretra. Vince come sempre il paese dei famigli.
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Matteo Renzi ✔ @matteorenzi
Niente paura. Il futuro arriverà anche alla Rai. Senza ordini dei partiti. #cambiaverso #italiariparte
00:14 - 14 Maggio 2014
579 579 Retweet 744 744 Mi piace
Non per nulla, in attesa che i nuovi responsabili del Tg2 e del Tg3 dimostrino di che cosa sono capaci (noi temiamo di tutto) va constatato come con la loro scelta venga definitivamente buttata a mare anche un’altra falsa parola d’ordine del presidente del Consiglio: la meritocrazia. Basta scorrere i nomi dei nominati e degli epurati per rendersene conto. Infatti se è sacrosanto il principio secondo cui qualunque conduttore o direttore può essere motivatamente sollevato dal suo editore, nessuno è finora stato in grado di spiegare quali siano i meriti giornalistici – almeno pari a quelli dei loro predecessori – di Ida Colucci (Tg2) e Luca Mazzà (Tg3). Della carriere di Mazzà un unico fatto è noto: la decisione di abbandonare il posto responsabile di Ballarò dopo aver accusato Massimo Giannini di essere troppo anti-renziano. Di Ida Colucci ricordiamo invece le sue cosiddette interviste prima a Silvio Berlusconi e poi a Renzi. E nient’altro.
Va però detto che prendersela con i due è sbagliato. Il governo aveva un obiettivo: arrivare al referendum costituzionale di novembre senza telegiornali che dessero troppo eco alle ragioni del no. Sono stati scelti loro, ma potevano essere scelti altri.
Per questo Renzi, stando al Corriere della Sera e alla Stampa, si è sentito più volte con il direttore generale Rai, Antonio Campo Dall’Orto, dopo essersi negato al telefono per molte settimane. Per questo il presidente del Pd, Matteo Orfini, ha attaccato i vertici di viale Mazzini sulla questione super-stipendi. Il suo partito era perfettamente al corrente che la legge da esso stesso votata permetteva quegli emolumenti, tanto da aver bocciato un emendamento che li avrebbe impediti, ma ha utilizzato lo scandalo per premere sui manager.
Hai piazzato alla testa delle news un professionista come Carlo Verdelli che ha una mezza idea di non fare quel che voglio? Occhio, io metto alla berlina. Esalto il tuo lato debole, quello che io stesso ti ho concesso: i soldi. Il potere, del resto, funziona così. Ha le sue regole e i suoi riti. Prevede che ai sollevati dall’incarico venga dato uno strapuntino: lo stesso stipendio, una trasmissione piccola piccola, qualche comparsata. Giusto per poter dire che nell’informazione Rai il pensiero non è unico (ma nei tg sì). E perché chi è stato fatto fuori non si lamenti troppo. Poi intanto coi mesi tutto verrà dimenticato. E l’Italia potrà continuare ad affondare placida nel solito viscido pantano.
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La cosa più sgradevole è la presa per i fondelli. Dopo aver vinto le primarie e aver trionfato alle elezioni europee del 2014 al grido “via i partiti dalla Rai”, Matteo Renzi e i suoi il 4 agosto 2016 occupano pure i telegiornali. Se il premier si fosse presentato agli elettori rivendicando il diritto dell’esecutivo di fare ciò che vuole dell’informazione televisiva le decisioni di oggi, avallate a maggioranza da un consiglio di amministrazione come al solito pavido e lottizzato, sarebbero risultate fastidiose, ma almeno coerenti con un progetto di governo. L’uomo però è quel che è. Ormai lo ha ampiamente dimostrato: trova gli slogan migliori per mettersi in sintonia con l’opinione pubblica, li usa per ottenere consensi e poi, se gli conviene, li disattende in maniera plateale. Chiunque, se vuole, se ne può rendere conto.
A parte il proposito sbandierato alla Leopolda di fare della tv di Stato la Bbc, a imperitura memoria rimane la sua bacheca di twitter. Qui ricorderemo solo un intervento: “Niente paura il futuro arriverà anche alla Rai. Senza ordini dei partiti #cambiaverso #italiariparte”. La cronaca che ci dice come è andata. l’Italia, già ricca di per sé di gente che pagherebbe per servire, arretra. Vince come sempre il paese dei famigli.
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Non per nulla, in attesa che i nuovi responsabili del Tg2 e del Tg3 dimostrino di che cosa sono capaci (noi temiamo di tutto) va constatato come con la loro scelta venga definitivamente buttata a mare anche un’altra falsa parola d’ordine del presidente del Consiglio: la meritocrazia. Basta scorrere i nomi dei nominati e degli epurati per rendersene conto. Infatti se è sacrosanto il principio secondo cui qualunque conduttore o direttore può essere motivatamente sollevato dal suo editore, nessuno è finora stato in grado di spiegare quali siano i meriti giornalistici – almeno pari a quelli dei loro predecessori – di Ida Colucci (Tg2) e Luca Mazzà (Tg3). Della carriere di Mazzà un unico fatto è noto: la decisione di abbandonare il posto responsabile di Ballarò dopo aver accusato Massimo Giannini di essere troppo anti-renziano. Di Ida Colucci ricordiamo invece le sue cosiddette interviste prima a Silvio Berlusconi e poi a Renzi. E nient’altro.
Va però detto che prendersela con i due è sbagliato. Il governo aveva un obiettivo: arrivare al referendum costituzionale di novembre senza telegiornali che dessero troppo eco alle ragioni del no. Sono stati scelti loro, ma potevano essere scelti altri.
Per questo Renzi, stando al Corriere della Sera e alla Stampa, si è sentito più volte con il direttore generale Rai, Antonio Campo Dall’Orto, dopo essersi negato al telefono per molte settimane. Per questo il presidente del Pd, Matteo Orfini, ha attaccato i vertici di viale Mazzini sulla questione super-stipendi. Il suo partito era perfettamente al corrente che la legge da esso stesso votata permetteva quegli emolumenti, tanto da aver bocciato un emendamento che li avrebbe impediti, ma ha utilizzato lo scandalo per premere sui manager.
Hai piazzato alla testa delle news un professionista come Carlo Verdelli che ha una mezza idea di non fare quel che voglio? Occhio, io metto alla berlina. Esalto il tuo lato debole, quello che io stesso ti ho concesso: i soldi. Il potere, del resto, funziona così. Ha le sue regole e i suoi riti. Prevede che ai sollevati dall’incarico venga dato uno strapuntino: lo stesso stipendio, una trasmissione piccola piccola, qualche comparsata. Giusto per poter dire che nell’informazione Rai il pensiero non è unico (ma nei tg sì). E perché chi è stato fatto fuori non si lamenti troppo. Poi intanto coi mesi tutto verrà dimenticato. E l’Italia potrà continuare ad affondare placida nel solito viscido pantano.
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Re: Renzi
Speranza avverte: "Se non cambia l'Italicum, noi voteremo no"
La minoranza Dem mette le cose in chiaro e chiede a Renzi una "risposta politica"
Lucio Di Marzo - Sab, 06/08/2016 - 11:10
commenta
"Considero l`italicum e la riforma costituzionale inscindibili, un'unica grande revisione dell'architettura istituzionale.
Per questo, senza una vera svolta sulla legge elettorale, il giudizio complessivo finirebbe per essere negativo. E quindi non potrei votare sì".
È Roberto Speranza, leader della minoranza Pd, a parlare a Repubblica, sottolineando un punto già chiarito in passato, ovvero che "se tutto fosse ancora come oggi", dopo un viaggio in avanti con un'ipotetica macchina del tempo, non sarebbe "in condizione di votare sì" al referendum.
Un avvertimento a Matteo Renzi, con Speranza che assicura che "la legge elettorale va modificata. Il nostro mattarellum 2.0 evita un parlamento di nominati e limita il premio di maggioranza. Purtroppo, al di là di qualche mossa tattica sui tempi, non c'è stata alcuna vera risposta".
Prima di referendum il tempo c'è, sostiene il leader della minoranza, che vuole "risposte politiche" chiare e non "ammiccamenti".
La minoranza Dem mette le cose in chiaro e chiede a Renzi una "risposta politica"
Lucio Di Marzo - Sab, 06/08/2016 - 11:10
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"Considero l`italicum e la riforma costituzionale inscindibili, un'unica grande revisione dell'architettura istituzionale.
Per questo, senza una vera svolta sulla legge elettorale, il giudizio complessivo finirebbe per essere negativo. E quindi non potrei votare sì".
È Roberto Speranza, leader della minoranza Pd, a parlare a Repubblica, sottolineando un punto già chiarito in passato, ovvero che "se tutto fosse ancora come oggi", dopo un viaggio in avanti con un'ipotetica macchina del tempo, non sarebbe "in condizione di votare sì" al referendum.
Un avvertimento a Matteo Renzi, con Speranza che assicura che "la legge elettorale va modificata. Il nostro mattarellum 2.0 evita un parlamento di nominati e limita il premio di maggioranza. Purtroppo, al di là di qualche mossa tattica sui tempi, non c'è stata alcuna vera risposta".
Prima di referendum il tempo c'è, sostiene il leader della minoranza, che vuole "risposte politiche" chiare e non "ammiccamenti".
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Re: Renzi
Il video della dichiarazione della Flamingo è stato tolto dalla pagina del Corriere della Sera.it
"NON E' VERO CHE RENZI PORTA SFORTUNA"
6 AGO 2016 23:48
ARGENTO VIVO FIAMINGO
– AI GIOCHI DI RIO LA SPADISTA SICILIANA INFILZA LA PRIMA MEDAGLIA PER L’ITALIA: "RENZI MI HA SCRITTO PER TUTTO IL GIORNO MESSAGGI DI INCORAGGIAMENTO. MI STAVA METTENDO ANSIA..."
- RIMONTONA DETTI: BRONZO NEI 400 STILE LIBERO
- SFIGA NIBALI, CADE IN DISCESA MENTRE ERA LANCIATO VERSO L’ORO: CLAVICOLA ROTTA - -
"NON E' VERO CHE RENZI PORTA SFORTUNA"
6 AGO 2016 23:48
ARGENTO VIVO FIAMINGO
– AI GIOCHI DI RIO LA SPADISTA SICILIANA INFILZA LA PRIMA MEDAGLIA PER L’ITALIA: "RENZI MI HA SCRITTO PER TUTTO IL GIORNO MESSAGGI DI INCORAGGIAMENTO. MI STAVA METTENDO ANSIA..."
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Re: Renzi
GHIGLIOTTINA
Un'idea per Renzi. Dire: lascio se vince il Sì
Noi italiani siamo pancia, ma abbiamo qualcosa dentro, una bussola, che ci fa vedere a volte l’ovvio dove al Palazzo sfugge
DI TOMMASO CERNO
08 agosto 2016
Non è un giro di parole.
Qui non si tratta di girare la frittata del Sì e del No per rimettersi in campo dopo il fuorigioco.
Ma pensate a che cosa poteva (o potrebbe succedere) se Matteo Renzi dicesse: «Mi dimetto se vince il S ì» invece di quel che ha detto, il contrario .
Avvelenando il clima già avvelenato di un Paese che si è messo a fare il Gioco dell’Oca con la Costituzione.
A noi importa poco se e cosa farà Renzi.
Non spetta a noi consigliarlo.
Ma a noi spetta farci una domanda: perché c’è la sensazione che proprio quel «mi dimetto se vince il no» abbia spinto la riforma su un binario pericoloso?
Creando una Brexit de Noantri che finisce per stremare e costringendo il fronte del Sì a spacchettare le proprie ragioni, declinandole in cinquanta sfumature.
Il motivo vero è che noi italiani siamo pancia, ma abbiamo qualcosa dentro, una bussola, che ci fa vedere a volte l’ovvio dove al Palazzo sfugge.
Rimettere il mandato di presidente del Consiglio al Colle, proprio dopo l’approvazione delle riforme e non, al contrario, come ripicca per aver perso una partita che è di tutto il Paese e non solo sua, sarebbe la conseguenza di qualcosa che Renzi conosce bene: lo storytelling, il racconto che fa di sé.
Vediamo dove il film si inceppa.
Aprile 2013. Montecitorio è gremito di deputati e senatori.
Giorgio Napolitano è il primo (e sarà anche l’ultimo) presidente della Repubblica eletto per due volte al Quirinale.
Nemmeno la Costituzione lo scrisse per esteso, pur non vietandolo.
Tanto sembrava strano.
Il Parlamento uscito dalle urne è devastato dal voto (Bersani è arrivato primo, ma non ha vinto... come lui stesso ci disse, senza che stavolta fosse una battuta).
La vecchia, claudicante Seconda repubblica è tramortita.
Ascolta re Giorgio che invoca riforme, dopo decenni di bla, bla, bla. E un lungo applauso, isterico e liberatorio, si alza verso il Capo dello Stato che punta il dito proprio contro il Parlamento che lo ha rieletto.
Ecco cosa non torna, presidente Renzi.
Nel sottosuolo della politica, nella pancia del Paese, il Pd ha un riscatto da pagare.
Le elezioni perse (o come preferisce dire “non vinte”) pretendono che il leader Dem faccia come si era detto quel giorno, mentre Montecitorio applaudiva.
L’Italia non vede l’ora di chiudere questa strampalata legislatura delle riforme.
Ma se lei crede davvero che questa nuova Costituzione ci porterà nel futuro (cosa che altri invece le contestano), beh se ci crede, almeno lei dovrebbe dire: «Mi dimetto se vince il Sì».
Un'idea per Renzi. Dire: lascio se vince il Sì
Noi italiani siamo pancia, ma abbiamo qualcosa dentro, una bussola, che ci fa vedere a volte l’ovvio dove al Palazzo sfugge
DI TOMMASO CERNO
08 agosto 2016
Non è un giro di parole.
Qui non si tratta di girare la frittata del Sì e del No per rimettersi in campo dopo il fuorigioco.
Ma pensate a che cosa poteva (o potrebbe succedere) se Matteo Renzi dicesse: «Mi dimetto se vince il S ì» invece di quel che ha detto, il contrario .
Avvelenando il clima già avvelenato di un Paese che si è messo a fare il Gioco dell’Oca con la Costituzione.
A noi importa poco se e cosa farà Renzi.
Non spetta a noi consigliarlo.
Ma a noi spetta farci una domanda: perché c’è la sensazione che proprio quel «mi dimetto se vince il no» abbia spinto la riforma su un binario pericoloso?
Creando una Brexit de Noantri che finisce per stremare e costringendo il fronte del Sì a spacchettare le proprie ragioni, declinandole in cinquanta sfumature.
Il motivo vero è che noi italiani siamo pancia, ma abbiamo qualcosa dentro, una bussola, che ci fa vedere a volte l’ovvio dove al Palazzo sfugge.
Rimettere il mandato di presidente del Consiglio al Colle, proprio dopo l’approvazione delle riforme e non, al contrario, come ripicca per aver perso una partita che è di tutto il Paese e non solo sua, sarebbe la conseguenza di qualcosa che Renzi conosce bene: lo storytelling, il racconto che fa di sé.
Vediamo dove il film si inceppa.
Aprile 2013. Montecitorio è gremito di deputati e senatori.
Giorgio Napolitano è il primo (e sarà anche l’ultimo) presidente della Repubblica eletto per due volte al Quirinale.
Nemmeno la Costituzione lo scrisse per esteso, pur non vietandolo.
Tanto sembrava strano.
Il Parlamento uscito dalle urne è devastato dal voto (Bersani è arrivato primo, ma non ha vinto... come lui stesso ci disse, senza che stavolta fosse una battuta).
La vecchia, claudicante Seconda repubblica è tramortita.
Ascolta re Giorgio che invoca riforme, dopo decenni di bla, bla, bla. E un lungo applauso, isterico e liberatorio, si alza verso il Capo dello Stato che punta il dito proprio contro il Parlamento che lo ha rieletto.
Ecco cosa non torna, presidente Renzi.
Nel sottosuolo della politica, nella pancia del Paese, il Pd ha un riscatto da pagare.
Le elezioni perse (o come preferisce dire “non vinte”) pretendono che il leader Dem faccia come si era detto quel giorno, mentre Montecitorio applaudiva.
L’Italia non vede l’ora di chiudere questa strampalata legislatura delle riforme.
Ma se lei crede davvero che questa nuova Costituzione ci porterà nel futuro (cosa che altri invece le contestano), beh se ci crede, almeno lei dovrebbe dire: «Mi dimetto se vince il Sì».
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Re: Renzi
LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
PERCHE' LA SITUAZIONE ITALIANA E' ESTREMAMENTE PERICOLOSA.
PERCHE' E' GUIDATA DA UN PREMIER CHE E' FUGGITO DAL REPARTO DI NEURO-PSICHIATRIA INFANTILE.
SE LA TRUFFA GLI FOSSE ANDATA BENE, ALLORA IL MERITO SAREBBE STATO SOLO SUO.
MA VISTO CHE LE COSE SI METTONO MALE, LA COLPA E' DI NAPOLITANO.
Referendum, la retromarcia del premier Renzi
“Ho fatto un errore a personalizzare troppo”
Il capo del governo alla festa dell’Unità nel Modenese: “Questa riforma non è mia, ha un padre che si
chiama Giorgio Napolitano”. Se passa il Sì? “500 milioni risparmiati ai concittadini che non ce la fanno”
Politica
Parla alla Festa dell’Unità di Bosco Albergati, nel Modenese. E il cuore dell’intervento di Renzi è il referendum: “Se passa – dice – i 500 milioni risparmiati sui costi della politica pensate che bello metterli sul fondo della povertà e darli ai nostri concittadini che non ce la fanno”. Poi spiega di avere “fatto degli errori a personalizzare” la consultazione e sottolinea che la riforma, “ha un padre con nome e un cognome: Giorgio Napolitano”. In ogni caso, ha proseguito il premier, ora bisogna parlare con tutti, anche fuori dalla maggioranza, anche con i Cinquestelle, facendo capire che “se passa il referendum si eliminano costi e posti della politica per più di 500 milioni l’anno”
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
PERCHE' LA SITUAZIONE ITALIANA E' ESTREMAMENTE PERICOLOSA.
PERCHE' E' GUIDATA DA UN PREMIER CHE E' FUGGITO DAL REPARTO DI NEURO-PSICHIATRIA INFANTILE.
SE LA TRUFFA GLI FOSSE ANDATA BENE, ALLORA IL MERITO SAREBBE STATO SOLO SUO.
MA VISTO CHE LE COSE SI METTONO MALE, LA COLPA E' DI NAPOLITANO.
Referendum, la retromarcia del premier Renzi
“Ho fatto un errore a personalizzare troppo”
Il capo del governo alla festa dell’Unità nel Modenese: “Questa riforma non è mia, ha un padre che si
chiama Giorgio Napolitano”. Se passa il Sì? “500 milioni risparmiati ai concittadini che non ce la fanno”
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Parla alla Festa dell’Unità di Bosco Albergati, nel Modenese. E il cuore dell’intervento di Renzi è il referendum: “Se passa – dice – i 500 milioni risparmiati sui costi della politica pensate che bello metterli sul fondo della povertà e darli ai nostri concittadini che non ce la fanno”. Poi spiega di avere “fatto degli errori a personalizzare” la consultazione e sottolinea che la riforma, “ha un padre con nome e un cognome: Giorgio Napolitano”. In ogni caso, ha proseguito il premier, ora bisogna parlare con tutti, anche fuori dalla maggioranza, anche con i Cinquestelle, facendo capire che “se passa il referendum si eliminano costi e posti della politica per più di 500 milioni l’anno”
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Re: Renzi
Referendum, la retromarcia del premier Renzi: “Ho fatto un errore a personalizzare troppo”
Matteo Renzi Festa de l’Unità Bosco Albergati
< 1/12 >
<>
Politica
Il capo del governo: “Questa riforma non è mia, ha un padre che si chiama Napolitano”. Se passa il Sì? “500 milioni risparmiati ai concittadini che non ce la fanno”. E avverte la minoranza dem: "Basta rissa. Chi vuole cambiare linea o segretario, si ricordi che ogni 4 anni c'è il congresso"
di F. Q. | 9 agosto 2016
COMMENTI (394)
Parla alla Festa dell’Unità di Bosco Albergati, in provincia di Modena. Lo stesso luogo da dove tre anni fa lanciò la propria candidatura alla guida del Pd. E il cuore dell’intervento di Matteo Renzi è il referendum: “Se passa – dice – i 500 milioni risparmiati sui costi della politica pensate che bello metterli sul fondo della povertà e darli ai nostri concittadini che non ce la fanno”. Un mezzo miliardo di risparmi dato dal nuovo Senato e dall’abolizione definitiva delle Province del quale aveva parlato il ministro Boschi. Numeri che, però, non hanno trovato riscontro nei calcoli della Ragioneria di Stato, che ha parlato di cifre non quantificabili.
Proseguendo sul referendum, Renzi fa un passo indietro sulla modalità usata finora. Spiega di avere “sbagliato a dare dei messaggi: questo referendum non è il mio referendum – puntualizza -, perché questa riforma ha un padre che si chiama Giorgio Napolitano. Ho fatto un errore a personalizzare troppo, bisogna dire agli italiani che non è la riforma di una persona, ma la riforma che serve all’Italia”. L’ex presidente della Repubblica, peraltro, aveva ammesso che nel testo “ci sono delle imperfezioni“, ma – aveva aggiunto – mi auguro che la stragrande maggioranza dei cittadini non faccia ancora una volta finire nel nulla gli sforzi messi in atto in due anni in Parlamento”.
In ogni caso, prosegue il premier, ora bisogna parlare con tutti, anche fuori dalla maggioranza, anche con i Cinquestelle. Ci tiene però a sottolineare che la consultazione “non c’entra niente con la legge elettorale” poi aggiunge: “A questa riforma nel merito è quasi impossibile votare no. Il referendum prevede un sì o un no, se si dice no rimane tutto come è adesso. E’ importante perché abbiamo preso un impegno con gli italiani: dopo anni di chiacchiere le cose si fanno”. Stesso punto di vista del ministro Boschi, convinta che si tratti del “cambiamento che stiamo proponendo al Paese”. Ricorda che i comitati del No, pur provandoci, non sono riusciti a raccogliere le firme necessarie “anche perché – continua – non è mica facile fare i tavolini e dire ‘potresti cortesemente firmare per mantenere lo stesso numero di parlamentari di adesso’. Non è mica facile, già il fatto che abbiano fatto qualche migliaia di firme è importante, bisogna fargli i complimenti, non bisogna prenderli in giro”.
Renzi sottolinea “che qualcosa è oggettivamente iniziato a cambiare ed è merito del Pd che ha scelto di cambiare e fare le cose concretamente, qualcuna riuscita meglio, qualcuna peggio. Oggi in questo paese c’è qualche diritto in più e qualche tassa in meno”. E ricorda qual era la situazione tre anni fa: allora “c’era Napolitano che non riusciva a dimettersi le riforme erano bloccate, la riforma costituzionale era su un binario morto, Berlusconi primo nei sondaggi, si discuteva su come togliere la tassa sulla prima casa poi non ci si riusciva, la cultura faceva notizia per i crolli, l’Expo sembrava impossibile, i diritti civili non erano all’ordine del giorno e le grandi opere erano cantieri infiniti”.
Stop, poi, a chi, dentro il Pd, sostiene il no chiedendo di ricominciare da capo in Parlamento. “A tutti quelli che vogliono cambiare la linea del Pd o cambiare, del tutto legittimamente il Pd, dico con il sorriso ‘questa è casa vostra’. Non è solo un vostro diritto ma è una nostra gioia poterci confrontare”. Tradotto: “Chi vuole cambiare linea o segretario, si ricordi che ogni 4 anni c’è il congresso, non una volta al giorno in tutte le tv e tutti i tg o i talk show”. Fuori dal Pd, continua, “non c’è il socialismo rivoluzionario ma c’è la destra e il M5S. Se qualcuno pensa di essere contagiato dalla ‘Sindrome di Bertinotti‘, per la quale chiede sempre di più, per poi non ottenere nulla e perdere anche quello che aveva prima, voglio far sapere che noi dalla Sindrome Bertinotti siamo immuni”.
Invita a chiedere “a Prodi che oggi festeggia a pochi chilometri da qui il suo compleanno, lui lo sa bene cosa vuol dire la Sindrome Bertinotti. C’è gente tra di noi che pur di far perdere i propri, non esita a mandare a casa un intero sistema. Noi abbiamo a cuore l’Italia e non le correnti interne, vengano al congresso, se vincono il congresso lo guideranno loro e chi perde starà all’opposizione, come è giusto che sia. Ma basta con la rissa, con la rissa continua perde l’Italia”.
VIDEO:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/08 ... i/2965847/
Matteo Renzi Festa de l’Unità Bosco Albergati
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Politica
Il capo del governo: “Questa riforma non è mia, ha un padre che si chiama Napolitano”. Se passa il Sì? “500 milioni risparmiati ai concittadini che non ce la fanno”. E avverte la minoranza dem: "Basta rissa. Chi vuole cambiare linea o segretario, si ricordi che ogni 4 anni c'è il congresso"
di F. Q. | 9 agosto 2016
COMMENTI (394)
Parla alla Festa dell’Unità di Bosco Albergati, in provincia di Modena. Lo stesso luogo da dove tre anni fa lanciò la propria candidatura alla guida del Pd. E il cuore dell’intervento di Matteo Renzi è il referendum: “Se passa – dice – i 500 milioni risparmiati sui costi della politica pensate che bello metterli sul fondo della povertà e darli ai nostri concittadini che non ce la fanno”. Un mezzo miliardo di risparmi dato dal nuovo Senato e dall’abolizione definitiva delle Province del quale aveva parlato il ministro Boschi. Numeri che, però, non hanno trovato riscontro nei calcoli della Ragioneria di Stato, che ha parlato di cifre non quantificabili.
Proseguendo sul referendum, Renzi fa un passo indietro sulla modalità usata finora. Spiega di avere “sbagliato a dare dei messaggi: questo referendum non è il mio referendum – puntualizza -, perché questa riforma ha un padre che si chiama Giorgio Napolitano. Ho fatto un errore a personalizzare troppo, bisogna dire agli italiani che non è la riforma di una persona, ma la riforma che serve all’Italia”. L’ex presidente della Repubblica, peraltro, aveva ammesso che nel testo “ci sono delle imperfezioni“, ma – aveva aggiunto – mi auguro che la stragrande maggioranza dei cittadini non faccia ancora una volta finire nel nulla gli sforzi messi in atto in due anni in Parlamento”.
In ogni caso, prosegue il premier, ora bisogna parlare con tutti, anche fuori dalla maggioranza, anche con i Cinquestelle. Ci tiene però a sottolineare che la consultazione “non c’entra niente con la legge elettorale” poi aggiunge: “A questa riforma nel merito è quasi impossibile votare no. Il referendum prevede un sì o un no, se si dice no rimane tutto come è adesso. E’ importante perché abbiamo preso un impegno con gli italiani: dopo anni di chiacchiere le cose si fanno”. Stesso punto di vista del ministro Boschi, convinta che si tratti del “cambiamento che stiamo proponendo al Paese”. Ricorda che i comitati del No, pur provandoci, non sono riusciti a raccogliere le firme necessarie “anche perché – continua – non è mica facile fare i tavolini e dire ‘potresti cortesemente firmare per mantenere lo stesso numero di parlamentari di adesso’. Non è mica facile, già il fatto che abbiano fatto qualche migliaia di firme è importante, bisogna fargli i complimenti, non bisogna prenderli in giro”.
Renzi sottolinea “che qualcosa è oggettivamente iniziato a cambiare ed è merito del Pd che ha scelto di cambiare e fare le cose concretamente, qualcuna riuscita meglio, qualcuna peggio. Oggi in questo paese c’è qualche diritto in più e qualche tassa in meno”. E ricorda qual era la situazione tre anni fa: allora “c’era Napolitano che non riusciva a dimettersi le riforme erano bloccate, la riforma costituzionale era su un binario morto, Berlusconi primo nei sondaggi, si discuteva su come togliere la tassa sulla prima casa poi non ci si riusciva, la cultura faceva notizia per i crolli, l’Expo sembrava impossibile, i diritti civili non erano all’ordine del giorno e le grandi opere erano cantieri infiniti”.
Stop, poi, a chi, dentro il Pd, sostiene il no chiedendo di ricominciare da capo in Parlamento. “A tutti quelli che vogliono cambiare la linea del Pd o cambiare, del tutto legittimamente il Pd, dico con il sorriso ‘questa è casa vostra’. Non è solo un vostro diritto ma è una nostra gioia poterci confrontare”. Tradotto: “Chi vuole cambiare linea o segretario, si ricordi che ogni 4 anni c’è il congresso, non una volta al giorno in tutte le tv e tutti i tg o i talk show”. Fuori dal Pd, continua, “non c’è il socialismo rivoluzionario ma c’è la destra e il M5S. Se qualcuno pensa di essere contagiato dalla ‘Sindrome di Bertinotti‘, per la quale chiede sempre di più, per poi non ottenere nulla e perdere anche quello che aveva prima, voglio far sapere che noi dalla Sindrome Bertinotti siamo immuni”.
Invita a chiedere “a Prodi che oggi festeggia a pochi chilometri da qui il suo compleanno, lui lo sa bene cosa vuol dire la Sindrome Bertinotti. C’è gente tra di noi che pur di far perdere i propri, non esita a mandare a casa un intero sistema. Noi abbiamo a cuore l’Italia e non le correnti interne, vengano al congresso, se vincono il congresso lo guideranno loro e chi perde starà all’opposizione, come è giusto che sia. Ma basta con la rissa, con la rissa continua perde l’Italia”.
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http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/08 ... i/2965847/
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Re: Renzi
LA VOX POPULI
schiser • 27 minuti fa
Mai come negli ultimi anni c'è stato uno scippo di diritti conquistati negli anni dei nostri nonni. Piano piano, col principio della rana bollita, senza quasi che ce ne accorgessimo, mettendoci l'uno contro l'altro, ci hanno rubato il futuro che per molti è già il presente. Votare NO al referendum costituzionale è il primo passo per cercare di fermare questa catastrofe.
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talia • 31 minuti fa
Vi ricordate chi disse : La tela non si deve disfare? Ci stiamo cadendo dentro !
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Emilio M. • 32 minuti fa
“Questa riforma non è mia, ha un padre che si chiama Napolitano”
Avevo ancora uno 0,1% di dubbio se votare Si. Ora me l'ha tolto e voterò senza se e senza ma NOOOOOOOOO!!!!!!!!!
19 • Rispondi•Condividi ›
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Alessandro • un'ora fa
Per Renzi la colpa è sempre di qualcun altro !!!
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schiser • 27 minuti fa
Mai come negli ultimi anni c'è stato uno scippo di diritti conquistati negli anni dei nostri nonni. Piano piano, col principio della rana bollita, senza quasi che ce ne accorgessimo, mettendoci l'uno contro l'altro, ci hanno rubato il futuro che per molti è già il presente. Votare NO al referendum costituzionale è il primo passo per cercare di fermare questa catastrofe.
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talia • 31 minuti fa
Vi ricordate chi disse : La tela non si deve disfare? Ci stiamo cadendo dentro !
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Emilio M. • 32 minuti fa
“Questa riforma non è mia, ha un padre che si chiama Napolitano”
Avevo ancora uno 0,1% di dubbio se votare Si. Ora me l'ha tolto e voterò senza se e senza ma NOOOOOOOOO!!!!!!!!!
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Alessandro • un'ora fa
Per Renzi la colpa è sempre di qualcun altro !!!
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Chi c’è in linea
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