Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzione?
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
L’uomo è fondamentalmente un essere stupido?????
CONTINUA
L’inizio della Preistoria, 3 500 000 anni fa – 3 500 a.C. circa, coincide con l’inizio della tecnologia.
Per tutto questo periodo, il cervello dell’uomo ha sviluppato enormemente la conoscenza della tecnologia.
Guardandoci attorno oggi, è innegabile che l’uomo abbia fatto progressi giganteschi rispetto al punto di partenza di 3 500 000 anni fa.
Non altrettanto possiamo dire per la parte del cervello che presiede alla vita sociale.
Qui, siamo fermi a 3 500 000 anni fa.
Un flebile miglioramento della vita sociale è dovuto al forte sviluppo della tecnologia.
Basta pensare al settore della sanità.
CONTINUA
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L’inizio della Preistoria, 3 500 000 anni fa – 3 500 a.C. circa, coincide con l’inizio della tecnologia.
Per tutto questo periodo, il cervello dell’uomo ha sviluppato enormemente la conoscenza della tecnologia.
Guardandoci attorno oggi, è innegabile che l’uomo abbia fatto progressi giganteschi rispetto al punto di partenza di 3 500 000 anni fa.
Non altrettanto possiamo dire per la parte del cervello che presiede alla vita sociale.
Qui, siamo fermi a 3 500 000 anni fa.
Un flebile miglioramento della vita sociale è dovuto al forte sviluppo della tecnologia.
Basta pensare al settore della sanità.
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
L’uomo è fondamentalmente un essere stupido?????
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La prova del nove per stabilire che l’uomo è fondalmentalmente spupido, anche ai giorni nostri, malgrado la presunzione di sapere tutto, ci arriva dal problema degli immigrati e dal modo di affrontarlo.
Milena Gabanelli torna oggi sul Corriere della Sera con la sua proposta fatta alla Commissione Ue più di tre mesi fa e totalmente messa da parte da una classe dirigente, stupida, ignorante, e criminale.
14 AGO 2016 18:54
LA PROPOSTA DI MI-JENA GABANELLI PER GESTIRE IL FLUSSO INCESSANTE DEI MIGRANTI
- INVECE DI DARE MILIARDI ALLA TURCHIA DI ERDOGAN, CHE CI RICATTA, USIAMO I FINANZIAMENTI PER COSTRUIRE UN PROGETTO SOSTENIBILE E DURATURO: COSA FARE CON I RICHIEDENTI ASILO, CON I MIGRANTI ECONOMICI, E COME RIPARTIRLI NEL TERRITORIO
Milena Gabanelli per il ‘Corriere della Sera’
Le tabelle del Viminale sono perfette: quanti sbarcano, dove si accampano, quanti smistati per regione, da quali Paesi arrivano. Segue il ciclico appello: «Ogni sindaco faccia la sua parte». Ma «quale» parte, e fino a quando? Ogni paese europeo si gestisce i migranti che ha in casa, e chiuse le rotte, di ricollocamenti non se ne parla più.
Per Bruxelles il problema è uno solo: il ricatto della Turchia. Se Erdogan spingerà i 3 milioni di siriani in Grecia, si sposterà il finanziamento da Ankara ad Atene. Ipotesi improbabile perché i 6 miliardi dell' accordo fanno comodo al premier turco, e perché i siriani non hanno nessuna voglia di rimettersi per strada verso le tende di Idomeni, Salonicco o il Pireo; da marzo hanno ottenuto il permesso di lavoro, e l' integrazione in Turchia è meno complessa.
Nella malaugurata ipotesi di un' espulsione di massa, la Grecia sarà travolta da un disastro umanitario che, senza un colossale intervento militare, si sfogherà, almeno in parte, via mare verso l' unico paese impossibile da blindare: l' Italia. Infatti qui gli sbarchi continuano, e i numeri sono cresciuti rispetto allo stesso periodo degli anni precedenti: arrivano dall' Africa sub sahariana, ma anche dalla Siria, Iraq, Pakistan, Palestina, 2.392 sono di nazionalità sconosciuta, i minori non accompagnati 13.000.
Siria a parte, guardiamo la mappa dei paesi devastati da instabilità, guerre civili, terrorismo e persecuzioni, e avremo un' idea di quel che si sta muovendo alle nostre spalle. Questi sono i dati ufficiali al 31 dicembre 2015: 3 milioni e mezzo in fuga dall' Iraq, 2 milioni e mezzo dall' Afghanistan, 262.000 dal Pakistan, 1 milione dalla Somalia, 750.000 dal Sudan, 450.000 dalla Repubblica Centroafricana, 450.000 sfollati libici, 535.000 dal Congo, 5.000 persone al mese dall' Eritrea.
Dove andranno nessuno lo sa, ma è probabile che almeno una parte punti all' Europa, e noi siamo i più esposti.
Abbiamo 3mila centri di accoglienza temporanea (Cas), 13 centri governativi (Cara), 430 centri Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati gestito da enti locali). Oggi ospitano complessivamente 144.000 migranti. Il sistema ci è costato, nel 2015, 1 miliardo e cento, ma non c' è trasparenza sugli affidamenti, sui finanziamenti, sul rispetto degli standard di erogazione dei servizi previsti da convenzioni e capitolati d' appalto.
Il progetto del governo, sulla carta, dovrebbe essere quello dell' accoglienza diffusa, cioè i piccoli centri da 10/20 posti, gestiti dai comuni, che però oggi accolgono circa 20.000 persone. Il resto sono centri straordinari dati in emergenza e gestiti dalle prefetture, dove non si fa né formazione né integrazione. Ogni sbarco corposo è «un' emergenza» che le Prefetture affrontano reclutando alberghi (a cui si garantisce la clientela), invocando l' intervento delle parrocchie e dei comuni, allestendo tende o container improvvisati in spazi inadeguati.
La gestione è affidata a consorzi, cooperative, associazioni, spesso senza gara, dove si paga, chiavi in mano, pieno per vuoto. Che l' immigrazione sia un grande affare per la criminalità è ormai un fatto accertato. Come potrebbe diventare un' opportunità trovando una soluzione gestibile, continua a non essere una priorità né per Bruxelles, né per il nostro governo.
Dall' inizio di quest' anno dall' Italia non se ne possono più andare, e quando ci riescono, ce li rimandano indietro. Inoltre: dove sono finiti invece i 170.000 sbarcati nel 2014, e i 153.000 del 2015? In parte hanno preso la strada del nord Europa senza farsi identificare, in parte inseriti nel circuito dell' accoglienza, altri vagano per le nostre città e i più desolati paesini. Diventano vittime del caporalato, vendono calzini per strada, chiedono elemosina, si contendono un posto di abusivo nei parcheggi, o peggio, finiscono nel giro dello spaccio.
E' comprensibile che questi scenari preoccupino la popolazione, e alimentino paure nelle quali affonda i denti la strumentalizzazione politica più bieca, con il rischio di rivolte sociali. Di fatto siamo l' hotspot d' Europa, ed è chiaro che il sistema non può più reggersi sulla solidarietà.
E allora, ipotizziamo un piano concreto che possa trasformare il dramma in opportunità, e proviamo a costruire un pragmatico progetto d' impresa, da portare sul tavolo a Bruxelles, in cambio di finanziamenti, dell' impegno alla ripartizione delle quote, e della supervisione di un commissario europeo.
Cominciamo con i richiedenti asilo, che abbiamo l' obbligo di accogliere: la mano pubblica deve riprendersi l' organizzazione, il controllo e la gestione dell' intera filiera, utilizzando cooperative e associazioni per svolgere solo funzioni di supporto. Ipotizzando l' accoglienza di 200.000 persone l' anno occorre identificare 400 luoghi, che possano ospitare mediamente 500 persone.
Gli ampi spazi pubblici inutilizzati ci sono: gli ex ospedali, i resort sequestrati alle mafie, e soprattutto le ex caserme. Ne abbiamo in tutto il paese, dalla Sicilia al Friuli, alcune agibili subito, altre in parte, alcune da adeguare del tutto, facendo i lavori con procedura d' urgenza. Sono luoghi adatti perché gli spazi enormi consentono di modulare l' esigenza di abitabilità con le attività da svolgere all' interno: corsi di lingua, di educazione alle regole europee e formazione per 8 ore al giorno.
Inoltre asili per i bambini e aule scolastiche per i minori.
Occorre definire regole inderogabili: obbligo di frequenza, pena il ritardo nella collocazione definitiva, accettazione di un piano transitorio di permanenza quantificabile in 6 mesi; periodo di tempo necessario per il perfezionamento dell' identificazione, l' espletamento delle pratiche per il ricollocamento, e la definizione del curriculum di ogni rifugiato: dal titolo di studio, a quale mestiere sa fare.
Per fare tutto questo occorrerà assumere a tempo pieno 22.000 professionisti (fra insegnanti, formatori, psicologi, medici, addetti). Costo molto approssimativo per la messa in abitabilità dei luoghi: 2 miliardi di euro. Gli stipendi del personale e il mantenimento di strutture e ospiti (vitto, luce, acqua, riscaldamento) sono invece quantificabili in 2 miliardi e 200 milioni l' anno. Sono calcoli ovviamente approssimativi, anche se fatti con la consulenza di professionisti del settore, e quindi sono da considerare un ordine di grandezza da cui partire.
I vantaggi: percezione di maggiore sicurezza, migliore disponibilità sociale perché il sistema organizzativo oltre a fornire strumenti reali per una integrazione, porta lavoro a personale italiano e rimette in moto l' edilizia. Con il risultato di lasciare, quando questo ciclo si sarà concluso, un patrimonio valorizzato (mentre oggi è in costante degrado).
Se mettessimo in piedi il progetto organizzato in questa maniera i nostri sindaci sarebbero più disponibili ad accompagnare il rifugiato all' inserimento nel territorio? Quelli consultati, a cominciare dal sindaco di Milano Giuseppe Sala, su cui pesano i numeri più consistenti, la risposta è stata: «Magari! Oggi ricevo 30 euro al giorno a persona per trovare un posto dove farla dormire, ma poi? I flussi sono in aumento, molti hanno un livello basso di istruzione, non sappiamo cosa sanno fare. Sarebbe tutto più gestibile se ci arrivassero con uno screening fatto e un minimo di formazione».
I paesi membri invece si prenderebbero la loro quota, già identificata e formata? I delegati all' immigrazione di Svezia, Norvegia e Germania hanno risposto che a queste condizioni, e con il coinvolgimento di tutti i paesi, la disponibilità ci sarebbe.
Abbiamo infine sottoposto il progetto al Commissario europeo Avramopoulos lo scorso maggio, e alla domanda «l' Europa potrebbe finanziarlo e contestualmente imporre la ridistribuzione?», la risposta è stata questa: «Se l' Italia mettesse in piedi un piano nazionale complessivo, e il governo lo facesse suo presentandolo agli organi europei competenti, sarebbe senz' altro recepito positivamente.
I soldi ci sono. Per quel che riguarda la rilocazione di chi è stato identificato come avente diritto alla protezione internazionale, non ci sono scuse, anche se ci sono resistenze, le decisioni sono vincolanti». Quindi perché non provare a percorrere questa strada?
Altro discorso per il migrante economico. La posizione dell' Italia e dell' Europa è quella del rimpatrio e il piano è orientato all' aiuto attraverso lo sviluppo di economie nei paesi d' origine.
Una prospettiva giusta, che richiede tempi lunghi, ma intanto come si affronta quel 60% di sbarchi che non rientra nella categoria dei richiedenti asilo? Con un decreto di espulsione. Se ne dovrebbero andare volontariamente, ma non lo fanno perché non hanno documenti validi, né soldi, né tantomeno voglia. Diventano clandestini, e quando li trovano finiscono nei Cie (centri di identificazione ed espulsione).
Nel 2015 su 34mila irregolari è stato rimpatriato forzatamente solo il 46%. Costo: 35 milioni di euro. La partita dei rimpatri si contratta attraverso accordi con i paesi d' origine, non facili e molto onerosi, e anche di questo non dovremmo farci carico da soli.
Mentre quello che possiamo fare è sveltire la macchina giudiziaria. Il problema è che dentro a questo 60% c' è un numero imprecisato di cittadini che non provengono da Paesi in guerra, ma fuggono da persecuzioni e chiedono una protezione. E se questa non viene concessa, intasano i tribunali con i ricorsi. Ci vogliono in media 2 anni per stabilire chi deve restare e chi no, quando sarebbe sufficiente qualche mese; ma ci vorrebbero 40 giudici dedicati solo a questo, e il costo è quantificabile in 3 milioni di euro l' anno.
Questo è lo scenario che ci attenderà per almeno un decennio, ma se c' è la volontà politica si affronta, con la ricaduta di arricchire il Paese, invece di impoverirlo. Ben sapendo, poi, che il compito dei governi è quello di evitare i conflitti, non di crearli, mentre quello delle Nazioni Unite è di essere protagonista vero, non solo portatore di buone intenzioni.
CONTINUA
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La prova del nove per stabilire che l’uomo è fondalmentalmente spupido, anche ai giorni nostri, malgrado la presunzione di sapere tutto, ci arriva dal problema degli immigrati e dal modo di affrontarlo.
Milena Gabanelli torna oggi sul Corriere della Sera con la sua proposta fatta alla Commissione Ue più di tre mesi fa e totalmente messa da parte da una classe dirigente, stupida, ignorante, e criminale.
14 AGO 2016 18:54
LA PROPOSTA DI MI-JENA GABANELLI PER GESTIRE IL FLUSSO INCESSANTE DEI MIGRANTI
- INVECE DI DARE MILIARDI ALLA TURCHIA DI ERDOGAN, CHE CI RICATTA, USIAMO I FINANZIAMENTI PER COSTRUIRE UN PROGETTO SOSTENIBILE E DURATURO: COSA FARE CON I RICHIEDENTI ASILO, CON I MIGRANTI ECONOMICI, E COME RIPARTIRLI NEL TERRITORIO
Milena Gabanelli per il ‘Corriere della Sera’
Le tabelle del Viminale sono perfette: quanti sbarcano, dove si accampano, quanti smistati per regione, da quali Paesi arrivano. Segue il ciclico appello: «Ogni sindaco faccia la sua parte». Ma «quale» parte, e fino a quando? Ogni paese europeo si gestisce i migranti che ha in casa, e chiuse le rotte, di ricollocamenti non se ne parla più.
Per Bruxelles il problema è uno solo: il ricatto della Turchia. Se Erdogan spingerà i 3 milioni di siriani in Grecia, si sposterà il finanziamento da Ankara ad Atene. Ipotesi improbabile perché i 6 miliardi dell' accordo fanno comodo al premier turco, e perché i siriani non hanno nessuna voglia di rimettersi per strada verso le tende di Idomeni, Salonicco o il Pireo; da marzo hanno ottenuto il permesso di lavoro, e l' integrazione in Turchia è meno complessa.
Nella malaugurata ipotesi di un' espulsione di massa, la Grecia sarà travolta da un disastro umanitario che, senza un colossale intervento militare, si sfogherà, almeno in parte, via mare verso l' unico paese impossibile da blindare: l' Italia. Infatti qui gli sbarchi continuano, e i numeri sono cresciuti rispetto allo stesso periodo degli anni precedenti: arrivano dall' Africa sub sahariana, ma anche dalla Siria, Iraq, Pakistan, Palestina, 2.392 sono di nazionalità sconosciuta, i minori non accompagnati 13.000.
Siria a parte, guardiamo la mappa dei paesi devastati da instabilità, guerre civili, terrorismo e persecuzioni, e avremo un' idea di quel che si sta muovendo alle nostre spalle. Questi sono i dati ufficiali al 31 dicembre 2015: 3 milioni e mezzo in fuga dall' Iraq, 2 milioni e mezzo dall' Afghanistan, 262.000 dal Pakistan, 1 milione dalla Somalia, 750.000 dal Sudan, 450.000 dalla Repubblica Centroafricana, 450.000 sfollati libici, 535.000 dal Congo, 5.000 persone al mese dall' Eritrea.
Dove andranno nessuno lo sa, ma è probabile che almeno una parte punti all' Europa, e noi siamo i più esposti.
Abbiamo 3mila centri di accoglienza temporanea (Cas), 13 centri governativi (Cara), 430 centri Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati gestito da enti locali). Oggi ospitano complessivamente 144.000 migranti. Il sistema ci è costato, nel 2015, 1 miliardo e cento, ma non c' è trasparenza sugli affidamenti, sui finanziamenti, sul rispetto degli standard di erogazione dei servizi previsti da convenzioni e capitolati d' appalto.
Il progetto del governo, sulla carta, dovrebbe essere quello dell' accoglienza diffusa, cioè i piccoli centri da 10/20 posti, gestiti dai comuni, che però oggi accolgono circa 20.000 persone. Il resto sono centri straordinari dati in emergenza e gestiti dalle prefetture, dove non si fa né formazione né integrazione. Ogni sbarco corposo è «un' emergenza» che le Prefetture affrontano reclutando alberghi (a cui si garantisce la clientela), invocando l' intervento delle parrocchie e dei comuni, allestendo tende o container improvvisati in spazi inadeguati.
La gestione è affidata a consorzi, cooperative, associazioni, spesso senza gara, dove si paga, chiavi in mano, pieno per vuoto. Che l' immigrazione sia un grande affare per la criminalità è ormai un fatto accertato. Come potrebbe diventare un' opportunità trovando una soluzione gestibile, continua a non essere una priorità né per Bruxelles, né per il nostro governo.
Dall' inizio di quest' anno dall' Italia non se ne possono più andare, e quando ci riescono, ce li rimandano indietro. Inoltre: dove sono finiti invece i 170.000 sbarcati nel 2014, e i 153.000 del 2015? In parte hanno preso la strada del nord Europa senza farsi identificare, in parte inseriti nel circuito dell' accoglienza, altri vagano per le nostre città e i più desolati paesini. Diventano vittime del caporalato, vendono calzini per strada, chiedono elemosina, si contendono un posto di abusivo nei parcheggi, o peggio, finiscono nel giro dello spaccio.
E' comprensibile che questi scenari preoccupino la popolazione, e alimentino paure nelle quali affonda i denti la strumentalizzazione politica più bieca, con il rischio di rivolte sociali. Di fatto siamo l' hotspot d' Europa, ed è chiaro che il sistema non può più reggersi sulla solidarietà.
E allora, ipotizziamo un piano concreto che possa trasformare il dramma in opportunità, e proviamo a costruire un pragmatico progetto d' impresa, da portare sul tavolo a Bruxelles, in cambio di finanziamenti, dell' impegno alla ripartizione delle quote, e della supervisione di un commissario europeo.
Cominciamo con i richiedenti asilo, che abbiamo l' obbligo di accogliere: la mano pubblica deve riprendersi l' organizzazione, il controllo e la gestione dell' intera filiera, utilizzando cooperative e associazioni per svolgere solo funzioni di supporto. Ipotizzando l' accoglienza di 200.000 persone l' anno occorre identificare 400 luoghi, che possano ospitare mediamente 500 persone.
Gli ampi spazi pubblici inutilizzati ci sono: gli ex ospedali, i resort sequestrati alle mafie, e soprattutto le ex caserme. Ne abbiamo in tutto il paese, dalla Sicilia al Friuli, alcune agibili subito, altre in parte, alcune da adeguare del tutto, facendo i lavori con procedura d' urgenza. Sono luoghi adatti perché gli spazi enormi consentono di modulare l' esigenza di abitabilità con le attività da svolgere all' interno: corsi di lingua, di educazione alle regole europee e formazione per 8 ore al giorno.
Inoltre asili per i bambini e aule scolastiche per i minori.
Occorre definire regole inderogabili: obbligo di frequenza, pena il ritardo nella collocazione definitiva, accettazione di un piano transitorio di permanenza quantificabile in 6 mesi; periodo di tempo necessario per il perfezionamento dell' identificazione, l' espletamento delle pratiche per il ricollocamento, e la definizione del curriculum di ogni rifugiato: dal titolo di studio, a quale mestiere sa fare.
Per fare tutto questo occorrerà assumere a tempo pieno 22.000 professionisti (fra insegnanti, formatori, psicologi, medici, addetti). Costo molto approssimativo per la messa in abitabilità dei luoghi: 2 miliardi di euro. Gli stipendi del personale e il mantenimento di strutture e ospiti (vitto, luce, acqua, riscaldamento) sono invece quantificabili in 2 miliardi e 200 milioni l' anno. Sono calcoli ovviamente approssimativi, anche se fatti con la consulenza di professionisti del settore, e quindi sono da considerare un ordine di grandezza da cui partire.
I vantaggi: percezione di maggiore sicurezza, migliore disponibilità sociale perché il sistema organizzativo oltre a fornire strumenti reali per una integrazione, porta lavoro a personale italiano e rimette in moto l' edilizia. Con il risultato di lasciare, quando questo ciclo si sarà concluso, un patrimonio valorizzato (mentre oggi è in costante degrado).
Se mettessimo in piedi il progetto organizzato in questa maniera i nostri sindaci sarebbero più disponibili ad accompagnare il rifugiato all' inserimento nel territorio? Quelli consultati, a cominciare dal sindaco di Milano Giuseppe Sala, su cui pesano i numeri più consistenti, la risposta è stata: «Magari! Oggi ricevo 30 euro al giorno a persona per trovare un posto dove farla dormire, ma poi? I flussi sono in aumento, molti hanno un livello basso di istruzione, non sappiamo cosa sanno fare. Sarebbe tutto più gestibile se ci arrivassero con uno screening fatto e un minimo di formazione».
I paesi membri invece si prenderebbero la loro quota, già identificata e formata? I delegati all' immigrazione di Svezia, Norvegia e Germania hanno risposto che a queste condizioni, e con il coinvolgimento di tutti i paesi, la disponibilità ci sarebbe.
Abbiamo infine sottoposto il progetto al Commissario europeo Avramopoulos lo scorso maggio, e alla domanda «l' Europa potrebbe finanziarlo e contestualmente imporre la ridistribuzione?», la risposta è stata questa: «Se l' Italia mettesse in piedi un piano nazionale complessivo, e il governo lo facesse suo presentandolo agli organi europei competenti, sarebbe senz' altro recepito positivamente.
I soldi ci sono. Per quel che riguarda la rilocazione di chi è stato identificato come avente diritto alla protezione internazionale, non ci sono scuse, anche se ci sono resistenze, le decisioni sono vincolanti». Quindi perché non provare a percorrere questa strada?
Altro discorso per il migrante economico. La posizione dell' Italia e dell' Europa è quella del rimpatrio e il piano è orientato all' aiuto attraverso lo sviluppo di economie nei paesi d' origine.
Una prospettiva giusta, che richiede tempi lunghi, ma intanto come si affronta quel 60% di sbarchi che non rientra nella categoria dei richiedenti asilo? Con un decreto di espulsione. Se ne dovrebbero andare volontariamente, ma non lo fanno perché non hanno documenti validi, né soldi, né tantomeno voglia. Diventano clandestini, e quando li trovano finiscono nei Cie (centri di identificazione ed espulsione).
Nel 2015 su 34mila irregolari è stato rimpatriato forzatamente solo il 46%. Costo: 35 milioni di euro. La partita dei rimpatri si contratta attraverso accordi con i paesi d' origine, non facili e molto onerosi, e anche di questo non dovremmo farci carico da soli.
Mentre quello che possiamo fare è sveltire la macchina giudiziaria. Il problema è che dentro a questo 60% c' è un numero imprecisato di cittadini che non provengono da Paesi in guerra, ma fuggono da persecuzioni e chiedono una protezione. E se questa non viene concessa, intasano i tribunali con i ricorsi. Ci vogliono in media 2 anni per stabilire chi deve restare e chi no, quando sarebbe sufficiente qualche mese; ma ci vorrebbero 40 giudici dedicati solo a questo, e il costo è quantificabile in 3 milioni di euro l' anno.
Questo è lo scenario che ci attenderà per almeno un decennio, ma se c' è la volontà politica si affronta, con la ricaduta di arricchire il Paese, invece di impoverirlo. Ben sapendo, poi, che il compito dei governi è quello di evitare i conflitti, non di crearli, mentre quello delle Nazioni Unite è di essere protagonista vero, non solo portatore di buone intenzioni.
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
”
Abetone, il sindaco che vuole un bus per studenti vietato ai migranti: “Non sono razzista, ma 54 sono troppi”
Cronaca
Giampiero Danti, primo cittadino del piccolo comune toscano (622 abitanti), risponde alle accuse del viceministro Nencini, che aveva accomunato la sua decisione al caso di Capalbio, come esempio di "un'Italia divisa su tutto" e ipocrita sulla questione accoglienza. "Dove li metto i nostri ragazzi se questi signori sono violenti? Allora il problema me lo risolva lui"
di Giuseppe Putignano |
19 agosto 2016
COMMENTI (232)
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Il caso di Abetone, il piccolo comune toscano dove il sindaco ha chiesto alla prefettura l’istituzione di un autobus per soli studenti e vietato ai migranti, è stato tirato in ballo, insieme a Capalbio, dal viceministro Riccardo Nencini come esempio di “quell’Italia divisa su tutto” e incoerente sull’accoglienza dei profughi. “Bus separati, come neri e bianchi cinquant’anni fa in Alabama, prima di Kennedy” aveva accusato il segretario del Nuovo Psi. Giampiero Danti, primo cittadino della località sciistica patria di Zeno Colò, eletto con una lista civica di estrazione politica variegata che ha ricevuto un consenso bulgaro (93%), gli risponde che “allora il problema me lo risolva lui”. “Non sono razzista, anzi cerco di capire la situazione nazionale” spiega il sindaco, a ilfattoquotidiano.it, desideroso di evidenziare quanto il problema sia assillante per la sua comunità, “ma sono troppi, ce ne spetterebbero 3, e ne andrebbero bene anche 20, ma così è insostenibile”.
In un paese di 622 residenti sono, infatti, stati collocati 54 migranti richiedenti asilo, un numero ampiamente superiore a quanti ne spetterebbero nell’ambito del piano nazionale per l’accoglienza dei profughi. Sono ospiti di una struttura, il Residence La Riva, a pochi metri dal centro cittadino. Si tratta 54 uomini adulti, lontani da tutto ma vicinissimi a una comunità montana che vive essenzialmente di turismo. Non serve un antropologo per individuare la presenza un problema di ordine sociale. Lo scorso 4 agosto i profughi hanno occupato la statale 12, sdraiandosi per strada, per protestare contro l’isolamento in cui vivono e pochi giorni prima uno di loro avrebbe scagliato un coltello contro uno dei dipendenti della struttura che li ospita. Il sindaco racconta che “questi signori” si sono macchiati di comportamenti “non consoni” sui pochi autobus che passano in zona, “intimorendo” i ragazzi del paese. Per l’avvio delle lezioni, il prossimo 10 settembre, “le famiglie sono preoccupate e in rivolta” perché “qui abbiamo solo la scuola elementare” e tutti gli altri studenti sono obbligati a prendere il bus per San Marcello o Cutigliano.
Sindaco, ci spiega questa storia dei bus separati per gli studenti e i profughi ospiti del residence La Riva?
Qui non è che ci siano pullman ogni qualche minuto, ci sono tre pullman al giorno, e servono soprattutto agli studenti per andare scuola a San Marcello, a 20 km da qui, oppure a Ragioneria e alle medie di Cutigliano. Noi abbiamo solo le elementari. Questi pullman spesso e volentieri sono sovraffollati: i ragazzi si trovano di fronte queste persone adulte, robuste, con un po’ di arroganza, anzi non poca, e di conseguenza le famiglie sono in rivolta, perché i ragazzi sono intimoriti. Non è più accettabile un discorso del genere. Io non sono razzista, anzi cerco di aiutare e capire tutta la situazione che si sta creando a livello nazionale, però purtroppo qui ne va di mezzo la mia comunità. Sono tutti preoccupati, in particolar modo i genitori, e anche il sottoscritto.
Ci sono stati episodi di violenza denunciati alle autorità?
Ci sono stati episodi, fatti presente, di atti non consoni sul pullman. Qualcuno ci ha fatto anche la pipì, questo almeno è quello che dicono i testimoni. A questo punto non è più tollerabile il discorso: qui o loro se ne stanno dalla loro parte per bene, tranquilli, o… Insomma, arrivano sul pullman, fanno alzare i ragazzini, si siedono al loro posto e i ragazzini rimangono in piedi. Sono 55, se partono tutti insieme ci vuole il pullman solo per loro! Per tanto noi si chiede un pullman, un trasporto che sia solo per gli studenti.
Ma quindi poi ci sarebbe un pullman ad hoc anche per i profughi?
Il pullman di linea che va da Abetone a Pistoia resterebbe, li ci si può salire tutti. Ma il pullman per gli studenti è un servizio obbligatorio per lo studio, chiediamo un percorso per conto nostro. Da ora al 10 di settembre (giorno d’inizio delle lezioni, ndr) chiederemo di attivarlo. Lo abbiamo chiesto alla prefettura, perchè non riteniamo, lo ripeto, che i ragazzi debbano andare con questa gente che spesso e volentieri è anche violenta.
Lei ha contestato in prefettura anche l’elevato numero di migranti dislocati nel suo paese?
Si. Abbiamo contestato l’elevato numero, perché la nostra quota rappresenta il 10% della popolazione. Ci spetterebbe lo 0,5%: noi siamo 600 abitanti e ci toccherebbero 3 persone. Per carità, nessuno chiede solo 3 persone, datecene 10, 15, 20 ma poi basta. E poi siamo un paese turistico, lo dico con rispetto, ma la gente li vede in piazza, sulle panchine, a bivaccare, con i telefonini, e alla gente da noia vedere queste persone sempre attaccate al telefonino, “ma io il telefonino lo pago” dice il cittadino nostro, l’indigeno. “Chi glielo paga il telefono?” si chiedono.
Spesso però il telefonino è l’unica cosa che hanno.
Hanno il wi-fi, hanno tutto quello che vogliono, per l’amor del cielo…
Lei ritiene che una qualche sorta di integrazione sia possibile?
Io la vedo così: l’integrazione si fa se arrivassero con le famiglie, quella sarebbe integrazione, allora si vedrebbe che c’è subito la volontà di arrivare con la famiglia e stabilizzarsi. Ma quando arrivano questi ragazzi, soli, che forse non hanno mai lavorato in vita loro, forse dico e non voglio andare a criminalizzarli, però hanno 30 anni e probabilmente non lavoreranno più nella loro vita. Sono qui da parassiti alle spalle di qualcuno. Questo è preoccupante, e ci ritroveremo a doverli mantenere, e dargli da mangiare. Poi, se mangiano leggermente male, si lamentano! Se io vado al ristorante e mangio male, pago. Questi signori qui fanno la rivoluzione perché mangiano male qualche volta. Non sempre, qualche volta.
Perché restano inattivi? Non lavorano per scelta o non possono per via del loro status?
Noi abbiamo tentato di fare una convenzione con chi li gestisce, i signori della Misericordia della Toscana, però poi qui è diventato un business. Sono i gestori che cercano di tenerli in un certo modo, perché è un business che gli viene un mare di soldi in tasca. C’è un business dietro che fa spavento e questo non è accettabile.
Lei ha idea di come sia stato possibile vincere un appalto per 54 ospiti in una struttura di un comune così piccolo?
Inizialmente ci era stato promesso che c’era questo carico e poi sarebbe subito stato ridotto. Perché, dicevano, c’erano altre strutture non ancora pronte. Invece tutte balle. Ma come, l’organo superiore al sindaco, che è la prefettura, mi racconta anche delle bugie? Io non lo accetto. La prefettura poi non ha detto più niente, perché ha fatto l’accordo direttamente con chi gestisce la struttura. Ha scavalcato completamente l’ente locale. Il Sindaco e il Comune sono i primi che dovrebbero sapere. E poi i migranti mi chiedono anche la residenza? Ma stiamo scherzando? E dopo la residenza, il giorno dopo, mi chiederanno la casa e poi anche il lavoro?
Tutti i 54 migranti hanno chiesto la residenza?
Sì, ci è arrivato l’elenco e richiedono la residenza. Dico, avevamo chiesto l’allontanamento almeno di quelle persone che sono entrate in Comune urlando. Mi è toccato pure chiamare i carabinieri. Dalla prefettura mi hanno promesso di intervenire e poi non è avvenuto nulla. E allora, dico, a che gioco si gioca? Si gioca a raccontarci delle balle?
Cosa risponde al viceministro Nencini che l’accusa di aver preso una misura che ricorda l’Alabama prima di Kennedy?
Ma Nencini lo conosco anche… allora mi risolva lui il problema. Dove li metto i nostri ragazzi? Sul tetto dell’autobus, se questi qui sono violenti in una maniera spaventosa? Hanno fisici eccezionali, urlano, sbraitano. Non c’è un comportamento civile da parte di questi signori. Io poi non voglio i posti separati sugli autobus come gli americani, ma ho solo chiesto una linea ad hoc per gli studenti, perché me la chiedono i genitori.
Abetone, il sindaco che vuole un bus per studenti vietato ai migranti: “Non sono razzista, ma 54 sono troppi”
Cronaca
Giampiero Danti, primo cittadino del piccolo comune toscano (622 abitanti), risponde alle accuse del viceministro Nencini, che aveva accomunato la sua decisione al caso di Capalbio, come esempio di "un'Italia divisa su tutto" e ipocrita sulla questione accoglienza. "Dove li metto i nostri ragazzi se questi signori sono violenti? Allora il problema me lo risolva lui"
di Giuseppe Putignano |
19 agosto 2016
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Il caso di Abetone, il piccolo comune toscano dove il sindaco ha chiesto alla prefettura l’istituzione di un autobus per soli studenti e vietato ai migranti, è stato tirato in ballo, insieme a Capalbio, dal viceministro Riccardo Nencini come esempio di “quell’Italia divisa su tutto” e incoerente sull’accoglienza dei profughi. “Bus separati, come neri e bianchi cinquant’anni fa in Alabama, prima di Kennedy” aveva accusato il segretario del Nuovo Psi. Giampiero Danti, primo cittadino della località sciistica patria di Zeno Colò, eletto con una lista civica di estrazione politica variegata che ha ricevuto un consenso bulgaro (93%), gli risponde che “allora il problema me lo risolva lui”. “Non sono razzista, anzi cerco di capire la situazione nazionale” spiega il sindaco, a ilfattoquotidiano.it, desideroso di evidenziare quanto il problema sia assillante per la sua comunità, “ma sono troppi, ce ne spetterebbero 3, e ne andrebbero bene anche 20, ma così è insostenibile”.
In un paese di 622 residenti sono, infatti, stati collocati 54 migranti richiedenti asilo, un numero ampiamente superiore a quanti ne spetterebbero nell’ambito del piano nazionale per l’accoglienza dei profughi. Sono ospiti di una struttura, il Residence La Riva, a pochi metri dal centro cittadino. Si tratta 54 uomini adulti, lontani da tutto ma vicinissimi a una comunità montana che vive essenzialmente di turismo. Non serve un antropologo per individuare la presenza un problema di ordine sociale. Lo scorso 4 agosto i profughi hanno occupato la statale 12, sdraiandosi per strada, per protestare contro l’isolamento in cui vivono e pochi giorni prima uno di loro avrebbe scagliato un coltello contro uno dei dipendenti della struttura che li ospita. Il sindaco racconta che “questi signori” si sono macchiati di comportamenti “non consoni” sui pochi autobus che passano in zona, “intimorendo” i ragazzi del paese. Per l’avvio delle lezioni, il prossimo 10 settembre, “le famiglie sono preoccupate e in rivolta” perché “qui abbiamo solo la scuola elementare” e tutti gli altri studenti sono obbligati a prendere il bus per San Marcello o Cutigliano.
Sindaco, ci spiega questa storia dei bus separati per gli studenti e i profughi ospiti del residence La Riva?
Qui non è che ci siano pullman ogni qualche minuto, ci sono tre pullman al giorno, e servono soprattutto agli studenti per andare scuola a San Marcello, a 20 km da qui, oppure a Ragioneria e alle medie di Cutigliano. Noi abbiamo solo le elementari. Questi pullman spesso e volentieri sono sovraffollati: i ragazzi si trovano di fronte queste persone adulte, robuste, con un po’ di arroganza, anzi non poca, e di conseguenza le famiglie sono in rivolta, perché i ragazzi sono intimoriti. Non è più accettabile un discorso del genere. Io non sono razzista, anzi cerco di aiutare e capire tutta la situazione che si sta creando a livello nazionale, però purtroppo qui ne va di mezzo la mia comunità. Sono tutti preoccupati, in particolar modo i genitori, e anche il sottoscritto.
Ci sono stati episodi di violenza denunciati alle autorità?
Ci sono stati episodi, fatti presente, di atti non consoni sul pullman. Qualcuno ci ha fatto anche la pipì, questo almeno è quello che dicono i testimoni. A questo punto non è più tollerabile il discorso: qui o loro se ne stanno dalla loro parte per bene, tranquilli, o… Insomma, arrivano sul pullman, fanno alzare i ragazzini, si siedono al loro posto e i ragazzini rimangono in piedi. Sono 55, se partono tutti insieme ci vuole il pullman solo per loro! Per tanto noi si chiede un pullman, un trasporto che sia solo per gli studenti.
Ma quindi poi ci sarebbe un pullman ad hoc anche per i profughi?
Il pullman di linea che va da Abetone a Pistoia resterebbe, li ci si può salire tutti. Ma il pullman per gli studenti è un servizio obbligatorio per lo studio, chiediamo un percorso per conto nostro. Da ora al 10 di settembre (giorno d’inizio delle lezioni, ndr) chiederemo di attivarlo. Lo abbiamo chiesto alla prefettura, perchè non riteniamo, lo ripeto, che i ragazzi debbano andare con questa gente che spesso e volentieri è anche violenta.
Lei ha contestato in prefettura anche l’elevato numero di migranti dislocati nel suo paese?
Si. Abbiamo contestato l’elevato numero, perché la nostra quota rappresenta il 10% della popolazione. Ci spetterebbe lo 0,5%: noi siamo 600 abitanti e ci toccherebbero 3 persone. Per carità, nessuno chiede solo 3 persone, datecene 10, 15, 20 ma poi basta. E poi siamo un paese turistico, lo dico con rispetto, ma la gente li vede in piazza, sulle panchine, a bivaccare, con i telefonini, e alla gente da noia vedere queste persone sempre attaccate al telefonino, “ma io il telefonino lo pago” dice il cittadino nostro, l’indigeno. “Chi glielo paga il telefono?” si chiedono.
Spesso però il telefonino è l’unica cosa che hanno.
Hanno il wi-fi, hanno tutto quello che vogliono, per l’amor del cielo…
Lei ritiene che una qualche sorta di integrazione sia possibile?
Io la vedo così: l’integrazione si fa se arrivassero con le famiglie, quella sarebbe integrazione, allora si vedrebbe che c’è subito la volontà di arrivare con la famiglia e stabilizzarsi. Ma quando arrivano questi ragazzi, soli, che forse non hanno mai lavorato in vita loro, forse dico e non voglio andare a criminalizzarli, però hanno 30 anni e probabilmente non lavoreranno più nella loro vita. Sono qui da parassiti alle spalle di qualcuno. Questo è preoccupante, e ci ritroveremo a doverli mantenere, e dargli da mangiare. Poi, se mangiano leggermente male, si lamentano! Se io vado al ristorante e mangio male, pago. Questi signori qui fanno la rivoluzione perché mangiano male qualche volta. Non sempre, qualche volta.
Perché restano inattivi? Non lavorano per scelta o non possono per via del loro status?
Noi abbiamo tentato di fare una convenzione con chi li gestisce, i signori della Misericordia della Toscana, però poi qui è diventato un business. Sono i gestori che cercano di tenerli in un certo modo, perché è un business che gli viene un mare di soldi in tasca. C’è un business dietro che fa spavento e questo non è accettabile.
Lei ha idea di come sia stato possibile vincere un appalto per 54 ospiti in una struttura di un comune così piccolo?
Inizialmente ci era stato promesso che c’era questo carico e poi sarebbe subito stato ridotto. Perché, dicevano, c’erano altre strutture non ancora pronte. Invece tutte balle. Ma come, l’organo superiore al sindaco, che è la prefettura, mi racconta anche delle bugie? Io non lo accetto. La prefettura poi non ha detto più niente, perché ha fatto l’accordo direttamente con chi gestisce la struttura. Ha scavalcato completamente l’ente locale. Il Sindaco e il Comune sono i primi che dovrebbero sapere. E poi i migranti mi chiedono anche la residenza? Ma stiamo scherzando? E dopo la residenza, il giorno dopo, mi chiederanno la casa e poi anche il lavoro?
Tutti i 54 migranti hanno chiesto la residenza?
Sì, ci è arrivato l’elenco e richiedono la residenza. Dico, avevamo chiesto l’allontanamento almeno di quelle persone che sono entrate in Comune urlando. Mi è toccato pure chiamare i carabinieri. Dalla prefettura mi hanno promesso di intervenire e poi non è avvenuto nulla. E allora, dico, a che gioco si gioca? Si gioca a raccontarci delle balle?
Cosa risponde al viceministro Nencini che l’accusa di aver preso una misura che ricorda l’Alabama prima di Kennedy?
Ma Nencini lo conosco anche… allora mi risolva lui il problema. Dove li metto i nostri ragazzi? Sul tetto dell’autobus, se questi qui sono violenti in una maniera spaventosa? Hanno fisici eccezionali, urlano, sbraitano. Non c’è un comportamento civile da parte di questi signori. Io poi non voglio i posti separati sugli autobus come gli americani, ma ho solo chiesto una linea ad hoc per gli studenti, perché me la chiedono i genitori.
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
Migranti, la disobbedienza del sindaco leghista. Rimuove l’avviso della Prefettura e diffida i cittadini: “Non accogliete”
Politica
Fabio Bergamini, primo cittadino di Bondeno (nel ferrarese) ha inasprito in questi giorni la sua lotta contro i profughi. Un'atteggiamento che ha trovato il plauso di Maroni e Salvini che su Twitter lancia #iostoconfabio
di F. Q. | 19 agosto 2016
COMMENTI (95)
Fabio Bergamini, sindaco di Bondeno, ha fatto cancellare dall’albo pretorio del suo comune l’avviso di manifestazione di interesse diramato dalla Prefettura di Ferrara per sondare la disponibilità di alloggi privati da destinare all’accoglienza di rifugiati internazionali, diffidando contestualmente i suoi cittadini dall’ospitare profughi.
L’esponente del Carroccio che, a inizio mese, aveva replicato con un “nessuna accoglienza nel nostro comune terremotato: non vogliamo fantasmi sul nostro territorio” alla richiesta di collaborazione avanzata dalla Prefettura, nelle scorse ore ha rafforzato il concetto. “Riterrò i cittadini personalmente responsabili nel caso in cui dovessero prendersi in casa finti profughi – scandisce il primo cittadino di Bondeno con una nota -: ricordo per l’ennesima volta che solo il 2-3% degli stranieri che arrivano nel nostro Paese hanno diritto allo status di ‘profugo’ e alle misure di protezione previste”. Pertanto, taglia corto: “come sindaco mi riservo di intraprendere tutte le azioni utili a scoraggiare attivamente l’inutile spesa, a carico dei contribuenti, dell’accoglienza di immigrati”.
E, sul bando diramato dalla Prefettura, il sindaco Bergamini, aggiunge: “è uno sfregio nei confronti dei cittadini terremotati ancora fuori casa. Invece che sprecare risorse pubbliche nell’accoglienza, lo Stato pensi a saldare le imprese edili che hanno terminato le opere di ricostruzione, imprese che oggi fanno fatica ad accedere ai fondi per vedersi pagare i lavori ultimati”. Un concetto a cui ha fatto seguire un’azione di ‘disobbedienza’, dando mandato agli uffici di cancellare dall’albo pretorio l’avviso prefettizio. “Più che un gesto di disobbedienza – spiega Bergamini -, il nostro è un gesto di civiltà. Vogliamo impedire allo Stato di spezzare il legame di solidarietà tra terremotati e Amministrazione. Non lasceremo che qualche privato si arricchisca alle spalle delle 634 persone ancora fuori dalle loro abitazioni originarie (rese inagibili dal sisma)”.
Il sindaco di Bondeno ha subito raccolto il sostegno del governatore lombardo Roberto Maroni e del segretario leghista Matteo Salvini: “Condivido quello che ha detto e quello che ha fatto in pieno – ha spiegato l’ex ministro dell’Interno -. Io avevo dato i poteri ai sindaci per la sicurezza urbana. Quel decreto poi venne cancellato ma il principio è che il sindaco deve poter governare il suo territorio sennò è inutile che faccia il sindaco”. Gli fa eco anche il segretario, che dai social commenta: “Bravo! Alla faccia dei Renzi e delle Boldrine di turno” e lancia su twitter l’hashtag #iostoconfabio, dividendo il web, nei commenti, tra sdegnati e favorevoli.
Chi è sicuramente in disaccordo con Bergamini è il Pd dell’Emilia Romagna, il segretario Paolo Calvano non usa mezzi termini per condannare il comportamento del sindaco di Bondeno: “Le politiche di accoglienza non sottraggono risorse ai terremotati ma la Lega mette i profughi che scappano da combattimenti e terrore contro i nostri concittadini terremotati, perché speculare sulle tragedie di uomini e donne (il sisma da un lato, le guerre dall’altro) può essere utile a guadagnare qualche voto, magari dimenticandosi di avere una coscienza”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/08 ... e/2983859/
Politica
Fabio Bergamini, primo cittadino di Bondeno (nel ferrarese) ha inasprito in questi giorni la sua lotta contro i profughi. Un'atteggiamento che ha trovato il plauso di Maroni e Salvini che su Twitter lancia #iostoconfabio
di F. Q. | 19 agosto 2016
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Fabio Bergamini, sindaco di Bondeno, ha fatto cancellare dall’albo pretorio del suo comune l’avviso di manifestazione di interesse diramato dalla Prefettura di Ferrara per sondare la disponibilità di alloggi privati da destinare all’accoglienza di rifugiati internazionali, diffidando contestualmente i suoi cittadini dall’ospitare profughi.
L’esponente del Carroccio che, a inizio mese, aveva replicato con un “nessuna accoglienza nel nostro comune terremotato: non vogliamo fantasmi sul nostro territorio” alla richiesta di collaborazione avanzata dalla Prefettura, nelle scorse ore ha rafforzato il concetto. “Riterrò i cittadini personalmente responsabili nel caso in cui dovessero prendersi in casa finti profughi – scandisce il primo cittadino di Bondeno con una nota -: ricordo per l’ennesima volta che solo il 2-3% degli stranieri che arrivano nel nostro Paese hanno diritto allo status di ‘profugo’ e alle misure di protezione previste”. Pertanto, taglia corto: “come sindaco mi riservo di intraprendere tutte le azioni utili a scoraggiare attivamente l’inutile spesa, a carico dei contribuenti, dell’accoglienza di immigrati”.
E, sul bando diramato dalla Prefettura, il sindaco Bergamini, aggiunge: “è uno sfregio nei confronti dei cittadini terremotati ancora fuori casa. Invece che sprecare risorse pubbliche nell’accoglienza, lo Stato pensi a saldare le imprese edili che hanno terminato le opere di ricostruzione, imprese che oggi fanno fatica ad accedere ai fondi per vedersi pagare i lavori ultimati”. Un concetto a cui ha fatto seguire un’azione di ‘disobbedienza’, dando mandato agli uffici di cancellare dall’albo pretorio l’avviso prefettizio. “Più che un gesto di disobbedienza – spiega Bergamini -, il nostro è un gesto di civiltà. Vogliamo impedire allo Stato di spezzare il legame di solidarietà tra terremotati e Amministrazione. Non lasceremo che qualche privato si arricchisca alle spalle delle 634 persone ancora fuori dalle loro abitazioni originarie (rese inagibili dal sisma)”.
Il sindaco di Bondeno ha subito raccolto il sostegno del governatore lombardo Roberto Maroni e del segretario leghista Matteo Salvini: “Condivido quello che ha detto e quello che ha fatto in pieno – ha spiegato l’ex ministro dell’Interno -. Io avevo dato i poteri ai sindaci per la sicurezza urbana. Quel decreto poi venne cancellato ma il principio è che il sindaco deve poter governare il suo territorio sennò è inutile che faccia il sindaco”. Gli fa eco anche il segretario, che dai social commenta: “Bravo! Alla faccia dei Renzi e delle Boldrine di turno” e lancia su twitter l’hashtag #iostoconfabio, dividendo il web, nei commenti, tra sdegnati e favorevoli.
Chi è sicuramente in disaccordo con Bergamini è il Pd dell’Emilia Romagna, il segretario Paolo Calvano non usa mezzi termini per condannare il comportamento del sindaco di Bondeno: “Le politiche di accoglienza non sottraggono risorse ai terremotati ma la Lega mette i profughi che scappano da combattimenti e terrore contro i nostri concittadini terremotati, perché speculare sulle tragedie di uomini e donne (il sisma da un lato, le guerre dall’altro) può essere utile a guadagnare qualche voto, magari dimenticandosi di avere una coscienza”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/08 ... e/2983859/
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
IL CORRIERE DELLA SERA LA METTE COSI':
CANALE SICILIA BARCONE
Tredicimila migranti in quattro giorni.
31 AGO 2016 09:27
MIGRANTI, MA TANTI TANTI
- SULLE NOSTRE COSTE SONO ARRIVATI 13 MILA DISPERATI IN QUATTRO GIORNI - SOLO IERI SONO STATE SOCCORSE OLTRE TREMILA PERSONE: GIÀ 105 MILA GLI ARRIVI DALL’INIZIO DELL' ANNO
- IL SISTEMA DI ACCOGLIENZA È AL COLLASSO E L’EUROPA DOV’È?
Dal “Corriere della Sera”
Tredicimila migranti in quattro giorni.
È record di salvataggi in mare e arrivi di migranti in Italia.
Soltanto ieri sono state soccorse tremila persone (in una trentina di interventi coordinati dalla centrale operativa di Roma della Guardia Costiera e a cui hanno preso parte la nave Garibaldi, un pattugliatore di Frontex ed un mercantile «dirottato» per partecipare ai soccorsi.
Cifra che va a sommarsi ai quasi settemila soccorsi lunedì nelle acque tra Libia e Italia, ennesimo salvataggio record realizzato dalla Guardia Costiera, che ha coordinato 53 operazioni, e dalla Marina Militare, che ha portato in salvo 2.500 persone.
Un picco favorito dalle buone condizioni meteo di queste ore sul Canale di Sicilia.
Oggi circa 650 migranti arriveranno a Cagliari a bordo della nave militare irlandese James Joyce; altri 1.273 giungeranno a Lampedusa (anziché a Palermo, a causa di alcune emergenze sanitarie); 1.159 hanno già messo piede al Molo Marconi del porto di Messina e 1.078 approderanno questa mattina a Corigliano Calabro (Cosenza).
È un elenco infinito.
Trecento migranti sono arrivati nella notte tra lunedì e martedì a Porto Empedocle, in provincia di Agrigento (133 affetti da scabbia), 720 giungeranno nel pomeriggio di oggi a Brindisi a bordo della nave mercantile norvegese «Enterprise», e 850 al porto commerciale di Augusta sulla Nave Libeccio della Marina Militare.
Secondo l' Oim, l' Organizzazione internazionale per le migrazioni, nei primi 8 mesi del 2016 sono stati 105.342 i migranti giunti via mare in Italia (di cui 961 già accolti in un altro Paese Ue in qualità di rifugiati con diritto d' asilo), quindi poco meno della metà del computo europeo, pari a 270.576.
Allarmante il dato sul numero delle persone morte in mare durante la traversata dalle coste del Nord Africa, pari in questa prima parte dell' anno a 3.165, vale a dire 509 in più rispetto allo stesso periodo del 2015. Secondo l' Unhcr tra gennaio e aprile le partenze sarebbero avvenute nell' 82 per cento dei casi dalla Libia (era l' 89 per cento nel 2015), seguita a grande distanza dalla Tunisia (5,5 per cento).
Il numero degli arrivi continua a creare problemi sul territorio, con le strutture al collasso. Il caso più recente è quello della Sardegna, con la Prefettura di Cagliari che ieri ha richiamato l' attenzione sull' assottigliarsi della disponibilità di nuovi posti letto. A marzo la regione con il maggior numero di migranti era la Lombardia, con il 13 per cento del totale.
CANALE SICILIA BARCONE
Tredicimila migranti in quattro giorni.
31 AGO 2016 09:27
MIGRANTI, MA TANTI TANTI
- SULLE NOSTRE COSTE SONO ARRIVATI 13 MILA DISPERATI IN QUATTRO GIORNI - SOLO IERI SONO STATE SOCCORSE OLTRE TREMILA PERSONE: GIÀ 105 MILA GLI ARRIVI DALL’INIZIO DELL' ANNO
- IL SISTEMA DI ACCOGLIENZA È AL COLLASSO E L’EUROPA DOV’È?
Dal “Corriere della Sera”
Tredicimila migranti in quattro giorni.
È record di salvataggi in mare e arrivi di migranti in Italia.
Soltanto ieri sono state soccorse tremila persone (in una trentina di interventi coordinati dalla centrale operativa di Roma della Guardia Costiera e a cui hanno preso parte la nave Garibaldi, un pattugliatore di Frontex ed un mercantile «dirottato» per partecipare ai soccorsi.
Cifra che va a sommarsi ai quasi settemila soccorsi lunedì nelle acque tra Libia e Italia, ennesimo salvataggio record realizzato dalla Guardia Costiera, che ha coordinato 53 operazioni, e dalla Marina Militare, che ha portato in salvo 2.500 persone.
Un picco favorito dalle buone condizioni meteo di queste ore sul Canale di Sicilia.
Oggi circa 650 migranti arriveranno a Cagliari a bordo della nave militare irlandese James Joyce; altri 1.273 giungeranno a Lampedusa (anziché a Palermo, a causa di alcune emergenze sanitarie); 1.159 hanno già messo piede al Molo Marconi del porto di Messina e 1.078 approderanno questa mattina a Corigliano Calabro (Cosenza).
È un elenco infinito.
Trecento migranti sono arrivati nella notte tra lunedì e martedì a Porto Empedocle, in provincia di Agrigento (133 affetti da scabbia), 720 giungeranno nel pomeriggio di oggi a Brindisi a bordo della nave mercantile norvegese «Enterprise», e 850 al porto commerciale di Augusta sulla Nave Libeccio della Marina Militare.
Secondo l' Oim, l' Organizzazione internazionale per le migrazioni, nei primi 8 mesi del 2016 sono stati 105.342 i migranti giunti via mare in Italia (di cui 961 già accolti in un altro Paese Ue in qualità di rifugiati con diritto d' asilo), quindi poco meno della metà del computo europeo, pari a 270.576.
Allarmante il dato sul numero delle persone morte in mare durante la traversata dalle coste del Nord Africa, pari in questa prima parte dell' anno a 3.165, vale a dire 509 in più rispetto allo stesso periodo del 2015. Secondo l' Unhcr tra gennaio e aprile le partenze sarebbero avvenute nell' 82 per cento dei casi dalla Libia (era l' 89 per cento nel 2015), seguita a grande distanza dalla Tunisia (5,5 per cento).
Il numero degli arrivi continua a creare problemi sul territorio, con le strutture al collasso. Il caso più recente è quello della Sardegna, con la Prefettura di Cagliari che ieri ha richiamato l' attenzione sull' assottigliarsi della disponibilità di nuovi posti letto. A marzo la regione con il maggior numero di migranti era la Lombardia, con il 13 per cento del totale.
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
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Migranti, sbarcati 13mila in quattro giorni su coste italiane. Oltre mille nella notte a Lampedusa: hotspot al collasso
Cronaca
Nuova ondata di arrivi dalla Libia e dall'Egitto. Nelle prossime ore previsto lo sbarco di 1067 persone al porto di Palermo, 617 recuperate lunedì nel Canale di Sicilia accolte a Cagliari. Salvini: "Bloccare l'invasione o italiani si faranno giustizia da soli"
di F. Q. | 31 agosto 2016
COMMENTI
Più di 1.100 migranti a Lampedusa, dove l’hotspot è al collasso. Mille in arrivo a Palermo e oltre 600 a Cagliari. Con l’inizio di settembre si registra una nuova imponente ondata di sbarchi sulle coste italiane: 13mila persone negli ultimi quattro giorni dal Nordafrica, soprattutto dalla Libia ma anche dall’Egitto. Soltanto ieri (lunedì 30 agosto) gli arrivi sono stati tremila.
Poco dopo le due di notte è approdata nell’isola siciliana la nave ‘Asso 25′ con a bordo 1.177 migranti soccorsa ieri nel Canale di Sicilia. Le operazione di sbarco sono proseguite per tutta la notte. L’Asp di Palermo, presente a Lampedusa con il suo direttore Antonio Candela, ha inviato sull’isola altri quattro medici d’urgenza per dare un aiuto al direttore sanitario Pietro Bartolo. Complessivamente c’erano sul molo dieci medici. Tra i profughi sbarcati c’erano numerose donne e molti bambini. “Ma nessuno ha avuto bisogno di ricoveri”, assicura all’Adnkronos Antonio Candela. La nave era diretta a Palermo ma in serata è stato deciso di cambiare destinazione a causa di una rissa scoppiata a bordo. E per oggi è attesa al porto di Palermo un’altra nave, con a bordo altre mille persone circa. Gli arrivi della notte scorsa hanno portato al collasso il centro accoglienza dell’isola, che può accogliere solo poche centinaia di persone. Entro oggi oltre 160 migranti dovrebbero lasciare la struttura di contrada Imbriacola in aliscafo per raggiungere Porto Empedocle e da lì raggiungere altri centri di accoglienza. Ma le condizioni di oltre mille persone già presenti rimangono difficile.
Nelle prossime ore è previsto invece l’arrivo di 1067 migranti al porto di Palermo a bordo della portaerei Garibaldi. I migranti saranno accolti dalla task force coordinata dalla prefettura del capoluogo formata dai sanitari dell’Asp e del 118, i volontari della Croce Rossa e della Caritas. Sul molo ci sono anche gli uomini della squadra mobile della polizia e del Gico della Guardia di Finanza per individuare eventuali scafisti.
Al Porto Canale di Cagliari è attraccata la nave militare irlandese James Joyce con a bordo 617 migranti recuperati lunedì nel Canale di Sicilia dalla Guardia costiera nazionale, che in una giornata ha portato al salvataggio di oltre 6.500 persone. La Capitaneria di porto di Cagliari sta coordinando tutte le operazioni portuali, la Prefettura ha predisposto il campo per l’accoglienza. Sono state montate tutte le tende che saranno utilizzate nelle prossime ore per le visite mediche e le operazioni di identificazione. Sbarcheranno dalla nave 454 uomini, 138 donne e 25 minori, non si sa quanti di questi non accompagnati. La Prefettura ha individuato in tutta la Sardegna i centri in cui saranno ospitati, anche se ormai la situazione è al collasso: 293 migranti rimarranno a Cagliari, 186 andranno a Sassari, 80 a Nuoro e gli altri ad Oristano.
Intanto i carabinieri della stazione di Caltagirone (Catania) hanno arrestato, in flagranza, un 18enne della Guinea e un 19enne del Mali, e denunciato cinque minorenni, originari della Guinea, del Mali e del Gambia, di età compresa tra i 16 e i 17 anni, tutti ritenuti responsabili di sequestro di persona, lesioni personali e danneggiamento. Il gruppetto, ospitato nel centro di accoglienza calatino, pretendeva di ottenere immediatamente il ‘Pocket Money’ e per questo ha sradicato dai muri alcuni estintori iniziando a distruggere i suppellettili. Non solo. Hanno anche aggredito e minacciato con dei cocci di bottiglia le operatrici presenti intervenute. Solo l’intervento dei Carabinieri, avvisati da un’altra operatrice, ha riportato la calma. Le due operatrici aggredite e sequestrate all’interno del centro sono state medicate all’Ospedale di Caltagirone con prognosi di una decina di giorni. Gli arrestati sono stati trasferiti nel carcere di Caltagirone.
“E’ urgente bloccare l’invasione, altrimenti gli italiani saranno costretti a farsi giustizia da soli”, è il commento del segretario della Lega Nord Matteo Salvini. “Da oggi si accolgano solo donne e bambini, gli uomini si respingano: tutti a casa loro”.
di F. Q. | 31 agosto 2016
Migranti, sbarcati 13mila in quattro giorni su coste italiane. Oltre mille nella notte a Lampedusa: hotspot al collasso
Cronaca
Nuova ondata di arrivi dalla Libia e dall'Egitto. Nelle prossime ore previsto lo sbarco di 1067 persone al porto di Palermo, 617 recuperate lunedì nel Canale di Sicilia accolte a Cagliari. Salvini: "Bloccare l'invasione o italiani si faranno giustizia da soli"
di F. Q. | 31 agosto 2016
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Più di 1.100 migranti a Lampedusa, dove l’hotspot è al collasso. Mille in arrivo a Palermo e oltre 600 a Cagliari. Con l’inizio di settembre si registra una nuova imponente ondata di sbarchi sulle coste italiane: 13mila persone negli ultimi quattro giorni dal Nordafrica, soprattutto dalla Libia ma anche dall’Egitto. Soltanto ieri (lunedì 30 agosto) gli arrivi sono stati tremila.
Poco dopo le due di notte è approdata nell’isola siciliana la nave ‘Asso 25′ con a bordo 1.177 migranti soccorsa ieri nel Canale di Sicilia. Le operazione di sbarco sono proseguite per tutta la notte. L’Asp di Palermo, presente a Lampedusa con il suo direttore Antonio Candela, ha inviato sull’isola altri quattro medici d’urgenza per dare un aiuto al direttore sanitario Pietro Bartolo. Complessivamente c’erano sul molo dieci medici. Tra i profughi sbarcati c’erano numerose donne e molti bambini. “Ma nessuno ha avuto bisogno di ricoveri”, assicura all’Adnkronos Antonio Candela. La nave era diretta a Palermo ma in serata è stato deciso di cambiare destinazione a causa di una rissa scoppiata a bordo. E per oggi è attesa al porto di Palermo un’altra nave, con a bordo altre mille persone circa. Gli arrivi della notte scorsa hanno portato al collasso il centro accoglienza dell’isola, che può accogliere solo poche centinaia di persone. Entro oggi oltre 160 migranti dovrebbero lasciare la struttura di contrada Imbriacola in aliscafo per raggiungere Porto Empedocle e da lì raggiungere altri centri di accoglienza. Ma le condizioni di oltre mille persone già presenti rimangono difficile.
Nelle prossime ore è previsto invece l’arrivo di 1067 migranti al porto di Palermo a bordo della portaerei Garibaldi. I migranti saranno accolti dalla task force coordinata dalla prefettura del capoluogo formata dai sanitari dell’Asp e del 118, i volontari della Croce Rossa e della Caritas. Sul molo ci sono anche gli uomini della squadra mobile della polizia e del Gico della Guardia di Finanza per individuare eventuali scafisti.
Al Porto Canale di Cagliari è attraccata la nave militare irlandese James Joyce con a bordo 617 migranti recuperati lunedì nel Canale di Sicilia dalla Guardia costiera nazionale, che in una giornata ha portato al salvataggio di oltre 6.500 persone. La Capitaneria di porto di Cagliari sta coordinando tutte le operazioni portuali, la Prefettura ha predisposto il campo per l’accoglienza. Sono state montate tutte le tende che saranno utilizzate nelle prossime ore per le visite mediche e le operazioni di identificazione. Sbarcheranno dalla nave 454 uomini, 138 donne e 25 minori, non si sa quanti di questi non accompagnati. La Prefettura ha individuato in tutta la Sardegna i centri in cui saranno ospitati, anche se ormai la situazione è al collasso: 293 migranti rimarranno a Cagliari, 186 andranno a Sassari, 80 a Nuoro e gli altri ad Oristano.
Intanto i carabinieri della stazione di Caltagirone (Catania) hanno arrestato, in flagranza, un 18enne della Guinea e un 19enne del Mali, e denunciato cinque minorenni, originari della Guinea, del Mali e del Gambia, di età compresa tra i 16 e i 17 anni, tutti ritenuti responsabili di sequestro di persona, lesioni personali e danneggiamento. Il gruppetto, ospitato nel centro di accoglienza calatino, pretendeva di ottenere immediatamente il ‘Pocket Money’ e per questo ha sradicato dai muri alcuni estintori iniziando a distruggere i suppellettili. Non solo. Hanno anche aggredito e minacciato con dei cocci di bottiglia le operatrici presenti intervenute. Solo l’intervento dei Carabinieri, avvisati da un’altra operatrice, ha riportato la calma. Le due operatrici aggredite e sequestrate all’interno del centro sono state medicate all’Ospedale di Caltagirone con prognosi di una decina di giorni. Gli arrestati sono stati trasferiti nel carcere di Caltagirone.
“E’ urgente bloccare l’invasione, altrimenti gli italiani saranno costretti a farsi giustizia da soli”, è il commento del segretario della Lega Nord Matteo Salvini. “Da oggi si accolgano solo donne e bambini, gli uomini si respingano: tutti a casa loro”.
di F. Q. | 31 agosto 2016
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
1 SET 2016 12:45
LA MERKEL INIZIA AD AVERE PAURA DELLE URNE, PER QUESTO APRE A RENZI
- DI MATTEO NON SI FIDA, MA NON VUOLE CASINI IN ITALIA ALLA VIGILIA DELLA CAMPAGNA ELETTORALE (COME DAGO ANTICIPATO)
- DOMENICA SI VOTA NEL SUO COLLEGIO E RISCHIA
- L'ESTREMA DESTRA, GUIDATA DA UN DJ, POTREBBE PRENDERE GLI STESSI VOTI DEL SUO PARTITO
1) BERLINO TEME LE URNE APRE A RENZI, MA RESTANO I DUBBI SUI CONTI
Federico Fubini per il “Corriere della Sera”
Non capita spesso che il leader di un Paese regolarmente accusato di ogni problema da un collega straniero, visiti quest' ultimo fra mille sorrisi ogni dieci giorni. Ma questa è l' Europa. E questa è Angela Merkel di fronte a quel rebus avvolto in un mistero dentro un enigma che per lei si chiama Matteo Renzi.
Probabilmente la cancelliera fin qui ha tratto con certezza non più di due conclusioni quanto al presidente del Consiglio italiano. La prima è che di lui non ci si può fidare, se ci si preoccupa che l' Italia mantenga una rotta di stabilità finanziaria nei prossimi anni; ma la seconda, anche più pressante oggi, è che adesso Renzi va aiutato perché rappresenta la migliore speranza che ha l' Italia - dunque anche l' Europa - di non scivolare in uno stato di caos politico e istituzionale.
Non era molto tempo fa quando Renzi metteva tutta la sua energia in una sfida con Merkel nel Consiglio europeo: «Non diteci che date il sangue per l' Europa». Seguivano osservazioni anche irrituali del premier su Deutsche Bank o su un progetto di gasdotto dalla Russia alla Germania del Nord.
In pubblico la cancelliera non ha mai risposto. In privato, in un incontro di Berlino di fine gennaio seguito a un vertice di Bruxelles particolarmente teso, Merkel trattò Renzi con un' aria di superiorità così accondiscendente che non fece che acuire la diffidenza fra i due.
Sembrano passati anni, ma sono solo otto mesi. Da allora non è cambiata a Berlino - si è solo radicata - la convinzione che l' Italia non sia su una traiettoria molto sicura con il suo deficit e soprattutto con il debito. Il Patto di stabilità e la Commissione Ue non sembrano al governo tedesco in grado di risolvere questi problemi.
In Germania, a torto o a ragione, è molto avvertito il problema di come proteggere i contribuenti tedeschi e l' integrità dell' euro se una delle sette grandi economie avanzate del mondo dovesse tornare in crisi finanziaria.
Ciò che invece è cambiato a Berlino negli ultimi mesi è la riflessione politica sull' Italia. Renzi sta guidando il Paese verso il referendum costituzionale sullo sfondo di un' Europa messa alla prova dalla Brexit, dal terrorismo, dalle ondate di migranti e dalla lunga paralisi politica di Parigi.
Per Merkel, l' Italia e il suo premier oggi sono il solo interlocutore possibile e sono da aiutare ad ogni costo a superare il percorso dei prossimi mesi. Uno dei segnali in questo senso è stata l' apertura del ministro dell' Interno, Thomas de Maizière, al suo collega Angelino Alfano al Meeting di Rimini dieci giorni fa: la Germania per la prima volta fa scattare gli accordi europei e accoglierà «centinaia» di migranti sbarcati in Italia ogni mese.
Le concessioni e la cordialità di Merkel a Ventotene pochi giorni fa e ieri a Maranello sono altri tasselli della stessa tattica. L'errore più grande, in Italia, sarebbe prendere tutto questo come un via libera incondizionato, su tutto e per sempre. Se e quando Renzi supererà il referendum, si accorgerà che non sarà bastato quello a dissolvere i timori diffusi a Berlino sulla direzione verso cui sta viaggiando l' Italia.
2) DOMENICA LA MERKEL PUO' PERDERE IL SUO FEUDO
Carlo Nicolato per “Libero Quotidiano”
Il voto in Meclemburgo-Pomerania di domenica prossima potrebbe rappresentare molto di più per la Germania e soprattutto per la Merkel di quanto il land non abbia mai rappresentato politicamente in tutta la sua storia passata.
La regione del nord del Paese, incastrata tra lo Schleswig-Holstein, il Brandeburgo, il mar Baltico e la Polonia, conta un milione e mezzo di abitanti (più o meno quanto Milano) per una superficie di 23 mila chilometri quadrati (quanto l' intera Lombardia): risulta quindi essere il land meno densamente popolato di tutta la Germania, ma è anche quello in cui Angela Merkel è sempre stata eletta al Bundestag dal 1990.
Una specie di feudo della cancelliera dove da 10 anni si sperimenta la grande coalizione Spd-Cdu, prima con Harald Ringstorff e poi dal 2008 con Erwing Sellering, entrambi socialdemocratici. Quest' ultimo cerca l' ennesima riconferma ma stavolta, a differenza delle altre, lui come il suo partito e come anche la Cdu della Merkel, deve fare i conti con l' ascesa di Alternative für Deutschland (Afd), il partito anti-immigrazione, anti-Europa e anti-Angela per eccellenza.
Gli «invotabili» di estrema destra che alle ultime elezioni regionali di quest' anno hanno preso il 24% dei voti in Sassonia e che puntano a fare del Meclemburgo il primo land nel quale ottenere la maggioranza relativa. Anche qui, come nel resto della Germania, pesa la questione degli immigrati, ma soprattutto pesa la paura del terrorismo islamico.
Durante l' ultima visita elettorale lo scorso agosto, mentre la Merkel arringava gli agricoltori parlando di mietitrebbie ed erbicidi glisolfati, un signore tra il pubblico ha chiesto la parola spiegando che lui non è solo un contadino, «ma anche un cittadino preoccupato» e ha esortato la Merkel a fare tutto il possibile «perché i nostri figli abbiano un futuro».
Giusto il giorno dopo a Schwerin, la capitale, è arrivato Björn Höcke, uno dei leader dell' Afd, il quale anziché dilungarsi sui pesticidi è andato dritto al sodo: «Mi piacerebbe vivere in uno Stato democratico basato sullo Stato di diritto» ha detto «ecco perché dico "no" a una società multiculturale». E poi ha attaccato direttamente la Merkel, la «responsabile dell' invasione», «un insopportabile dittatore che non possiamo più avere come cancelliere».
Gli ultimi sondaggi in realtà danno l' Afd al 21%, contro il 22% della Cdu e il 27% dell' Spd, ma il candidato leader locale del movimento Leif-Erik Holm, ex conduttore radiofonico alla prima esperienza in politica, crede in un rimbalzo il giorno delle elezioni: in fondo è accaduto lo stesso il marzo scorso in Sassonia quando l' Afd era dato al 19% e poi si è ritrovato al 24.
Con la differenza che in Sassonia la Cdu poteva contare su un bel 30% delle preferenze, mentre in Meclemburgo-Pomerania il vantaggio è risicato. L' Spd invece, che i numeri danno ancora abbondantemente avanti, sarebbe in caduta libera visto che alle ultime regionali contava sul 35% dei voti.
Al di là dunque dei proclami di Holm è più che evidente che in Meclemburgo la grande coalizione è a rischio, e così come è successo in Sassonia, Spd e Cdu potrebbero essere costretti a tirare dentro i Verdi per tenere lontano dal potere i «nazi». Qualunque cosa accada però l'Afd entrerà nel nono Parlamento federale, in attesa che arrivi il decimo con le elezioni di Berlino tra poco più di due settimane.
LA MERKEL INIZIA AD AVERE PAURA DELLE URNE, PER QUESTO APRE A RENZI
- DI MATTEO NON SI FIDA, MA NON VUOLE CASINI IN ITALIA ALLA VIGILIA DELLA CAMPAGNA ELETTORALE (COME DAGO ANTICIPATO)
- DOMENICA SI VOTA NEL SUO COLLEGIO E RISCHIA
- L'ESTREMA DESTRA, GUIDATA DA UN DJ, POTREBBE PRENDERE GLI STESSI VOTI DEL SUO PARTITO
1) BERLINO TEME LE URNE APRE A RENZI, MA RESTANO I DUBBI SUI CONTI
Federico Fubini per il “Corriere della Sera”
Non capita spesso che il leader di un Paese regolarmente accusato di ogni problema da un collega straniero, visiti quest' ultimo fra mille sorrisi ogni dieci giorni. Ma questa è l' Europa. E questa è Angela Merkel di fronte a quel rebus avvolto in un mistero dentro un enigma che per lei si chiama Matteo Renzi.
Probabilmente la cancelliera fin qui ha tratto con certezza non più di due conclusioni quanto al presidente del Consiglio italiano. La prima è che di lui non ci si può fidare, se ci si preoccupa che l' Italia mantenga una rotta di stabilità finanziaria nei prossimi anni; ma la seconda, anche più pressante oggi, è che adesso Renzi va aiutato perché rappresenta la migliore speranza che ha l' Italia - dunque anche l' Europa - di non scivolare in uno stato di caos politico e istituzionale.
Non era molto tempo fa quando Renzi metteva tutta la sua energia in una sfida con Merkel nel Consiglio europeo: «Non diteci che date il sangue per l' Europa». Seguivano osservazioni anche irrituali del premier su Deutsche Bank o su un progetto di gasdotto dalla Russia alla Germania del Nord.
In pubblico la cancelliera non ha mai risposto. In privato, in un incontro di Berlino di fine gennaio seguito a un vertice di Bruxelles particolarmente teso, Merkel trattò Renzi con un' aria di superiorità così accondiscendente che non fece che acuire la diffidenza fra i due.
Sembrano passati anni, ma sono solo otto mesi. Da allora non è cambiata a Berlino - si è solo radicata - la convinzione che l' Italia non sia su una traiettoria molto sicura con il suo deficit e soprattutto con il debito. Il Patto di stabilità e la Commissione Ue non sembrano al governo tedesco in grado di risolvere questi problemi.
In Germania, a torto o a ragione, è molto avvertito il problema di come proteggere i contribuenti tedeschi e l' integrità dell' euro se una delle sette grandi economie avanzate del mondo dovesse tornare in crisi finanziaria.
Ciò che invece è cambiato a Berlino negli ultimi mesi è la riflessione politica sull' Italia. Renzi sta guidando il Paese verso il referendum costituzionale sullo sfondo di un' Europa messa alla prova dalla Brexit, dal terrorismo, dalle ondate di migranti e dalla lunga paralisi politica di Parigi.
Per Merkel, l' Italia e il suo premier oggi sono il solo interlocutore possibile e sono da aiutare ad ogni costo a superare il percorso dei prossimi mesi. Uno dei segnali in questo senso è stata l' apertura del ministro dell' Interno, Thomas de Maizière, al suo collega Angelino Alfano al Meeting di Rimini dieci giorni fa: la Germania per la prima volta fa scattare gli accordi europei e accoglierà «centinaia» di migranti sbarcati in Italia ogni mese.
Le concessioni e la cordialità di Merkel a Ventotene pochi giorni fa e ieri a Maranello sono altri tasselli della stessa tattica. L'errore più grande, in Italia, sarebbe prendere tutto questo come un via libera incondizionato, su tutto e per sempre. Se e quando Renzi supererà il referendum, si accorgerà che non sarà bastato quello a dissolvere i timori diffusi a Berlino sulla direzione verso cui sta viaggiando l' Italia.
2) DOMENICA LA MERKEL PUO' PERDERE IL SUO FEUDO
Carlo Nicolato per “Libero Quotidiano”
Il voto in Meclemburgo-Pomerania di domenica prossima potrebbe rappresentare molto di più per la Germania e soprattutto per la Merkel di quanto il land non abbia mai rappresentato politicamente in tutta la sua storia passata.
La regione del nord del Paese, incastrata tra lo Schleswig-Holstein, il Brandeburgo, il mar Baltico e la Polonia, conta un milione e mezzo di abitanti (più o meno quanto Milano) per una superficie di 23 mila chilometri quadrati (quanto l' intera Lombardia): risulta quindi essere il land meno densamente popolato di tutta la Germania, ma è anche quello in cui Angela Merkel è sempre stata eletta al Bundestag dal 1990.
Una specie di feudo della cancelliera dove da 10 anni si sperimenta la grande coalizione Spd-Cdu, prima con Harald Ringstorff e poi dal 2008 con Erwing Sellering, entrambi socialdemocratici. Quest' ultimo cerca l' ennesima riconferma ma stavolta, a differenza delle altre, lui come il suo partito e come anche la Cdu della Merkel, deve fare i conti con l' ascesa di Alternative für Deutschland (Afd), il partito anti-immigrazione, anti-Europa e anti-Angela per eccellenza.
Gli «invotabili» di estrema destra che alle ultime elezioni regionali di quest' anno hanno preso il 24% dei voti in Sassonia e che puntano a fare del Meclemburgo il primo land nel quale ottenere la maggioranza relativa. Anche qui, come nel resto della Germania, pesa la questione degli immigrati, ma soprattutto pesa la paura del terrorismo islamico.
Durante l' ultima visita elettorale lo scorso agosto, mentre la Merkel arringava gli agricoltori parlando di mietitrebbie ed erbicidi glisolfati, un signore tra il pubblico ha chiesto la parola spiegando che lui non è solo un contadino, «ma anche un cittadino preoccupato» e ha esortato la Merkel a fare tutto il possibile «perché i nostri figli abbiano un futuro».
Giusto il giorno dopo a Schwerin, la capitale, è arrivato Björn Höcke, uno dei leader dell' Afd, il quale anziché dilungarsi sui pesticidi è andato dritto al sodo: «Mi piacerebbe vivere in uno Stato democratico basato sullo Stato di diritto» ha detto «ecco perché dico "no" a una società multiculturale». E poi ha attaccato direttamente la Merkel, la «responsabile dell' invasione», «un insopportabile dittatore che non possiamo più avere come cancelliere».
Gli ultimi sondaggi in realtà danno l' Afd al 21%, contro il 22% della Cdu e il 27% dell' Spd, ma il candidato leader locale del movimento Leif-Erik Holm, ex conduttore radiofonico alla prima esperienza in politica, crede in un rimbalzo il giorno delle elezioni: in fondo è accaduto lo stesso il marzo scorso in Sassonia quando l' Afd era dato al 19% e poi si è ritrovato al 24.
Con la differenza che in Sassonia la Cdu poteva contare su un bel 30% delle preferenze, mentre in Meclemburgo-Pomerania il vantaggio è risicato. L' Spd invece, che i numeri danno ancora abbondantemente avanti, sarebbe in caduta libera visto che alle ultime regionali contava sul 35% dei voti.
Al di là dunque dei proclami di Holm è più che evidente che in Meclemburgo la grande coalizione è a rischio, e così come è successo in Sassonia, Spd e Cdu potrebbero essere costretti a tirare dentro i Verdi per tenere lontano dal potere i «nazi». Qualunque cosa accada però l'Afd entrerà nel nono Parlamento federale, in attesa che arrivi il decimo con le elezioni di Berlino tra poco più di due settimane.
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
LO SPUTTANAMENTO
https://www.youtube.com/watch?v=Ooi-BVYtGz8
LIBRE news
Falsa morale (e veri interessi) da chi pilota l’immigrazione
Scritto il 08/9/16 • nella Categoria: idee Condividi
Poteri forti, interessi fortissimi. Attraverso i media da loro gestiti, giustificano l’immigrazione di massa come rimedio alla denatalità dei paesi occidentali. Ma la giustificazione non regge, secondo Marco Della Luna, «perché quelli sono i medesimi poteri (interessi) forti che hanno indotto la denatalità, soprattutto attraverso la loro politica monetaria deflazionistica e recessiva la quale, assieme al modello sociale ad essa collegato, al contrario delle sue promesse di sviluppo e stabilità, ha tolto lavoro e prospettive per il futuro, nonché partecipazione democratica». Sono i medesimi super-poteri che «mantengono quella politica nonostante i suoi effetti, e che con essa si sono arricchiti e potenziati politicamente». Sono sempre loro a produrre i flussi migratori, «fomentando o conducendo direttamente guerre in Africa e Asia, per i loro interessi petroliferi, minerari, militari e per vendere armi, e praticandovi il land grabbing», la “rapina” delle loro terre. Poteri che «permettono ai comitati d’affari» anche italiani, «in veste politica o religiosa», di «speculare e rubare sul traffico dell’accoglienza», al riparo del Vaticano e dei mass media «moraleggianti». Tutto questo permette ai grandi padroni di «giocare al ribasso sui salari grazie alla manodopera immigrata».Per Della Luna, si tratta di «un traffico che distrae grosse risorse economiche altrimenti spendibili per sostenere l’occupazione e gli investimenti, quindi la natalità», senza contare «problemi di criminalità, di sicurezza del territorio e di malattie importate». Facciamo pochi figli? E’ sempre scarsa la domanda interna di beni? E’ perché «già abbiamo scarso reddito, scarsi servizi e scarsa sicurezza». E loro, i poteri al servizio degli “interessi forti”, «ci tolgono altri soldi, altri servizi e altra sicurezza per offrire il mantenimento (per giunta gratuito, senza lavorare) a chiunque arrivi: un invito potentissimo ad accorrere in massa, rivolto a un bacino di centinaia di milioni di poveri, che mette in moto un flusso inesauribile, che richiederà risorse inesauribili, ossia esaurirà presto quelle disponibili». Per Della Luna, da sempre ultra-critico verso l’immigrazione “pilotata”, il cerchio si chiude: «Con la recessione e la disoccupazione si produce la denatalità che giustifica l’accoglienza, la quale sostiene la denatalità».Al tempo stesso, «con l’imperialismo e l’interventismo nei paesi poveri si alimentano i flussi migratori, scaricandone i costi sui paesi occidentali, in cui le condizioni di vita e le prospettive per il futuro si deteriorano al punto che essi risultano attraenti solo per i migranti economici che vengono da aree molto peggiori, mentre per noi davvero aver figli diviene sempre meno sostenibile e desiderabile». Così sta avvenendo una sorta di graduale sostituzione etnica: «Fuori noi, dentro loro». E’ la sindrome dei panda, che «quando si trovano in cattività, in un ambiente cioè che non sentono più come il loro, smettono di riprodursi». Preti e mass media dicono che noi occidentali dobbiamo accettare l’immigrazione di massa da quei paesi per espiare il fatto che, in passato, li abbiamo colonizzati e sfruttati? «Ma chi decise la colonizzazione e la usò per arricchirsi – ribatte Della Luna – erano non già i popoli (occidentali), bensì proprio quelle medesime élites che oggi stanno praticando l’imperialismo verso quei paesi, a spese (anche) dei popoli occidentali, e che posseggono i media e gestiscono l’informazione, cioè la propaganda, a loro profitto».(Marco Della Luna, “Elites e migrazione, falsa morale e veri interessi”, dal blog di Della Luna del 15 agosto 2016).
https://www.youtube.com/watch?v=Ooi-BVYtGz8
LIBRE news
Falsa morale (e veri interessi) da chi pilota l’immigrazione
Scritto il 08/9/16 • nella Categoria: idee Condividi
Poteri forti, interessi fortissimi. Attraverso i media da loro gestiti, giustificano l’immigrazione di massa come rimedio alla denatalità dei paesi occidentali. Ma la giustificazione non regge, secondo Marco Della Luna, «perché quelli sono i medesimi poteri (interessi) forti che hanno indotto la denatalità, soprattutto attraverso la loro politica monetaria deflazionistica e recessiva la quale, assieme al modello sociale ad essa collegato, al contrario delle sue promesse di sviluppo e stabilità, ha tolto lavoro e prospettive per il futuro, nonché partecipazione democratica». Sono i medesimi super-poteri che «mantengono quella politica nonostante i suoi effetti, e che con essa si sono arricchiti e potenziati politicamente». Sono sempre loro a produrre i flussi migratori, «fomentando o conducendo direttamente guerre in Africa e Asia, per i loro interessi petroliferi, minerari, militari e per vendere armi, e praticandovi il land grabbing», la “rapina” delle loro terre. Poteri che «permettono ai comitati d’affari» anche italiani, «in veste politica o religiosa», di «speculare e rubare sul traffico dell’accoglienza», al riparo del Vaticano e dei mass media «moraleggianti». Tutto questo permette ai grandi padroni di «giocare al ribasso sui salari grazie alla manodopera immigrata».Per Della Luna, si tratta di «un traffico che distrae grosse risorse economiche altrimenti spendibili per sostenere l’occupazione e gli investimenti, quindi la natalità», senza contare «problemi di criminalità, di sicurezza del territorio e di malattie importate». Facciamo pochi figli? E’ sempre scarsa la domanda interna di beni? E’ perché «già abbiamo scarso reddito, scarsi servizi e scarsa sicurezza». E loro, i poteri al servizio degli “interessi forti”, «ci tolgono altri soldi, altri servizi e altra sicurezza per offrire il mantenimento (per giunta gratuito, senza lavorare) a chiunque arrivi: un invito potentissimo ad accorrere in massa, rivolto a un bacino di centinaia di milioni di poveri, che mette in moto un flusso inesauribile, che richiederà risorse inesauribili, ossia esaurirà presto quelle disponibili». Per Della Luna, da sempre ultra-critico verso l’immigrazione “pilotata”, il cerchio si chiude: «Con la recessione e la disoccupazione si produce la denatalità che giustifica l’accoglienza, la quale sostiene la denatalità».Al tempo stesso, «con l’imperialismo e l’interventismo nei paesi poveri si alimentano i flussi migratori, scaricandone i costi sui paesi occidentali, in cui le condizioni di vita e le prospettive per il futuro si deteriorano al punto che essi risultano attraenti solo per i migranti economici che vengono da aree molto peggiori, mentre per noi davvero aver figli diviene sempre meno sostenibile e desiderabile». Così sta avvenendo una sorta di graduale sostituzione etnica: «Fuori noi, dentro loro». E’ la sindrome dei panda, che «quando si trovano in cattività, in un ambiente cioè che non sentono più come il loro, smettono di riprodursi». Preti e mass media dicono che noi occidentali dobbiamo accettare l’immigrazione di massa da quei paesi per espiare il fatto che, in passato, li abbiamo colonizzati e sfruttati? «Ma chi decise la colonizzazione e la usò per arricchirsi – ribatte Della Luna – erano non già i popoli (occidentali), bensì proprio quelle medesime élites che oggi stanno praticando l’imperialismo verso quei paesi, a spese (anche) dei popoli occidentali, e che posseggono i media e gestiscono l’informazione, cioè la propaganda, a loro profitto».(Marco Della Luna, “Elites e migrazione, falsa morale e veri interessi”, dal blog di Della Luna del 15 agosto 2016).
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
il manifesto 10.9.16
Paura dell’esilio
Verità nascoste. La causa specifica del rigetto dei profughi è il vissuto di sradicamento di cui sono portatori
È un vissuto contagioso perché entra in rapporto con la dimensione psichica di “esilio” presente in ognuno di noi
di Sarantis Thanopulos
La cancelliera Merkel è stata sconfitta nel suo collegio elettorale dalla destra xenofoba.
Le masse dei profughi ospitati dalla Germania hanno minato il suo consenso apparso, fino ad oggi, inossidabile.
Il primo posto (in arretramento) ottenuto dalla Spd, con Linke e i verdi in netto calo, è magra consolazione.
I partiti sconfitti si interrogheranno sulla convenienza di un ripiegamento su posizioni più prudenti.
Nel fare questo perderanno l’ennesima occasione di preferire la strategia alla tattica.
La paura dello straniero non è necessariamente rivolta a colui che è di un’etnia diversa, di un’altra lingua.
I greci della Turchia, in esodo di massa un secolo fa, hanno trovato nella “madre patria” un’accoglienza ostile.
Utilizzati perlopiù nei mestieri più umili, sono stati a lungo confinati in baraccopoli nella periferia delle grandi città.
Gli istriani hanno avuto un destino migliore, ma non proprio benevolo e i tedeschi dell’Est stentano ancora a integrarsi nella patria riunita.
Nell’opposizione ai profughi, si possono individuare due cause aspecifiche e una specifica.
Le cause aspecifiche sono il sentimento di essere invasi, quando i senza terra arrivano in modo massiccio e rapido, e quello di essere derubati, quando non è possibile stabilire con loro relazioni vere di scambio.
Il secondo sentimento è una costruzione puramente psichica: serve per allontanarsi da una posizione desiderante, quando questa comporta un investimento unilaterale, un atto di donazione a “perdere”.
Più che la paura di un impoverimento reale pesa la ferita narcisistica.
La rinuncia contingente è avvertita come diminuzione di sé permanente (in società opulente che fanno del loro benessere il centro dell’amor proprio o nei strati sociali più deboli).
La causa specifica del rigetto dei profughi è il vissuto di sradicamento di cui sono portatori.
È un vissuto contagioso perché entra in rapporto con la dimensione psichica di “esilio” presente in ognuno di noi.
Ci costituiamo come soggetti sociali attraverso una sequenza di esili da un’età all’altra, da un contesto affettivo-relazionale a quello successivo (a partire dall’esperienza fondamentale della separazione dalla nostra madre).
E ogni nostra relazione con l’altro richiede la possibilità di un reciproco esilio: dell’uno nel modo di essere dell’altro.
L’esperienza dell’esiliarsi, condizione necessaria del sogno, del lutto e della relazione erotica, viaggia pure a ritroso nel tempo, nel nostro passato e in quello delle generazioni che ci precedono.
Il sentirsi sradicati priva la dimensione psichica dell’esilio della sua natura isterica, antinomica: essere cittadini della propria terra e, al tempo stesso, abitare come apolidi l’altrove che appare all’orizzonte.
Al cospetto del rifugiato si attiva lo spettro dello spaesamento, sempre presente nel desiderio di esiliarsi, la preoccupazione di perdersi nel proprio sogno senza più ritrovarsi nella realtà.
Il rischio è di espellere il migrante che sogna in noi.
Chi governa dovrebbe avere il coraggio di dire ai cittadini che fare spazio, donare in modo unilaterale, non è impoverimento né misericordia/sacrificio.
È un investimento per il futuro loro e dei propri figli, crea le condizioni per essere ricambiati, quando lo scambio di doni sarà diventato possibile.
L’unico modo per rendere vivibile un mondo sempre più in movimento e irrequieto, proteggerlo da smottamenti catastrofici.
Tuttavia, se non si affronta il nodo di una società sempre più arbitraria e ineguale, chi è disposto a scommettere un solo soldo sull’avvenire del dono unilaterale, sulla bontà dell’incontro fondato sull’esilio?
Paura dell’esilio
Verità nascoste. La causa specifica del rigetto dei profughi è il vissuto di sradicamento di cui sono portatori
È un vissuto contagioso perché entra in rapporto con la dimensione psichica di “esilio” presente in ognuno di noi
di Sarantis Thanopulos
La cancelliera Merkel è stata sconfitta nel suo collegio elettorale dalla destra xenofoba.
Le masse dei profughi ospitati dalla Germania hanno minato il suo consenso apparso, fino ad oggi, inossidabile.
Il primo posto (in arretramento) ottenuto dalla Spd, con Linke e i verdi in netto calo, è magra consolazione.
I partiti sconfitti si interrogheranno sulla convenienza di un ripiegamento su posizioni più prudenti.
Nel fare questo perderanno l’ennesima occasione di preferire la strategia alla tattica.
La paura dello straniero non è necessariamente rivolta a colui che è di un’etnia diversa, di un’altra lingua.
I greci della Turchia, in esodo di massa un secolo fa, hanno trovato nella “madre patria” un’accoglienza ostile.
Utilizzati perlopiù nei mestieri più umili, sono stati a lungo confinati in baraccopoli nella periferia delle grandi città.
Gli istriani hanno avuto un destino migliore, ma non proprio benevolo e i tedeschi dell’Est stentano ancora a integrarsi nella patria riunita.
Nell’opposizione ai profughi, si possono individuare due cause aspecifiche e una specifica.
Le cause aspecifiche sono il sentimento di essere invasi, quando i senza terra arrivano in modo massiccio e rapido, e quello di essere derubati, quando non è possibile stabilire con loro relazioni vere di scambio.
Il secondo sentimento è una costruzione puramente psichica: serve per allontanarsi da una posizione desiderante, quando questa comporta un investimento unilaterale, un atto di donazione a “perdere”.
Più che la paura di un impoverimento reale pesa la ferita narcisistica.
La rinuncia contingente è avvertita come diminuzione di sé permanente (in società opulente che fanno del loro benessere il centro dell’amor proprio o nei strati sociali più deboli).
La causa specifica del rigetto dei profughi è il vissuto di sradicamento di cui sono portatori.
È un vissuto contagioso perché entra in rapporto con la dimensione psichica di “esilio” presente in ognuno di noi.
Ci costituiamo come soggetti sociali attraverso una sequenza di esili da un’età all’altra, da un contesto affettivo-relazionale a quello successivo (a partire dall’esperienza fondamentale della separazione dalla nostra madre).
E ogni nostra relazione con l’altro richiede la possibilità di un reciproco esilio: dell’uno nel modo di essere dell’altro.
L’esperienza dell’esiliarsi, condizione necessaria del sogno, del lutto e della relazione erotica, viaggia pure a ritroso nel tempo, nel nostro passato e in quello delle generazioni che ci precedono.
Il sentirsi sradicati priva la dimensione psichica dell’esilio della sua natura isterica, antinomica: essere cittadini della propria terra e, al tempo stesso, abitare come apolidi l’altrove che appare all’orizzonte.
Al cospetto del rifugiato si attiva lo spettro dello spaesamento, sempre presente nel desiderio di esiliarsi, la preoccupazione di perdersi nel proprio sogno senza più ritrovarsi nella realtà.
Il rischio è di espellere il migrante che sogna in noi.
Chi governa dovrebbe avere il coraggio di dire ai cittadini che fare spazio, donare in modo unilaterale, non è impoverimento né misericordia/sacrificio.
È un investimento per il futuro loro e dei propri figli, crea le condizioni per essere ricambiati, quando lo scambio di doni sarà diventato possibile.
L’unico modo per rendere vivibile un mondo sempre più in movimento e irrequieto, proteggerlo da smottamenti catastrofici.
Tuttavia, se non si affronta il nodo di una società sempre più arbitraria e ineguale, chi è disposto a scommettere un solo soldo sull’avvenire del dono unilaterale, sulla bontà dell’incontro fondato sull’esilio?
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- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
Fabrizio Gatti, dell’Espresso, appartiene ad una categoria del giornalismo ormai in estinzione.
Il giornalismo investigativo. Questa settimana conduce i lettori dentro il Cara di Foggia.
Notizie su come viene trattata questa umanità che ha avuto la sfortuna di nascere in Africa e non a Vimercate o a Bolzano, ci è già stata raccontata.
MA QUESTA VOLTA SI E’ SUPERATO IL LIMITE.
Io mi faccio schifo a me stesso.
Non è possibile appartenere a questo tipo di umanità, che ha il coraggio blasfemo di definirsi CIVILE.
Io ricordo, ai tempi andati, una certa ripulsa per i negrieri della nuova America che deportavano i nativi africani per farne degli schiavi.
La mia generazione ha rifiutato in toto lo sterminio di massa perpetrato dai nazisti tedeschi nei confronti degli ebrei.
Oggi però è subentrata l’INDIFFERENZA, anche in chi rifiutava a sinistra o nel mondo cattolico la pratica di queste aberrazioni umane.
CONTINUA
Il giornalismo investigativo. Questa settimana conduce i lettori dentro il Cara di Foggia.
Notizie su come viene trattata questa umanità che ha avuto la sfortuna di nascere in Africa e non a Vimercate o a Bolzano, ci è già stata raccontata.
MA QUESTA VOLTA SI E’ SUPERATO IL LIMITE.
Io mi faccio schifo a me stesso.
Non è possibile appartenere a questo tipo di umanità, che ha il coraggio blasfemo di definirsi CIVILE.
Io ricordo, ai tempi andati, una certa ripulsa per i negrieri della nuova America che deportavano i nativi africani per farne degli schiavi.
La mia generazione ha rifiutato in toto lo sterminio di massa perpetrato dai nazisti tedeschi nei confronti degli ebrei.
Oggi però è subentrata l’INDIFFERENZA, anche in chi rifiutava a sinistra o nel mondo cattolico la pratica di queste aberrazioni umane.
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