Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzione?

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camillobenso
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion

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L’articolo di Gatti, propagandato stranamente, su Sky 24, è uscito stamani in edicola nel N° 37 dell’Espresso del 2016.

L’articolo non è presente sul sito dell’Espresso.Repubblica.it. Ma anche se fosse presente, non lo pubblicherei tutto intero, perché penso che si debba riflettere sul punto più basso che ha raggiunto la società italiana accettando con INDIFFERENZA questo degrado.

La domanda sorge spontanea.

MA PINOCCHIO MUSSOLONI E IL SUO FEDELE SCUDIERO, ALGERINO ALFANO, NON NE SAPEVANO NIENTE, PUR EROGANDO TUTTA QUELLA QUANTITA’ DI DENARO?????

IO MI RIFIUTO DI CREDERLO……….
E IL PRESIDENTE MATTARELLA PURE??????

NESSUNO SAPEVA?????????????

QUANDO PINOCCHIO E IL SUO SCUDIERO PARLANO DI ACCOGLIENZA, NON MI STUPISCE PERCHE’ MENTONO PER PROFESSIONE.

MA ANCHE MATTARELLA?????

LE MIE PERPLESSITA’ POI CADONO SU FRANCESCO, IL PIU’ ATTIVO DEI PONTEFICI DOPO RONCALLI.

E’ MAI POSSIBILE CHE NON SAPPIA LA FINE CHE FACCIAMO FARE AGLI AFRICANI QUANDO PREDICA L’ACCOGLIENZA?????????????

MI PIACEREBBE CHIEDERLO DI PERSONA SIA A FRANCESCO CHE A MATTARELLA.

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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion

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Reportage Esclusivo


Sette giorni all’inferno

Di Fabrizio Gatti

Siamo entrati,
clandestini, nel
Cara di Foggia.
Mille esseri
umani tenuti
come bestie.
E, per ciascuno,
le coop
prendono 22
euro al giorno.



La quinta notte apro la porta sull’inferno.

Dal buio dello stanzone esce un alito di aria intensa e arroventata che impasta la gola.

Si accende un lumicino e rischiara una distesa di decine di persone, ammassate come stracci su tranci di gommapiuma .

Niente lenzuola, a volte solo un asciugamano fradicio di sudore sotto le coperte di lana.

Nemmeno un armadietto hanno messo a disposizione, ciabatte e scarpe sono sparse sul pavimento, i vestiti di ricambio dentro sacchetti di carta.

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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion

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Rischio di calpestare una serpentina incandescente, collegata alla presa da due fili volanti.

Qualcuno sta preparando la colazione per poi andare a lavorare nei campi.

Cucinano per terra. Se scoppia un incendio è una strage.

No, questa non una bidonville.

E’ un ghetto di Stato: il Cara di Borgo Mezzanome vicino a Foggia, il centro per richiedenti asilo, il terzo per dimensioni in Italia.

Ce ne sono molti altri di stanzoni ricoperti di corpi.

I ragazzi africani vengono sfruttati anche quando dormono.

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camillobenso
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Per trattarli così il consorzio “Sisifo” della Lega delle cooperative rosse, e la sua consociata bianca “Senis Hospes”, amministrata da manager cresciuti sotto l’ombrello di Comunione e liberazione, incassano dal governo una fortuna: ventidue euro al giorno a persona, quattordicimila euro entro ventiquattro ore, oltre quindici milioni d’appalto in tre anni.

Più eventuali straordinari, secondo le esigenze del momento.


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E’ PER QUEST’ULTIMO MOTIVO CHE CREDO CHE ANCHE IL PIU’ FESSO DEI FESSI ITALIANI NON POSSA CREDERE CHE CHI HA INCARICHI ISTITUZIONALI NON POSSA NON SAPERE.

ERGO, SONO TUTTI CONNIVENTI.


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camillobenso ha scritto:CONTINUA


Per trattarli così il consorzio “Sisifo” della Lega delle cooperative rosse, e la sua consociata bianca “Senis Hospes”, amministrata da manager cresciuti sotto l’ombrello di Comunione e liberazione, incassano dal governo una fortuna: ventidue euro al giorno a persona, quattordicimila euro entro ventiquattro ore, oltre quindici milioni d’appalto in tre anni.

Più eventuali straordinari, secondo le esigenze del momento.


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La quinta notte rinchiuso qui dentro ho già visto i gangster nigeriani entrare nel Cara a prelevare le ragazzine da far prostituire.

I cani randagi urinare sulle scarpe degli ospiti messe all’aria ad asciugare.

E perfino i trafficanti afghani offrire viaggi nei camion per l’Inghilterra.

Mi hanno anche interrogato.

Un picciotto dei nigeriani, non la polizia.

Agenti e soldati di guardia non si muovono dal piazzale asettico del cancello di ingresso.

In una settimana, mai incontrati.

Nessuno protegge i 636 ospiti dichiarati nel contratto d’appalto. Ma siamo sicuramente più di mille.

Contando gli abusivi, forse millecinquecento.

Perché da quattro buchi nella recinzione, chiunque può passare.

E da lì sono entrato anch’io. Un nome falso, una storia personale inventata.

Da lunedì 15 a domenica 21 agosto.

Una settimana come tante.

Nulla è cambiato, nemmeno oggi.

Quello che segue è il mio diario da finto rifugiato nel Ghetto di Stato.

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camillobenso
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TELECAMERE E BUCHI NELLA RETE

Dentro il Cara di Borgo Mezzanone il giorno non tramonta mai.

Una costellazione di fari abbaglianti splende non appena fa buio sul Tavoliere, la grande pianura ai piedi del Gargano.

La cupola di luce appare a chilometri di distanza.

Bisogna arrivare alla rete arrugginita di un aeroporto militare dismesso.

C’è un varco a est, dopo una lunga camminata nei campi.

Ma a ovest entrano addirittura le macchine e i furgoni dei caporali, carichi di schiavi di ritorno dalla giornata di lavoro.

Sono quasi le dieci di sera.

Le prime casupole lungo la pista di decollo formano la baraccopoli abitata da quanti negli anni sono usciti dal centro d’accoglienza, con o senza permesso di soggiorno.

Una stratificazione di sbarchi dal Mediterraneo e di sfruttamento da parte degli agricoltori foggiani.

Da qualche mese però la bidonville si sta allargando.

Da Napoli è arrivata la mafia nigeriana e si è presa metà pista: nelle baracche hanno aperto bar, due ristoranti, una discoteca che con la musica assorda ogni notte il riposo dei braccianti.

Da Bari sono venuti alcuni afghani piuttosto integralisti e ora controllano l’altra metà: hanno allestito un negozio che vende di tutto e una misteriosa moschea.

Questa è la zona chiamata Pista, appunto.

Ancora qualche centinaio di metri e si può toccare la recinzione del Ghetto di Stato.


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camillobenso
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INTERROMPO LA PUBBLICAZIONE DI FABRIZIO GATTI, PERCHE' L'ESPRESSO. it, HA MESSO IN RETE QUESTO COMUNICATO:


IL CASO
Cara di Foggia, la nostra inchiesta sul ghetto di Stato smuove il mondo della politica
Dormitori stracolmi. Dove la legge non esiste. Fabrizio Gatti è entrato, clandestino, nel Cara di Foggia. Dove oltre mille esseri umani sono tenuti come bestie e per ciascuno le coop prendono 22 euro al giorno. Dopo la pubblicazione del reportage e l'intervento di Eugenio Scalfari, il ministro Alfano apre un'istruttoria. E il Pd presenta un'interrogazione
DI R. I.
13 settembre 2016


L'inchiesta dell'Espressosull'inferno del Cara di Foggia , firmata da Fabrizio Gatti, muove la politica. Il ministro dell'Interno Angelino Alfano ha infatti disposto che la prefettura di Foggia indaghi sulla struttura e sulle condizioni di vita dei suoi ospiti, i richiedenti asilo che attendono l'esito della procedura di richiesta di protezione internazionale.

A fare scattare gli accertamenti è stata l'inchiesta “Sette giorni all'inferno”, pubblicata sull'Espresso. Nel suo viaggio da “clandestino” all'interno del Cara, l'inviato Fabrizio Gatti ha denunciato i dormitori stracolmi, una sorta di baraccopoli dove i richiedenti asilo vivono in “oltre ogni immaginabile degrado” nonostante le coop percepiscano un contributo di 22 euro al giorno per ogni ospite.

L'inchiesta-denuncia dell'Espresso è stata rilanciata da Eugenio Scalfari che su Repubblica ha chiesto l'intervento delle istituzioni: “Le poche parole di presentazione dell'inchiesta di Gatti dicono tutto”, scrive Scalfari ripercorrendo il racconto del giornalista entrato come clandestino nel Cara, “dove esseri umani sono trattati come bestie” nonostante le coop percepiscano 22 euro al giorno per ciascuno di loro.

Poi l'appello alle istituzioni dal fondatore di Repubblica: “So bene che il nostro presidente del consiglio ha molte cose da fare in Italia e in Europa, ma a nome dei nostri giornali, e credo di tutti i nostri lettori che tra carta e web sono oltre cinque milioni, gli chiedo di far ispezionare immediatamente quel Centro che accoglie all'Inferno un migliaio di persone e chiedo anche alla Procura di Foggia di disporre indagini sulle coop che dovrebbero gestire con competenza e amicizia quei rifugiati e invece ignorano, direi volutamente, l'inferno che sta sotto i loro occhi”.

Un appello che è stato raccolto dal ministro dell'Interno che discuterà della vicenda al Comitato per l'ordine e la sicurezza pubbica durante un vertice convocato in Prefettura per le 17 di oggi. Nel frattempo, i deputati Pd Khalid Chaouki e Davide Mattiello hanno ripreso quanto denunciato da l'Espresso in una interrogazione a risposta scritta sempre ad Angelino Alfano, dove chiedono di «intervenire rapidamente per garantire la sicurezza della struttura nonché per fornire agli ospiti del Cara una sistemazione adeguata e rispettosa della dignità umana».



FORSE QUESTO E' L'INIZIO DELLA FINE DEL GOVERNO RENZI.

ANGELINO STA FACENDO LA SCENEGGIATA DI QUELLO CHE NON SAPEVA, MA NON SI ACCORGE DI FARE LA FIGURA DEL MINISTRO DELL'INTERNO STUPIDO CHE NON SA MAI COSA SUCCEDE.

A VENEZIA DICONO "SE PEGIO EL TACON DEL BUSO"



MENTRE A MILANO DICONO: "SE LA VA, LA GA' I GAMB". MA QUESTA VOLTA NON E' ANDATA. FABRIZIO GATTI HA ROTTO LE UOVA NEL PANIERE.

OVVIAMENTE FINO AD OGGI I TG TACCIONO. SKY HA FATTO 20 MINUTI DI SEGUITO DI NOTIZIE SULLE ELEZIONE MADE IN USA.

MA NOI NON VOTIAMO E NON CE NE FREGA PIU' DI TANTO.

SU QUESTE FACCENDE ITALIANE TACCIONO.
camillobenso
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Sull'Espresso continua l'inchiesta.


IL CASO
Nell'inferno del Cara di Foggia, tra cordate trasversali e mafia Capitale
Il centro pugliese per richiedenti asilo, raccontato dal reportage esclusivo dell'Espresso, è gestito da una coop vicina a Cl. Ma l'appalto è stato vinto da un consorzio legato a Legacoop. Nomi e sigle che ritornano. E che ritroviamo anche a Mineo, nel Cara più grande d'Europa. Lo stesso finito nell'indagine su mafia Capitale, che dell'accoglienza aveva fatto il business più remunerativo
DI GIOVANNI TIZIAN


Nell'inferno del Cara di Foggia, tra cordate trasversali e mafia Capitale
Cara che vai intrallazzo che trovi. Del resto la prima regola del manuale “mafia Capitale” recita: i migranti sono un business in cui cooperative bianche e rosse non concorrono, ma si alleano. Cordate "rosé" per appalti milionari e profitti d'oro. Nomi e società che ricorrono intrecciandosi con livelli istituzionali che sostengono e appoggiano sempre i soliti noti del settore.

Queste joint venture post ideologiche le ritroviamo proprio a Borgo Mezzanone, sul quale, dopo il reportage esclusivo de "l'Espresso , il ministero dell'Interno ha aperto un'istruttoria . E a Mineo, in Sicilia, nel “villaggio della solidarietà” su cui indagano due procure. A Borgo Mezzanone, Foggia, il consorzio che si è aggiudicato l'appalto con un ribasso del 25 per cento si chiama Sisifo, come il figlio di Eolo e re di Corinto condannato per l'eternità a spingere un macigno sino alla cima della montagna per aver osato sfidare gli dei. A gestirlo di fatto è la Senis Hospes, una sua consorziata vicina a Comunione e liberazione.

La galassia che ruota attorno a Cl si è imposta nel sistema dell'accoglienza conquistando appalti su appalti. Diventando nel tempo protagonista. Un successo frutto anche delle relazioni sapientemente intessute nel corso degli anni.

Fabrizio Gatti è entrato clandestinamente nel Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Borgo Mezzanone. Dove la legge non esiste. Un nome falso, una storia personale inventata. Da lunedì 15 a domenica 21 agosto. Una settimana come tante. Nulla è cambiato, nemmeno oggi. Ecco il suo diario da finto rifugiato nel Ghetto di Statodi Fabrizio Gatti, foto di Carlos Folgoso per l’Espresso LEGGI Il reportage esclusivo





Una vecchia indagine della procura di Potenza, poi archiviata, descrive bene i rapporti tra coop bianche e istituzioni. Al centro, anche allora, gli appalti per i Cara, in particolare per quello in Basilicata, a Policoro. Nell'inchiesta spiccavano i nomi eccellenti di Gianni Letta e del prefetto Mario Morcone, all'epoca e ancora oggi capo dipartimento del Viminale per le libertà civili e l'immigrazione. La loro posizione fu presto archiviata. Così come quella dei fratelli Chiorazzo, a capo di un gruppo societario i cui pezzi più pregiati si chiamano La Cascina e Auxilium. Ciò che resta di quelle vicende, però, pur non avendo avuto uno sbocco processuale, sono le loro relazioni.

Ecco cosa scrivevano i carabinieri del Ros nell'informativa inviata ai pm di Potenza: «Grazie all'estesa e fitta trama di relazioni intessute con diversi esponenti delle pubbliche istituzioni - fra i quali il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Gianni Letta e il Capo del Dipartimento per le Libertà Civili e l'Immigrazione del Ministero dell' lntemo prefetto Mario Morcone - i fratelli Chiorazzo mirano a consolidare e ad estendere la loro presenza nella gestione dei Cara distribuiti sull intero territorio nazionale ed in particolare in Sud Italia. Le aziende dei Chiorazzo, infatti, curano la gestione (attraverso la cooperativa Auxilium e la società La Cascina) del Cara di Bari (dove sono ospitati circa 1.200 immigrati), del Cara di Policoro (che ospita 200 immigrati) e del Cara di Taranto — di prossima apertura - (destinato ad ospitare 400 immigrati)- per un giro di affari che può essere stimato pari a circa 70.000 euro al giorno».

Era il 2009, mancavano quattro anni alla scoperta del sistema mafia Capitale. Eppure sembra il trailer di ciò che vedremo anni dopo -in parte con gli stessi protagonisti- nella Capitale. Nel frattempo, però, la concorrenza tra coop rosse e bianche si è andata via via dissolvendo. Unite da un unica fede: il business. Alleanza "rosé" che si è materializzata anche nel degrado del Cara di Borgo Mezzanone a Foggia, che di accogliente ha ben poco.

L'appalto, dicevamo, è stato vinto dal consorzio Sisifo, considerato un pezzo pregiato di Legacoop. E già finito al centro di polemiche durante la gestione del centro di accoglienza di Lampedusa, dopo che le immagini dei migranti costretti a denudarsi all'esterno, per sottoporsi al lavaggio anti scabbia, hanno fatto il giro del mondo. Il consorzio, con oltre mille dipendenti, ha dichiarato nel 2015 un fatturato di 89 milioni di euro. Il presidente è il 47enne Domenico Arena, ex presidente della lega messinese delle cooperative e consigliere di amministrazione del Banco di credito cooperativo Antonello da Messina.

Sisifo è «un blocco forte». Copyright Luca Odevaine (entusiasta, come risulta dagli atti di indagine dei pm romani, della nomina di Morcone all'Immigrazione), che etichettava così il gioiello siciliano parlando con Salvatore Buzzi della spartizione del Cara di Mineo. La struttura sulla quale il clan Capitale di Massimo Carminati aveva messo le mani. Odevaine ha ammesso davanti ai pm di aver favorito il raggruppamento di imprese, con in testa Sisifo, nell'aggiudicazione dell'appalto per la gestione del centro siciliano. Non per sua iniziativa, dice. Ma su richiesta di Giuseppe Castiglione, sottosegretario all’Agricoltura in quota Ncd, lo stesso partito del ministro dell'Interno, Angelino Alfano.

Tra le coop vincitrici a Mineo, insieme al Consorzio, troviamo la Senis Hospes e la Cascina Global Service, in quota Cl. Il presidente del consiglio di amministrazione di Senis Hospes è Camillo Aceto, in passato consigliere della Cascina e di Auxilium. Ruolo che ricopriva anche negli anni in cui i pm indagavano su Letta e Morcone per la vicenda del Cara della Basilicata.

La coop di Aceto opera- lo scrivono anche i militari del Ros nell'informativa su Carminati- in sinergia con Sisifo. Il protocollo di intesa tra gruppi bianchi e rossi si ripete a Foggia. Senis Hospes gestisce, Sisifo garantisce. Cl e Legacoop unite nel nome degli affari. E forse, anche per questo, come nell'inferno di Borgo Mezzanone, nessuno le controlla.
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Armi di migrazione di massa, è il piano del super-potere
Scritto il 30/9/16 • nella Categoria: segnalazioni Condividi



Non è che, francamente, avessimo bisogno delle controprove.

Dal documento dell’Onu che parla esplicitamente, per primo, di migrazione selettiva dei popoli, passando per lo studio della Cornell University, “Weapons of Mass Migration: Forced Displacement, Coercion, and Foreign Policy”, – Armi di migrazione di massa: deportazione, coercizione e politica estera – che racconta dell’immigrazione come di una “nuova arma bellica non convenzionale”, una vera e proprio arma di migrazione di massa, fino ai progetti Ue di migrazione selettiva portati alla London School of Economics and Political Science dal vicepresidente della Commissione Europea in persona, nientemeno che Franco Frattini, che parla di vere e proprie campagne orchestrate dai governi per «incoraggiare i potenziali migranti a diventare europei», di prove ce ne sono a sufficienza per comprendere che la volontà politica di portare in Europa un numero elevatissimo di migranti non solo c’è, ma è determinata e alla luce del sole.

Del resto, oltre alle continue ondate di migranti che dalle coste africane raggiungono l’Italia via mare, senza che nessuno cerchi di risolvere il problema alla radice, i primi esperimenti “ufficiali” sono stati realizzati in Germania, quando in conseguenza dell’onda pressoria di indignazione pubblica suscitata dalle immagini del corpo del piccolo di 4 anni buttato sulla spiaggia, lambito dalle onde del mare, Angela Merkel un anno fa ha aperto le porte ai rifugiati siriani (solo quelli con gli occhi azzurri, però), e la Repubblica Ceca ne ha immediatamente messi al lavoro almeno 5 mila (ma a condizioni che un europeo non avrebbe mai accettato, a meno che non ci fosse stato costretto – come dire – dalla concorrenza).

Il motivo non era la tanto decantata solidarietà che i nostri quotidiani si sono affrettati a tributare al cancelliere tedesco, quanto (e qui si era scritto molto prima) la fretta di metterli al lavoro nel settore automobilistico.


E chissà che lo scandalo Volkswagen non sia scoppiato anche per contrastare la competitività dell’industria automobilistica tedesca, nel momento in cui stava per disporre di forze fresche e a basso costo.


Oltre che, naturalmente, come rappresaglia per l’ostilità di Berlino nei confronti del Ttip e nei confronti della necessità degli Usa di sostituire l’arsenale nucleare presente sul suolo tedesco.

Ma, in caso voleste sentirvelo dire forte e chiaro, eccovi le dichiarazioni di uno-che-passava-di-lì, tale Peter Sutherland.

Vi dice niente? I più attenti se lo ricorderanno: vent’anni presidente Goldman Sachs International, ex presidente British Petroleum e attualmente alto rappresentante per il segretariato generale della migrazione internazionale alle Nazioni Unite, oltre che a capo del Forum Globale su Migrazione e Sviluppo, al quale partecipano oltre 160 paesi.

Uno che di politiche per regolare la migrazione se ne intende, dunque, uno che lavora per quella stessa organizzazione (l’Onu) che parlava appunti di migrazione sostitutiva dei popoli, uno che sulla Brexit il 25 giugno scorso ha detto: «In qualche modo, questo risultato va ribaltato».


Bene, questo signore qui, nel 2012 ha detto alla Camera dei Lord (i nostri senatori, più o meno) che «l’Unione Europea dovrebbe fare del suo meglio per attaccare, indebolire l’omogeneità culturale degli Stati nazionali, perché la migrazione è una dinamica cruciale per la crescita economica in alcuni stati membri, per quanto difficile potrebbe essere spiegarlo ai cittadini di quegli Stati».
[Fonte Bbc, mica miciomicio-baubau].

Secondo Sutherland bisogna «costruire giocoforza Stati multiculturali», perché «è impossibile pensare che questo grado di omogeneità culturale possa sopravvivere, in quanto gli Stati devono diventare stati aperti».

E ancora: «A differenza degli Stati Uniti, dell’Australia e della Nuova Zelanda, che rappresentano società frutto di migrazione e che sono più versatili nell’integrare chi viene da altre realtà, noi coltiviamo ancora un senso di omogeneità e differenza rispetto agli altri.

Questo è precisamente ciò che l’Unione Europea, secondo me, dovrebbe distruggere».

Senza nessun bisogno di scomodare Kalergi, probabilmente è per questo che Bruxelles sta cercando di abituarci a mangiare insetti.

(Claudio Messora, “Siamo troppo uniti per i loro gusti: ci vogliono sminuzzare”, da “ByoBlu” del 16 settembre 2016).
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