Renzi

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camillobenso
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Re: Renzi

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ASILO ETRURIA



Ponte sullo Stretto, “Renzi? O ha fatto una battuta o ci prende in giro. Qui le autostrade restano chiuse per frana”
Politica
Intervista al sindaco di Messina Renato Accorinti: "Ho visto il premier poco tempo fa in Calabria e diceva che non era totalmente contrario al Ponte ma che prima ci volevano le infrastrutture. In ogni caso posso assicurare che non si farà mai. E' bastato un semplice No di Virginia Raggi e le Olimpiadi di Roma sono evaporate. La teoria dei posti di lavoro? Ha rotto"
di Giuseppe Pipitone | 28 settembre 2016
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“Io spero che quella di Matteo Renzi sia una battuta, anzi lo sarà sicuramente”. Altrimenti? “Altrimenti è un atteggiamento ingiusto oltre che offensivo”. È furioso Renato Accorinti, il sindaco di Messina che si è visto piovere dal nulla la riapertura da parte del premier alla costruzione del Ponte sullo Stretto. “Renzi l’ho visto poco tempo fa in Calabria per l’inaugurazione dell’elettrodotto Terna: diceva che non era totalmente contrario al Ponte ma che prima ci volevano le infrastrutture. Quindi o quella di oggi è una battuta o ci prende in giro”, dice il primo cittadino peloritano, raggiunto al telefono da ilfattoquotidiano.it.

Eppure il senso delle parole del premier sembra chiaro: rilanciare il progetto del Ponte.
“Ma quale Ponte? Di che cosa sta parlando? Qui abbiamo un sistema ferroviario da seconda guerra mondiale, a binario unico, a gasolio. Sulla Messina – Catania è arrivata una frana e l’autostrada è ancora interrotta. Messina e Catania: due città metropolitane che non sono più collegate tra loro. Che cosa avrebbero fatto se invece una cosa simile si fosse verificata tra Torino e Milano?”


Cosa avrebbero fatto?
“Avrebbero subito ripristinato la rete autostradale: subito! Qua noi non riusciamo a parlare al telefono perché io sono in macchina e dato che non ci sono i ripetitori cade la linea (che infatti cade 4 volte in pochi minuti, ndr). Non ci sono le strade, i porti, i porti commerciali, le autostrade: non abbiamo le basi per poter vivere e ci parlano di Ponte”.

Eppure secondo il premier proprio il Ponte sarebbe un’infrastruttura utile per il Sud.
“Le strade sono utili, le scuole sono utili, le opere culturali sono utili. Io non sono contro il cemento: il cemento quando viene utilizzato bene è sinonimo di sviluppo. Ma il Ponte è utile a che cosa? Non diciamo stupidaggini”.

Utile a togliere la Calabria dall’isolamento e ad avvicinare la Sicilia, così almeno sostiene sempre il presidente del consiglio.
“Ma quale isolamento? Il Giappone è isolato solo perché è un’isola? Noi abbiamo bisogno di infrastrutture che ci portino dal medioevo alla modernità, da mezzo secolo siamo abbandonati a noi stessi. Abbiamo bisogno delle basi per avere sviluppo, per potere lanciare nel mondo le nostre bellezze naturali, artistiche e architettoniche”.

Però il premier sostiene che il Ponte potrebbe creare posti di lavoro: ha parlato di 100 mila nuovi occupati.
“Adesso basta, questa teoria dei posti di lavoro ha davvero rotto i coglioni. È fastidiosa e populista oltre che falsa. Anche fare i buchi a terra per poi assumere gente che li copre crea lavoro: è un’offesa alla nostra intelligenza. Non capiscono che se rilanciassero davvero il Sud sarebbe l’intero Paese a beneficiarne: il Mezzogiorno è il gioiello d’Italia dimenticato da tutti. È come avere una gamba che va in cancrena e fregarsene”.

Lei parla di Sud dimenticato dallo Stato, di medioevo, però forse qualche colpa la hanno anche i cittadini di quel Mezzogiorno così sottosviluppato: o è tra quelli che scarica tutte le responsabilità su Roma?
“Ovvio che abbiamo le nostre colpe. I politici, i nostri politici prima di tutto sono colpevoli: banditi che per decenni se ne sono fregati, svendendo il nostro futuro e la nostra sopravvivenza. È quello che ho intenzione di dire all’Anci”.

Cosa ha intenzione di dire all’Anci?
“Che l’Anci è – o meglio dovrebbe essere – unica da Trento a Trapani. É quindi è arrivato il momento di creare una sezione dei comuni italiani del Sud che abbia una sede al Sud. Dove non ci sono solo decenni di politici banditi ma anche gente che ha tantissima voglia di lavorare. Sono i cittadini del Sud Italia che hanno costruito il resto del Paese: quelli che emigravano a Nord, all’estero, in Belgio”.

Ecco adesso potrebbero lavorare costruendo il Ponte…
Le posso assicurare che non avverrà mai. Renzi dica quello che vuole ma è bastato un semplice No di Virginia Raggi e le Olimpiadi di Roma sono evaporate. Io sono il sindaco di Messina e per anni ho guidato gli attivisti che dicevano No al Ponte: abbiamo cominciato in 10, siamo arrivati ad essere 25mila per le strade della città pur avendo partiti e giornali contro. Ma poi cosa pensano di risolvere con un ponte di 3 chilometri se poi ad essere collegate sono due regioni dove non c’è assolutamente nulla?”.

Eppure da Bettino Craxi fino a Renzi, passando ovviamente da Silvio Berlusconi il Ponte sullo Stretto non è praticamente mai uscito dall’agenda politica italiana: secondo lei come mai?
“Perché è facile populismo Nell’immaginario collettivo un nuovo ponte è sempre un cosa positiva. Peccato che questa sia solo un’opera dai costi enormi, sorpassata dalla storia e anche dall’economia. Secondo lei come mai non è arrivato nessun privato a metterci i soldi? Parlano di project financing, ma gestirlo non converrebbe mai a nessuno: solo a chi lo costruisce con fondi pubblici. Senza considerare il rischio terremoto”.

Che è poi un’altra delle grandi questioni sollevata dai contrari alla grande opera.
“Matteo Renzi sa cosa dovrebbe fare? Dovrebbe chiamare il geologo Mario Tozzi e farsi spiegare che lì dove loro vogliono piazzare i pilastri c’è la faglia sismica più pericolosa del Mediterraneo: se lo faccia spiegare e poi costruisca pure il suo Ponte”.

Il premier aveva detto anche che prima del Ponte doveva arrivare l’acqua a Messina: è mai arrivata?
“Ecco appunto. Sa cosa è successo qua? Non hanno mai messo in sicurezza una montagna, che è caduta danneggiando l’acquedotto. Noi abbiamo trovato una soluzione per ripristinare tutto con un bypass ma la montagna non è ancora stata messa in sicurezza. Cosa fanno ai piani alti? Fanno capire che la colpa è del sindaco: ma in quale Paese le infrastrutture sono a carico dei comuni? Questo è un atteggiamento criminale: non possiamo andare avanti così. Altro che Ponte”.

Twitter: @pipitone87
paolo11
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Re: Renzi

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Forse parlava di un ponte dentale.
Abbiamo da risolvere il problema terremoto,dobbiamo risolvere le linee ferroviarie passarlo a due binari.Vedi incidente di giorni scorsi.Abbiamo paesi che franano e questo parla del ponte.Una visita psichiatrica gli farebbe bene.
Ciao
Paolo11
camillobenso
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Re: Renzi

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......ECCO ALTRI CHE VOTERANNO SI.............



Il governo non si oppone al salasso: è il risarcimento per i sacrifici politici
Gli istituti di credito all'incasso dopo aver appoggiato le mosse di Renzi



Gian Maria De Francesco - Gio, 29/09/2016 - 15:00
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Roma - Perché alzare i costi rischiando di irritare la clientela? Perché creare un'ulteriore motivo di frizione con l'opinione pubblica che generalmente associa al comparto bancario valutazioni non sempre positive? La risposta è semplice: le banche si sono trovate con le spalle al muro e, come qualsiasi azienda, hanno scaricato (oppure scaricheranno) gli extracosti sulla clientela.


Il primo dei quali, come spiegato dal Giornale di ieri, è rappresentato dal Fondo nazionale di risoluzione cui l'intero sistema bancario italiano ha contribuito per 3,6 miliardi. Il versamento che per alcuni istituti si è rivelato particolarmente oneroso. Anche se non direttamente connesso al salvataggio dei quattro istituti «risolti» (Banca Etruria, Banca Marche, CariFerrara e CariChieti), non bisogna inoltre trascurare come le banche siano state «coinvolte» per oltre 3 miliardi nell'istituzione del Fondo Atlante che si è inizialmente dedicato alle ricapitalizzazioni salvifiche di Popolare Vicenza e Veneto Banca.

Tutta colpa della mancanza di un sistema solidale europeo che tuteli i risparmiatori in caso di bail in, un disastro che nessuno si sarebbe potuto permettere. Contestualmente, con i tassi di interesse a zero i margini si sono ridotti all'osso creando ulteriori pressioni a un settore in profonda ristrutturazione e che, a differenza degli altri comparti industriali, autofinanzia i propri ammortizzatori sociali attraverso il Fondo esuberi. Dal 2013 al 31 marzo 2016 le banche italiane hanno tagliato circa 12mila lavoratori e altri 16mila sono pronti ad uscire entro il 2020 in base ai piani industriali, ricorda la Fabi, il sindacato numero uno dei bancari Fabi. Il governo ha poi allungato da 5 a 7 anni l'utilizzabilità del Fondo esuberi senza però restituire agli istituti di credito i 200 milioni annui versati alla Naspi di cui, come detto, il settore non usufruisce. Il viceministro dell'Economia, Enrico Morando, aveva promesso un alleggerimento fiscale per le ristrutturazioni aziendali, ma il «no» dell'Ue alla flessibilità ha indotto l'esecutivo a desistere.

Alle banche, perciò, sono rimaste due strade: aumentare i costi della clientela (come hanno fatto gli operatori mobili quando Bersani tagliò le commissioni di ricarica) e indurre gli sportellisti a incrementare la vendita di prodotti finanziari (su cui i margini sono più alti). E proprio sulle questioni etiche connesse a queste pratiche il 5 ottobre ripartirà il confronto fra sindacato e istituti. L'esecutivo, che si è valso dell'appoggio «politico» del settore bancario sia per evitare crisi di fiducia che per avere ulteriori crisi di consenso, sta facendo sostanzialmente finta di non vedere.
camillobenso
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Re: Renzi

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......ECCO ALTRI CHE VOTERANNO SI.............




Prelievo sui conti confermato: il salvabanche è a carico nostro
Già spesi 3,6 miliardi per il default di Etruria & Co. Aumentano le gabelle e risorge pure l'anatocismo


Cinzia Meoni - Gio, 29/09/2016 - 12:04
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Banche sempre più care per i correntisti che si trovano a pagare il conto salato della crisi, dei salvataggi portati a termine e di quelli futuri oltre che di un contesto competitivo particolarmente complesso da affrontare.




Arriva il prelievo forzoso sui nostri conti correnti

Renzi non si oppone: risarciti i sacrifici politici
Al di là delle dichiarazioni ufficiali, il rischio stangata è nell'aria, mentre aumentano le gabole più o meno nascoste all'interno di chilometrici contratti di conto corrente e le altrettanto sibilline proposte di modifiche unilaterali dei contratti in essere. A tutto vantaggio della banca, ovviamente. Il sistema ha persino decretato al risurrezione della pratica dell'anatocismo, ovvero la pratica di far pagare gli interessi sugli interessi ,data per morto anni fa. Dal primo ottobre infatti, secondo le disposizioni del decreto legge 18/2016, i correntisti avranno due mesi di tempo per decidere se permettere o meno l'addebito in conto degli interessi passivi maturati nell'anno. In questo caso gli interesse diventeranno capitale, producendo ulteriori interessi. Manca solo la richiesta di pagamento sui depostiti che altri Paesi hanno già introdotto. Ma potrebbe non mancare molto.

Proprio in questi giorni è emerso che al Banco Popolare e Ubi, hanno riversato sui propri clienti i costi del salvataggio di Banca Etruria, CariChieti, Banca Marche e CariFerrara chiedendo rispettivamente una contributo di 25 e di 12 euro.

Il salvataggio, a carico del Fondo Nazionale di Risoluzione delle crisi bancarie, istituito da Bankitalia e partecipato dai 208 istituti di credito aderenti, è finorma costato al sistema, 3,6 miliardi. Di questi miliardi solo una parte, in futuro, potranno essere verosimilmente recuperate con la vendita, ad esempio, delle nuove banche al miglior offerente, di cui si sta parlando proprio in questi giorni e, quindi, la retrocessione dei ricavi della vendita al Fondo di Risoluzione. Per ora tuttavia quel che è certo è che il salvataggio delle quattro banche si è rivelato un salasso per gli istituti chiamati a concorrervi che, direttamente o indirettamente potrebbero riversare l'esborso sostenuto sui rispettivi clienti. Intesa Sanpaolo, secondo quanto riportato da fonti interne, nel 2015 ha versato 550 milioni, Banco Popolare 152 milioni, Ubi 60 milioni, Carige e Cariparma Credit Agricole 42 milioni, Banca Popolare di Milano 52,9 milioni (a cui si sono aggiunti altri 14,4 milioni nel primo semestre) e Monte dei Paschi di Siena 71 milioni.

Altri istituti come Unicredit, hanno deciso di aumentare di due euro al mese sui costi di diverse formule di abbonamento di conto corrente, motivando la decisioni, tra l'altro, con «l'accordo in sede UE per la costituzione di un fondo per la risoluzione delle crisi bancarie (il cosiddetto Single Resolution Fund)». Il fondo è in vigore dal primo gennaio ed è chiamato a intervenire per limitare il rischio di bancarotte bancarie a livello europeo, attraverso la concessione di prestiti o il rilascio di garanzie, qualora risulti necessario assorbire, ad esempio, perdite al posto dei creditori esclusi, riducendo l'ammontare del bail in. Oggi, con le due principali banche tedesche alla deriva, anche il mantenimento di un simile fondo rischia di risultare decisamente costoso per il nostro sistema bancario e, in un ultimo, per i correntisti sui cui saranno riversati i maggiori costi.


Gli altri principali istituti di credito presenti sul territorio italiano, per ora, hanno negato di avere effettuato aumenti dei costi dei conti corrente per recuperare gli esborsi sostenuti per i salvataggi bancari o, comunque, di avere allo studio manovre, dirette o meno, per far ricadere sui correntisti i costi crescenti della crisi del credito. A tirarsene fuori sono: Intesa Sanpaolo, Carige, Banca Popolare di Milano, Cariparma Credit Agricole e Monte dei Paschi di Siena.
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Re: Renzi

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CHE PINOCCHIO MUSSOLONI FOSSE UN NARCISO CE NE ERAVAMO AMPIAMENTE ACCORTI. MA ADESSO CE LO FANNO NOTARE ANCHE DALL'ESTERO.



29 SET 2016 17:48
FLASH! CHI E’ L’INCUBO DEI FOTOGRAFI DI MEZZO MONDO? NON STA MAI FERMO O CERCA SEMPRE L'INQUADRATURA MIGLIORE

- DI LUI DICONO: “E’ PIU’ FACILE FARE UNA FOTO A RIHANNA CHE A LUI”


- MA E’ IL NOSTRO PREMIER CAZZONE! LO HA SCRITTO ''VOGUE AMERICA'' NELL’INTERVISTA D’ARMANI VESTITA...



VEDI:
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 132965.htm
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Re: Renzi

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‘Ponte sullo Stretto? Traffico sarebbe inesistente
Meglio fare le opere ordinarie, che creano lavoro’

Marco Ponti (Politecnico di Milano): “Urge sistemare le strade, che versano in condizioni disastrose”
Oltre 300 milioni di euro: ecco quanto è costata sinora la società che gestisce l’opera
(di Anna Morgantini)
Economia & Lobby
Lo utilizzeranno in pochissimi, costerà una cifra esorbitante e gestirlo non converrà a nessuno. Eppure Renzi ci prova. Ponti (Politecnico di Milano): “Meglio fare la manutenzione delle strade siciliane e calabresi, che sono in condizioni disastrose. Sono le piccole opere che creano lavoro”. Marino (Università di Reggio Calabria: “Ci saranno costi altissimi, ai privati non interessa e lo Stato ci rimetterà”. Signorino (Ateneo di Messina): “Perché vogliono l’infrastruttura? Per motivi politici, affaristici, economici: sono diversi gli interessi in campo, nonostante la qualità della proposta sia scadente” di Giuseppe Pipitone
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Re: Renzi

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Pd, Renzi: “Per vincere il referendum servono i voti della destra”. Bersani: “Va dove lo porta il cuore”
Referendum Costituzionale
Il presidente del Consiglio apre a Firenze la campagna per il sì. E poche ore prima, da Perugia, si dice disposto a cambiare l'Italicum: "E' una legge perfetta, ma è meno importante del referendum". Minoranza Pd contro le sue dichiarazioni sulla ricerca dei voti a destra. Cuperlo: "Rischio di un Paese più diviso"
di F. Q. | 29 settembre 2016
COMMENTI (55)


Lo scontro all’interno del partito si consuma a distanza e su un punto dirimente per l’esito del referendum: i voti. Che per Matteo Renzi, come ha spiegato al Foglio, bisogna prendere a destra, perché sono “necessari” per la vittoria. Lo ripete anche a Perugia, poche ore prima di aprire la campagna per il sì a Firenze, dove otto anni fa lanciò la candidatura alle primarie da sindaco. “Sì è vero: voglio prendere i voti della destra. E forse per questo lui si chiama minoranza. Io invece vorrei chiamarmi maggioranza. Se non prendi i voti degli altri ti chiami minoranza. Se prendi quelli degli altri ti chiami maggioranza. E io voglio prenderli per cambiare le cose”. E nella sua città ribadisce: “Se vogliono la palude si prendano altri. Non so se toccherà ancora a noi ma finché toccherà a noi noi vogliamo cambiare”. E da Perugia si dice disposto anche a cambiare l’Italicum: crede che sia “la legge elettorale perfetta”, dice, “ma sono pronto a fare una discussione vera e anche a cambiarla. Perché la legge elettorale è meno importante del referendum, così come la mia carriera personale è meno importante del referendum. Mi va bene trovare le ragioni che ci uniscono”.


Ma l’obiettivo del consenso accende l’ex segretario Pierluigi Bersani. “Cerca il supporto degli elettori di destra? Uno va’ dove lo porta il cuore. Lui – prosegue riferendosi al presidente del Consiglio – ritiene che noi bisogna andar di là, bisogna prenderli di là”, i voti, anche perché a sinistra i consensi “non bastano, soprattutto se li perdi”. Poi ha ricordato che “sta governando con una vittoria nostra di un pelo”, spiega e lo attacca sul dietrofront del governo rispetto alle posizioni del Pd nella campagna elettorale del 2013. “Noi dicevamo non andare con Berlusconi, di non andare con Verdini, di tenersi l’articolo 18 e di non fare il ponte sullo stretto“.

Ma non c’è solo Bersani: sulla ricerca dei voti a destra interviene anche Gianni Cuperlo. Per lui “‘il referendum si vince a destra’ non è una bella frase detta dal segretario del Pd, e non è una bella frase detta dal presidente del Consiglio, perché il referendum riguarda quasi un terzo della Carta costituzionale, e io – continua Cuperlo – ho sempre pensato che noi dovessimo cercare, sia nella fase in cui la riforma è stata costruita, scritta, votata, che nella fase in cui il popolo italiano si pronuncerà, di tenere assieme questo Paese”.

Per l’esponente della minoranza il rischio è di far svegliare le istituzioni il giorno dopo il referendum “non più solide ma più fragili, con un Paese più diviso. E anche con una sinistra più divisa”. Critico anche Roberto Speranza: “Renzi dice che il Referendum si vince a destra. Io incontro tante persone di sinistra che non sono convinte e vogliono votare no. Non vorrei che il giorno dopo il referendum, avendo puntato sugli elettori di destra, ci ritrovassimo tutti iscritti al partito della nazione e il Pd svuotato di idee ed elettori“.

di F. Q. | 29 settembre 2016
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Re: Renzi

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Il "ricatto" di Renzi nel Def: "Il pil sale solo se vince il Sì"
Nella nota di aggiornamento del documento, il governo lega la crescita all'approvazione della riforma costituzionale


Chiara Sarra - Gio, 29/09/2016 - 20:21
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Cosa c'entra il pil con le modifiche alla Costituzione e il referendum che si terrà il 4 dicembre? Poco o nulla, diranno i più.


Eppure non è così per Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan che nella nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (Def) varata martedì sera hanno deciso di legare la crescita proprio alla vittoria del Sì alla prossima consultazione.

"Per effetto delle misure attuate e in programma si prevede una crescita del pil per il 2017 dell’1,0 per cento", scrive infatti il ministro dell'Economia nel documento, "Affinché tuttavia la politica di bilancio stimoli la crescita e la creazione di occupazione, e le riforme strutturali adottate producano benefici crescenti nel tempo, il Paese ha bisogno di stabilità politica e istituzionale. In tal senso le riforme istituzionali promosse mirano a rendere l’attuale sistema più stabile ed efficiente".

E di quali riforme si sta parlando? Ovviamente di quelle promosse da Maria Elena Boschi e alle quali il premier ha legato (anzi, no) il suo governo. "In particolare la riforma costituzionale intende snellire il processo legislativo, superando il bicameralismo perfetto e realizzando una più efficiente allocazione delle competenze e una riduzione dei contenziosi tra centro e periferia; la legge elettorale intende garantire governabilità, stabilità e accountability", scrive ancora Padoan.

"Le cifre contenute nella nota di aggiornamento del Def sono tutte sballate", attacca ora Arturo Scotto (Si), "Ma cosa ancora più grave nella relazione di accompagnamento tra gli elementi propedeutici alla crescita c'è il programma di riforme istituzionali. Il ministro Padoan ci deve spiegare in quale manuale di economia c'è scritto che l'Italicum contribuisce a far volare il Pil? Ormai siamo alla propaganda spudorata anche negli atti di governo".
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Re: Renzi

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Post trasmesso da una postazione Wi Fi esterna.


STOP ALLA REPUBBLICA DELLE BANANE. TUTTI A CASA.



» POLITICA domenica 02/10/2016
“Il Ponte? No, ma anche Sì, tutto sommato va bene…”
Giravolte. Ieri attaccavano la grande opera proposta da Berlusconi, oggi i vertici del Pd provano a giustificarla perché la vuole pure il premier
“Il Ponte? No, ma anche Sì, tutto sommato va bene…”

di Giovanna Giannone | 2 ottobre 2016
| Commenti (0)
Cambiare idea è lecito e talvolta anche consigliabile, quando la cambia il presidente del Consiglio. Motivare e giustificare il cambiamento, però, è assai più difficile. Da giorni il premier Matteo Renzi rilancia l’urgenza di costruire il ponte sullo stretto di Messina. Contro il progetto simbolo (mai avviato) degli anni del berlusconismo si sono scagliati, negli anni, molti esponenti di punta del partito democratico. Ne abbiamo raggiunti alcuni per chiedere cosa pensino di questa svolta di Renzi, se la approvano o se restano contrari alla “grande opera”.

GIANNI PITTELLA, Pd, capogruppo del Partito socialista europeo nell’Europarlamento.
“Il centrodestra è troppo impegnato a sostenere il ponte sullo stretto che non si farà mai o rimarrà un cantiere aperto nel segno dello spreco” (21 aprile 2004)

Onorevole Pittella, ha cambiato idea sul Ponte dopo l’annuncio del premier?
Renzi ha precisato con non intende portare avanti progetti per il ponte slegati dalle infrastrutture prioritarie. Io mi ritrovo nella stessa posizione che avevo all’epoca. Se inserito in un piano organico di infrastrutture, io non sono contrario al ponte.

Perché Renzi lo ritira fuori adesso?
(un attimo di silenzio) Perché bisogna essere anche un po’ visionari. Quando lo definivo irrealizzabile, lo dicevo perchè era slegato da altre opere, non era in un contesto come lo è adesso.

E quanto ci vorrà per preparare il contesto giusto?
Che ne so? Io non faccio l’ingegnere, sono un medico.



DARIO FRANCESCHINI Pd, deputato e ministro della Cultura del governo Renzi
“È una presa in giro inqualificabile proporre un’opera faraonica mentre pochi giorni fa le case sono cadute sotto la frana a messina. Piuttosto se si vuole fare ripartire l’edilizia si metta in campo un grande piano di manutenzione delle scuole italiane che cadono a pezzi” (14 ottobre 2009)

Ministro Franceschini, dopo l’annuncio di Matteo Renzi, pensa ancora che il ponte sia una presa in giro?
Un conto è com’era stato progettato il ponte come una cosa simbolica, ma se si vuole portare l’Alta velocità nel Sud Italia, si deve costruire anche il ponte.

Il 14 ottobre 2009, poco dopo la frana che aveva coinvolto Messina, lei diceva che era prioritario mettere in sicurezza le scuole.
Non penso siano due cose alternative, in quel caso il ponte era un’opera a sé, scollegata da una scelta strategica di portare l’alta velocità a Palermo e a Catania. E poi quest’obiezione si potrebbe fare a tutto: perché fare l’alta velocità a Napoli invece di fare le scuole?

Comunque, quali tempi prevede per la realizzazione del ponte e delle altre infrastrutture collegate?
Non mi faccia domande su cose che non sono mie, ci vorrà il tempo che serve.



MATTEO ORFINI, presidente e deputato del Pd
“Il Ponte sullo Stretto di Messina non è una priorità di questo governo e il ministro Delrio lo ha detto chiaramente” (1 ottobre 2015)

Onorevole Orfini, cosa pensa dell’idea di costruire il ponte sullo Stretto, rispolverata dal premier?
Non è la prima delle priorità che abbiamo e non credo sia la prima del governo.

Perché allora rispolverarla adesso?
Il presidente del Consiglio ha ribadito una cosa detta mesi fa: non è la priorità, prima vanno fatte altre cose.

Però ha parlato di posti di lavoro, uno spot elettorale in vista del referendum?
Non credo, mi sembra che produca più polemiche che altro. E ora mi scusi perché sono in sala parto.



YORAM GUTGELD, deputato Pd, responsabile della spending review.
L’11 settembre 2013, il deputato Pd Yoram Gutgeld parlava di “superare la gestione dissennata dei fondi comunitari, oscillante tra opere faraoniche, miliardarie e inutili come l’Alta Velocità o il Ponte sullo Stretto e investimenti da poche decine di milioni di euro. Entrambi finalizzati a un immediato consenso politico”.

Onorevole Gutgeld, che ne pensa di questo ritorno del Ponte sullo Stretto?
Non ho nessuna dichiarazione da fare.

Posso chiederle come mai, onorevole Gutgeld?
No, non ho voglia di parlarne.

Però, in passato, del Ponte ne parlava volentieri.
Non voglio dirle niente. Arrivederci.



GIUSEPPE LUMIA, deputato (siciliano) del Pd
“Il fatto che il Ponte sullo Stretto sia un’opera opportuna e necessaria in un Sud che ha ancora poche e inadeguate autostrade, le cui linee ferrate sono ancora per la maggior parte quelle dell’Ottocento, in cui interi territori sono privi di servizi essenziali come l’acqua corrente, qualcuno dovrebbe ancora dimostrarcelo e concretamente”
(26 luglio 2006)

Onorevole Lumia, Renzi ha rispolverato il Ponte sullo Stretto, cosa ne pensa?
(ride) Ne parliamo un’altra volta, ora no, sono in aeroporto.

Ma lei ne ha parlato molte volte in passato…
Lo so, lo so. Non si preoccupi, ne parlerò. Un abbraccio.

di Giovanna Giannone

di Giovanna Giannone | 2 ottobre 2016
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Re: Renzi

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C'è l'ombra dei conti truccati: così Renzi gonfia le stime
I tecnici del ministero dell'Economia si sarebbero inventati uno 0,4% di crescita in più per il 2017. Bankitalia e Corte dei Conti scoprono il bluff
Sergio Rame - Mar, 04/10/2016 - 12:21
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Le stime del governo sulla crescita dell’economia italiana nel 2017 non tornano. Sia la Banca d'Italia sia la Corte dei Conti se ne sono accorti.

E c'è sempre più il sospetto che, come trapela dai quotidiani oggi in edicola, Matteo Renzi e soci abbiano truccato i conti gonfiando le stime del pil. "L’Italia è sul baratro e il duo Pinocchio mente sapendo di mentire", ha tuonato il capogruppo azzurro alla Camera Renato Brunetta chiedendo con urgenza la revisione della Nota di aggiornamento del Def e"chiarimenti precisi da parte dell'esecutivo".
Nel corso di una audizione alle commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato, il vicedirettore generale di Bankitalia Federico Signorini ha stroncato le previsioni del governo contenute nel Def, che parlano di una crescita del pil dell'1% nel 2017. "Nello scenario programmatico per il 2017, la dinamica del prodotto è significativamente maggiore di quella del quadro tendenziale. L’obiettivo è ambizioso", ha spiegato facendo notare che "la previsione è basata su una composizione della manovra sulla quale la Nota (Nota di Aggiornamento al Def) non fornisce informazioni di dettaglio. Per conseguire il risultato la prossima legge di bilancio dovrà essere definita con grande cura". Per Signorini è, infatti,"indispensabile proseguire con sempre maggiore determinazione" sulla strada dellaspending review, "se si vogliono tenere i conti pubblici sotto controllo, senza contare soltanto sul livello oggi eccezionalmente basso dei tassi di interesse e senza comprimere gli investimenti, il cui rilancio è invece necessario per la crescita".
Anche il presidente dell'Ufficio parlamentare del Bilancio (Upb) Giuseppe Pisauro ha parlato di "eccesso di ottimismo" e di "esito non positivo del processo di validazione del quadro programmatico 2017". I tecnici del ministero dell'Economia si sarebbero inventati uno 0,4% di crescita in più per l'anno prossimo. Secondo il Fatto Quotidiano, il bluff sui conti pubblici verrà a galla solo dopo il 4 dicembre. In questo modo, però, Renzi si potrà "permettere una manovra d’autunno con cui supportare la campagna referendaria".
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