La Terza Guerra Mondiale
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Re: La Terza Guerra Mondiale
LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
Corriere La Lettura 4.9.16
La turbo-radicalizzazione
Il terrorismo pesca nelle aree del disagio psichico e psicologico. Anche con indottrinamenti lampo
La forza dell’Isis è quella di arruolare chiunque, non come Al Qaeda Così il Califfato agisce sulle menti più fragili e instabili
«Dà una ragione per morire a chi non trova ragioni per vivere
di Francesca Ronchin
Ragazzi come il solitario Ali Sonboli, il diciottenne tedesco-iraniano che il 24 luglio, in un centro commerciale di Monaco, ha fatto fuori nove coetanei prima di spararsi un colpo in testa, il dottor André Taubert ne vede tutti i giorni. A capo dell’Unità contro la radicalizzazione a sfondo religioso di Amburgo, Taubert è un pioniere della consulenza sistemica per ragazzi sulla strada del jihad. In poche parole, combatte il Califfato parlando con le famiglie convinto che nell’80% dei casi i terroristi siano semplicemente persone con problemi. E che la religione c’entri poco.
Al momento ha sottomano una cinquantina di casi, 150 nel 2015, quasi tutti poco più che adolescenti e già in contatto con qualche militante dell’Isis, «solitamente il venerdì, fuori dalla moschea», racconta Taubert. «La fase più pericolosa è quando iniziano a isolarsi dai parenti e dagli amici di sempre. Sono loro che ci chiedono di intervenire». Anche Mohamed Daleel, rifugiato siriano di 27 anni arrivato in Germania nel 2014, che si è fatto esplodere vicino a un concerto ad Ansbach, poteva essere uno dei suoi ragazzi. In un’intervista del 2013 all’emittente bulgara Bnt, Daleel aveva detto di non nutrire nessuna speranza in un futuro migliore: vuole restare in Germania, ma la domanda di asilo viene bocciata; tenta più volte il suicidio; viene ricoverato in una clinica psichiatrica; a causa di questa instabilità mentale il provvedimento di espulsione non viene applicato. In un video prima dell’attentato Daleel giustifica l’aggressione come una risposta ai crimini commessi dalla coalizione internazionale in Siria.
Anche Sonboli aveva avuto problemi psichiatrici, due mesi di ricovero per depressione e dipendenza da videogiochi. Vittima di bullismo a scuola, affascinato dagli omicidi di massa, su Facebook scrive messaggi offensivi verso i compagni di scuola fino all’ultima sanguinosa vendetta. Uno nato a Monaco, famiglia apparentemente integrata. L’altro arrivato dopo aver perso tutto, la moglie e il lavoro. Due storie diverse accomunate da rabbia e senso di esclusione, secondo Taubert elementi molto comuni, compresa la fragilità mentale. «Sono convinto che se venissero diagnosticati almeno la metà dei ragazzi che seguo rientrerebbe in un quadro di depressione, disturbo borderline o di autismo». E quando sotto c’è un problema di questo tipo, la radicalizzazione è ancora più rapida, tanto che si parla di turbo-radicalization .
Come nel caso di Mohamed Lahouaiej Bouhlel, l’attentatore di Nizza che avrebbe deciso di diventare un terrorista nel giro di tredici giorni: 31 anni, tunisino, in libertà vigilata dal 27 gennaio per aver scagliato contro una persona una paletta di legno in seguito a un incidente stradale, Boulhel non era un musulmano convinto, beveva alcol, mangiava maiale, aveva una vita sessuale sfrenata e secondo l’avvocato dell’ex moglie era un violento e narcisista. La cronologia del suo pc racconta di lunghe visite a siti porno sostituiti, negli ultimi tempi, dalle decapitazioni degli islamisti e dal video dell’attentato di Orlando. Dalla sua casa a M’saken, Tunisia, il padre racconta ai media che si era rivolto a uno psichiatra già quando Bouhlel, a 19 anni, chiuse i genitori fuori casa. Il dottor Chemceddine Hamouda, che lo ebbe in cura, spiega che Mohamed «soffriva di disturbi psichiatrici seri, di tipo psicotico, aveva problemi con il suo corpo e che l’attentato è il mix esplosivo di indottrinamento e personalità disturbata», eventualità non così rara a giudicare anche dai dati di uno studio della polizia inglese, secondo il quale, su 500 giovani che hanno sposato la causa dell’Isis, oltre il 44% avrebbe un problema di tipo mentale o psicologico accertato.
«Se la domanda è se siamo di fronte a gente disturbata o a jihadisti convinti», per Lorenzo Vidino, direttore del Program on Extremism Center della George Washington University, «la questione è soprattutto politica. Puntare i riflettori sulla malattia mentale può aiutare a sminuire il problema dell’ideologia islamista. In certi Paesi, come l’America, fa comodo». Non in Francia. «La Francia è un Paese in guerra — continua Vidino — e non si può certo dichiarare guerra a un gruppo di pazzi».
In America, prima di scagliarsi contro 52 ragazzi di un locale gay di Orlando, Omar Mateen chiama il 911 e dichiara fedeltà al Califfo. I giorni successivi però i titoli dei giornali sono tutti sulla sua presunta omosessualità e più che i suoi rapporti con l’Isis preferiscono indagare quelli con il padre, immigrato dall’Afghanistan, conduttore di un talk show filotalebano su YouTube, che nel condannare la strage spiega che «non spettava a suo figlio punire i gay, ma a Dio».
Secondo Marco Lombardi, docente di Sociologia presso l’Università Cattolica di Milano e responsabile dell’Italian team for security, terroristic issues and managing emergencies, «la forza dell’Isis è quella di richiamare una quantità di profili più ampia rispetto alle organizzazioni del passato dove, dalle Brigate rosse ad Al Qaeda, c’era una selezione che escludeva i “pazzi” in quanto incontrollabili. Isis invece non fa differenze, rivendica qualunque attentato e dà una buona motivazione a tutti, da chi insegue l’avventura a chi è arrabbiato con il mondo, a chi pensa al suicidio e cerca un motivo in più per farlo. Non solo. Per rifarsi della perdita di avamposti in Siria e in Libia, Isis starebbe puntando molto sui soggetti mentalmente fragili perché sono i più facili da mobilitare e ben si inseriscono nella strategia dei mille tagli, quella di tanti piccoli attentati, anche improvvisati, con cui stremare il nemico direttamente in casa». Secondo Lombardi le persone con problemi mentali sarebbero il 20% dei militanti jihadisti. Non pochi, «perché per un alienato che non ha nulla da perdere, scoprire un’identità, il non sentirsi più solo e perfino ottenere la gloria, sono obiettivi facili. Tutto questo è fantastico per lui».
Non è un caso che nei video di propaganda del Califfo ad uso interno non vi siano decapitazioni, ma scene serene di vita comune, uomini sorridenti che dopo aver lustrato le armi regalano profumi alle mogli. Il clima è quello di una grande famiglia tipica delle società socio-centriche di Africa e Medio Oriente, così lontane dalle case mononucleari dell’ego-centrica Europa. Proprio desiderio di appartenenza e socializzazione sarebbero la chiave, specialmente quando a radicalizzarsi è un adolescente. «Quando un adolescente si radicalizza, i familiari pensano che l’Isis gli abbia fatto il lavaggio del cervello e il dialogo si interrompe. Quando poi capiscono che il problema è un altro, e che anziché litigare sull’ideologia è meglio trovare il tempo per cenare insieme, qualcosa inizia a cambiare. È fondamentale spezzare l’isolamento in cui questi ragazzi tendono a sprofondare fino a giustificare la frattura tra loro e il resto del mondo con l’essere buoni musulmani o meno». Fino a farsi giustizia da soli.
Nell’ultimo anno, in Germania, il grido di «Allah Akbar» ha accompagnato una decina di aggressioni sui treni. In alcuni casi c’era un legame con l’Isis, come nella vicenda di Sofia, quindicenne marocchina che dopo aver ricevuto l’ordine via chat, esce di casa e pugnala un poliziotto. Di altri emerge più che altro l’instabilità mentale, come nel caso di Paul H., disoccupato tedesco che aggredisce con un coltello i passeggeri nella stazione dei treni di Grafing. Un morto, tre feriti e per Paul il ricovero diretto in clinica psichiatrica. «Il nesso tra malattia mentale e violenza — spiega Massimo Biondi, responsabile del reparto di Psichiatria presso il Policlinico Umberto I di Roma — è molto debole. Senz’altro esiste un 3% di persone con disturbi mentali che mostra comportamenti aggressivi e antisociali, ma questo è vero anche nel resto della popolazione. Certo è che così come i sadici trovavano espressione nel nazismo e come certi ultrà sono persone che amano fare a botte, oggi l’islam radicale offre a tutti un buon motivo per attuare le proprie pulsioni violente. Con in più la forza del richiamo identitario verso la religione delle origini».
Proprio la seconda e la terza generazione di migranti risentirebbero maggiormente dell’identità perduta e sarebbero, per l’Isis, il principale bacino di reclutamento. «Chi migra per primo incassa la difficoltà di adattamento e di integrazione — spiega Lombardi — mentre i figli vivono la fase della mediazione e fanno di tutto per realizzare il sogno dei padri . La terza generazione invece deve fare i conti con la disillusione».
Secondo il professor Dinesh Bhugra, esperto di migrazioni e salute mentale presso il King’s College di Londra, proprio la terza generazione presenta anche la più alta incidenza di malattie mentali, in particolare psicosi, come nel caso dei turchi in Germania, 7-12 volte più a rischio dei primi arrivati. Rispetto alla popolazione ospitante però, anche la prima generazione migrante presenterebbe più casi di schizofrenia, in particolare quando proviene da Africa e Medio Oriente. Lo stesso disturbo d’adattamento, forma minore di depressione tipica di chi migra, vedrebbe un’alta correlazione con la tendenza al suicidio. Dati che peggiorano quando si ha un passato di guerra e violenza. Dopo l’attentato del kamikaze siriano ad Ansbach e quello su un treno a Würzburg, dove un richiedente asilo dell’Afghanistan di 17 anni si è scagliato con ascia e coltello contro quattro passeggeri, l’Europa si è svegliata con un nervo scoperto: migliaia di rifugiati psicologicamente provati e potenzialmente pericolosi, «specialmente i minori non accompagnati — ha spiegato Julia Reinelt, responsabile del Violence Prevention Network di Berlino —. Non sappiamo ancora molto sui legami tra salute mentale e radicalizzazione, però molti di quelli che arrivano simpatizzano per le stesse persone da cui fuggono. Sembra assurdo eppure solitudine, difficoltà di adattamento e sofferenze psicologiche possono fare brutti scherzi».
Secondo uno studio della Camera federale tedesca degli psicoterapeuti, almeno la metà dei rifugiati soffre di un disturbo mentale. Soprattutto disturbo post-traumatico da stress, curato solo nel 4% dei casi, e depressione.
Mentre in Germania molti ospedali distribuiscono brochure antistress dove si consigliano cubetti di ghiaccio sulla pelle e di monitorare il proprio umore su un diario giornaliero, in Italia, proprio sul sito del «Corriere» ( Migranti sotto stress ), già a marzo molti psichiatri confermavano le statistiche tedesche. Dalla sindrome di Dublino (chi è costretto a restare in un Paese dove non vuole restare, condizione prevista dagli accordi di Dublino) a quella di Ulisse (sentirsi «nessuno» in un territorio straniero), variazione estrema del lutto migratorio, il ventaglio di stress e sofferenze è ampio e peggiorato dall’assenza di una rete sociale di contenimento e da un sistema di accoglienza emergenziale.
«Migrare corrisponde a sette tipi di lutto — spiega lo psichiatra Joseba Achotegui che ha scoperto la sindrome di Ulisse — famiglia, lingua, cultura, cibo… Chi migra porta con sé una vulnerabilità molto specifica che, se non viene intercettata, rappresenta un alto fattore di rischio per ulteriori forme di disagio». «Anche se gli studi sono ancora pochi — spiega Patrick James, del National Consortium for the Study on Terrorism, finanziato dal governo Usa — quando l’ideologia radicale fa presa su una mente fragile, il rischio di emulazione e violenza è maggiore». Di certo, mentre proseguono le indagini su come fattori psicologici incrociano variabili socio-ambientali, per ora la connessione tra sofferenza mentale e violenza, il Califfato sembra averla capita meglio di chiunque altro.
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
Corriere La Lettura 4.9.16
La turbo-radicalizzazione
Il terrorismo pesca nelle aree del disagio psichico e psicologico. Anche con indottrinamenti lampo
La forza dell’Isis è quella di arruolare chiunque, non come Al Qaeda Così il Califfato agisce sulle menti più fragili e instabili
«Dà una ragione per morire a chi non trova ragioni per vivere
di Francesca Ronchin
Ragazzi come il solitario Ali Sonboli, il diciottenne tedesco-iraniano che il 24 luglio, in un centro commerciale di Monaco, ha fatto fuori nove coetanei prima di spararsi un colpo in testa, il dottor André Taubert ne vede tutti i giorni. A capo dell’Unità contro la radicalizzazione a sfondo religioso di Amburgo, Taubert è un pioniere della consulenza sistemica per ragazzi sulla strada del jihad. In poche parole, combatte il Califfato parlando con le famiglie convinto che nell’80% dei casi i terroristi siano semplicemente persone con problemi. E che la religione c’entri poco.
Al momento ha sottomano una cinquantina di casi, 150 nel 2015, quasi tutti poco più che adolescenti e già in contatto con qualche militante dell’Isis, «solitamente il venerdì, fuori dalla moschea», racconta Taubert. «La fase più pericolosa è quando iniziano a isolarsi dai parenti e dagli amici di sempre. Sono loro che ci chiedono di intervenire». Anche Mohamed Daleel, rifugiato siriano di 27 anni arrivato in Germania nel 2014, che si è fatto esplodere vicino a un concerto ad Ansbach, poteva essere uno dei suoi ragazzi. In un’intervista del 2013 all’emittente bulgara Bnt, Daleel aveva detto di non nutrire nessuna speranza in un futuro migliore: vuole restare in Germania, ma la domanda di asilo viene bocciata; tenta più volte il suicidio; viene ricoverato in una clinica psichiatrica; a causa di questa instabilità mentale il provvedimento di espulsione non viene applicato. In un video prima dell’attentato Daleel giustifica l’aggressione come una risposta ai crimini commessi dalla coalizione internazionale in Siria.
Anche Sonboli aveva avuto problemi psichiatrici, due mesi di ricovero per depressione e dipendenza da videogiochi. Vittima di bullismo a scuola, affascinato dagli omicidi di massa, su Facebook scrive messaggi offensivi verso i compagni di scuola fino all’ultima sanguinosa vendetta. Uno nato a Monaco, famiglia apparentemente integrata. L’altro arrivato dopo aver perso tutto, la moglie e il lavoro. Due storie diverse accomunate da rabbia e senso di esclusione, secondo Taubert elementi molto comuni, compresa la fragilità mentale. «Sono convinto che se venissero diagnosticati almeno la metà dei ragazzi che seguo rientrerebbe in un quadro di depressione, disturbo borderline o di autismo». E quando sotto c’è un problema di questo tipo, la radicalizzazione è ancora più rapida, tanto che si parla di turbo-radicalization .
Come nel caso di Mohamed Lahouaiej Bouhlel, l’attentatore di Nizza che avrebbe deciso di diventare un terrorista nel giro di tredici giorni: 31 anni, tunisino, in libertà vigilata dal 27 gennaio per aver scagliato contro una persona una paletta di legno in seguito a un incidente stradale, Boulhel non era un musulmano convinto, beveva alcol, mangiava maiale, aveva una vita sessuale sfrenata e secondo l’avvocato dell’ex moglie era un violento e narcisista. La cronologia del suo pc racconta di lunghe visite a siti porno sostituiti, negli ultimi tempi, dalle decapitazioni degli islamisti e dal video dell’attentato di Orlando. Dalla sua casa a M’saken, Tunisia, il padre racconta ai media che si era rivolto a uno psichiatra già quando Bouhlel, a 19 anni, chiuse i genitori fuori casa. Il dottor Chemceddine Hamouda, che lo ebbe in cura, spiega che Mohamed «soffriva di disturbi psichiatrici seri, di tipo psicotico, aveva problemi con il suo corpo e che l’attentato è il mix esplosivo di indottrinamento e personalità disturbata», eventualità non così rara a giudicare anche dai dati di uno studio della polizia inglese, secondo il quale, su 500 giovani che hanno sposato la causa dell’Isis, oltre il 44% avrebbe un problema di tipo mentale o psicologico accertato.
«Se la domanda è se siamo di fronte a gente disturbata o a jihadisti convinti», per Lorenzo Vidino, direttore del Program on Extremism Center della George Washington University, «la questione è soprattutto politica. Puntare i riflettori sulla malattia mentale può aiutare a sminuire il problema dell’ideologia islamista. In certi Paesi, come l’America, fa comodo». Non in Francia. «La Francia è un Paese in guerra — continua Vidino — e non si può certo dichiarare guerra a un gruppo di pazzi».
In America, prima di scagliarsi contro 52 ragazzi di un locale gay di Orlando, Omar Mateen chiama il 911 e dichiara fedeltà al Califfo. I giorni successivi però i titoli dei giornali sono tutti sulla sua presunta omosessualità e più che i suoi rapporti con l’Isis preferiscono indagare quelli con il padre, immigrato dall’Afghanistan, conduttore di un talk show filotalebano su YouTube, che nel condannare la strage spiega che «non spettava a suo figlio punire i gay, ma a Dio».
Secondo Marco Lombardi, docente di Sociologia presso l’Università Cattolica di Milano e responsabile dell’Italian team for security, terroristic issues and managing emergencies, «la forza dell’Isis è quella di richiamare una quantità di profili più ampia rispetto alle organizzazioni del passato dove, dalle Brigate rosse ad Al Qaeda, c’era una selezione che escludeva i “pazzi” in quanto incontrollabili. Isis invece non fa differenze, rivendica qualunque attentato e dà una buona motivazione a tutti, da chi insegue l’avventura a chi è arrabbiato con il mondo, a chi pensa al suicidio e cerca un motivo in più per farlo. Non solo. Per rifarsi della perdita di avamposti in Siria e in Libia, Isis starebbe puntando molto sui soggetti mentalmente fragili perché sono i più facili da mobilitare e ben si inseriscono nella strategia dei mille tagli, quella di tanti piccoli attentati, anche improvvisati, con cui stremare il nemico direttamente in casa». Secondo Lombardi le persone con problemi mentali sarebbero il 20% dei militanti jihadisti. Non pochi, «perché per un alienato che non ha nulla da perdere, scoprire un’identità, il non sentirsi più solo e perfino ottenere la gloria, sono obiettivi facili. Tutto questo è fantastico per lui».
Non è un caso che nei video di propaganda del Califfo ad uso interno non vi siano decapitazioni, ma scene serene di vita comune, uomini sorridenti che dopo aver lustrato le armi regalano profumi alle mogli. Il clima è quello di una grande famiglia tipica delle società socio-centriche di Africa e Medio Oriente, così lontane dalle case mononucleari dell’ego-centrica Europa. Proprio desiderio di appartenenza e socializzazione sarebbero la chiave, specialmente quando a radicalizzarsi è un adolescente. «Quando un adolescente si radicalizza, i familiari pensano che l’Isis gli abbia fatto il lavaggio del cervello e il dialogo si interrompe. Quando poi capiscono che il problema è un altro, e che anziché litigare sull’ideologia è meglio trovare il tempo per cenare insieme, qualcosa inizia a cambiare. È fondamentale spezzare l’isolamento in cui questi ragazzi tendono a sprofondare fino a giustificare la frattura tra loro e il resto del mondo con l’essere buoni musulmani o meno». Fino a farsi giustizia da soli.
Nell’ultimo anno, in Germania, il grido di «Allah Akbar» ha accompagnato una decina di aggressioni sui treni. In alcuni casi c’era un legame con l’Isis, come nella vicenda di Sofia, quindicenne marocchina che dopo aver ricevuto l’ordine via chat, esce di casa e pugnala un poliziotto. Di altri emerge più che altro l’instabilità mentale, come nel caso di Paul H., disoccupato tedesco che aggredisce con un coltello i passeggeri nella stazione dei treni di Grafing. Un morto, tre feriti e per Paul il ricovero diretto in clinica psichiatrica. «Il nesso tra malattia mentale e violenza — spiega Massimo Biondi, responsabile del reparto di Psichiatria presso il Policlinico Umberto I di Roma — è molto debole. Senz’altro esiste un 3% di persone con disturbi mentali che mostra comportamenti aggressivi e antisociali, ma questo è vero anche nel resto della popolazione. Certo è che così come i sadici trovavano espressione nel nazismo e come certi ultrà sono persone che amano fare a botte, oggi l’islam radicale offre a tutti un buon motivo per attuare le proprie pulsioni violente. Con in più la forza del richiamo identitario verso la religione delle origini».
Proprio la seconda e la terza generazione di migranti risentirebbero maggiormente dell’identità perduta e sarebbero, per l’Isis, il principale bacino di reclutamento. «Chi migra per primo incassa la difficoltà di adattamento e di integrazione — spiega Lombardi — mentre i figli vivono la fase della mediazione e fanno di tutto per realizzare il sogno dei padri . La terza generazione invece deve fare i conti con la disillusione».
Secondo il professor Dinesh Bhugra, esperto di migrazioni e salute mentale presso il King’s College di Londra, proprio la terza generazione presenta anche la più alta incidenza di malattie mentali, in particolare psicosi, come nel caso dei turchi in Germania, 7-12 volte più a rischio dei primi arrivati. Rispetto alla popolazione ospitante però, anche la prima generazione migrante presenterebbe più casi di schizofrenia, in particolare quando proviene da Africa e Medio Oriente. Lo stesso disturbo d’adattamento, forma minore di depressione tipica di chi migra, vedrebbe un’alta correlazione con la tendenza al suicidio. Dati che peggiorano quando si ha un passato di guerra e violenza. Dopo l’attentato del kamikaze siriano ad Ansbach e quello su un treno a Würzburg, dove un richiedente asilo dell’Afghanistan di 17 anni si è scagliato con ascia e coltello contro quattro passeggeri, l’Europa si è svegliata con un nervo scoperto: migliaia di rifugiati psicologicamente provati e potenzialmente pericolosi, «specialmente i minori non accompagnati — ha spiegato Julia Reinelt, responsabile del Violence Prevention Network di Berlino —. Non sappiamo ancora molto sui legami tra salute mentale e radicalizzazione, però molti di quelli che arrivano simpatizzano per le stesse persone da cui fuggono. Sembra assurdo eppure solitudine, difficoltà di adattamento e sofferenze psicologiche possono fare brutti scherzi».
Secondo uno studio della Camera federale tedesca degli psicoterapeuti, almeno la metà dei rifugiati soffre di un disturbo mentale. Soprattutto disturbo post-traumatico da stress, curato solo nel 4% dei casi, e depressione.
Mentre in Germania molti ospedali distribuiscono brochure antistress dove si consigliano cubetti di ghiaccio sulla pelle e di monitorare il proprio umore su un diario giornaliero, in Italia, proprio sul sito del «Corriere» ( Migranti sotto stress ), già a marzo molti psichiatri confermavano le statistiche tedesche. Dalla sindrome di Dublino (chi è costretto a restare in un Paese dove non vuole restare, condizione prevista dagli accordi di Dublino) a quella di Ulisse (sentirsi «nessuno» in un territorio straniero), variazione estrema del lutto migratorio, il ventaglio di stress e sofferenze è ampio e peggiorato dall’assenza di una rete sociale di contenimento e da un sistema di accoglienza emergenziale.
«Migrare corrisponde a sette tipi di lutto — spiega lo psichiatra Joseba Achotegui che ha scoperto la sindrome di Ulisse — famiglia, lingua, cultura, cibo… Chi migra porta con sé una vulnerabilità molto specifica che, se non viene intercettata, rappresenta un alto fattore di rischio per ulteriori forme di disagio». «Anche se gli studi sono ancora pochi — spiega Patrick James, del National Consortium for the Study on Terrorism, finanziato dal governo Usa — quando l’ideologia radicale fa presa su una mente fragile, il rischio di emulazione e violenza è maggiore». Di certo, mentre proseguono le indagini su come fattori psicologici incrociano variabili socio-ambientali, per ora la connessione tra sofferenza mentale e violenza, il Califfato sembra averla capita meglio di chiunque altro.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
WAR GAMES
Ma la sanguinaria Hillary seguirà il suo consiglio? Nemmeno per sogno».
Termina così, questo articolo. Ma cosa cambia se vince Hillary, o Hitlery, come la chiama qualcun altro, oppure quello svalvolato di Trump.
L'elite del terrore ha prodotto questo per la corsa alla Casa Bianca.
Non certo Ted o Eleonore Roosevelt
LIBRE news
Brzezinski: contrordine, America. Pace con Putin e la Cina
Scritto il 05/9/16 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
«L’architetto principale del piano di Washington per governare il mondo ha abbandonato il progetto e ha richiesto la creazione di legami con la Russia e la Cina». Anche se l’articolo di Zbigniew Brzezinski su “The American Interest”, dal titolo “Towards a Global Realignment” (verso un riallineamento globale) è stato ampiamente ignorato dai media, «dimostra che membri potenti dell’establishment decisionale non credono più che Washington prevarrà nel suo tentativo di estendere l’egemonia degli Stati Uniti in tutto il Medio Oriente e in Asia», afferma Mike Whitney. Il super-massone reazionario Brzezinski, primo reclutatore di Osama Bin Laden in Afghanistan, «è stato il principale fautore di questa idea», l’espansione “imperiale”, già esposta nel 1997 nel libro “La Grande Scacchiera: il primato americano e i suoi imperativi geostrategici”. Ora «ha fatto dietro-front e ha richiesto una incredibile revisione strategica». Infatti scrive che «gli Stati Uniti devono prendere l’iniziativa per riallineare l’architettura del potere globale», dal momento che «finisce la loro epoca di dominio globale». Meglio sfruttare la residua potenza americana per affrontare in modo diverso, cioè pacifico, «l’emergente ridistribuzione del potere globale e il violento risveglio politico in Medio Oriente».Gli Stati Uniti, sottolinea Brzezinski, «sono ancora l’entità politicamente, economicamente e militarmente più potente del mondo». Ma, aggiunge, «dati i complessi cambiamenti geopolitici negli equilibri regionali, non sono più la potenza imperiale globale». In un post su “Counterpunch” tradotto da “Come Don Chisciotte”, Mike Whitney invita a confrontare questo giudizio con quello che lo stesso Brzezinski aveva dato ne “La Grande Scacchiera”, quando affermava che gli Stati Uniti erano «il massimo potere a livello mondiale, giudice-chiave delle relazioni di potere eurasiatiche». Il crollo dell’Unione Sovietica aveva determinato «la rapida ascesa di una potenza dell’emisfero occidentale, gli Stati Uniti, come l’unica e, in effetti, la prima potenza veramente globale». Nell’ultima parte del ventesimo secolo, nessuna altra potenza gli si è nemmeno avvicinata». Ma, scrive oggi Brzezinski, «quell’epoca sta ormai per finire». L’ex consigliere strategico per la sicurezza nazionale sotto Jimmy Carter, autorevolissimo esponente della dottrina della supremazia mondiale degli Usa, ora «indica l’ascesa della Russia e della Cina, la debolezza dell’Europa e il “violento risveglio politico tra i musulmani post-coloniali”, come le cause approssimative di questa improvvisa inversione».I suoi commenti sull’Islam, continua Whitney, sono particolarmente istruttivi: Brzezinski infatti «fornisce una spiegazione razionale per il terrorismo, invece dell’aria fritta governativa sull’“odiare le nostre libertà”». Del resto, lo stesso Brzezinski seppe vedere lo scoppio del terrore come lo «sgorgare di lamentele storiche» da un «senso di ingiustizia profondamente sentito», e quindi non come «la violenza cieca di psicopatici fanatici». Nel libro “Massoni”, Gioele Magaldi presenta Brzezinski anche sotto un’altra luce: come leader del cartello super-massonico neo-aristocratico e ultra-conservatore. Un fronte che, però, si starebbe incrinando, davanti al cinismo della strategia della tensione – dall’11 Settembre all’Isis – e, soprattutto, alla crescente resistenza di Russia, Cina e loro alleati. Una parte di quell’élite, fino a ieri granitica, si starebbe “sfilando”. E questo, avvertono alcuni osservatori provienienti dalla cultura massonica democratica, forse spiega il crescente ricorso agli attentati: l’oligarchia teme di perdere la presa sulla scena geopolitica e sull’opinione pubblica occidentale. Anche così si spiega il clamoroso successo degli outsider nella campagna elettorale americana: Bernie Sanders e soprattutto Donald Trump, così morbido con Putin. Una “prudenza” che sembra ora pienamente condivisa da un ex super-falco come Brzezinski.«E’ chiaro che quello che più lo preoccupa è il rafforzamento dei legami economici, politici e militari tra la Russia, la Cina, l’Iran, la Turchia e gli altri Stati dell’Asia centrale», osserva Whitney. Un problema già segnalato nel libro del ‘97: «D’ora in poi – scriveva Brzezinski – gli Stati Uniti potrebbero dover stabilire come far fronte a coalizioni regionali che cercano di spingere l’America fuori dall’Eurasia, minacciando in tal modo lo status degli Stati Uniti come potenza mondiale». Ergo, per l’imperialista Brzezinski il problema era «prevenire la collusione e mantenere la dipendenza sulla difesa tra i vassalli, tenere i tributari docili e protetti, e impedire che i barbari si uniscano». Il che si è puntualmente verificato, prima con la “guerra infinita” promossa dal clan Blush, e poi con la «politica estera sconsiderata dell’amministrazione Obama, in particolare il rovesciamento dei governi in Libia e in Ucraina», cosa che – annota Whitney – ha «notevolmente accelerato la velocità con cui si sono formate queste coalizioni anti-americane». In altre parole, «i nemici di Washington sono apparsi, in risposta al comportamento di Washington. Obama può biasimare solo se stesso».Putin ha risposto a tono alla crescente minaccia di instabilità regionale e al posizionamento delle forze Nato ai confini della Russia: ha rafforzanto le alleanze con i paesi perimetrali della Russia e in tutto il Medio Oriente. Allo stesso tempo, insieme ai colleghi Brics (Brasile, India, Cina e Sudafrica) il presidente russo ha istituito un sistema bancario alternativo (Brics Bank e Aiib) che finirà per sfidare il sistema dominato dal dollaro, che è la fonte del potere globale degli Stati Uniti. È per questo, continua Whitney, che Brzezinski ha fatto una rapida svolta a U, abbandonando il piano egemonico degli Stati Uniti: è preoccupato «per i pericoli di un sistema non basato sul dollaro che sta nascendo tra i paesi emergenti e i non allineati, che dovrebbe sostituire l’oligopolio della Banca Centrale occidentale. Se ciò accadrà, allora gli Stati Uniti perderanno la loro morsa sull’economia globale». Quel giorno finirebbe anche «il sistema di estorsione nel quale biglietti verdi buoni per incartare il pesce vengono scambiati per beni e servizi di valore».Purtroppo, aggiunge Whitney, è improbabile che l’approccio più cauto di Brzezinski sarà seguito dao Hillary Clinton, «che è una convinta sostenitrice dell’espansione imperiale attraverso la forza delle armi». Spiegava infatti nel 2010, sulla rivista “Foreign Policy”: «Mentre la guerra in Iraq si esaurisce e l’America comincia a ritirare le sue forze dall’Afghanistan, gli Stati Uniti si trovano ad un punto di svolta. Negli ultimi 10 anni, abbiamo stanziato risorse immense in questi due teatri. Nei prossimi 10 anni, dobbiamo essere intelligenti e sistematici su dove investiremo tempo ed energia, in modo da metterci nella posizione migliore per sostenere la nostra leadership, garantire i nostri interessi e far avanzare i nostri valori. Uno dei compiti più importanti della politica americana nel prossimo decennio sarà quello di tenere al sicuro gli investimenti – diplomatici, economici, strategici, e di altro tipo – sostanzialmente aumentati nella regione Asia-Pacifico». L’apertura dei mercati in Asia «fornisce agli Usa opportunità senza precedenti per gli investimenti, il commercio, e l’accesso alla tecnologia d’avanguardia: le aziende americane devono sfruttare la vasta e crescente base di consumatori dell’Asia».L’Asia è il nuovo Eldorado: «Genera già oltre la metà della produzione mondiale e quasi la metà del commercio mondiale», affermava Hillary. «Mentre ci sforziamo di soddisfare l’obiettivo del presidente Obama di raddoppiare le esportazioni entro il 2015, siamo alla ricerca di opportunità per fare ancora più affari in Asia». Lo sapeva anche Brzezinski, 14 anni fa, quando scriveva “La Grande Scacchiera”: «Per l’America, il premio geopolitico principale è l’Eurasia», che è «il più grande continente del globo», il maggiore asse geopolitico. «Una potenza che domini l’Eurasia controllerebbe due delle tre regioni più avanzate ed economicamente produttive del mondo».Attenzione: «Circa il 75% della popolazione mondiale vive nell’Eurasia, e la maggior parte della ricchezza fisica del mondo sta lì, sia nelle sue imprese che sotto il suolo. L’Eurasia conta per il 60% del Pil mondiale e circa tre quarti delle risorse energetiche conosciute al mondo». Gli obiettivi strategici sono quelli della Clinton oggi, ma con una enorme differenza: sono passati 14 anni, e forse Hillary non se n’è accorta.«Brzezinski ha fatto una correzione di rotta sulla base di circostanze mutevoli e della crescente resistenza al bullismo, al dominio e alle sanzioni statunitensi», scrive Whitney. «Non abbiamo ancora raggiunto il punto di svolta per il primato degli Stati Uniti, ma quel giorno si sta avvicinando velocemente e Brzezinski lo sa». Al contrario, la Clinton «è ancora completamente impegnata ad ampliare l’egemonia degli Stati Uniti in tutta l’Asia. Non capisce i rischi che ciò comporta per il paese o per il mondo. E’ intenzionata a continuare con gli interventi fino a quando il titano combattente Stati Uniti si immobilizzerà di colpo, cosa che, a giudicare dalla sua retorica iperbolica, accadrà probabilmente dopo un po’ di tempo durante il suo primo mandato». Brzezinski presenta «un piano razionale ma opportunista per fare marcia indietro, ridurre al minimo i conflitti futuri, evitare una conflagrazione nucleare e mantenere l’ordine globale, cioè il “sistema del dollaro”. Ma la sanguinaria Hillary seguirà il suo consiglio? Nemmeno per sogno».
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
WAR GAMES
Ma la sanguinaria Hillary seguirà il suo consiglio? Nemmeno per sogno».
Termina così, questo articolo. Ma cosa cambia se vince Hillary, o Hitlery, come la chiama qualcun altro, oppure quello svalvolato di Trump.
L'elite del terrore ha prodotto questo per la corsa alla Casa Bianca.
Non certo Ted o Eleonore Roosevelt
LIBRE news
Brzezinski: contrordine, America. Pace con Putin e la Cina
Scritto il 05/9/16 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
«L’architetto principale del piano di Washington per governare il mondo ha abbandonato il progetto e ha richiesto la creazione di legami con la Russia e la Cina». Anche se l’articolo di Zbigniew Brzezinski su “The American Interest”, dal titolo “Towards a Global Realignment” (verso un riallineamento globale) è stato ampiamente ignorato dai media, «dimostra che membri potenti dell’establishment decisionale non credono più che Washington prevarrà nel suo tentativo di estendere l’egemonia degli Stati Uniti in tutto il Medio Oriente e in Asia», afferma Mike Whitney. Il super-massone reazionario Brzezinski, primo reclutatore di Osama Bin Laden in Afghanistan, «è stato il principale fautore di questa idea», l’espansione “imperiale”, già esposta nel 1997 nel libro “La Grande Scacchiera: il primato americano e i suoi imperativi geostrategici”. Ora «ha fatto dietro-front e ha richiesto una incredibile revisione strategica». Infatti scrive che «gli Stati Uniti devono prendere l’iniziativa per riallineare l’architettura del potere globale», dal momento che «finisce la loro epoca di dominio globale». Meglio sfruttare la residua potenza americana per affrontare in modo diverso, cioè pacifico, «l’emergente ridistribuzione del potere globale e il violento risveglio politico in Medio Oriente».Gli Stati Uniti, sottolinea Brzezinski, «sono ancora l’entità politicamente, economicamente e militarmente più potente del mondo». Ma, aggiunge, «dati i complessi cambiamenti geopolitici negli equilibri regionali, non sono più la potenza imperiale globale». In un post su “Counterpunch” tradotto da “Come Don Chisciotte”, Mike Whitney invita a confrontare questo giudizio con quello che lo stesso Brzezinski aveva dato ne “La Grande Scacchiera”, quando affermava che gli Stati Uniti erano «il massimo potere a livello mondiale, giudice-chiave delle relazioni di potere eurasiatiche». Il crollo dell’Unione Sovietica aveva determinato «la rapida ascesa di una potenza dell’emisfero occidentale, gli Stati Uniti, come l’unica e, in effetti, la prima potenza veramente globale». Nell’ultima parte del ventesimo secolo, nessuna altra potenza gli si è nemmeno avvicinata». Ma, scrive oggi Brzezinski, «quell’epoca sta ormai per finire». L’ex consigliere strategico per la sicurezza nazionale sotto Jimmy Carter, autorevolissimo esponente della dottrina della supremazia mondiale degli Usa, ora «indica l’ascesa della Russia e della Cina, la debolezza dell’Europa e il “violento risveglio politico tra i musulmani post-coloniali”, come le cause approssimative di questa improvvisa inversione».I suoi commenti sull’Islam, continua Whitney, sono particolarmente istruttivi: Brzezinski infatti «fornisce una spiegazione razionale per il terrorismo, invece dell’aria fritta governativa sull’“odiare le nostre libertà”». Del resto, lo stesso Brzezinski seppe vedere lo scoppio del terrore come lo «sgorgare di lamentele storiche» da un «senso di ingiustizia profondamente sentito», e quindi non come «la violenza cieca di psicopatici fanatici». Nel libro “Massoni”, Gioele Magaldi presenta Brzezinski anche sotto un’altra luce: come leader del cartello super-massonico neo-aristocratico e ultra-conservatore. Un fronte che, però, si starebbe incrinando, davanti al cinismo della strategia della tensione – dall’11 Settembre all’Isis – e, soprattutto, alla crescente resistenza di Russia, Cina e loro alleati. Una parte di quell’élite, fino a ieri granitica, si starebbe “sfilando”. E questo, avvertono alcuni osservatori provienienti dalla cultura massonica democratica, forse spiega il crescente ricorso agli attentati: l’oligarchia teme di perdere la presa sulla scena geopolitica e sull’opinione pubblica occidentale. Anche così si spiega il clamoroso successo degli outsider nella campagna elettorale americana: Bernie Sanders e soprattutto Donald Trump, così morbido con Putin. Una “prudenza” che sembra ora pienamente condivisa da un ex super-falco come Brzezinski.«E’ chiaro che quello che più lo preoccupa è il rafforzamento dei legami economici, politici e militari tra la Russia, la Cina, l’Iran, la Turchia e gli altri Stati dell’Asia centrale», osserva Whitney. Un problema già segnalato nel libro del ‘97: «D’ora in poi – scriveva Brzezinski – gli Stati Uniti potrebbero dover stabilire come far fronte a coalizioni regionali che cercano di spingere l’America fuori dall’Eurasia, minacciando in tal modo lo status degli Stati Uniti come potenza mondiale». Ergo, per l’imperialista Brzezinski il problema era «prevenire la collusione e mantenere la dipendenza sulla difesa tra i vassalli, tenere i tributari docili e protetti, e impedire che i barbari si uniscano». Il che si è puntualmente verificato, prima con la “guerra infinita” promossa dal clan Blush, e poi con la «politica estera sconsiderata dell’amministrazione Obama, in particolare il rovesciamento dei governi in Libia e in Ucraina», cosa che – annota Whitney – ha «notevolmente accelerato la velocità con cui si sono formate queste coalizioni anti-americane». In altre parole, «i nemici di Washington sono apparsi, in risposta al comportamento di Washington. Obama può biasimare solo se stesso».Putin ha risposto a tono alla crescente minaccia di instabilità regionale e al posizionamento delle forze Nato ai confini della Russia: ha rafforzanto le alleanze con i paesi perimetrali della Russia e in tutto il Medio Oriente. Allo stesso tempo, insieme ai colleghi Brics (Brasile, India, Cina e Sudafrica) il presidente russo ha istituito un sistema bancario alternativo (Brics Bank e Aiib) che finirà per sfidare il sistema dominato dal dollaro, che è la fonte del potere globale degli Stati Uniti. È per questo, continua Whitney, che Brzezinski ha fatto una rapida svolta a U, abbandonando il piano egemonico degli Stati Uniti: è preoccupato «per i pericoli di un sistema non basato sul dollaro che sta nascendo tra i paesi emergenti e i non allineati, che dovrebbe sostituire l’oligopolio della Banca Centrale occidentale. Se ciò accadrà, allora gli Stati Uniti perderanno la loro morsa sull’economia globale». Quel giorno finirebbe anche «il sistema di estorsione nel quale biglietti verdi buoni per incartare il pesce vengono scambiati per beni e servizi di valore».Purtroppo, aggiunge Whitney, è improbabile che l’approccio più cauto di Brzezinski sarà seguito dao Hillary Clinton, «che è una convinta sostenitrice dell’espansione imperiale attraverso la forza delle armi». Spiegava infatti nel 2010, sulla rivista “Foreign Policy”: «Mentre la guerra in Iraq si esaurisce e l’America comincia a ritirare le sue forze dall’Afghanistan, gli Stati Uniti si trovano ad un punto di svolta. Negli ultimi 10 anni, abbiamo stanziato risorse immense in questi due teatri. Nei prossimi 10 anni, dobbiamo essere intelligenti e sistematici su dove investiremo tempo ed energia, in modo da metterci nella posizione migliore per sostenere la nostra leadership, garantire i nostri interessi e far avanzare i nostri valori. Uno dei compiti più importanti della politica americana nel prossimo decennio sarà quello di tenere al sicuro gli investimenti – diplomatici, economici, strategici, e di altro tipo – sostanzialmente aumentati nella regione Asia-Pacifico». L’apertura dei mercati in Asia «fornisce agli Usa opportunità senza precedenti per gli investimenti, il commercio, e l’accesso alla tecnologia d’avanguardia: le aziende americane devono sfruttare la vasta e crescente base di consumatori dell’Asia».L’Asia è il nuovo Eldorado: «Genera già oltre la metà della produzione mondiale e quasi la metà del commercio mondiale», affermava Hillary. «Mentre ci sforziamo di soddisfare l’obiettivo del presidente Obama di raddoppiare le esportazioni entro il 2015, siamo alla ricerca di opportunità per fare ancora più affari in Asia». Lo sapeva anche Brzezinski, 14 anni fa, quando scriveva “La Grande Scacchiera”: «Per l’America, il premio geopolitico principale è l’Eurasia», che è «il più grande continente del globo», il maggiore asse geopolitico. «Una potenza che domini l’Eurasia controllerebbe due delle tre regioni più avanzate ed economicamente produttive del mondo».Attenzione: «Circa il 75% della popolazione mondiale vive nell’Eurasia, e la maggior parte della ricchezza fisica del mondo sta lì, sia nelle sue imprese che sotto il suolo. L’Eurasia conta per il 60% del Pil mondiale e circa tre quarti delle risorse energetiche conosciute al mondo». Gli obiettivi strategici sono quelli della Clinton oggi, ma con una enorme differenza: sono passati 14 anni, e forse Hillary non se n’è accorta.«Brzezinski ha fatto una correzione di rotta sulla base di circostanze mutevoli e della crescente resistenza al bullismo, al dominio e alle sanzioni statunitensi», scrive Whitney. «Non abbiamo ancora raggiunto il punto di svolta per il primato degli Stati Uniti, ma quel giorno si sta avvicinando velocemente e Brzezinski lo sa». Al contrario, la Clinton «è ancora completamente impegnata ad ampliare l’egemonia degli Stati Uniti in tutta l’Asia. Non capisce i rischi che ciò comporta per il paese o per il mondo. E’ intenzionata a continuare con gli interventi fino a quando il titano combattente Stati Uniti si immobilizzerà di colpo, cosa che, a giudicare dalla sua retorica iperbolica, accadrà probabilmente dopo un po’ di tempo durante il suo primo mandato». Brzezinski presenta «un piano razionale ma opportunista per fare marcia indietro, ridurre al minimo i conflitti futuri, evitare una conflagrazione nucleare e mantenere l’ordine globale, cioè il “sistema del dollaro”. Ma la sanguinaria Hillary seguirà il suo consiglio? Nemmeno per sogno».
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Re: La Terza Guerra Mondiale
LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
Libia, baby jihadista minaccia l’Italia in video
SET 5, 2016 2 COMMENTI AFRICA,ASSALTO FINALE A SIRTE,IN EVIDENZA,LIBIA FAUSTO BILOSLAVO
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MISURATA – “Dalla Libia faremo scaturire la scintilla per conquistare l’Andalusia (una parte della Spagna nda) e Roma, con il permesso di Allah”. L’ennesima minaccia dello Stato islamico contro l’Italia salta fuori da un video inedito ritrovato a Sirte durante i combattimenti per liberare la città e consegnato a il Giornale. Nel video non manca un appello ai kamikaze: “Fratello mio indossa le cinture esplosive per il tuo Signore e attacca aeroporti e confini”.
Questa volta non è un tagliagole mascherato a promettere attentati e l’espansione del Califfato oltre il Mediterraneo, ma un ragazzino forse neppure maggiorenne. Si presenta con il nome di battaglia Abu Omar al Maghrebi, che indica l’origine marocchina. Nel video, in alto a destra, compare la bandierina nera del Califfato. Le immagini durano 6 minuti e sono montate in maniera professionale. Sembra sia stato girato in parte a Bengasi, ma ritrovato a Sirte, l’ex roccaforte delle bandiere nere in Libia, che sta per venir sopraffatta dai governativi. La data in arabo della produzione copre un periodo fra ottobre e novembre 2015. Oltre alla bandiera nera compare il simbolo della “wilayat Barqa”, la provincia libica del Califfo.
Nella seconda parte del video il giovane terrorista attacca gli “infedeli” promettendo che “verremo da voi per farvi saltare in aria. I vostri corpi esploderanno in mille pezzi”. Nessun riferimento agli attentati in Europa, ma le immagini sovrapposte di esplosioni, attacchi suicidi e cadaveri smembrati non lasciano dubbi sul destino che le bandiere nere vorrebbero riservare agli “infedeli”. Il terrorista minorenne è ben vestito con una tunica di raso blu e l’immancabile fucile mitragliatore kalashnikov a fianco. I capelli sono neri ed un po’ ricci avvolti in una specie di turbante giallo e marrone. Sbarbatello e faccia da bravo ragazzo ha appena un’ombra di baffi.
La minaccia all’Italia non lascia dubbi: “Dalla Libia faremo scaturire la scintilla per conquistare l’Andalusia (una parte della Spagna nda) e Roma, con il permesso di Allah”. Subito dopo il video propone la bocca di fuoco di una mitragliatrice in primo piano.
“La Libia sarà la porta per la conquista dell’Africa” esordisce Abu Omar al Maghrebi nella parte più minacciosa del video. Poi aggiunge che la provincia libica del Califfato “servirà a conquistare l’Europa con il permesso di Allah”. E si scatena contro gli “apostati collaboratori degli americani. La Libia sarà la vostra tomba”. Il riferimento è ai combattenti di Misurata e Tripoli, nemici giurati da sempre, che stanno stringendo il cerchio attorno all’ultimo quartiere in mano allo Stato islamico a Sirte. L’appello più inquietante è quello finale rivolto ai kamikaze, dopo aver parlato della Libia come porta per l’Europa e inneggiato alla conquista di Roma. “Fratello mio ti invito dal profondo del cuore ad indossare le cinture esplosive per il tuo Signore (Allah nda) e attaccare aeroporti e confini – esorta il giovane terrorista – Nonostante i loro servizi segreti siamo giunti in Libia, terra del Califfato e siamo pronti a morire” per espandere lo Stato islamico fino a casa nostra.
nuova strip
Nella prima parte del video le riprese si soffermano su una lezione di pronto soccorso ad un gruppo di jihadisti in gran parte mascherati. Gli unici che si vedono in volto sono sudanesi, che si prestano a fare da cavie per simulare come si rianima un ferito o si ferma un’emorragia.
Dopo le minacce agli “apostati collaboratori degli americani” compare il cattivo maestro. Un terrorista più anziano con il barbone nero come la pece, che addestra un soldatino giovanissimo dell’Isis ad utilizzare un fucile di precisione. Subito dopo, guarda caso, arriva la minaccia di conquistare Roma. Il video, assieme a decine di altri, sono stati trovati nella base del centro mediatico delle bandiere nere a Sirte alla periferia della città durante l’offensiva di inizio estate. Ci sono immagini degli attacchi ai terminali petroliferi in Libia, il video in russo con le immagini della strage di Charlie Hebdo che promette la caduta del presidente Vladimir Putin e materiale filmato di addestramento, anche occidentale. Oltre a tanti filmati di Sirte sotto le bandiere nere.
Un combattente della katiba (reparto) Shaid (martiri), in prima linea, ha deciso di consegnare il materiale alla stampa italiana “per rendervi conto del pericolo non solo in Libia, ma che state correndo anche voi”.
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
Libia, baby jihadista minaccia l’Italia in video
SET 5, 2016 2 COMMENTI AFRICA,ASSALTO FINALE A SIRTE,IN EVIDENZA,LIBIA FAUSTO BILOSLAVO
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MISURATA – “Dalla Libia faremo scaturire la scintilla per conquistare l’Andalusia (una parte della Spagna nda) e Roma, con il permesso di Allah”. L’ennesima minaccia dello Stato islamico contro l’Italia salta fuori da un video inedito ritrovato a Sirte durante i combattimenti per liberare la città e consegnato a il Giornale. Nel video non manca un appello ai kamikaze: “Fratello mio indossa le cinture esplosive per il tuo Signore e attacca aeroporti e confini”.
Questa volta non è un tagliagole mascherato a promettere attentati e l’espansione del Califfato oltre il Mediterraneo, ma un ragazzino forse neppure maggiorenne. Si presenta con il nome di battaglia Abu Omar al Maghrebi, che indica l’origine marocchina. Nel video, in alto a destra, compare la bandierina nera del Califfato. Le immagini durano 6 minuti e sono montate in maniera professionale. Sembra sia stato girato in parte a Bengasi, ma ritrovato a Sirte, l’ex roccaforte delle bandiere nere in Libia, che sta per venir sopraffatta dai governativi. La data in arabo della produzione copre un periodo fra ottobre e novembre 2015. Oltre alla bandiera nera compare il simbolo della “wilayat Barqa”, la provincia libica del Califfo.
Nella seconda parte del video il giovane terrorista attacca gli “infedeli” promettendo che “verremo da voi per farvi saltare in aria. I vostri corpi esploderanno in mille pezzi”. Nessun riferimento agli attentati in Europa, ma le immagini sovrapposte di esplosioni, attacchi suicidi e cadaveri smembrati non lasciano dubbi sul destino che le bandiere nere vorrebbero riservare agli “infedeli”. Il terrorista minorenne è ben vestito con una tunica di raso blu e l’immancabile fucile mitragliatore kalashnikov a fianco. I capelli sono neri ed un po’ ricci avvolti in una specie di turbante giallo e marrone. Sbarbatello e faccia da bravo ragazzo ha appena un’ombra di baffi.
La minaccia all’Italia non lascia dubbi: “Dalla Libia faremo scaturire la scintilla per conquistare l’Andalusia (una parte della Spagna nda) e Roma, con il permesso di Allah”. Subito dopo il video propone la bocca di fuoco di una mitragliatrice in primo piano.
“La Libia sarà la porta per la conquista dell’Africa” esordisce Abu Omar al Maghrebi nella parte più minacciosa del video. Poi aggiunge che la provincia libica del Califfato “servirà a conquistare l’Europa con il permesso di Allah”. E si scatena contro gli “apostati collaboratori degli americani. La Libia sarà la vostra tomba”. Il riferimento è ai combattenti di Misurata e Tripoli, nemici giurati da sempre, che stanno stringendo il cerchio attorno all’ultimo quartiere in mano allo Stato islamico a Sirte. L’appello più inquietante è quello finale rivolto ai kamikaze, dopo aver parlato della Libia come porta per l’Europa e inneggiato alla conquista di Roma. “Fratello mio ti invito dal profondo del cuore ad indossare le cinture esplosive per il tuo Signore (Allah nda) e attaccare aeroporti e confini – esorta il giovane terrorista – Nonostante i loro servizi segreti siamo giunti in Libia, terra del Califfato e siamo pronti a morire” per espandere lo Stato islamico fino a casa nostra.
nuova strip
Nella prima parte del video le riprese si soffermano su una lezione di pronto soccorso ad un gruppo di jihadisti in gran parte mascherati. Gli unici che si vedono in volto sono sudanesi, che si prestano a fare da cavie per simulare come si rianima un ferito o si ferma un’emorragia.
Dopo le minacce agli “apostati collaboratori degli americani” compare il cattivo maestro. Un terrorista più anziano con il barbone nero come la pece, che addestra un soldatino giovanissimo dell’Isis ad utilizzare un fucile di precisione. Subito dopo, guarda caso, arriva la minaccia di conquistare Roma. Il video, assieme a decine di altri, sono stati trovati nella base del centro mediatico delle bandiere nere a Sirte alla periferia della città durante l’offensiva di inizio estate. Ci sono immagini degli attacchi ai terminali petroliferi in Libia, il video in russo con le immagini della strage di Charlie Hebdo che promette la caduta del presidente Vladimir Putin e materiale filmato di addestramento, anche occidentale. Oltre a tanti filmati di Sirte sotto le bandiere nere.
Un combattente della katiba (reparto) Shaid (martiri), in prima linea, ha deciso di consegnare il materiale alla stampa italiana “per rendervi conto del pericolo non solo in Libia, ma che state correndo anche voi”.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
LA CALDA ESTATE DEL 2016
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
LIBRE news
Bonificare il vertice dell’Occidente: e finirà il terrore dell’Isis
Scritto il 07/9/16 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
La scelta degli obiettivi del neoterrorismo appare strategicamente ragionata dalla Sovragestione, con una evoluzione molto particolare che costituisce la riproposizione del vecchio modulo terroristico. In effetti Al-Qaeda aveva colpito nei fatti dell’11 settembre 2001 dichiarando una specie di stato di guerra al nemico dichiarato: gli Stati Uniti d’America. Colpire le Torri Gemelle o addirittura il Pentagono era colpire direttamente un nemico dichiarato, era l’atto iniziale di una guerra su un territorio, mai in precedenza direttamente nel mirino del Terrore. Isis cambia modo. Francia e Belgio, nonostante le gravi responsabilità della prima nelle vicende libiche, non sono nemici diretti del mondo arabo, anzi. E neanche l’Unione Europea. Quindi appare chiaro che la scelta è di affermare l’identità dell’Isis con atti di terrore che destabilizzino e intimidiscano non un nemico attuale, ma anche solo un nemico del tutto potenziale. La Sovragestione decide, in altri termini, di affermare l’esistenza del neonato Stato Islamico, con atti rivolti su soggetti ritenuti deboli, coma l’Europa, teatro di divisioni e di distinguo opportunistici tra Stati, e quelli ritenuti più deboli sotto il profilo della sicurezza interna, la Francia e il Belgio, sono stati colpiti perché più ospitali nei confronti del mondo islamico, nell’illusione per ora tramontata di sostenere e rafforzare un Islam “moderato”.Perché la possibilità di una leadership nel mondo islamico, di una quanto mai inerte e inattiva componente moderata è comunque il primo pericolo, sia pure del tutto potenziale, per Isis: per lo stesso motivo per il quale il primo nemico della struttura clericale sono stati gli eretici e non gli atei o i credenti di altre religioni, o i primi nemici del comunismo integralista sono stati i socialisti e i comunisti non “ortodossi”. Ma questo interessa alla Sovragestione solo per motivare profondamente l’integralismo islamico costruendo la figura del nemico. I veri interessi e i veri obiettivi sono altri. E la vera firma simbolica della Sovragestione la troviamo nella scelta, di enormi risvolti esoterici, degli obiettivi dell’azione neoterroristica di Bruxelles. Aeroporto e Metropolitana. Alchemicamente, “Quod superius est inferius”. Cattolicamente, “Così in cielo come in terra”. Perché iniziato vero è colui che cerca in sé l’orma della divinità, controiniziato colui che crede di essere Dio. E l’Isis è solo il braccio armato, ma anche il panno rosso del torero agitato davanti al povero toro. Non c’è nulla di religioso in tutto questo. Perché chi crede di essere Dio, non ha bisogno, in alcuna forma, di Dio.Sviluppi. Il neoterrorismo, per come si prospetta la situazione, ha per ora realizzato pienamente gli obiettivi strategici della Sovragestione e gli obiettivi tattici del suo braccio armato, l’Isis. Gli obiettivi strategici sono portare guerra e terrore Urbi et Orbi (aeroporti e metropolitane) non consentendo a nessuno di individuare il presupposto fondamentale di una guerra che si possa combattere con successo, e cioè il teatro dei fatti bellici, il cosiddetto “campo di battaglia”. Il resto del mondo (parlare solo di Occidente sarebbe riduttivo) non sa dove difendersi, oltre a non conoscere il vero avversario, che è la Sovragestione prima dell’Isis. La stessa creazione dello Stato Islamico appare come l’ennesima brillante intuizione strategica di disegnare un campo di battaglia che produca nuove stragi, ma che sia anche lontano dai veri interessi in gioco, non manifestando infine ciò che si deve veramente distruggere e alimentando altresì l’odio delle popolazioni avvelenate dall’integralismo islamico contro chi è costretto ad ammazzargli amici e familiari.Le intelligence delle varie nazioni coinvolte dovrebbero sapere che la Sovragestione ha da tempo preparato almeno tre progetti di Stati islamici diversamente collocati da quello attuale, in caso di crollo e disfatta del medesimo. Come l’Italia dovrebbe sapere, solo in termini di consapevolezza, non in termini di intimidazione o paura, che qualunque suo coinvolgimento operativo in iniziative sul territorio dell’Isis, comporterà che muti la sua natura da obiettivo potenziale a obiettivo effettivo. I terreni ipotizzabili di una azione neoterroristica, anche sotto il profilo simbolico proprio della Sovragestione, oggi sono due: Roma, ovviamente, e la Sicilia, Palermo per esempio. Certamente l’Isis sarebbe da disgregare, ma nella consapevolezza che gli altri Stati islamici sono pronti per sorgere, o la stessa Isis per risorgere altrove. Occorre che, contestualmente alle manovre di sicurezza attuali, entri a tutti gli effetti nel mirino delle analisi e della costruzione di strategie la Sovragestione; e ciò può avvenire solo tramite una bonifica delle proprie strutture di potere del mondo occidentale, cosa resa difficile dalle attuali zone oscure di contiguità. L’operazione culturale, sociale, politica, ma anche iniziatica è quella di contrapporre al riscatto escatologico e ipotetico degli integralismi religiosi e non, la concreta, quotidiana, ricostruzione del vero Tempio, che è l’Uomo. La vera scommessa dell’Occidente è la nascita di un Neoumanesimo.(Gianfranco Carpeoro, estratto da “Analaisi sistematica del neoterrorismo islamico”, dalla pagina Facebook di Carpeoro del 13 aprile 2016. Massone e studioso del linguaggio simbolico cifrato, proprio del mondo esosterico, l’avvocato Carpeoro è autore di romanzi come “Il volo del Pellicano”; di prossima uscita, per Uno Editori, il saggio “Dalla massoneria al terrorismo”).
CRONACA DI GIORNI DI GUERRA
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Bonificare il vertice dell’Occidente: e finirà il terrore dell’Isis
Scritto il 07/9/16 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
La scelta degli obiettivi del neoterrorismo appare strategicamente ragionata dalla Sovragestione, con una evoluzione molto particolare che costituisce la riproposizione del vecchio modulo terroristico. In effetti Al-Qaeda aveva colpito nei fatti dell’11 settembre 2001 dichiarando una specie di stato di guerra al nemico dichiarato: gli Stati Uniti d’America. Colpire le Torri Gemelle o addirittura il Pentagono era colpire direttamente un nemico dichiarato, era l’atto iniziale di una guerra su un territorio, mai in precedenza direttamente nel mirino del Terrore. Isis cambia modo. Francia e Belgio, nonostante le gravi responsabilità della prima nelle vicende libiche, non sono nemici diretti del mondo arabo, anzi. E neanche l’Unione Europea. Quindi appare chiaro che la scelta è di affermare l’identità dell’Isis con atti di terrore che destabilizzino e intimidiscano non un nemico attuale, ma anche solo un nemico del tutto potenziale. La Sovragestione decide, in altri termini, di affermare l’esistenza del neonato Stato Islamico, con atti rivolti su soggetti ritenuti deboli, coma l’Europa, teatro di divisioni e di distinguo opportunistici tra Stati, e quelli ritenuti più deboli sotto il profilo della sicurezza interna, la Francia e il Belgio, sono stati colpiti perché più ospitali nei confronti del mondo islamico, nell’illusione per ora tramontata di sostenere e rafforzare un Islam “moderato”.Perché la possibilità di una leadership nel mondo islamico, di una quanto mai inerte e inattiva componente moderata è comunque il primo pericolo, sia pure del tutto potenziale, per Isis: per lo stesso motivo per il quale il primo nemico della struttura clericale sono stati gli eretici e non gli atei o i credenti di altre religioni, o i primi nemici del comunismo integralista sono stati i socialisti e i comunisti non “ortodossi”. Ma questo interessa alla Sovragestione solo per motivare profondamente l’integralismo islamico costruendo la figura del nemico. I veri interessi e i veri obiettivi sono altri. E la vera firma simbolica della Sovragestione la troviamo nella scelta, di enormi risvolti esoterici, degli obiettivi dell’azione neoterroristica di Bruxelles. Aeroporto e Metropolitana. Alchemicamente, “Quod superius est inferius”. Cattolicamente, “Così in cielo come in terra”. Perché iniziato vero è colui che cerca in sé l’orma della divinità, controiniziato colui che crede di essere Dio. E l’Isis è solo il braccio armato, ma anche il panno rosso del torero agitato davanti al povero toro. Non c’è nulla di religioso in tutto questo. Perché chi crede di essere Dio, non ha bisogno, in alcuna forma, di Dio.Sviluppi. Il neoterrorismo, per come si prospetta la situazione, ha per ora realizzato pienamente gli obiettivi strategici della Sovragestione e gli obiettivi tattici del suo braccio armato, l’Isis. Gli obiettivi strategici sono portare guerra e terrore Urbi et Orbi (aeroporti e metropolitane) non consentendo a nessuno di individuare il presupposto fondamentale di una guerra che si possa combattere con successo, e cioè il teatro dei fatti bellici, il cosiddetto “campo di battaglia”. Il resto del mondo (parlare solo di Occidente sarebbe riduttivo) non sa dove difendersi, oltre a non conoscere il vero avversario, che è la Sovragestione prima dell’Isis. La stessa creazione dello Stato Islamico appare come l’ennesima brillante intuizione strategica di disegnare un campo di battaglia che produca nuove stragi, ma che sia anche lontano dai veri interessi in gioco, non manifestando infine ciò che si deve veramente distruggere e alimentando altresì l’odio delle popolazioni avvelenate dall’integralismo islamico contro chi è costretto ad ammazzargli amici e familiari.Le intelligence delle varie nazioni coinvolte dovrebbero sapere che la Sovragestione ha da tempo preparato almeno tre progetti di Stati islamici diversamente collocati da quello attuale, in caso di crollo e disfatta del medesimo. Come l’Italia dovrebbe sapere, solo in termini di consapevolezza, non in termini di intimidazione o paura, che qualunque suo coinvolgimento operativo in iniziative sul territorio dell’Isis, comporterà che muti la sua natura da obiettivo potenziale a obiettivo effettivo. I terreni ipotizzabili di una azione neoterroristica, anche sotto il profilo simbolico proprio della Sovragestione, oggi sono due: Roma, ovviamente, e la Sicilia, Palermo per esempio. Certamente l’Isis sarebbe da disgregare, ma nella consapevolezza che gli altri Stati islamici sono pronti per sorgere, o la stessa Isis per risorgere altrove. Occorre che, contestualmente alle manovre di sicurezza attuali, entri a tutti gli effetti nel mirino delle analisi e della costruzione di strategie la Sovragestione; e ciò può avvenire solo tramite una bonifica delle proprie strutture di potere del mondo occidentale, cosa resa difficile dalle attuali zone oscure di contiguità. L’operazione culturale, sociale, politica, ma anche iniziatica è quella di contrapporre al riscatto escatologico e ipotetico degli integralismi religiosi e non, la concreta, quotidiana, ricostruzione del vero Tempio, che è l’Uomo. La vera scommessa dell’Occidente è la nascita di un Neoumanesimo.(Gianfranco Carpeoro, estratto da “Analaisi sistematica del neoterrorismo islamico”, dalla pagina Facebook di Carpeoro del 13 aprile 2016. Massone e studioso del linguaggio simbolico cifrato, proprio del mondo esosterico, l’avvocato Carpeoro è autore di romanzi come “Il volo del Pellicano”; di prossima uscita, per Uno Editori, il saggio “Dalla massoneria al terrorismo”).
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Re: La Terza Guerra Mondiale
LIBRE news
Carotenuto: i Maghi Neri non ci domineranno per sempre
Scritto il 10/9/16 • nella Categoria: Recensioni Condividi
Fa più rumore un albero che cade, lo sappiamo: l’immensa foresta cresce in silenzio. Oggi però di alberi ne cadono a migliaia, tutti i giorni. E’ un fragore spaventoso, che provoca smarrimento. Il che non è casuale: più che il legname, infatti, al taglialegna interessa proprio la paura che il crollo provoca. Guerre, disperazione, crisi economiche accuratamente progettate. Ma l’indotto globalizzato della strage quotidiana, il “core business del male”, non è nemmeno il lucro: l’obiettivo numero uno è lo scoraggiamento di massa, planetario. La resa dell’umanità. I trilioni di dollari contano, eccome – sono la lussuosa paga dei grandi mercenari, gli strumenti della “piramide oscura”. Al cui vertice però siedono tenebrosi “sacerdoti”, i Maghi Neri, il cui vero “fatturato” non è misurabile in denaro, ma in dolore. La loro missione: sabotare le connessioni vitali, amorevoli, tra persone e popoli. Da questa prospettiva, decisamente inconsueta, Fausto Carotenuto fotografa, a modo suo, il senso della grande deriva mondiale che stiamo vivendo, di cui spesso stentiamo a cogliere il significato. Ma non lasciamoci spaventare, aggiunge: se il frastuono è in aumento, se gli “architetti del buio” stanno “esagerando”, è perché cominciando ad avere paura del nostro risveglio.Fausto Carotenuto non è un guru della new age. E conosce bene le dinamiche del quadro geopolitico: per anni, è stato analista strategico dei servizi segreti italiani. Da tempo, ha intrapreso nuove esperienze, confluite nel network “Coscienze in Rete”. E ha scritto libri come “Il mistero della situazione internazionale”, che provano a tradurre anche la politica in termini spirituali: una dimensione inconfessabile, impresentabile a livello mainstream (sarebbe spernacchiata come grottesca surperstizione). Ma in realtà – sostiene l’autore – è l’unica prospettiva capace di spiegare fino in fondo l’attitudine dei “dominus”, la loro incrollabile e misteriosa vocazione al peggio. Carotenuto ricorre alle categorie simboliche dell’invisibile, evocando i due principi-cardine a cui si ispirerebbe la “piramide nera”: da un lato “Lucifero”, il demone della realtà illusoria, presentata come rifugio dorato, dove la coscienza “si addormenta” e smette di evolversi; e dall’altro “Arimane”, «il padrone della scena materiale», la cui missione consisterebbe nel «convincerci che non abbiamo spirito, che siamo solo animali evoluti», e quindi «fa di tutto per meccanizzarci, per legarci a vite prive di amore, abbacinate dal denaro, dai piaceri fisici, dal potere sugli altri».Queste due potenze, scrive Carotenuto, sono il vertice di una piramide – reale, concreta – fatta di uomini in carne e ossa. Sono i sommi sacerdoti e loro discepoli, che coordinano le “fratellanze oscure” e le organizzazioni trasversali, utilizzando schiere di mercenari puntualmente reclutati e profumatamente pagati per fare il “lavoro sporco”, senza averne neppure la piena consapevolezza. Ogni anello di questa catena infernale, sostiene l’autore, interpreta innanzitutto il ruolo del carnefice, per poi scoprirsi vittima a sua volta: le vite degli esponenti del massimo potere, a prima vista comode, sono in realtà tormentate da continue lotte: tutti i grandi boss sono avvelenati dalla paura di essere scalzati e privati degli smisurati privilegi conquistati con ogni mezzo. In altre parole: nessuno è davvero felice, lassù. Al punto che, sempre più spesso, si registrano autentiche ribellioni: eredi designati, rampolli di grandi famiglie ed ex “macellai” di lungo corso (dell’economia, della finanza, delle multinazionali) all’improvviso “vedono” la disperazione del sistema e la respingono, non essendo più disposti a restare complici della “piramide oscura”.Anche per questo, secondo Carotenuto, sta aumentando l’intensità della violenza a cui siamo sottoposti, fra disastri economici, guerre e terrorismo: l’élite “nera” teme di perdere la sua presa. E il suo declino, pronostica l’autore, potrebbe essere più rapido di quanto non s’immagini. Ma non sarà una passeggiata: il potere “nero” è un osso durissimo. A comiciare da loro, quelli che Carotenuto chiama Maghi Neri, cioè personalità votate al male: «Hanno ricevuto enormi fortune, grandissimi poteri». Magia, vera e propria: «Lunghi e ripetuti rituali, contro-iniziazioni», che nel corso della storia hanno reso questi individui «particolarmente acuti, di un’intelligenza fredda e metallica, priva di cuore». Godono del potere immenso che esercitano sull’umanità – che disprezzano, insieme al bene e alla libertà. Coadiuvati dai loro discepoli, continua Carotenuto, i Maghi Neri istruiscono le “fratellanze oscure”, ovvero «ristrette organizzazioni», non note ai più, che «praticano ritualità oscure», di tipo occultistico, «con l’uso intensivo di medium». Oltre ai mezzi ordinari, materiali, «dalla manipolazione agli omicidi» le “fratellanze oscure” «praticano attivamente la magia nera», nella quale hanno evidentemente la massima fiducia. Nella formazione degli adepti «viene spenta ulteriormente la forza dell’amore e vengono accentuate particolari doti, dell’intelligenza e dell’obbedienza».Spesso si tratta di giovani, «lanciati in carriere fulminanti», per arrivare a volte a diventare «consiglieri più o meno occulti di qualche eminente personalità», fino ad essere «investiti in prima persona nei grandissimi incarichi». Secondo Carotenuto, «il lavoro rituale fatto su di loro lascia spesso tracce esteriori visibili negli occhi, che acquistano una apparenza strana, priva di calore o vitrea». Occhi «dotati di una luce inquietante, o spenti». Non è una pagina della saga di Harry Potter. Ricorda da vicino certi film, come “L’avvocato del diavolo”, con Al Pacino e Keanu Reeves. Ma quella di Carotenuto non è fiction: anche se parla apertamente di magia (nera), la modalità narrativa è quella della saggistica. Le “fratellanze oscure”? Esistono, eccome. E funzionano proprio così, sostiene l’autore. «Si tratta probabilmente di qualche decina di organizzazioni segrete, presenti e attive ovunque nelle strutture del potere laico e di quello religioso». Sono queste organizzazioni che «predispongono e dirigono gli uomini che portano avanti in modo piuttosto consapevole le più forti operazioni di condizionamento dell’umanità: le contro-ispirazioni, gli attacchi alla natura umana, le guerre, il terrorismo».Tutto il resto è a valle, assicura l’ex analista geopolitico dell’intelligence: dalla Trilaterale al Council on Foreign Relations, dal Bilderberg all’Aspen Istitute, dal Club di Roma ai Rotschild, fino alla Goldman Sachs e alla super-massoneria deviata. La recente letteratura complottista punta il dito contro i gesuiti e l’Opus Dei, i Fratelli Musulmani, il B’nai B’rith israeliano? «Queste organizzazioni, misteriose ma note, sono sono al quinto livello della scala del potere oscuro», cioè «abbastanza in basso», vale a dire: «Meri esecutori, ben compensati per i loro servigi, con soldi e potere. Ma non sono loro a elaborare le grandi strategie del male». Restano agli ordini dei «livelli superiori», cioè «alcune centinaia di famiglie e organizzazioni». Gli uomini delle “fratellanze oscure” «ricevono spesso incarichi dirigenziali importanti nei principali settori del potere economico, politico, militare, religioso, culturale, scientifico, mediatico e malavitoso». Esecutori speciali, che «rispondono fedelmente agli uomini delle cerchie ristrette», da cui ricevono istruzioni, che applicano alla lettera, senza mai discuterle, per non perdere le posizioni acquisite.Quello degli esecutori disseminati nelle “fratellanze oscure”, sempre secondo Carotenuto, è un vero e proprio esercito: «Sono molte migliaia, in tutte le organizzazioni mondiali di potere, in tutti i settori. Capi e dirigenti importanti delle organizzazioni multinazionali fondamentali», dall’Onu al Fmi, dalla Banca Mondiale al Wto fino all’Oms, l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Inlcusi «la maggior parte dei capi religiosi e dei capi di Stato e di governo». Leader di partito e capi delle multinazionali, vertici bancari e finanziari, senza contare l’impero dei mass media, la maggior parte dei servizi segreti e delle forze armate. Farebbero parte del sistema anche i maggiori responsabili dei principali gruppi religiosi, nonché i boss dei cartelli criminali mafiosi. «Vicino a loro c’è sempre almeno un emissario della cerchia ristretta, della “fratellanza”, da cui dipende il loro gruppo». E’ un uomo «al quale non si può dire di no, mai: nemmeno il presidente degli Stati Uniti può dire di no a un certo assistente o collaboratore, mai». A volte, aggiunge Carotenuto, il politico non capisce neppure perché gli viene ordinato di fare certe cose, in apparenza senza senso; ma obbedisce sempre, puntualmente premiato con «ricche porzioni di potere materiale».Più a valle ancora, nella serie di gironi danteschi rappresentati da Carotenuto, ci sono i semplici “mercenari” reclutati per singole missioni. E quindi – ultimo anello della catena – ci siamo noi, il resto dell’umanità: «Se non ci fossimo noi, coi nostri attuali comportamenti, a fare da base a ognuna di quelle piramidi, non esisterebbero neppure». L’autore le chiama “forme-impero”, “piramidi del male”. Tutti noi, inconsapevolmente, ne facciamo parte. Come? Lasciando che la nostra coscienza continui a dormire: «Tutti gli spazi della nostra vita non occupati dalla nostra coscienza, dalle nostre azioni e dai nostri pensieri vigili, in direzione del bene, della crescita della coscienza nostra e degli altri intorno a noi, sono il campo di manovra delle forze oscure. Ogni mancanza di amore e di coscienza, da parte nostra, è un mattone delle piramidi del male, che approfittano immediatamente delle nostre omissioni, delle nostre assenze, dei nostri egoismi». Basta poco: fidarsi di quello che il potere racconta, lasciarsi gestire, delegare ai “poteri oscuri” l’orientamento della nostra vita, delle nostre scelte anche politiche, del nostro lavoro, del nostro tempo. «Il loro potere deriva dal sangue che ci succhiano, che sono le nostre energie economiche, fisiche, vitali e psichiche. Ma siamo sempre noi a porgere il collo, inconsciamente, a queste vere e proprie “piramidi di vampiri”».Carotenuto le chiama anche “forze dell’ostacolo”: in apparenza soltanto negative, “demoniache”, ma in realtà – per quanto abominevoli – anch’esse funzionali, in ultima analisi, alla “strategia del risveglio” con cui, silenziosamente, l’umanità sarebbe alle prese. Solo lo stato di crisi, infatti, mobilita le risorse interiori, altrimenti dormienti. Il male, in funzione del bene: una visione filosofica tipicamente orientale, in Occidente abbracciata per lo più dalle correnti minoritarie, esoteriche, come il templarismo (San Bernardo che non uccide il diavolo, ma lo doma tenendolo al guinzaglio, incatenato). Il libro di Carotenuto sorvola sui nomi, preferendo uno sguardo prospettico e teorico. Non denuncia direttamente singoli “colpevoli”, ma descrive il meccanismo che li produce – e lo fa ricorrendo a una visione “animica”, di tipo spiritualistico, insistendo nella convinzione che (al di là dell’apparenza) proprio la dimensione spirituale sia quella dotata di maggiore concretezza, come il super-potere della “piramide” ben sa, assicura l’autore.Quelli a cui manca questa consapevolezza, invece, siamo proprio noi: non abbiamo ancora compreso l’immenso potenziale, anche pratico, di una forza non convenzionale chiamata “amore”, capace di prodigiosi contagi benefici – quelli che la “piramide oscura” teme così tanto, al punto da traumatizzarci anche col terrore diffuso, per spezzare le “reti invisibili, amorevoli”, destinate infine a vincere. E’ infatti questo il messaggio dell’autore: la “foresta” sarà anche silenziosa, ma ultimamente sta crescendo a ritmi inimmaginabili. Milioni di individui, dice Carotenuto, attraverso la condivisione di conoscenze ed esperienze solidali stanno espandendo in profondità la loro coscienza, verso un’evoluzione impensabile dell’umanità, senza più odio. Si avvicina la fine delle “forme-impero”, come Roma (il contario di Amor) trasformatasi in un altro impero, con l’alibi di una religione storicamente manipolata, modellata per riprodurre all’infinito lo schema del dominio, quello dei Maghi Neri? Carotenuto ci crede: il male è scatenato, nel mondo, e questo provoca ondate di angoscia e di egoismo. Ma le “armate bianche” – così le chiama – sono entrate in azione, e spingeranno ognuno di noi a sottrarsi al potere delle “piramidi oscure”, cambiando il modo di pensare la propria vita e cominciando ad amare il prossimo. Questo farà crollare l’architettura dell’inferno che ci tiene prigionieri della paura.(Il libro: Fausto Carotenuto, “Il mistero della situazione internazionale. Come portare la spiritualità in politica”, Uno Editori, 247 pagine, euro 16,90).
Carotenuto: i Maghi Neri non ci domineranno per sempre
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Fa più rumore un albero che cade, lo sappiamo: l’immensa foresta cresce in silenzio. Oggi però di alberi ne cadono a migliaia, tutti i giorni. E’ un fragore spaventoso, che provoca smarrimento. Il che non è casuale: più che il legname, infatti, al taglialegna interessa proprio la paura che il crollo provoca. Guerre, disperazione, crisi economiche accuratamente progettate. Ma l’indotto globalizzato della strage quotidiana, il “core business del male”, non è nemmeno il lucro: l’obiettivo numero uno è lo scoraggiamento di massa, planetario. La resa dell’umanità. I trilioni di dollari contano, eccome – sono la lussuosa paga dei grandi mercenari, gli strumenti della “piramide oscura”. Al cui vertice però siedono tenebrosi “sacerdoti”, i Maghi Neri, il cui vero “fatturato” non è misurabile in denaro, ma in dolore. La loro missione: sabotare le connessioni vitali, amorevoli, tra persone e popoli. Da questa prospettiva, decisamente inconsueta, Fausto Carotenuto fotografa, a modo suo, il senso della grande deriva mondiale che stiamo vivendo, di cui spesso stentiamo a cogliere il significato. Ma non lasciamoci spaventare, aggiunge: se il frastuono è in aumento, se gli “architetti del buio” stanno “esagerando”, è perché cominciando ad avere paura del nostro risveglio.Fausto Carotenuto non è un guru della new age. E conosce bene le dinamiche del quadro geopolitico: per anni, è stato analista strategico dei servizi segreti italiani. Da tempo, ha intrapreso nuove esperienze, confluite nel network “Coscienze in Rete”. E ha scritto libri come “Il mistero della situazione internazionale”, che provano a tradurre anche la politica in termini spirituali: una dimensione inconfessabile, impresentabile a livello mainstream (sarebbe spernacchiata come grottesca surperstizione). Ma in realtà – sostiene l’autore – è l’unica prospettiva capace di spiegare fino in fondo l’attitudine dei “dominus”, la loro incrollabile e misteriosa vocazione al peggio. Carotenuto ricorre alle categorie simboliche dell’invisibile, evocando i due principi-cardine a cui si ispirerebbe la “piramide nera”: da un lato “Lucifero”, il demone della realtà illusoria, presentata come rifugio dorato, dove la coscienza “si addormenta” e smette di evolversi; e dall’altro “Arimane”, «il padrone della scena materiale», la cui missione consisterebbe nel «convincerci che non abbiamo spirito, che siamo solo animali evoluti», e quindi «fa di tutto per meccanizzarci, per legarci a vite prive di amore, abbacinate dal denaro, dai piaceri fisici, dal potere sugli altri».Queste due potenze, scrive Carotenuto, sono il vertice di una piramide – reale, concreta – fatta di uomini in carne e ossa. Sono i sommi sacerdoti e loro discepoli, che coordinano le “fratellanze oscure” e le organizzazioni trasversali, utilizzando schiere di mercenari puntualmente reclutati e profumatamente pagati per fare il “lavoro sporco”, senza averne neppure la piena consapevolezza. Ogni anello di questa catena infernale, sostiene l’autore, interpreta innanzitutto il ruolo del carnefice, per poi scoprirsi vittima a sua volta: le vite degli esponenti del massimo potere, a prima vista comode, sono in realtà tormentate da continue lotte: tutti i grandi boss sono avvelenati dalla paura di essere scalzati e privati degli smisurati privilegi conquistati con ogni mezzo. In altre parole: nessuno è davvero felice, lassù. Al punto che, sempre più spesso, si registrano autentiche ribellioni: eredi designati, rampolli di grandi famiglie ed ex “macellai” di lungo corso (dell’economia, della finanza, delle multinazionali) all’improvviso “vedono” la disperazione del sistema e la respingono, non essendo più disposti a restare complici della “piramide oscura”.Anche per questo, secondo Carotenuto, sta aumentando l’intensità della violenza a cui siamo sottoposti, fra disastri economici, guerre e terrorismo: l’élite “nera” teme di perdere la sua presa. E il suo declino, pronostica l’autore, potrebbe essere più rapido di quanto non s’immagini. Ma non sarà una passeggiata: il potere “nero” è un osso durissimo. A comiciare da loro, quelli che Carotenuto chiama Maghi Neri, cioè personalità votate al male: «Hanno ricevuto enormi fortune, grandissimi poteri». Magia, vera e propria: «Lunghi e ripetuti rituali, contro-iniziazioni», che nel corso della storia hanno reso questi individui «particolarmente acuti, di un’intelligenza fredda e metallica, priva di cuore». Godono del potere immenso che esercitano sull’umanità – che disprezzano, insieme al bene e alla libertà. Coadiuvati dai loro discepoli, continua Carotenuto, i Maghi Neri istruiscono le “fratellanze oscure”, ovvero «ristrette organizzazioni», non note ai più, che «praticano ritualità oscure», di tipo occultistico, «con l’uso intensivo di medium». Oltre ai mezzi ordinari, materiali, «dalla manipolazione agli omicidi» le “fratellanze oscure” «praticano attivamente la magia nera», nella quale hanno evidentemente la massima fiducia. Nella formazione degli adepti «viene spenta ulteriormente la forza dell’amore e vengono accentuate particolari doti, dell’intelligenza e dell’obbedienza».Spesso si tratta di giovani, «lanciati in carriere fulminanti», per arrivare a volte a diventare «consiglieri più o meno occulti di qualche eminente personalità», fino ad essere «investiti in prima persona nei grandissimi incarichi». Secondo Carotenuto, «il lavoro rituale fatto su di loro lascia spesso tracce esteriori visibili negli occhi, che acquistano una apparenza strana, priva di calore o vitrea». Occhi «dotati di una luce inquietante, o spenti». Non è una pagina della saga di Harry Potter. Ricorda da vicino certi film, come “L’avvocato del diavolo”, con Al Pacino e Keanu Reeves. Ma quella di Carotenuto non è fiction: anche se parla apertamente di magia (nera), la modalità narrativa è quella della saggistica. Le “fratellanze oscure”? Esistono, eccome. E funzionano proprio così, sostiene l’autore. «Si tratta probabilmente di qualche decina di organizzazioni segrete, presenti e attive ovunque nelle strutture del potere laico e di quello religioso». Sono queste organizzazioni che «predispongono e dirigono gli uomini che portano avanti in modo piuttosto consapevole le più forti operazioni di condizionamento dell’umanità: le contro-ispirazioni, gli attacchi alla natura umana, le guerre, il terrorismo».Tutto il resto è a valle, assicura l’ex analista geopolitico dell’intelligence: dalla Trilaterale al Council on Foreign Relations, dal Bilderberg all’Aspen Istitute, dal Club di Roma ai Rotschild, fino alla Goldman Sachs e alla super-massoneria deviata. La recente letteratura complottista punta il dito contro i gesuiti e l’Opus Dei, i Fratelli Musulmani, il B’nai B’rith israeliano? «Queste organizzazioni, misteriose ma note, sono sono al quinto livello della scala del potere oscuro», cioè «abbastanza in basso», vale a dire: «Meri esecutori, ben compensati per i loro servigi, con soldi e potere. Ma non sono loro a elaborare le grandi strategie del male». Restano agli ordini dei «livelli superiori», cioè «alcune centinaia di famiglie e organizzazioni». Gli uomini delle “fratellanze oscure” «ricevono spesso incarichi dirigenziali importanti nei principali settori del potere economico, politico, militare, religioso, culturale, scientifico, mediatico e malavitoso». Esecutori speciali, che «rispondono fedelmente agli uomini delle cerchie ristrette», da cui ricevono istruzioni, che applicano alla lettera, senza mai discuterle, per non perdere le posizioni acquisite.Quello degli esecutori disseminati nelle “fratellanze oscure”, sempre secondo Carotenuto, è un vero e proprio esercito: «Sono molte migliaia, in tutte le organizzazioni mondiali di potere, in tutti i settori. Capi e dirigenti importanti delle organizzazioni multinazionali fondamentali», dall’Onu al Fmi, dalla Banca Mondiale al Wto fino all’Oms, l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Inlcusi «la maggior parte dei capi religiosi e dei capi di Stato e di governo». Leader di partito e capi delle multinazionali, vertici bancari e finanziari, senza contare l’impero dei mass media, la maggior parte dei servizi segreti e delle forze armate. Farebbero parte del sistema anche i maggiori responsabili dei principali gruppi religiosi, nonché i boss dei cartelli criminali mafiosi. «Vicino a loro c’è sempre almeno un emissario della cerchia ristretta, della “fratellanza”, da cui dipende il loro gruppo». E’ un uomo «al quale non si può dire di no, mai: nemmeno il presidente degli Stati Uniti può dire di no a un certo assistente o collaboratore, mai». A volte, aggiunge Carotenuto, il politico non capisce neppure perché gli viene ordinato di fare certe cose, in apparenza senza senso; ma obbedisce sempre, puntualmente premiato con «ricche porzioni di potere materiale».Più a valle ancora, nella serie di gironi danteschi rappresentati da Carotenuto, ci sono i semplici “mercenari” reclutati per singole missioni. E quindi – ultimo anello della catena – ci siamo noi, il resto dell’umanità: «Se non ci fossimo noi, coi nostri attuali comportamenti, a fare da base a ognuna di quelle piramidi, non esisterebbero neppure». L’autore le chiama “forme-impero”, “piramidi del male”. Tutti noi, inconsapevolmente, ne facciamo parte. Come? Lasciando che la nostra coscienza continui a dormire: «Tutti gli spazi della nostra vita non occupati dalla nostra coscienza, dalle nostre azioni e dai nostri pensieri vigili, in direzione del bene, della crescita della coscienza nostra e degli altri intorno a noi, sono il campo di manovra delle forze oscure. Ogni mancanza di amore e di coscienza, da parte nostra, è un mattone delle piramidi del male, che approfittano immediatamente delle nostre omissioni, delle nostre assenze, dei nostri egoismi». Basta poco: fidarsi di quello che il potere racconta, lasciarsi gestire, delegare ai “poteri oscuri” l’orientamento della nostra vita, delle nostre scelte anche politiche, del nostro lavoro, del nostro tempo. «Il loro potere deriva dal sangue che ci succhiano, che sono le nostre energie economiche, fisiche, vitali e psichiche. Ma siamo sempre noi a porgere il collo, inconsciamente, a queste vere e proprie “piramidi di vampiri”».Carotenuto le chiama anche “forze dell’ostacolo”: in apparenza soltanto negative, “demoniache”, ma in realtà – per quanto abominevoli – anch’esse funzionali, in ultima analisi, alla “strategia del risveglio” con cui, silenziosamente, l’umanità sarebbe alle prese. Solo lo stato di crisi, infatti, mobilita le risorse interiori, altrimenti dormienti. Il male, in funzione del bene: una visione filosofica tipicamente orientale, in Occidente abbracciata per lo più dalle correnti minoritarie, esoteriche, come il templarismo (San Bernardo che non uccide il diavolo, ma lo doma tenendolo al guinzaglio, incatenato). Il libro di Carotenuto sorvola sui nomi, preferendo uno sguardo prospettico e teorico. Non denuncia direttamente singoli “colpevoli”, ma descrive il meccanismo che li produce – e lo fa ricorrendo a una visione “animica”, di tipo spiritualistico, insistendo nella convinzione che (al di là dell’apparenza) proprio la dimensione spirituale sia quella dotata di maggiore concretezza, come il super-potere della “piramide” ben sa, assicura l’autore.Quelli a cui manca questa consapevolezza, invece, siamo proprio noi: non abbiamo ancora compreso l’immenso potenziale, anche pratico, di una forza non convenzionale chiamata “amore”, capace di prodigiosi contagi benefici – quelli che la “piramide oscura” teme così tanto, al punto da traumatizzarci anche col terrore diffuso, per spezzare le “reti invisibili, amorevoli”, destinate infine a vincere. E’ infatti questo il messaggio dell’autore: la “foresta” sarà anche silenziosa, ma ultimamente sta crescendo a ritmi inimmaginabili. Milioni di individui, dice Carotenuto, attraverso la condivisione di conoscenze ed esperienze solidali stanno espandendo in profondità la loro coscienza, verso un’evoluzione impensabile dell’umanità, senza più odio. Si avvicina la fine delle “forme-impero”, come Roma (il contario di Amor) trasformatasi in un altro impero, con l’alibi di una religione storicamente manipolata, modellata per riprodurre all’infinito lo schema del dominio, quello dei Maghi Neri? Carotenuto ci crede: il male è scatenato, nel mondo, e questo provoca ondate di angoscia e di egoismo. Ma le “armate bianche” – così le chiama – sono entrate in azione, e spingeranno ognuno di noi a sottrarsi al potere delle “piramidi oscure”, cambiando il modo di pensare la propria vita e cominciando ad amare il prossimo. Questo farà crollare l’architettura dell’inferno che ci tiene prigionieri della paura.(Il libro: Fausto Carotenuto, “Il mistero della situazione internazionale. Come portare la spiritualità in politica”, Uno Editori, 247 pagine, euro 16,90).
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Re: La Terza Guerra Mondiale
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Charroux: islamici colpiranno le Torri con aerei. Era il 1969
Scritto il 11/9/16 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
“Arriverà un giorno in cui degli islamici, tramite aerei dirottati, abbatteranno i due monumenti speculari più importanti per la cultura americana”. E’ scritto, nero su bianco, in un libro di cui nessuno parla mai, men che meno in relazione all’11 Settembre. Lo scrisse il francese Robert Joseph Grugeau, in arte Robert Charroux. Titolo del volume, nell’edizione italiana: “Il libro dei segreti traditi”. Attenzione: fu pubblicato nel 1969, mentre le Twin Towers erano ancora in costruzione. Una sconcertante, precisissima profezia? No, peggio: «Probabilmente quella era un’istruzione. Come dire: guardate, quando dovrete fare quella cosa, contro l’America, la dovrete fare così». Lo afferma Gianfranco Carpeoro, esoterista e studioso di simbologia, ospite di “Border Nights” insieme al regista Massimo Mazzucco, all’indomani della strage parigina del Bataclan, 13 novembre 2015. Stessa matrice: super-massoneria deviata. «Essendo l’11 Settembre nato in ambito massonico o paramassonico, l’attentato alle Torri lo hanno fatto esattamente così, perché così funziona. Il Batalclan richiama la fuga dei Templari braccati da Filippo il Bello, che lasciarono Parigi riparando in Scozia dove fondarono la massoneria moderna. E l’11 Settembre richiama la “predizione” di Robert Charroux». Non sono coincidenze, ma “firme”: «Consentono, a chi deve decodificare l’attentato, di capire perfettamente da dove è partito».
Pioniere della teoria dei paleo-astronauti, gli esseri “venuti dalle stelle” a colonizzare (a modo loro) la Terra, Charroux ha lavorato per decenni come impiegato delle Poste. Tra il 1942 e il 1946 ha scritto otto opere di narrativa inizialmente Lo scrittore Robert Charrouxpubblicate con un altro pseudonimo: Saint-Saviol. «Non so come abbia fatto a non fare praticamente niente per quarant’anni, limitandosi al lavoro di postino, per poi – di colpo – mettersi a scrivere libri meravigliosi», afferma Carpeoro, che sospetta che Charroux non sia il vero autore di tutte le opere che portano il suo nome. «Era entrato, pare, in contatto col fondatore del Priorato di Sion», la struttura-fantasma che poi animerà il bestseller di Dan Brown, “Il Codice Da Vinci”. Aggiunge Carpeoro: «Gli era stato messo alle costole Jean Cocteau, che all’epoca era il capo dei Rosacroce», la “fratellanza” mistico-iniziatica il cui ultimo leader fu Salvador Dalì. «Probabilmente, parte dei libri di Charroux li ha scritti Cocteau». Decisamente enigmatico l’inserimento della “profezia” sulle Torri Gemelle, destinate a essere abbattute da aerei pilolati da musulmani. Radere al suolo Manhattan, istruzioni per l’uso? Ancora più strano il silenzio universale su quel libro.
Quanto al terrorismo “fai da te”, quello del classico maxi-attentato che Mazzucco definisce “inside job” coperto dalla solita “false flag”, la falsa bandiera (lo squilibrato di turno nel caso dei Kennedy, e oggi il fanatico commando jihadista), Carpeoro propone una visione assolutamente speculare tra l’11 Settembre e il Bataclan. «Sono entrambi l’applicazione perfetta di uno schema della Cia, regolarmente eseguito e ben noto a tutti anche in ambito Nato». Un modulo invariabile, sempre basato su tre obiettivi. Il primo è il bersaglio grosso, strategico. Il secondo è il Piano-B, da giocare come carta di riserva. Il terzo è solo un diversivo tattico per depistare le forze di sicurezza, che al 99% sono all’oscuro del complotto e vanno disperse lontano dai bersagli principali. In Pennsylvania, a Shanksville, cadde il volo 93 della United Airlines, l’unico a non aver centrato nessun obiettivo: probabilmente si teneva pronto a colpire obiettivi minori, per disorientare la sicurezza. Saputo che le Torri erano già L'attacco alle Torristate centrate, insieme al Pentagono, a quel punto non serviva più ed è stato abbattuto. Stesso ruolo, a Parigi, per le folli sparatorie in centro, tra i passanti e gli avventori di bar e ristoranti, cioè lontano dagli obiettivi 1 e 2, lo stadio di calcio e il Bataclan.
Per Carpeoro, a Parigi il 13 novembre il bersaglio principale era proprio l’Estade de France, dove però qualche solerte poliziotto è riuscito a fermare i kamikaze prima che riuscissero a entrare nel centro sportivo, dove in tribuna sedeva Hollande. Al che, si è passati al Piano-B, il Bataclan, l’obiettivo di riserva. E negli Usa? «Forse l’obiettivo principale non erano neppure le Torri, ma il Pentagono». Simili operazioni, «interamente massoniche nel loro deliberato contenuto simbolico», per Carpeoro vengono progettate da settori deviati dell’intelligence con almeno 6 mesi di anticipo, se non un anno. La manovalanza? Mai pienamente consapevole del piano, e non per forza votata al suicidio: «Magari a qualcuno viene detto che non deve affatto farsi esplodere, ma solo trasportare dell’esplosivo nello zaino e piazzarlo nella tribuna di uno stadio. Poi sono altri, a sua insaputa, che azionano il telecomando a distanza». Senza contare le tecniche di manipolazione mentale come l’Mk-Ultra della Cia: «Dopo l’attentato a Bob Kennedy – ricorda Mazzucco – ricostruirono ogni minuto degli ultimi mesi del presunto killer, Shiran B. Shiran. Ma restava un buco nero assoluto: buio totale sulle ultime tre settimane prima dell’attentato». Mazzucco è l’attivista che più si è impegnato a indagare sull’11 Settembre. Ma neppure lui conosceva le tenebrose “istruzioni” del libro di Robert Charroux. Di cui, infatti, si continua a non parlare.
Charroux: islamici colpiranno le Torri con aerei. Era il 1969
Scritto il 11/9/16 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
“Arriverà un giorno in cui degli islamici, tramite aerei dirottati, abbatteranno i due monumenti speculari più importanti per la cultura americana”. E’ scritto, nero su bianco, in un libro di cui nessuno parla mai, men che meno in relazione all’11 Settembre. Lo scrisse il francese Robert Joseph Grugeau, in arte Robert Charroux. Titolo del volume, nell’edizione italiana: “Il libro dei segreti traditi”. Attenzione: fu pubblicato nel 1969, mentre le Twin Towers erano ancora in costruzione. Una sconcertante, precisissima profezia? No, peggio: «Probabilmente quella era un’istruzione. Come dire: guardate, quando dovrete fare quella cosa, contro l’America, la dovrete fare così». Lo afferma Gianfranco Carpeoro, esoterista e studioso di simbologia, ospite di “Border Nights” insieme al regista Massimo Mazzucco, all’indomani della strage parigina del Bataclan, 13 novembre 2015. Stessa matrice: super-massoneria deviata. «Essendo l’11 Settembre nato in ambito massonico o paramassonico, l’attentato alle Torri lo hanno fatto esattamente così, perché così funziona. Il Batalclan richiama la fuga dei Templari braccati da Filippo il Bello, che lasciarono Parigi riparando in Scozia dove fondarono la massoneria moderna. E l’11 Settembre richiama la “predizione” di Robert Charroux». Non sono coincidenze, ma “firme”: «Consentono, a chi deve decodificare l’attentato, di capire perfettamente da dove è partito».
Pioniere della teoria dei paleo-astronauti, gli esseri “venuti dalle stelle” a colonizzare (a modo loro) la Terra, Charroux ha lavorato per decenni come impiegato delle Poste. Tra il 1942 e il 1946 ha scritto otto opere di narrativa inizialmente Lo scrittore Robert Charrouxpubblicate con un altro pseudonimo: Saint-Saviol. «Non so come abbia fatto a non fare praticamente niente per quarant’anni, limitandosi al lavoro di postino, per poi – di colpo – mettersi a scrivere libri meravigliosi», afferma Carpeoro, che sospetta che Charroux non sia il vero autore di tutte le opere che portano il suo nome. «Era entrato, pare, in contatto col fondatore del Priorato di Sion», la struttura-fantasma che poi animerà il bestseller di Dan Brown, “Il Codice Da Vinci”. Aggiunge Carpeoro: «Gli era stato messo alle costole Jean Cocteau, che all’epoca era il capo dei Rosacroce», la “fratellanza” mistico-iniziatica il cui ultimo leader fu Salvador Dalì. «Probabilmente, parte dei libri di Charroux li ha scritti Cocteau». Decisamente enigmatico l’inserimento della “profezia” sulle Torri Gemelle, destinate a essere abbattute da aerei pilolati da musulmani. Radere al suolo Manhattan, istruzioni per l’uso? Ancora più strano il silenzio universale su quel libro.
Quanto al terrorismo “fai da te”, quello del classico maxi-attentato che Mazzucco definisce “inside job” coperto dalla solita “false flag”, la falsa bandiera (lo squilibrato di turno nel caso dei Kennedy, e oggi il fanatico commando jihadista), Carpeoro propone una visione assolutamente speculare tra l’11 Settembre e il Bataclan. «Sono entrambi l’applicazione perfetta di uno schema della Cia, regolarmente eseguito e ben noto a tutti anche in ambito Nato». Un modulo invariabile, sempre basato su tre obiettivi. Il primo è il bersaglio grosso, strategico. Il secondo è il Piano-B, da giocare come carta di riserva. Il terzo è solo un diversivo tattico per depistare le forze di sicurezza, che al 99% sono all’oscuro del complotto e vanno disperse lontano dai bersagli principali. In Pennsylvania, a Shanksville, cadde il volo 93 della United Airlines, l’unico a non aver centrato nessun obiettivo: probabilmente si teneva pronto a colpire obiettivi minori, per disorientare la sicurezza. Saputo che le Torri erano già L'attacco alle Torristate centrate, insieme al Pentagono, a quel punto non serviva più ed è stato abbattuto. Stesso ruolo, a Parigi, per le folli sparatorie in centro, tra i passanti e gli avventori di bar e ristoranti, cioè lontano dagli obiettivi 1 e 2, lo stadio di calcio e il Bataclan.
Per Carpeoro, a Parigi il 13 novembre il bersaglio principale era proprio l’Estade de France, dove però qualche solerte poliziotto è riuscito a fermare i kamikaze prima che riuscissero a entrare nel centro sportivo, dove in tribuna sedeva Hollande. Al che, si è passati al Piano-B, il Bataclan, l’obiettivo di riserva. E negli Usa? «Forse l’obiettivo principale non erano neppure le Torri, ma il Pentagono». Simili operazioni, «interamente massoniche nel loro deliberato contenuto simbolico», per Carpeoro vengono progettate da settori deviati dell’intelligence con almeno 6 mesi di anticipo, se non un anno. La manovalanza? Mai pienamente consapevole del piano, e non per forza votata al suicidio: «Magari a qualcuno viene detto che non deve affatto farsi esplodere, ma solo trasportare dell’esplosivo nello zaino e piazzarlo nella tribuna di uno stadio. Poi sono altri, a sua insaputa, che azionano il telecomando a distanza». Senza contare le tecniche di manipolazione mentale come l’Mk-Ultra della Cia: «Dopo l’attentato a Bob Kennedy – ricorda Mazzucco – ricostruirono ogni minuto degli ultimi mesi del presunto killer, Shiran B. Shiran. Ma restava un buco nero assoluto: buio totale sulle ultime tre settimane prima dell’attentato». Mazzucco è l’attivista che più si è impegnato a indagare sull’11 Settembre. Ma neppure lui conosceva le tenebrose “istruzioni” del libro di Robert Charroux. Di cui, infatti, si continua a non parlare.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
Repubblica 15.9.16
La sfida del Califfo donne e adolescenti per sferrare attacchi
In pochi giorni sono stati fermati tre quindicenni accusati di preparare attentati intorno a Parigi
Anche le ragazze hanno un ruolo importante: spesso destano meno sospetti fra chi controlla Le campagne di arruolamento mirano ai più giovani perchè sono più malleabili
di Renzo Guolo
DUE QUINDICENNI fermati dalla polizia di Parigi perché sospettati di preparare attentati. Arresto che si aggiunge a quello di un terzo adolescente avvenuto nei giorni scorsi. A sua volta preceduto da quello di alcune donne che hanno riempito di bombole di gas un auto lasciata vicino a Notre Dame.
Fatti che indicano un allargamento potenzialmente a dismisura del bacino di arruolamento jihadista; e che alimentano il rischio di acuire una paura collettiva che può sfociare in reazioni destinate a gonfiare le vele delle forze ostili alla presenza dei musulmani in Europa.
E’ esattamente quello cui mira l’Isis, in difficoltà in Siria, Iraq e Libia, deciso a riprendersi la scena con azioni che diano il senso della guerra totale e a polarizzare gli schieramenti secondo linee tipiche della guerra civile.
Non è casuale che il filo comune di questi arresti sia Rachid Kassim, militante francese dell’Isis che, via Telegram, conduce una massiccia campagna di propaganda e arruolamento in Rete, alla quale risultano sensibili anche giovanissimi e donne. Figure già viste in Siria, ma non ancora in Europa.
I giovanissimi sono alla ricerca di un’identità purchessia, e l’ideologia radicale, nel suo intenso antagonismo, gliela fornisce, veicolata dall’uso della Rete. Quanto alle donne che vivono in Europa, non accettano più il ruolo di “angelo del focolare” che l’Isis ha imposto alle loro consorelle nei territori dello Stato islamico, dove con poche eccezioni nella polizia religiosa o nel reclutamento on line, svolgono il ruolo di custodi della famiglia jihadista, struttura chiave nella riproduzione della base di massa del nuovo ordine politico.
Se tale ruolo è stato accettato senza difficoltà da donne provenienti dai paesi arabo- islamici o dai Balcani, sempre vissute in contesti dominati da rapporti di genere tradizionali, così non è avvenuto per le radicalizzate occidentali. Molte di esse hanno sempre desiderato a combattere, rivendicando un’eguaglianza sul terreno della jihad, sin qui di pertinenza esclusivamente maschile. Non a caso l’Isis ha più volte ribadito il divieto di combattere per le donne: sola eccezione, circostanze gravi in cui fosse in discussione la stessa sorte dello Stato islamico. Divieto mirato a impedire che le donne occupino lo spazio della guerra: terreno che, a giudizio degli ideologi radicali, potrebbe rivelarsi fertile per far lievitare quell’eguaglianza di genere sul terreno della militanza che, inevitabilmente, avrebbe conseguenze anche in altri rapporti sociali tradizionali.
Ora il quadro cambia per opera delle radicalizzate che non hanno potuto o voluto raggiungere i territori dell’Isis. Pur rifiutando la cultura occidentale, quest’ultime hanno comunque interiorizzato, in un contesto in cui la pressione sociale e ideologica è meno stringente che in un ambiente tradizionale, una certa autonomia tipica delle militanti politiche e delle donne occidentali.
L’impiego di adolescenti, così come quello delle donne, in azioni terroristiche non può che indurre una reazione tesa, se non a criminalizzare, a sospettare di qualsiasi musulmano: anche se è poco più che un bambino o una ragazza.
E’ chiaro, dunque, che il coinvolgimento nella jihad di soggetti ritenuti sin qui non sospettabili, è gravido di implicazioni che vanno oltre la dimensione della sicurezza. Mostrando una realtà nella quale il concetto di guerra si dilata all’estremo e nella quale, per i militanti jihadisti, non esistono più ruoli e spazi differenziati secondo genere ed età.
La sfida del Califfo donne e adolescenti per sferrare attacchi
In pochi giorni sono stati fermati tre quindicenni accusati di preparare attentati intorno a Parigi
Anche le ragazze hanno un ruolo importante: spesso destano meno sospetti fra chi controlla Le campagne di arruolamento mirano ai più giovani perchè sono più malleabili
di Renzo Guolo
DUE QUINDICENNI fermati dalla polizia di Parigi perché sospettati di preparare attentati. Arresto che si aggiunge a quello di un terzo adolescente avvenuto nei giorni scorsi. A sua volta preceduto da quello di alcune donne che hanno riempito di bombole di gas un auto lasciata vicino a Notre Dame.
Fatti che indicano un allargamento potenzialmente a dismisura del bacino di arruolamento jihadista; e che alimentano il rischio di acuire una paura collettiva che può sfociare in reazioni destinate a gonfiare le vele delle forze ostili alla presenza dei musulmani in Europa.
E’ esattamente quello cui mira l’Isis, in difficoltà in Siria, Iraq e Libia, deciso a riprendersi la scena con azioni che diano il senso della guerra totale e a polarizzare gli schieramenti secondo linee tipiche della guerra civile.
Non è casuale che il filo comune di questi arresti sia Rachid Kassim, militante francese dell’Isis che, via Telegram, conduce una massiccia campagna di propaganda e arruolamento in Rete, alla quale risultano sensibili anche giovanissimi e donne. Figure già viste in Siria, ma non ancora in Europa.
I giovanissimi sono alla ricerca di un’identità purchessia, e l’ideologia radicale, nel suo intenso antagonismo, gliela fornisce, veicolata dall’uso della Rete. Quanto alle donne che vivono in Europa, non accettano più il ruolo di “angelo del focolare” che l’Isis ha imposto alle loro consorelle nei territori dello Stato islamico, dove con poche eccezioni nella polizia religiosa o nel reclutamento on line, svolgono il ruolo di custodi della famiglia jihadista, struttura chiave nella riproduzione della base di massa del nuovo ordine politico.
Se tale ruolo è stato accettato senza difficoltà da donne provenienti dai paesi arabo- islamici o dai Balcani, sempre vissute in contesti dominati da rapporti di genere tradizionali, così non è avvenuto per le radicalizzate occidentali. Molte di esse hanno sempre desiderato a combattere, rivendicando un’eguaglianza sul terreno della jihad, sin qui di pertinenza esclusivamente maschile. Non a caso l’Isis ha più volte ribadito il divieto di combattere per le donne: sola eccezione, circostanze gravi in cui fosse in discussione la stessa sorte dello Stato islamico. Divieto mirato a impedire che le donne occupino lo spazio della guerra: terreno che, a giudizio degli ideologi radicali, potrebbe rivelarsi fertile per far lievitare quell’eguaglianza di genere sul terreno della militanza che, inevitabilmente, avrebbe conseguenze anche in altri rapporti sociali tradizionali.
Ora il quadro cambia per opera delle radicalizzate che non hanno potuto o voluto raggiungere i territori dell’Isis. Pur rifiutando la cultura occidentale, quest’ultime hanno comunque interiorizzato, in un contesto in cui la pressione sociale e ideologica è meno stringente che in un ambiente tradizionale, una certa autonomia tipica delle militanti politiche e delle donne occidentali.
L’impiego di adolescenti, così come quello delle donne, in azioni terroristiche non può che indurre una reazione tesa, se non a criminalizzare, a sospettare di qualsiasi musulmano: anche se è poco più che un bambino o una ragazza.
E’ chiaro, dunque, che il coinvolgimento nella jihad di soggetti ritenuti sin qui non sospettabili, è gravido di implicazioni che vanno oltre la dimensione della sicurezza. Mostrando una realtà nella quale il concetto di guerra si dilata all’estremo e nella quale, per i militanti jihadisti, non esistono più ruoli e spazi differenziati secondo genere ed età.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
LIBRE news
Usa-Russia, guerra in Siria per negare la vittoria a Trump?
Scritto il 11/10/16 • nella Categoria: idee Condividi Tweet
Tamburi di guerra, dalla Siria al Baltico. Nelle ultime ore sta salendo la tensione tra Stati Uniti e Russia. In modo pericoloso: il generale Mark Milley, capo dell’esercito statunitense, avverte che Washington è pronta a «distruggere i nemici», cioè «Cina, Russia, Iran». Da Mosca, Putin sfida l’America: se vuole la pace, cessi «la politica ostile» contro il Cremlino. L’amministrazione Obama, rileva il ministro degli esteri Lavrov, «ha fatto di tutto per distruggere l’atmosfera di fiducia che avrebbe incoraggiato la cooperazione». Si dispiegano missili in Est Europa, ma il punto più rischioso resta la Siria, dove gli Usa non accettano che i russi stiano “smontando” l’Isis, la carta giocata dall’intelligence atlantica per rovesciare Assad: dopo il bombardamento americano che ha ucciso “per errore” un’ottantina di soldati di Damasco, Mosca ha avvertito che l’aviazione russa abbatterà qualsiasi velivolo minacci l’esercito siriano. Terza Guerra Mondiale? «E’ già in atto», sostiene il massone Gioele Magaldi, che però non crede allo scontro diretto, militare, tra Usa e Russia. Almeno, non prima delle presidenziali americane, il derby tra Donald Trump e Hillary Clinton. E se invece l’escalation in Siria “servisse” proprio a destabilizzare Trump, ripetutamente schieratosi per il dialogo con Putin?Nel libro “Massoni, società a responsabilità illimitata” (Chiarelettere), Magaldi svela precisi retroscena geopolitici che, attraverso il ruolo occulto di 36 Ur-Lodges, superlogge segrete internazionali, collegano eventi in apparenza lontani: da qualche decennio, il vertice super-massonico del potere mondiale globalizzato punta tutto, in Occidente, sulla demolizione del welfare, sull’azzeramento dello Stato come investitore pubblico e sociale, e mira a fare dell’ex terzo mondo un terreno di conquista da “rapinare” (materie prime) e a cui attingere forza lavoro sottopagata, da convogliare in Europa onde svalutare ulteriormente l’occupazione nostrana. Insieme a un altro massone, Gianfranco Carpeoro, autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo” (Uno Editori), lo stesso Magaldi ha avvertito che un’identica regia manovra guerre, crisi e attentati. L’Isis e l’austerity sono riconducibili alla medesima matrice neo-aristocratica dell’oligarchia massonica internazionale: in Siria si usano i missili e i tagliagole dell’Isis, in Europa la crisi economica provocata dal rigore imposto dalla Germania – ma, all’occorrenza, si ricorre anche alla manovalanza jihadista reclutata da settori dei servizi segreti, laddove “serva” utilizzare il terrore per paralizzare il possibile risveglio dell’opinione pubblica, come appunto in Francia: Charlie Hebdo, Bataclan, Nizza.Non è un caso che la sequenza di morte abbia colpito Parigi, dove – a differenza dell’Italia – è forte la protesta sindacale contro la “Loi Travail”, il Jobs Act transalpino, che si unisce al radicale programma euroscettico del Front National di Marine Le Pen. Dopo l’inatteso esito del voto sul Brexit, la situazione sembra fibrillare: questo spiega i timori dell’élite rispetto allo stesso referendum italiano, con personaggi del calibro di Stiglitz che arrivano a paventare la fine dell’euro se Renzi dovesse perdere. Ma se in Francia il Front National è il primo partito e annuncia che, in caso di vittoria, chiederà la fine dell’euro-rigore pena l’uscita di Parigi dall’Ue, in Italia il Movimento 5 Stelle non sfiora neppure l’argomento: non c’è pericolo che chieda l’uscita dell’Italia né dall’Eurozona né tantomeno dall’Unione Europea. La situazione è in stallo. Anche per questo, forse, qualcuno potrebbe forzarla in Siria, facendo precipitare il clima della già surriscaldata campagna presidenziale americana, verso esiti imprevedibili? Di fronte ai fatti di sangue in Francia, contrassegnati da “firme” massoniche e da indagini opache (quelle su Charlie Hebdo sigillate dal segreto di Stato), Carpeoro avverte: aspettiamoci di tutto, perché quell’élite oggi ha paura di perdere potere, ha subito defezioni ed è pronta a farci veramente male. Con le bombe, e magari anche coi missili?
Usa-Russia, guerra in Siria per negare la vittoria a Trump?
Scritto il 11/10/16 • nella Categoria: idee Condividi Tweet
Tamburi di guerra, dalla Siria al Baltico. Nelle ultime ore sta salendo la tensione tra Stati Uniti e Russia. In modo pericoloso: il generale Mark Milley, capo dell’esercito statunitense, avverte che Washington è pronta a «distruggere i nemici», cioè «Cina, Russia, Iran». Da Mosca, Putin sfida l’America: se vuole la pace, cessi «la politica ostile» contro il Cremlino. L’amministrazione Obama, rileva il ministro degli esteri Lavrov, «ha fatto di tutto per distruggere l’atmosfera di fiducia che avrebbe incoraggiato la cooperazione». Si dispiegano missili in Est Europa, ma il punto più rischioso resta la Siria, dove gli Usa non accettano che i russi stiano “smontando” l’Isis, la carta giocata dall’intelligence atlantica per rovesciare Assad: dopo il bombardamento americano che ha ucciso “per errore” un’ottantina di soldati di Damasco, Mosca ha avvertito che l’aviazione russa abbatterà qualsiasi velivolo minacci l’esercito siriano. Terza Guerra Mondiale? «E’ già in atto», sostiene il massone Gioele Magaldi, che però non crede allo scontro diretto, militare, tra Usa e Russia. Almeno, non prima delle presidenziali americane, il derby tra Donald Trump e Hillary Clinton. E se invece l’escalation in Siria “servisse” proprio a destabilizzare Trump, ripetutamente schieratosi per il dialogo con Putin?Nel libro “Massoni, società a responsabilità illimitata” (Chiarelettere), Magaldi svela precisi retroscena geopolitici che, attraverso il ruolo occulto di 36 Ur-Lodges, superlogge segrete internazionali, collegano eventi in apparenza lontani: da qualche decennio, il vertice super-massonico del potere mondiale globalizzato punta tutto, in Occidente, sulla demolizione del welfare, sull’azzeramento dello Stato come investitore pubblico e sociale, e mira a fare dell’ex terzo mondo un terreno di conquista da “rapinare” (materie prime) e a cui attingere forza lavoro sottopagata, da convogliare in Europa onde svalutare ulteriormente l’occupazione nostrana. Insieme a un altro massone, Gianfranco Carpeoro, autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo” (Uno Editori), lo stesso Magaldi ha avvertito che un’identica regia manovra guerre, crisi e attentati. L’Isis e l’austerity sono riconducibili alla medesima matrice neo-aristocratica dell’oligarchia massonica internazionale: in Siria si usano i missili e i tagliagole dell’Isis, in Europa la crisi economica provocata dal rigore imposto dalla Germania – ma, all’occorrenza, si ricorre anche alla manovalanza jihadista reclutata da settori dei servizi segreti, laddove “serva” utilizzare il terrore per paralizzare il possibile risveglio dell’opinione pubblica, come appunto in Francia: Charlie Hebdo, Bataclan, Nizza.Non è un caso che la sequenza di morte abbia colpito Parigi, dove – a differenza dell’Italia – è forte la protesta sindacale contro la “Loi Travail”, il Jobs Act transalpino, che si unisce al radicale programma euroscettico del Front National di Marine Le Pen. Dopo l’inatteso esito del voto sul Brexit, la situazione sembra fibrillare: questo spiega i timori dell’élite rispetto allo stesso referendum italiano, con personaggi del calibro di Stiglitz che arrivano a paventare la fine dell’euro se Renzi dovesse perdere. Ma se in Francia il Front National è il primo partito e annuncia che, in caso di vittoria, chiederà la fine dell’euro-rigore pena l’uscita di Parigi dall’Ue, in Italia il Movimento 5 Stelle non sfiora neppure l’argomento: non c’è pericolo che chieda l’uscita dell’Italia né dall’Eurozona né tantomeno dall’Unione Europea. La situazione è in stallo. Anche per questo, forse, qualcuno potrebbe forzarla in Siria, facendo precipitare il clima della già surriscaldata campagna presidenziale americana, verso esiti imprevedibili? Di fronte ai fatti di sangue in Francia, contrassegnati da “firme” massoniche e da indagini opache (quelle su Charlie Hebdo sigillate dal segreto di Stato), Carpeoro avverte: aspettiamoci di tutto, perché quell’élite oggi ha paura di perdere potere, ha subito defezioni ed è pronta a farci veramente male. Con le bombe, e magari anche coi missili?
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Re: La Terza Guerra Mondiale
LIBRE news
Gli Usa truccano gli F-18 da aerei russi, false flag in arrivo?
Scritto il 12/10/16 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
Vuoi vedere che “si travestono da russi” per combinare qualche disastro, utile a incolpare Mosca? Il precedente, spaventoso, è quello dell’attacco con gas leatali a Ghouta, periferia di Damasco: un massacro, condotto da jihadisti armati dall’Occidente ma a lungo attribuito all’esercito siriano, nell’estate 2013. Corollario: il conto alla rovescia per il bombardamento Nato, fermato in extremis dalla fermezza di Putin che schierò la flotta del Mar Nero davanti alla Siria, mentre il Papa organizzò una clamorosa giornata di preghiera per scongiurare l’escalation. Ora ci risiamo? C’è chi lo sospetta. Un giornalista canadese, Christian Borys, ha postato su Facebook alcune foto decisamente strane: caccia americani F-18 “truccati” da Sukhoi-27 russi. Stessa, identica livrea bianco-azzurra. «Addestramento standard», precisa il reporter, «però interessante». Eccome. Specie dopo il recente bombardamento americano che ha colpito “per errore” le postazioni dell’esercito siriano, provocando un’ottantina di morti tra i soldati di Damasco e facendo precipitare la situazione in zona pericolo: il Cremlino ha annunciato che d’ora il poi la Russia abbatterà qualsiasi velivolo minacci le truppe siriane impegnate contro l’Isis.A volte, scrive Maurizio Blondet sul suo blog, l’Us Air Force dipinge i suoi aerei dei colori “nemici” per abituare i suoi piloti durante delle simulazioni. Ma il fatto è che si è diffusa (anche sulla Cnn) una conversazione del ministro degli esteri John Kerry, il primo ottobre, captata nei locali della delegazione olandese all’Onu, a margine della assemblea plenaria. Kerry parla con non meglio identificati esponenti della “resistenza” siriana, e dice loro, esasperato: ho perso ogni argomento per poter utilizzare la forza militare americana contro Assad. Parla, evidentemente, di una discussione che si è tenuta nella cerchia presidenziale, dove sostiene di essere stato messo in minoranza: «Io ho sostenuto l’uso della forza. Sono quello che ha annunciato che stavamo per attaccare Assad», riferisce ai suoi interlocutori siriani, probabilmente pensando al “conto alla rovescia” innescatosi dopo l’attacco “false flag” del 2013 con le armi chimiche. «Abbiamo un Congresso che non autorizzerebbe», continua Kerry. E spiega che in Siria “loro”, i russi, «sono stati invitati, noi no». Sicchè, «la sola ragione che ci è rimasta per volare sulla Siria è che stiamo dando la caccia all’Isis. Se andassimo a dar la caccia ad Assad, dovremmo liquidarne tutta la difesa aerea, e non abbiamo la giustificazione legale per far questo».Ma quel che la Cnn ha taciuto, rileva Blondet, è che l’intercettazione continua. Al minuto 11.18, l’interprete traduce dall’arabo all’inglese le frasi di uno dei ribelli, che si ritiene essere Raed Saleh, il rappresentante dei cosiddetti Elmetti Bianchi – quelli che “documentano” il “martirio di Aleppo” a fianco dei jihadisti sul terreno. «La Russia bombarda i civili siriani, i mercati e anche noi, la protezione civile», dice Kerry. Poi domanda: «Avete dei video degli aerei che attaccano? Possiamo avere i video che i nostri agenti hanno chiesto?». Precisa un collaboratore di Kerry: «Dei video autentici degli aerei stessi, ecco quel che ci occorre». Video di aerei russi, o che sembrino russi? Sembrano le premesse per un drammatico remake dell’attacco con il Sarin, che – come chiarì l’indagine di Carla del Ponte, la magistrata svizzera incaricata dall’Onu – fu dovuto a ordigni «forniti dai servizi segreti turchi a una delle tante bande di “ribelli” al soldo dell’Occidente e delle petromonarchie». Lo riconobbe persino la Bbc, ricorda Blondet. Ma adesso Kerry chiede ai “suoi” jihadisti siriani video di aerei russi che commettono atrocità.«Che gli occidentali siano alla disperata ricerca di un pretesto per aiutare i loro terroristi, che stanno cedendo sotto l’offensiva russo-siriana e iraniana, ce l’ha mostrato un altro episodio», racconta Blondet. Il 28 settembre, la missione di Parigi all’Onu ha lanciato l’allarme: due ospedali ad Aleppo Est sono stati bombardati. Un Tweet e una foto di edifici distrutti. «La palese menzogna è stata immediatamente ripresa da Kerry, in dichiarazione congiunta con il collega ministro francese Jean Marc Ayrault». Colpa dei russi, ovviamente. Solo che «nessuno dei gruppi d’opposizione (non erano stati istruiti prima) ha confermato la tragica notizia», nemmeno il notorio Osservatorio Siriano sui Diritti Umani, gestito dal Regno Unito da un solo “investigatore”, un oppositore di Assad, si basa su contatti telefonici. «Sicchè nella conferenza stampa seguente, il portavoce del Dipartimento di Stato, tempestato da un giornalista non asservito, non ha confermato, anzi ha ammesso che può essersi trattato di “un onesto errore” da parte di Kerry».Dunque non erano russi, gli aerei su Aleppo? E non c’è nemmeno una prova che quegli ospedali siano stati davvero colpiti? Conclusione di Blondet: «Forse, dipingere i caccia Usa coi colori dei bombardieri russi è “standard exercise”. Ma se avviene un bombardamento da parte di aerei azzurrini nelle prossime ore, su un bersaglio di civili indifesi, bambini e donne, vi abbiamo documentato i preparativi di un “false flag”». Peraltro, sarebbe solo una delle tante operazioni “false flag” di cui la storia dell’interventismo americano è piena. «E magari, avvertire in anticipo contribuisce a sventarla». Non c’è pericolo, comunque, che queste notizie si affaccino al telegiornale: «Qualcuno avverta la Botteri: ci sono intercettazioni più scottanti dei discorsi grassocci di Trump sulle donne». Che ne dice, l’inviata Rai negli Usa, «di mandare il servizio di Kerry che parla coi “siriani” e vuole dei video “veri” di aerei russi che bombardano civili?».
Gli Usa truccano gli F-18 da aerei russi, false flag in arrivo?
Scritto il 12/10/16 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
Vuoi vedere che “si travestono da russi” per combinare qualche disastro, utile a incolpare Mosca? Il precedente, spaventoso, è quello dell’attacco con gas leatali a Ghouta, periferia di Damasco: un massacro, condotto da jihadisti armati dall’Occidente ma a lungo attribuito all’esercito siriano, nell’estate 2013. Corollario: il conto alla rovescia per il bombardamento Nato, fermato in extremis dalla fermezza di Putin che schierò la flotta del Mar Nero davanti alla Siria, mentre il Papa organizzò una clamorosa giornata di preghiera per scongiurare l’escalation. Ora ci risiamo? C’è chi lo sospetta. Un giornalista canadese, Christian Borys, ha postato su Facebook alcune foto decisamente strane: caccia americani F-18 “truccati” da Sukhoi-27 russi. Stessa, identica livrea bianco-azzurra. «Addestramento standard», precisa il reporter, «però interessante». Eccome. Specie dopo il recente bombardamento americano che ha colpito “per errore” le postazioni dell’esercito siriano, provocando un’ottantina di morti tra i soldati di Damasco e facendo precipitare la situazione in zona pericolo: il Cremlino ha annunciato che d’ora il poi la Russia abbatterà qualsiasi velivolo minacci le truppe siriane impegnate contro l’Isis.A volte, scrive Maurizio Blondet sul suo blog, l’Us Air Force dipinge i suoi aerei dei colori “nemici” per abituare i suoi piloti durante delle simulazioni. Ma il fatto è che si è diffusa (anche sulla Cnn) una conversazione del ministro degli esteri John Kerry, il primo ottobre, captata nei locali della delegazione olandese all’Onu, a margine della assemblea plenaria. Kerry parla con non meglio identificati esponenti della “resistenza” siriana, e dice loro, esasperato: ho perso ogni argomento per poter utilizzare la forza militare americana contro Assad. Parla, evidentemente, di una discussione che si è tenuta nella cerchia presidenziale, dove sostiene di essere stato messo in minoranza: «Io ho sostenuto l’uso della forza. Sono quello che ha annunciato che stavamo per attaccare Assad», riferisce ai suoi interlocutori siriani, probabilmente pensando al “conto alla rovescia” innescatosi dopo l’attacco “false flag” del 2013 con le armi chimiche. «Abbiamo un Congresso che non autorizzerebbe», continua Kerry. E spiega che in Siria “loro”, i russi, «sono stati invitati, noi no». Sicchè, «la sola ragione che ci è rimasta per volare sulla Siria è che stiamo dando la caccia all’Isis. Se andassimo a dar la caccia ad Assad, dovremmo liquidarne tutta la difesa aerea, e non abbiamo la giustificazione legale per far questo».Ma quel che la Cnn ha taciuto, rileva Blondet, è che l’intercettazione continua. Al minuto 11.18, l’interprete traduce dall’arabo all’inglese le frasi di uno dei ribelli, che si ritiene essere Raed Saleh, il rappresentante dei cosiddetti Elmetti Bianchi – quelli che “documentano” il “martirio di Aleppo” a fianco dei jihadisti sul terreno. «La Russia bombarda i civili siriani, i mercati e anche noi, la protezione civile», dice Kerry. Poi domanda: «Avete dei video degli aerei che attaccano? Possiamo avere i video che i nostri agenti hanno chiesto?». Precisa un collaboratore di Kerry: «Dei video autentici degli aerei stessi, ecco quel che ci occorre». Video di aerei russi, o che sembrino russi? Sembrano le premesse per un drammatico remake dell’attacco con il Sarin, che – come chiarì l’indagine di Carla del Ponte, la magistrata svizzera incaricata dall’Onu – fu dovuto a ordigni «forniti dai servizi segreti turchi a una delle tante bande di “ribelli” al soldo dell’Occidente e delle petromonarchie». Lo riconobbe persino la Bbc, ricorda Blondet. Ma adesso Kerry chiede ai “suoi” jihadisti siriani video di aerei russi che commettono atrocità.«Che gli occidentali siano alla disperata ricerca di un pretesto per aiutare i loro terroristi, che stanno cedendo sotto l’offensiva russo-siriana e iraniana, ce l’ha mostrato un altro episodio», racconta Blondet. Il 28 settembre, la missione di Parigi all’Onu ha lanciato l’allarme: due ospedali ad Aleppo Est sono stati bombardati. Un Tweet e una foto di edifici distrutti. «La palese menzogna è stata immediatamente ripresa da Kerry, in dichiarazione congiunta con il collega ministro francese Jean Marc Ayrault». Colpa dei russi, ovviamente. Solo che «nessuno dei gruppi d’opposizione (non erano stati istruiti prima) ha confermato la tragica notizia», nemmeno il notorio Osservatorio Siriano sui Diritti Umani, gestito dal Regno Unito da un solo “investigatore”, un oppositore di Assad, si basa su contatti telefonici. «Sicchè nella conferenza stampa seguente, il portavoce del Dipartimento di Stato, tempestato da un giornalista non asservito, non ha confermato, anzi ha ammesso che può essersi trattato di “un onesto errore” da parte di Kerry».Dunque non erano russi, gli aerei su Aleppo? E non c’è nemmeno una prova che quegli ospedali siano stati davvero colpiti? Conclusione di Blondet: «Forse, dipingere i caccia Usa coi colori dei bombardieri russi è “standard exercise”. Ma se avviene un bombardamento da parte di aerei azzurrini nelle prossime ore, su un bersaglio di civili indifesi, bambini e donne, vi abbiamo documentato i preparativi di un “false flag”». Peraltro, sarebbe solo una delle tante operazioni “false flag” di cui la storia dell’interventismo americano è piena. «E magari, avvertire in anticipo contribuisce a sventarla». Non c’è pericolo, comunque, che queste notizie si affaccino al telegiornale: «Qualcuno avverta la Botteri: ci sono intercettazioni più scottanti dei discorsi grassocci di Trump sulle donne». Che ne dice, l’inviata Rai negli Usa, «di mandare il servizio di Kerry che parla coi “siriani” e vuole dei video “veri” di aerei russi che bombardano civili?».
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Re: La Terza Guerra Mondiale
COME VOGLIAMO INTERPRETARLA QUESTA NOTIZIA PRINCIPALE SUL CORRIERE DELLA SERA DI STAMANI???????????????????(PRIMA PAGINA)
Tensione internazionale Il Cremlino invita i cittadini a prepararsi a uno scontro con l’Occidente
Un clima di guerra in Russia
Scorte alimentari, esercitazioni di civili. E Putin salta l’incontro con Hollande
La psicosi di un possibile
imminente conf l i t to con
l’Occidente sembra essersi
impadronita della Russia.
Vladimir Putin ha annullato,
ieri, il suo viaggio a Parigi dopo
la scaramuccia verbale con
François Hollande, seguita al
veto russo sulla risoluzione
all’Onu riguardante la Siria.
Mosca si sente assediata. Il
governatore di San Pietroburgo
Poltavchenko ha ordinato
lunedì di accumulare riserve di
grano. Putin mostra i muscoli e
per far lo r i corda ai suoi
avversari come la Russia sia in
grado di affrontare anche le
eventualità più apocalittiche.
alle pagine 8 e 9
Dragosei, Valentino
Tensione internazionale Il Cremlino invita i cittadini a prepararsi a uno scontro con l’Occidente
Un clima di guerra in Russia
Scorte alimentari, esercitazioni di civili. E Putin salta l’incontro con Hollande
La psicosi di un possibile
imminente conf l i t to con
l’Occidente sembra essersi
impadronita della Russia.
Vladimir Putin ha annullato,
ieri, il suo viaggio a Parigi dopo
la scaramuccia verbale con
François Hollande, seguita al
veto russo sulla risoluzione
all’Onu riguardante la Siria.
Mosca si sente assediata. Il
governatore di San Pietroburgo
Poltavchenko ha ordinato
lunedì di accumulare riserve di
grano. Putin mostra i muscoli e
per far lo r i corda ai suoi
avversari come la Russia sia in
grado di affrontare anche le
eventualità più apocalittiche.
alle pagine 8 e 9
Dragosei, Valentino
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