La Terza Guerra Mondiale

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UncleTom
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Re: La Terza Guerra Mondiale

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UncleTom ha scritto:COME VOGLIAMO INTERPRETARLA QUESTA NOTIZIA PRINCIPALE SUL CORRIERE DELLA SERA DI STAMANI???????????????????(PRIMA PAGINA)




Tensione internazionale Il Cremlino invita i cittadini a prepararsi a uno scontro con l’Occidente
Un clima di guerra in Russia
Scorte alimentari, esercitazioni di civili. E Putin salta l’incontro con Hollande

La psicosi di un possibile
imminente conf l i t to con
l’Occidente sembra essersi
impadronita della Russia.
Vladimir Putin ha annullato,
ieri, il suo viaggio a Parigi dopo
la scaramuccia verbale con
François Hollande, seguita al
veto russo sulla risoluzione
all’Onu riguardante la Siria.
Mosca si sente assediata. Il
governatore di San Pietroburgo
Poltavchenko ha ordinato
lunedì di accumulare riserve di
grano. Putin mostra i muscoli e
per far lo r i corda ai suoi
avversari come la Russia sia in
grado di affrontare anche le
eventualità più apocalittiche.
alle pagine 8 e 9
Dragosei, Valentino

NON SOLO CORRIERE DELLA SERA


12 OTT 2016 11:07
1. LE TENSIONI TRA PUTIN E L’OCCIDENTE RISCHIANO DI ESPLODERE IN UN CONFLITTO ARMATO


2. IL CREMLINO HA INVITATO LA POPOLAZIONE A PREPARARSI ALLO SCONTRO CON I “PAESI OSTILI”, IL GOVERNATORE DI SAN PIETROBURGO POLTAVCHENKO HA ORDINATO DI ACCUMULARE RISERVE DI GRANO E GIA’ SI RACCOLGONO FONDI PER COSTRUIRE NUOVI RIFUGI ANTI-ATOMICI


3. NELLE ESERCITAZIONI BELLICHE “CAUCASO 2016”, ALLE QUALI HANNO PARTECIPATO 120 MILA UOMINI, LO STATO MAGGIORE AVREBBE SPERIMENTATO UN NUOVO SISTEMA DI GOVERNO DEL PAESE IN CASO DI CONFLITTO E I VOLI DEI TUPOLEV A RIDOSSO DELLE DIFESE NATO (GLI USA FANNO LO STESSO LUNGO LE COSTE ARTICHE) SERVONO A SAGGIARE LE DIFESE NEMICHE


4. ZAR VLAD HA ANNULLATO LA VISITA A PARIGI, PREVISTA DA UN ANNO, PERCHÉ HOLLANDE LO HA ACCUSATO DI AVER COMMESSO CRIMINI DI GUERRA IN SIRIA INSIEME AD ASSAD



1 - LA RUSSIA ALLA MOBILITAZIONE ESERCITAZIONI E SCORTE DI CIBO
Fabrizio Dragosei per il “Corriere della Sera”


L' amministrazione del quartiere Kuzminki, nella periferia sud di Mosca, ha rotto gli indugi e ha già lanciato una raccolta di fondi tra gli abitanti per costruire un nuovo rifugio anti-atomico: «Ogni contribuente avrà un pass nominativo per entrare. Affrettatevi, i posti sono limitati». La psicosi di un possibile imminente conflitto con l'Occidente sembra essersi impadronita della Russia anche se, per fortuna, le cose non sono a questo punto, nonostante la fortissima tensione.


Vladimir Putin ha annullato ieri il suo viaggio a Parigi dopo la scaramuccia verbale con François Hollande, seguita al veto russo sulla risoluzione all' Onu riguardante la Siria. Prima Angela Merkel aveva parlato di possibili nuove sanzioni contro Mosca per il suo comportamento in Siria e nell'Europa del Nord (missili Iskander, voli continui di bombardieri). È intervenuto anche il ministro degli Esteri britannico Boris Johnson che ha usato parole forti: «La Russia deve essere indagata per crimini di guerra ad Aleppo e rischia di diventare una nazione-paria».


Johnson ha anche chiesto alla gente di andare a manifestare davanti alle ambasciate russe nel mondo. Tutto sembra contribuire ad alimentare la tensione, l'isolamento del Cremlino e i timori più irragionevoli. In Russia questi timori sembrano diventare una vera e propria frenesia. Il governatore di San Pietroburgo Poltavchenko ha ordinato lunedì di accumulare riserve di grano.


Le autorità cittadine dovranno essere in gradi di assicurare a ogni abitante 300 grammi di pane al dì per 20 giorni. La settimana scorsa in scuole, uffici e fabbriche di tutto il Paese ci sono state speciali esercitazioni condotte dalla Protezione civile: cosa fare in caso di attacco, dove si trovano i rifugi contro i bombardamenti, eccetera. Nel manifesto affisso per le vie del quartiere Kizminki, si parla esplicitamente di una «attesa aggressione nucleare da parte di Paesi ostili (Usa e loro satelliti)».


Ieri diversi siti Internet hanno riportato un ordine emesso dal Cremlino e indirizzato a parlamentari e funzionari statali (anche a livello regionale): far rientrare al più presto i parenti che si dovessero trovare all'estero. Il portavoce di Putin non ha smentito la notizia, ma si è limitato a dire di non saperne nulla.


Nelle esercitazioni belliche «Caucaso 2016», alle quali hanno partecipato 120 mila uomini, lo Stato Maggiore avrebbe sperimentato un nuovo sistema di governo del Paese in caso di conflitto. Secondo il quotidiano Izvestiya , le funzioni dei governatori, di tutti gli enti locali, del ministero dell' Interno, dei servizi segreti e della Protezione Civile passerebbero immediatamente ai capi dei quattro distretti militari in cui è diviso il Paese.


La Russia si prepara allo scontro? I voli dei Tupolev a ridosso delle difese Nato (gli Usa fanno lo stesso lungo le coste artiche) servono a saggiare le difese nemiche? Anche se lo scenario potrebbe sembrare questo, la realtà sarebbe ben diversa. Putin mostra i muscoli, sostengono diversi commentatori, e per farlo ricorda ai suoi avversari come la Russia sia in grado di affrontare dall'oggi al domani anche le eventualità più apocalittiche. Con lo stesso spirito di sacrificio mostrato durante la Grande guerra patriottica, come chiamano qui la Seconda guerra mondiale.

Ma è un gioco che potrebbe finire male, ammonisce Aleksej Venediktov, direttore della radio indipendente Eco di Mosca: «Installiamo missili contraerei nelle basi in Siria… per chi? Non contro l'Isis che non ha aerei. Si tratta di un movimento verso un conflitto che potrebbe iniziare anche casualmente». La Russia si ritrova nuovamente da sola, dopo il riavvicinamento all'Europa che sembrava prossimo. «I rapporti con l'Occidente peggiorano continuamente - spiega ancora Venediktov -. E non siamo arrivati alla fine».

^^^^^^


2 - GELO FRANCIA-RUSSIA SULLA SIRIA PUTIN CANCELLA LA VISITA A PARIGI
Leonardo Martinelli per “la Stampa”



Si respira una strana aria di guerra fredda tra Russia e Francia. Il presidente Vladimir Putin era atteso a Parigi il 19 ottobre, una visita decisa da almeno un anno. Doveva inaugurare la trionfante cattedrale russa ortodossa: nuova di zecca, con le sue cupole luccicanti e la vista sulla torre Eiffel. E poi si sarebbe incontrato a tu per tu con François Hollande, per discutere soprattutto di Siria.

Vladimir, però, non verrà: l'ha fatto sapere ieri, all'improvviso, bruscamente. Senza troppe spiegazioni. Ma è chiaro che a innervosirlo sono state le prese di posizione del suo omologo francese, che ha parlato esplicitamente di «crimini di guerra» commessi dal regime di Bashar al-Assad ad Aleppo con il sostegno dell' aviazione russa.


Da giorni il clima si faceva sempre più teso fra Parigi e Mosca. E i francesi ricercavano un modo per chiudere la porta, ma non del tutto. «Né rottura, né compiacenza» era l'obiettivo sintetizzato lunedì da Jean-Marc Ayrault, ministro degli Esteri francese, che riteneva comunque la «Russia un partner, non un rivale» e il dialogo necessario anche per risolvere il dilemma ucraino. Anzi, proprio il 19 sera era prevista, sulla strada del ritorno, una cena a Berlino che avrebbe coinvolto Putin, Hollande, Angela Merkel e il presidente ucraino Petro Poroshenko.

Non ci sarà niente di tutto questo: la goccia che ha fatto traboccare il vaso sarebbe stata la decisione di Hollande di ricevere Putin ma di non accompagnarlo all'inaugurazione della cattedrale (proprio della serie «né rottura, né compiacenza»). Con una buona dose d'ironia, Dmitri Peskov, portavoce del Cremlino, ha precisato che «il presidente russo è disposto ad andare a Parigi, quando Hollande si sentirà più a suo agio».


Dinanzi al Consiglio d'Europa, a Strasburgo, ieri il presidente francese ha subito risposto a distanza a quello russo, affermando: «Sono pronto a incontrare in qualsiasi momento Vladimir Putin, se questo servirà a far avanzare la causa della pace. Il dialogo è necessario con la Russia, ma deve essere fermo, trasparente, franco».

In un'intervista trasmessa lunedì sul canale Tmc, Hollande aveva manifestato i suoi dubbi a incontrarlo proprio in ragione dei «crimini di guerra» commessi dal regime di Assad ad Aleppo con la complicità dei caccia di Mosca.


Sabato, al Consiglio di sicurezza dell' Onu, proprio la Russia aveva imposto il veto a una risoluzione della Francia che chiedeva il cessate il fuoco nella città del Nord della Siria, martoriata dai bombardamenti. «Le principali vittime - ha aggiunto ieri Hollande - sono le popolazioni civili: sono loro che muoiono sotto le bombe».

«La Siria rappresenta una sfida per la comunità internazionale: può ritrovare lì il suo onore risolvendo il problema. Oppure resterà solo la vergogna di vedere così tanti siriani abbandonare le proprie case e tante famiglie massacrate dal terrorismo».


Intanto, proprio ieri i bombardamenti dei russi si sono intensificati nella parte Est di Aleppo, ancora in mano ai ribelli anti-regime e dove vivono almeno 250mila persone, nonostante l' offensiva lanciata lo scorso 22 settembre da Assad, con l' aiuto di Putin. Secondo i dati forniti ieri dall' Onu, 376 persone sarebbero già morte e 1266 ferite sotto i bombardamenti. Nell' intervista a Tmc Hollande aveva parlato degli aerei russi, che prendevano di mira gli ospedali civili «e quelli che commettono questi atti - aveva precisato - dovrebbero assumerne la responsabilità, anche dinanzi la Corte penale internazionale».


Va detto che a Parigi non tutti la pensano allo stesso modo: Putin può contare su fedeli alleati, nel vasto e complesso mondo della destra, da Marine Le Pen fino a François Fillon, l'ex premier, e a Thierry Mariani, deputato dei Repubblicani (lo stesso partito di Nicolas Sarkozy), che ieri ha liquidato Hollande dicendo che «si mette sullo stesso piano di un lacchè qualsiasi della politica degli americani»
UncleTom
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Re: La Terza Guerra Mondiale

Messaggio da UncleTom »

Corriere 12.10.16
Incidente o provocazione I rischi che corriamo quando rullano i tamburi
di Franco Venturini


La guerra atomica non è dietro l’angolo, ma Vladimir Putin sfrutta il brusco aggravamento delle tensioni Est-Ovest per scaricare all’esterno i problemi interni della Russia e per rafforzare ulteriormente la sua figura di condottiero. Si spiega così il clima di allarme rosso che prende piede in Russia con la benedizione delle autorità, ma saremmo pericolosamente miopi se pensassimo che dietro il rumor di sciabole che continua a crescere in particolare tra Russia e Stati Uniti vi siano soltanto motivazioni tattiche.
Una guerra voluta e prevista non è imminente, è bene ripeterlo. Ma sono enormemente aumentate le possibilità di una guerra dovuta a incidenti o a provocazioni. E la politica, in Russia ma anche negli Usa e in alcune contrade europee, non sembra in grado di controllare fino in fondo il bellicoso arcipelago abitato da militari, da servizi, da industrie della difesa, da falchi nazionalisti che odiano la diplomazia e adorano il grilletto.
Questa evoluzione, se vogliamo chiamarla così, è in atto su entrambi i fronti da due anni e mezzo, da quando Putin, assumendosi una pesante responsabilità, decise di annettersi la Crimea. Ma è in queste ultime settimane che una improvvisa escalation ha avuto luogo. Le accuse sempre più circostanziate sulle interferenze degli hacker russi nella campagna elettorale americana, il fallimento della tregua in Siria dopo l’iniziale accordo tra Kerry e Lavrov, lo schieramento recentissimo di missili Iskander a capacità nucleare nell’enclave russa di Kaliningrad, la moltiplicazione dei voli militari russi al limite degli spazi aerei dei Paesi della Nato, e soprattutto l’appoggio russo al selvaggio bombardamento siriano di Aleppo, sono stati accompagnati da accuse verbali che nemmeno durante la guerra fredda venivano utilizzate. In Occidente voci autorevoli suggeriscono che la Russia dovrebbe rispondere di crimini di guerra per la mattanza di Aleppo. A Mosca, con una espressione che agli intenditori è parsa ancor più minacciosa, è stato fatto presente che l’aggressività americana pregiudica gli interessi nazionali della Russia. E se si considera che la probabile (e auspicabile) prossima presidente degli Stati Uniti ha sempre avuto rapporti a dir poco tesi con Putin, diventa lecito domandarsi verso quale imminente futuro si stiano muovendo le relazioni russo-americane e dunque russo-europee.
Un rimedio alla tensione tra le due superpotenze nucleari, e al pericolo terrificante che essa possa andare fuori controllo, potrebbe venire dalla rinuncia alla propaganda. Prendiamo i missili russi schierati (forse provvisoriamente) a Kaliningrad. Gli esperti militari occidentali prevedevano questa mossa da quando, l’estate scorsa, sono cominciati in Polonia i lavori per una base di missili intercettori della Nato. Oppure guardiamo bene a cosa è accaduto dopo la proclamazione della tregua d’armi in Siria. Il primo strappo importante è stato un bombardamento della coalizione guidata dagli Usa contro postazioni militari siriane. Washington ha subito spiegato che si era trattato di un errore, peraltro poco credibile. Ma è dopo questo episodio che la furia siriana (e russa) si sono scatenate contro il convoglio degli aiuti Onu, e di nuovo, giorno dopo giorno, contro la popolazione civile di Aleppo.
Non vogliamo dire qui che le colpe «originali» siano prevalentemente americane. Ed è fuor di dubbio che i metodi alla Grozny appartengano alla Russia e ai suoi amici siriani, non agli occidentali. Ma in tema di Siria non è forse risultato chiaro che il Pentagono si opponeva con tutte le sue forze all’intesa che il capo del Dipartimento di Stato aveva concluso con i russi? È troppo audace supporre che l’inverosimile «errore» dei bombardieri avesse in animo proprio di far saltare quella intesa? È infondato constatare (non soltanto sulla Siria, ma anche sull’Afghanistan) che il presidente Obama ondeggia tra Pentagono e Dipartimento di Stato?
Considerazioni non troppo diverse, malgrado l’apparenza di un Putin onnipotente, possono essere avanzate sul fronte opposto. I militari russi sono oggi più che mai protagonisti della politica del presidente. Lo stesso è probabilmente vero per i servizi dai quali Putin proviene, e i ricambi di personale attuati nel suo «primo cerchio» dal capo del Cremlino prima delle elezioni legislative, dai più interpretati come mosse tattiche alla vigilia della consultazione, potrebbero invece essere segnali di debolezza, sintomi di una leadership meno solida rispetto al periodo pre-Ucraina, pre-Siria e pre-sanzioni.
Se si vogliono evitare conseguenze peggiori nel contrasto ormai frontale tra Est e Ovest, la politica e la verità devono ritrovare il loro ruolo e i tamburi devono rullar e un po’ meno. Di qua e di là.
Maucat
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Re: La Terza Guerra Mondiale

Messaggio da Maucat »

Erano molti decenni che la tensione fra USA e Russia non era ai livelli odierni, il perché si sia giunti a ciò è lungo da spiegare ma principalmente è dovuto al fatto che la NATO spinta dagli USA ha cercato di continuare a disattendere gli impegni presi negli anni 90 con la Russia e ha continuato ad accerchiarla sicuramente non con intenzioni amichevoli. Gli USA inoltre continuano a creare tensione e guerre ovunque nel mondo per continuare a poter esercitare la loro funzione dominante e puntellare (come fece l'Impero Romano) la sua economia sempre più traballante. Il fatto che Putin abbia riorganizzato la distrutta Russia di Eltsin e conservato e perfezionato il possesso della triade nucleare lo pone come primo antagonista degli USA, come unico attore capace di poter ricambiare un eventuale attacco nucleare. Inoltre l'intervento russo in Siria/Crimea e l'appoggio alla Novorossija ha bloccato i piani americani di indebolimento della situazione geopolitica russa e smascherato i finanziamenti yankee e sauditi ai vari terrorismi in giro per il mondo. Un'Europa impaurita e minacciata da una crisi dei migranti anch'essa molto probabilmente costruita a tavolino come le crisi economiche, è ancora allineata con la NATO ma inizia a comprendere che forse i suoi interessi non collimano con quelli di Washington e che in caso di conflitto USA-Russia il prezzo da pagare per gli europei sarebbe troppo alto. Adesso alla vigilia delle elezioni in USA, i neocon yankee (che controllano HRC) stanno cercando di accelerare i tempi in quanto un'eventuale vittoria di Trump rovinerebbe e rinvierebbe i loro piani e mettono pressione sulla Russia minacciando Assad in Siria e spostando aerei e missili in Europa. Devono anche sbrigarsi perché il netto vantaggio tecnologico sulla Russia di un paio di decenni fa si è affievolito se non azzerato in molte tecnologie militari e in alcune i russi sono probabilmente più avanti degli USA. I media vengono usati come casse di risonanza per propagandare imperfette verità e per indirizzare l'opinione pubblica ad accettare un possibile conflitto e qui che si deve intervenire come opinione pubblica per diffondere la verità e smascherare le bugie e le "false flags" che da sempre l'America usa per giustificare le sue azioni, fare pressioni sui nostri governanti europei affinché non diano più supporto e appoggio alle velleità militari guerrafondaie d'oltre Atlantico.
UncleTom
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Re: La Terza Guerra Mondiale

Messaggio da UncleTom »

........E PINOCCHIO MUSSOLONI NON DICE NIENTE???????.......




Stoltenberg: “Anche gli italiani schierati al confine con la Russia”
Il segretario generale della Nato avvisa Mosca: «Non avrà un’altra Yalta»
AP
Da due anni segretario della Nato, dopo il danese Anders Fogh Rasmussen, Jens Stoltenberg è stato primo ministro della Norvegia dal 2000 al 2001 e poi di nuovo dal 2005 al 2013


14/10/2016
MARCO ZATTERIN
ROMA
Nel 2018 un contingente di soldati italiani sarà inviato al confine europeo con la Russia. «Sarete parte di uno dei quattro battaglioni dell’Alleanza schierati nei Paesi baltici», precisa Jens Stoltenberg, da due anni segretario della Nato. Pochi uomini, presenza «simbolica» in una forza «simbolica» da quattromila unità.

Tuttavia, serve a dimostrare che «ci siamo e siamo uniti», che «abbiamo una difesa forte che garantisce la deterrenza», mentre «vogliamo tenere aperto il dialogo» col Cremlino. Non solo. «Sempre nel 2018 - aggiunge il norvegese - l’Italia sarà nazione guida nel Vjtf», la Task Force di azione ultrarapida, la «punta di lancia» in grado di intervenire in cinque giorni in caso di emergenza. Schierata, e non è un caso, sulla frontiera Est. Davanti a Putin che, ammette l’ex premier di Oslo, «ha dimostrato la volontà di usare la forza militare contro i vicini».

Visita romana ricca di incontri per Stoltenberg. Passaggio al Defence College, colloqui col Papa, col presidente Mattarella e coi ministri del governo Renzi. Bagno serale fra le stellette a Palazzo Brancaccio. Dove, per nulla distratto dai ricchi stucchi della residenza un tempo patrizia, il norvegese ha fatto il punto con «La Stampa» sulle tante minacce che ci circondano. Tranquillo e convinto, almeno nei limiti del possibile.

C’è una escalation tesa fra Russia e Alleanza. I rapporti fra Washington e Mosca sono ai minimi. È una nuova Guerra fredda?
«Non siamo nella Guerra fredda, ma non c’è nemmeno il partenariato a cui lavoriamo da anni. Attraversiamo un territorio nuovo, è un sistema di relazioni con Mosca mai visto sinora».

Come lo affrontate?
«La Nato deve essere in grado di adattarsi e rispondere alle sfide. Il messaggio è “Difesa e dialogo”. Non “Difesa o dialogo”. Sinché la Nato si dimostra ferma e prevedibile nelle sue azioni sarà possibile impegnarsi in contatti concreti con la Russia, che è il nostro vicino più importante. Non possiamo in alcun modo isolarla, non dobbiamo nemmeno provarci. Ma dobbiamo ribadire con chiarezza che la nostra missione è proteggere tutti gli alleati. Che serve una forte Alleanza non per provocare una guerra, ma per prevenirla. La chiave è la deterrenza, un concetto che si è dimostrato valido per quasi settant’anni».

Si sente pronunciare sempre più spesso la parola “guerra”.
«La responsabilità della Nato è prevenirla. Conservare la pace. Per questo anche il linguaggio è importante e io non farò nulla per aumentare le tensioni. Anche perché non vedo minacce imminenti per gli alleati. Ce n’è una terroristica, ma non militare».

La Russia testa i suoi missili. È successo con gli Iskander a Kaliningrad poche ore fa. Solo “business as usual”?
«Fa parte del loro modo di comportarsi. Hanno investito pesantemente nella Difesa. Hanno triplicato la spesa in termini reali dal Duemila, mentre gli alleati europei della Nato la tagliavano. Hanno modernizzato l’esercito. Hanno dimostrato di essere disposti a usare la forza. Questo è il motivo per cui la Nato ha reagito. Si è adattata a un contesto nuovo e più insidioso».

Con le nuove forze e basi alla frontiera orientale?
«Abbiamo triplicato la dimensione della forza di risposta rapida, con otto quartieri generali nell’Europa centro-orientale. Ci sono i quattro battaglioni nelle repubbliche baltiche. Sono difensivi e proporzionati. Però dicono che la Nato c’è e che la risposta, certo limitata rispetto alle divisioni russe, è multinazionale».

Cosa vuole Putin?
«Non voglio speculare troppo sulle sue ragioni. Vedo però cosa fa la Russia. Da anni cerca di ricostruire un sistema basato sulle sfere di influenza in cui le grandi potenze controllano i vicini, per limitarne sovranità e indipendenza. È il vecchio sistema, il sistema di Yalta in cui le potenze si spartivano l’Europa. Non lo vogliamo. Nessuno può violare la sovranità dei singoli Paesi».

Mosca dice che, crescendo, minacciate la loro sovranità?
«Sbagliato. È una scelta libera e democratica di Stati sovrani quella di unirsi alla Nato».

Però si rischia grosso, no?
«Dobbiamo essere forti, calmi, uniti e determinati. È così che si prevengono i conflitti. La Nato deve rafforzare la Difesa e fare il possibile per avere una relazione di maggiore cooperazione con la Russia».

C’è un problema anche in Siria. Putin bombarda i convogli umanitari e minaccia le forze francesi e americane.
«La risposta è evitare di aumentare le tensioni. Essere fermi, ma affermare che non vogliamo alcuno scontro».

E la Turchia?
«È un valido alleato. Importante per la Nato e l’Europa».

Anche se Putin e Erdogan sono sempre più vicini.
«Incoraggio il dialogo politico sempre e l’ho fatto anche dopo l’incidente dell’aereo abbattuto. Non è nell’interesse di nessuno che fra i due Paesi ci siano delle tensioni».

La Nato auspica che gli alleati spendano il 2% del Pil per la Difesa. È il momento di alzare la voce?
«Non piace a nessuno aumentare le spese militari. Quando ero ministro delle Finanze negli Anni Novanta le ho tagliate. Ma era un altro tempo. Ora non si può. Bisogna aumentare la spesa. Non perché ci piace, ma perché una Difesa forte previene i conflitti».

Lo chiede anche all’Italia?
«Apprezzo pienamente l’ottimo contributo dell’Italia all’Alleanza. È in Afghanistan come in Kosovo. Ospita molte installazioni, a partire dal comando di Napoli. Presto arriverà la sorveglianza del territorio con aerei e droni, a Sigonella. Nel 2018 sarete nella “punta di lancia” e nei battaglioni baltici».

E i soldi?
«Nel 2016 per la prima volta da tempo ha aumentato la spesa per la Difesa. Tutti devono tendere al 2%. L’obiettivo resta».

Veniamo al Mediterraneo. Che programmi avete?
«Ho discusso con l’Alto rappresentante Federica Mogherini e prepariamo un sostegno maggiore all’operazione Sophia per il controllo delle acque internazionali. Siamo pronti ad aiutare la formazione della guardia costiera e del personale della Difesa libica, se richiesti. La nostra operazione marittima “Sea Guardian” unirà i proprio sforzi a quelli di Sophia. Stiamo discutendo le modalità. Nato e Ue lavorano bene insieme».

http://www.lastampa.it/2016/10/14/ester ... agina.html
UncleTom
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Re: La Terza Guerra Mondiale

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La Stampa 14.10.16
Yemen, così la guerra coinvolge gli Usa
Il tentativo di colpo di Stato dei ribelli sciiti si è trasformato in conflitto permanente
Dietro le violenze c’è lo scontro tra Teheran e Riad. A giovarne è Al-Qaeda
di Giordano Stabile


I tre missili Tomahawk lanciati dal cacciatorpediniere americano Nitze che ieri hanno distrutto postazioni radar dei ribelli sciiti Houthi aprono una nuova fase del conflitto in Yemen. Per la prima volta Washington ha colpito direttamente gli Houthi, dopo aver appoggiato per un anno e mezzo la coalizione guidata dall’Arabia Saudita, senza farsi coinvolgere in prima persona. Gli Stati Uniti hanno reagito con il raid dopo che la loro nave militare era stata sfiorata da missili lanciati dai ribelli. I radar servivano a puntare i bersagli in mare. Da una prima lettura sembra che nello scambio di colpi nessuna delle due parti abbia voluto «far male» davvero.
Lo Yemen è il terzo fronte della guerra per procura fra Arabia Saudita e Iran, dopo Siria e Iraq. Ma si innesta in un contesto molto particolare. Gli Houthi sono gli eredi della corrente sciita zaydita, oltre un terzo della popolazione yemenita. Hanno governato Sana’a per mille anni, dal X secolo al 1962. Hanno lottato contro le potenze sunnite, l’Impero ottomano, l’Egitto, e mantenuto la loro indipendenza. Dopo la riunificazione fra Yemen del Nord e del Sud, nel 1990, sono stati relegati ai margini, nelle regioni più povere e montagnose. La riscossa è cominciata con la leadership di Hussein Badreddin al-Houthi che ha fondato la confraternita Ansar Allah, l’ha trasformata in un movimento politico, poi guerrigliero, ispirato agli Hezbollah libanesi. Al-Houthi è rimasto ucciso nel 2004 e da allora il gruppo si fa chiamare con il suo nome. Per sei anni il primo presidente dello Yemen unito, Ali Abdullah Saleh, ha cercato di soffocare la ribellione.
Poi è arrivata la Primavera araba. Saleh è stato esiliato. Il nuovo presidente Abd Rabbuh Mansour Hadi non ha mantenuto nessuna delle promesse. I ribelli sono scesi dalle montagne, hanno occupato Sana’a e cacciato Hadi nel febbraio 2015. Un mese dopo l’Arabia saudita formava una coalizione di dieci Paesi sunniti e lanciava l’operazione «Tempesta decisiva» per stroncare la ribellione. Gli insorti, guidati ora da Abdul Malik al-Houthi, controllano un terzo del Paese e hanno creato un Comitato rivoluzionario che funge da governo provvisorio. Alcune forze sunnite, come la Guardia presidenziale dell’ex presidente Saleh, appoggiano la rivolta. L’intervento saudita ha trasformato uno scontro interno in un massacro. Sul terreno la coalizione ha perso 500 soldati e decine di tank, è stata costretta a ritirarsi al di qua del confine. Le città saudite di Najran e Jazan sono state attaccate dai guerriglieri. Un’umiliazione per Riad.
La coalizione ha lanciato una campagna di raid aerei sullo Yemen che non ha risparmiato scuole, ospedali, monumenti storici. Le vittime civili sono stimate fra tremila e seimila. Diecimila bambini, secondo l’Unicef, hanno perso la vita sotto i bombardamenti o per malattie legate alla guerra. Sabato scorso un raid ha preso di mira un funerale a Sana’a e ucciso 140 persone. L’Arabia saudita ha imposto un blocco terrestre, aereo e navale che sta strangolando il Paese. Le navi della coalizione, più francesi e americane, pattugliano il Mar Rosso, dove gli Houthi controllano ancora due porti, per impedire l’arrivo di armi ai ribelli, in particolare dall’Iran. È in questo contesto che dieci giorni fa gli Houthi hanno colpito con uno Scud una nave da guerra emiratina e ieri c’è stato lo scambio missilistico con gli Usa. E intanto Teheran ha inviato le sue fregate Alvand e Bushehr nel Golfo di Aden.
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Re: La Terza Guerra Mondiale

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UNA DOMANDA PER UN FORUM DI SINISTRA.

CHE DIFFERENZA ESISTE TRA NOI E I TEDESCONI CHE VEDEVANO IL FUMO USCIRE DAI FORNI CREMATORI AL TEMPO DELLO STERMINIO NAZISTA, CHE MOSTRAVANO INDIFFERENZA COME NOI NELLA STRAGE DI BAMBINI IN SIRIA.




14 ottobre 2016 | di F. Q.
Aleppo, 5200 bambini morti sotto le bombe. Il chirurgo: “Lavoriamo giorno e notte, ci riposiamo tra un’operazione e l’altra”

I bambini di Aleppo Est stanno pagando il prezzo degli attacchi indiscriminati da parte delle forze siriane e russe. 231 bambini sono rimasti feriti e 114 sono morti sotto i bombardamenti nelle ultime tre settimane, solo gli ultimi dei 5.200 bambini deceduti dall’inizio della guerra in Siria. “La comunità internazionale è diventata immune alle immagini dei bambini morti estratti dalle macerie degli edifici distrutti dalle bombe. Succede ogni giorno” dichiara Carlos Francisco, capo missione di MSF in Siria. E ci arrivano nuove immagini video esclusive da un ospedale da campo di Aleppo, con la testimonianza di Abu Huthaifa, chirurgo vascolare che da tre anni e mezzo cura le vittime dei bombardamenti “Io e i miei colleghi lavoriamo giorno e notte. Qualche volta tra un intervento e l’altro proviamo a riposarci mezz’ora per trovare la forza di effettuare il prossimo intervento. Mentre un paziente esce dalla sala operatoria e un altro entra, troviamo il tempo per pregare o mangiare”. “In precedenza, ad Aleppo Est venivano eseguite campagne di vaccinazione porta a porta contro la poliomielite e vi erano vasti programmi vaccinali, ma ciò non è più possibile dal momento che i vaccini e le forniture logistiche non possono raggiungere la zona”, spiega il dottor Hassan Nerabani della Direzione della Sanità di Aleppo. “Il numero di équipe mediche che stanno lavorando ad Aleppo Est è insufficiente. Sono sovrastati dall’enorme numero di feriti di guerra e la loro priorità è salvare vite umane. Molti programmi pediatrici sono stati sospesi”. A causa della scarsità di fonti d’acqua, gli ospedali riferiscono di bambini affetti da diarrea e disidratazione. Alcuni distributori d’acqua sono stati colpiti dai bombardamenti aerei e anche la benzina necessaria per farli funzionare sta terminando. “Vediamo molti bambini con l’epatite A per via della mancanza di acqua potabile. Inoltre, a causa della mancanza di cibo e latte, si stanno verificando alcuni casi di malnutrizione severa”, prosegue il dottor Nerabani.

VIDEO:

http://tv.ilfattoquotidiano.it/2016/10/ ... ra/567636/
UncleTom
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Re: La Terza Guerra Mondiale

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RUSSIA
Perché Putin gioca con la retorica della guerra
Il presidente russo e i suoi fedeli, cresciuti nel Kgb, vogliono a tutti i costi mantenere il potere. E per farlo sono disposti a infiammare lo spirito nazionalista del Paese. Per trattare con il nuovo presidente Usa da una posizione di forza. L'approfondimento sull'Espresso in edicola domenica
DI RICCARDO AMATI
14 ottobre 2016

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Perché Putin gioca con la retorica della guerra
Vladimir Putin con il ministro della Difesa Sergey Shoygu
Ci sarà la guerra, Timofey? "Oddio, no. Credo proprio di no. Putin fa la voce grossa solo per poi trattare con il nuovo presidente americano. E' intelligente, mica vuole la catastrofe nucleare".

Timofiey Kilikov, 35 anni, manager di una rivista d'arte, parla con l'Espresso mentre attraversa a piedi il cimitero degli elefanti dell'Urss: le grandi statue di bronzo dei leader sovietici spodestate dalle piazze di Mosca dopo il crollo del comunismo sono state restaurate e sistemate nel parco Museon. C'è gente che porta a passeggio il cane. Un setter fa pipì sotto un busto di Brezhnev. Ci sono studenti che, come il manager Timofiey, vanno alla galleria Tretyakovskaya per l'arte contemporanea che si affaccia sul parco. E c'è gente di passaggio che si dirige verso il ponte Krimsky e la stazione metro di Park Cultury - il Gorky Park del thriller di Martin Cruz Smith.

"Cosa? Mannò, nemmeno per idea", risponde stupita una studentessa di architettura alla domanda bellica. "Guerra? Speriamo di no", fa un cinquantenne frettoloso: "magari una piccola piccola", aggiunge mentre se ne va. "Sì, ci sarà. Ne parlano tutti i telegiornali: una qualche guerra ci sarà", dice la mamma di un ragazzino che gioca tra le statue. La più imponente di tutte, quella di Felix Dzerzhinsky - il vero inventore della Ceka e quindi del Kgb - sembra approvare. E' appena stata magnificamente restaurata. Ci sono proposte per rimetterla al suo posto alla Lubyanka. Senza seguito, per ora.

Per carità, non immaginiamoci che i russi siano tutti qui ad aspettarci col fucile in mano e l'elmetto in testa. Ma la retorica che ha accompagnato i fatti militari e politici più recenti è pesante, e l'appello al senso di accerchiamento e al nazionalismo patriottico tocca corde profonde della memoria storica della popolazione. La propaganda del Cremlino fa presa eccome. Soprattutto fuori dalle grandi città. Ma a Mosca non ci sono le file per la distribuzione di alimentari d'emergenza e di kit anti-atomici, stiamo pur tranquilli. L'unica coda che si vede, almeno dal cimitero degli elefanti dell'Urss, è quella per entrare alla mostra del maestro della pop art sovietica Leonid Sokolov, alla galleria dell'arte contemporanea.

SVILUPPI PERICOLOSI
Resta il fatto che è dai tempi in cui erano in vita questi signori di bronzo che in Russia non si parla in termini così espliciti della possibilità di un conflitto nucleare con gli Stati Uniti. E non sono solo le parole a spaventare. L'ultima notizia è potenzialmente parecchio pericolosa: la Russia potrebbe dispiegare i suoi potenti sistemi di difesa antiaerea e antimissilistica in Turchia, paese che almeno finora fa parte della Nato. Vladimir Putin ha parlato di questa possibilità con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan durante il recente viaggio a Instanbul, ha detto il portavoce del leader russo Dmitri Peskov - secondo quanto riporta l'agenzia Tass. Con buona pace di chi ancora ritiene una bufala l'inedita alleanza russo-turca per la crisi siriana.

Intanto, Putin ha firmato il decreto che rende permanente la base aerea di Mosca alle porte di Latakia, in Siria.

Riassumendo, nel corso degli ultimi dieci giorni: Mosca ha fatto salpare per il Mediterraneo tre navi da guerra con a bordo missili che possono trasportare testate nucleari; è partita per la Siria anche l'unica grande portaerei russa, la Admiral Kuznetsov, alla sua prima missione di guerra; un'altra nave, la Yantar, è sul posto. Fu sospettata di tagliare cavi internet lo scorso anno a largo di Cuba, e appena è arrivata la rete in Siria ha smesso di funzionare regolarmente - scrive Foreign Policy, ricordando come altre volte sia successo prima di un'offensiva di Assad. Ha inoltre dispiegato missili Iskander-M (anch'essi potenzialmente forieri dell'apocalisse) a Kaliningrad, l'enclave russa tra Polonia e Lituania; La Russia ha annuciato l'invio di centinaia di paracadutisti in Egitto per una "esercitazione militare"; Il Cremlino ha unilateralmente sospeso tre accordi con gli Usa per la non proliferazione degli armamenti nucleari; Mosca ha annunciato l'arrivo di sistemi di difesa aerea e missilistica integrati S300-S1 in Siria, dove erano già presenti sistemi S400-S1 presso la base russa di Latakia.

Questi armamenti avveniristici e terribilmente efficaci consentono il completo controllo dello spazio aereo. Possono abbattere qualsiasi velivolo appena stacca le ruote da una pista di volo, anche in Turchia. Solo gli stealth, i cosiddetti aerei invisibili, possono sfuggire allo S400. Per questo è integrato dal sistema S1-Pantsir: gli stealht sono la sua cacciagione preferita.

MAI COSI' DAI TEMPI DI BREZNEV
"Almeno dall'inizio degli anni Ottanta non si è mai vista una simile tattica di avvertimenti diretti e minacce", scrive sulla Russia in Global Affairs l'analista di politica estera Fyodor Lukyanov, spesso su posizioni governative. "Nemmeno nei giorni della guerra contro la Georgia nel 2008 e nella fase più acuta della crisi Ucraina nel 2014 si è arrivati a questi livelli", e precisa: "per il conflitto siriano, la logica politico-diplomatica ha lasciato il posto a una logica militare-politica, e a questo gioco duro, anche se da tempo si parla di un ritorno alla guerra fredda, in realtà non siamo più abituati".

L'Espresso in edicola dal 16 ottobre....
L'Espresso in edicola dal 16 ottobre. Con un ingrandimento sulla politica di Putin
Il maggior rischio, secondo Lukianov, viene dal fatto che "la guerra fredda è specialmente pericolosa nello stadio iniziale", quando ancora non è chiaro dove siano i paletti a cui ci si deve fermare per evitare il peggio.

"E' una situazione molto pericolosa", concorda Yevgenia Albats, politologa e giornalista. Anche perché, spiega, "gli odierni inquilini del Cremlino non hanno paura della guerra, non sono come i loro predecessori sovietici che avevano avuto un'esperienza diretta del secondo conflitto mondiale e la guerra la temevano, come anche gli americani".

La Albats, figura quasi mitica dei pochi media indipendenti rimasti in Russia, l'Urss ha fatto in tempo a conoscerla bene. Gli uomini oggi al potere "vengono dal Kgb" nota "e hanno un background che li ha abituati a considerare gli Stati Uniti come il nemico numero uno. Vivono in un'atmosfera da cospirazione, trattare con loro è difficile".

QUALCOSA DA PERDERE
Ma sono davvero fatti così, l'ex colonnello del Kgb Vladimir Putin e i suoi? O è strategia? "Impossibile entrare nelle loro teste", risponde la giornalista russa. "Ma quel che sappiamo per certo" aggiunge "è che hanno qualcosa da perdere: negli ultimi sedici anni Putin e i suoi hanno accumulato una ricchezza immensa, e l'unico modo che hanno per difenderla è rimanere al potere. Vorrebbero rimanere al potere per sempre. Questa è la vera ragione della retorica della guerra e della situazione in Siria: Putin e sodali vogliono conservare il potere. Per sempre".

Quindi, i responsabili della politica di Mosca non vogliono Armageddon ma sono disposti ad arrivarci vicino, per motivi più personali che altro. E' soprattutto dal dispositivo russo in Siria che potrebbe scattare la scintilla che fa perdere il controllo della situazione. Il problema è che i russi, e probabilmente anche gli americani, "non sanno dove sono i paletti", come ci dice Fyodor Lukianov.

Il casus belli perfetto potrebbe esser fornito dai sistemi missilistici paradossalmente detti "di difesa" portati dai russi sul teatro del conflitto siriano. Servono a prevenire attacchi o bombardamenti statunitensi contro le truppe di Assad, e per impedire che gli Usa impongano una no flight zone. Un bel rischio, però. I missili potrebbero esser lanciati per sbaglio, e gli americani riterrebbero Mosca responsabile. A quel punto, è difficile prevedere cosa ne seguirebbe.

TEMPI NUOVI
Il settimanale che Yevgenia Albats dirige si chiama The New Times, ha una linea liberale e si oppone al governo evitando crociate e basandosi sui fatti. Stile anglosassone. Nell'ultima edizione la rivista spiega quel che sta succedendo tra Mosca e Washington: sulla copertina c'è un bottone rosso e il logo delle radiazioni, sotto il titolo "Il ricatto nucleare del Cremlino".

"Le armi nucleari sono l'unica leva che la Russia può utilizzare a suo vantaggio, e la utilizza come intimidazione nei confronti degli Stati Uniti e dell' Occidente", spiega tranquillamente il direttore. Alla Albats non manca proprio il coraggio.

Quando le chiesero se avesse paura di essere uccisa, dopo l'assassinio della sua amica Anna Politkovskaya - la giornalista ammazzata esattamente dieci anni fa dopo le sue circostanziate inchieste sui crimini nel conflitto ceceno - Yevgenia quasi si mise a ridere: dopo tutti questi anni di Urss, e di critiche a Putin? Ma di che volete che abbia più paura, disse.

Lasciamo Yevgenya Albats davanti al computer nella redazione del New Times, in un palazzone di uffici nel quartiere Mayakovskya nel centro di Mosca. E' notte fonda e c'è da chiudere un'edizione.
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RUSSIA NUCLEARE VLADIMIR PUTIN SIRIA PRESIDENZIALI USA 2016
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paolo11
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Re: La Terza Guerra Mondiale

Messaggio da paolo11 »

http://voxnews.info/2016/10/14/follia-m ... ni-russia/
Ora basta un incidente in Siria magari fra due aerei Russi e Americani e ci troviamo in guerra totale.
Si doveva sciogliere la Nato da tempo.Non come dei cagnolini fedeli al padroncino andare in tutti i conflitti in giro per il mondo.
Togliamoci dalla nato.La petizione è gia in atto da tempo.
Ciao
Paolo11
UncleTom
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Re: La Terza Guerra Mondiale

Messaggio da UncleTom »

paolo11 ha scritto:http://voxnews.info/2016/10/14/follia-m ... ni-russia/
Ora basta un incidente in Siria magari fra due aerei Russi e Americani e ci troviamo in guerra totale.
Si doveva sciogliere la Nato da tempo.Non come dei cagnolini fedeli al padroncino andare in tutti i conflitti in giro per il mondo.
Togliamoci dalla nato.La petizione è gia in atto da tempo.
Ciao
Paolo11
Caro Paolo, concordo con questa eventualità:

“Ora basta un incidente in Siria magari fra due aerei Russi e Americani e ci troviamo in guerra totale.”

E aggiungo che gli apparati militari, e non solo (gli apparati politici che giocano questa partita al massacro) spingono in questa direzione.

Non dimentichiamo cosa riportava LIBRE solo 4 giorni fa.

Gli Usa truccano gli F-18 da aerei russi, false flag in arrivo?
Vuoi vedere che “si travestono da russi” per combinare qualche disastro, utile a incolpare Mosca?


Ma poi passando all’atto pratico:

Si doveva sciogliere la Nato da tempo.Non come dei cagnolini fedeli al padroncino andare in tutti i conflitti in giro per il mondo.
Togliamoci dalla nato.La petizione è gia in atto da tempo.


Come si mette in pratica tenendo conto di tutto quello che implica una scelta di questo tipo??????

Dato che questo è un Forum, ed il momento è delicatissimo, mi auguro la partecipazione di tutti coloro che leggono e scrivono.

Questo è l'ultimo angolino della democrazia, per cui, fuori le vostre opinioni.
UncleTom
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Re: La Terza Guerra Mondiale

Messaggio da UncleTom »

Isis, propaganda crollata e territorio ridotto di 1/4. Analista: “Ripiegamento strategico per risparmiare risorse”

Mondo
"Dai 700 prodotti media rilasciati nell'agosto del 2015 - si legge nell'ultimo report del Combat Terrorism Center di West Point - si è passati ai 200 nel corso dell'ultimo anno". Diminuisce anche il numero dei foreign fighter: "Da 2.000 a 200 al mese". "Se il Califfato perde terreno e smette di raccontare le sue conquiste - spiega Francesco Strazzari, docente di Relazioni internazionali della Scuola Sant'Anna di Pisa - è probabile che tutta la parte di combattenti assoldati tramite il web cominci ad assottigliarsi". Ma potrebbe essere un modo per "salvare risorse nella comunicazione e destinarle a nuovi obiettivi"
di Laura Cappon | 15 ottobre 2016
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Più informazioni su: Guerra in Iraq, Guerra in Siria, Iraq, Isis, Siria
La produzione di materiali di propaganda dello Stato Islamico è in drastica riduzione e coincide con i successi militari della coalizione internazionale in Siria e in Iraq. Lo afferma una ricerca pubblicata lunedì scorso dal Combat Terrorism Center di West Point. Il centro statunitense ha analizzato video e foto diffuse sui social network solo da “media ufficiali” dello Stato Islamico e i numeri parlano chiaro: se si prendono in considerazione i 700 prodotti rilasciati nell’agosto del 2015, nel periodo di attività massima delle “agenzie” affiliate al califfato, si nota che questo numero è sceso a 200 nell’arco dell’ultimo anno.

Inoltre, i bombardamenti della coalizione hanno provocato negli ultimi mesi perdite pesantissime tra i leader che guidano la comunicazione del califfato. Due giorni fa è arrivata la conferma da parte dello Stato Islamico della morte di Wa’il Adil Hasan Salman al-Fayad, “ministro” dell’informazione dello Stato Islamico, ucciso in un raid aereo nella provincia di Raqqa a settembre. Wa’il era un uomo molto vicino a Abu Muhammad al-Adnani, che dell’Isis era considerato portavoce e uno dei leader per la pianificazione degli attentati all’estero. Anche al-Adnani è rimasto ucciso lo scorso agosto in un raid della coalizione ad Al-Bab, paese siriano del governatorato di Aleppo.


Nello stesso periodo la diffusione di materiali che raccontano gli interventi militari dei combattenti sono aumentati del 70%, mentre dal 2014 al 2015 erano predominati i video che propagandavano la vita nello Stato Islamico, dal commercio all’amministrazione nelle città controllate dagli uomini di Al-Baghdadi. “Chi si occupa della comunicazione del califfato è anche un combattente – ha spiegato al New York Times Daniel Milton, direttore della ricerca al Combat Terrorism Center – di conseguenza l’aumento del loro impegno militare ha coinciso con una diminuzione dell’attività sui media”.

I sofisticati video di propaganda dello Stato Islamico sono stati uno dei punti di forza per il reclutamento dei foreign fighter ma secondo i dati del Pentagona, diffusi ad aprile, il numero di jihadisti che entrano in Siria è passato da 2.000 a 200 al mese nell’arco dell’ultimo anno. Il calo dei combattenti stranieri, inoltre, è dovuto anche alla chiusura definitiva del confine turco all’inizio del 2016. A giugno Brett Gurk, inviato di Barack Obama per la coalizione internazionale impegnata contro l’Isis, ha affermato che il numero di jihadisti stranieri presenti sul territorio è passato da 33 mila a 20 mila.

Diversi report pubblicati negli ultimi mesi parlano, poi, di una diminuzione del territorio controllato dallo Stato Islamico tra Siria e Iraq. Secondo nuovi dati pubblicati dall’Ihs Conflict Monitor, gli jihadisti hanno perso oltre un quarto del territorio controllato nel gennaio 2015, momento della sua massima espansione. Pur evidenziando un rallentamento negli ultimi tre mesi nell’avanzata contro i jihadisti, l’istituto sottolinea però l’importanza strategica dei più recenti arretramenti dell’Isis. “La perdita di un accesso diretto alle strade che portano al confine con la Turchia – conferma il rapporto – riducono fortemente la capacità del gruppo di reclutare nuovi combattenti dall’estero”.

Nel gennaio 2015 la zona controllata dallo Stato islamico era pari a 90.800 km quadrati, diventati oggi 65.500. Negli ultimi tre mesi i km quadrati persi sono stati solo 2.800, in coincidenza con una riduzione degli attacchi aerei russi, nota l’Ihs. Alex Kokcharov, principale analista della Russia per l’istituto di ricerca, afferma che i dati raccolti smentiscono l’affermazione del presidente Vladimir Putin secondo cui la missione della Russia è di combattere l’Isis. “La priorità di Mosca – afferma – è fornire appoggio militare al governo di Assad” e trasformare “la guerra civile siriana con diversi attori in una guerra tra il governo di Damasco e gruppi jihadisti come lo Stato Islamico”.

Analista: “Ripiegamento strategico per risparmiare risorse e limitare controlli” – “La correlazione tra la diminuzione della propaganda e quella dei foreign fighter è plausibile perché il reclutamento dipende dalla perpetuazione dell’immagine dell’universo jihadista come un universo in espansione – spiega a IlFattoQuotidiano.it Francesco Strazzari, docente di Relazioni internazionali della Scuola Sant’Anna di Pisa – se l’Isis perde terreno e smette di raccontare le sue conquiste, è altamente probabile che tutta la parte di combattenti assoldati tramite il web cominci ad assottigliarsi”.

Ma le cause della diminuzione della propaganda dei seguaci di Al-Baghdadi possono essere rinvenute anche sul piano strategico e militare. “Diversi stati hanno messo in atto un giro di vite sulla sicurezza web per ottenere più informazioni sull’organizzazione e sui suoi sostenitori – continua Strazzari – tutto è molto più controllato di prima e in un momento di difficoltà militare ci potrebbe essere l’intenzione da parte dell’Isis di diminuire la produzione dei materiali di propaganda per evitare un eccessivo controllo da parte delle autorità internazionali”.

Infine, di fronte alla pressione militare fatta dalla coalizione internazionale la riorganizzazione a livello miliare sembra sempre più vicina. Secondo diversi analisti, i vertici dello Stato Islamico potrebbero dover lavorare a una nuova fase che potrebbe segnare un ritorno all’insurgency simile a quella fatta dall’organizzazione in Iraq tra il 2006 e il 2008. “Potremmo trovarci di fronte a un ripiegamento strategico – conclude Strazzari – lo Stato Islamico starebbe iniziando a salvare risorse nella comunicazione per destinarle a nuovi obiettivi”.
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