Diario della caduta di un regime.
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Re: Diario della caduta di un regime.
.....SUCCEDE NEL BEL PAESE........
19 OTT 2016 11:57
NON UNO, MA DUE ALLARMI BOMBA MANDANO IN TILT LA METRO DI MILANO, FERME LE LINEE VERDE E GIALLA
- UN TROLLEY ABBANDONATO ALLA STAZIONE CENTRALE E UNA LATTA DI VERNICE ALLA FERMATA DI BUSSERO (M2) FANNO BLOCCARE IL SISTEMA DEI TRASPORTI
- NON E' CHIARO SE SIANO DUE FALSI ALLARMI
http://www.ilgiorno.it/martesana/cronac ... -1.2605952
Linea verde della metropolitana (M2) bloccata stamattina tra Cassina de' Pecchi e Gorgonzola per un pacco sospetto abbandonato a pochi metri dalla fermata di Bussero, in zona Cascina Gogna, dove la metropolitana viaggia in superficie. Dovrebbe trattarsi di una latta da vernice, ma le forze dell'ordine hanno fatto comunque scattare i consueti protocolli di sicurezza: circolazione sospesa e intervento degli artificieri. Intervento affidato ai carabinieri.
Circolazione interrotta anche sulla linea M3 per il ritrovamento di un trolley sospetto trovato sulla banchina della stazione di Milano Centrale. Linea interrotta tra Repubblica e Sondrio, dove è stato attivato un servizio sostitutivo di bus.
19 OTT 2016 11:57
NON UNO, MA DUE ALLARMI BOMBA MANDANO IN TILT LA METRO DI MILANO, FERME LE LINEE VERDE E GIALLA
- UN TROLLEY ABBANDONATO ALLA STAZIONE CENTRALE E UNA LATTA DI VERNICE ALLA FERMATA DI BUSSERO (M2) FANNO BLOCCARE IL SISTEMA DEI TRASPORTI
- NON E' CHIARO SE SIANO DUE FALSI ALLARMI
http://www.ilgiorno.it/martesana/cronac ... -1.2605952
Linea verde della metropolitana (M2) bloccata stamattina tra Cassina de' Pecchi e Gorgonzola per un pacco sospetto abbandonato a pochi metri dalla fermata di Bussero, in zona Cascina Gogna, dove la metropolitana viaggia in superficie. Dovrebbe trattarsi di una latta da vernice, ma le forze dell'ordine hanno fatto comunque scattare i consueti protocolli di sicurezza: circolazione sospesa e intervento degli artificieri. Intervento affidato ai carabinieri.
Circolazione interrotta anche sulla linea M3 per il ritrovamento di un trolley sospetto trovato sulla banchina della stazione di Milano Centrale. Linea interrotta tra Repubblica e Sondrio, dove è stato attivato un servizio sostitutivo di bus.
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Re: Diario della caduta di un regime.
LA REALTA', FUORI DALLA MARTELLANTE PROPAGANDA FASCISTA
COME SI CURA L'EPATITE C IN ITALIA? SI VA IN INDIA - LA CURA ESISTE, MA DA NOI NON SI TROVA, ''PERCHÉ COSTA TROPPO. INVECE A NUOVA DELHI CON 2MILA EURO TI SALVI LA VITA'', RACCONTA ARNALDO, CHE È ANDATO DALL'ALTRA PARTE DEL MONDO PERCHÉ IL GOVERNO ITALIANO ''PREFERISCE PAGARE IL PONTE SULLO STRETTO''
Andrea Malaguti per “la Stampa”
«H o fatto la cosa più ovvia: per curare l' epatite C sono andato in India, ad Hyderabad, e mi sono comprato i farmaci». Benissimo. Ma è legale? «Dipende da chi incontri alla dogana quando rientri in Italia. Però è giusto. Si guarisce e si risparmiano un sacco di soldi. Il governo non affronta il mio problema e io mi sono arrangiato. Qualcuno può dire che ho fatto male?». Bella domanda.
Arnaldo Carusi (nome finto) ha poco più di 60 anni, vive in Piemonte e raccontando la sua scelta a metà strada tra la scorrettezza e il colpo di genio lotta invano con se stesso per arginare il fiume di parole che gli esce dalla bocca. Ingiustizia. Follia. Violenza di Stato. Persino cretinaggine. «Sono questi i sentimenti che mi sono portato addosso per 25 anni assieme alla malattia». Che c' era. E adesso non c' è più.
Per farla sparire ha investito poco meno di duemila euro e se si fosse rivolto a San Marino, a Città del Vaticano o fosse andato in giro per l' Europa ne avrebbe spesi venti volte di più.
E in Italia? «Nelle farmacie la cura non si trova e i medici ti portano avanti con dei succedanei che non sconfiggono l' epatite ma la controllano. A meno che tu non sia in pericolo di vita. In questo caso il servizio sanitario interviene gratuitamente». E risolve. Perché il farmaco che seppellisce l' infezione epatica esiste, solo che costa troppo.
Almeno a sentire il Tesoro, che giura di non avere ancora abbastanza soldi per tutti ma di voler debellare la malattia entro due anni. Nel frattempo su duecentomila persone colpite dall' epatite C (è una stima decisamente al ribasso, numeri ufficiali non esistono), 50 mila sono state prese in carico dallo Stato, centocinquantamila no. Vivacchiano.
Sperando che la malattia, cronica, non peggiori, perché quando succede il fegato va in pappa e a cascata si rischiano altre venticinque patologie, dall' encefalopatia al tumore. «Ma perché uno deve aspettare di essere sulla soglia del tracollo? Io ragiono in modo semplice: se pago le tasse ho diritto alle terapie. Invece no, il governo mette i soldi altrove.
Magari sul ponte di Messina. E noi?». Già, loro. Perché il modo semplice di ragionare di Carusi non funziona?
Una multinazionale americana, dopo un investimento di 11 miliardi, ha trovato e prodotto il farmaco che chiude la partita e lo ha messo in commercio con l' obiettivo ovvio di guadagnare.
Ai Paesi più ricchi lo fa pagare di più a quelli con un prodotto interno lordo più basso lo fa pagare di meno. In Europa un ciclo di tre mesi costa mediamente 60mila euro e un cittadino francese o spagnolo può decidere, magari accendendo un mutuo, di andare in farmacia e comprarselo per conto proprio quando lo Stato non è in grado di intervenire. In Italia neppure quello.
Il ministero ha fatto un accordo con la multinazionale Usa che gli consente di acquistare i cicli di terapia a prezzi convenienti e secondo Ivan Gardini, presidente dell' Associazione EpaC onlus in queste condizioni basterebbe fare uscire dalle casse del governo 600 milioni per curare l' intera platea dei malati.
In Portogallo, dove lo Stato garantisce il farmaco a tutti, hanno calcolato un risparmio di spesa sui costi legati alle complicazioni dell' epatite C di 400 milioni di euro (5.170 morti premature evitate, 482 trapianti di fegato evitati, 2920 tumori evitati) su un totale di 17 mila pazienti. Il Tesoro la vede in modo diverso e il fenomeno del turismo farmaceutico è esploso.
«Solo noi abbiamo contato 1500 casi», dice Gardini. Uno è quello di Carusi, archetipo del pasticcio. Torniamo a lui, allora.
«Ho preso la malattia dal dentista e negli anni Novanta ho cominciato a curarmi con interferone e ribavirina. Un mese e stavo malissimo. Ho dovuto smettere. Per fortuna la mia epatite non è aggressiva e me la sono cavata con analisi ogni tre mesi e farmaci di sostegno». Poi quella che Carusi chiama «la scoperta del secolo»: l' harvoni. Un farmaco che ha un' efficacia prossima al 100%. «Mi sono buttato su internet per capire come procurarmelo».
L' ha capito. Il principio attivo del farmaco viene venduto in Egitto, Ucraina e India a prezzi incomparabilmente più bassi di quelli europei: 300 euro a flacone. Per una cura completa ne servono tre. «Ho pensato di andare al Cairo. Ma ho scoperto che in Egitto lo danno solo ai residenti. Perciò ho scelto l' India e Hyderabad dove la multinazionale americana ha aperto una propria fabbrica di fianco all' ospedale». È stato complicato?
«Facilissimo». È bastata una mail. Testualmente: ho l' epatite C, mi serve il farmaco. Risposta: ci giri una ricetta e glielo spediamo. Ma comprare farmaci on line è pericoloso, persino stupido.
«Esatto. Sono andato di persona.
Temevo una truffa e soprattutto che alla dogana avrebbero bloccato i pacchi. Ho trovato un aereo e una sistemazione per dormire: spesa totale 600 euro». A quel punto è andato dalla sua epatologa. «Mi seguiva da vent' anni, le ho chiesto una ricetta in bianco. Mi ha risposto: non posso. Ci sono problemi di assicurazione e poi devo rispondere all' ospedale. Meglio se aspetti».
Solo che Carusi non voleva aspettare. «Ma come, vent' anni fa mi dicevano prendi l' interferone e oggi mi dicono aspetta? A volte penso che i medici siano complici». In giugno, è partito per Hyderabad utilizzando la ricetta di un medico con meno perplessità. «Sa quanto ci ho messo a risolvere la pratica?».
No. «Un quarto d' ora». Si è presentato alla farmacia dell' ospedale e ha fornito la ricetta. In cambio gli hanno dato i flaconi.
Spesa totale novecento euro.
«Ho infilato tutto in un trolley e sono ripartito per l' Italia, però facendo scalo a Monaco. Lì la polizia mi ha fermato. Cosa sono questi farmaci? Mi servono per curare l' epatite. Mi hanno lasciato andare, in Germania - la nostra stessa Europa - se uno vuole curarsi lo può fare, da noi un doganiere ti può fare delle storie perché non puoi portare farmaci, anche se per uso personale, che abbiano un trattamento superiore ai trenta giorni. Da Monaco ho preso il treno, sono tornato qui e ho cominciato la cura.
La finisco tra dieci giorni». E oggi come sta? «Guarito. Già dopo un mese era scomparso tutto. E allora mi chiedo: perché lo Stato ci tratta in questo modo?».
COME SI CURA L'EPATITE C IN ITALIA? SI VA IN INDIA - LA CURA ESISTE, MA DA NOI NON SI TROVA, ''PERCHÉ COSTA TROPPO. INVECE A NUOVA DELHI CON 2MILA EURO TI SALVI LA VITA'', RACCONTA ARNALDO, CHE È ANDATO DALL'ALTRA PARTE DEL MONDO PERCHÉ IL GOVERNO ITALIANO ''PREFERISCE PAGARE IL PONTE SULLO STRETTO''
Andrea Malaguti per “la Stampa”
«H o fatto la cosa più ovvia: per curare l' epatite C sono andato in India, ad Hyderabad, e mi sono comprato i farmaci». Benissimo. Ma è legale? «Dipende da chi incontri alla dogana quando rientri in Italia. Però è giusto. Si guarisce e si risparmiano un sacco di soldi. Il governo non affronta il mio problema e io mi sono arrangiato. Qualcuno può dire che ho fatto male?». Bella domanda.
Arnaldo Carusi (nome finto) ha poco più di 60 anni, vive in Piemonte e raccontando la sua scelta a metà strada tra la scorrettezza e il colpo di genio lotta invano con se stesso per arginare il fiume di parole che gli esce dalla bocca. Ingiustizia. Follia. Violenza di Stato. Persino cretinaggine. «Sono questi i sentimenti che mi sono portato addosso per 25 anni assieme alla malattia». Che c' era. E adesso non c' è più.
Per farla sparire ha investito poco meno di duemila euro e se si fosse rivolto a San Marino, a Città del Vaticano o fosse andato in giro per l' Europa ne avrebbe spesi venti volte di più.
E in Italia? «Nelle farmacie la cura non si trova e i medici ti portano avanti con dei succedanei che non sconfiggono l' epatite ma la controllano. A meno che tu non sia in pericolo di vita. In questo caso il servizio sanitario interviene gratuitamente». E risolve. Perché il farmaco che seppellisce l' infezione epatica esiste, solo che costa troppo.
Almeno a sentire il Tesoro, che giura di non avere ancora abbastanza soldi per tutti ma di voler debellare la malattia entro due anni. Nel frattempo su duecentomila persone colpite dall' epatite C (è una stima decisamente al ribasso, numeri ufficiali non esistono), 50 mila sono state prese in carico dallo Stato, centocinquantamila no. Vivacchiano.
Sperando che la malattia, cronica, non peggiori, perché quando succede il fegato va in pappa e a cascata si rischiano altre venticinque patologie, dall' encefalopatia al tumore. «Ma perché uno deve aspettare di essere sulla soglia del tracollo? Io ragiono in modo semplice: se pago le tasse ho diritto alle terapie. Invece no, il governo mette i soldi altrove.
Magari sul ponte di Messina. E noi?». Già, loro. Perché il modo semplice di ragionare di Carusi non funziona?
Una multinazionale americana, dopo un investimento di 11 miliardi, ha trovato e prodotto il farmaco che chiude la partita e lo ha messo in commercio con l' obiettivo ovvio di guadagnare.
Ai Paesi più ricchi lo fa pagare di più a quelli con un prodotto interno lordo più basso lo fa pagare di meno. In Europa un ciclo di tre mesi costa mediamente 60mila euro e un cittadino francese o spagnolo può decidere, magari accendendo un mutuo, di andare in farmacia e comprarselo per conto proprio quando lo Stato non è in grado di intervenire. In Italia neppure quello.
Il ministero ha fatto un accordo con la multinazionale Usa che gli consente di acquistare i cicli di terapia a prezzi convenienti e secondo Ivan Gardini, presidente dell' Associazione EpaC onlus in queste condizioni basterebbe fare uscire dalle casse del governo 600 milioni per curare l' intera platea dei malati.
In Portogallo, dove lo Stato garantisce il farmaco a tutti, hanno calcolato un risparmio di spesa sui costi legati alle complicazioni dell' epatite C di 400 milioni di euro (5.170 morti premature evitate, 482 trapianti di fegato evitati, 2920 tumori evitati) su un totale di 17 mila pazienti. Il Tesoro la vede in modo diverso e il fenomeno del turismo farmaceutico è esploso.
«Solo noi abbiamo contato 1500 casi», dice Gardini. Uno è quello di Carusi, archetipo del pasticcio. Torniamo a lui, allora.
«Ho preso la malattia dal dentista e negli anni Novanta ho cominciato a curarmi con interferone e ribavirina. Un mese e stavo malissimo. Ho dovuto smettere. Per fortuna la mia epatite non è aggressiva e me la sono cavata con analisi ogni tre mesi e farmaci di sostegno». Poi quella che Carusi chiama «la scoperta del secolo»: l' harvoni. Un farmaco che ha un' efficacia prossima al 100%. «Mi sono buttato su internet per capire come procurarmelo».
L' ha capito. Il principio attivo del farmaco viene venduto in Egitto, Ucraina e India a prezzi incomparabilmente più bassi di quelli europei: 300 euro a flacone. Per una cura completa ne servono tre. «Ho pensato di andare al Cairo. Ma ho scoperto che in Egitto lo danno solo ai residenti. Perciò ho scelto l' India e Hyderabad dove la multinazionale americana ha aperto una propria fabbrica di fianco all' ospedale». È stato complicato?
«Facilissimo». È bastata una mail. Testualmente: ho l' epatite C, mi serve il farmaco. Risposta: ci giri una ricetta e glielo spediamo. Ma comprare farmaci on line è pericoloso, persino stupido.
«Esatto. Sono andato di persona.
Temevo una truffa e soprattutto che alla dogana avrebbero bloccato i pacchi. Ho trovato un aereo e una sistemazione per dormire: spesa totale 600 euro». A quel punto è andato dalla sua epatologa. «Mi seguiva da vent' anni, le ho chiesto una ricetta in bianco. Mi ha risposto: non posso. Ci sono problemi di assicurazione e poi devo rispondere all' ospedale. Meglio se aspetti».
Solo che Carusi non voleva aspettare. «Ma come, vent' anni fa mi dicevano prendi l' interferone e oggi mi dicono aspetta? A volte penso che i medici siano complici». In giugno, è partito per Hyderabad utilizzando la ricetta di un medico con meno perplessità. «Sa quanto ci ho messo a risolvere la pratica?».
No. «Un quarto d' ora». Si è presentato alla farmacia dell' ospedale e ha fornito la ricetta. In cambio gli hanno dato i flaconi.
Spesa totale novecento euro.
«Ho infilato tutto in un trolley e sono ripartito per l' Italia, però facendo scalo a Monaco. Lì la polizia mi ha fermato. Cosa sono questi farmaci? Mi servono per curare l' epatite. Mi hanno lasciato andare, in Germania - la nostra stessa Europa - se uno vuole curarsi lo può fare, da noi un doganiere ti può fare delle storie perché non puoi portare farmaci, anche se per uso personale, che abbiano un trattamento superiore ai trenta giorni. Da Monaco ho preso il treno, sono tornato qui e ho cominciato la cura.
La finisco tra dieci giorni». E oggi come sta? «Guarito. Già dopo un mese era scomparso tutto. E allora mi chiedo: perché lo Stato ci tratta in questo modo?».
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Re: Diario della caduta di un regime.
CONTINUAUncleTom ha scritto:Da Gelli a Renzi(Passando per Berlusconi)
Introduzione
La P2 fra letteratura,
cronaca giudiziaria e storia
La P2 è stata certamente la loggia più importante della storia della massoneria italiana in epoca repubblicana e ha avuto e ha avuto un ruolo di primissimo piano nelle vicende politiche del nostro Paese fra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta. Essa è, forse, l’organizzazione più controversa della storia della Prima Repubblica.
Basti elencare alcuni dei casi in cui, direttamente o indirettamente, è stata coinvolta come loggia o per il tramite del suo maestro venerabile o ancora per il ruolo svolto dai suoi componenti di rilievo:
- Il golpe Borghese;
- la strage dell’Italicus(1974);
- il golpe <<bianco>>(1974);
- il crac Sindona;
- il caso Bergamelli OMPAM e l’omicidio Occorsio;
- il caso Moro;
- la morte di Giovanni Paolo I e il relativo Vatican Connection;
- l’omicidio di Piersanti Mattarella;
- la strage di Bologna e la connessa opera di depistaggio (caso super SISMI);
CONTINUA
- Il caso conto <<Protezione>>;
- Il caso RCS – Bruno Tassan Din;
- Il crac del Banco Ambrosiano e la connessa morte di Roberto Calvi
- l’omicidio di Mino Pecorelli;
- l’omicidio di Olof Palme;
- lo scandalo ENI-Petronim;
- il caso Teardo.
Senza dire di altri casi di traffico d’armi, di corruzione politica, ecc. Si tratta di un elenco sicuramente incompleto , ma sufficiente a dare una idea del lato oscuro di questa organizzazione.
Va detto che,dai relativi processi, gli uomini della P2 (e in particolare il suo maestro venerabile) sono perlopiù usciti prosciolti, ma spesso con formule dubitative, oppure per l’intervento della prescrizione.
In altri casi ancora, sono stati condannati imputati non appartenenti alla loggia (ad esempio per la strage di Bologna), oppure è stato riconosciuto il coinvolgimento di membri della P2 relativamente a un periodo successivo allo scioglimento dell’organizzazione.
Tracciare una mappa delle vicende giudiziarie in qualche modo connesse alla P2 e ai suoi componenti richiederebbe uno spazio che qui non abbiamo e soprattutto, poco ha a che fare con l’analisi che intendiamo svolgere.
CONTINUA
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Re: Diario della caduta di un regime.
UncleTom ha scritto:CONTINUAUncleTom ha scritto:Da Gelli a Renzi(Passando per Berlusconi)
Introduzione
La P2 fra letteratura,
cronaca giudiziaria e storia
La P2 è stata certamente la loggia più importante della storia della massoneria italiana in epoca repubblicana e ha avuto e ha avuto un ruolo di primissimo piano nelle vicende politiche del nostro Paese fra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta. Essa è, forse, l’organizzazione più controversa della storia della Prima Repubblica.
Basti elencare alcuni dei casi in cui, direttamente o indirettamente, è stata coinvolta come loggia o per il tramite del suo maestro venerabile o ancora per il ruolo svolto dai suoi componenti di rilievo:
- Il golpe Borghese;
- la strage dell’Italicus(1974);
- il golpe <<bianco>>(1974);
- il crac Sindona;
- il caso Bergamelli OMPAM e l’omicidio Occorsio;
- il caso Moro;
- la morte di Giovanni Paolo I e il relativo Vatican Connection;
- l’omicidio di Piersanti Mattarella;
- la strage di Bologna e la connessa opera di depistaggio (caso super SISMI);
CONTINUA
- Il caso conto <<Protezione>>;
- Il caso RCS – Bruno Tassan Din;
- Il crac del Banco Ambrosiano e la connessa morte di Roberto Calvi
- l’omicidio di Mino Pecorelli;
- l’omicidio di Olof Palme;
- lo scandalo ENI-Petronim;
- il caso Teardo.
Senza dire di altri casi di traffico d’armi, di corruzione politica, ecc. Si tratta di un elenco sicuramente incompleto , ma sufficiente a dare una idea del lato oscuro di questa organizzazione.
Va detto che,dai relativi processi, gli uomini della P2 (e in particolare il suo maestro venerabile) sono perlopiù usciti prosciolti, ma spesso con formule dubitative, oppure per l’intervento della prescrizione.
In altri casi ancora, sono stati condannati imputati non appartenenti alla loggia (ad esempio per la strage di Bologna), oppure è stato riconosciuto il coinvolgimento di membri della P2 relativamente a un periodo successivo allo scioglimento dell’organizzazione.
Tracciare una mappa delle vicende giudiziarie in qualche modo connesse alla P2 e ai suoi componenti richiederebbe uno spazio che qui non abbiamo e soprattutto, poco ha a che fare con l’analisi che intendiamo svolgere.
CONTINUA
CONTINUA
Infatti, questa centralità dell’aspetto giudiziario nella vicenda P2 ha avuto la conseguenza di distrarre dall’aspetto più politico della stessa e quindi dall’esame del suo lascito culturale.
Ovviamente, gli elementi inquietanti dell’azione della P2 sono emersi, con evidenza e malgrado ciò
Riteniamo che non sempre le sentenze assolutorie abbiano chiarito i fatti. Tuttavia non è di questo che ci occuperemo nelle pagine che seguono, preferendo concentrarci su altre dimensioni della vicenda.
Sul piano storico, il problema del ruolo svolto dalla P2 negli anni Settanta resta tutto da rivedere.
Ci sono stati periodi dell’Italia repubblicana in cui la P2 ha avuto un certo peso, ma privo di rilievo penale
In questa ottica, dunque, essi non sono stati oggetto di ricostruzione da parte degli storici. Ci riferiamo, ad
Esempio alla costituzione di Democrazia Nazionale, alle vicende interne al PSI, alla formazione del sistema
di emittenza televisiva ecc.
Sin qui, i testi dedicati alla P2 e a Gelli si sono divisi fra un’area minorita ridi autori schierati a difesa della loggia(1) e della ben più area ostile alla stessa (2), la quale l’ha indagata come soggetto criminale piuttosto
Che come soggetto politico. Poche eccezioni(3).
Chi scrive queste pagine non è certo un difensore della P2, su cui, in altra sede, non ha mancato di esprimere giudizi aspramente negativi. Tuttavia pensiamo che, dopo trent’anni di processi penali, commissioni parlamentari, inchieste giornalistiche ecc, le quali hanno giustamente privilegiato il dark side della vicenda, sia arrivato il momento di lanciare uno sguardo d’insieme su di essa per cogliere gli aspetti più politici. Per cui soffermeremo la nostra attenzione sulla cultura politica della P2 e sul progetto di rifondazione dello Stato avanzato dalla loggia, sul contesto politiconi cui essa nacque e sul suo lascito culturale, che incide ancora oggi. Questo studio vuole essere una retrospettiva storica della P2 al di fuori da una dimensione, per così dire, complottistica.
CONTINUA
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Re: Diario della caduta di un regime.
LIBRE news
Il regno del Cigno Nero, la crisi come orizzonte definitivo
Scritto il 21/10/16 • nella Categoria: idee Condividi
Il cigno nero, la crisi (ossia recessione-stagnazione più disoccupazione e disinvestimenti, migrazione, instabilità, incertezza di prospettive) permane, compie otto anni e non si intravede alcuna uscita da essa.
Da un lato, permane perché è la conseguenza del nuovo tipo di economia, cioè dell’economia finanziaria che opera ormai apertamente attraverso la costruzione e lo svuotamento delle bolle, come strumento di aumento e di concentrazione del reddito e del potere, anche politico, nelle mani di chi la gestisce.
Dall’altro lato, permane perché è uno strumento di riforma della società, della legge, dell’uomo, nel senso che consente a chi la gestisce di ridurre a chi la subisce, sostanzialmente col suo consenso, i diritti di lavoratore, di risparmiatore, di utente dei servizi pubblici, di partecipazione politica: di cittadino, in una parola.
Quindi essa dissolve anche la polis, cioè lo Stato nazionale,
l’organizzazione del demos, nella globalizzazione e nella migrazione di massa.
Consente insomma di sottomettere e controllare, eliminando gradualmente il diritto anche alla privacy, alla quasi totalità della popolazione che non detiene il potere.
Essa gradualmente demolisce i processi di partecipazione, decisione, controllo che salgono dal basso per via elettorale, e lo fa soprattutto togliendo rappresentatività e facoltà ai parlamenti in favore di governi e di organismi tecnici; però al contempo pretende il consenso della base alle sue decisioni e alle sue riforme, ma non lo recepisce per come esso spontaneamente si forma, bensì lo produce come le serve agendo dall’alto, guidando l’informazione, ripetendo incessantemente dogmi spesso falsi finché vengono percepiti come realtà scontata, fissando l’agenda dei temi di cui parlare e i limiti entro cui farlo, delegittimando a priori le posizioni diverse con etichette quali euroscettico, razzista, islamofobo, omofobo, populista.
E talora sanziona anche penalmente l’espressione critica o alternativa.
Per contro, elargisce sovvenzioni, appoggio, massima visibilità mediatica e autorevolezza istituzionale alle idee guida per il nuovo ordine sociale che sta formando.
La crisi non è in realtà crisi, ma struttura; e permane perché è utile, ed è l’elemento portante del nuovo ordinamento globale.
In questa logica comprendiamo il senso profondo, strutturale, dell’aumento verticale dei poveri e bisognosi, degli esclusi dal reddito dalle rendite, dal welfare, dalle garanzie.
Cioè dal lavoro, dalla pensione, dalla pubblica assistenza come diritti.
Sottolineo: come diritti, diritti stabili, non come concessioni volta per volta.
Quando si rileva che in Italia gli indigenti, nell’arco di cinque anni, sono passati da 1 milione e mezzo a 4 milioni, quando si rileva che si stanno formando masse di milioni di immigrati, esodati, disoccupati, e quando si rileva che si preparano milioni di futuri pensionati che non avranno una rendita pensionistica sufficiente a vivere – quando si rileva tutto questo, si dovrebbe capire il volto della società che stanno costruendo, aiutandosi molto anche con l’ideale tedesco di austerità elevato a metodo inflessibile di governo: un corpo sociale saldamente nelle mani dell’oligarchia dominante, anche grazie al fatto che gran parte di esso sarà costituita da masse miste di indigenti, di impoveriti, di disoccupati, di immigrati, di pensionati, che sopravvivono grazie a interventi caritatevoli ed emergenziali del governo e di agenzie ampiamente finanziate dal governo, come Caritas, chiesa e sindacati, cioè alti prelati e alti sindacalisti, molto lautamente remunerati, essi già svolgono un importante ruolo di direzione, consolazione e collegamento in questo schema sociale.
La mancanza di reddito e servizi sicuri, quindi la dipendenza da interventi anno per anno, bilancio dopo bilancio, da parte del governo, rende gradualmente queste masse sempre più passive, remissive, politicamente inattive.
Il cigno nero non è volato via, ha costruito il suo trono per restare.
Effettivamente, il reddito di cittadinanza, al quale in linea di principio sono contrario per varie ragioni anche pedagogiche, sarebbe il miglior antidoto a questa strategia di ingegneria sociale.
Ma non potrà mai funzionare se prima non si sarà capito che il denaro oggi è un mero simbolo a costo zero di produzione, e che dunque l’unico ma decisivo vincolo alla politica di spesa è l’efficacia produttiva della spesa, mentre gli attuali dogmi di austerità e pareggio di bilancio sono un mero inganno genocida e liberticida.
(Marco Della Luna, “Il regno del Cigno Nero”, dal blog di Della Luna dell’8 ottobre 2016).
Il regno del Cigno Nero, la crisi come orizzonte definitivo
Scritto il 21/10/16 • nella Categoria: idee Condividi
Il cigno nero, la crisi (ossia recessione-stagnazione più disoccupazione e disinvestimenti, migrazione, instabilità, incertezza di prospettive) permane, compie otto anni e non si intravede alcuna uscita da essa.
Da un lato, permane perché è la conseguenza del nuovo tipo di economia, cioè dell’economia finanziaria che opera ormai apertamente attraverso la costruzione e lo svuotamento delle bolle, come strumento di aumento e di concentrazione del reddito e del potere, anche politico, nelle mani di chi la gestisce.
Dall’altro lato, permane perché è uno strumento di riforma della società, della legge, dell’uomo, nel senso che consente a chi la gestisce di ridurre a chi la subisce, sostanzialmente col suo consenso, i diritti di lavoratore, di risparmiatore, di utente dei servizi pubblici, di partecipazione politica: di cittadino, in una parola.
Quindi essa dissolve anche la polis, cioè lo Stato nazionale,
l’organizzazione del demos, nella globalizzazione e nella migrazione di massa.
Consente insomma di sottomettere e controllare, eliminando gradualmente il diritto anche alla privacy, alla quasi totalità della popolazione che non detiene il potere.
Essa gradualmente demolisce i processi di partecipazione, decisione, controllo che salgono dal basso per via elettorale, e lo fa soprattutto togliendo rappresentatività e facoltà ai parlamenti in favore di governi e di organismi tecnici; però al contempo pretende il consenso della base alle sue decisioni e alle sue riforme, ma non lo recepisce per come esso spontaneamente si forma, bensì lo produce come le serve agendo dall’alto, guidando l’informazione, ripetendo incessantemente dogmi spesso falsi finché vengono percepiti come realtà scontata, fissando l’agenda dei temi di cui parlare e i limiti entro cui farlo, delegittimando a priori le posizioni diverse con etichette quali euroscettico, razzista, islamofobo, omofobo, populista.
E talora sanziona anche penalmente l’espressione critica o alternativa.
Per contro, elargisce sovvenzioni, appoggio, massima visibilità mediatica e autorevolezza istituzionale alle idee guida per il nuovo ordine sociale che sta formando.
La crisi non è in realtà crisi, ma struttura; e permane perché è utile, ed è l’elemento portante del nuovo ordinamento globale.
In questa logica comprendiamo il senso profondo, strutturale, dell’aumento verticale dei poveri e bisognosi, degli esclusi dal reddito dalle rendite, dal welfare, dalle garanzie.
Cioè dal lavoro, dalla pensione, dalla pubblica assistenza come diritti.
Sottolineo: come diritti, diritti stabili, non come concessioni volta per volta.
Quando si rileva che in Italia gli indigenti, nell’arco di cinque anni, sono passati da 1 milione e mezzo a 4 milioni, quando si rileva che si stanno formando masse di milioni di immigrati, esodati, disoccupati, e quando si rileva che si preparano milioni di futuri pensionati che non avranno una rendita pensionistica sufficiente a vivere – quando si rileva tutto questo, si dovrebbe capire il volto della società che stanno costruendo, aiutandosi molto anche con l’ideale tedesco di austerità elevato a metodo inflessibile di governo: un corpo sociale saldamente nelle mani dell’oligarchia dominante, anche grazie al fatto che gran parte di esso sarà costituita da masse miste di indigenti, di impoveriti, di disoccupati, di immigrati, di pensionati, che sopravvivono grazie a interventi caritatevoli ed emergenziali del governo e di agenzie ampiamente finanziate dal governo, come Caritas, chiesa e sindacati, cioè alti prelati e alti sindacalisti, molto lautamente remunerati, essi già svolgono un importante ruolo di direzione, consolazione e collegamento in questo schema sociale.
La mancanza di reddito e servizi sicuri, quindi la dipendenza da interventi anno per anno, bilancio dopo bilancio, da parte del governo, rende gradualmente queste masse sempre più passive, remissive, politicamente inattive.
Il cigno nero non è volato via, ha costruito il suo trono per restare.
Effettivamente, il reddito di cittadinanza, al quale in linea di principio sono contrario per varie ragioni anche pedagogiche, sarebbe il miglior antidoto a questa strategia di ingegneria sociale.
Ma non potrà mai funzionare se prima non si sarà capito che il denaro oggi è un mero simbolo a costo zero di produzione, e che dunque l’unico ma decisivo vincolo alla politica di spesa è l’efficacia produttiva della spesa, mentre gli attuali dogmi di austerità e pareggio di bilancio sono un mero inganno genocida e liberticida.
(Marco Della Luna, “Il regno del Cigno Nero”, dal blog di Della Luna dell’8 ottobre 2016).
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Re: Diario della caduta di un regime.
P2, UNA STORIA INFINITA
OGGI SUL FATTO QUOTIDIANO
Trattativa: le trame “nere ”, il golpe Borghese e le stragi
Il colonnello Giraudo racconta un retroscena dell’uscita di Mori dal Sid nel 1975
»SANDRA RIZZA
Palermo Per scoprire i segreti del golpe Borghese, tra il ’73e il ’74 due agenti del Sid, per conto del capo del Reparto D Gianadelio Maletti, si recarono in Svizzera a raccogliere le confessioni di Remo Orlandini sul coinvolgimento di Vito Miceli, direttore del servizio militare. Quei colloqui, registrati dal capitano Antonio Labruna e dal maresciallo Mario Esposito,sono al centro del cosiddetto “balletto delle bobine”: una sofisticata manovra di inquinamento probatorio che sarebbe all’origine dell’allontanamento di Mario Mori dal Sid nel ’75 e che ieri è stata ricostruita nell’aula del processo sulla Trattativa dal colonnello Massimo Giraudo, l’investigatore esperto di trame nere che ha collaborato alle indagini del la procura di Palermo.
Dietro l’uscita di Mori dal Sid e il suo trasferimento al nucleo Radiomobile di Napoli,insomma,non c’è solo la richiestadi una sua foto da parte del giudice di Padova Giovanni Tamburino, che indagava sul l’attività eversiva della “Rosa dei Venti”e cercava di identificare il misterioso “capitano Palinuro”, in servizio al Sid e complice dei golpisti, di cui gli aveva parlato il generale Amos Spiazzi. Anche se quella foto, ha rivelato ieri Giraudo, non giunse mai a destinazione: “L’ho trovata ancora spillata. Non è stata mai mostrata a nessuno”. Il documento arrivò a Tamburino, infatti, quando l’inchiesta era già stata trasferita a Roma nel calderone del “golpe Borghese”. Giraudo ha descritto Mori come un pupillo di Marzollo, uomo di Miceli (entrambi erano iscritti alla P2). Lo aveva conosciuto nel ’69 quando Mori era a Villafranca Veronese, dove
era stato assegnato alla Ftase: il comando Nato pronto a coordinare le forze armate in caso di conflitto con l’Urss. La stessa Ftase che, come ha detto Giraudo in aula, manteneva contatti “con soggetti dell’eversione nera, in particolare di Ordine Nuovo”. Proprio all’inizio del ’74, Mori viene individuato da Umberto Zamboni, studente di medicina, all’hotel Giada di Cattolica dove Ordine Nuovo, sciolta poco prima dal ministro dell’Interno, stava programmando la clandestinità. Nei mesi successivi, le bombe di piazza della Loggia e dell’Italicus faranno venti morti.
MA ALL’INTERNO del Sid c’era “un gruppo segretissimo”, come denuncia anni dopo lo stesso Maletti,che è pilotato direttamente da Miceli pe inquinare le indagini sulle“trame nere”.E qui Giraudo introduce la fonte “Gian”, alias il carabiniere Giancarlo Servolini (poi deceduto)
che parla di una cellula di 007, agli ordini di Marzollo, “composta da Mori e Mario Venturi, da Gianfranco Ghiron e dagli avvocati Taddei e Giraldi”, impegnata in quel ’74 a neutralizzare l’indagine di Labruna ed Esposito, convincendo i periti a scrivere che le bobine sono manipolate. L’inquinamento riesce alla perfezione. Prima di perdere l’inchiesta, Tamburino riuscirà ad arrestare Miceli e poco dopo Mori andrà via dal Sid. Ma nel ’75, il giudice di Roma Achille Gallucci incriminerà Labruna ed Esposito per manomissione del corpo del reato.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Trattativa: le trame “nere ”, il golpe Borghese e le stragi
Il colonnello Giraudo racconta un retroscena dell’uscita di Mori dal Sid nel 1975
»SANDRA RIZZA
Palermo Per scoprire i segreti del golpe Borghese, tra il ’73e il ’74 due agenti del Sid, per conto del capo del Reparto D Gianadelio Maletti, si recarono in Svizzera a raccogliere le confessioni di Remo Orlandini sul coinvolgimento di Vito Miceli, direttore del servizio militare. Quei colloqui, registrati dal capitano Antonio Labruna e dal maresciallo Mario Esposito,sono al centro del cosiddetto “balletto delle bobine”: una sofisticata manovra di inquinamento probatorio che sarebbe all’origine dell’allontanamento di Mario Mori dal Sid nel ’75 e che ieri è stata ricostruita nell’aula del processo sulla Trattativa dal colonnello Massimo Giraudo, l’investigatore esperto di trame nere che ha collaborato alle indagini del la procura di Palermo.
Dietro l’uscita di Mori dal Sid e il suo trasferimento al nucleo Radiomobile di Napoli,insomma,non c’è solo la richiestadi una sua foto da parte del giudice di Padova Giovanni Tamburino, che indagava sul l’attività eversiva della “Rosa dei Venti”e cercava di identificare il misterioso “capitano Palinuro”, in servizio al Sid e complice dei golpisti, di cui gli aveva parlato il generale Amos Spiazzi. Anche se quella foto, ha rivelato ieri Giraudo, non giunse mai a destinazione: “L’ho trovata ancora spillata. Non è stata mai mostrata a nessuno”. Il documento arrivò a Tamburino, infatti, quando l’inchiesta era già stata trasferita a Roma nel calderone del “golpe Borghese”. Giraudo ha descritto Mori come un pupillo di Marzollo, uomo di Miceli (entrambi erano iscritti alla P2). Lo aveva conosciuto nel ’69 quando Mori era a Villafranca Veronese, dove
era stato assegnato alla Ftase: il comando Nato pronto a coordinare le forze armate in caso di conflitto con l’Urss. La stessa Ftase che, come ha detto Giraudo in aula, manteneva contatti “con soggetti dell’eversione nera, in particolare di Ordine Nuovo”. Proprio all’inizio del ’74, Mori viene individuato da Umberto Zamboni, studente di medicina, all’hotel Giada di Cattolica dove Ordine Nuovo, sciolta poco prima dal ministro dell’Interno, stava programmando la clandestinità. Nei mesi successivi, le bombe di piazza della Loggia e dell’Italicus faranno venti morti.
MA ALL’INTERNO del Sid c’era “un gruppo segretissimo”, come denuncia anni dopo lo stesso Maletti,che è pilotato direttamente da Miceli pe inquinare le indagini sulle“trame nere”.E qui Giraudo introduce la fonte “Gian”, alias il carabiniere Giancarlo Servolini (poi deceduto)
che parla di una cellula di 007, agli ordini di Marzollo, “composta da Mori e Mario Venturi, da Gianfranco Ghiron e dagli avvocati Taddei e Giraldi”, impegnata in quel ’74 a neutralizzare l’indagine di Labruna ed Esposito, convincendo i periti a scrivere che le bobine sono manipolate. L’inquinamento riesce alla perfezione. Prima di perdere l’inchiesta, Tamburino riuscirà ad arrestare Miceli e poco dopo Mori andrà via dal Sid. Ma nel ’75, il giudice di Roma Achille Gallucci incriminerà Labruna ed Esposito per manomissione del corpo del reato.
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Re: Diario della caduta di un regime.
ABBIAMO A CHE FARE CON UN'INTERA COMPAGINE DELINQUENZIALE.
PAGHEREMO ASSAI CARA NEI PROSSIMI MESI LA PRESENZA DI QUESTO GOVERNO
“Manovra? Soldi alle pensioni, niente ai giovani
Paese che non investe su lavoro non ha futuro”
Il presidente dell’Inps boccia la legge di bilancio. Ministro Poletti: “Sbaglia, norma punta allo sviluppo”
RENZI: “LETTERA UE? SOSTANZA NON CAMBIA”. OPPOSIZIONI ALL’ATTACCO: “IL TESTO INTEGRALE DOV’E’?”
Foto Roberto Monaldo / LaPresse
08-07-2015 Roma
Politica
Presentazione rapporto annuale Inps
Nella foto Tito Boeri (pres. Inps), Giuliano Poletti
Photo Roberto Monaldo / LaPresse
08-07-2015 Rome (Italy)
Inps annual report
In the photo Tito Boeri, Giuliano Poletti
Economia & Lobby
“Fa poco” per i giovani, “il grosso delle risorse lo investe sulle pensioni e sull’età immediatamente precedente”. Il presidente dell’Inps, Tito Boeri, attacca la manovra in un intervento registrato per il convegno dei giovani di Confindustria: “Un Paese che smette di investire sui giovani è un Paese che non ha grandi prospettive di crescita”. Immediata la risposta del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti: “Questa manovra guarda al futuro, guarda a due grandi pilastri: crescita e sviluppo economico, industria e innovazione”
PAGHEREMO ASSAI CARA NEI PROSSIMI MESI LA PRESENZA DI QUESTO GOVERNO
“Manovra? Soldi alle pensioni, niente ai giovani
Paese che non investe su lavoro non ha futuro”
Il presidente dell’Inps boccia la legge di bilancio. Ministro Poletti: “Sbaglia, norma punta allo sviluppo”
RENZI: “LETTERA UE? SOSTANZA NON CAMBIA”. OPPOSIZIONI ALL’ATTACCO: “IL TESTO INTEGRALE DOV’E’?”
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08-07-2015 Roma
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Presentazione rapporto annuale Inps
Nella foto Tito Boeri (pres. Inps), Giuliano Poletti
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In the photo Tito Boeri, Giuliano Poletti
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“Fa poco” per i giovani, “il grosso delle risorse lo investe sulle pensioni e sull’età immediatamente precedente”. Il presidente dell’Inps, Tito Boeri, attacca la manovra in un intervento registrato per il convegno dei giovani di Confindustria: “Un Paese che smette di investire sui giovani è un Paese che non ha grandi prospettive di crescita”. Immediata la risposta del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti: “Questa manovra guarda al futuro, guarda a due grandi pilastri: crescita e sviluppo economico, industria e innovazione”
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Re: Diario della caduta di un regime.
"Manovra non guarda ai giovani". Ed è scontro tra Boeri e Poletti
Boeri: "Un Paese che smette di investire sui giovani è un Paese che non ha grandi prospettive di crescita". Poletti: "Sbaglia, manovra guarda al futuro"
Luca Romano - Ven, 21/10/2016 - 19:58
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La legge di bilancio non guarda sufficientemente ai giovani e "un Paese che smette di investire sui giovani è un Paese che non ha grandi prospettive di crescita": lo afferma il presidente dell'Inps, Tito Boeri, nel corso di un'intervista registrata al convegno dei Giovani Imprenditori di Capri.
"A me - spiega - interessa sapere quanto questa legge di bilancio parla giovane, ma l'impressione è che sia nel solco degli ultimi 10-15 anni, con poche eccezioni. Solo nel 2015 guardava di più ai giovani". La manovra attuale, prosegue Boeri, "investe sulle pensioni e sull'età immediatamente precedente. Per il Paese è fondamentale tornare a crescere: negli ultimi 20 anni la povertà è aumentata, soprattutto tra i giovani. I salari d'ingresso quando si entra sono molto bassi e negli ultimi 25 anni sono diminuiti di un altro 25%, la disoccupazione è sotto gli occhi di tutti e poi ci sono molti giovani che vanno all'estero".
A Boeri ha risposto il ministro del Lavoro Giuliano Poletti: "Tito Boeri sbaglia, questa manovra guarda al futuro, si basa su due grandi pilastri: crescita sviluppo impresa e innovazione. Si parte dalla ricerca dall'innovazione e dalle università, vogliamo aumentare del 100% i giovani che frequentano gli istituti tecnici". La manifattura, dice ancora, "è la spina dorsale del sistema economico italiano e non avere chiaro questo significa" non avere chiara la storia del nostro Paese.
Boeri: "Un Paese che smette di investire sui giovani è un Paese che non ha grandi prospettive di crescita". Poletti: "Sbaglia, manovra guarda al futuro"
Luca Romano - Ven, 21/10/2016 - 19:58
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La legge di bilancio non guarda sufficientemente ai giovani e "un Paese che smette di investire sui giovani è un Paese che non ha grandi prospettive di crescita": lo afferma il presidente dell'Inps, Tito Boeri, nel corso di un'intervista registrata al convegno dei Giovani Imprenditori di Capri.
"A me - spiega - interessa sapere quanto questa legge di bilancio parla giovane, ma l'impressione è che sia nel solco degli ultimi 10-15 anni, con poche eccezioni. Solo nel 2015 guardava di più ai giovani". La manovra attuale, prosegue Boeri, "investe sulle pensioni e sull'età immediatamente precedente. Per il Paese è fondamentale tornare a crescere: negli ultimi 20 anni la povertà è aumentata, soprattutto tra i giovani. I salari d'ingresso quando si entra sono molto bassi e negli ultimi 25 anni sono diminuiti di un altro 25%, la disoccupazione è sotto gli occhi di tutti e poi ci sono molti giovani che vanno all'estero".
A Boeri ha risposto il ministro del Lavoro Giuliano Poletti: "Tito Boeri sbaglia, questa manovra guarda al futuro, si basa su due grandi pilastri: crescita sviluppo impresa e innovazione. Si parte dalla ricerca dall'innovazione e dalle università, vogliamo aumentare del 100% i giovani che frequentano gli istituti tecnici". La manifattura, dice ancora, "è la spina dorsale del sistema economico italiano e non avere chiaro questo significa" non avere chiara la storia del nostro Paese.
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Re: Diario della caduta di un regime.
20 OTTOBRE 2016
I segreti della lista Carminati
Il ricatto alla Repubblica parte nell'estate del 1999 quando Massimo Carminati penetra nel caveau della banca a palazzo di Giustizia di Roma, e sceglie 147 cassette eccellenti. Adesso l'Espresso rivela la lista. E i suoi segreti. È un furto su commissione diretto a ricattare qualcuna delle vittime. Fra loro si contano almeno 22 magistrati. Quasi tutti con ruoli di vertice: presidenti di sezioni civili o penali del tribunale o della corte d’appello, magistrati dirigenti del ministero della giustizia, giudici e sostituti pg della Cassazione. E poi avvocati. Sono persone connesse con i più grandi misteri d’Italia: dalla strage di Bologna alla P2, dal delitto Pasolini all’omicidio Pecorelli, dalla Banda della Magliana a Cosa nostra. Sullo sfondo si staglia l'ombra di Andreotti. E così nasce un potere che fa ancora paura. Di Lirio Abbate
VIDEO:
http://video.espresso.repubblica.it/inc ... =HEF_RULLO
I segreti della lista Carminati
Il ricatto alla Repubblica parte nell'estate del 1999 quando Massimo Carminati penetra nel caveau della banca a palazzo di Giustizia di Roma, e sceglie 147 cassette eccellenti. Adesso l'Espresso rivela la lista. E i suoi segreti. È un furto su commissione diretto a ricattare qualcuna delle vittime. Fra loro si contano almeno 22 magistrati. Quasi tutti con ruoli di vertice: presidenti di sezioni civili o penali del tribunale o della corte d’appello, magistrati dirigenti del ministero della giustizia, giudici e sostituti pg della Cassazione. E poi avvocati. Sono persone connesse con i più grandi misteri d’Italia: dalla strage di Bologna alla P2, dal delitto Pasolini all’omicidio Pecorelli, dalla Banda della Magliana a Cosa nostra. Sullo sfondo si staglia l'ombra di Andreotti. E così nasce un potere che fa ancora paura. Di Lirio Abbate
VIDEO:
http://video.espresso.repubblica.it/inc ... =HEF_RULLO
Ultima modifica di UncleTom il 22/10/2016, 18:30, modificato 1 volta in totale.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Da Gelli a Renzi (passando per Berlusconi)
Il progetto della P2 e il suo lascito
Le critiche della repubblica parlamentare e le proposte di passaggio al presidenzialismo sono precedenti alla formazione della P2, in quanto si manifestarono già sul finire degli anni Cinquanta. Nessuna di esse, però, superò mai la soglia delle riflessioni di singoli studiosi o, al massimo, di movimenti ultra minoritari,
privi di incidenza reale.(4) Fu la P2 a trasformare quei conati presidenzialistici in opinioni politiche concrete e capaci di influenzare il dibattito istituzionale.
Nella vulgata corrente, si identifica nel progetto nel Piano di Rinascita Democratica (d’ora in poi PRD), scritto nel 1976 ma emerse solo nel 1981 e venne accolto come la riprova della vocazione eversiva della loggia. Per la verità si tratta di un testo più citato che letto e conosciuto, e ci sono altri documenti, forse ancora più espliciti, che, insieme al PRD, formano un unico contesto documentale: il discorso introduttivo del 5 marzo 1971, lo <<Schema R>>, del 1975, ossia l’immediato antecedente del PRD, cui, ovviamente, vanno aggiunte le successive dichiarazioni ed interviste dello stesso Gelli.
Questo blocco va inserito nel contesto storico cui appartiene, distinguendo nettamente i due periodi di vita (5) della P2: il primo va alla conquista della loggia da parte di Gelli fino al 1974; il secondo va dal 1974 allo scandalo del 1981, che avrebbe portato allo scioglimento dell’organizzazione.
Occorre inoltre considerare il periodo posteriore nel quale l’influenza della cultura piduista sopravvisse giungendo fino ai giorni nostri.
CONTINUA
Il progetto della P2 e il suo lascito
Le critiche della repubblica parlamentare e le proposte di passaggio al presidenzialismo sono precedenti alla formazione della P2, in quanto si manifestarono già sul finire degli anni Cinquanta. Nessuna di esse, però, superò mai la soglia delle riflessioni di singoli studiosi o, al massimo, di movimenti ultra minoritari,
privi di incidenza reale.(4) Fu la P2 a trasformare quei conati presidenzialistici in opinioni politiche concrete e capaci di influenzare il dibattito istituzionale.
Nella vulgata corrente, si identifica nel progetto nel Piano di Rinascita Democratica (d’ora in poi PRD), scritto nel 1976 ma emerse solo nel 1981 e venne accolto come la riprova della vocazione eversiva della loggia. Per la verità si tratta di un testo più citato che letto e conosciuto, e ci sono altri documenti, forse ancora più espliciti, che, insieme al PRD, formano un unico contesto documentale: il discorso introduttivo del 5 marzo 1971, lo <<Schema R>>, del 1975, ossia l’immediato antecedente del PRD, cui, ovviamente, vanno aggiunte le successive dichiarazioni ed interviste dello stesso Gelli.
Questo blocco va inserito nel contesto storico cui appartiene, distinguendo nettamente i due periodi di vita (5) della P2: il primo va alla conquista della loggia da parte di Gelli fino al 1974; il secondo va dal 1974 allo scandalo del 1981, che avrebbe portato allo scioglimento dell’organizzazione.
Occorre inoltre considerare il periodo posteriore nel quale l’influenza della cultura piduista sopravvisse giungendo fino ai giorni nostri.
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