Come se ne viene fuori ?
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: Come se ne viene fuori ?
LA GUERRA VISTA DA LONTANO
FI contro PD
10 SET 2016 18:10
JOBS AZZ! PIU’ LICENZIATI CHE ASSUNTI: IL GRANDE FLOP DELLA RIFORMA DEL LAVORO DI RENZI
- MANCATO L' OBIETTIVO FLESSIBILITÀ
- BRUNETTA: “AUMENTANO I LICENZIAMENTI, JOBS ACT DEI MIEI STIVALI
Antonio Signorini per “il Giornale”
Un' ammissione involontaria di come il Jobs Act non abbia funzionato, proveniente dallo stesso dicastero che lo ha varato. La dimostrazione, cifre alla mano, di come l' ultima riforma del lavoro abbia incoraggiato le aziende ad espellere i lavoratori e, contemporaneamente, abbia spinto questi ultimi ad incollarsi al posto, magari rifiutando nuove opportunità. In sintesi, di come la legge fiore all' occhiello dell' esecutivo Renzi abbia irrigidito il mercato del lavoro, esattamente il contrario di quello che servirebbe al Paese.
Il dicastero del Lavoro guidato fa Giuliano Poletti ieri ha diffuso i dati del «Sistema delle comunicazioni obbligatorie». Aggiornamento periodico dal quale è emerso, tra le altre cose, un aumento dei licenziamenti del 7,4%. In generale sono diminuite le cessazioni di lavoro, ma solo perché sono diminuite drasticamente le dimissioni dei lavoratori (meno 23,9 per cento).
Tradotto, chi può, tra gli imprenditori, licenzia. Chi invece tra i dipendenti se lo può permettere, si tiene stretto il vecchio posto di lavoro. «Aumentano i licenziamenti, Jobs Act dei miei stivali», ha commentato il capogruppo di Forza Italia alla Camera Renato Brunetta. «Chi cambia perde», ha twittato il giuslavorista Michele Tiraboschi.
In sostanza, i lavoratori non cambiano perché dovrebbero ripartire da zero con una nuovo contratto che non prevede le tutele dell' articolo 18, modificato dalla riforma del lavoro del governo Renzi. Seguendo lo stesso filo del ragionamento, si può dire che il Jobs Act abbia eliminato una tutela (il reintegro dei lavoratori licenziati ingiustamente), mancando l' obiettivo di rendere il mercato più flessibile.
I dati diffusi ieri confermano inoltre una tendenza che smonta un altro obiettivo del governo, quello di favorire l' occupazione stabile. Sempre nel secondo trimestre 2016, i contratti avviati a tempo indeterminato sono calati di circa 163 mila unità, il 29,4% in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. È finito l' effetto delle riduzioni dei contributi per chi assume in modo stabile. Misura che non sarà rinnovata dalla prossima legge di Stabilità.
Diminuiscono anche i contratti di collaborazione (-25,4%) e le assunzioni a tempo determinato (-8,7%), in misura maggiore per la componente femminile (-15,2%). Unico dato positivo, l' aumento dei contratti di apprendistato, pari al 26,2%, che erano stati penalizzati dalla precedente riforma del lavoro del governo Monti. Le due riforme, quella firmata dal ministro Elsa Fornero e quella di Renzi hanno in comune il fatto di avere mancato l' obiettivo per il quale erano nate.
Quella del 2012, partita come una liberalizzazione (c' era una diminuzione delle tutele), finì, anche grazie a una efficace pressione da parte dei sindacati, per imbrigliare i contratti, scoraggiando l' adozione di quelli a termine.
La Fornero si difese sostenendo che l' obiettivo non era quello di fare crescere l' occupazione, ma di scoraggiare l' abuso di forme flessibili. Quella di Renzi è nata sotto auspici migliori, ma ha avuto effetti simili.
I dati ieri sono stati cavalcati dal Movimento 5 stelle, che sui social network hanno lanciato l' hashtag #Renzifail. Etichetta efficace. Peccato che il movimento di Grillo sia per un ulteriore irrigidimento del mercato del lavoro. Ricetta che, una volta applicata, avrebbe effetti peggiori delle ultime due riforme.
FI contro PD
10 SET 2016 18:10
JOBS AZZ! PIU’ LICENZIATI CHE ASSUNTI: IL GRANDE FLOP DELLA RIFORMA DEL LAVORO DI RENZI
- MANCATO L' OBIETTIVO FLESSIBILITÀ
- BRUNETTA: “AUMENTANO I LICENZIAMENTI, JOBS ACT DEI MIEI STIVALI
Antonio Signorini per “il Giornale”
Un' ammissione involontaria di come il Jobs Act non abbia funzionato, proveniente dallo stesso dicastero che lo ha varato. La dimostrazione, cifre alla mano, di come l' ultima riforma del lavoro abbia incoraggiato le aziende ad espellere i lavoratori e, contemporaneamente, abbia spinto questi ultimi ad incollarsi al posto, magari rifiutando nuove opportunità. In sintesi, di come la legge fiore all' occhiello dell' esecutivo Renzi abbia irrigidito il mercato del lavoro, esattamente il contrario di quello che servirebbe al Paese.
Il dicastero del Lavoro guidato fa Giuliano Poletti ieri ha diffuso i dati del «Sistema delle comunicazioni obbligatorie». Aggiornamento periodico dal quale è emerso, tra le altre cose, un aumento dei licenziamenti del 7,4%. In generale sono diminuite le cessazioni di lavoro, ma solo perché sono diminuite drasticamente le dimissioni dei lavoratori (meno 23,9 per cento).
Tradotto, chi può, tra gli imprenditori, licenzia. Chi invece tra i dipendenti se lo può permettere, si tiene stretto il vecchio posto di lavoro. «Aumentano i licenziamenti, Jobs Act dei miei stivali», ha commentato il capogruppo di Forza Italia alla Camera Renato Brunetta. «Chi cambia perde», ha twittato il giuslavorista Michele Tiraboschi.
In sostanza, i lavoratori non cambiano perché dovrebbero ripartire da zero con una nuovo contratto che non prevede le tutele dell' articolo 18, modificato dalla riforma del lavoro del governo Renzi. Seguendo lo stesso filo del ragionamento, si può dire che il Jobs Act abbia eliminato una tutela (il reintegro dei lavoratori licenziati ingiustamente), mancando l' obiettivo di rendere il mercato più flessibile.
I dati diffusi ieri confermano inoltre una tendenza che smonta un altro obiettivo del governo, quello di favorire l' occupazione stabile. Sempre nel secondo trimestre 2016, i contratti avviati a tempo indeterminato sono calati di circa 163 mila unità, il 29,4% in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. È finito l' effetto delle riduzioni dei contributi per chi assume in modo stabile. Misura che non sarà rinnovata dalla prossima legge di Stabilità.
Diminuiscono anche i contratti di collaborazione (-25,4%) e le assunzioni a tempo determinato (-8,7%), in misura maggiore per la componente femminile (-15,2%). Unico dato positivo, l' aumento dei contratti di apprendistato, pari al 26,2%, che erano stati penalizzati dalla precedente riforma del lavoro del governo Monti. Le due riforme, quella firmata dal ministro Elsa Fornero e quella di Renzi hanno in comune il fatto di avere mancato l' obiettivo per il quale erano nate.
Quella del 2012, partita come una liberalizzazione (c' era una diminuzione delle tutele), finì, anche grazie a una efficace pressione da parte dei sindacati, per imbrigliare i contratti, scoraggiando l' adozione di quelli a termine.
La Fornero si difese sostenendo che l' obiettivo non era quello di fare crescere l' occupazione, ma di scoraggiare l' abuso di forme flessibili. Quella di Renzi è nata sotto auspici migliori, ma ha avuto effetti simili.
I dati ieri sono stati cavalcati dal Movimento 5 stelle, che sui social network hanno lanciato l' hashtag #Renzifail. Etichetta efficace. Peccato che il movimento di Grillo sia per un ulteriore irrigidimento del mercato del lavoro. Ricetta che, una volta applicata, avrebbe effetti peggiori delle ultime due riforme.
-
- Messaggi: 317
- Iscritto il: 02/03/2015, 18:13
Re: Come se ne viene fuori ?
la destra inutile dirlo ha sempre attaccato il lavoro ma attaccando il lavoro si distrugge un'intero paese.Quello di attaccare il lavoro è una costante della casta.Al contrario bisognerebbe cercare forme di flessibilità che vanno bene ai lavoratori e ai datori di lavoro.I lib di sinistra non sono per spostare il potere nelle mani dei datori di lavoro ma per realizzare l'equilibrio.In analogia è coe se spostassimo il potere nelle mani del parlamento e del governo privando la magistratura di indipendenza oppure eleggessimmo direttamente il governo che non è possibile sfiduciare se governa male.Secondo locke il governo è espressione del parlamento e se i governanti governano male il popolo ha diritto di ribellarsi
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: Come se ne viene fuori ?
Il libro di Fausto Carotenuto induce a riflessioni.
TESTO
IL MISTERO DELLA SITUAZIONE INTERNAZIONALE
Introduzione
C’è un senso in quello che avviene nella situazione internazionale?
Certo, a guardarsi intorno, a leggere i giornali , a sentire la radio e la televisione la situazione internazionale appare veramente terribile e oscura.
Il mondo è costellato di crisi, di guerre e di zone in tensione in tutti i continenti.
Regimi corrotti governano la maggior parte dei Paesi.
Dove c’è la democrazia si stanno evidentemente riducendo.
L’economia e la finanza e i mass media sono nelle mani di pochi gruppi che stanno predando i popoli e cercando di uniformare il mondo su poche linee guida, su poche idee preconfezionate e su pochi prodotti, predisposti per alimentare e soddisfare le pulsioni più superficiali e per narcotizzare masse sempre più vaste.
Le grandi religioni organizzate sembrano incapaci di fornire risposte adeguate, e appaiono fin troppo coinvolte in oscuri giochi di potere.
La ricerca scientifica e l’industria sembrano lanciate in una corsa dissennata ad alterare e modificare in peggio l’equilibrio della Terra, degli esseri viventi e della salute umana.
Effetto serra, avvelenamento del suolo, dell’acqua e dell’aria, impoverimento delle risorse naturali.
CONTINUA
TESTO
IL MISTERO DELLA SITUAZIONE INTERNAZIONALE
Introduzione
C’è un senso in quello che avviene nella situazione internazionale?
Certo, a guardarsi intorno, a leggere i giornali , a sentire la radio e la televisione la situazione internazionale appare veramente terribile e oscura.
Il mondo è costellato di crisi, di guerre e di zone in tensione in tutti i continenti.
Regimi corrotti governano la maggior parte dei Paesi.
Dove c’è la democrazia si stanno evidentemente riducendo.
L’economia e la finanza e i mass media sono nelle mani di pochi gruppi che stanno predando i popoli e cercando di uniformare il mondo su poche linee guida, su poche idee preconfezionate e su pochi prodotti, predisposti per alimentare e soddisfare le pulsioni più superficiali e per narcotizzare masse sempre più vaste.
Le grandi religioni organizzate sembrano incapaci di fornire risposte adeguate, e appaiono fin troppo coinvolte in oscuri giochi di potere.
La ricerca scientifica e l’industria sembrano lanciate in una corsa dissennata ad alterare e modificare in peggio l’equilibrio della Terra, degli esseri viventi e della salute umana.
Effetto serra, avvelenamento del suolo, dell’acqua e dell’aria, impoverimento delle risorse naturali.
CONTINUA
-
- Messaggi: 5725
- Iscritto il: 11/10/2016, 2:47
Re: Come se ne viene fuori ?
L'AMERICA DEI ROOSEVELT, E' SOLO UN PALLIDO RICORDO. COME DA NOI, IL CONFRONTO DIVENTA DIFFICILE CON LA GENERAZIONE DI POLITICI USCITI DALLA SECONDA GUERRA MONDIALE.
LA FOLLIA SI E' IMPOSSESSATA DEL MONDO E NON LA MOLLA PIU'.
E ALLORA TORNA SEMPRE LA TORMENTATA DOMANDA:"COME SE NE VIENE FUORI"
LIBRE news
Trump: Hillary e i media, l’impero criminale è nel panico
Scritto il 30/10/16 • nella Categoria: idee Condividi
Il nostro movimento vuole sostituire un establishment politico fallito e corrotto – e quando dico “corrotto”, intendo dire totalmente corrotto – con un nuovo governo controllato da voi, il popolo americano. L’establishment politico farà di tutto – racconteranno qualsiasi bugia, pur di mantenere a vostre spese il prestigio e il potere di cui godono. Ed è quello che sta succedendo. L’establishment di Washington e le società finanziarie e i media che lo finanziano esistono per una sola ragione: per proteggere e arricchire se stessi. L’establishment si gioca migliaia di miliardi di dollari in queste elezioni. A titolo di esempio, soltanto uno degli accordi commerciali che vorrebbero far passare vale migliaia di miliardi di dollari, controllati da molti paesi, società e gruppi di pressione. Perché coloro che controllano le leve del potere a Washington, e interessi particolari a livello mondiale, collaborano con queste persone, che non hanno in mente il vostro bene. La nostra campagna rappresenta per loro una vera minaccia esistenziale, come non ne hanno mai viste prima. Non si tratta semplicemente di un altro mandato di quattro anni. Questo è un punto di svolta nella storia della nostra civiltà in cui si determinerà se noi, il popolo, riusciremo a riprendere il controllo del nostro governo.L’establishment politico che sta cercando di fermarci è lo stesso che porta la responsabilità dei nostri accordi commerciali disastrosi, dell’immigrazione di massa, delle politiche economiche e della politica estera che hanno dissanguato il nostro paese. La classe politica ha portato alla distruzione delle nostre fabbriche e dei nostri posti di lavoro, dirottati in Messico, in Cina e in altri paesi in tutto il mondo. I dati sull’occupazione appena pubblicati rimangono deboli. Il nostro prodotto interno lordo, o Pil, è appena sopra l’1%. E sta calando. I lavoratori degli Stati Uniti stanno producendo meno di quanto si produceva quasi 20 anni fa, ma stanno lavorando di più. E lo stesso vale per me, e quindi posso dirvelo. Si tratta di una struttura di potere globale responsabile delle decisioni economiche che hanno deprivato la nostra classe operaia, spogliato il nostro paese della sua ricchezza e messo quei soldi nelle tasche di un pugno di grandi società e gruppi politici. Basta guardare a quello che questo establishment corrotto ha fatto delle nostre città, come Detroit; Flint, Michigan; e delle città rurali in Pennsylvania, Ohio, North Carolina e in tutto il nostro paese. Date un’occhiata a quello che sta succedendo. Hanno spogliato queste città. Le hanno saccheggiate e hanno portato i posti di lavoro lontano dal nostro paese, e non tornernno mai più, a meno che io non sia eletto presidente.La macchina Clinton è al centro di questa struttura di potere. L’abbiamo visto chiaramente nei documenti di Wikileaks, in cui Hillary Clinton ha incontri segreti con le banche internazionali per pianificare la distruzione della sovranità degli Stati Uniti, al fine di arricchire questi poteri finanziari globali di cui condivide gli interessi e che sono i suoi finanziatori. Sì, è vero. Onestamente, dovrebbe essere rinchiusa. E allo stesso modo le e-mail mostrano che la macchina Clinton è così strettamente e irrevocabilmente legata alle organizzazioni dei media che – ascoltate questa – del dibattito con Bernie Sanders le sono state date le domande e le risposte in anticipo. Ad Hillary Clinton hanno anche dato il potere di veto sulle citazioni che la riguardano sul “New York Times”. Sicuramente non lo fanno con me, questo posso dirvelo. E le e-mail mostrano che i giornalisti collaborano e cospirano direttamente con il comitato elettorale di Clinton su come aiutarla a vincere le elezioni. C’è in gioco il loro controllo sul nostro governo, ci sono in gioco migliaia di miliardi di dollari, e la macchina Clinton è determinata a distruggere la nostra campagna elettorale, ma questo non deve accadere.L’arma più potente messa in atto da Clinton è la grande stampa. Cerchiamo di essere chiari su una cosa, i grandi media nel nostro paese non hanno più niente a che fare col giornalismo. Si tratta di un particolare gruppo di interesse politico non diverso da qualsiasi lobbista o altro ente finanziario con un programma politico, e l’ordine del giorno non è nel vostro interesse, è nel loro. E il loro ordine del giorno è quello di eleggere ad ogni costo Hillary Clinton, la corrotta, a qualsiasi prezzo, non importa quante vite vengano distrutte. Per loro si tratta di una guerra, e non hanno limiti. Questa è una lotta per la sopravvivenza della nostra nazione, credetemi. E l’8 novembre sarà la nostra ultima possibilità di salvarla, ricordatelo. Con questa elezione si deciderà se siamo una nazione libera, o se abbiamo solo l’illusione della democrazia, ma siamo di fatto controllati da un piccolo gruppo di interessi particolari globali che stanno manipolando il sistema, e il nostro sistema è truccato. Questa è la realtà, voi lo sapete, loro lo sanno, io lo so, e praticamente tutto il mondo lo sa. L’establishment e i loro sostenitori dei media controlleranno questa nazione con mezzi che sono molto ben conosciuti. Chiunque sfida il loro controllo è condannato come sessista, razzista, xenofobo, e moralmente deforme.Vi attaccheranno, vi calunnieranno, cercheranno di distruggere la vostra carriera e la vostra famiglia, cercheranno di distruggere tutto di voi, anche la vostra reputazione. Mentiranno, diranno menzogne, menzogne, e ancora peggio, faranno tutto ciò che è necessario. I Clinton sono criminali, ricordatelo. Sono criminali. Questo è ben documentato, e l’establishment che li protegge è impegnato in un massiccio insabbiamento di attività criminali diffuse presso il Dipartimento di Stato e la Fondazione Clinton, al fine di mantenere i Clinton al potere. Mai nella storia abbiamo visto un insabbiamento come questo, la distruzione totale di 33.000 e-mail; 13 iPhone, alcuni anche con il martello; computer portatili; interi fascicoli di prove mancanti; e molte, molte altre cose. Le persone che sono in grado di compiere questi crimini contro la nostra nazione sono capaci di tutto. E così ora affrontiamo le calunnie e la diffamazione che appena ieri sera sono state gettate su di me dalla macchina Clinton e dal “New York Times” e altri media, come parte di un attacco concertato, coordinato e feroce.Non è un caso che questi attacchi arrivino nello stesso esatto momento, tutti insieme nello stesso momento in cui Wikileaks pubblica i documenti che espongono la massiccia corruzione internazionale della macchina Clinton, tra cui più di 2.000 e-mail solo questa mattina. Queste affermazioni feroci sul mio comportamento inappropriato con le donne sono totalmente e assolutamente false. E i Clinton lo sanno, e lo sanno molto bene. Queste accuse sono state costruite. Sono pura finzione, sono menzogne. Questi fatti non sono mai, mai accaduti e le persone che si sono prestate a dire queste cose lo sanno benissimo. Guardate queste persone, studiatele, e lo capirete. Le accuse sono assurde, ridicole, e sfidano la verità, il buon senso e la logica. Abbiamo già degli elementi di prova sostanziali per contestare queste menzogne, e saranno resi pubblici in modo adeguato e al momento opportuno, molto presto. Queste bugie provengono da delle fonti le cui storie e accuse precedenti sono già state screditate. Gli organi di stampa non hanno nemmeno tentato di confermare i fatti, perché anche una semplice indagine avrebbe mostrato che non erano altro che falsità.Sei mesi fa, il “New York Times” ha scritto un articolo lunghissimo per attaccarmi, e la testimone centrale che hanno usato ha poi detto che la storia era falsa; che lei era stata citata erroneamente. Lei ha detto che ero una brava persona. Ha avuto un grande coraggio, sarò onesto con voi. Era una persona straordinaria. Non ha mai fatto quelle osservazioni. Quando ho letto l’articolo, è stata una sorpresa – come avrebbe potuto dire quelle cose? E infatti non lo aveva dette. Abbiamo chiesto una ritrattazione, ma si sono rifiutati di pubblicarla, proprio come si sono rifiutati di pubblicare i commenti di un’altra fonte, un suo libro dove mi elogiava, o le parole di un’altra meravigliosa donna che ha detto cose molto belle su di me. Hanno messo altre dichiarazioni che lei non aveva fatto, travisandole. La storia era una frode ed è una gran vergogna per il “New York Times”, un grande articolo in prima pagina. Prima pagina, centrale, foto a colori, una vergogna. Erano molto imbarazzati, e questo farà parte della causa che stiamo preparando contro di loro.Oggi gli stessi due autori screditati, che avrebbero dovuto essere già stati licenziati dal “New York Times” per quello che hanno fatto, raccontano un’altra storia completamente inventata e falsa, che presumibilmente ha avuto luogo su un aereo più di 30 anni fa. Un altro racconto ridicolo, nessun testimone, niente di niente. Poi, c’è stata una giornalista del “People Magazine”, che aveva scritto un articolo su Melania e su di me nel nostro primo anniversario. L’articolo era bello, molto piacevole. Ma, ieri sera, abbiamo sentito, dopo 12 anni – questo articolo era stato scritto 12 anni fa – una nuova accusa su delle avances che avrei fatto alla giornalista durante l’intervista… E ho posto una domanda molto semplice: perché non ne ha parlato nell’articolo pubblicato 12 anni fa? Perché non ne ha parlato? Io ero una delle più grandi stelle in televisione con “The Apprentice” e sarebbe stata una delle più grandi storie dell’anno. Pensate, stava scrivendo questo articolo su Melania, che era incinta al momento. E Donald Trump, al nostro primo anniversario, faceva avances alla giornalista, e tra l’altro, in un’area pubblica, con gente da tutte le parti. Date un’occhiata, guardatela. Guardatela, e considerate le sue parole. Ditemi, cosa ne pensate. Io non credo – non credo.Queste sono persone orribili, orribili bugiardi. Ed è interessante notare, capita che tutto questo venga fuori 26 giorni prima delle elezioni, non è incredibile? Ora il “New York Times” sta lottando disperatamente per la sua sopravvivenza finanziaria. E probabilmente chiuderà tra non molto, vista la sua situazione finanziaria. Il che non sarebbe una brutta cosa, se l’obiettivo è conoscere la verità. Ma via via che la situazione si fa sempre più problematica, c’è sempre più corruzione, e vigliaccheria. E anche gli altri media mainstream stanno continuando a infierire, e tutto tra oggi e l’8 novembre. E bisogna vedere gli articoli che hanno scritto, uno dopo l’altro, fatti che non significano nulla, giornalismo di terz’ordine. I grandi editori del passato del “New York Times” e degli altri giornali, signore e signori, si rigirano nella tomba. Non permetterò alla macchina Clinton di trasformare la nostra campagna in una discussione sulle loro calunnie e menzogne. Rimarrà focalizzata sui problemi che il popolo americano deve affrontare. Ma lasciatemelo dire il più chiaramente che posso, questi attacchi sono orchestrati dai Clinton e dai media loro alleati. L’unica cosa che la Clinton ha dalla sua parte è la stampa: senza la stampa, lei è zero assoluto.Manca meno di un mese alle elezioni più importanti del nostro tempo. E i sondaggi ci danno testa a testa. Non credeteci. L’ultimo sondaggio e il più autorevole, il Rasmussen, venuto fuori stamattina, appena pubblicato, dà Trump avanti di due punti percentuali. Bello. La nostra grande civiltà, qui in America e in tutto il mondo civile, è giunta alla resa dei conti. Lo abbiamo visto nel Regno Unito, dove hanno votato per liberarsi dal governo globale e dagli accordi commerciali a livello globale, dalle politiche sull’immigrazione che hanno distrutto la loro sovranità e hanno distrutto molte nazioni. Ma la base centrale del potere politico mondiale è proprio qui, in America; il nostro corrotto sistema politico è il più grande potere che appoggia gli sforzi per una globalizzazione radicale e per la privazione dei diritti dei lavoratori. Le loro risorse finanziarie sono praticamente illimitate, le loro risorse politiche sono illimitate, i loro mezzi di comunicazione sono senza pari, e, soprattutto, la profondità della loro immoralità è assolutamente senza limiti.Consentiranno ai terroristi islamici di entrare nel nostro paese a migliaia. Faranno entrare il grande cavallo di Troia – e io non voglio che la gente tra cent’anni o ducento si volti indietro e gli venga raccontata una storia in cui eravamo condotti da personaggi inetti, incompetenti e corrotti come Barack Obama e Hillary Clinton. Non vogliamo esser parte di quella storia. E a proposito, il presidente Obama dovrebbe smetterla di fare campagna elettorale e cominciare a creare posti di lavoro, cominciare a lavorare per tirar su il nostro Pil, cominciare a lavorare per rafforzare i nostri confini. L’establishment politico corrotto è una macchina, non ha anima. Sapevo che questi attacchi calunniosi sarebbero arrivati. Sapevo che questo giorno sarebbe arrivato, era solo una questione di quando. E sapevo che il popolo americano sarebbe stato superiore e avrebbe votato per il futuro che merita. L’unica cosa che può fermare questa macchina corrotta siete voi. L’unica forza potente abbastanza da salvare il nostro paese siamo noi. L’unico popolo abbastanza coraggioso da votare contro questo establishment corrotto siete voi, il popolo americano.Loro controllano incredibilmente il Dipartimento di Giustizia. E si sono anche segretamente incontrati con il procuratore generale degli Stati Uniti. Si sono incontrati per 39 minuti e molto probabilmente è stato il tempo di discutere la sua riconferma, in una amministrazione Clinton, come procuratore generale, appena prima di prendere la decisione sull’opportunità o meno di perseguire Hillary Clinton. Credo proprio che abbiano parlato del fatto che lei rimarrà nella sua posizione sotto l’amministrazione corrotta di Hillary Clinton. Nello stesso modo, hanno sostanzialmente corrotto il direttore del Fbi, al punto in cui già si dice in giro che i grandi – e sono davvero grandi – uomini e donne che lavorano per l’Fbi sono nell’imbarazzo e nella più grande vergogna per quel che questa persona ha fatto alla nostra grande istituzione, la stessa Fbi. Hillary Clinton è colpevole di tutte le affermazioni che il direttore Comey ha fatto alla sua conferenza stampa e all’audizione al Congresso e molto altro. Eppure, dopo aver letto tutti quei capi d’accusa, di cui lei era indubbiamente colpevole, l’ha scagionata. Mentre tante altre vite, tra cui quella del generale Petraeus e molte altre, sono state distrutte per molto, molto meno. Questa è una cospirazione contro di voi, contro il popolo americano, e non posiamo permettere che tutto questo accada e vada avanti.Questo è il nostro momento della resa dei conti, come società e anche come civiltà. Non ho bisogno di fare questo, gente, credetemi. Ho costruito una grande azienda, e ho avuto una vita meravigliosa. Avrei potuto godere i frutti e i benefici di anni di affari e di successo per me e la mia famiglia. Invece di passare attraverso questo orrore assoluto di menzogne, inganni, attacchi ingiuriosi – chi l’avrebbe detto? Lo sto facendo perché questo paese che amo mi ha dato tanto, e sento con forza che è il momento di ricambiare. Molti dei miei amici e molti esperti di politica mi hanno avvertito che questa campagna sarebbe stata un viaggio verso l’inferno. Ma si sbagliano. Sarà un viaggio verso il paradiso, perché aiuteremo tante persone che hanno disperatamente bisogno di aiuto. Nella mia vita precedente ero un insider, come tanti altri. E sapevo cosa vuol dire e so ancora cosa vuol dire essere un insider. Non è male, non è male. Ora sono stato punito per essere uscito dallo specialissimo club e per avervi rivelato le cose terribili che stanno accadendo nel nostro paese. Poiché facevo parte del club, io sono l’unico che può risolvere il problema. Sto facendo questo per il popolo e per il movimento, e prenderemo di nuovo questo paese, per voi, e faremo di nuovo grande l’America.L’establishment corrotto sa che siamo una grande minaccia per la loro impresa criminale. Sanno che se vinciamo il loro potere è finito, e sarà restituito a voi, al popolo. Quando si guarda ai nostri accordi commerciali che sono così sconvenienti. Il nostro debito è raddoppiato in sette anni e mezzo, a quasi 20 miliardi di dollari, sotto Obama. Dobbiamo raddrizzare il nostro paese. Il nostro è un movimento come non l’abbiamo mai visto nella storia di questo paese. Anche gli esperti, anche i media – che per i loro motivi sono assolutamente avversi a Donald Trump – ammetteranno che questo è un movimento di cui non si è mai visto l’uguale. Ed è un movimento sui veterani che hanno bisogno di cure mediche. Sulle madri che hanno perso i loro amati figli per il terrorismo e il crimine. Sulle città dell’interno e sulle città di confine che hanno disperatamente bisogno del nostro aiuto. Sui milioni di disoccupati in America. Sugli americani che non trovano posti di lavoro perché l’occupazione si è spostata in Messico e in molti altri paesi. Questa elezione è sulle persone schiacciate da Obamacare. E sulla necessità di sconfiggere l’Isis e nominare una Corte Suprema e un giudice della Corte Suprema – potrebbero essere quattro o cinque – col compito di difendere e proteggere la nostra Costituzione.Questa elezione è anche sugli afro-americani e ispanici-americani, così importanti per me, le cui comunità sono state gettate nella criminalità, nella povertà e nel degrado delle scuole dalle politiche corrotte di Hillary Clinton. Credetemi, è marcia. Se si guardano i quartieri poveri delle città si vede una pessima istruzione, non c’è lavoro, nessuna sicurezza. Vai a fare la spesa con tuo figlio e ti sparano. Esci di casa per vedere cosa sta succedendo, e ti sparano. A Chicago 3.000 persone sono state assassinate dal 1° gennaio. Non abbiamo intenzione di lasciare che accada. Che vi piaccia o no Donald Trump, direte tutti che mantiene quello che dice. Siamo superiori alle bugie, alla sporcizia, alle ridicole calunnie dei giornalisti anche loro ridicoli e molto, molto disonesti. Voteremo per il paese che vogliamo, per il futuro che vogliamo, e per mandare a casa questo governo corrotto, e subito. Hanno tradito i nostri lavoratori, hanno tradito i nostri confini e, soprattutto, hanno tradito le nostre libertà. Salveremo i nostri diritti sovrani come nazione. Porremo fine alla politica del profitto; al governo degli interessi particolari; alla rapina dei nostri posti di lavoro da parte di altri paesi. Il nostro Giorno dell’Indipendenza è a portata di mano, e finalmente arriva, l’8 novembre.(Donald Trump, estratto del discorso elettorale tenuto a Palm Beach il 13 ottobre 2016, tradotto e ripreso da “Voci dall’Estero”).
LA FOLLIA SI E' IMPOSSESSATA DEL MONDO E NON LA MOLLA PIU'.
E ALLORA TORNA SEMPRE LA TORMENTATA DOMANDA:"COME SE NE VIENE FUORI"
LIBRE news
Trump: Hillary e i media, l’impero criminale è nel panico
Scritto il 30/10/16 • nella Categoria: idee Condividi
Il nostro movimento vuole sostituire un establishment politico fallito e corrotto – e quando dico “corrotto”, intendo dire totalmente corrotto – con un nuovo governo controllato da voi, il popolo americano. L’establishment politico farà di tutto – racconteranno qualsiasi bugia, pur di mantenere a vostre spese il prestigio e il potere di cui godono. Ed è quello che sta succedendo. L’establishment di Washington e le società finanziarie e i media che lo finanziano esistono per una sola ragione: per proteggere e arricchire se stessi. L’establishment si gioca migliaia di miliardi di dollari in queste elezioni. A titolo di esempio, soltanto uno degli accordi commerciali che vorrebbero far passare vale migliaia di miliardi di dollari, controllati da molti paesi, società e gruppi di pressione. Perché coloro che controllano le leve del potere a Washington, e interessi particolari a livello mondiale, collaborano con queste persone, che non hanno in mente il vostro bene. La nostra campagna rappresenta per loro una vera minaccia esistenziale, come non ne hanno mai viste prima. Non si tratta semplicemente di un altro mandato di quattro anni. Questo è un punto di svolta nella storia della nostra civiltà in cui si determinerà se noi, il popolo, riusciremo a riprendere il controllo del nostro governo.L’establishment politico che sta cercando di fermarci è lo stesso che porta la responsabilità dei nostri accordi commerciali disastrosi, dell’immigrazione di massa, delle politiche economiche e della politica estera che hanno dissanguato il nostro paese. La classe politica ha portato alla distruzione delle nostre fabbriche e dei nostri posti di lavoro, dirottati in Messico, in Cina e in altri paesi in tutto il mondo. I dati sull’occupazione appena pubblicati rimangono deboli. Il nostro prodotto interno lordo, o Pil, è appena sopra l’1%. E sta calando. I lavoratori degli Stati Uniti stanno producendo meno di quanto si produceva quasi 20 anni fa, ma stanno lavorando di più. E lo stesso vale per me, e quindi posso dirvelo. Si tratta di una struttura di potere globale responsabile delle decisioni economiche che hanno deprivato la nostra classe operaia, spogliato il nostro paese della sua ricchezza e messo quei soldi nelle tasche di un pugno di grandi società e gruppi politici. Basta guardare a quello che questo establishment corrotto ha fatto delle nostre città, come Detroit; Flint, Michigan; e delle città rurali in Pennsylvania, Ohio, North Carolina e in tutto il nostro paese. Date un’occhiata a quello che sta succedendo. Hanno spogliato queste città. Le hanno saccheggiate e hanno portato i posti di lavoro lontano dal nostro paese, e non tornernno mai più, a meno che io non sia eletto presidente.La macchina Clinton è al centro di questa struttura di potere. L’abbiamo visto chiaramente nei documenti di Wikileaks, in cui Hillary Clinton ha incontri segreti con le banche internazionali per pianificare la distruzione della sovranità degli Stati Uniti, al fine di arricchire questi poteri finanziari globali di cui condivide gli interessi e che sono i suoi finanziatori. Sì, è vero. Onestamente, dovrebbe essere rinchiusa. E allo stesso modo le e-mail mostrano che la macchina Clinton è così strettamente e irrevocabilmente legata alle organizzazioni dei media che – ascoltate questa – del dibattito con Bernie Sanders le sono state date le domande e le risposte in anticipo. Ad Hillary Clinton hanno anche dato il potere di veto sulle citazioni che la riguardano sul “New York Times”. Sicuramente non lo fanno con me, questo posso dirvelo. E le e-mail mostrano che i giornalisti collaborano e cospirano direttamente con il comitato elettorale di Clinton su come aiutarla a vincere le elezioni. C’è in gioco il loro controllo sul nostro governo, ci sono in gioco migliaia di miliardi di dollari, e la macchina Clinton è determinata a distruggere la nostra campagna elettorale, ma questo non deve accadere.L’arma più potente messa in atto da Clinton è la grande stampa. Cerchiamo di essere chiari su una cosa, i grandi media nel nostro paese non hanno più niente a che fare col giornalismo. Si tratta di un particolare gruppo di interesse politico non diverso da qualsiasi lobbista o altro ente finanziario con un programma politico, e l’ordine del giorno non è nel vostro interesse, è nel loro. E il loro ordine del giorno è quello di eleggere ad ogni costo Hillary Clinton, la corrotta, a qualsiasi prezzo, non importa quante vite vengano distrutte. Per loro si tratta di una guerra, e non hanno limiti. Questa è una lotta per la sopravvivenza della nostra nazione, credetemi. E l’8 novembre sarà la nostra ultima possibilità di salvarla, ricordatelo. Con questa elezione si deciderà se siamo una nazione libera, o se abbiamo solo l’illusione della democrazia, ma siamo di fatto controllati da un piccolo gruppo di interessi particolari globali che stanno manipolando il sistema, e il nostro sistema è truccato. Questa è la realtà, voi lo sapete, loro lo sanno, io lo so, e praticamente tutto il mondo lo sa. L’establishment e i loro sostenitori dei media controlleranno questa nazione con mezzi che sono molto ben conosciuti. Chiunque sfida il loro controllo è condannato come sessista, razzista, xenofobo, e moralmente deforme.Vi attaccheranno, vi calunnieranno, cercheranno di distruggere la vostra carriera e la vostra famiglia, cercheranno di distruggere tutto di voi, anche la vostra reputazione. Mentiranno, diranno menzogne, menzogne, e ancora peggio, faranno tutto ciò che è necessario. I Clinton sono criminali, ricordatelo. Sono criminali. Questo è ben documentato, e l’establishment che li protegge è impegnato in un massiccio insabbiamento di attività criminali diffuse presso il Dipartimento di Stato e la Fondazione Clinton, al fine di mantenere i Clinton al potere. Mai nella storia abbiamo visto un insabbiamento come questo, la distruzione totale di 33.000 e-mail; 13 iPhone, alcuni anche con il martello; computer portatili; interi fascicoli di prove mancanti; e molte, molte altre cose. Le persone che sono in grado di compiere questi crimini contro la nostra nazione sono capaci di tutto. E così ora affrontiamo le calunnie e la diffamazione che appena ieri sera sono state gettate su di me dalla macchina Clinton e dal “New York Times” e altri media, come parte di un attacco concertato, coordinato e feroce.Non è un caso che questi attacchi arrivino nello stesso esatto momento, tutti insieme nello stesso momento in cui Wikileaks pubblica i documenti che espongono la massiccia corruzione internazionale della macchina Clinton, tra cui più di 2.000 e-mail solo questa mattina. Queste affermazioni feroci sul mio comportamento inappropriato con le donne sono totalmente e assolutamente false. E i Clinton lo sanno, e lo sanno molto bene. Queste accuse sono state costruite. Sono pura finzione, sono menzogne. Questi fatti non sono mai, mai accaduti e le persone che si sono prestate a dire queste cose lo sanno benissimo. Guardate queste persone, studiatele, e lo capirete. Le accuse sono assurde, ridicole, e sfidano la verità, il buon senso e la logica. Abbiamo già degli elementi di prova sostanziali per contestare queste menzogne, e saranno resi pubblici in modo adeguato e al momento opportuno, molto presto. Queste bugie provengono da delle fonti le cui storie e accuse precedenti sono già state screditate. Gli organi di stampa non hanno nemmeno tentato di confermare i fatti, perché anche una semplice indagine avrebbe mostrato che non erano altro che falsità.Sei mesi fa, il “New York Times” ha scritto un articolo lunghissimo per attaccarmi, e la testimone centrale che hanno usato ha poi detto che la storia era falsa; che lei era stata citata erroneamente. Lei ha detto che ero una brava persona. Ha avuto un grande coraggio, sarò onesto con voi. Era una persona straordinaria. Non ha mai fatto quelle osservazioni. Quando ho letto l’articolo, è stata una sorpresa – come avrebbe potuto dire quelle cose? E infatti non lo aveva dette. Abbiamo chiesto una ritrattazione, ma si sono rifiutati di pubblicarla, proprio come si sono rifiutati di pubblicare i commenti di un’altra fonte, un suo libro dove mi elogiava, o le parole di un’altra meravigliosa donna che ha detto cose molto belle su di me. Hanno messo altre dichiarazioni che lei non aveva fatto, travisandole. La storia era una frode ed è una gran vergogna per il “New York Times”, un grande articolo in prima pagina. Prima pagina, centrale, foto a colori, una vergogna. Erano molto imbarazzati, e questo farà parte della causa che stiamo preparando contro di loro.Oggi gli stessi due autori screditati, che avrebbero dovuto essere già stati licenziati dal “New York Times” per quello che hanno fatto, raccontano un’altra storia completamente inventata e falsa, che presumibilmente ha avuto luogo su un aereo più di 30 anni fa. Un altro racconto ridicolo, nessun testimone, niente di niente. Poi, c’è stata una giornalista del “People Magazine”, che aveva scritto un articolo su Melania e su di me nel nostro primo anniversario. L’articolo era bello, molto piacevole. Ma, ieri sera, abbiamo sentito, dopo 12 anni – questo articolo era stato scritto 12 anni fa – una nuova accusa su delle avances che avrei fatto alla giornalista durante l’intervista… E ho posto una domanda molto semplice: perché non ne ha parlato nell’articolo pubblicato 12 anni fa? Perché non ne ha parlato? Io ero una delle più grandi stelle in televisione con “The Apprentice” e sarebbe stata una delle più grandi storie dell’anno. Pensate, stava scrivendo questo articolo su Melania, che era incinta al momento. E Donald Trump, al nostro primo anniversario, faceva avances alla giornalista, e tra l’altro, in un’area pubblica, con gente da tutte le parti. Date un’occhiata, guardatela. Guardatela, e considerate le sue parole. Ditemi, cosa ne pensate. Io non credo – non credo.Queste sono persone orribili, orribili bugiardi. Ed è interessante notare, capita che tutto questo venga fuori 26 giorni prima delle elezioni, non è incredibile? Ora il “New York Times” sta lottando disperatamente per la sua sopravvivenza finanziaria. E probabilmente chiuderà tra non molto, vista la sua situazione finanziaria. Il che non sarebbe una brutta cosa, se l’obiettivo è conoscere la verità. Ma via via che la situazione si fa sempre più problematica, c’è sempre più corruzione, e vigliaccheria. E anche gli altri media mainstream stanno continuando a infierire, e tutto tra oggi e l’8 novembre. E bisogna vedere gli articoli che hanno scritto, uno dopo l’altro, fatti che non significano nulla, giornalismo di terz’ordine. I grandi editori del passato del “New York Times” e degli altri giornali, signore e signori, si rigirano nella tomba. Non permetterò alla macchina Clinton di trasformare la nostra campagna in una discussione sulle loro calunnie e menzogne. Rimarrà focalizzata sui problemi che il popolo americano deve affrontare. Ma lasciatemelo dire il più chiaramente che posso, questi attacchi sono orchestrati dai Clinton e dai media loro alleati. L’unica cosa che la Clinton ha dalla sua parte è la stampa: senza la stampa, lei è zero assoluto.Manca meno di un mese alle elezioni più importanti del nostro tempo. E i sondaggi ci danno testa a testa. Non credeteci. L’ultimo sondaggio e il più autorevole, il Rasmussen, venuto fuori stamattina, appena pubblicato, dà Trump avanti di due punti percentuali. Bello. La nostra grande civiltà, qui in America e in tutto il mondo civile, è giunta alla resa dei conti. Lo abbiamo visto nel Regno Unito, dove hanno votato per liberarsi dal governo globale e dagli accordi commerciali a livello globale, dalle politiche sull’immigrazione che hanno distrutto la loro sovranità e hanno distrutto molte nazioni. Ma la base centrale del potere politico mondiale è proprio qui, in America; il nostro corrotto sistema politico è il più grande potere che appoggia gli sforzi per una globalizzazione radicale e per la privazione dei diritti dei lavoratori. Le loro risorse finanziarie sono praticamente illimitate, le loro risorse politiche sono illimitate, i loro mezzi di comunicazione sono senza pari, e, soprattutto, la profondità della loro immoralità è assolutamente senza limiti.Consentiranno ai terroristi islamici di entrare nel nostro paese a migliaia. Faranno entrare il grande cavallo di Troia – e io non voglio che la gente tra cent’anni o ducento si volti indietro e gli venga raccontata una storia in cui eravamo condotti da personaggi inetti, incompetenti e corrotti come Barack Obama e Hillary Clinton. Non vogliamo esser parte di quella storia. E a proposito, il presidente Obama dovrebbe smetterla di fare campagna elettorale e cominciare a creare posti di lavoro, cominciare a lavorare per tirar su il nostro Pil, cominciare a lavorare per rafforzare i nostri confini. L’establishment politico corrotto è una macchina, non ha anima. Sapevo che questi attacchi calunniosi sarebbero arrivati. Sapevo che questo giorno sarebbe arrivato, era solo una questione di quando. E sapevo che il popolo americano sarebbe stato superiore e avrebbe votato per il futuro che merita. L’unica cosa che può fermare questa macchina corrotta siete voi. L’unica forza potente abbastanza da salvare il nostro paese siamo noi. L’unico popolo abbastanza coraggioso da votare contro questo establishment corrotto siete voi, il popolo americano.Loro controllano incredibilmente il Dipartimento di Giustizia. E si sono anche segretamente incontrati con il procuratore generale degli Stati Uniti. Si sono incontrati per 39 minuti e molto probabilmente è stato il tempo di discutere la sua riconferma, in una amministrazione Clinton, come procuratore generale, appena prima di prendere la decisione sull’opportunità o meno di perseguire Hillary Clinton. Credo proprio che abbiano parlato del fatto che lei rimarrà nella sua posizione sotto l’amministrazione corrotta di Hillary Clinton. Nello stesso modo, hanno sostanzialmente corrotto il direttore del Fbi, al punto in cui già si dice in giro che i grandi – e sono davvero grandi – uomini e donne che lavorano per l’Fbi sono nell’imbarazzo e nella più grande vergogna per quel che questa persona ha fatto alla nostra grande istituzione, la stessa Fbi. Hillary Clinton è colpevole di tutte le affermazioni che il direttore Comey ha fatto alla sua conferenza stampa e all’audizione al Congresso e molto altro. Eppure, dopo aver letto tutti quei capi d’accusa, di cui lei era indubbiamente colpevole, l’ha scagionata. Mentre tante altre vite, tra cui quella del generale Petraeus e molte altre, sono state distrutte per molto, molto meno. Questa è una cospirazione contro di voi, contro il popolo americano, e non posiamo permettere che tutto questo accada e vada avanti.Questo è il nostro momento della resa dei conti, come società e anche come civiltà. Non ho bisogno di fare questo, gente, credetemi. Ho costruito una grande azienda, e ho avuto una vita meravigliosa. Avrei potuto godere i frutti e i benefici di anni di affari e di successo per me e la mia famiglia. Invece di passare attraverso questo orrore assoluto di menzogne, inganni, attacchi ingiuriosi – chi l’avrebbe detto? Lo sto facendo perché questo paese che amo mi ha dato tanto, e sento con forza che è il momento di ricambiare. Molti dei miei amici e molti esperti di politica mi hanno avvertito che questa campagna sarebbe stata un viaggio verso l’inferno. Ma si sbagliano. Sarà un viaggio verso il paradiso, perché aiuteremo tante persone che hanno disperatamente bisogno di aiuto. Nella mia vita precedente ero un insider, come tanti altri. E sapevo cosa vuol dire e so ancora cosa vuol dire essere un insider. Non è male, non è male. Ora sono stato punito per essere uscito dallo specialissimo club e per avervi rivelato le cose terribili che stanno accadendo nel nostro paese. Poiché facevo parte del club, io sono l’unico che può risolvere il problema. Sto facendo questo per il popolo e per il movimento, e prenderemo di nuovo questo paese, per voi, e faremo di nuovo grande l’America.L’establishment corrotto sa che siamo una grande minaccia per la loro impresa criminale. Sanno che se vinciamo il loro potere è finito, e sarà restituito a voi, al popolo. Quando si guarda ai nostri accordi commerciali che sono così sconvenienti. Il nostro debito è raddoppiato in sette anni e mezzo, a quasi 20 miliardi di dollari, sotto Obama. Dobbiamo raddrizzare il nostro paese. Il nostro è un movimento come non l’abbiamo mai visto nella storia di questo paese. Anche gli esperti, anche i media – che per i loro motivi sono assolutamente avversi a Donald Trump – ammetteranno che questo è un movimento di cui non si è mai visto l’uguale. Ed è un movimento sui veterani che hanno bisogno di cure mediche. Sulle madri che hanno perso i loro amati figli per il terrorismo e il crimine. Sulle città dell’interno e sulle città di confine che hanno disperatamente bisogno del nostro aiuto. Sui milioni di disoccupati in America. Sugli americani che non trovano posti di lavoro perché l’occupazione si è spostata in Messico e in molti altri paesi. Questa elezione è sulle persone schiacciate da Obamacare. E sulla necessità di sconfiggere l’Isis e nominare una Corte Suprema e un giudice della Corte Suprema – potrebbero essere quattro o cinque – col compito di difendere e proteggere la nostra Costituzione.Questa elezione è anche sugli afro-americani e ispanici-americani, così importanti per me, le cui comunità sono state gettate nella criminalità, nella povertà e nel degrado delle scuole dalle politiche corrotte di Hillary Clinton. Credetemi, è marcia. Se si guardano i quartieri poveri delle città si vede una pessima istruzione, non c’è lavoro, nessuna sicurezza. Vai a fare la spesa con tuo figlio e ti sparano. Esci di casa per vedere cosa sta succedendo, e ti sparano. A Chicago 3.000 persone sono state assassinate dal 1° gennaio. Non abbiamo intenzione di lasciare che accada. Che vi piaccia o no Donald Trump, direte tutti che mantiene quello che dice. Siamo superiori alle bugie, alla sporcizia, alle ridicole calunnie dei giornalisti anche loro ridicoli e molto, molto disonesti. Voteremo per il paese che vogliamo, per il futuro che vogliamo, e per mandare a casa questo governo corrotto, e subito. Hanno tradito i nostri lavoratori, hanno tradito i nostri confini e, soprattutto, hanno tradito le nostre libertà. Salveremo i nostri diritti sovrani come nazione. Porremo fine alla politica del profitto; al governo degli interessi particolari; alla rapina dei nostri posti di lavoro da parte di altri paesi. Il nostro Giorno dell’Indipendenza è a portata di mano, e finalmente arriva, l’8 novembre.(Donald Trump, estratto del discorso elettorale tenuto a Palm Beach il 13 ottobre 2016, tradotto e ripreso da “Voci dall’Estero”).
-
- Messaggi: 5725
- Iscritto il: 11/10/2016, 2:47
Re: Come se ne viene fuori ?
SOTTO LE MACERIE
LIBRE news
Cuperlo: il Pd è morto, non ha ricette contro la catastrofe
Scritto il 27/12/16 • nella Categoria: idee Condividi
Dopo le dimissioni del premier e le parole di dignità di quella notte ho visto un gruppo dirigente narcotizzato. La destra gioisce. È caduto il governo. Di bicameralismo si riparlerà tra qualche anno ed è iniziato il count down della legislatura senza che ci sia una legge elettorale. Intanto aumenta la sofferenza di chi vive sulla pelle la violenza di diseguaglianze sempre più grandi. Il referendum è stato soprattutto un voto politico che ha bocciato governo, classe dirigente e alcune riforme simboliche. Insegnanti, precari, giovani, Mezzogiorno, la fotografia reclama una svolta. Il Pd è senz’anima e se non lo capiamo è destinato a morire. La crisi peggiore del secolo dovrebbe spingere la sinistra a fare ciò che ha rinviato per anni, un ripensamento di sé, delle sue ricette. Flessibilità, liberalizzazioni, pareggio di bilancio sono stati un cedimento culturale che ha rimosso la lotta a disparità e discriminazioni sempre più odiose. Anche in Europa il risultato è una sinistra costretta a tifare Fillon o Merkel, senza una leadership e una strategia in grado di riscattare gli ultimi della fila. Se davanti a questa scena il primo partito della sinistra facesse come i proci a Itaca ci sarebbe da indignarsi.
So riflettere sui miei limiti e anche sulle subalternità che vengono da prima. La norma sul pareggio di bilancio l’abbiamo votata noi quando Renzi era sindaco. Oggi il tema è come si ricuce con parti di società che hanno testa e cuore altrove. Sono stanco di sentire dal pulpito la scomunica dei caminetti e poi capire che si riuniscono in sacrestia. Ma quando deve discutere un partito segnato dalla sconfitta? Ho sentito capi corrente farsi di colpo paladini di una fase di decantazione per evitare altri traumi. Ma che opinione hanno dei circoli, dei nostri iscritti, di chi ci vota? Un congresso non si fa quando 10 persone decidono che sono pronti loro, lo si fa quando la realtà te lo chiede o te lo impone. Per me lo si deve fare prima delle elezioni e fissando regole nuove. Se la sinistra perde la fiducia verso le persone è difficile chiedere alle persone di avere fiducia in noi.
Penso che Renzi abbia dato una scossa su temi importanti, dai migranti ai diritti civili, e che abbia commesso errori gravi, primo tra tutti aver coltivato l’isolamento sociale del Pd con riforme, dal lavoro alla scuola, vissute come schiaffo al nostro mondo. Per me, cambio di passo e del timoniere coincidono. Credo di avere coltivato la lealtà ed è quella stessa lealtà che mi porta oggi a denunciare cosa siamo diventati. Una confederazione di sotto-partiti. Il Pd rischia di esaurire la sua storia se non alza lo sguardo sulla realtà. Su cosa sia la grande crisi di questi anni, su come l’Occidente sta reagendo al venir meno del suo impianto spirituale, sulla fine delle politiche pubbliche che hanno dominato il ‘900, sul divario col Mezzogiorno che produce due nazioni in un corpo solo, sul bisogno di un modello alternativo di socialità e capitalismo. Se non abbiamo parole da dire su questo, il resto è ceto politico. Le norme sui voucher vanno cambiate. L’abuso è iniziato coi governi di prima e adesso la situazione è insostenibile. Penso che per primo Gentiloni ne sia consapevole. Poletti ha detto frasi scorrette e ora si è scusato. A me interessa l’inversione radicale di una politica sbagliata.
(Gianni Cuperlo, dichiarazioni rilasciate ad Alessandra Longo nell’intervista “Non c’è anima né programma, senza congresso il Pd è morto”, pubblicata su “Repubblica” il 23 dicembre 2016).
LIBRE news
Cuperlo: il Pd è morto, non ha ricette contro la catastrofe
Scritto il 27/12/16 • nella Categoria: idee Condividi
Dopo le dimissioni del premier e le parole di dignità di quella notte ho visto un gruppo dirigente narcotizzato. La destra gioisce. È caduto il governo. Di bicameralismo si riparlerà tra qualche anno ed è iniziato il count down della legislatura senza che ci sia una legge elettorale. Intanto aumenta la sofferenza di chi vive sulla pelle la violenza di diseguaglianze sempre più grandi. Il referendum è stato soprattutto un voto politico che ha bocciato governo, classe dirigente e alcune riforme simboliche. Insegnanti, precari, giovani, Mezzogiorno, la fotografia reclama una svolta. Il Pd è senz’anima e se non lo capiamo è destinato a morire. La crisi peggiore del secolo dovrebbe spingere la sinistra a fare ciò che ha rinviato per anni, un ripensamento di sé, delle sue ricette. Flessibilità, liberalizzazioni, pareggio di bilancio sono stati un cedimento culturale che ha rimosso la lotta a disparità e discriminazioni sempre più odiose. Anche in Europa il risultato è una sinistra costretta a tifare Fillon o Merkel, senza una leadership e una strategia in grado di riscattare gli ultimi della fila. Se davanti a questa scena il primo partito della sinistra facesse come i proci a Itaca ci sarebbe da indignarsi.
So riflettere sui miei limiti e anche sulle subalternità che vengono da prima. La norma sul pareggio di bilancio l’abbiamo votata noi quando Renzi era sindaco. Oggi il tema è come si ricuce con parti di società che hanno testa e cuore altrove. Sono stanco di sentire dal pulpito la scomunica dei caminetti e poi capire che si riuniscono in sacrestia. Ma quando deve discutere un partito segnato dalla sconfitta? Ho sentito capi corrente farsi di colpo paladini di una fase di decantazione per evitare altri traumi. Ma che opinione hanno dei circoli, dei nostri iscritti, di chi ci vota? Un congresso non si fa quando 10 persone decidono che sono pronti loro, lo si fa quando la realtà te lo chiede o te lo impone. Per me lo si deve fare prima delle elezioni e fissando regole nuove. Se la sinistra perde la fiducia verso le persone è difficile chiedere alle persone di avere fiducia in noi.
Penso che Renzi abbia dato una scossa su temi importanti, dai migranti ai diritti civili, e che abbia commesso errori gravi, primo tra tutti aver coltivato l’isolamento sociale del Pd con riforme, dal lavoro alla scuola, vissute come schiaffo al nostro mondo. Per me, cambio di passo e del timoniere coincidono. Credo di avere coltivato la lealtà ed è quella stessa lealtà che mi porta oggi a denunciare cosa siamo diventati. Una confederazione di sotto-partiti. Il Pd rischia di esaurire la sua storia se non alza lo sguardo sulla realtà. Su cosa sia la grande crisi di questi anni, su come l’Occidente sta reagendo al venir meno del suo impianto spirituale, sulla fine delle politiche pubbliche che hanno dominato il ‘900, sul divario col Mezzogiorno che produce due nazioni in un corpo solo, sul bisogno di un modello alternativo di socialità e capitalismo. Se non abbiamo parole da dire su questo, il resto è ceto politico. Le norme sui voucher vanno cambiate. L’abuso è iniziato coi governi di prima e adesso la situazione è insostenibile. Penso che per primo Gentiloni ne sia consapevole. Poletti ha detto frasi scorrette e ora si è scusato. A me interessa l’inversione radicale di una politica sbagliata.
(Gianni Cuperlo, dichiarazioni rilasciate ad Alessandra Longo nell’intervista “Non c’è anima né programma, senza congresso il Pd è morto”, pubblicata su “Repubblica” il 23 dicembre 2016).
-
- Messaggi: 5725
- Iscritto il: 11/10/2016, 2:47
Re: Come se ne viene fuori ?
NEL POST PRECEDENTE CUPERLO AFFERMA:
La destra gioisce.
La destra ha già poco da gioire per lo stato comatoso in cui versa.
Se poi si aggiunge quest'altra realtà, della situazione in cui versa il capo, la destra non ha assolutamente nulla su cui gioire
E' finita come è finita la sinistra.
Se tutte e due si arrabattano per far credere che sono ancora in vita, si sbagliano di grosso.
Assedio
La vera storia dell’ultima guerra di Silvio Berlusconi
La scalata di Vivendi a Mediaset si sta rivelando la partita della vita per il Cavaliere. Non è in gioco solo il controllo del colosso televisivo, ma anche il futuro degli eredi. Che come manager operativi presentano finora un bilancio negativo
di Gianfrancesco Turano
26 dicembre 2016
Sul palcoscenico di questo “Natale in casa Berlusconi” il presepio è un campo di battaglia. I Re Magi venuti da paesi lontani, il bretone Vincent Bolloré di Vivendi, il mediatore tunisino Tarak ben Ammar e l’australiano Rupert Murdoch di Sky, portano doni di dubbio gusto alla grotta di Arcore. E Silvio si trova sotto assedio proprio quando iniziava a rivedere un raggio di luce in fondo alla galleria dell’emarginazione politica e dei problemi di salute.
Gli amici per resistere al raid dei francesi di Vivendi, che li si conti o li si pesi, si sono rarefatti. Fra questi, c’è il neopremier Paolo Gentiloni, che già da ministro delle Comunicazioni con Romano Prodi (2006-2008) firmò una riforma del settore tv non troppo dura con le reti Fininvest. C’è l’Agcom, tradizionale vaso di coccio deciso a sostenere la strategicità dell’asset Barbara D’Urso nel quadro dell’imprenditoria nazionale. Ci sarà la Consob a chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati. E contro Bolloré è stato chiamato in soccorso il Maligno in persona, la Procura di Milano. Forse non basterà.
La tempra dell’uomo non si discute. Ma è messa a dura prova in due delle sue caratteristiche principali, entrambe irrazionali: il sentimento di essere immortale e la paura di finire in povertà. Gli attacchi esterni esaltano questi poli in contraddizione come non accadeva da oltre vent’anni. Per trovare un momento altrettanto critico nella vicenda del Cavaliere bisogna risalire al 1993, con la Fininvest oppressa da 4 mila miliardi di lire di debiti e la magistratura alle porte. Berlusconi uscì dall’impasse con la doppia mossa della fondazione di Forza Italia e della realizzazione del progetto Wave, la quotazione di Mediaset. Quasi un quarto di secolo dopo, il pericolo arriva proprio dalle tv. Le scelte di questi giorni festivi segneranno il futuro del gruppo del Biscione e degli eredi di un impero creato dal nulla.
La caduta di Piersilvio
Riunioni su riunioni hanno scandito la settimana prenatalizia nei tre poli di via Paleocapa a Milano, la sede storica di Fininvest, negli uffici di Mediaset a Cologno Monzese e ad Arcore, dove il patriarca riunisce i figli,.
La scalata di Bolloré ha portato in luce il problema del passaggio di mano dal fondatore ai cinque eredi. Voci interessate riportano di conflitti fra i due tronconi rappresentati da Marina e Piersilvio, da una parte, e dai figli del matrimonio con Veronica Lario, Barbara, Eleonora e Luigi, dall’altra.
La realtà è che decide solo il capo, quel signore che ha tuttora il 61 per cento della holding Fininvest. I ragazzi si allineano. Il dissenso non è previsto ed è comunque ininfluente. È vero che i tre figli minori si interessano poco o nulla a Mediaset e che i due figli maggiori vorrebbero disfarsi quanto prima del Milan, attribuito a Barbara.
Ma il problema vero, che nessuno in famiglia confesserebbe, è la caduta di Piersilvio. A differenza di Marina, che presiede Mondadori-Rizzoli ma ha affidato la gestione a un manager esterno, Ernesto Mauri, il secondogenito di Silvio è vicepresidente e amministratore delegato delle reti tv.
Le scelte strategiche portano la sua firma. È stato lui a partire per una guerra che non poteva vincere contro Sky a colpi di dumping tariffario su un mercato di abbonati pay irremovibile a quota 5 milioni complessivi. È stato lui che ha cacciato Mediaset nel pasticcio dei diritti della serie A, sancito da una multa dell’Antitrust da 51 milioni di euro annullata dal Tar prima di Natale con ricorso in appello dell'authority al Consiglio di Stato.
È stato lui a buttare via 700 milioni di euro per strappare a Murdoch la Uefa Champions League con risultati che hanno dissestato i conti e con una politica di programmazione fallimentare fra chiaro e criptato. Né è stato troppo aiutato da un altro esponente della seconda generazione, il direttore dei contenuti di Premium Yves Confalonieri, figlio di Fedele, presidente di Mediaset, melomane, francofilo e sostenitore della linea dura nello scontro con il raider venuto dalla Bretagna. A Confalonieri senior, amico di gioventù di Silvio, non è sfuggita la perfidia con la quale Arnaud de Puyfontaine, braccio destro di Bolloré in Vivendi, ha dichiarato al Corriere della Sera di avere sempre piacere a incontrare Piersilvio.
Anche se va di moda la tesi che Mediaset è un’azienda in declino, le cifre di bilancio dicono che, al netto della catastrofe Premium, le tv del Biscione non vanno poi così male, pur se incassano meno rispetto ai tempi d’oro.
Il fallimento di Piersilvio si aggiunge a quello di Barbara, l’altro rampollo che ha chiesto e ottenuto dal padre un ruolo operativo in un’azienda di casa, l’Ac Milan. La cogestione con Adriano Galliani è stata quanto meno problematica e i 200 milioni di euro arrivati dai fantomatici acquirenti cinesi non hanno neppure sfiorato le casse del club rossonero e, per ora, nemmeno quelle della holding. In compenso, una cifra almeno pari alle due rate bonificate dalla Cina è stata investita per tamponare con acquisti sul mercato la scalata a Mediaset.
La scalata in tre scenari
Appena i francesi hanno dichiarato il raid, anche se il rastrellamento è iniziato mesi fa, commentatori e insider hanno prodotto vari scenari interpretativi.
Il dato di cronaca è che Fininvest ha tenuto dal primo momento una posizione molto chiara. Secondo la capogruppo berlusconiana, Vivendi ha disatteso un contratto valido per l’acquisto di Premium firmato la scorsa primavera. Il venditore Mediaset continua a ritenere l’accordo in vigore e ha continuato a notificare a Vivendi ogni suo atto di gestione come se la partnership fosse andata a buon fine. Quando ha annunciato l’intenzione di non finalizzare l’acquisto di Premium («un Macdonald, non un ristorante a tre stelle», secondo de Puyfontaine), il finanziere bretone ha fatto crollare il corso borsistico di Mediaset per comprare a prezzi di saldo e in particolare ha violato l’impegno scritto a non rastrellare titoli Mediaset oltre il 5 per cento nel biennio. Una clausola, sia detto en passant, che dimostra le cautele berlusconiane verso il modus operandi di Bolloré.
L’ipotesi più fantasiosa è che Berlusconi abbia concertato col supposto nemico la scalata che gli sta rivalutando il titolo. Ma le sue plusvalenze sono virtuali. Sono invece reali i soldi spesi per contrastare Bolloré comprando sul mercato ed è reale l’esposto per turbativa di mercato presentato da Niccolò Ghedini alla Procura di Milano dopo la causa civile per il mancato adempimento dell’acquisto di Premium.
La seconda ipotesi, più attendibile, è che ci sia un gioco al massacro con Berlusconi preso in mezzo fra Bolloré e gli arcirivali di Sky, unici possibili acquirenti di Premium purché a un costo vicino allo zero. Questa opzione mira all’espulsione definitiva dell’inventore di Canale 5 dal mondo che gli ha consegnato il successo. Negli scorsi anni, la cessione di tutta Mediaset a Sky è emersa più e più volte ma più come strumento per creare attenzione mediatica che come negoziato reale. Impegnati dall’incorporazione della Fox per 14 miliardi, gli uomini di Murdoch non perdono di vista il campo di battaglia, pronti a intervenire.
La terza ipotesi, accreditata in via informale anche da fonti del Biscione, è che il muro contro muro annunciato da Confalonieri e ribadito dall’aggressività di Bolloré sul mercato sia il passo d’inizio di un’inevitabile trattativa a 360 gradi per risolvere con una transazione la grana Premium senza che una delle due parti in causa perda la faccia. In fondo, molti fra Cologno, Milano e Arcore confidano o sperano in un armistizio. Ma, si è detto, solo uno decide.
L’epilogo pacifico ha una controindicazione molto seria che va al di là del gioco Opa-contro Opa. Ormai su Mediaset indaga la magistratura penale. A differenza della causa civile per danni contro Vivendi, in questo caso Fininvest non può più dire, ammesso che lo voglia, “abbiamo scherzato”. Né si può dimenticare che la Procura milanese non è proprio nella lista dei migliori amici del Biscione. L’ultima richiesta di rinvio a giudizio contro Silvio Berlusconi è datata 15 dicembre, due giorni dopo che Ghedini ha denunciato l’aggiotaggio su Mediaset, e riguarda la presunta corruzione dei testimoni che va sotto il nome di processo Ruby ter.
L’indagine penale andrà avanti comunque. Certo non sarà breve. Potrebbe chiudersi con i giochi societari già decisi e comunque in un nulla di fatto. Bolloré è tutto fuorché un pivellino e la Consob o la Guardia di finanza faticheranno a districarsi fra opzioni put/call, derivati, futures e portage di investitori amici che forse già garantiscono al raider bretone una quota ben superiore al 30 per cento.
Tre ruoli in commedia per Tarak
Sky, Mediaset e Vivendi hanno, o hanno avuto per molti anni, un consulente in comune. Si chiama Tarak ben Ammar, storico consigliere di Mediaset all’indomani della quotazione per conto del principe al Walid bin Talal al Saud. Il suo ruolo fra le tre sponde si è sempre più spostato verso la Francia, dove il produttore cinetelevisivo ha la sua residenza principale. Rispetto a Sky, dove sostengono di non avere più a che fare con Ben Ammar da almeno sei anni, e a una Fininvest declinante, Bolloré ha un profilo molto più promettente per Ben Ammar. Si è visto a novembre 2015 nella vicenda della conversione delle azioni di risparmio Telecom, proposta dall’ad del tempo Marco Patuano. Vivendi, rappresentata in consiglio di amministrazione proprio da Ben Ammar, ha lasciato trapelare di essere favorevole a un’operazione che pure avrebbe diluito la partecipazione dei francesi nel gruppo delle tlc. Il via libera sulla conversione è stato però subordinato all’allargamento del cda a vantaggio degli uomini di Vivendi, azionista di riferimento con il 23,9 per cento. Approvato l’ampliamento a 16, con l’inserimento fra gli altri di de Puyfontaine alla vicepresidenza, i francesi hanno fatto dietrofront e hanno bocciato la conversione (dicembre 2015).
Sostituito Patuano con Flavio Cattaneo, Vivendi si è dedicata alla pratica Premium revocando il contratto il 25 luglio, quaranta giorni dopo l’operazione a cuore aperto di Berlusconi. Ad Arcore non hanno gradito la scelta di campo di Ben Ammar, che ha negato fino alla fine la discordia con Fininvest pur di tenersi il ruolo di mediatore al quale tiene molto. Ma i fatti sono eloquenti e Berlusconi non ha gradito il voltafaccia del suo consulente che, come imprenditore, ha qualche difficoltà. La holding di Ben Ammar Holland coordinator è in rosso per circa 9 milioni all’anno nel 2014 e nel 2015. A fronte di un’attività a rilento, il produttore punta molto sulla moral suasion che va dai consigli di amministrazione di Mediobanca e Telecom alle redazioni dei giornali, dove svolge da sempre un ruolo di media relator, o spin doctor. Sapere per conto di chi chiarirebbe i profili di una manovra che coinvolge a cascata tutto il mondo degli investimenti targati Bolloré, dalle Assicurazioni Generali, salite del 30 per cento in Borsa negli ultimi tre mesi, alla stessa Mediobanca dove nel 2003 proprio Ben Ammar guidò lo sbarco di Bolloré.
In quel caso, intervennero a difesa dell’italianità Mps e Capitalia. Alla fine, si arrivò a un accordo garantito da un nuovo patto di sindacato e dall’uscita dell’ad Vincenzo Maranghi.
Anche in questo caso, l’assedio non sarà indolore. Il lupo bretone è in casa. Fin da adesso Vivendi ha il potere di bloccare le operazioni straordinarie di Mediaset, di intervenire sulla gestione, di chiedere spazi in cda, di mettere naso e bocca in tutti i contratti mentre Fininvest può rafforzarsi secondo scadenze di legge acquistando un 5 per cento di azioni entro l’aprile 2017 e un altro 5 per cento entro l’aprile 2018. In quanto ai pareri dell’Agcom contro Bolloré, i francesi contano sulla catena dei ricorsi amministrativi. Tutte dilazioni di cui Berlusconi è sempre stato maestro e che ora giocano contro di lui in un durissimo finale di partita a eliminazione diretta.
La destra gioisce.
La destra ha già poco da gioire per lo stato comatoso in cui versa.
Se poi si aggiunge quest'altra realtà, della situazione in cui versa il capo, la destra non ha assolutamente nulla su cui gioire
E' finita come è finita la sinistra.
Se tutte e due si arrabattano per far credere che sono ancora in vita, si sbagliano di grosso.
Assedio
La vera storia dell’ultima guerra di Silvio Berlusconi
La scalata di Vivendi a Mediaset si sta rivelando la partita della vita per il Cavaliere. Non è in gioco solo il controllo del colosso televisivo, ma anche il futuro degli eredi. Che come manager operativi presentano finora un bilancio negativo
di Gianfrancesco Turano
26 dicembre 2016
Sul palcoscenico di questo “Natale in casa Berlusconi” il presepio è un campo di battaglia. I Re Magi venuti da paesi lontani, il bretone Vincent Bolloré di Vivendi, il mediatore tunisino Tarak ben Ammar e l’australiano Rupert Murdoch di Sky, portano doni di dubbio gusto alla grotta di Arcore. E Silvio si trova sotto assedio proprio quando iniziava a rivedere un raggio di luce in fondo alla galleria dell’emarginazione politica e dei problemi di salute.
Gli amici per resistere al raid dei francesi di Vivendi, che li si conti o li si pesi, si sono rarefatti. Fra questi, c’è il neopremier Paolo Gentiloni, che già da ministro delle Comunicazioni con Romano Prodi (2006-2008) firmò una riforma del settore tv non troppo dura con le reti Fininvest. C’è l’Agcom, tradizionale vaso di coccio deciso a sostenere la strategicità dell’asset Barbara D’Urso nel quadro dell’imprenditoria nazionale. Ci sarà la Consob a chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati. E contro Bolloré è stato chiamato in soccorso il Maligno in persona, la Procura di Milano. Forse non basterà.
La tempra dell’uomo non si discute. Ma è messa a dura prova in due delle sue caratteristiche principali, entrambe irrazionali: il sentimento di essere immortale e la paura di finire in povertà. Gli attacchi esterni esaltano questi poli in contraddizione come non accadeva da oltre vent’anni. Per trovare un momento altrettanto critico nella vicenda del Cavaliere bisogna risalire al 1993, con la Fininvest oppressa da 4 mila miliardi di lire di debiti e la magistratura alle porte. Berlusconi uscì dall’impasse con la doppia mossa della fondazione di Forza Italia e della realizzazione del progetto Wave, la quotazione di Mediaset. Quasi un quarto di secolo dopo, il pericolo arriva proprio dalle tv. Le scelte di questi giorni festivi segneranno il futuro del gruppo del Biscione e degli eredi di un impero creato dal nulla.
La caduta di Piersilvio
Riunioni su riunioni hanno scandito la settimana prenatalizia nei tre poli di via Paleocapa a Milano, la sede storica di Fininvest, negli uffici di Mediaset a Cologno Monzese e ad Arcore, dove il patriarca riunisce i figli,.
La scalata di Bolloré ha portato in luce il problema del passaggio di mano dal fondatore ai cinque eredi. Voci interessate riportano di conflitti fra i due tronconi rappresentati da Marina e Piersilvio, da una parte, e dai figli del matrimonio con Veronica Lario, Barbara, Eleonora e Luigi, dall’altra.
La realtà è che decide solo il capo, quel signore che ha tuttora il 61 per cento della holding Fininvest. I ragazzi si allineano. Il dissenso non è previsto ed è comunque ininfluente. È vero che i tre figli minori si interessano poco o nulla a Mediaset e che i due figli maggiori vorrebbero disfarsi quanto prima del Milan, attribuito a Barbara.
Ma il problema vero, che nessuno in famiglia confesserebbe, è la caduta di Piersilvio. A differenza di Marina, che presiede Mondadori-Rizzoli ma ha affidato la gestione a un manager esterno, Ernesto Mauri, il secondogenito di Silvio è vicepresidente e amministratore delegato delle reti tv.
Le scelte strategiche portano la sua firma. È stato lui a partire per una guerra che non poteva vincere contro Sky a colpi di dumping tariffario su un mercato di abbonati pay irremovibile a quota 5 milioni complessivi. È stato lui che ha cacciato Mediaset nel pasticcio dei diritti della serie A, sancito da una multa dell’Antitrust da 51 milioni di euro annullata dal Tar prima di Natale con ricorso in appello dell'authority al Consiglio di Stato.
È stato lui a buttare via 700 milioni di euro per strappare a Murdoch la Uefa Champions League con risultati che hanno dissestato i conti e con una politica di programmazione fallimentare fra chiaro e criptato. Né è stato troppo aiutato da un altro esponente della seconda generazione, il direttore dei contenuti di Premium Yves Confalonieri, figlio di Fedele, presidente di Mediaset, melomane, francofilo e sostenitore della linea dura nello scontro con il raider venuto dalla Bretagna. A Confalonieri senior, amico di gioventù di Silvio, non è sfuggita la perfidia con la quale Arnaud de Puyfontaine, braccio destro di Bolloré in Vivendi, ha dichiarato al Corriere della Sera di avere sempre piacere a incontrare Piersilvio.
Anche se va di moda la tesi che Mediaset è un’azienda in declino, le cifre di bilancio dicono che, al netto della catastrofe Premium, le tv del Biscione non vanno poi così male, pur se incassano meno rispetto ai tempi d’oro.
Il fallimento di Piersilvio si aggiunge a quello di Barbara, l’altro rampollo che ha chiesto e ottenuto dal padre un ruolo operativo in un’azienda di casa, l’Ac Milan. La cogestione con Adriano Galliani è stata quanto meno problematica e i 200 milioni di euro arrivati dai fantomatici acquirenti cinesi non hanno neppure sfiorato le casse del club rossonero e, per ora, nemmeno quelle della holding. In compenso, una cifra almeno pari alle due rate bonificate dalla Cina è stata investita per tamponare con acquisti sul mercato la scalata a Mediaset.
La scalata in tre scenari
Appena i francesi hanno dichiarato il raid, anche se il rastrellamento è iniziato mesi fa, commentatori e insider hanno prodotto vari scenari interpretativi.
Il dato di cronaca è che Fininvest ha tenuto dal primo momento una posizione molto chiara. Secondo la capogruppo berlusconiana, Vivendi ha disatteso un contratto valido per l’acquisto di Premium firmato la scorsa primavera. Il venditore Mediaset continua a ritenere l’accordo in vigore e ha continuato a notificare a Vivendi ogni suo atto di gestione come se la partnership fosse andata a buon fine. Quando ha annunciato l’intenzione di non finalizzare l’acquisto di Premium («un Macdonald, non un ristorante a tre stelle», secondo de Puyfontaine), il finanziere bretone ha fatto crollare il corso borsistico di Mediaset per comprare a prezzi di saldo e in particolare ha violato l’impegno scritto a non rastrellare titoli Mediaset oltre il 5 per cento nel biennio. Una clausola, sia detto en passant, che dimostra le cautele berlusconiane verso il modus operandi di Bolloré.
L’ipotesi più fantasiosa è che Berlusconi abbia concertato col supposto nemico la scalata che gli sta rivalutando il titolo. Ma le sue plusvalenze sono virtuali. Sono invece reali i soldi spesi per contrastare Bolloré comprando sul mercato ed è reale l’esposto per turbativa di mercato presentato da Niccolò Ghedini alla Procura di Milano dopo la causa civile per il mancato adempimento dell’acquisto di Premium.
La seconda ipotesi, più attendibile, è che ci sia un gioco al massacro con Berlusconi preso in mezzo fra Bolloré e gli arcirivali di Sky, unici possibili acquirenti di Premium purché a un costo vicino allo zero. Questa opzione mira all’espulsione definitiva dell’inventore di Canale 5 dal mondo che gli ha consegnato il successo. Negli scorsi anni, la cessione di tutta Mediaset a Sky è emersa più e più volte ma più come strumento per creare attenzione mediatica che come negoziato reale. Impegnati dall’incorporazione della Fox per 14 miliardi, gli uomini di Murdoch non perdono di vista il campo di battaglia, pronti a intervenire.
La terza ipotesi, accreditata in via informale anche da fonti del Biscione, è che il muro contro muro annunciato da Confalonieri e ribadito dall’aggressività di Bolloré sul mercato sia il passo d’inizio di un’inevitabile trattativa a 360 gradi per risolvere con una transazione la grana Premium senza che una delle due parti in causa perda la faccia. In fondo, molti fra Cologno, Milano e Arcore confidano o sperano in un armistizio. Ma, si è detto, solo uno decide.
L’epilogo pacifico ha una controindicazione molto seria che va al di là del gioco Opa-contro Opa. Ormai su Mediaset indaga la magistratura penale. A differenza della causa civile per danni contro Vivendi, in questo caso Fininvest non può più dire, ammesso che lo voglia, “abbiamo scherzato”. Né si può dimenticare che la Procura milanese non è proprio nella lista dei migliori amici del Biscione. L’ultima richiesta di rinvio a giudizio contro Silvio Berlusconi è datata 15 dicembre, due giorni dopo che Ghedini ha denunciato l’aggiotaggio su Mediaset, e riguarda la presunta corruzione dei testimoni che va sotto il nome di processo Ruby ter.
L’indagine penale andrà avanti comunque. Certo non sarà breve. Potrebbe chiudersi con i giochi societari già decisi e comunque in un nulla di fatto. Bolloré è tutto fuorché un pivellino e la Consob o la Guardia di finanza faticheranno a districarsi fra opzioni put/call, derivati, futures e portage di investitori amici che forse già garantiscono al raider bretone una quota ben superiore al 30 per cento.
Tre ruoli in commedia per Tarak
Sky, Mediaset e Vivendi hanno, o hanno avuto per molti anni, un consulente in comune. Si chiama Tarak ben Ammar, storico consigliere di Mediaset all’indomani della quotazione per conto del principe al Walid bin Talal al Saud. Il suo ruolo fra le tre sponde si è sempre più spostato verso la Francia, dove il produttore cinetelevisivo ha la sua residenza principale. Rispetto a Sky, dove sostengono di non avere più a che fare con Ben Ammar da almeno sei anni, e a una Fininvest declinante, Bolloré ha un profilo molto più promettente per Ben Ammar. Si è visto a novembre 2015 nella vicenda della conversione delle azioni di risparmio Telecom, proposta dall’ad del tempo Marco Patuano. Vivendi, rappresentata in consiglio di amministrazione proprio da Ben Ammar, ha lasciato trapelare di essere favorevole a un’operazione che pure avrebbe diluito la partecipazione dei francesi nel gruppo delle tlc. Il via libera sulla conversione è stato però subordinato all’allargamento del cda a vantaggio degli uomini di Vivendi, azionista di riferimento con il 23,9 per cento. Approvato l’ampliamento a 16, con l’inserimento fra gli altri di de Puyfontaine alla vicepresidenza, i francesi hanno fatto dietrofront e hanno bocciato la conversione (dicembre 2015).
Sostituito Patuano con Flavio Cattaneo, Vivendi si è dedicata alla pratica Premium revocando il contratto il 25 luglio, quaranta giorni dopo l’operazione a cuore aperto di Berlusconi. Ad Arcore non hanno gradito la scelta di campo di Ben Ammar, che ha negato fino alla fine la discordia con Fininvest pur di tenersi il ruolo di mediatore al quale tiene molto. Ma i fatti sono eloquenti e Berlusconi non ha gradito il voltafaccia del suo consulente che, come imprenditore, ha qualche difficoltà. La holding di Ben Ammar Holland coordinator è in rosso per circa 9 milioni all’anno nel 2014 e nel 2015. A fronte di un’attività a rilento, il produttore punta molto sulla moral suasion che va dai consigli di amministrazione di Mediobanca e Telecom alle redazioni dei giornali, dove svolge da sempre un ruolo di media relator, o spin doctor. Sapere per conto di chi chiarirebbe i profili di una manovra che coinvolge a cascata tutto il mondo degli investimenti targati Bolloré, dalle Assicurazioni Generali, salite del 30 per cento in Borsa negli ultimi tre mesi, alla stessa Mediobanca dove nel 2003 proprio Ben Ammar guidò lo sbarco di Bolloré.
In quel caso, intervennero a difesa dell’italianità Mps e Capitalia. Alla fine, si arrivò a un accordo garantito da un nuovo patto di sindacato e dall’uscita dell’ad Vincenzo Maranghi.
Anche in questo caso, l’assedio non sarà indolore. Il lupo bretone è in casa. Fin da adesso Vivendi ha il potere di bloccare le operazioni straordinarie di Mediaset, di intervenire sulla gestione, di chiedere spazi in cda, di mettere naso e bocca in tutti i contratti mentre Fininvest può rafforzarsi secondo scadenze di legge acquistando un 5 per cento di azioni entro l’aprile 2017 e un altro 5 per cento entro l’aprile 2018. In quanto ai pareri dell’Agcom contro Bolloré, i francesi contano sulla catena dei ricorsi amministrativi. Tutte dilazioni di cui Berlusconi è sempre stato maestro e che ora giocano contro di lui in un durissimo finale di partita a eliminazione diretta.
-
- Messaggi: 5725
- Iscritto il: 11/10/2016, 2:47
Re: Come se ne viene fuori ?
TRA IL NICCHETE E IL PATACCHETE
A quelli del Giornale l'affermazione di Grillomao, sta a pennello, perché sostiene la loro tesi.
Ma nello stesso tempo, per necessità di lotta politica, fa osservare che il movimento è spaccato.
Il Movimento 5 Stelle si spacca sul tema dell'immigrazione
Beppe Grillo scrive sul suo blog che "adesso è il momento di agire e proteggerci" ma non tutti gli esponenti del Movimento sono d'accordo con il leader
Marta Proietti - Mer, 28/12/2016 - 10:35
commenta
A pochi giorni dall'attentato di Berlino e subito dopo l'uccisione del terrorista Anis Amri a Sesto San Giovanni, il leader del Movimento 5 Stelle ha pubblicato sul suo blog un post dal titolo "Ora è il momento di proteggerci".
Beppe Grillo parla chiaro: "La situazione migratoria è ormai fuori controllo. Nel 2015 con gli sbarchi sono arrivati in 153.842, i richiedenti asilo sono stati 83.970, 71.000 sono stati esaminati e il 55% di questi hanno ricevuto diniego: dove sono finiti loro e quelli non esaminati e che non hanno fatto richiesta? L'Italia e l'Europa sono un colabrodo". E ancora: "L'Italia sta diventando un viavai di terroristi, che non siamo in grado di riconoscere e segnalare, che grazie a Schengen possono sconfinare indisturbati in tutta Europa. Bisogna agire ora".
Secondo il fondatore del Movimento quindi la soluzione è chiara: "Chi ha diritto di asilo resta in Italia, tutti gli irregolari devono essere rimpatriati subito a partire da oggi". E poi la possibilità di abolire Schengen in caso di attentati, la creazione di una banca dati europea sui sospetti terroristi condivisa con tutti gli stati membri e la revisione del regolamento di Dublino.
Non tutto il Movimento 5 Stelle è però d'accordo con il suo leader. A partire da Silvia Chimienti fino a Vega Colonnese e Massimiliano Bernini che dai social network tuonano: "Immigrato non vuol dire terrorista".
E ancora la senatrice Paola Nugnes: "Tutta questa grande immigrazione corrisponde appena allo 0,2 per cento di tutta la popolazione europea...è una questione di gestione...non di invasione. La responsabilità dei rifugiati climatici, per dirne una, è di tutto l'occidente....è gente che non ha diritto di asilo ma che una casa dove tornare non ce l'ha. Io rilancio, oltre le nostre posizioni concordate, ben scritte nelle nostre mozioni a livello nazionale ed europeo, tutte inscritte nell'ambito dei concordati europei, con cui concordo, dovremmo cominciare a ragionare oltre, cominciare a porre sul tavolo della discussione internazionale la questione di tutti quelli che all'attualità non hanno diritti. E cominciare a porci il problema che la responsabilità, anche di questi soggetti migranti, è dell'occidente che non può girarsi dall'altra parte e liquidarli con un semplicistico se ne devono andare a casa loro".
L'unico esponente del Movimento che si è dichiaratamente schierato dalla parte di Beppe Grillo è il deputato romano Alessandro Di Battista che, come il suo leader, ha invitato a incrementare le espulsioni.
A quelli del Giornale l'affermazione di Grillomao, sta a pennello, perché sostiene la loro tesi.
Ma nello stesso tempo, per necessità di lotta politica, fa osservare che il movimento è spaccato.
Il Movimento 5 Stelle si spacca sul tema dell'immigrazione
Beppe Grillo scrive sul suo blog che "adesso è il momento di agire e proteggerci" ma non tutti gli esponenti del Movimento sono d'accordo con il leader
Marta Proietti - Mer, 28/12/2016 - 10:35
commenta
A pochi giorni dall'attentato di Berlino e subito dopo l'uccisione del terrorista Anis Amri a Sesto San Giovanni, il leader del Movimento 5 Stelle ha pubblicato sul suo blog un post dal titolo "Ora è il momento di proteggerci".
Beppe Grillo parla chiaro: "La situazione migratoria è ormai fuori controllo. Nel 2015 con gli sbarchi sono arrivati in 153.842, i richiedenti asilo sono stati 83.970, 71.000 sono stati esaminati e il 55% di questi hanno ricevuto diniego: dove sono finiti loro e quelli non esaminati e che non hanno fatto richiesta? L'Italia e l'Europa sono un colabrodo". E ancora: "L'Italia sta diventando un viavai di terroristi, che non siamo in grado di riconoscere e segnalare, che grazie a Schengen possono sconfinare indisturbati in tutta Europa. Bisogna agire ora".
Secondo il fondatore del Movimento quindi la soluzione è chiara: "Chi ha diritto di asilo resta in Italia, tutti gli irregolari devono essere rimpatriati subito a partire da oggi". E poi la possibilità di abolire Schengen in caso di attentati, la creazione di una banca dati europea sui sospetti terroristi condivisa con tutti gli stati membri e la revisione del regolamento di Dublino.
Non tutto il Movimento 5 Stelle è però d'accordo con il suo leader. A partire da Silvia Chimienti fino a Vega Colonnese e Massimiliano Bernini che dai social network tuonano: "Immigrato non vuol dire terrorista".
E ancora la senatrice Paola Nugnes: "Tutta questa grande immigrazione corrisponde appena allo 0,2 per cento di tutta la popolazione europea...è una questione di gestione...non di invasione. La responsabilità dei rifugiati climatici, per dirne una, è di tutto l'occidente....è gente che non ha diritto di asilo ma che una casa dove tornare non ce l'ha. Io rilancio, oltre le nostre posizioni concordate, ben scritte nelle nostre mozioni a livello nazionale ed europeo, tutte inscritte nell'ambito dei concordati europei, con cui concordo, dovremmo cominciare a ragionare oltre, cominciare a porre sul tavolo della discussione internazionale la questione di tutti quelli che all'attualità non hanno diritti. E cominciare a porci il problema che la responsabilità, anche di questi soggetti migranti, è dell'occidente che non può girarsi dall'altra parte e liquidarli con un semplicistico se ne devono andare a casa loro".
L'unico esponente del Movimento che si è dichiaratamente schierato dalla parte di Beppe Grillo è il deputato romano Alessandro Di Battista che, come il suo leader, ha invitato a incrementare le espulsioni.
-
- Messaggi: 5725
- Iscritto il: 11/10/2016, 2:47
Re: Come se ne viene fuori ?
.....CAMPA CAVALLO....
LIBRE news
Cugia: ragazzi, abbattete il Faraone e il suo regno dell’odio
Scritto il 29/12/16 • nella Categoria: idee Condividi
Che l’abominevole Trump guidi gli Stati Uniti può urtare l’anima di tanta gente, compresa la mia, ma in quel ruolo lui è paradossalmente una novità mentre la Clinton incarnava l’ambiguo passato della democrazia. In Italia è lo stesso, sa tutto di muffa, con la differenza che noi il Trump di Arcore ce l’abbiamo già avuto (per una volta abbiamo anticipato una tendenza rispetto agli Usa) però non abbiamo novità illuminanti né a destra né a sinistra, non tali da farci leggere il mondo con un bel paio di occhiali nuovi. Tra l’altro un buco nero ha risucchiato sia destra che sinistra, mischiandole in una centrifuga da caserma. Intanto il mondo cambia come un cavallo pazzo spronato dalla tecnologia, dalla finanza e dall’odio globale, e noi non riusciamo a stargli dietro neanche con lo sguardo. Dove sono finiti gli occhiali nuovi? Ci mancano le lenti dei nuovi saggi, dei giusti e dei grandi narratori della Storia, né salgono sul palco (in assenza di copioni all’altezza) i grandi interpreti, mentre la grande orchestra tace nella buca. L’aria è da requiem, ma non si vede un Mozart.
Ho sempre trovato detestabile chi, dai 50 in su, scrive film per giovani, musica per giovani, s’inventa una politica per giovani o fa abbigliamento per giovani. Anche se disegna un nuovo slip gli scappa sempre un vecchio merletto. Lo stesso se scrive una canzone o fa un partito. Prima o poi ricasca nella muffa, perché si rivolge al giovane rimasto intrappolato dentro se stesso, non ai giovani d’oggi, e questa svista fatale avviene inesorabilmente, eccetto ai geni che non hanno età. La mia generazione ha fabbricato una trappola letale per le generazioni successive. Li ha lasciati senza lavoro e senz’anima. Gli ha rifilato una collana infinita di specchietti per le allodole, un futuro che ricorda i faraoni con gli schiavi. Ragazzi non aspettatevi che i faraoni si ribellino per voi. È impensabile che gente dell’età (e della mentalità) di Donald Trump possa rappresentare un radicale cambiamento della vostra vita. Dovrete aprirvi un varco, una breccia in questo orrendo muro, e in condizioni impossibili.
Per ribaltare le cose a questo punto ci vorrebbero dieci nuovi Martin Luther King venticinquenni e una mezza dozzina di Mahatma Gandhi, più almeno un’Anna Kuliscioff, un Che Guevara, un Voltaire, una Evita Peron e un Napoleone per paese. E non li troverete nelle nostre drogherie. Sto dicendo che ci vorrebbero almeno 21 grandi giovani di cui nessuno conosce ancora il volto o il nome. Ma o con la pace o con le più brusche maniere la nuova generazione deve dispiegare le sue grandi anime. Perché fra voi le grandi anime ci sono e su questo solo un cretino ha dubbi. Non vedo l’ora di poter lanciare una pantofola dalla finestra in segno di giubilo quando sfileranno il giorno della rivolta.
(Diego Cugia, “Ragazzi, rompete il muro”, dalla pagina Facebook di Cugia).
LIBRE news
Cugia: ragazzi, abbattete il Faraone e il suo regno dell’odio
Scritto il 29/12/16 • nella Categoria: idee Condividi
Che l’abominevole Trump guidi gli Stati Uniti può urtare l’anima di tanta gente, compresa la mia, ma in quel ruolo lui è paradossalmente una novità mentre la Clinton incarnava l’ambiguo passato della democrazia. In Italia è lo stesso, sa tutto di muffa, con la differenza che noi il Trump di Arcore ce l’abbiamo già avuto (per una volta abbiamo anticipato una tendenza rispetto agli Usa) però non abbiamo novità illuminanti né a destra né a sinistra, non tali da farci leggere il mondo con un bel paio di occhiali nuovi. Tra l’altro un buco nero ha risucchiato sia destra che sinistra, mischiandole in una centrifuga da caserma. Intanto il mondo cambia come un cavallo pazzo spronato dalla tecnologia, dalla finanza e dall’odio globale, e noi non riusciamo a stargli dietro neanche con lo sguardo. Dove sono finiti gli occhiali nuovi? Ci mancano le lenti dei nuovi saggi, dei giusti e dei grandi narratori della Storia, né salgono sul palco (in assenza di copioni all’altezza) i grandi interpreti, mentre la grande orchestra tace nella buca. L’aria è da requiem, ma non si vede un Mozart.
Ho sempre trovato detestabile chi, dai 50 in su, scrive film per giovani, musica per giovani, s’inventa una politica per giovani o fa abbigliamento per giovani. Anche se disegna un nuovo slip gli scappa sempre un vecchio merletto. Lo stesso se scrive una canzone o fa un partito. Prima o poi ricasca nella muffa, perché si rivolge al giovane rimasto intrappolato dentro se stesso, non ai giovani d’oggi, e questa svista fatale avviene inesorabilmente, eccetto ai geni che non hanno età. La mia generazione ha fabbricato una trappola letale per le generazioni successive. Li ha lasciati senza lavoro e senz’anima. Gli ha rifilato una collana infinita di specchietti per le allodole, un futuro che ricorda i faraoni con gli schiavi. Ragazzi non aspettatevi che i faraoni si ribellino per voi. È impensabile che gente dell’età (e della mentalità) di Donald Trump possa rappresentare un radicale cambiamento della vostra vita. Dovrete aprirvi un varco, una breccia in questo orrendo muro, e in condizioni impossibili.
Per ribaltare le cose a questo punto ci vorrebbero dieci nuovi Martin Luther King venticinquenni e una mezza dozzina di Mahatma Gandhi, più almeno un’Anna Kuliscioff, un Che Guevara, un Voltaire, una Evita Peron e un Napoleone per paese. E non li troverete nelle nostre drogherie. Sto dicendo che ci vorrebbero almeno 21 grandi giovani di cui nessuno conosce ancora il volto o il nome. Ma o con la pace o con le più brusche maniere la nuova generazione deve dispiegare le sue grandi anime. Perché fra voi le grandi anime ci sono e su questo solo un cretino ha dubbi. Non vedo l’ora di poter lanciare una pantofola dalla finestra in segno di giubilo quando sfileranno il giorno della rivolta.
(Diego Cugia, “Ragazzi, rompete il muro”, dalla pagina Facebook di Cugia).
-
- Messaggi: 5725
- Iscritto il: 11/10/2016, 2:47
Re: Come se ne viene fuori ?
Il quinto tassello che intendo porre alla vostra attenzione prima di tirare le conclusioni iniziate con il post:
SOTTO LE MACERIE
LIBRE news
Cuperlo: il Pd è morto, non ha ricette contro la catastrofe
Scritto il 27/12/16 • nella Categoria: idee Condividi
è questo nuovo intervento di LIBRE riguardante quanto sta accadendo in generale nel mondo occidentale e che ha coinvolto di fatto il nostro Paese.
La giudice: questo regime fascista chiamato neoliberismo
Scritto il 30/12/16 • nella Categoria: idee Condividi
Il tempo della retorica è finito, le cose vanno chiamate con il loro nome: il neoliberismo è il fascismo del XXI secolo.
Lo afferma Manuela Cadelli su “Off-Guardian”, sito d’opinione creato da alcuni autori del celebre quotidiano inglese, scontenti della linea ufficiale del giornale. La Cadelli è presidente del sindacato dei magistrati belgi. Se il liberismo originario deriva dalla filosofia dell’Illuminismo, sviluppata per garantire ai cittadini «il rispetto delle libertà e l’emancipazione democratica», divenendo «il motore per l’ascesa, e il continuo progresso, delle democrazie occidentali», il neoliberalismo dei nostri giorni è invece «una forma di economicismo che colpisce continuamente tutti i settori della nostra comunità». In altre parole, «si tratta di una forma di estremismo». Il fascismo? Era «la subordinazione di ogni parte dello Stato a una ideologia totalitaria e nichilista». E dunque, «il neoliberalismo è una specie di fascismo, perché l’economia ha soggiogato non solo il governo dei paesi democratici, ma anche tutti gli aspetti del nostro pensiero: lo Stato è ora agli ordini dell’economia e della finanza, che lo trattano come un subordinato e spadroneggiano su di esso in misura tale da mettere in pericolo il bene comune».
«L’austerità richiesta dall’ambiente finanziario è diventata un valore supremo, che sostituisce la politica», scrive Manuela Cadelli, nel post tradotto da “Voci dall’Estero”. «La necessità di risparmiare preclude il perseguimento di qualsiasi altro obiettivo pubblico». Siamo arrivati al punto in cui «si rivendica che il principio di ortodossia di bilancio dovrebbe essere incluso nelle Costituzioni statali», cosa che per l’Italia è già legge grazie al governo Monti, sorretto da Berlusconi e dal Pd. «La nozione di servizio pubblico è stata trasformata in una presa in giro», continua la Cadelli. «Il nichilismo che ne deriva rende possibile il rigetto dell’universalismo e dei valori umanistici più ovvi: la solidarietà, la fraternità, l’integrazione e il rispetto per tutti e per le differenze». Non c’è nemmeno più posto per la teoria economica classica: se prima il lavoro era «un elemento della domanda», e quindi «c’era rispetto per i lavoratori», da tempo «la finanza internazionale ne ha fatto una mera variabile di compensazione».
Ogni totalitarismo, continua Cadelli, inizia con uno stravolgimento del linguaggio, come nel romanzo di George Orwell: «Il neoliberalismo ha la sua Neolingua e le sue strategie di comunicazione che gli permettono di deformare la realtà». In questo spirito, «ogni taglio di bilancio è rappresentato come un esempio di modernizzazione». Alcuni dei più poveri non hanno più accesso al rimborso per le spese mediche e di conseguenza interrompono le visite dal dentista? Pazienza, «è la modernizzazione della previdenza sociale in azione». Nella discussione pubblica «predomina l’astrazione, in modo da nascondere le concrete implicazioni per gli esseri umani». Così per tutto: «In relazione ai migranti, è imperativo che la necessità di ospitarli non conduca a lanciare pubblici appelli che le nostre finanze non potrebbero sostenere», trascurando il diritto (primario) alla solidarietà nazionale verso chi ha bisogno di assistenza.
Ormai «predomina il darwinismo sociale», che assoggetta tutti a «criteri di efficienza nelle prestazioni assolutamente inflessibili», sicché «essere deboli vuol dire fallire». Per Manuela Cadelli, «vengono ribaltate le fondamenta della nostra cultura: ogni premessa umanista viene squalificata o demonizzata perché il neoliberalismo ha il monopolio della razionalità e del realismo». Margaret Thatcher nel 1985 disse: «Non c’è alternativa». Tutto il resto è utopia, irrazionalità e regressione. «La virtù del dibattito e i punti di vista differenti sono screditati perché la storia è governata dalla necessità». Questa sottocultura «ospita una propria minaccia esistenziale: prestazioni carenti condannano alla scomparsa, mentre allo stesso tempo chiunque è accusato di essere inefficiente e obbligato a giustificare tutto». Una catastrofe antropologica: «La fiducia è infranta. Regna la valutazione, e con essa la burocrazia che impone la definizione e la ricerca di una pletora di obiettivi e indicatori che l’individuo deve rispettare. La creatività e lo spirito critico sono soffocati dall’amministrazione. E ognuno si batte il petto per lo spreco e l’inerzia di cui è colpevole».
Fiducia infranta, e giustizia ignorata: l’ideologia neoliberale produce norme «in concorrenza con le leggi del Parlamento», al punto che «lo Stato di diritto democratico è compromesso», e le sue regole – che mirano a tutelare i cittadini, al riparo dagli abusi – vengono ormai «guardate come ostacoli». Questo perché «il potere giudiziario, che ha la capacità di opporsi alla volontà dei gruppi dominanti, deve essere messo sotto scacco». In Belgio, accusa Manuela Cadelli, la magistratura è stata privata dell’indipendenza assegnatale dalla Costituzione in modo che potesse svolgere il ruolo di contrappeso che i cittadini si aspettano. «L’obiettivo di questo progetto chiaramente è che non ci dovrebbe più essere giustizia in Belgio». Ma la classe dominante, «una casta al di sopra degli altri», non prescrive per sé la stessa medicina che deve essere presa dai normali cittadini: l’austerità ben organizzata è sempre “per gli altri”. Come ricorda Thomas Piketty, nonostante la crisi esplosa nel 2008 «non è stato fatto nulla per sorvegliare la comunità finanziaria». Chi ha pagato? «La gente comune, voi e io».
Anche il Belgio conferma la tendenza generale: sgravi fiscali da 7 miliardi alle multinazionali, e tasse aggiuntive (il 21% delle spese legali) per i cittadini che ricorrono alla magistratura: «D’ora in poi, per ottenere un risarcimento, le vittime dell’ingiustizia dovranno essere ricche», scrive Cabelli. «Tutto questo, in uno Stato in cui il numero dei dipendenti pubblici batte tutti i record internazionali». Lì non valgono gli standard di efficienza imposti agli altri lavoratori: «La razionalizzazione e l’ideologia manageriale si sono comodamente fermate alle porte del mondo politico». E la situazione peggiorerà ancora, secondo la sindacalista dei giudici del Belgio, grazie all’uso strumentale del terrorismo: «Presto sarà possibile aggirare la giustizia, già priva di potere su tutte le violazioni delle nostre libertà e dei nostri diritti, riducendo ulteriormente la protezione sociale per i poveri, che saranno sacrificati al “sogno della sicurezza”».
Siamo condannati allo scoraggiamento e alla disperazione? «Certamente no», dice Cabelli, ricordando che «cinquecento anni fa, al culmine delle sconfitte che avevano abbattuto la maggior parte degli Stati italiani con l’imposizione dell’occupazione straniera per più di tre secoli», Niccolò Machiavelli esortava gli uomini virtuosi «a sfidare il destino e a ergersi contro le avversità del tempo, a preferire l’azione e il coraggio alla cautela», anche perché «più è tragica la situazione, più sono richieste l’azione e il rifiuto della “rinuncia”». Questo, insiste Cabelli, è l’insegnamento necessario oggi: «La determinazione dei cittadini attaccati alla radicalità dei valori democratici è una risorsa preziosa». Non ha ancora rivelato appieno il suo potenziale? I mezzi non mancano: «Attraverso i social network e la potenza della parola scritta, oggi tutti possono essere coinvolti a portare il bene comune e la giustizia sociale al cuore del dibattito pubblico e dell’amministrazione dello Stato e della comunità, in particolare quando si tratta di servizi pubblici, università, mondo studentesco, magistratura».
SOTTO LE MACERIE
LIBRE news
Cuperlo: il Pd è morto, non ha ricette contro la catastrofe
Scritto il 27/12/16 • nella Categoria: idee Condividi
è questo nuovo intervento di LIBRE riguardante quanto sta accadendo in generale nel mondo occidentale e che ha coinvolto di fatto il nostro Paese.
La giudice: questo regime fascista chiamato neoliberismo
Scritto il 30/12/16 • nella Categoria: idee Condividi
Il tempo della retorica è finito, le cose vanno chiamate con il loro nome: il neoliberismo è il fascismo del XXI secolo.
Lo afferma Manuela Cadelli su “Off-Guardian”, sito d’opinione creato da alcuni autori del celebre quotidiano inglese, scontenti della linea ufficiale del giornale. La Cadelli è presidente del sindacato dei magistrati belgi. Se il liberismo originario deriva dalla filosofia dell’Illuminismo, sviluppata per garantire ai cittadini «il rispetto delle libertà e l’emancipazione democratica», divenendo «il motore per l’ascesa, e il continuo progresso, delle democrazie occidentali», il neoliberalismo dei nostri giorni è invece «una forma di economicismo che colpisce continuamente tutti i settori della nostra comunità». In altre parole, «si tratta di una forma di estremismo». Il fascismo? Era «la subordinazione di ogni parte dello Stato a una ideologia totalitaria e nichilista». E dunque, «il neoliberalismo è una specie di fascismo, perché l’economia ha soggiogato non solo il governo dei paesi democratici, ma anche tutti gli aspetti del nostro pensiero: lo Stato è ora agli ordini dell’economia e della finanza, che lo trattano come un subordinato e spadroneggiano su di esso in misura tale da mettere in pericolo il bene comune».
«L’austerità richiesta dall’ambiente finanziario è diventata un valore supremo, che sostituisce la politica», scrive Manuela Cadelli, nel post tradotto da “Voci dall’Estero”. «La necessità di risparmiare preclude il perseguimento di qualsiasi altro obiettivo pubblico». Siamo arrivati al punto in cui «si rivendica che il principio di ortodossia di bilancio dovrebbe essere incluso nelle Costituzioni statali», cosa che per l’Italia è già legge grazie al governo Monti, sorretto da Berlusconi e dal Pd. «La nozione di servizio pubblico è stata trasformata in una presa in giro», continua la Cadelli. «Il nichilismo che ne deriva rende possibile il rigetto dell’universalismo e dei valori umanistici più ovvi: la solidarietà, la fraternità, l’integrazione e il rispetto per tutti e per le differenze». Non c’è nemmeno più posto per la teoria economica classica: se prima il lavoro era «un elemento della domanda», e quindi «c’era rispetto per i lavoratori», da tempo «la finanza internazionale ne ha fatto una mera variabile di compensazione».
Ogni totalitarismo, continua Cadelli, inizia con uno stravolgimento del linguaggio, come nel romanzo di George Orwell: «Il neoliberalismo ha la sua Neolingua e le sue strategie di comunicazione che gli permettono di deformare la realtà». In questo spirito, «ogni taglio di bilancio è rappresentato come un esempio di modernizzazione». Alcuni dei più poveri non hanno più accesso al rimborso per le spese mediche e di conseguenza interrompono le visite dal dentista? Pazienza, «è la modernizzazione della previdenza sociale in azione». Nella discussione pubblica «predomina l’astrazione, in modo da nascondere le concrete implicazioni per gli esseri umani». Così per tutto: «In relazione ai migranti, è imperativo che la necessità di ospitarli non conduca a lanciare pubblici appelli che le nostre finanze non potrebbero sostenere», trascurando il diritto (primario) alla solidarietà nazionale verso chi ha bisogno di assistenza.
Ormai «predomina il darwinismo sociale», che assoggetta tutti a «criteri di efficienza nelle prestazioni assolutamente inflessibili», sicché «essere deboli vuol dire fallire». Per Manuela Cadelli, «vengono ribaltate le fondamenta della nostra cultura: ogni premessa umanista viene squalificata o demonizzata perché il neoliberalismo ha il monopolio della razionalità e del realismo». Margaret Thatcher nel 1985 disse: «Non c’è alternativa». Tutto il resto è utopia, irrazionalità e regressione. «La virtù del dibattito e i punti di vista differenti sono screditati perché la storia è governata dalla necessità». Questa sottocultura «ospita una propria minaccia esistenziale: prestazioni carenti condannano alla scomparsa, mentre allo stesso tempo chiunque è accusato di essere inefficiente e obbligato a giustificare tutto». Una catastrofe antropologica: «La fiducia è infranta. Regna la valutazione, e con essa la burocrazia che impone la definizione e la ricerca di una pletora di obiettivi e indicatori che l’individuo deve rispettare. La creatività e lo spirito critico sono soffocati dall’amministrazione. E ognuno si batte il petto per lo spreco e l’inerzia di cui è colpevole».
Fiducia infranta, e giustizia ignorata: l’ideologia neoliberale produce norme «in concorrenza con le leggi del Parlamento», al punto che «lo Stato di diritto democratico è compromesso», e le sue regole – che mirano a tutelare i cittadini, al riparo dagli abusi – vengono ormai «guardate come ostacoli». Questo perché «il potere giudiziario, che ha la capacità di opporsi alla volontà dei gruppi dominanti, deve essere messo sotto scacco». In Belgio, accusa Manuela Cadelli, la magistratura è stata privata dell’indipendenza assegnatale dalla Costituzione in modo che potesse svolgere il ruolo di contrappeso che i cittadini si aspettano. «L’obiettivo di questo progetto chiaramente è che non ci dovrebbe più essere giustizia in Belgio». Ma la classe dominante, «una casta al di sopra degli altri», non prescrive per sé la stessa medicina che deve essere presa dai normali cittadini: l’austerità ben organizzata è sempre “per gli altri”. Come ricorda Thomas Piketty, nonostante la crisi esplosa nel 2008 «non è stato fatto nulla per sorvegliare la comunità finanziaria». Chi ha pagato? «La gente comune, voi e io».
Anche il Belgio conferma la tendenza generale: sgravi fiscali da 7 miliardi alle multinazionali, e tasse aggiuntive (il 21% delle spese legali) per i cittadini che ricorrono alla magistratura: «D’ora in poi, per ottenere un risarcimento, le vittime dell’ingiustizia dovranno essere ricche», scrive Cabelli. «Tutto questo, in uno Stato in cui il numero dei dipendenti pubblici batte tutti i record internazionali». Lì non valgono gli standard di efficienza imposti agli altri lavoratori: «La razionalizzazione e l’ideologia manageriale si sono comodamente fermate alle porte del mondo politico». E la situazione peggiorerà ancora, secondo la sindacalista dei giudici del Belgio, grazie all’uso strumentale del terrorismo: «Presto sarà possibile aggirare la giustizia, già priva di potere su tutte le violazioni delle nostre libertà e dei nostri diritti, riducendo ulteriormente la protezione sociale per i poveri, che saranno sacrificati al “sogno della sicurezza”».
Siamo condannati allo scoraggiamento e alla disperazione? «Certamente no», dice Cabelli, ricordando che «cinquecento anni fa, al culmine delle sconfitte che avevano abbattuto la maggior parte degli Stati italiani con l’imposizione dell’occupazione straniera per più di tre secoli», Niccolò Machiavelli esortava gli uomini virtuosi «a sfidare il destino e a ergersi contro le avversità del tempo, a preferire l’azione e il coraggio alla cautela», anche perché «più è tragica la situazione, più sono richieste l’azione e il rifiuto della “rinuncia”». Questo, insiste Cabelli, è l’insegnamento necessario oggi: «La determinazione dei cittadini attaccati alla radicalità dei valori democratici è una risorsa preziosa». Non ha ancora rivelato appieno il suo potenziale? I mezzi non mancano: «Attraverso i social network e la potenza della parola scritta, oggi tutti possono essere coinvolti a portare il bene comune e la giustizia sociale al cuore del dibattito pubblico e dell’amministrazione dello Stato e della comunità, in particolare quando si tratta di servizi pubblici, università, mondo studentesco, magistratura».
-
- Messaggi: 5725
- Iscritto il: 11/10/2016, 2:47
Re: Come se ne viene fuori ?
UN ALTRO TASSELLO DEL PUZZLE CHE SI CHIAMA DISASTRO
30 dic 2016 19:54
1. “NUOVA INQUISIZIONE CONTRO LA RETE”: GRILLO ATTACCA IL PRESIDENTE DELL'ANTITRUST PITRUZZELLA CHE HA DICHIARATO AL ''FINANCIAL TIMES'': "LA POST-VERITÀ IN POLITICA È UNO DEI CATALIZZATORI DEL POPULISMO E UNA MINACCIA ALLE NOSTRE DEMOCRAZIE"
2. BEPPE SI SCATENA: "E COSA È LA POST-VERITÀ SI CHIEDE UNA PERSONA NORMALE? "LA POST-VERITÀ È UNA DEFINIZIONE USATA DAI ROSICONI CHE NON SONO ENTRATI NEL VENTRE DELLA BALENA DEL WEB E QUINDI NON RIESCONO A INTERPRETARE I TEMPI. PARLIAMO DI GIORNALISTI LE CUI TESTATE HANNO AVALLATO PER ANNI BUGIE ED IDIOZIE DI OGNI TIPO. LA POST-VERITÀ SEMMAI È QUELLA COSTRUITA DAI GIORNALISTI. CHI VI HA ADERITO POI SI È SORPRESO PER GRILLO, PER LA BREXIT, PER LA VITTORIA DI TRUMP E PER QUELLA DEL NO AL REFERENDUM IN ITALIA. CI RACCONTANO UN MONDO CHE NON ESISTE PIÙ E CHIAMANO POST-VERITÀ QUELLO REALE." E' LA DEFINIZIONE, CHE MERITEREBBE LA TRECCANI, DI ROBERTO D'AGOSTINO...."
Beppe Grillo - http://www.beppegrillo.it/
Il presidente dell'antitrust Pitruzzella ha rilasciato un'intervista al Financial Times, a metà strada tra il delirio d'onnipotenza e l'ignoranza completa di come funzioni il web, dicendo che "la post-verità in politica è uno dei catalizzatori del populismo e una minaccia alle nostre democrazie". E cosa è la post-verità si chiede una persona normale?
"La post-verità è una definizione usata dai rosiconi che non sono entrati nel ventre della balena del web e quindi non riescono a interpretare i tempi. Parliamo di giornalisti le cui testate hanno avallato per anni bugie ed idiozie di ogni tipo. La post-verità semmai è quella costruita dai giornalisti. Chi vi ha aderito poi si è sorpreso per Grillo, per la Brexit, per la vittoria di Trump e per quella del no al referendum in Italia. Ci raccontano un mondo che non esiste più e chiamano post-verità quello reale." E' la definizione, che meriterebbe la Treccani, di Roberto D'Agostino.
L'intervista si fa interessante quando Pitruzzella spiega come si combatte la post-verità: "dobbiamo decidere se lasciare Internet così com'è, il selvaggio west, oppure se regolamentarlo. Penso che queste regole vadano definite dallo Stato. [...] Non è compito di entità private controllare l'informazione, questo è dei poteri statali: loro devono garantire che l'informazione è corretta". Tradotto significa che vogliono fare un bel tribunale dell'inquisizione, controllato dai partiti di governo, che decida cosa è vero e cosa è falso. Immaginatevi la scena.
Scrivo sul Blog: "I politici prendono la pensione d'oro: è un privilegio che vogliamo abolire!".
Il tribunale decreta: "Falso, prendono una pensione normale come tutti, è un diritto acquisito. E' post-verità la tua! Ordiniamo che il Blog di Grillo sia messo al rogo!" "Ma non si può bruciare, sua Pitruzzella: è fatto di bit!" "Allora al rogo il computer di Grillo e pure il suo mouse, e se si lamenta al rogo pure lui".
Purtroppo Pitruzzella non è un pazzo solitario. Il premier fotocopia Gentiloni ieri ha detto che gli strappi nel tessuto sociale del Paese sono causati anche da Internet. Per il sempregrigio Napolitano "la politica del click è mistificazione". Renzi è convinto di aver perso il referendum per colpa del web: "Abbiamo lasciato il web a chi in queste ore è sotto gli occhi internazionali, a cominciare dal New York Times, in quanto diffusore di falsità". I travestiti morali sono abituati alla TV, dove se vai con una scheda elettorale falsa i giornalisti ci credono, ma se lo fate sul web i cittadini ve lo dicono che siete dei cazzari, non prendetevela.
Tutti uniti contro il web. Ora che nessuno legge più i giornali e anche chi li legge non crede alle loro balle, i nuovi inquisitori vogliono un tribunale per controllare internet e condannare chi li sputtana. Sono colpevole, venite a prendermi. Questo Blog non smetterà mai di scrivere e la Rete non si fermerà con un tribunale. Bloccate un social? Ne fioriranno altri dieci che non riuscirete a controllare. Le vostre post-cazzate non ci fermeranno.
30 dic 2016 19:54
1. “NUOVA INQUISIZIONE CONTRO LA RETE”: GRILLO ATTACCA IL PRESIDENTE DELL'ANTITRUST PITRUZZELLA CHE HA DICHIARATO AL ''FINANCIAL TIMES'': "LA POST-VERITÀ IN POLITICA È UNO DEI CATALIZZATORI DEL POPULISMO E UNA MINACCIA ALLE NOSTRE DEMOCRAZIE"
2. BEPPE SI SCATENA: "E COSA È LA POST-VERITÀ SI CHIEDE UNA PERSONA NORMALE? "LA POST-VERITÀ È UNA DEFINIZIONE USATA DAI ROSICONI CHE NON SONO ENTRATI NEL VENTRE DELLA BALENA DEL WEB E QUINDI NON RIESCONO A INTERPRETARE I TEMPI. PARLIAMO DI GIORNALISTI LE CUI TESTATE HANNO AVALLATO PER ANNI BUGIE ED IDIOZIE DI OGNI TIPO. LA POST-VERITÀ SEMMAI È QUELLA COSTRUITA DAI GIORNALISTI. CHI VI HA ADERITO POI SI È SORPRESO PER GRILLO, PER LA BREXIT, PER LA VITTORIA DI TRUMP E PER QUELLA DEL NO AL REFERENDUM IN ITALIA. CI RACCONTANO UN MONDO CHE NON ESISTE PIÙ E CHIAMANO POST-VERITÀ QUELLO REALE." E' LA DEFINIZIONE, CHE MERITEREBBE LA TRECCANI, DI ROBERTO D'AGOSTINO...."
Beppe Grillo - http://www.beppegrillo.it/
Il presidente dell'antitrust Pitruzzella ha rilasciato un'intervista al Financial Times, a metà strada tra il delirio d'onnipotenza e l'ignoranza completa di come funzioni il web, dicendo che "la post-verità in politica è uno dei catalizzatori del populismo e una minaccia alle nostre democrazie". E cosa è la post-verità si chiede una persona normale?
"La post-verità è una definizione usata dai rosiconi che non sono entrati nel ventre della balena del web e quindi non riescono a interpretare i tempi. Parliamo di giornalisti le cui testate hanno avallato per anni bugie ed idiozie di ogni tipo. La post-verità semmai è quella costruita dai giornalisti. Chi vi ha aderito poi si è sorpreso per Grillo, per la Brexit, per la vittoria di Trump e per quella del no al referendum in Italia. Ci raccontano un mondo che non esiste più e chiamano post-verità quello reale." E' la definizione, che meriterebbe la Treccani, di Roberto D'Agostino.
L'intervista si fa interessante quando Pitruzzella spiega come si combatte la post-verità: "dobbiamo decidere se lasciare Internet così com'è, il selvaggio west, oppure se regolamentarlo. Penso che queste regole vadano definite dallo Stato. [...] Non è compito di entità private controllare l'informazione, questo è dei poteri statali: loro devono garantire che l'informazione è corretta". Tradotto significa che vogliono fare un bel tribunale dell'inquisizione, controllato dai partiti di governo, che decida cosa è vero e cosa è falso. Immaginatevi la scena.
Scrivo sul Blog: "I politici prendono la pensione d'oro: è un privilegio che vogliamo abolire!".
Il tribunale decreta: "Falso, prendono una pensione normale come tutti, è un diritto acquisito. E' post-verità la tua! Ordiniamo che il Blog di Grillo sia messo al rogo!" "Ma non si può bruciare, sua Pitruzzella: è fatto di bit!" "Allora al rogo il computer di Grillo e pure il suo mouse, e se si lamenta al rogo pure lui".
Purtroppo Pitruzzella non è un pazzo solitario. Il premier fotocopia Gentiloni ieri ha detto che gli strappi nel tessuto sociale del Paese sono causati anche da Internet. Per il sempregrigio Napolitano "la politica del click è mistificazione". Renzi è convinto di aver perso il referendum per colpa del web: "Abbiamo lasciato il web a chi in queste ore è sotto gli occhi internazionali, a cominciare dal New York Times, in quanto diffusore di falsità". I travestiti morali sono abituati alla TV, dove se vai con una scheda elettorale falsa i giornalisti ci credono, ma se lo fate sul web i cittadini ve lo dicono che siete dei cazzari, non prendetevela.
Tutti uniti contro il web. Ora che nessuno legge più i giornali e anche chi li legge non crede alle loro balle, i nuovi inquisitori vogliono un tribunale per controllare internet e condannare chi li sputtana. Sono colpevole, venite a prendermi. Questo Blog non smetterà mai di scrivere e la Rete non si fermerà con un tribunale. Bloccate un social? Ne fioriranno altri dieci che non riuscirete a controllare. Le vostre post-cazzate non ci fermeranno.
Chi c’è in linea
Visitano il forum: Majestic-12 [Bot] e 7 ospiti