Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzione?
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
Migranti, Amnesty: “Pressioni Ue hanno spinto Italia oltre i limiti della legalità: pestaggi ed espulsioni illegittime”
Diritti
A denunciarlo è la ong nel suo ultimo rapporto "Hotspot Italia: come le politiche dell'Unione europea portano a violazioni dei diritti di rifugiati e migranti": si tratta di 56 pagine con 174 interviste raccolte nell'arco di diverse missioni tra l'estate 2015 e 2016. La replica del capo dipartimento immigrazione del Viminale Morcone: "Sono rimasto sconcertato nel leggere queste cretinaggini"
di Lorenzo Bagnoli | 3 novembre 2016
COMMENTI (4)
Più informazioni su: Bruxelles, Immigrati
Detenzioni arbitrarie, respingimenti illegittimi e pestaggi. È quello che subiscono i migranti in Italia da quando la Commissione europea ha fatto adottare ai Paesi affacciati sul Mediterraneo il cosiddetto “approccio hotspot”, a metà 2015. Bruxelles voleva il “pugno duro” per effettuare i riconoscimenti dei migranti e l’Italia ha eseguito gli ordini, arrivando però a violare il diritto d’asilo. Lo denuncia Amnesty International nel suo ultimo rapporto “Hotspot Italia: come le politiche dell’Unione europea portano a violazioni dei diritti di rifugiati e migranti”, 56 pagine con 174 interviste raccolte dall’ong nell’arco di diverse missioni tra l’estate 2015 e 2016.
“Determinati a ridurre il movimento di migranti e rifugiati verso altri stati membri, i leader europei hanno spinto le autorità italiane ai limiti, e talvolta oltre i limiti, della legalità”, dichiara nel rapporto Matteo de Bellis, ricercatore di Amnesty International sull’Italia. Gli hotspot sono stati introdotti dopo l’arrivo massiccio, in particolare in Germania, di immigrati e profughi transitati dall’Italia senza che ci fosse una loro identificazione. Allora da Bruxelles hanno spedito ufficiali di Frontex in alcuni centri (in Italia a Lampedusa, Pozzallo, Trapani, Taranto). Dovevano essere i luoghi dove identificare i profughi e ricollocarli, successivamente, in altri Paesi europei. Finora i risultati per l’Italia sono molto deludenti: su circa 40mila ricollocazioni promesse, ne sono state fatte 1.200.
Quello che accade all’interno delle mura di questi centri lo racconta Castro, 19 anni, sudanese arrivato via Libia. Al suo arrivo, è stato portato a Bari, poi in un altro ufficio di polizia, dove gli hanno chiesto di lasciare le impronte digitali. In teoria, è vietato che nella richiesta si faccia uso della forza. “Mi sono rifiutato – racconta Castro ad Amnesty – come tutti gli altri, comprese alcune donne. Dieci poliziotti sono arrivati e mi hanno preso per primo, mi hanno picchiato con un manganello sia sulla schiena sia sul polso destro. Alcuni mi tenevano la mano dietro, alcuni mi tenevano la faccia. Hanno continuato a colpirmi per forse 15 minuti. Poi hanno usato un manganello elettrico, l’hanno messo sul mio petto e mi hanno dato una scarica. Sono caduto, potevo vedere ma non riuscivo a muovermi”. Due ragazzi di 16 e 27 anni hanno anche raccontato di aver subito percosse agli organi genitali e di essere stati costretti a spogliarsi. “Sebbene nella maggior parte dei casi il comportamento degli agenti di polizia rimanga professionale e la vasta maggioranza delle impronte digitali sia presa senza incidenti – scrive Amnesty nel rapporto -, le nostre conclusioni sollevano gravi preoccupazioni e mettono in luce la necessità di un’indagine indipendente sulle prassi attualmente utilizzate”.
Velocizzare le pratiche è uno degli imperativi degli hotspot. Le condizioni psicologiche in cui si trovano i migranti, come testimonia Ada, 25enne nigeriana arrivata a Crotone, non lo rendono possibile. Ricorda, dopo l’arrivo, di essere stata portata “in un centro”: “C’erano soldati che controllavano che nessuno fuggisse…dovevo dire nome, cognome, nazionalità…Ma la mia mente era da un’altra parte, non ricordavo neppure il nome dei miei genitori…”. In alcuni casi i migranti ricordano di non aver nemmeno avuto l’opportunità di parlare con un interprete o un mediatore culturale. Così lo screening, ossia la procedure per distinguere migranti irregolari da richiedenti asilo, si limita a “brevi interviste” effettuate da agenti delle forze dell’ordine “che non hanno ricevuto una formazione adeguata”.
L’Italia ha poi aumentato il numero di espulsioni, sotto pressione di Bruxelles. E sono in aumento anche i negoziati per allungare la lista dei Paesi dove sarà possibile farlo. L’ultimo ad essere incluso il Sudan, dove al governo siede un presidente, Omar al Bashir, verso il quale la Corte penale internazionale dell’Aja ha spiccato un mandato d’arresto per crimini contro l’umanità. Un’altra conseguenza dell’”approccio hotspot”.
In merito al rapporto si è espresso il prefetto Mario Morcone, capo Dipartimento immigrazione del Viminale: “Che le forze di polizia operino violenza sui migranti è totalmente falso. Sono rimasto sconcertato nel leggere queste cretinaggini”, ha detto alla Camera nel corso della presentazione di un libro. “Amnesty costruisce i suoi rapporti a Londra, non in Italia. Ricordo che negli hotspot sono presenti rappresentanti dell’Alto commissariato per i rifugiati: o si sono distratti, o Amnesty sta facendo un’operazione a Londra, perché è lì, e non in Italia, che Amnesty costruisce i suoi rapporti”. Più in generale sul tema dell’immigrazione, Morcone è tornato a ribadire che sono in atto “molte strumentalizzazioni“. “Si fa strada un clima in cui si parla di reati in aumento a causa degli immigrati, quando non è così e qualsiasi prefetto lo può confermare; un clima in cui si parla di ‘invasione’, e se c’è un’invasione io non me ne sono accorto. C’è fatica, certo. Ma ci sono anche strumentalizzazioni sulla pelle della gente. C’è un clima velenoso che si va saldando, indipendentemente dalle sensibilità politiche, con un’insofferenza fondata sulle strumentalizzazioni. In questo quadro, con falsità che provengono da tutte le parti, il rapporto di Amnesty è sconcertante“.
Diritti
A denunciarlo è la ong nel suo ultimo rapporto "Hotspot Italia: come le politiche dell'Unione europea portano a violazioni dei diritti di rifugiati e migranti": si tratta di 56 pagine con 174 interviste raccolte nell'arco di diverse missioni tra l'estate 2015 e 2016. La replica del capo dipartimento immigrazione del Viminale Morcone: "Sono rimasto sconcertato nel leggere queste cretinaggini"
di Lorenzo Bagnoli | 3 novembre 2016
COMMENTI (4)
Più informazioni su: Bruxelles, Immigrati
Detenzioni arbitrarie, respingimenti illegittimi e pestaggi. È quello che subiscono i migranti in Italia da quando la Commissione europea ha fatto adottare ai Paesi affacciati sul Mediterraneo il cosiddetto “approccio hotspot”, a metà 2015. Bruxelles voleva il “pugno duro” per effettuare i riconoscimenti dei migranti e l’Italia ha eseguito gli ordini, arrivando però a violare il diritto d’asilo. Lo denuncia Amnesty International nel suo ultimo rapporto “Hotspot Italia: come le politiche dell’Unione europea portano a violazioni dei diritti di rifugiati e migranti”, 56 pagine con 174 interviste raccolte dall’ong nell’arco di diverse missioni tra l’estate 2015 e 2016.
“Determinati a ridurre il movimento di migranti e rifugiati verso altri stati membri, i leader europei hanno spinto le autorità italiane ai limiti, e talvolta oltre i limiti, della legalità”, dichiara nel rapporto Matteo de Bellis, ricercatore di Amnesty International sull’Italia. Gli hotspot sono stati introdotti dopo l’arrivo massiccio, in particolare in Germania, di immigrati e profughi transitati dall’Italia senza che ci fosse una loro identificazione. Allora da Bruxelles hanno spedito ufficiali di Frontex in alcuni centri (in Italia a Lampedusa, Pozzallo, Trapani, Taranto). Dovevano essere i luoghi dove identificare i profughi e ricollocarli, successivamente, in altri Paesi europei. Finora i risultati per l’Italia sono molto deludenti: su circa 40mila ricollocazioni promesse, ne sono state fatte 1.200.
Quello che accade all’interno delle mura di questi centri lo racconta Castro, 19 anni, sudanese arrivato via Libia. Al suo arrivo, è stato portato a Bari, poi in un altro ufficio di polizia, dove gli hanno chiesto di lasciare le impronte digitali. In teoria, è vietato che nella richiesta si faccia uso della forza. “Mi sono rifiutato – racconta Castro ad Amnesty – come tutti gli altri, comprese alcune donne. Dieci poliziotti sono arrivati e mi hanno preso per primo, mi hanno picchiato con un manganello sia sulla schiena sia sul polso destro. Alcuni mi tenevano la mano dietro, alcuni mi tenevano la faccia. Hanno continuato a colpirmi per forse 15 minuti. Poi hanno usato un manganello elettrico, l’hanno messo sul mio petto e mi hanno dato una scarica. Sono caduto, potevo vedere ma non riuscivo a muovermi”. Due ragazzi di 16 e 27 anni hanno anche raccontato di aver subito percosse agli organi genitali e di essere stati costretti a spogliarsi. “Sebbene nella maggior parte dei casi il comportamento degli agenti di polizia rimanga professionale e la vasta maggioranza delle impronte digitali sia presa senza incidenti – scrive Amnesty nel rapporto -, le nostre conclusioni sollevano gravi preoccupazioni e mettono in luce la necessità di un’indagine indipendente sulle prassi attualmente utilizzate”.
Velocizzare le pratiche è uno degli imperativi degli hotspot. Le condizioni psicologiche in cui si trovano i migranti, come testimonia Ada, 25enne nigeriana arrivata a Crotone, non lo rendono possibile. Ricorda, dopo l’arrivo, di essere stata portata “in un centro”: “C’erano soldati che controllavano che nessuno fuggisse…dovevo dire nome, cognome, nazionalità…Ma la mia mente era da un’altra parte, non ricordavo neppure il nome dei miei genitori…”. In alcuni casi i migranti ricordano di non aver nemmeno avuto l’opportunità di parlare con un interprete o un mediatore culturale. Così lo screening, ossia la procedure per distinguere migranti irregolari da richiedenti asilo, si limita a “brevi interviste” effettuate da agenti delle forze dell’ordine “che non hanno ricevuto una formazione adeguata”.
L’Italia ha poi aumentato il numero di espulsioni, sotto pressione di Bruxelles. E sono in aumento anche i negoziati per allungare la lista dei Paesi dove sarà possibile farlo. L’ultimo ad essere incluso il Sudan, dove al governo siede un presidente, Omar al Bashir, verso il quale la Corte penale internazionale dell’Aja ha spiccato un mandato d’arresto per crimini contro l’umanità. Un’altra conseguenza dell’”approccio hotspot”.
In merito al rapporto si è espresso il prefetto Mario Morcone, capo Dipartimento immigrazione del Viminale: “Che le forze di polizia operino violenza sui migranti è totalmente falso. Sono rimasto sconcertato nel leggere queste cretinaggini”, ha detto alla Camera nel corso della presentazione di un libro. “Amnesty costruisce i suoi rapporti a Londra, non in Italia. Ricordo che negli hotspot sono presenti rappresentanti dell’Alto commissariato per i rifugiati: o si sono distratti, o Amnesty sta facendo un’operazione a Londra, perché è lì, e non in Italia, che Amnesty costruisce i suoi rapporti”. Più in generale sul tema dell’immigrazione, Morcone è tornato a ribadire che sono in atto “molte strumentalizzazioni“. “Si fa strada un clima in cui si parla di reati in aumento a causa degli immigrati, quando non è così e qualsiasi prefetto lo può confermare; un clima in cui si parla di ‘invasione’, e se c’è un’invasione io non me ne sono accorto. C’è fatica, certo. Ma ci sono anche strumentalizzazioni sulla pelle della gente. C’è un clima velenoso che si va saldando, indipendentemente dalle sensibilità politiche, con un’insofferenza fondata sulle strumentalizzazioni. In questo quadro, con falsità che provengono da tutte le parti, il rapporto di Amnesty è sconcertante“.
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
Dramma nel Mediterraneo:
muoiono altri 239 immigrati
Mentre Bruxelles lesina i fondi per l'emergenza migranti, in mare si muore ancora. Due naufragi al largo della Libia
di Sergio Rame
11 minuti fa
muoiono altri 239 immigrati
Mentre Bruxelles lesina i fondi per l'emergenza migranti, in mare si muore ancora. Due naufragi al largo della Libia
di Sergio Rame
11 minuti fa
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
Gli altri gli affari propri se li sono fatti. E alcuni immigrati poi vanno a prendersela con l'Italia che già ha molti problemi. Ritengo che quelli che hanno devastato i luoghi in Sardegna debbano essere rimpatriati.
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
«Hanno ucciso per convincere i migranti a salire sui barconi»
Esitavano per le cattive condizioni del mare, i trafficanti hanno sparato a un uomo e li hanno costretti a imbarcarsi. Lo hanno raccontato i sopravvissuti della nuova strage — 249 morti — a Pietro Bartolo, medico di Lampedusa. La storia di Fatim Jawara, 19 anni, portiere della nazionale di calcio femminile del Gambia, annegata.
a pagina 6 di Alessandra Coppola e Mariolina Iossa
Esitavano per le cattive condizioni del mare, i trafficanti hanno sparato a un uomo e li hanno costretti a imbarcarsi. Lo hanno raccontato i sopravvissuti della nuova strage — 249 morti — a Pietro Bartolo, medico di Lampedusa. La storia di Fatim Jawara, 19 anni, portiere della nazionale di calcio femminile del Gambia, annegata.
a pagina 6 di Alessandra Coppola e Mariolina Iossa
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
UncleTom ha scritto:«Hanno ucciso per convincere i migranti a salire sui barconi»
Esitavano per le cattive condizioni del mare, i trafficanti hanno sparato a un uomo e li hanno costretti a imbarcarsi. Lo hanno raccontato i sopravvissuti della nuova strage — 249 morti — a Pietro Bartolo, medico di Lampedusa. La storia di Fatim Jawara, 19 anni, portiere della nazionale di calcio femminile del Gambia, annegata.
a pagina 6 di Alessandra Coppola e Mariolina Iossa
Nuova strage in mare, morti 249 migranti
I superstiti: costretti a imbarcarci, spari su chi rifiutava. Gabrielli e la Ue: false le accuse di Amnesty all’Italia
ROMA Ancora un naufragio con centinaia di vittime: due barconi provenienti dalla Libia sono affondati, l’ultimo bilancio parla di 249 migranti morti e 29 sopravvissuti, mentre altri 788 sono stati messi in salvo nel Mediterraneo centrale in sette diverse operazioni della Guardia costiera di Roma. Secondo i racconti fatti a Pietro Bartolo, il medico del film Fuocoammare, che ha parlato con il tg di Tv2000, «gli scafisti hanno sparato e ucciso un uomo per costringerlo a salire sul gommo
ne». E il capo dello Stato Sergio Mattarella parla di «emergenza non compresa appieno». Alle accuse di Amnesty International — che nel rapporto annuale denuncia maltrattamenti, pestaggi, umiliazioni sessuali e torture compiute contro gli stranieri negli hotspot italiani — risponde il capo della polizia Franco Gabrielli: «Smentisco l’uso di metodi violenti sui migranti, anche perché i nostri hotspot sono costantemente visitati da un team della Commissione euro
pea». Il ricercatore di Amnesty Matteo De Bellis insiste, dice che le «pressioni europee» spingerebbero l’Italia ad usare la «mano dura nei confronti dei rifugiati ed espellerli illegalmente», con lo scopo di «ridurre il movimento di migranti e rifugiati verso altri Stati membri». L’Ue però, chiamata in causa, interviene negando. «Alla Commissione — dice Natasha Bertaud, portavoce per l’Immigrazione — non risulta che negli hotspot italiani si siano verificati episodi di maltrattamenti e torture». Parole alle quali sono seguite quelle di Mario Morcone, capodipartimento Libertà civili e Immigrazione del ministero dell’Interno. «Scosse elettriche, torture? Sono tutte cretinate — ha detto Morcone —. Negli hotspot sono presenti organizzazioni di tutela come Unhcr e Oim. O entrambe sono distratte o Amnesty sta facendo un’operazione che cercheremo di capire». Mariolina Iossa © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
La storia
I Mondiali di calcio,
poi il gommone
L’ultimo viaggio
della giovane Fatim
MILANO Sarà ricordata per aver parato un rigore in un’epica benché amichevole partita contro le ragazze scozzesi di Glasgow, dice il presidente della Federazione Calcio del Gambia. Ma resterà pure impressa perché di volti come il suo ne affiorano pochi: Fatim Jawara, 19 anni, un talento da portiere, è annegata nel tentativo di raggiungere l’Europa — l’Italia — dalle coste della Libia. Nell’elenco di vittime, tante anonime e disperse, dei naufragi nel Mediterraneo, rimarrà l’immagine di una ragazzina magra, «tanto dolce», scrive il fratello su Facebook, «donna coraggiosa, la migliore», aggiungono gli amici; molto vivace a sfogliare le immagini. Spesso un cappellino da baseball in testa, in tenuta sportiva, in abiti africani rivisitati, da sola con una borsa che sembra un bauletto, in squadra a incoraggiare le compagne: «Ci sarà chi ci odia, ci saranno dubbi, ci sarà chi non ci crede e poi ci saremo noi, nobile famiglia delle Red Scorpions», la Nazionale di calcio femminile del Gambia. Fatim veniva da un villaggio della punta occidentale, Dippa Kunda, si era poi trasferita nella capitale, Banjul. E si era rivelata un portento calcistico, in particolare come estremo difensore, tanto da partire con il team under 17 per la Coppa del Mondo in Azerbaigian, nel 2012. «La ricorderemo per le sue grandi performance sul campo», dice anche l’allenatore di allora, Chorro Mbenga. «Abbiamo perso una atleta con molto talento — aggiunge la coordinatrice della nazionale femminile del Gambia, Siney Sissoko —: competitiva, sempre determinata a spingere verso la vittoria la sua squadra, molto gioviale e aperta».
788 Le persone messe in salvo ieri nel Mediterraneo centrale in 7 diverse operazioni della Guardia costiera
In versione elegante al matrimonio del fratello, quest’estate, con una donna americana. L’ultimo post è per condividere gli auguri agli sposi: «Meritate il meglio», 18 luglio 2016. Poi basta, è probabile che ssia dedicata ai preparativi di un viaggio complicato e rischioso. «Sperava di poter cominciare una carriera sportiva in Europa», spiegano dalla Federazione Calcio. In Gambia non era possibile? Probabilmente no. Non deve essere un Paese di grandi speranze se il 7% dei 159.469 migranti approdati in Italia quest’anno (dato aggiornato a ieri) viene da lì. La terza nazionalità dopo Nigeria ed Eritrea. Per gli organismi dei diritti umani un esodo così massiccio si deve anche a un clima particolarmente repressivo: «Il governo del presidente Yahya Jammeh, al potere dal colpo di Stato del 1994 — è scritto nell’ultimo rapporto di Human Rights Watch —, ha frequentemente commesso serie violazioni dei diritti umani, incluse detenzioni arbitrarie, sparizioni forzate, tortura degli oppositori». Come Fatim, tanti tra i ragazzi che sono partiti dal Gambia attraverso il deserto fino alle coste libiche non sono mai sbarcati. Il fratello su Facebook il 30 ottobre spiega che la sorella è scomparsa la settimana prima, di sabato. A consultare i dati raccolti dall’Unhcr sugli ultimi naufragi, sono annotati numerosi morti in quei giorni, le condizioni del mare devono essere state particolarmente cattive, oltre 20 vittime in quattro diversi episodi venerdì 21 ottobre. Alla data di sabato 22 ottobre sono registrati 30 dispersi «al largo della Libia». Di uno di questi si conosce ora il volto, il nome, una brevissima storia: Fatim Jawara. «Unitevi alla preghiera per la nostra sorellina», scrive il fratello, postando per ultima l’immagine di un funerale senza bara.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
I Mondiali di calcio,
poi il gommone
L’ultimo viaggio
della giovane Fatim
MILANO Sarà ricordata per aver parato un rigore in un’epica benché amichevole partita contro le ragazze scozzesi di Glasgow, dice il presidente della Federazione Calcio del Gambia. Ma resterà pure impressa perché di volti come il suo ne affiorano pochi: Fatim Jawara, 19 anni, un talento da portiere, è annegata nel tentativo di raggiungere l’Europa — l’Italia — dalle coste della Libia. Nell’elenco di vittime, tante anonime e disperse, dei naufragi nel Mediterraneo, rimarrà l’immagine di una ragazzina magra, «tanto dolce», scrive il fratello su Facebook, «donna coraggiosa, la migliore», aggiungono gli amici; molto vivace a sfogliare le immagini. Spesso un cappellino da baseball in testa, in tenuta sportiva, in abiti africani rivisitati, da sola con una borsa che sembra un bauletto, in squadra a incoraggiare le compagne: «Ci sarà chi ci odia, ci saranno dubbi, ci sarà chi non ci crede e poi ci saremo noi, nobile famiglia delle Red Scorpions», la Nazionale di calcio femminile del Gambia. Fatim veniva da un villaggio della punta occidentale, Dippa Kunda, si era poi trasferita nella capitale, Banjul. E si era rivelata un portento calcistico, in particolare come estremo difensore, tanto da partire con il team under 17 per la Coppa del Mondo in Azerbaigian, nel 2012. «La ricorderemo per le sue grandi performance sul campo», dice anche l’allenatore di allora, Chorro Mbenga. «Abbiamo perso una atleta con molto talento — aggiunge la coordinatrice della nazionale femminile del Gambia, Siney Sissoko —: competitiva, sempre determinata a spingere verso la vittoria la sua squadra, molto gioviale e aperta».
788 Le persone messe in salvo ieri nel Mediterraneo centrale in 7 diverse operazioni della Guardia costiera
In versione elegante al matrimonio del fratello, quest’estate, con una donna americana. L’ultimo post è per condividere gli auguri agli sposi: «Meritate il meglio», 18 luglio 2016. Poi basta, è probabile che ssia dedicata ai preparativi di un viaggio complicato e rischioso. «Sperava di poter cominciare una carriera sportiva in Europa», spiegano dalla Federazione Calcio. In Gambia non era possibile? Probabilmente no. Non deve essere un Paese di grandi speranze se il 7% dei 159.469 migranti approdati in Italia quest’anno (dato aggiornato a ieri) viene da lì. La terza nazionalità dopo Nigeria ed Eritrea. Per gli organismi dei diritti umani un esodo così massiccio si deve anche a un clima particolarmente repressivo: «Il governo del presidente Yahya Jammeh, al potere dal colpo di Stato del 1994 — è scritto nell’ultimo rapporto di Human Rights Watch —, ha frequentemente commesso serie violazioni dei diritti umani, incluse detenzioni arbitrarie, sparizioni forzate, tortura degli oppositori». Come Fatim, tanti tra i ragazzi che sono partiti dal Gambia attraverso il deserto fino alle coste libiche non sono mai sbarcati. Il fratello su Facebook il 30 ottobre spiega che la sorella è scomparsa la settimana prima, di sabato. A consultare i dati raccolti dall’Unhcr sugli ultimi naufragi, sono annotati numerosi morti in quei giorni, le condizioni del mare devono essere state particolarmente cattive, oltre 20 vittime in quattro diversi episodi venerdì 21 ottobre. Alla data di sabato 22 ottobre sono registrati 30 dispersi «al largo della Libia». Di uno di questi si conosce ora il volto, il nome, una brevissima storia: Fatim Jawara. «Unitevi alla preghiera per la nostra sorellina», scrive il fratello, postando per ultima l’immagine di un funerale senza bara.
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
NON CI SALVIAMO PIU'. HA RAGIONE FRANCESCO, SIAMO ALLA BANCAROTTA DELL'UMANITA'
Migranti, l'idea del ministro dell'Interno tedesco: "Riportiamoli in Africa"
Secondo il ministro dell'Interno tedesco, Thomas de Maiziere, la misura eviterebbe nuove sciagure in mare e stroncherebbe le organizzazioni di trafficanti di esseri umani
Raffaello Binelli - Dom, 06/11/2016 - 10:26
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Thomas de Maizière, ministro dell'Interno tedesco, lancia una proposta per fronteggiare l'emergenza migranti: "Quelli salvati nel Mediterraneo devono essere riportati in Africa".
Secondo il ministro questa misura stroncherebbe anche le organizzazioni di trafficanti di esseri umani. Immediata la protesta dell'opposizione, che grida allo scandalo e dice che in questo modo si nega il diritto d'asilo. De Maiziere però non ha alcuna esitazione: "Eliminare la prospettiva di raggiungere l'Europa potrebbe farli astenere dal rischiare la vita affrontando un viaggio pericoloso". Una volta riportati in Tunisia, Egitto o altri Paesi del Nord Africa (che ovviamente dovrebbero collaborare con le istituzioni Ue) i migranti potrebbero avanzare le loro richieste d'asilo che, se accettate, consentirebbero loro di raggiungere l'Europa in modo sicuro.
In Germania arrivi in calo nel 2016
Le autorità tedesche hanno calcolato che fino alla fine dell'anno arriveranno in Germania meno di 300mila migranti a fronte degli 890mila (soprattutto profughi siriani) registrati nel 2015. Lo ha rivelano l'ufficio federale per le migrazioni e i richiedenti asilo (Bamf), precisando che questa stima si avvererà solo se la Turchia rispetterà l'accordo siglato con l'Unione europea sul flusso di migranti in arrivo e se gli accordi con Grecia e Italia funzioneranno in modo soddisfacente. "In questo caso ci manterremo molto sotto i 300mila arrivi", ha spiegato Frank-Jürgen Weise, massimo responsabile del Bamf, dichiarando che il suo ufficio ha personale sufficiente per gestire queste cifra nonostante manchino esperti per rilevare passaporti falsi.
Il mese scorso il ministro dell'Interno tedesco aveva annunciato che la cifra di richiedenti asilo in Germania nei primi nove mese del 2016 era ferma a quota 213mila. A fronte della diminuizione di arrivi, il governo intende quindi ridurre a 450 milioni di euro i fondi messi a bilancio per il 2017 destinati all'accoglienza dei rifugiati, secondo quanto ha rivelato Der Spiegel. In totale, per il 2017 sono stanziati circa 22 miliardi di euro per la gestione dei migranti.
La protesta dell'ultradestra
Sabato a Berlino alcuni gruppi di estrema destra si sono radunati sotto lo slogan "Merkel se ne deve andare". In piazza c'erano circa 500 persone. Separati dalle forze dell'ordine un gran numero di contro-manifestanti. Iniziato un'ora dopo il previsto, il corteo è partito dalla piazza di fronte alla stazione centrale fino ad Alexanderplatz, passando attraverso il quartiere governativo. Secondo quanto riporta il quotidiano Der Tagesspiegel, tra i partecipanti si contavano molti oppositori della politica di accoglienza dei migranti attuata dal governo di Angela Merkel, simpatizzanti del movimento islamofobo Pegida e del movimento di ultradestra "Reichsbürger" (Cittadini del Reich), e difensori dell'identità nazionale.
Migranti, l'idea del ministro dell'Interno tedesco: "Riportiamoli in Africa"
Secondo il ministro dell'Interno tedesco, Thomas de Maiziere, la misura eviterebbe nuove sciagure in mare e stroncherebbe le organizzazioni di trafficanti di esseri umani
Raffaello Binelli - Dom, 06/11/2016 - 10:26
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Thomas de Maizière, ministro dell'Interno tedesco, lancia una proposta per fronteggiare l'emergenza migranti: "Quelli salvati nel Mediterraneo devono essere riportati in Africa".
Secondo il ministro questa misura stroncherebbe anche le organizzazioni di trafficanti di esseri umani. Immediata la protesta dell'opposizione, che grida allo scandalo e dice che in questo modo si nega il diritto d'asilo. De Maiziere però non ha alcuna esitazione: "Eliminare la prospettiva di raggiungere l'Europa potrebbe farli astenere dal rischiare la vita affrontando un viaggio pericoloso". Una volta riportati in Tunisia, Egitto o altri Paesi del Nord Africa (che ovviamente dovrebbero collaborare con le istituzioni Ue) i migranti potrebbero avanzare le loro richieste d'asilo che, se accettate, consentirebbero loro di raggiungere l'Europa in modo sicuro.
In Germania arrivi in calo nel 2016
Le autorità tedesche hanno calcolato che fino alla fine dell'anno arriveranno in Germania meno di 300mila migranti a fronte degli 890mila (soprattutto profughi siriani) registrati nel 2015. Lo ha rivelano l'ufficio federale per le migrazioni e i richiedenti asilo (Bamf), precisando che questa stima si avvererà solo se la Turchia rispetterà l'accordo siglato con l'Unione europea sul flusso di migranti in arrivo e se gli accordi con Grecia e Italia funzioneranno in modo soddisfacente. "In questo caso ci manterremo molto sotto i 300mila arrivi", ha spiegato Frank-Jürgen Weise, massimo responsabile del Bamf, dichiarando che il suo ufficio ha personale sufficiente per gestire queste cifra nonostante manchino esperti per rilevare passaporti falsi.
Il mese scorso il ministro dell'Interno tedesco aveva annunciato che la cifra di richiedenti asilo in Germania nei primi nove mese del 2016 era ferma a quota 213mila. A fronte della diminuizione di arrivi, il governo intende quindi ridurre a 450 milioni di euro i fondi messi a bilancio per il 2017 destinati all'accoglienza dei rifugiati, secondo quanto ha rivelato Der Spiegel. In totale, per il 2017 sono stanziati circa 22 miliardi di euro per la gestione dei migranti.
La protesta dell'ultradestra
Sabato a Berlino alcuni gruppi di estrema destra si sono radunati sotto lo slogan "Merkel se ne deve andare". In piazza c'erano circa 500 persone. Separati dalle forze dell'ordine un gran numero di contro-manifestanti. Iniziato un'ora dopo il previsto, il corteo è partito dalla piazza di fronte alla stazione centrale fino ad Alexanderplatz, passando attraverso il quartiere governativo. Secondo quanto riporta il quotidiano Der Tagesspiegel, tra i partecipanti si contavano molti oppositori della politica di accoglienza dei migranti attuata dal governo di Angela Merkel, simpatizzanti del movimento islamofobo Pegida e del movimento di ultradestra "Reichsbürger" (Cittadini del Reich), e difensori dell'identità nazionale.
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
LIBRE news
Apocalisse: in arrivo oltre 300 milioni di rifugiati climatici
Scritto il 18/11/16 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
«Se pensate che i migranti di oggi siano un problema, non avete ancora visto nulla. E questo lo dico con un rispetto angosciante per le stragi nel Mediterraneo», afferma Paolo Barnard. «Vi sembrano troppi 1 milione di arrivi via mare in Europa nel 2015? Ce ne sono 300 milioni in India che prima o poi partiranno. Dieci milioni in Bangladesh, come minimo. E in Africa del nord e Sahel le stime sono talmente alte che gli esperti non sanno quantificarle oggi». E cosa spingerà questo tsunami di migranti inimmaginabile verso di noi? La guerra? «No, è la causa secondaria», come la povertà? Il vero motivo – che porta con sé guerra e fame – è un altro: il cambiamento climatico. «E’ provato oltre ogni dubbio», scrive Barnard sul suo blog. «Basta sfogliare le relazioni presentate all’Accordo di Parigi sul Clima nel dicembre 2015, e i dati sono tutti lì. E sono orrore liquido». Perfino in Siria, il “climate change” viene prima – molto prima – del conflitto, come causa di esodo. E’ «il vero inizio della crisi demografica» in quel matoriato paese. Crisi climatica, innanzitutto, «che poi ha alzato le tensioni per sfociare in guerra».Dal 2006 al 2011, racconta Barnard, una siccità senza precedenti nella storia del paese (mai visto un fenomeno così, dicono gli esperti di clima) spinse 2 milioni di contadini verso le città per non morire di fame. «Assad non seppe gestire la crisi, e le tensioni esplosero in conflitti armati locali, per poi essere dirottati nella guerra civile. Il clima, altro che Isis». Ma la vera emergenza riguarda «il resto della marea umana» prossimamente in partenza verso di noi, a causa dell’impazzimento del clima. «I 300 milioni di indiani in movimento fuggono dalla mancanza di acqua, è stato detto a Parigi, perché i ghiacciai dell’Himalaya si stanno riducendo». Dal Bangladesh «fuggono dall’allagamento di milioni di ettari delle loro coste alla velocità del lampo». E gli africani «dalle siccità, o straripamenti, o proliferazione di parassiti fuori controllo, oppure ondate di calore impossibili, che distruggono le fonti di cibo e acqua: “climate change”, ancora».All’allarme «immane», stavolta, «ci sono arrivati anche i cosiddetti ‘cattivi’ cioè il Pentagono e il Dipartimento della Difesa americana». Documenti ufficiali: il Pentagono ha definito il cambiamento climatico «un moltiplicatore di rischio globale», additandolo come la vera causa di «guerre per l’acqua, che spediranno oceani di migranti verso nord». In un summit svoltosi a fine agosto in Alaska, continua Barnard, John Kerry è stato esplicito: «L’effetto serra ha creato una bomba demografica chiamata “rifugiati del clima». E ha aggiunto: «Voi per caso pensate che quello che vedete oggi sia un problema europeo causato dall’estremismo? Non avete ancora visto nulla, aspettate quando mancherà l’acqua, il cibo, e i popoli si faranno guerre per questo». Quindi, conclude Barnard, centinaia di milioni di persone ci arriveranno addosso per sfuggire alle “guerre da effetto serra”, «quelle per accaparrarsi un pezzo di fiume rimasto, una montagna dove ancora cresce da mangiare». Per Francesco Femia, del Centre for Climate and Security di Washington, «affrontare questa catastrofe alla radice non significa fermare le guerre, ma fermarle prima che scoppino, e questo significa affrontare l’effetto serra».
Apocalisse: in arrivo oltre 300 milioni di rifugiati climatici
Scritto il 18/11/16 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
«Se pensate che i migranti di oggi siano un problema, non avete ancora visto nulla. E questo lo dico con un rispetto angosciante per le stragi nel Mediterraneo», afferma Paolo Barnard. «Vi sembrano troppi 1 milione di arrivi via mare in Europa nel 2015? Ce ne sono 300 milioni in India che prima o poi partiranno. Dieci milioni in Bangladesh, come minimo. E in Africa del nord e Sahel le stime sono talmente alte che gli esperti non sanno quantificarle oggi». E cosa spingerà questo tsunami di migranti inimmaginabile verso di noi? La guerra? «No, è la causa secondaria», come la povertà? Il vero motivo – che porta con sé guerra e fame – è un altro: il cambiamento climatico. «E’ provato oltre ogni dubbio», scrive Barnard sul suo blog. «Basta sfogliare le relazioni presentate all’Accordo di Parigi sul Clima nel dicembre 2015, e i dati sono tutti lì. E sono orrore liquido». Perfino in Siria, il “climate change” viene prima – molto prima – del conflitto, come causa di esodo. E’ «il vero inizio della crisi demografica» in quel matoriato paese. Crisi climatica, innanzitutto, «che poi ha alzato le tensioni per sfociare in guerra».Dal 2006 al 2011, racconta Barnard, una siccità senza precedenti nella storia del paese (mai visto un fenomeno così, dicono gli esperti di clima) spinse 2 milioni di contadini verso le città per non morire di fame. «Assad non seppe gestire la crisi, e le tensioni esplosero in conflitti armati locali, per poi essere dirottati nella guerra civile. Il clima, altro che Isis». Ma la vera emergenza riguarda «il resto della marea umana» prossimamente in partenza verso di noi, a causa dell’impazzimento del clima. «I 300 milioni di indiani in movimento fuggono dalla mancanza di acqua, è stato detto a Parigi, perché i ghiacciai dell’Himalaya si stanno riducendo». Dal Bangladesh «fuggono dall’allagamento di milioni di ettari delle loro coste alla velocità del lampo». E gli africani «dalle siccità, o straripamenti, o proliferazione di parassiti fuori controllo, oppure ondate di calore impossibili, che distruggono le fonti di cibo e acqua: “climate change”, ancora».All’allarme «immane», stavolta, «ci sono arrivati anche i cosiddetti ‘cattivi’ cioè il Pentagono e il Dipartimento della Difesa americana». Documenti ufficiali: il Pentagono ha definito il cambiamento climatico «un moltiplicatore di rischio globale», additandolo come la vera causa di «guerre per l’acqua, che spediranno oceani di migranti verso nord». In un summit svoltosi a fine agosto in Alaska, continua Barnard, John Kerry è stato esplicito: «L’effetto serra ha creato una bomba demografica chiamata “rifugiati del clima». E ha aggiunto: «Voi per caso pensate che quello che vedete oggi sia un problema europeo causato dall’estremismo? Non avete ancora visto nulla, aspettate quando mancherà l’acqua, il cibo, e i popoli si faranno guerre per questo». Quindi, conclude Barnard, centinaia di milioni di persone ci arriveranno addosso per sfuggire alle “guerre da effetto serra”, «quelle per accaparrarsi un pezzo di fiume rimasto, una montagna dove ancora cresce da mangiare». Per Francesco Femia, del Centre for Climate and Security di Washington, «affrontare questa catastrofe alla radice non significa fermare le guerre, ma fermarle prima che scoppino, e questo significa affrontare l’effetto serra».
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
E' ACCETTABILE SUPPORRE CHE A "IL GIORNALE", SIANO COSI'
SPROVVEDUTI DA NON SAPERE CHI MANOVRA LA JIHAD??????????
5 ore fa
Quei "martiri" cristiani morti
per fermare la jihad in Siria
Fulvio Scaglione
SPROVVEDUTI DA NON SAPERE CHI MANOVRA LA JIHAD??????????
5 ore fa
Quei "martiri" cristiani morti
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Fulvio Scaglione
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Re: Immigrazione-La piaga del nuovo millennio.Quale soluzion
UncleTom ha scritto:E' ACCETTABILE SUPPORRE CHE A "IL GIORNALE", SIANO COSI'
SPROVVEDUTI DA NON SAPERE CHI MANOVRA LA JIHAD??????????
5 ore fa
Quei "martiri" cristiani morti
per fermare la jihad in Siria
Fulvio Scaglione
Quei “martiri” cristiani morti per Assad
Gen 6, 2017
Fulvio Scaglione
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Damasco, 6 gennaio 2017. Verso Aleppo col buio non si va, troppi predoni e tipi armati in giro per le strade e i villaggi. Il minimo che si rischia è una rapina. Tappa quindi a Damasco e una notte nel quartiere cristiano di Bab Tuma (la Porta di Tommaso). Stessi luoghi di un anno fa. Ma bastano poche ore e pochi incontri per capire che l’atmosfera non è più la stessa.
Certo, controlli e posti di blocco sono frequenti e accurati come allora. Ma i soldati vanno a caccia di kamikaze. Nella versione cintura esplosiva, quindi braccia in alto e lasciarsi palpare i fianchi. O in quella auto imbottita di tritolo, cosicché ai posti di blocco, prima ancora che tu ti sia avvicinato per farti ispezionare il bagagliaio, i militari premono a ripetizione uno strano aggeggio che lancia impulsi elettronici, in modo che se proprio tu devi esplodere lo faccia da lontano. Non è allegro, ovvio, ma non è nemmeno la sequela di domande, svuotamenti di tasche e lunghissime file che ricordavo.
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Allo stesso modo, gli antichi resti della Porta sono coperti dalle immagini dei “martiri”, ovvero i giovani (e sui muri di Bab Tuma sono quasi tutti cristiani) che sono morti per combattere i jihadisti e i ribelli e per difendere, misteriosamente secondo i criteri di giudizio di moti in Occidente, il potere di Bashar al-Assad. Ma ad Abbassiyeen,nella grande piazza che ospita lo stadio, sono sparite le barricate che dividevano la città libera dai quartieri occupati dagli uomini di Al Nusra, che di notte uscivano da tunnel e cantine e cominciavano a tirare dove capitava missili e razzi. Anche in questo caso: non è una pacchia, i colpi sono continuati a cadere (in novembre un mortaio ha colpito, qui nel quartiere, anche la cupola della chiesa dei francescani), ma nulla che somigli a ciò che era la norma un anno fa.
È chiaro, insomma, che la riconquista di Aleppo ha segnato una svolta anche nello spirito dei siriani. Di tutti i siriani. I “lealisti” hanno visto svanire, dopo cinque anni, lo spettro del crollo totale. I ribelli e i terroristi, al contrario, hanno visto svanire la prospettiva della vittoria e fanno i primi conti con quello di una bruciante sconfitta.
La gente di Damasco un anno fa ripeteva senza sosta, quasi a esorcizzarle, storie di infinite crudeltà commesse dai jihadisti. Oggi allo stesso modo, ma con soddiafazione, racconta aneddoti che suggeriscono la rotta possibile dei miliziani: il cassiere di Al Nusra che è scappato coi soldi destinati alla guerra (900 mila dollari? Forse addirittura 9 milioni?), ribelli e jihadisti di Idlib che hanno pareri diversi sulla guerra e si sparano tra loro, i soldati di Erdogan che tirano sugli islamisti…
Poi, per non sperare troppo, i damasceni recuperano il realismo. Ricordano che i quartieri di Jobar e Harista sono ancora occupati dai miliziani, che la guerra non è finita, che la ricostruzione sarà faticosa e lunghissima. E così dicendo, ovviamente, tornano a sperare a il ciclo ricomincia.
È come se l’intera Damasco avesse in gola un enorme sospiro di sollievo e lo trattenesse per non volersi illudere. Ma l’antichissimo suq è un po’ più animato, a Bab Touma c’è qualche ristorante nuovo e la sera, anche nel buio provocato da un attentato dell’Isis alla centrale elettrica vicina a Palmira, si sente qualche giovane che ride.
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