referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
Referendum, incognita rinvio
Ma così l'Italia può esplodere
Il ricorso di alcuni comitati del No può far slittare il voto Un assist a Renzi che ora spera nel rinvio e un regalo ai grillini
di Augusto Minzolini
1 ora fa
Ma così l'Italia può esplodere
Il ricorso di alcuni comitati del No può far slittare il voto Un assist a Renzi che ora spera nel rinvio e un regalo ai grillini
di Augusto Minzolini
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
UncleTom ha scritto:Referendum, incognita rinvio
Ma così l'Italia può esplodere
Il ricorso di alcuni comitati del No può far slittare il voto Un assist a Renzi che ora spera nel rinvio e un regalo ai grillini
di Augusto Minzolini
1 ora fa
Il referendum rischia di saltare
Il ricorso di alcuni comitati del No può far slittare il voto Un assist a Renzi che ora spera nel rinvio e un regalo ai grillini
Augusto Minzolini - Mer, 02/11/2016 - 14:14
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Caro direttore,
la chiamano «eterogenesi dei fini», cioè lo strano meccanismo per cui - secondo il dizionario di filosofia Treccani - «le azioni umane possono produrre fini diversi da quelli che sono perseguiti dal soggetto che compie l'azione».
Le cronache della politica italiana sono ricche di questi paradossi: Bettino Craxi, ad esempio, non andò ad elezioni anticipate nel 1991 con l'obiettivo, dopo la caduta del muro di Berlino, di inglobare gli ex Pci nel Psi, ma, invece, in quel lasso di tempo scoppiò Tangentopoli e i socialisti scomparvero dallo scenario politico, mentre gli ex comunisti andarono al governo; o ancora, Giorgio Napolitano ebbe la geniale idea, si fa per dire, di non aprire la strada alle elezioni anticipate nel 2011 e di dare vita al governo Monti per combattere l'antipolitica, col risultato che i grillini passarono in un anno - secondo i sondaggi - dall'8 al 25%. Come si vede «gli astuti piani» che poi si tramutano in catastrofi per i loro autori, nascono sempre dall'allergia che l'establishment politico italiano nutre verso le urne, si tratti di elezioni politiche o referendum.
Il referendum sulla riforma Costituzionale del governo Renzi non fa eccezione. Anzi. Qui «l'eterogenesi dei fini» coinvolge i piani di un vasta platea di persone, tutte intente a perseguire degli obiettivi ben precisi, ignare del rischio che i risultati potrebbero essere ben altri, se non addirittura opposti, rispetto ai loro desideri. Prendiamo il ricorso dell'ex presidente della Consulta, Valerio Onida, e della costituzionalista Barbara Randazzo, contro il quesito referendario, su cui il Tribunale civile di Milano si è riservato di decidere. La coppia di costituzionalisti, legati da affetto e stima reciproca, è decisamente schierata sul No alla riforma Renzi. Le ragioni che sono alla base del ricorso non fanno una piega: il quesito ammesso dalla Corte di cassazione ai primi del mese di agosto, infatti, non sta né in cielo, né in terra e infrange tutti i crismi costituzionali. «Se ci aggiungiamo poi il fatto - ironizza l'ex ministro della difesa, Mario Mauro - che una settimana fa tutti i presidenti dell'Alta corte hanno ricevuto dal governo la proroga per andare in pensione un anno dopo, viene quasi da ridere». Ma a parte ciò, l'iniziativa dei due esponenti del fronte del No rischia di trasformarsi in una ciambella di salvataggio per Renzi e lo schieramento del Sì, in grandi ambasce nei sondaggi. «Quel genio di Onida - osserva ruvido Maurizio Gasparri - rischia di fare la frittata e, visto che è schierato per il No, mi appare anche un po' masochista». Il motivo è semplice: se il Tribunale di Milano decidesse di rinviare alla Consulta la decisione sul ricorso Onida, il referendum potrebbe essere posticipato al prossimo anno; o, ancora, il quesito referendario spacchettato in più quesiti. Ipotesi estremamente nefaste per gli oppositori alla riforma Renzi e che, invece, renderebbero felice l'establishment istituzionale del Paese.
Eh già, perché gli inquilini dei piani alti del Palazzo (presidenti ed ex presidenti) farebbero i salti di gioia se il fatidico giudizio di Dio del 4 dicembre fosse rinviato. O se il referendum fosse declinato in tante domande, evitando il fatidico Sì o No, che presuppone un vincitore e uno sconfitto. L'establishment istituzionale, per sua natura, preferisce il grigio, al bianco o al nero. Ecco perché è molto probabile che l'attuale inquilino del Colle, Sergio Mattarella, sogni, in cuor suo, un rinvio, magari per rendere meno drammatica la campagna referendaria. Certo non si espone visto che il presidente non ha il carattere «interventista» del suo predecessore. Ma che questa sia l'aria che tira al Quirinale non ci sono dubbi: lo dimostra il fatto che Pierluigi Castagnetti, esponente del Pd e grande amico del capo dello Stato, abbia teorizzato il rinvio con una motivazione, che pure ha le sue ragioni, cioè la difficoltà di tenere il referendum nelle aree terremotate. Un'opinione che è condivisa da tutto l'establishment istituzionale, basta guardare alle mosse del presidente emerito: Giorgio Napolitano, infatti, da una decina di giorni si è eclissato dalla campagna referendaria ed è tornato a cimentarsi nelle alchimie di Palazzo. Segue, soprattutto, con attenzione le vicende del ricorso di Onida e le sue conseguenze. «I due ora sono in buoni rapporti», confida Paolo Naccarato, grande conoscitore dei corridoi della politica più nascosti. E qualcuno comincia a pensare che l'iniziativa di Onida, al di là delle intenzioni del suo autore, sia diventata uno strumento dei disegni dell'ex capo dello Stato. «Il sospetto ce l'ho - osserva Mario Mauro, calato nei panni della sentinella del fronte del No -. Se conosco Onida si è mosso avendo già la sentenza del tribunale in mano. E, diciamocelo francamente, il rinvio del referendum o lo spacchettamento dei quesiti vanno sulla linea di Napolitano, che punta a disinnescare gli effetti politici del referendum».
Appunto, la strategia dell'establishment istituzionale è quella di disinnescare gli effetti politici dell'appuntamento del 4 dicembre, in sintesi di trovare una via d'uscita al bambinone Renzi, che con il suo vizio di rilanciare sempre, si è ficcato in un cul de sac. Ma anche qui l'eterogenesi dei fini potrebbe provocare conseguenze ben più disastrose per il Paese che non il semplice svolgimento del referendum. Il premier, che sicuramente ha più fiuto nel comprendere gli umori dell'opinione pubblica rispetto agli altri inquilini del Palazzo, ha già rifiutato l'ipotesi di un rinvio. Almeno a parole. Non bisogna essere degli esperti di psicologia delle masse, infatti, per sapere che non puoi privare un Paese a cui hai imposto un premier non eletto, una modifica della Costituzione che non prevede l'elezione dei senatori e un Parlamento giudicato dalla Consulta incostituzionale, di dire la sua su una riforma di cui si parla da due anni e su cui si sta svolgendo da sei mesi una campagna referendaria estremamente dura. Sarebbe uno scippo dalle conseguenze imprevedibili. Una forzatura, più o meno camuffata, che il governo e la sua maggioranza pagherebbero caro alle prossime elezioni politiche: per salvaguardarsi nel presente, rischiamo di ipotecare il futuro. «Questi sono pazzi - sbotta Renato Brunetta -: se compiono un errore del genere regalano il Paese ai populisti». «È gente che continua a giocare con il fuoco - sono le parole che qualcuno ha sentito uscire dalla bocca di Massimo D'Alema -. Porteranno i grillini al 51%». Più che affermazioni polemiche, sono analisi realistiche, sensate.
Anche perché questo Paese, che ne ha viste di tutti i colori, non si merita il déjà vu di vedere affidato il proprio futuro politico nelle mani del solito tribunale di Milano.
COMMENTI
allàAlbàr.
Mer, 02/11/2016 - 14:34
BASTA PDUISTI al sgooverno, BASTA PORCATE
cgf
Mer, 02/11/2016 - 14:40
più il tempo passa e più la gente si stanca e 'loro' saranno sempre più ad esser condannati all'oblio dei dimenticati... mica spereranno di okkupare nuove poltrone? chi garantirà mai per loro?
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
Referendum, No in vantaggio
E torna il ricatto dello spread
Milano -2,5% e spread ai massimi dal dopo Brexit. FI: "Non sia usato come ricatto". Lega: "Temono il volere del popolo"
di Sergio Rame
44 minuti fa
Referendum, il No in vantaggio. E lo spread torna a mordere l'Italia
Piazza Affari perde il 2,51%. Il "termometro spread" vola ai massimi dal dopo Brexit, poi recupera. Forza Italia: "Non sia usato come ricatto". E la Lega: "Temono il volere del popolo"
Sergio Rame - Mer, 02/11/2016 - 18:07
commenta
Sul referendum si addensa un nuovo incubo. È lo spread che rialza la testa e torna a minacciare l'Italia.
Dal 2011 ad oggi: ecco quanto costa indebitarci
"Il referendum aggiunge rischi alle incertezze"
Nuovo incubo alle urne: lo spread rialza la testa
Dopo il balzo in avanti di ieri, che aveva visto il differenziale col Bund tedesco chiudere in forte rialzo a 158 punti base, lo spread sui Btp decennali è tornato a salire questa mattina, in apertura di contrattazioni arrivando a toccare i 162 punti base. Un picco che va ben oltre i livelli raggiunti nel dopo Brexit, quando arrivò a un massimo di 160 punti. A pesare è l'incertezza sull'esito del referendum del 4 dicembre dove i sondaggisti danno in netto vantaggio il "no".
Lo spread torna a mordere l'Italia. La Borsa di Milano registra una seduta in forte calo con il Ftse Mib che perde il 2,51% e l'All Share che scende del 2,41%. Il prossimo mese rischia di essere un periodo di passione per i mercati. Agli speculatori sembra non piacere l'eventualità che negli Stati Uniti possa vincere davvero Donald Trump e che in Italia Matteo Renzi prenda una sonora scoppola al referendum sulle riforme costituzionali. Così hanno risfoderato l'arma dello spread. Si riaffaccia per l'Italia lo stesso scenario del 2011 quando i mercati internazionali hanno spianato la strada a Mario Monti che, grazie all'aiuto dell'allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e della cancelliera Angela Merkel, è riuscito a prendere il posto di Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi.
Già ieri sera il Btp a dieci anni aveva segnato i massimi da febbraio scorso. Oggi ha sfondato quella soglia psicologica che aveva toccato dopo che il Regno Unito aveva votato l'uscita dall'Unione europea. E così, mentre gli italiani si avvicinano al referendum sulle riforme costituzionali volute da Renzi, gli speculatori allungano la mano sull'Italia. E scommettono contro. Il rendimento del decennale è così schizzato all'1,74%, mentre il differenziale tra Bonos e titoli di stato tedeschi si è attestato a 116 punti con un tasso dell'1,29%. "Già una volta, purtroppo, si è usato lo spread come arma politica impropria per far cadere nel 2011 l'ultimo governo democraticamente eletto dai cittadini - commenta Deborah Bergamini, responsabile Comunicazione di Forza Italia - non vorremmo che ora lo si usasse come ricatto per tentare di far rimanere in sella un governo non eletto da nessuno". Secondo Roberto Calderoli, vice presidente del Senato, la finanza e gli speculatori "temono il volere del popolo". E, guarda caso, "con il No dato in vantaggio in ogni sondaggio sincero, ecco che lo spread casualmente torna ad impennarsi".
E torna il ricatto dello spread
Milano -2,5% e spread ai massimi dal dopo Brexit. FI: "Non sia usato come ricatto". Lega: "Temono il volere del popolo"
di Sergio Rame
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Referendum, il No in vantaggio. E lo spread torna a mordere l'Italia
Piazza Affari perde il 2,51%. Il "termometro spread" vola ai massimi dal dopo Brexit, poi recupera. Forza Italia: "Non sia usato come ricatto". E la Lega: "Temono il volere del popolo"
Sergio Rame - Mer, 02/11/2016 - 18:07
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Sul referendum si addensa un nuovo incubo. È lo spread che rialza la testa e torna a minacciare l'Italia.
Dal 2011 ad oggi: ecco quanto costa indebitarci
"Il referendum aggiunge rischi alle incertezze"
Nuovo incubo alle urne: lo spread rialza la testa
Dopo il balzo in avanti di ieri, che aveva visto il differenziale col Bund tedesco chiudere in forte rialzo a 158 punti base, lo spread sui Btp decennali è tornato a salire questa mattina, in apertura di contrattazioni arrivando a toccare i 162 punti base. Un picco che va ben oltre i livelli raggiunti nel dopo Brexit, quando arrivò a un massimo di 160 punti. A pesare è l'incertezza sull'esito del referendum del 4 dicembre dove i sondaggisti danno in netto vantaggio il "no".
Lo spread torna a mordere l'Italia. La Borsa di Milano registra una seduta in forte calo con il Ftse Mib che perde il 2,51% e l'All Share che scende del 2,41%. Il prossimo mese rischia di essere un periodo di passione per i mercati. Agli speculatori sembra non piacere l'eventualità che negli Stati Uniti possa vincere davvero Donald Trump e che in Italia Matteo Renzi prenda una sonora scoppola al referendum sulle riforme costituzionali. Così hanno risfoderato l'arma dello spread. Si riaffaccia per l'Italia lo stesso scenario del 2011 quando i mercati internazionali hanno spianato la strada a Mario Monti che, grazie all'aiuto dell'allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e della cancelliera Angela Merkel, è riuscito a prendere il posto di Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi.
Già ieri sera il Btp a dieci anni aveva segnato i massimi da febbraio scorso. Oggi ha sfondato quella soglia psicologica che aveva toccato dopo che il Regno Unito aveva votato l'uscita dall'Unione europea. E così, mentre gli italiani si avvicinano al referendum sulle riforme costituzionali volute da Renzi, gli speculatori allungano la mano sull'Italia. E scommettono contro. Il rendimento del decennale è così schizzato all'1,74%, mentre il differenziale tra Bonos e titoli di stato tedeschi si è attestato a 116 punti con un tasso dell'1,29%. "Già una volta, purtroppo, si è usato lo spread come arma politica impropria per far cadere nel 2011 l'ultimo governo democraticamente eletto dai cittadini - commenta Deborah Bergamini, responsabile Comunicazione di Forza Italia - non vorremmo che ora lo si usasse come ricatto per tentare di far rimanere in sella un governo non eletto da nessuno". Secondo Roberto Calderoli, vice presidente del Senato, la finanza e gli speculatori "temono il volere del popolo". E, guarda caso, "con il No dato in vantaggio in ogni sondaggio sincero, ecco che lo spread casualmente torna ad impennarsi".
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
I POTERI MARCI DELL'ALTRA PARTE DELL'ATLANTICO E I LORO PUPAZZI EUROPEI, HANNO GETTATO LA MASCHERA
LIBRE news
Ue, ricatto Italia: se vince il No torna l’agguato dello spread
Scritto il 03/11/16 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
Ci sono due modi per commentare la lettera della Commissione europea con cui si fanno le pulci alla manovra italiana, finalmente arrivata al Tesoro. Sorridere, perché è davvero singolare che un’istituzione così importante perda il tempo col calcolo dei decimali nella legge di bilancio, quando in mare muoiono centinaia di persone, l’Italia ne accoglie 153.000 da inizio anno e altri paesi, a partire dall’Ungheria, meriterebbero molto più di una tirata d’orecchie perché di questi disperati non ne vuole vedere l’ombra. Oppure preoccuparsi. Di fronte al dramma della giungla di Calais sgombrata, ai quotidiani morti nel “Mare Mostrum”, al veto della minuscola Vallonia a un accordo internazionale, Bruxelles si sarebbe premurata di comunicare solo il 5 dicembre la sua risoluzione sulla legge di bilancio da 27 miliardi, non certo in odore di santità e perfettibile quanto si voglia. La tempestività o meno di una comunicazione comunque così rilevante può avere effetti nefasti sui mercati finanziari, che già hanno cerchiato di rosso il primo lunedì dell’ultimo mese del 2016, perché quel giorno sarà noto il risultato del referendum costituzionale.Ci mancava anche la solita pagella comunitaria. Difficile che quella sarà una giornata tranquilla, a prescindere dal contenuto della stessa comunicazione, già ampiamente anticipata peraltro da fonti di vario genere: si preannuncia un giorno del giudizio, per giunta probabilmente negativo. Gli economisti le chiamano profezie auto-avveranti e di precedenti analoghi ce ne sono. Possibile che nessuno ricordi infatti lo smottamento che provocò la diffusione, nell’agosto del 2011, di un’altra lettera, quella della Bce e della Banca d’Italia al governo Berlusconi, in cui di fatto si annunciava la fine degli acquisti dei titoli di stato se non si fosse messo mano ad un decreto legge lacrime e sangue? Con quella disclosure improvvisa sui diktat dei banchieri centrali – spedita anche a Madrid ma in questo caso rimasta riservata – si posero le basi per la tirannia dello spread, che poco dopo sarebbe arrivato a 575 punti base rispetto ai bund tedeschi, comportando un traumatico cambio di esecutivo.È di qualche giorno fa la decisione dell’agenzia di rating Fitch di mantenere a livello quasi spazzatura il voto sull’Italia, Bbb+, con prospettive, guarda caso, non più stabili ma negative, nel mentre la Francia, che è già da anni in procedura d’infrazione per disavanzo eccessivo e lotta contro un debito in crescita, ha mantenuto la sua doppia A. Un divario enorme ed ingiustificato. Se non fosse per il paracadute della Bce, che col suo Quantitative Easing mette al riparo dalla speculazione i titoli di Stato del Belpaese, ci sarebbe da allacciare le cinture, perché annunciare il verdetto Ue per il 5 dicembre è un po’ come aver dato appuntamento a tutti gli hedge fund del mondo.(Roberto Sommella, “La Commissione dà appuntamento agli speculatori il 5 dicembre”, dall’“Huffington Post” del 5 dicembre 2016).
LIBRE news
Ue, ricatto Italia: se vince il No torna l’agguato dello spread
Scritto il 03/11/16 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
Ci sono due modi per commentare la lettera della Commissione europea con cui si fanno le pulci alla manovra italiana, finalmente arrivata al Tesoro. Sorridere, perché è davvero singolare che un’istituzione così importante perda il tempo col calcolo dei decimali nella legge di bilancio, quando in mare muoiono centinaia di persone, l’Italia ne accoglie 153.000 da inizio anno e altri paesi, a partire dall’Ungheria, meriterebbero molto più di una tirata d’orecchie perché di questi disperati non ne vuole vedere l’ombra. Oppure preoccuparsi. Di fronte al dramma della giungla di Calais sgombrata, ai quotidiani morti nel “Mare Mostrum”, al veto della minuscola Vallonia a un accordo internazionale, Bruxelles si sarebbe premurata di comunicare solo il 5 dicembre la sua risoluzione sulla legge di bilancio da 27 miliardi, non certo in odore di santità e perfettibile quanto si voglia. La tempestività o meno di una comunicazione comunque così rilevante può avere effetti nefasti sui mercati finanziari, che già hanno cerchiato di rosso il primo lunedì dell’ultimo mese del 2016, perché quel giorno sarà noto il risultato del referendum costituzionale.Ci mancava anche la solita pagella comunitaria. Difficile che quella sarà una giornata tranquilla, a prescindere dal contenuto della stessa comunicazione, già ampiamente anticipata peraltro da fonti di vario genere: si preannuncia un giorno del giudizio, per giunta probabilmente negativo. Gli economisti le chiamano profezie auto-avveranti e di precedenti analoghi ce ne sono. Possibile che nessuno ricordi infatti lo smottamento che provocò la diffusione, nell’agosto del 2011, di un’altra lettera, quella della Bce e della Banca d’Italia al governo Berlusconi, in cui di fatto si annunciava la fine degli acquisti dei titoli di stato se non si fosse messo mano ad un decreto legge lacrime e sangue? Con quella disclosure improvvisa sui diktat dei banchieri centrali – spedita anche a Madrid ma in questo caso rimasta riservata – si posero le basi per la tirannia dello spread, che poco dopo sarebbe arrivato a 575 punti base rispetto ai bund tedeschi, comportando un traumatico cambio di esecutivo.È di qualche giorno fa la decisione dell’agenzia di rating Fitch di mantenere a livello quasi spazzatura il voto sull’Italia, Bbb+, con prospettive, guarda caso, non più stabili ma negative, nel mentre la Francia, che è già da anni in procedura d’infrazione per disavanzo eccessivo e lotta contro un debito in crescita, ha mantenuto la sua doppia A. Un divario enorme ed ingiustificato. Se non fosse per il paracadute della Bce, che col suo Quantitative Easing mette al riparo dalla speculazione i titoli di Stato del Belpaese, ci sarebbe da allacciare le cinture, perché annunciare il verdetto Ue per il 5 dicembre è un po’ come aver dato appuntamento a tutti gli hedge fund del mondo.(Roberto Sommella, “La Commissione dà appuntamento agli speculatori il 5 dicembre”, dall’“Huffington Post” del 5 dicembre 2016).
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
IL REGIME NEL PAESE DEL BUNGA-BUNGA
CARTE BOLLATE
La sentenza sul ricorso slitta:
il referendum non può saltare
Il Tribunale di Milano: “Decisione non prima di dieci giorni”. Il voto del 4 dicembre è blindato
Gianni BARBABACETTO
Nella mattinata di ieri, l’ex presidente della Camera Luciano Violante dichiara ai microfoni di Radio Anch’io , Radio1 Rai, che è in arrivo la decisione del giudice civile che potrebbe far slittare la data del referendum sulla riforma costituzionale: “Credo che oggi pomeriggio uscirà la sentenza del Tribunale di Milano sul ricorso di Onida”. Poco dopo, al Tribunale di Milano annunciano invece ufficialmente che no, ilgiudice non deciderà “prima di dieci giorni”. La decisione è quella sul ricorso presentato dall’ex presidente della Corte costituzionale Valerio Onida, il quale contesta che il referendum possa mettere tante materie diverse sotto un unico quesito a cui rispondere con un sì o un no: perché così l’elettore si trova a dover decidere su “un interopacchetto, senzapoter valutare le sue diverse componenti”.
LA QUESTIONE è arrivata sul tavolo della giudice Loreta Dorigo che l’ha discussa lo scorso 27 ottobre. Da allora, ogni giorno potrebbe essere buono per il deposito della decisione. I cronistidel palazzo di giustizia di Milano si sono dunque messi in paziente attesa. Mercoledì 2 novembre hanno chiesto direttamente alla giudice quando avrebbe deciso, senzaottenere alcuna indicazione, neppure generica. Ieri, giovedì 3 novembre, hanno atteso eventuali notizie nel corridoio fuori dalla stanza dove Dorigo lavora. È la stampa bellezza. Stupita di trovare i giornalisti davanti alla sua porta, la giudice ha scambiato qualche battuta con loro, sostenendo che la loro attesa fosse del tutto inutile. I cronisti hanno risposto che attendere le notizie è il loro lavoro. Intanto a dar man forte a Dorigo arrivava la presidente della sezione del tribunale civile in cui la giudice lavora, Paola Maria Gandolfi, che ha pregato di non assediare l’ufficio e di lasciare in pace la magistrata, che deve deciderecon serenitàe senzasubire pressioni esterne.
I GIORNALISTIsi spostavano di qualche metro, cambiando panca su cui attendere le notizie. Allora la presidente Gandolfi convocava i cronisti nel suo ufficio, dove comunicava che comunque la decisione sarebbe stata assuntada Dorigo in piena autonomia, ma certamente “non prima di una decina di giorni”. Secosìsarà,il deposito non avverrà prima della settimana del 14 novembre. Veramente tardi per fermare la macchina del voto, previsto per il 4 dicembre. Anche perché il voto per corrispondenza degliitaliani all’estero comincia proprio il 14 novembre. “Né il giudice civile di Milano, né la Corte costituzionale potranno sospendere il referendum”, sostiene il professor Alessandro Pace, presidente del comitato del No. Il giudice civile, infatti, ha davanti a sé tre possibilità: respingere il ricorso Onida per ragioni procedurali; respin
gerlo per ragioni di merito; oppure accoglierlo, mandando la questione alla Corte costituzionale, come chiestoda Onida.Sesarà sceltaquestaterza via,però,la Consultaavràbisogno di tempo per affrontare la questione e comunque non potrà nel frattempo sospendere il referendum.“Dovrà procedere conl’iter normalecon cui affronta le questioni che le sono sottoposte”, sostiene Pace. “Non ci sono strumenti per bloccare il voto. Anche nel caso, improbabile, che il tribunale accolga il ricorso e lo mandi alla Consulta, poi il giudizio della Corte costituzionale potrà arrivare soltanto tra un anno o un anno e mezzo. Nel frattempo avremo già votato”.A questo punto, aggiunge Pace, “po trebbe essere eventualmente il governo a sospendere la consultazione referendaria, per dare alla Corte la possibilità di dec id e r e”. La sospensione avverrebbeper effettodi unadecisione politica.
IN SO MM A, un gomitolo aggrovigliato di sottili ragioni giuridiche e più concreti interessi politici potrebbe infine veder prevalere le ragioni politiche, che potrebbero diventare determinanti: se è difficile o addirittura impossibile la sospensione del referendum per motivi giuridici, il presidente del Consiglio Matteo Renzi, il suo governo e il fronte del sì
potrebbero però cogliere l’oc casione per rimandare un voto annunciato come una loro possibile sconfitta. C’è un secondoricorso, quellopresentatoal TardelLazio. Iltribunale amministrativo è stato investito della questione se sia legittima l’indizione del referendum, stante appunto la varietà delle questioni a cui rispondere con un unico sì o no. Anche in questocaso, dice Pace, “dubito che l’i ndizione di un referendum sia un atto amministrativo impugnabile. Più facile considerarla un legittimo atto di governo, non impugnabile davanti a un tribunale amministrativo. In ogni caso, la decisione del Tar dovrebbe poi passare al vaglio del Consiglio di Stato, con tempi lunghi”. Èdunque davvero improbabile che, a un mese dal referendum, si possa bloccare il voto con una sentenza. Lo conferma anche Violante, che scarta pure la sospensione causa terremoto: “L’ipotesi del rinvio è stata caricata di tanti aspetti strumentali che alla fine la cosa migliore è votare”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
CARTE BOLLATE
La sentenza sul ricorso slitta:
il referendum non può saltare
Il Tribunale di Milano: “Decisione non prima di dieci giorni”. Il voto del 4 dicembre è blindato
Gianni BARBABACETTO
Nella mattinata di ieri, l’ex presidente della Camera Luciano Violante dichiara ai microfoni di Radio Anch’io , Radio1 Rai, che è in arrivo la decisione del giudice civile che potrebbe far slittare la data del referendum sulla riforma costituzionale: “Credo che oggi pomeriggio uscirà la sentenza del Tribunale di Milano sul ricorso di Onida”. Poco dopo, al Tribunale di Milano annunciano invece ufficialmente che no, ilgiudice non deciderà “prima di dieci giorni”. La decisione è quella sul ricorso presentato dall’ex presidente della Corte costituzionale Valerio Onida, il quale contesta che il referendum possa mettere tante materie diverse sotto un unico quesito a cui rispondere con un sì o un no: perché così l’elettore si trova a dover decidere su “un interopacchetto, senzapoter valutare le sue diverse componenti”.
LA QUESTIONE è arrivata sul tavolo della giudice Loreta Dorigo che l’ha discussa lo scorso 27 ottobre. Da allora, ogni giorno potrebbe essere buono per il deposito della decisione. I cronistidel palazzo di giustizia di Milano si sono dunque messi in paziente attesa. Mercoledì 2 novembre hanno chiesto direttamente alla giudice quando avrebbe deciso, senzaottenere alcuna indicazione, neppure generica. Ieri, giovedì 3 novembre, hanno atteso eventuali notizie nel corridoio fuori dalla stanza dove Dorigo lavora. È la stampa bellezza. Stupita di trovare i giornalisti davanti alla sua porta, la giudice ha scambiato qualche battuta con loro, sostenendo che la loro attesa fosse del tutto inutile. I cronisti hanno risposto che attendere le notizie è il loro lavoro. Intanto a dar man forte a Dorigo arrivava la presidente della sezione del tribunale civile in cui la giudice lavora, Paola Maria Gandolfi, che ha pregato di non assediare l’ufficio e di lasciare in pace la magistrata, che deve deciderecon serenitàe senzasubire pressioni esterne.
I GIORNALISTIsi spostavano di qualche metro, cambiando panca su cui attendere le notizie. Allora la presidente Gandolfi convocava i cronisti nel suo ufficio, dove comunicava che comunque la decisione sarebbe stata assuntada Dorigo in piena autonomia, ma certamente “non prima di una decina di giorni”. Secosìsarà,il deposito non avverrà prima della settimana del 14 novembre. Veramente tardi per fermare la macchina del voto, previsto per il 4 dicembre. Anche perché il voto per corrispondenza degliitaliani all’estero comincia proprio il 14 novembre. “Né il giudice civile di Milano, né la Corte costituzionale potranno sospendere il referendum”, sostiene il professor Alessandro Pace, presidente del comitato del No. Il giudice civile, infatti, ha davanti a sé tre possibilità: respingere il ricorso Onida per ragioni procedurali; respin
gerlo per ragioni di merito; oppure accoglierlo, mandando la questione alla Corte costituzionale, come chiestoda Onida.Sesarà sceltaquestaterza via,però,la Consultaavràbisogno di tempo per affrontare la questione e comunque non potrà nel frattempo sospendere il referendum.“Dovrà procedere conl’iter normalecon cui affronta le questioni che le sono sottoposte”, sostiene Pace. “Non ci sono strumenti per bloccare il voto. Anche nel caso, improbabile, che il tribunale accolga il ricorso e lo mandi alla Consulta, poi il giudizio della Corte costituzionale potrà arrivare soltanto tra un anno o un anno e mezzo. Nel frattempo avremo già votato”.A questo punto, aggiunge Pace, “po trebbe essere eventualmente il governo a sospendere la consultazione referendaria, per dare alla Corte la possibilità di dec id e r e”. La sospensione avverrebbeper effettodi unadecisione politica.
IN SO MM A, un gomitolo aggrovigliato di sottili ragioni giuridiche e più concreti interessi politici potrebbe infine veder prevalere le ragioni politiche, che potrebbero diventare determinanti: se è difficile o addirittura impossibile la sospensione del referendum per motivi giuridici, il presidente del Consiglio Matteo Renzi, il suo governo e il fronte del sì
potrebbero però cogliere l’oc casione per rimandare un voto annunciato come una loro possibile sconfitta. C’è un secondoricorso, quellopresentatoal TardelLazio. Iltribunale amministrativo è stato investito della questione se sia legittima l’indizione del referendum, stante appunto la varietà delle questioni a cui rispondere con un unico sì o no. Anche in questocaso, dice Pace, “dubito che l’i ndizione di un referendum sia un atto amministrativo impugnabile. Più facile considerarla un legittimo atto di governo, non impugnabile davanti a un tribunale amministrativo. In ogni caso, la decisione del Tar dovrebbe poi passare al vaglio del Consiglio di Stato, con tempi lunghi”. Èdunque davvero improbabile che, a un mese dal referendum, si possa bloccare il voto con una sentenza. Lo conferma anche Violante, che scarta pure la sospensione causa terremoto: “L’ipotesi del rinvio è stata caricata di tanti aspetti strumentali che alla fine la cosa migliore è votare”.
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
Referendum, Mattarella: "Il rinvio è un'ipotesi chiusa"
Dal Colle emerge il fastidio di Mattarella per il tentativo di Renzi e Alfano di voler rinviare il referendum. "Adesso è un'ipotesi chiusa"
Sergio Rame - Ven, 04/11/2016 - 10:29
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Tutto è iniziato con Pierluigi Castagnetti, l'ex piddì molto vicino a Sergio Mattarella.
Poi, mandato avanti dallo stesso Matteo Renzi, il ministro dell'Interno Angelino Alfano ha provato a sondare le opposizioni per capire se ci fosse margine di trattativa per spostare il referendum sulle riforme costituzionali. I due hanno raccolto solo "no" creando non pochi mal di pancia anche tra gli italiani. Un pasticcio, quello di Renzi, che ha obbligato il capo dello Stato a intervenire per sanare la ferita.
Secondo quanto trapela da Repubblica, Mattarella non avrebb mai pensato a posticipare il referendum costituzionale previsto per il prossimo 4 dicembre. Tanto che dal Quirinale lo staff del presidente della Repubblica fa trapelare "stupore", "sorpresa" e "scetticismo". Ormai manca un mese all'appuntamento che tutti i partiti considerano cruciale per il futuro dell'Italia e del governo Renzi. Un voto che potrebbe mettere una pietra sopra sulla riforma che, a colpi di fiducia, ha cambiato in modo pesante la Carta costituzionale e sulla stessa leadership di Renzi. Sebbene il premier abbia più volte detto che non intende legare la propria permanenza a Palazzo Chigi al risultato del referendum, le opposizioni sono pronte a chiedere la sua testa n caso di vittoria del "no". E, stando a tutti i sondaggisti d'Italia, il fronte del "no" è nettamente in vantaggio.
L'eco di queste tensioni sarebbe arrivato fino al Colle. Negli ultimi giorni Mattarella si sarebbe, infatti, sentito chiamare in causa "ingiustificatamente". Come spiegano gli esponenti dell'esecutivo e i parlamentari che ieri lo hanno ascoltato e che hanno riferito di queste chiacchierate a Repubblica, il capo dello Stato avrebbe assistito con "stupore" al tentativo di "tirargli la giacca" da una parte e dall'altra. "Il presidente - ci tengono a far sapere dal Quirinale - non ha mai pensato e nessuno gli ha mai parlato dell'ipotesi di far slittare la consultazione referendaria". Non solo. "L'idea di spostare la data del voto non ha mai varcato il portone del Quirinale - spiegano ancora a Repubblica - il confronto non ha superato i confini dei partiti e dei giornali. Senza alcun tipo di profilo formale e istituzionale".
Dal Colle emerge il fastidio di Mattarella per il tentativo di Renzi e Alfano di voler rinviare il referendum. "Adesso è un'ipotesi chiusa"
Sergio Rame - Ven, 04/11/2016 - 10:29
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Tutto è iniziato con Pierluigi Castagnetti, l'ex piddì molto vicino a Sergio Mattarella.
Poi, mandato avanti dallo stesso Matteo Renzi, il ministro dell'Interno Angelino Alfano ha provato a sondare le opposizioni per capire se ci fosse margine di trattativa per spostare il referendum sulle riforme costituzionali. I due hanno raccolto solo "no" creando non pochi mal di pancia anche tra gli italiani. Un pasticcio, quello di Renzi, che ha obbligato il capo dello Stato a intervenire per sanare la ferita.
Secondo quanto trapela da Repubblica, Mattarella non avrebb mai pensato a posticipare il referendum costituzionale previsto per il prossimo 4 dicembre. Tanto che dal Quirinale lo staff del presidente della Repubblica fa trapelare "stupore", "sorpresa" e "scetticismo". Ormai manca un mese all'appuntamento che tutti i partiti considerano cruciale per il futuro dell'Italia e del governo Renzi. Un voto che potrebbe mettere una pietra sopra sulla riforma che, a colpi di fiducia, ha cambiato in modo pesante la Carta costituzionale e sulla stessa leadership di Renzi. Sebbene il premier abbia più volte detto che non intende legare la propria permanenza a Palazzo Chigi al risultato del referendum, le opposizioni sono pronte a chiedere la sua testa n caso di vittoria del "no". E, stando a tutti i sondaggisti d'Italia, il fronte del "no" è nettamente in vantaggio.
L'eco di queste tensioni sarebbe arrivato fino al Colle. Negli ultimi giorni Mattarella si sarebbe, infatti, sentito chiamare in causa "ingiustificatamente". Come spiegano gli esponenti dell'esecutivo e i parlamentari che ieri lo hanno ascoltato e che hanno riferito di queste chiacchierate a Repubblica, il capo dello Stato avrebbe assistito con "stupore" al tentativo di "tirargli la giacca" da una parte e dall'altra. "Il presidente - ci tengono a far sapere dal Quirinale - non ha mai pensato e nessuno gli ha mai parlato dell'ipotesi di far slittare la consultazione referendaria". Non solo. "L'idea di spostare la data del voto non ha mai varcato il portone del Quirinale - spiegano ancora a Repubblica - il confronto non ha superato i confini dei partiti e dei giornali. Senza alcun tipo di profilo formale e istituzionale".
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
..ANCHE ALLO SCIALBO ED INCONSISTENTE PADOAN, PREME LA POLTRONA...
A CHI LA POLTRONA?............A NOI.....
Padoan usa lo spread per spingere il "Sì"
Ora pure il governo si gioca la carta dello spread in vista del refrendum del prossimo 4 dicembre
Luca Romano - Ven, 04/11/2016 - 16:06
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Adesso anche il governo si gioca la carta dello spread in vista del refrendum del prossimo 4 dicembre.
Di fatto il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan mette in chiaro un aspetto: "Lo spread italiano in questi anni e sicuramente negli ultimi mesi è andato scendendo. Io ho valutato la discesa dello spread come apprezzamento della politica economica, se questa tendenza viene invertita vuol dire che ci sono timori che questa azione si interrompa", ha affermato Padoan. Insomma per via xx settembre se dovesse prevalere il No con un probabile passo indietro del premier potrebbe esserci una turbolenza sui mercati dettata da un aumento dello spread.
Intanto il governo è sempre alle prese con la manovra e con un braccio di ferro con i sindacati. La legge non convince la Cgil. Il sindacato di corso d'Italia ha affermato che la legge di bilancio non corrisponde "affatto all'urgenza e alle necessità della condizione sociale del Paese". "Non serve a rimettere in moto il Paese, a ridurre le diseguaglianze che sono fortemente aumentate e a ricreare occupazione giovanile e femminile soprattutto nel Mezzogiorno", ha aggiunto il segretario Confederale Danilo Barbi. Per Confindustria, la manovra "tecnicamente non è espansiva", ma fornisce "impulso alla crescita". Il direttore generale di viale dell'Astronomia, Marcella Panucci, ha criticato le misure sulla spending review, definendole "complessivamente poche incisive".
A CHI LA POLTRONA?............A NOI.....
Padoan usa lo spread per spingere il "Sì"
Ora pure il governo si gioca la carta dello spread in vista del refrendum del prossimo 4 dicembre
Luca Romano - Ven, 04/11/2016 - 16:06
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Adesso anche il governo si gioca la carta dello spread in vista del refrendum del prossimo 4 dicembre.
Di fatto il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan mette in chiaro un aspetto: "Lo spread italiano in questi anni e sicuramente negli ultimi mesi è andato scendendo. Io ho valutato la discesa dello spread come apprezzamento della politica economica, se questa tendenza viene invertita vuol dire che ci sono timori che questa azione si interrompa", ha affermato Padoan. Insomma per via xx settembre se dovesse prevalere il No con un probabile passo indietro del premier potrebbe esserci una turbolenza sui mercati dettata da un aumento dello spread.
Intanto il governo è sempre alle prese con la manovra e con un braccio di ferro con i sindacati. La legge non convince la Cgil. Il sindacato di corso d'Italia ha affermato che la legge di bilancio non corrisponde "affatto all'urgenza e alle necessità della condizione sociale del Paese". "Non serve a rimettere in moto il Paese, a ridurre le diseguaglianze che sono fortemente aumentate e a ricreare occupazione giovanile e femminile soprattutto nel Mezzogiorno", ha aggiunto il segretario Confederale Danilo Barbi. Per Confindustria, la manovra "tecnicamente non è espansiva", ma fornisce "impulso alla crescita". Il direttore generale di viale dell'Astronomia, Marcella Panucci, ha criticato le misure sulla spending review, definendole "complessivamente poche incisive".
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
A prevalere e a imporsi è stata l’immagine di un capocorrente con il fiato corto “tradito” da una costosa campagna mediatica affidata invano a un guru della comunicazione,......
QUANDO PIOVONO I VAFFANGURU
REFERENDUM COSTITUZIONALE
Referendum costituzionale 2016, Renzi punta di nuovo sulla strategia della paura: ‘Dopo di me il diluvio’
di Daniela Gaudenzi | 8 novembre 2016
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Daniela Gaudenzi
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Il livello della campagna referendaria era già sceso molto in basso, ma il “derby tra speranza e cinismo, proposta e rabbia”, lo slogan-clou di una Leopolda tutta incentrata sugli attacchi personalizzati ai “nemici” arroccati sul No per “interessi di bottega”, sostiene il premier, ci ha avvicinato allo squallore del duello presidenziale americano.
Anche “il derby”, definizione che fa il paio con la “duplicazione dell’assemblea condominiale” usata da Renzi per spiegare “i guasti del bicameralismo” e gli sfottò rabbiosi all’indirizzo di tutti i malvagi esterni e, più ancora, interni al partito che sta smantellando, hanno dato la misura precisa sia della natura della seconda Leopolda di governo sia della qualità degli argomenti a sostegno della riforma Boschi-Verdini.
A prevalere e a imporsi è stata l’immagine di un capocorrente con il fiato corto “tradito” da una costosa campagna mediatica affidata invano a un guru della comunicazione, piuttosto che quella di un segretario e tantomeno di un premier.
A segnare, se possibile, in modo ancora più negativo l’ultimo tratto di strada che ci separa dal voto del 4 dicembre è stata l’ansia vendicativa contro i dissidenti, più o meno coerenti, da parte di un segretario che ha considerato da sempre il suo partito come un’appendice del suo potere personale e di un presidente del consiglio mai eletto e forse anche per questo in campagna elettorale permanente che vuole rilanciarsi come frontman assoluto del Sì, a qualunque costo.
Il prezzo da pagare sul fronte interno che Renzi ha messo in conto e probabilmente gli deve sembrare vantaggioso è l’uscita dal partito, che secondo Bersani “si regge su due gambe, arroganza e sudditanza” e dove non esiste più “cultura politica”, di quella minoranza che è rimasta coerente almeno nell’ultimo miglio e che come aveva annunciato si spenderà per il No in mancanza di un’iniziativa concreta per modificare l’Italicum, visto che ritiene la bozza uscita dalla commissione più o meno “una presa in giro”.
Ma al di là delle beghe interne al Pd arrivate forse a un punto di non ritorno, delle accuse reciproche che contengono anche parziali nuclei di verità, e del Sì o No da parte della minoranza ad una riforma costituzionale pessima in funzione di “modifiche” a una cattiva legge elettorale è bene cercare di avere abbastanza chiaro quello che ci aspetta nelle ultime settimane prima del voto.
I toni e le anticipazioni della Leopolda lasciano pensare che sarà lo spettro del “governicchio tecnichicchio” evocato in chiusura da Renzi a imperversare e cioè lo pseudo argomento apocalittico che dovrebbe inchiodare anche l’elettore più riluttante al Sì. Per il semplice motivo che “senza le riforme”, cioè le sue riforme, votate certo dal parlamento come si affannano a ricordarci tutti i conduttori, ed è scontato visto che è il potere cui spetta la funzione legislativa, anche se grazie ai colpi di fiducia, ai canguri vari o in aule semivuote, “l’Italia è finita”.
E così dopo “il mea culpa” sulla personalizzazione, la volontà di entrare nel “merito” possibilmente con politici di lunghissimo corso, i “segnali concreti” della finanziaria e l’attivismo sull’emergenza sisma che non hanno dato gli effetti sperati, ecco il ritorno alla strategia dell’alternativa obbligata: o me o la rovina, anzi peggio, un Monti 2.
QUANDO PIOVONO I VAFFANGURU
REFERENDUM COSTITUZIONALE
Referendum costituzionale 2016, Renzi punta di nuovo sulla strategia della paura: ‘Dopo di me il diluvio’
di Daniela Gaudenzi | 8 novembre 2016
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Il livello della campagna referendaria era già sceso molto in basso, ma il “derby tra speranza e cinismo, proposta e rabbia”, lo slogan-clou di una Leopolda tutta incentrata sugli attacchi personalizzati ai “nemici” arroccati sul No per “interessi di bottega”, sostiene il premier, ci ha avvicinato allo squallore del duello presidenziale americano.
Anche “il derby”, definizione che fa il paio con la “duplicazione dell’assemblea condominiale” usata da Renzi per spiegare “i guasti del bicameralismo” e gli sfottò rabbiosi all’indirizzo di tutti i malvagi esterni e, più ancora, interni al partito che sta smantellando, hanno dato la misura precisa sia della natura della seconda Leopolda di governo sia della qualità degli argomenti a sostegno della riforma Boschi-Verdini.
A prevalere e a imporsi è stata l’immagine di un capocorrente con il fiato corto “tradito” da una costosa campagna mediatica affidata invano a un guru della comunicazione, piuttosto che quella di un segretario e tantomeno di un premier.
A segnare, se possibile, in modo ancora più negativo l’ultimo tratto di strada che ci separa dal voto del 4 dicembre è stata l’ansia vendicativa contro i dissidenti, più o meno coerenti, da parte di un segretario che ha considerato da sempre il suo partito come un’appendice del suo potere personale e di un presidente del consiglio mai eletto e forse anche per questo in campagna elettorale permanente che vuole rilanciarsi come frontman assoluto del Sì, a qualunque costo.
Il prezzo da pagare sul fronte interno che Renzi ha messo in conto e probabilmente gli deve sembrare vantaggioso è l’uscita dal partito, che secondo Bersani “si regge su due gambe, arroganza e sudditanza” e dove non esiste più “cultura politica”, di quella minoranza che è rimasta coerente almeno nell’ultimo miglio e che come aveva annunciato si spenderà per il No in mancanza di un’iniziativa concreta per modificare l’Italicum, visto che ritiene la bozza uscita dalla commissione più o meno “una presa in giro”.
Ma al di là delle beghe interne al Pd arrivate forse a un punto di non ritorno, delle accuse reciproche che contengono anche parziali nuclei di verità, e del Sì o No da parte della minoranza ad una riforma costituzionale pessima in funzione di “modifiche” a una cattiva legge elettorale è bene cercare di avere abbastanza chiaro quello che ci aspetta nelle ultime settimane prima del voto.
I toni e le anticipazioni della Leopolda lasciano pensare che sarà lo spettro del “governicchio tecnichicchio” evocato in chiusura da Renzi a imperversare e cioè lo pseudo argomento apocalittico che dovrebbe inchiodare anche l’elettore più riluttante al Sì. Per il semplice motivo che “senza le riforme”, cioè le sue riforme, votate certo dal parlamento come si affannano a ricordarci tutti i conduttori, ed è scontato visto che è il potere cui spetta la funzione legislativa, anche se grazie ai colpi di fiducia, ai canguri vari o in aule semivuote, “l’Italia è finita”.
E così dopo “il mea culpa” sulla personalizzazione, la volontà di entrare nel “merito” possibilmente con politici di lunghissimo corso, i “segnali concreti” della finanziaria e l’attivismo sull’emergenza sisma che non hanno dato gli effetti sperati, ecco il ritorno alla strategia dell’alternativa obbligata: o me o la rovina, anzi peggio, un Monti 2.
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Re: referendum costituzionale 2016 -SE VINCE IL NO
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Manico di scopa • 13 minuti fa
"DOPO DI ME IL DILUVIO"
Speriamo almeno l'acqua porta via un po di sterco politicante
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AireFrito • 23 minuti fa
Preferisco morire annegato.....Io voto NO, NO e NO...
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Enrico Cairo • 26 minuti fa
mah... a memoria mia, Renzi ha sempre utilizzato la tecnica di urlare al disastro cosmico
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freeman • 32 minuti fa
Dopo di lui il diluvio?
No.
Al contrario, sparito lui, tornerà la speranza.
L'Italia ha bisogno di ben altri leaders, il Bullo ha fatto solo danni.
Ha totalmente fallito in economia, incrementando tasse e miseria.
Dove ha messo le mani, ha peggiorato, vedasi scuola, job's act, etc.
Non pago dei suoi fallimenti, ha creato profonde, laceranti divisioni
tra gli italiani e tra i partiti.
Il Bullo è divenuto inviso a tutti, salvo quelli della sua setta toscana
ed i piddini renziani a prescindere.
Macerie dappertutto, insomma.
Uno cosí, prima sparisce dalla politica, meglio è !
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Manico di scopa • 13 minuti fa
"DOPO DI ME IL DILUVIO"
Speriamo almeno l'acqua porta via un po di sterco politicante
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AireFrito • 23 minuti fa
Preferisco morire annegato.....Io voto NO, NO e NO...
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Enrico Cairo • 26 minuti fa
mah... a memoria mia, Renzi ha sempre utilizzato la tecnica di urlare al disastro cosmico
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freeman • 32 minuti fa
Dopo di lui il diluvio?
No.
Al contrario, sparito lui, tornerà la speranza.
L'Italia ha bisogno di ben altri leaders, il Bullo ha fatto solo danni.
Ha totalmente fallito in economia, incrementando tasse e miseria.
Dove ha messo le mani, ha peggiorato, vedasi scuola, job's act, etc.
Non pago dei suoi fallimenti, ha creato profonde, laceranti divisioni
tra gli italiani e tra i partiti.
Il Bullo è divenuto inviso a tutti, salvo quelli della sua setta toscana
ed i piddini renziani a prescindere.
Macerie dappertutto, insomma.
Uno cosí, prima sparisce dalla politica, meglio è !
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