Diario della caduta di un regime.

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...CENT CO, CENT CRAP...

LA STRANEZZA DEGLI ESSERI UMANI.



Referendum, Salvini: "Stranezze voto estero, governo chiarisca"
Matteo Salvini torna a parlare di "altissimo rischio brogli" nel voto degli italiani all’estero per il Referendum costituzionale


Luca Romano - Ven, 18/11/2016 - 17:29
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Matteo Salvini torna a parlare di "altissimo rischio brogli" nel voto degli italiani all’estero per il Referendum costituzionale.


"Stanno succedendo troppe cose strane", ha affermato a ’Radio Padania, in collegamento telefonico da Mosca. "C’è qualcosa che non torna: il governo faccia chiarezza", ha aggiunto, annunciando che la Lega Nord farà "un’interrogazione al ministero degli Esteri".

Il leader del Carroccio ha sostenuto che, su "circa 50 persone" presenti all’incontro con la comunità italiana a Mosca, "c’erano nella sala almeno una quindicina che non hanno ricevuto le tessere elettorali". "Ci sono segnalazioni che mi arrivano da tutto il mondo", ha aggiunto Salvini, "schede che appaiono, schede che scompaiono". Poi il leader del Carroccio incontrando un gruppo di italiani a Mosca per la campagna per il No ha affermato: "L’Unione europea è un Unione Sovietica in peggio e, prima sarà smontata, meglio sarà per noi tutti". "L'Unione europea", ha sostenuto il segretario federale del Carroccio, "è causa dei tre quarti dei nostri problemi".
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LA FINE DELLA SECONDA REPUBBLICA


18 NOV 2016 18:42
SALVATE IL SOLDATO PADOAN DALLE FIGURE DI MERDA

- DOPO CHE SALVINI GLI CHIEDE QUANTO COSTA UN LITRO DI LATTE (E IL PROF FA SCENA MUTA) OGGI PROVA A FARE LO SPIRITOSO: ''I TAGLI FISCALI SONO AMMONTATI A 15 MILIARDI DI LITRI DI LATTE''

- VIDEO



di Michelangelo Borrillo per il Corriere della Sera

Adesso il ministro dell’Economia sa quanto costa un litro di latte: circa 1,5 euro. E dopo che nei giorni scorsi il leader della Lega Matteo Salvini lo aveva incalzato su questo tema, mettendolo in difficoltà, il ministro ha quantificato il taglio delle tasse proprio in litri di latte: «Facciamo due conti — ha twittato — i #tagli permanenti di #tasse dal 2014 ammontano a 23,5 miliardi di euro. Come 15 miliardi di #latte».

Nel tweet Padoan posta anche la fotografia di una bottiglia da un litro di latte spiegando nel dettaglio le voci del taglio delle tasse. Si tratta di una riduzione di 9,2 miliardi per quanto riguarda il bonus Irpef, di 5,6 miliardi per quanto riguarda l’Irap lavoro; di 3,6 miliardi per quanto riguarda l’Ires e l’ammortamento; di un taglio di 4,1 miliardi per Tasi e Imu imbullonati e di una riduzione di un miliardo per l’agricoltura.


LA POLEMICA A «PORTA A PORTA»


Quanto costa un litro di latte, un litro di benzina o la retta dell’asilo nido? Questo era stato il test a cui Salvini aveva sottoposto Padoan nel corso del confronto sul referendum a «Porta a Porta».

Esame cui il ministro non ha saputo rispondere, limitandosi, aprendo una cartella che teneva in mano, a dire che avrebbe dovuto chiedere alla moglie perché «da quando faccio questo mestiere non vado più a fare la spesa».


Immediata, e ironica, la risposta di Salvini che ha osservato come il ministro «deve sfogliare le tabelle per sapere quanto costa il latte. Come fa — ha aggiunto il segretario della Lega — a gestire l’economia del Paese se deve guardare le tabelle per saperlo?». Alle domande di Salvini aveva invece risposto il ministro Maria Elena Boschi, soccorrendo il collega: «Il latte costa 1,30 o 1,60, a seconda se sia fresco o a lunga conservazione». Adesso — merito della Boschi o della moglie — lo sa anche Padoan.

VIDEO:
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 136118.htm
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LA FINE DELLA SECONDA REPUBBLICA



Gli italiani alla canna del gas:
ora svendono anche la casa

Sempre più italiani in bolletta ricorrono al meccanismo della "nuda proprietà": il record nel Veneto e in Liguria

di Fabrizio Boschi
39 minuti fa
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Gli italiani alla canna del gas:
ora svendono anche la casa

Sempre più italiani in bolletta ricorrono al meccanismo della "nuda proprietà": il record nel Veneto e in Liguria

di Fabrizio Boschi
39 minuti fa



Gli italiani alla canna del gas: ora svendono anche la casa
Sempre più italiani in bolletta ricorrono al meccanismo della "nuda proprietà": il record nel Veneto e in Liguria


Fabrizio Boschi - Ven, 18/11/2016 - 21:11
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Milano - Malgrado gli spot elettorali del premier, e le sue ipocrite iniezioni di ottimismo, la povertà in Italia continua a dilagare.


Cinque milioni di poveri, un decimo della popolazione. Basta mettersi una mattina davanti alla Caritas e osservare la fila che si allunga per avere un pasto, andare alla stazione a vedere in quanti ricevono il pacco con i generi alimentari e cercano un posto dove dormire. Non solo stranieri.

Ma c'è anche chi, pur avendo un tetto sopra la testa, fa fatica a mettere insieme il pranzo con la cena. Anzi, sceglie per necessità di effettuare un solo pasto al giorno. E a farne le spese sono soprattutto gli anziani. Sono questi, sempre più spesso, che ricorrono al meccanismo della «nuda proprietà», specchio di un pezzo della società italiana. Questo sistema consente ai proprietari di una casa di avere liquidità immediata derivante dalla cessione del proprio immobile, pur continuando a vivere nel loro appartamento per il resto della propria vita. Ciò consente a chi vuole investire nel «mattone», a volte anche ricchi speculatori, di acquistare immobili a prezzi inferiori a quelli di mercato, che vanno in rapporto all'età del venditore. Se il venditore ha tra i 45 e i 50 anni, lo sconto rispetto al valore di mercato sarà circa del 75%, mentre se il venditore è oltre i 50 lo sconto per il compratore si riduce al 25%. Solo il 10% se il proprietario ha oltre 80 anni. Di solito chi ricorre alla nuda proprietà è un uomo (60%), ha un'età vicina ai 70 anni, vive nelle grandi città e nel 60% dei casi è rimasto solo.

Secondo i dati dell'Agenzia delle Entrate - Omi, nel 2015 le compravendite di abitazioni in nuda proprietà sono state quasi 21.600 (+1,9% rispetto al 2014). Secondo il Centro Studi di Casa.it, resta molto alto l'interesse per l'acquisto di abitazioni con questa formula, con la domanda cresciuta negli ultimi tre anni in media del +35% e che vede il Veneto(+45%), la Liguria (+44%) e la Toscana (+38%) ai primi posti per tasso di crescita. Stabile, invece, il numero di proprietari che decidono di mettere in vendita l'abitazione con la nuda proprietà: le regioni con la crescita maggiore dell'offerta sono la Liguria (+8% negli ultimi tre anni), il Piemonte (+7%), l'Emilia-Romagna(+6,4%) e il Veneto (+5,2%).

I motivi che spingono i proprietari a vendere la propria abitazione in nuda proprietà sono diverse e toccano sia la sfera socio-economica che quella personale. «Chi decide di ricorrere alla nuda proprietà - afferma Alessandro Ghisolfi, responsabile del Centro Studi di Casa.it - nel 70% dei casi lo fa perché, trovandosi in difficoltà economica, ha la possibilità di avere liquidità immediata per mantenere un certo tenore di vita, nel 22% dei casi per far fronte ad esigenze legate all'avanzare dell'età o per sostenere i figli nell'acquisto della casa, e l'8% dei casi, non avendo eredi, decide di regalarsi una sorta di pensione integrativa per migliorare la qualità della propria vita».
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POLITICA
De Luca, la ‘battuta’ in stile camorristico e la benevolenza di Renzi

Politica
di Daniela Gaudenzi | 18 novembre 2016
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Daniela Gaudenzi
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Matteo Renzi è evidentemente troppo impegnato nella campagna a tappeto a suon di promesse mirabolanti per un Sì (che assicura solo un futuro, il suo) per preoccuparsi seriamente di far sentire la sua voce sull’ennesima dichiarazione di tono e contenuto camorristico dell’amico governatore-sceriffo Enzo De Luca nei confronti di Rosy Bindi, troppo fissata con la legalità.

Questa volta data la dirompenza disgustosa dell’attacco rivolto alla presidente della Commissione Antimafia già “impresentabile in tutti i sensi”, come aveva detto ad 8 e mezzo dopo che l’aveva incluso tra gli impresentabili alle Regionali sulla base del codice di autoregolamentazione del Pd, non poteva passare inosservata o essere derubricata ad “intemperanza” come è avvenuto troppe volte, soprattutto quando i bersagli erano le pecore nere del M5S o un giornalista indipendente come Peter Gomez. Il premier invece si è limitato a definire “inaccettabile” l’uscita di De Luca senza fare alcun atto concreto.


Ora De Luca ha accusato testualmente la sua compagna di partito di “una cosa infame, da ammazzare” solo perché in ottemperanza alla Severino aveva applicato i criteri deontolgici approvati dal Pd anche nei suoi confronti e si è levato unanime un coro di condanna. Sono intervenute le massime cariche dello Stato, esponenti politici di tutti i partiti, e all’interno del Pd da Orfini, Guerini e Serracchiani è partito, un po’ tardivo l’invito a De Luca a “darsi una calmata e a chiedere scusa”. Un’esortazione sembrerebbe anche dettata dalla preoccupazione per il disgusto che l’ennesima becera esibizione muscolare di De Luca può ingenerare nell’elettorato del Pd in Campania e nel Sud, dove il No viene dato decisamente in vantaggio, nonostante la macchina da guerra propagandistica del presidente-segretario.

E se nel Pd molti esponenti della minoranza e anche un “mediatore” come Gianni Cuperlo, convertitosi al Sì in vista dell’impegno a rivedere l’Italicum, auspicherebbero per De Luca qualcosa di più drastico delle scuse, da parte del segretario non c’è stato alcun commento.

Ed è facile immaginare che non vedrà motivo di esprimere solidarietà a Rosy Bindi visto che nel 2015 i renziani avevano fatto muro a difesa del loro candidato che sarebbe diventato governatore grazie al contributo decisivo del listone dei cosentiniani di Campania in Rete collegato al Pd.

Lo stesso Renzi, a caldo, di fronte all’attacco e alle minacce sferrate allora da De Luca alla Bindi era intervenuto per screditarla nel suo ruolo istituzionale con l’ammonizione a “non usare l’antimafia per regolare i conti interni al Pd”.

E poi forse nello stesso giorno in cui Nicola Cosentino è stato condannato a 9 anni di reclusione per concorso esterno in associazione camorristica in un processo lungo e complesso per l’ingente mole probatoria, il presidente del Consiglio deve aver ritenuto opportuno lasciare da parte la Campania, le “esuberanze verbali” del suo incontenibile governatore, le rocambolesche modalità e i pittoreschi impresentabili con cui riuscì a sfilarla nel 2015 a Stefano Caldoro.
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...LA FIFA FA' ANCORA NOVANTA?????????......



COSE MAI VISTE “Chissà se il 5 dicembre...”

Cento emendamenti
al Bilancio: i ministri
temono sia l’ultimo


Il governo smentisce se stesso e riscrive una seconda manovra finanziaria: tutti contro tutti prima del voto
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UncleTom ha scritto:...LA FIFA FA' ANCORA NOVANTA?????????......



COSE MAI VISTE “Chissà se il 5 dicembre...”

Cento emendamenti
al Bilancio: i ministri
temono sia l’ultimo


Il governo smentisce se stesso e riscrive una seconda manovra finanziaria: tutti contro tutti prima del voto

»MARCO PALOMBI
Una roba del genere non s’era vista mai: 100 emendamenti alla manovra, tanti ne sono arrivati dai vari membri del governo al ministero dei Rapporti del Parlamento, che li ha diligentemente catalogati. Gli Esteri vogliono 4 modifiche come la Difesa, 7 i Beni culturali e la Salute, 11 l’Economia, 14 il Lavoro e addirittura 18 il ministero delle Infrastrutture. Due, incredibilmente, arrivano pure da Palazzo Chigi e sulla tanto sbandierata edilizia scolastica. Una cosa mai vista. Per capirci, in genere dai ministeri arrivano una ventina di emendamenti e ne vengono presentati sei o sette. Nei casi più difficili si è saliti alla trentina richiesti e alla dozzina presentati: 100 è un inedito ed è pure difficile capire chi “p remi are ”e chi no. In sostanza, i ministeri stanno scrivendo una seconda manovra via emendamenti, smentendo laLegge diBilancio che il governo - con la procedura opaca che sappiamo - ha depositato in Parlamento. Parecchi dei proponenti intanto - e s’intende i ministri - telefonano in giro per raccomandarsi e raccontare la loro preoccupazione: “Qui non è detto cheil 5 dicembreci sia ancora un governo”, il refrain. Tra le proposte c’è di tutto: minuzie, mancette, proroghe (cose che in genere vanno nel decreto di fine anno, ma non si sa mai...), norme interpretative, cose sacrosante, cantieri, ma soprattutto assunzioni. Assumere tutti prima che sia troppo tardi Ora che i ministri temono la morte politica svuotano tutto l’armadio delle proposte, ma con un occhio di riguardo al personale. È un diluvio che, venisse approvato, potrebbe aiutare le statistiche sul lavoro assai più del Jobs Act. Il record spetta al ministero della Giustizia, che tenta il colpaccio (su richiestadi Procure e Tribunali): l’assunzione di 2.500unità dipersonaleamministrativo alcosto dicirca 85 milioni l’anno. Fuori da questi, al ministro Orlando piacerebbe avere anche 60 persone in più al Dipartimento giustizia minorile. Numerimeno alti,mavariegati, per il ministero delle Infrastrutture e Trasporti. Si parte dalle assunzioni dirette per “esigenze varie”: 270 unità al costo di 10 milioni l’a nno. Poi c’è la “stabilizzazione e relativa assunzione”degli ispettori di volo Enac, oggi a tempo determinato (costo: 1,1 milioni). E ancora: altre assunzioni dipersonale “per esigenzedel Consigliosuperiore deilavori pubblici”(32 unità,costo:1,8 milioniaregime). Infinec’è l’i n c r e m e nto dell’organico (300 unità) per le Capitanerie di Porto Guardia Costiera. Costo a regime: 9 milioni l’anno. Anche il ministero dell’Istruzione vuole le sue assunzioni: 164 unità di personale non docente per 7,5 milioni e pure misure per inserire nell’organico di diritto –cioè stabile –posti dell’or g an ic o di fatto (cioè supplenti). Finita? Macché. L’Agenzia per l’Italia digitale dovrebbe passare da 93 a 250 dipendenti in due anni: il costo del lavoro passerebbe da 6,6 a 23,3 milioni l’anno. Il ministero dello Sviluppo chiede invece di potenziare le attività dell’Istituto per il commercio estero con 50 assunzioni per un costo di 8,4 milioni nel triennio. Non mancano il ministero dell’A mbiente (124 unità per 5 milioni di spesa l’anno) e quello del Lavoro, che chiede 50 milioniper “effettuare assunzioni a tempo indeterminato di lavoratori socialmente utili (Lsu) che operano da molti anni presso enti pubblici”. Poi ci sono le variazioni sul tema: il ministero della Salute vuole 30 persone per tre anni (1 milione l’anno) per prendersi le competenze, oggi in carico alle Prefetture, sul rimborso delle spese sanitarie degli stranieri; alla Giustizia vogliono fondi per prorogare i progetti di formazione dei tirocinanti e per pagaregli straordinaridelpersonale amministrativo che abbia “raggiunto gli obiettivi assegnati”; il Viminale chiede di “incrementare le componenti retributive del personale dei Vigili del fuoco”e, già che c’è, pure la diminuzione dei tempi di formazione dei prefetti (così entrano in carica subito e a stipendio pieno)e l’estensione alla categoria del “trattamento economico di missione all’es tero”. Il ministero dell’E c o n omia propone un bizzarro emendamento per “proc edure riguardanti i lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità della Regione Calabria”e la Funzione Pubblica tra le altre cose - di ricollocare i professionisti della Croce Rossa in eccedenza al ministero della Salute. Cosette, mancette, pie illusioni e colpacci C’è il capitolo di quelli che ci provano a futura memoria: Giuliano Poletti propone di mettere 1 miliardo di euro sullalotta allapovertà e200 milioni sul Fondo Non Autosufficienze. Poic’è ilcapitolo di quelli che tentano il colpaccio. Gian Luca Galletti con due emendamenti vorrebbe cambiare la gestione d el l’Ambiente in Italia: la nomina di un commissario unico nazionale perle bonifiche e la liquidazione di Sogesid Spa, chiacchierata società del ministero, a favore dell’altrettanto chiacchierata Invitalia. Graziano Delrio, invece,spende unpaio dif iches su Anas (un fondo da 700 milioni per ridurre il contenzioso e soldi per vari cantieri in giro per lo Stivale) e vuole 45 milioni per incentivare il “lavoroin somministrazione”nei porti. Poici sonole cosette:Orlando vuole prorogare il commissario al Palazzo di Giustizia di Palermo; Alfano 25 milioni per una piattaforma informatica; Lorenzin chiedeun CentroNazionale Sangue (2 milioni), Carlo Calenda i Centri di competenza ad alta specializzazione per l’Industria 4.0 (30 milioni), Franceschini 20 milioni per l’apertura dei musei. Poi ci sono le mancette,
piccoli stanziamenti, magari pure meritevoli. Regnano i Beni culturali: 5 milioni per la scuola del ministero; 500 mila euro a ogni istituto di interesse nazionale per istituireuna segreteriatecnica;30 milioni dal 2017 alle Fondazioni lirico-sinfoniche; 200 mila euro ciascuno a Istituto Luce, Biennale di Venezia e Centro sperimentale di cinematografia: 120 mila euro al Centro di documentazione ebraica. La Difesa vuole soldi per i suoidipendenti eleassociazioni combattentistiche; Delrio 7 milioni per lavori in 28 Comuni e 63 in tre anni per le ciclovie turistiche; la ministra Giannini propone di dare 577 mila euro alla Scuola Europea di Brindisi. Tutto nel ddl Bilancio, dove inserire misure micro-settoriali è vietato per legge. Ma il tempo stringe e non sia mai che il 5 dicembre...
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...TANTO PER RINFRESCARE LA MEMORIA...


Da Wikipedia

Prima Repubblica (Italia)

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La fine della Prima Repubblica
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Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Mani pulite e Seconda Repubblica (Italia).

Verso la fine degli anni ottanta la coalizione di maggioranza si consolidò nel patto informale del CAF (dall'acronimo di Craxi-Andreotti-Forlani), una solida alleanza che prevedeva un'alternanza al governo dei tre sottoscrittori del patto.


Il fatto che un tale progetto politico sembrasse non prevedere alternative suscitò tuttavia una sensazione di immobilismo, dando l'impressione che i partiti si accordassero tra loro indipendentemente dal resto del Paese.


Con la caduta del Muro di Berlino, che assunse il significato ideale di un crollo dell'alternativa al capitalismo, sembrarono aprirsi nuovi spazi di intesa tra il PSI e un PCI libero dalla pregiudiziale sovietica, ma il rapporto travagliato tra i due partiti che si era andato logorando lungo tutti gli anni ottanta fece ben presto naufragare una tale prospettiva.


Tra l'altro, fu solo dopo la crisi delle Repubbliche del Patto di Varsavia, e la conseguente caduta della Cortina di ferro, che il PCI decise di effettuare la transizione dal comunismo al socialismo democratico, cambiando nome in Partito Democratico della Sinistra (PDS).



Dal partito si distaccò l'ala dell'estrema sinistra libertaria e il ramo veterostalinista, guidati da Sergio Garavini e Armando Cossutta, che diedero vita al Partito della Rifondazione Comunista (PRC)[18].



La trasformazione avvenuta nella sinistra fece cadere in molti elettori moderati le ragioni per votare democristiano in funzione anticomunista.


Tale orientamento fu intercettato da due movimenti post-ideologici nati nel 1991, la Lega Nord e La Rete, con base elettorale rispettivamente nel Nord e nel Sud Italia.


La Lega era una federazione di partiti regionalisti esistenti sin dal 1979, guidata da Umberto Bossi, che propugnava principalmente la risoluzione della questione settentrionale dovuta all'oneroso carico fiscale richiesto per finanziare la crescita economica nel Mezzogiorno.


Il secondo, fondato da Leoluca Orlando sulla base di alcune associazioni cattoliche sociali, proponeva come tema centrale la lotta alla mafia e alla corruzione.


La Federazione delle Liste Verdi, movimento di ispirazione ambientalista e riformista fondato nel 1986, era un'altra giovane formazione estranea agli schemi tradizionali, e dopo la nascita dei Verdi Arcobaleno (fondati nel 1989) ci fu la fusione nella Federazione dei Verdi, nel 1990.


In quello stesso anno venne scoperta l'organizzazione Gladio: si trattava di una struttura segreta creata a metà degli anni cinquanta per consentire la nascita di un movimento di resistenza, qualora i confini orientali fossero stati violati da un invasore straniero.


Ne facevano parte dei 622 volontari, ed erano stati predisposti depositi d'armi (quasi tutti eliminati nel 1973) cui questi «partigiani» potessero attingere, per le loro azioni.


Il magistrato veneziano Felice Casson riteneva che l'organizzazione fosse un'entità fuorilegge e avesse finalità eversive: in particolare quella di impedire che in Italia si affermassero le forze di sinistra (come il PCI).


Francesco Cossiga, Presidente della Repubblica nel 1990 e sottosegretario alla Difesa nel triennio 1966-1969, rivendicò con orgoglio il ruolo svolto per migliorare la struttura che a suo avviso, pur essendo segreta, era legittima[19].




Nei mesi successivi si scatenarono continue polemiche: Achille Occhetto (segretario comunista) tuonò contro la «democrazia limitata» che sarebbe esistita in Italia durante il dopoguerra e contro l'«eversione atlantica», mentre lo stesso Cossiga minacciò di autosospendersi purché lo facesse anche Andreotti (in quel momento Presidente del Consiglio)[18].




Successivamente Casson trasmise il fascicolo sull'organizzazione, per ragioni di competenza territoriale, alla Procura di Roma, la quale dichiarò che la struttura Stay-behind non aveva nulla di penalmente rilevante[20].



Le polemiche politiche e il malgoverno fecero scendere la fiducia dei cittadini nelle istutizioni e nei partiti: alle elezioni europee del 1989 un elettore su quattro si era astenuto o aveva votato scheda bianca[21], mentre i referendum abrogativi dell'anno seguente, sulla caccia e sui fitofarmaci, non avevano raggiunto il quorum fermandosi tra il 42 e il 43% dei voti[22].



Il 9 giugno 1991 si tenne il referendum abrogativo delle preferenze multiple per i candidati alla Camera dei deputati in favore della preferenza unica, assimilando così il sistema elettorale al maggioritario uninominale pur lasciandolo formalmente proporzionale.



Alla vigilia del voto si temeva che non si potesse raggiungere il quorum del 50% dei voti, con i partiti di governo che scelsero la linea dell'astensione invitando gli italiani ad andare al mare.



Invece la partecipazione al referendum fu elevata: votò il 62,5% degli aventi diritto, e tra di loro oltre il 95% si pronunciò per la preferenza unica[18].




Il 17 febbraio 1992 cominciò l'inchiesta giudiziaria Mani pulite sul sistema delle tangenti, che coinvolse molti esponenti di tutti i maggiori partiti e fece emergere il fenomeno detto Tangentopoli.



L'enorme perdita di credibilità subita in particolare dalle forze del pentapartito le portò a una crisi irreversibile, fino allo scioglimento della DC e del PSI, rispettivamente il più importante e il più antico dei partiti politici italiani.



L'iniziativa della magistratura allora godette del diffuso sostegno dell'opinione pubblica alimentato dai mass media[21].




Nelle elezioni politiche del 5 aprile 1992 la DC ottenne il minimo storico dei suffragi pur conservando la maggioranza relativa, PDS e PRC assommati ricevettero molti meno voti del vecchio PCI, mentre gli altri partiti di governo rimasero pressoché stabili nelle preferenze.



La Lega Nord ottenne un risultato sorprendente vincendo in numerosi collegi settentrionali e ottenendo quasi il 9% a livello nazionale.


Anche Rete e Verdi riuscirono a fare eleggere alcuni loro candidati.

Conseguenza del voto fu un parlamento molto frammentato e senza una maggioranza robusta[18].



Questo periodo non vide solo la crisi della politica, ma anche delle istituzioni e dell'economia per colpa di una violenta offensiva della mafia contro le istituzioni e una spaventosa impennata del deficit pubblico.




Il 27 marzo 1993 Giulio Andreotti fu raggiunto da un avviso di garanzia dalla Procura di Palermo per attività di mafia[23]; il 5 aprile fu indagato dalla Procura di Milano per finanziamento illecito[24] e la settimana dopo dalla Procura di Roma per l'omicidio del giornalista Mino Pecorelli (avvenuto nel 1979)[25].



Le inchieste di Palermo furono viste come un processo alla DC e all'intero sistema politico, e il contraccolpo fu notevole[26]: Gianni Pilo, sondaggista della Fininvest, scrisse che la fiducia nei partiti era scesa al minimo storico, il 2% (solo nel 1989 era all'11,4%)[21].




Il 18 aprile gli elettori furono chiamati a pronunciarsi sul referendum per la riforma elettorale del Senato della Repubblica (bocciato dalla Corte costituzionale due anni prima) instaurando il sistema maggioritario e aprendo la strada a un'analoga riforma per la Camera dei deputati.



L'82,74% votò a favore della riforma[27] e il 4 agosto successivo le Camere deliberarono la legge elettorale denominata «Mattarellum», che introdusse il sistema maggioritario misto, soppiantando il proporzionale puro che era considerato una delle cause dell'instabilità istituzionale e della partitocrazia[28].


Questa innovazione legislativa, oltre alla gravità della crisi che stava colpendo i partiti, il Parlamento e il Governo, spinse il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro a sciogliere anticipatamente le Camere e indire le elezioni per il 27 e 28 marzo 1994.



Il 26 gennaio 1994 l'imprenditore Silvio Berlusconi annunciò ufficialmente il suo ingresso in politica (cosiddetta «discesa in campo») fondando un nuovo partito, Forza Italia, formato prevalentemente da tecnici di estrazione aziendale e politici di secondo piano del pentapartito, quasi tutti nomi nuovi per raccogliere il consenso dei delusi dalla politica, e rappresentativi del ceto medio moderato in modo da intercettare il voto democristiano.


Per la prima volta in Italia il partito di Berlusconi svolse una campagna elettorale fortemente mediatica e personalizzata.


A febbraio, il MSI diede vita al nuovo progetto politico chiamato Alleanza Nazionale, che sarà il nuovo partito nel quale si sarebbe sciolto un anno dopo[29].


Si formarono così tre alleanze elettorali: un cartello di centro denominato Patto per l'Italia, formato da Partito Popolare Italiano (erede della maggiore corrente DC) e Patto Segni (promotore dei referendum e anch'esso post-democristiano); su posizioni di centro-destra il Polo delle Libertà (presente nel Nord e composto da Forza Italia e Lega Nord) e il Polo del Buon Governo (presente del Centro-Sud e formato da Forza Italia e AN-MSI); orientata a sinistra l'Alleanza dei Progressisti, che comprendeva PDS, PRC, Verdi e La Rete; inoltre in ognuno dei tre schieramenti erano presenti effimere liste composte da schegge assortite del vecchio pentapartito.


La fine sostanziale della Prima Repubblica coincise con le elezioni politiche del 27 marzo 1994, che si svolsero in un clima di speranzoso rinnovamento e segnò l'affermazione del bipolarismo in Italia.


Da allora si iniziò a parlare comunemente di Seconda Repubblica.
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Un amico con cui mi confronto quasi quotidianamente, sostiene che tutto questo modo di procedere non può durare a lungo.

Essendo del 1935, ha ben presente la rivolta di Sanremo, del primissimo dopoguerra, scoppiata principalmente per la mancanza di cibo.

La folla sfasciava tutto quello che incontrava.

Per questo motivo è convinto che a furia di tirare la corda questa prima o poi si spezza e succederà l’irreparabile.

Anch’io penso che prima o poi succederà l’irreparabile, ma non sono in grado di prevedere quando avverrà il big-bang.

Il popolo italiano è tutto particolare.

Ha grossi problemi di occupazione. Di portare a casa un salario.

E’ pressato dalla presenza dei migranti in un’emergenza che non viene governata.

La classe dirigente poi, non provvede alle necessità degli italiani che entrano in crisi dal punto di vista sociale ed economico.

Mentre è molto attiva nel lucrare sullo sfruttamento dei migranti.

In effetti i soldi che eroga lo Stato, che in parte provengono dall’Europa, vanno nelle tasche di organizzazioni a vario titolo.

Gli italiani, in quanto tali, non possono sperare di ricevere i 35 euro giornalieri, perché non sono ancora sorte organizzazioni che siano in grado di sfruttare gli italiani entrati nella fascia di povertà.

Gli abitanti del Bel Paese si guardano bene dal protestare per motivi più che seri.

Invece sono molto disponibili a mettersi in gioco per problemi futili.

Il calcio è uno di questi.

Atalanta-Roma, petardi
e fumogeni contro polizia
da tifosi giallorossi

(DI F. Q.)

Gli incidenti al termine della partita vinta 2 a 1 dai padroni di casa. Gruppi di incappucciati all'interno dello stadio, cariche di alleggerimento delle forze dell'ordine. la partita considerata a rischio per la storica rivalità fra i gruppi ultras

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11 ... i/3206230/

Questa è l’italietta di oggi.

Quella di domani sarà peggio.
UncleTom
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Re: Diario della caduta di un regime.

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IN ATTESA DEL BOTTO, CHE SENTIREMO, QUANDO LA NAVE ITALIA AVRA' TOCCATO IL FONDO.



De Luca e le clientele, Renzi non condanna
Ma in commissione di garanzia Pd il caso esplode

Il premier a Radio24 (audio). “Imbarazzo? No. L’ex sindaco di Salerno ha metodo che non è il mio, ma se
tutti facessero come lui avremmo un punto in più di Pil”. Ricchiuti: “Mi attivo per avviare una procedura”
Referendum Costituzionale
“Non condivido i metodi di De Luca, ma se tutto il Sud fosse stato amministrato come Salerno, avremmo un punto di Pil in più”. Matteo Renzi, ospite di Radio24, li chiama i “metodi di De Luca” e lì dentro racchiude tutte le uscite del presidente della Campania nell’ultima settimana. Compresa quella in cui invita i sindaci campani a ricorrere alle clientele “come Cristo comanda” per raggiungere l’obiettivo

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Referendum, Renzi: “Non condivido metodi De Luca, ma se Sud amministrato come fa lui, avremmo 1% di Pil in più”

Referendum Costituzionale
“L’audio del presidente campano con i sindaci la imbarazza?”, chiede Radio24. Lui: “No. L’ex sindaco di Salerno ha un metodo che non è il mio, ma se tutti facessero come lui avremmo un punto in più di Pil”
di F. Q. | 21 novembre 2016
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Più informazioni su: Campania, Governo Renzi, Matteo Renzi, Referendum Costituzionale 2016, Regione Campania, Rosy Bindi, Vincenzo De Luca
“Non condivido i metodi di Vincenzo De Luca, ma se tutto il Sud fosse stato amministrato come Salerno, avremmo un punto di Pil in più”. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi li chiama i “metodi di De Luca” e lì dentro racchiude tutte le uscite del presidente della Regione Campania nell’ultima settimana, compresa l’incitazione al voto clientelare. Quindi non solo le parole su Rosy Bindi sulle quali il governatore ha poi chiesto scusa, ma anche e soprattutto l’intervento davanti a diversi sindaci campani il cui contenuto è stato pubblicato dal Fatto Quotidiano e poi con un audio esclusivo da ilfattoquotidiano.it (notizia ripresa ieri e oggi con alcuni articoli dal Corriere della Sera). Renzi, sul punto, non aveva risposto durante la puntata di Otto e mezzo di venerdì.

E si può dire che non lo fa nemmeno ora, a una domanda precisa di Alessandro Milan durante 24Mattino, su Radio24. Domanda di Milan: “C’è questo audio del governatore De Luca che agli amministratori in sostanza dice non deve fregarvene niente se vi piace Renzi, ma soldi porta tanti soldi per la Campania. Questa cosa non la imbarazza, messa così?”. Risposta di Renzi: “Anche questo è un grandissimo tema di approfondimento per chi vuole capire il quesito referendario”. Milan precisa: “Ma è legato al referendum” e d’altra parte De Luca parlava per spostare voti, con i grandi complimenti al sindaco di Agropoli: “Fai quello che caXXo vuoi, ma porta 4mila persone a votare“.

VIDEO:http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11 ... u/3206725/
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Ma Renzi va avanti sulla stessa frequenza: “Pur di non parlare del quesito, siamo a discutere di tutto, quindi parliamo anche di De Luca. Enzo De Luca ha un metodo che come noto non è il mio e di fronte alle sue dichiarazioni su Rosy Bindi io sono stato tra i più duri a dire che aveva profondamente sbagliato e lui ha chiesto scusa. Nel merito i soldi per la Campania: sì, stiamo portando molti soldi per la Campania perché è una vergogna che alcune regioni non siano messe nelle condizioni di fare ciò che serve al Paese: se Pompei crolla fa una figuraccia tutto il Paese, non solo la Campania, da quando ci siamo noi fa notizia perché funziona; su Bagnoli abbiamo messo soldi per la bonifica e commissariato dopo anni”. Renzi cita anche la Reggia di Caserta che “con il nuovo direttore registra il 70% in più di biglietti“. E conclude ricordando l’impegno per Bagnoli, su cui “abbiamo messo i soldi e commissariato per restituire ai napoletani una delle aree più belle del mondo”. Di fronte a questo “De Luca, che ha un metodo che non è mio, da sindaco di Salerno è stato uno degli amministratori che ha fatto meglio, un esempio di buona amministrazione. Ci sono due De Luca in testa: quello di Crozza e quello che ha fatto il sindaco a Salerno, ha rovesciato quella città. Non condivido il suo metodo ma vedo che se tutto il Sud fosse stato amministrato come Salerno, avremmo un punto di Pil in più e io ho un problema di Pil perché il Nord è ripartito anche se ancora si può fare meglio ma se non parte il Sud siamo rovinati”.

Una linea che d’altra parte riflette la battuta che Renzi ha fatto nel fine settimana a Caserta: De Luca è arrivato in ritardo all’iniziativa in sostegno del Sì e Renzi ha detto di perdonarlo “a patto che non faccia dichiarazioni, l’altro giorno mi è toccato anche difenderti”. Nel Pd per il momento tutto tace, ad eccezione della senatrice Lucrezia Ricchiuti che a ilfatto.it ha annunciato che si attiverà per avviare una procedura contro De Luca alla commissione di garanzia nazionale del partito, della quale la parlamentare fa parte. Per il momento c’è un esposto alla Procura del leghista Roberto Calderoli: un’iniziativa, spiega l’ex ministro, per “verificare se ci sono fatti penalmente rivelanti”.

Sulla vicenda delle firme false a Palermo “il M5s chiede chiarezza” e presa di responsabilità: “Non ho visto il Pd fare altrettanto quando il presidente della regione Campania incita al voto di scambio”. Lo afferma il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio riferendosi alla riunione di Vincenzo De Luca con alcuni sindaci in cui aveva detto che avendo ricevuto “fiumi di denaro” per la regione chiedeva agli amministratori di portare i cittadini a votare “Si” al referendum.(ANSA).

“Ho chiesto al Presidente Rosi Bindi di acquisire l’intervento del Presidente Vincenzo De Luca rivolto a circa 300 amministratori pubblici della Campania e riunire al più presto l’ufficio di Presidenza della Commissione per la valutazione delle sue indicazioni, tali da inquinare, se sviluppate, l’intero risultato referendario”. Lo afferma Carlo Giovanardi.
“Nella lettera alla Presidente Bindi ho messo in rilievo come nel suo discorso il Presidente De Luca si sia innanzitutto vantato del ‘fiume di soldì che stanno arrivando in Campania grazie al Governo Renzi” per far vincere il Sì, indicando “come esempio di clientelarismo da imitare l’attuale sindaco di Agropoli Franco Alfieri, già a suo tempo destituito dalla carica di sindaco, prosciolto dall’accusa di corruzione e abuso per avvenuta prescrizione quando era assessore ai Lavori pubblici”.
“L’Alfieri – afferma Giovanardi – fra l’altro è indagato dalla Procura di Vallo della Lucania per voto di scambio e per altri reati connessi con il suo legame con la famiglia Marotta di Agropoli che controlla città e territorio”.
Giovanardi infine ricorda altri “suggerimenti” di De Luca per la raccolta voti: dal lavoro “sulle imprese” per portare i dipendenti a votare la riforma e sulle organizzazioni professionali. Il senatore ricorda infine un altro passaggio delle parole di De Luca: “Se ognuno di voi chiama i 10, 20 imprenditori sul piano dell’amicizia, del rapporto personale, dell’amministrazione al di là di tutte le questioni, per cortesia fai questa cosa, dimmi, non ci facciamo prendere in giro, tu se vuoi dare una mano però mi devi dire quanti voti porti, se non mi vuoi dare una mano, massima libertà, grande chiarezza fra di noi, se no veramente ci prendiamo in giro”.
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