Renzi

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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UncleTom
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Re: Renzi

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PERCHE' CI DOVREMMO MERAVIGLIARE??????????

QUESTA E' LA LOGICA RENZIANA.

IO,.....IO.....IO,......IO..........E GLI ALTRI, SE NE AVANZA.

OPPURE:

IO SO' IO E VOI NON SIETE UN C........

I BAMBINI NON VOTANO. MEN CHEMENO SI.




Ilva, governo ritira i 50 milioni per i bimbi malati

Boccia: ‘Sconcertato’. Emiliano: ‘Puglia si mobiliti’
LEGGE DI BILANCIO – Una deroga ad hoc era stata garantita, ma è sparita nell’ultima stesura. Il segretario
del Pd di Taranto: ‘Sospendiamo iniziative in favore del Sì’. Il presidente della Regione chiama la protesta
Quei 50 milioni servivano per finanziare l’assunzione di medici, l’acquisto di attrezzature sanitarie, le riconversioni ospedaliere. Tutto per i bambini di Taranto avvelenati dai fumi dell’Ilva. La deroga nella legge di Bilancio era stata promessa dal sottosegretario De Vincenti, con la benedizione della ministra Lorenzin. Il presidente della commissione Bilancio Francesco Boccia: “Senza alcuna spiegazione. Ne chiederò conto e non farò sconti a nessuno”. Il segretario dem tarantino: “Sospendiamo le iniziative in favore del Sì”. Emiliano: “L’esecutivo può cambiare idea solo se ognuno di noi sosterrà questa battaglia” di Andrea Tundo

QUEI SOLDI INVECE DIAMOLI A VICIE' (De Luca).

LUI SI CHE SA TRASFORMARLI IN VOTI PRO DOMO MIA,
CON LE SUE CLIENTELE.
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Re: Renzi

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IL BUNGA-BUNGA DEL RIGNANESE.

MA CHI SONO QUEI FETENTONI CHE LO VOTANO??????????????????????????????????????????????






Ilva, il governo ritira i 50 milioni per curare i bambini di Taranto. Boccia: ‘Sconcertato’. Emiliano: ‘Puglia si mobiliti
Lobby
LEGGE DI BILANCIO - Una deroga ad hoc (per finanziare l'assunzione di medici, l'acquisto di attrezzature sanitarie, le riconversioni ospedaliere) era stata promessa dal sottosegretario De Vincenti, con la benedizione della ministra Lorenzin. Il presidente della commissione Bilancio: “Senza alcuna spiegazione. Ne chiederò conto e non farò sconti a nessuno”. Il segretario dem tarantino: "Sospendiamo le iniziative in favore del Sì". Il presidente della Regione: "L'esecutivo può cambiare idea solo se ognuno di noi sosterrà questa battaglia"
di Andrea Tundo | 25 novembre 2016
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Cinquanta milioni per finanziare l’assunzione di medici, l’acquisto di attrezzature sanitarie, le riconversioni ospedaliere in deroga al decreto ministeriale 70, così da fronteggiare l’emergenza sanitaria registrata da uno studio realizzato dalla Regione Puglia sugli effetti dei veleni dell’acciaieria. Una promessa, fatta anche dal sottosegretario Claudio De Vincenti e dal ministro Beatrice Lorenzin per rispondere a quel +26% di ricoveri di bambini e ragazzi fino a 14 anni nei quartieri più vicini all’impianto siderurgico, tenuto in piedi dal governo a suon di decreti.


Una promessa e una deroga ad hoc, attesa anche dal Pd pugliese, che non avranno seguito perché “non c’era più il via libera di Palazzo Chigi”, si è sentito rispondere il presidente della commissione bilancio Francesco Boccia quando, in piena notte, è andato a bussare alle porte del ministero dell’Economia, perché quella deroga da 50 milioni al decreto 70 (riconversioni ospedaliere, assunzioni di medici e personale, risparmi sulla spesa sanitaria regionale) avrebbe dovuto essere nella legge di Bilancio, “presente tra le priorità del governo”. Lo stanziamento, spiega Boccia, aveva ottenuto il placet dal viceministro dell’economia Morando e dal sottosegretario Beretta. Invece niente: la salute di Taranto, a differenza della Ryder Cup di golf (60 milioni in 10 anni, come ha scoperto Ilfattoquotidiano.it) e delle varie mance distribuite nella legge, può aspettare.


“Senza alcuna spiegazione, non c’era più il via libera di Palazzo Chigi. Ne chiederò conto e non farò sconti a nessuno”, racconta Boccia a Il Corriere della Sera. Il presidente della commissione Bilancio è pugliese ed è particolarmente sensibile al tema. Come i colleghi di partito provenienti dalla stessa regione. Il primo emendamento era stato presentato infatti dal deputato tarantino Ludovico Vico assieme a tutti gli onorevoli pugliesi. E rassicurazioni ufficiali erano arrivate anche dal capogruppo del Pd alla Camera Ettore Rosato. Poi è saltato tutto. “Eravamo d’accordo che tra le spese più importanti, oltre al centro meteo di Bologna o alla coppa del mondo di sci, ci fosse questa. L’impegno era stato sbandierato, soprattutto dal sottosegretario Claudio De Vincenti, e poi dal ministro Lorenzin. Non c’è tarantino che non lo sapesse”. E infatti proprio a Taranto la notizia ha lasciato di stucco gli stessi esponenti del Partito Democratico, amareggiati come anche i parlamentari pugliesi degli altri schieramenti. Per il segretario regionale Marco Lacarra il no alla deroga è “sconcertante”, mentre il segretario dem del capoluogo jonico, Costanzo Carrieri, ci è andato giù durissimo: “Sospendo le iniziative a sostegno del Sì al referendum. Riflettano hanno ancora tempo per cambiare idea nel passaggio al Senato”.

Michele Emiliano, in contrasto con Matteo Renzi sul voto del 4 dicembre e sulla stessa gestione dell’Ilva, con il premier più volte tirato in ballo dal presidente della Regione affinché smuova le acque per risolvere la questione inquinamento a Taranto, ha taciuto a lungo. Poi venerdì mattina ha affidato i suoi tormenti a Facebook: “Tutta la Puglia deve mobilitarsi al fianco dei tarantini per pretendere dal Governo ciò che loro spetta. Da anni la città subisce un inquinamento di Stato che ha spaventosamente aumentato ogni sorta di malattie – ha scritto il presidente della Regione – Occorre curare i malati e disinnescare la fonte di inquinamento. Due cose che passano entrambe, purtroppo, da decisioni del Governo centrale e non dall’autogoverno dei pugliesi. Il Governo può cambiare idea solo se ognuno di noi si impegnerà a sostenere questa battaglia”. Chi è vicino al presidente lo definisce su tutte le furie e alcuni parlamentari pugliesi fanno risalire la mancata deroga ai contrasti tra Emiliano e Renzi. “Temo che qualcuno abbia confuso le vicende politiche con gli interessi di una comunità. Non si fa”, è il commento sibillino e amaro di Boccia sulla vicenda dell’emendamento governativo ‘saltato’.

L’apertura del governo, negli scorsi giorni, era stata benedetta dallo stesso presidente della Regione, che in più occasioni aveva chiesto di intervenire con deroghe per il capoluogo ionico riguardo al settore sanitario. Le rassicurazioni erano arrivate da De Vincenti durante un incontro con il Pd locale e dalla Lorenzin a Bari, lo scorso 12 novembre a margine di un convegno sull’innovazione nella farmaceutica: “Da parte del governo c’è sicuramente apertura ad aiutare la Puglia”, che per Taranto ha chiesto la possibilità di bypassare il decreto ministeriale 70 così da avere spazio per la riconversione di strutture ospedaliere e le assunzioni di personale. Una deroga ad hoc. Sembrava tutto fatto. In riva allo Ionio avevano esultato, pensando ai bambini dei quartieri Paolo VI, Tamburi e Borgo, i più esposti ai veleni dell’Ilva. Lo hanno fatto troppo presto. Per Palazzo Chigi i tarantini possono aspettare ancora.


di Andrea Tundo | 25 novembre 2016
Ultima modifica di UncleTom il 25/11/2016, 18:11, modificato 1 volta in totale.
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Re: Renzi

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'A SHIFEZZA D'A SCHIFEZZA D'A SCHIFEZZA D'A SHIFEZZA 'E'LL' UOMMEN
https://www.youtube.com/watch?v=UU-imLkEZyg

EDUARDO AVEVA VISTO LUNGO...............
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Re: Renzi

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Piovono Rane
di Alessandro Gilioli



25 nov Renzi e il rischio lose-lose



Chiedo scusa se in questo post parlo soprattutto delle conseguenze politiciste e a breve termine di questo referendum.

Ho detto più volte - e qui lo ripeto - che il 4 dicembre andiamo a votare su una Costituzione che potrebbe durare decenni, non sul governo dei prossimi otto-dieci mesi. E, cercando di guardare lontano, penso pertanto che se vincesse il Sì a un certo punto ci ritroveremmo a rimpiangere la vecchia Costituzione: ad esempio, se un giorno diventasse premier un Trump, un Orban, una Le Pen.

È cosa ovvia - basta leggere la riforma - e chiedo quindi ai miei lettori democratici (in tutti i sensi) che votano Sì: se fra 5-10 anni qui da noi le elezioni fossero vinte da un Trump, un Orban o una Le Pen, vi sentireste più tranquilli dei contrappesi previsti dalla Carta attuale (che ha circoscritto benissimo uno come Berlusconi) oppure con la Costituzione Renzi-Boschi? Ci pensino e rispondano nella loro coscienza, andando oltre l'imminente simpatia di partito o di leader, se credono.

Detto questo, sì: per quanto meno importante (lo ribadisco, per il futuro dell'Italia è meno importante) c'è anche la questione di più breve termine, che riguarda cioè gli equilibri politici del subito dopo, di quest'ultimo scorcio di legislatura e di quella successiva.

In proposito l'altro giorno ho letto un interessante articolo di Jacopo Basili, su Gli Stati generali, secondo il quale comunque vada il 4 dicembre sarà una vittoria di Renzi: perché se vince il Sì, lui prende tutto; se invece vince il No ha comunque fondato un suo "partito" nel Paese, con un consenso tutto suo che anche se fosse del 40-45 per cento sarebbe comunque al centro di ogni futuro equilibrio politico perché composto da un elettorato molto ampio e ben coeso attorno a lui, mentre fuori ci sono solo forze inconciliabili tra loro (la famosa "accozzaglia", anche se Basili - più educatamente - non usa questo termine brandito invece dal quotidiano del suo partito).

La mia opinione è tuttavia opposta a quella di Basile. Se lui pensa che per Renzi il 4/12 sarà "win-win", io invece penso che ci sia un discreto rischio di "lose-lose".

Nell'ipotesi che il 4 dicembre il Sì perda, oltre alla evidente sconfitta d'immagine e rispetto alle opposizioni, ci sarà anche da affrontare quella interna al Pd.

Vale a dire il cambiamento dei rapporti di forza con quella che passa sotto il nome di "minoranza dem" e si è schierata quasi tutta per il No.

Questa componente, oggi marginalizzata, uscirebbe rafforzatissima dentro il partito.

Questo potrebbe portare a sua volta a far traballare le correnti non renziane che però al momento sostengono Renzi: tipo quella (numerosa in Parlamento) di Franceschini, che è noto per stare sempre dalla parte del vincitore e ha già saltato il fosso un paio di volte (da Veltroni a Bersani e da Bersani a Renzi).

Con tutti questi, se perde il referendum, Renzi dovrà mediare - attività nella quale è assai meno ferrato rispetto al comandare - e nell'immediato si troverà al bivio se sostenere o meno un governo Pd non guidato da lui (bensì dai vari Grasso, Bordini, Padoan, Delrio etc). Nel caso in cui non lo sostenesse e ottenesse elezioni anticipate, non potrebbe più nemmeno scegliere le liste da solo - eliminando i rompiballe - così come ha intenzione di fare; e comunque arriverebbe alle elezioni da segretario sconfitto e sotto scacco, destinandosi a un'ulteriore e peggiore sconfitta.

Ma tutto questo è abbastanza ovvio.

Meno intuitivi sono i problemi che Renzi incontrerebbe se vincesse il Sì. Eppure sono altrettanto seri.

Nel caso vincesse il referendum - d'accordo - Renzi avrebbe fatto fuori la minoranza dem. Su questo sono d'accordo con Basili. D'Alema e gli altri musi lunghi non conterebbero più una cippa nel partito. Il Pd - per usare un acronimo inventato da Ilvo Diamanti - diventerebbe definitivamente il Pdr, il partito di Renzi.

A quel punto però il Renzi vincitore avrebbe due possibilità: o andare a elezioni la prossima primavera (sperando di mettere a incasso la vittoria referendaria) o governare ancora un anno e mezzo, portando la legislatura alla sua scadenza naturale.

La prima opzione sarebbe un azzardo, certo, ma di quelli che a Renzi piacciono: e in fondo sarebbe appena uscito vincitore da un altro azzardo, quindi non è affatto escluso che si getti anche in questo, anzi.

In questo caso ci sono due ipotesi. O si vota con l'Italicum attuale oppure (vuoi perché la Consulta lo boccia, vuoi per la paura di perdere al ballottaggio), l'Italicum viene cambiato e non c'è più il premio di maggioranza.

Se si vota in primavera con l'Italicum attuale, si arriva al ballottaggio perché nessun partito raggiungerebbe il 40 per cento al primo turno. Ed è altissima la probabilità che al ballottaggio Renzi perda, come avvenuto a Roma e Torino. La maggioranza del Sì al referendum, se il 4 dicembre fosse tale, sarebbe infatti comunque composita, irrobustita da elettori di centrodestra o comunque non renziani. Insomma, non si trasformerebbe meccanicamente in una maggioranza politica per Renzi. Che tra l'altro perderebbe (invece) una parte dei consensi di coloro che di solito votano Pd ma il 4 dicembre erano per il No, quindi sono freschi di "asfaltamento".

Se invece si vota in primavera ma con un Italicum molto rivisto (cioè senza più premio di maggioranza), tutta la narrazione referendaria renziana crolla: non è più vero che "la sera delle elezioni si sa chi ha vinto", non è più vero che "finisce il potere di ricatto delle coalizioni", non è più vero niente. Paradossalmente, avendo vinto un referendum Renzi ci porterebbe al voto con un sistema opposto alla narrazione con cui ha vinto il referendum. Probabile che ne paghi il fio in termini di consenso, ma se anche racimolasse una maggioranza, dovrebbe poi ricominciare a governare con pezzi di centrodestra - e la forza centripeta della sua vittoria referendaria gliene porterebbe in dote anche di nuovi (mezza Forza Italia sta già andando lì e il tramonto di Berlusconi rafforzerà questa tendenza).

Saremmo quindi al "tanti insieme contro il M5S". Il che garantirebbe il massimo della rendita politica a quello contro cui sono i "tanti altri" e il massimo della ricattabilità a chi comanda la ciurma ("l'accozzaglia", che paradosso) di maggioranza. Il progetto renziano sarebbe sostanzialmente fallito, Renzi sarebbe un premier dipendente ogni giorno dai suoi sodali di centrodestra - e alla macchina dell'ossigeno.

Peggio ancora, per Renzi, sarebbe se invece decidesse di aspettare e di portare a termine la legislatura.

Esaurita la spinta propulsiva della vittoria al referendum, arriverebbe infatti al 2018 con una liability totale e priva di alibi per la situazione sociale in cui ci troveremo allora - e le prospettive economiche sono tutt'altro che rosee, di quelle lavorative meglio non parlare. In altre parole, l'atteggiamento degli elettori sarebbe: ti abbiamo dato tutto, anche la vittoria al referendum, insomma ti abbiamo lasciato solo al comando: com'è che siamo ancora nella merda?

Queste, a mio avviso, le prospettive probabili.

Che hanno mille sottovarianti, certo, ma sono quelle di base.

Ho impressione che spesso le simpatie per questo o quest'altro protagonista della politica non ci aiuti a vederle. Ma a essere politicamente privi di un riferimento preciso, e quindi emotivamente più distaccati, ci sarà pure qualche vantaggio, no?
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Re: Renzi

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IO MI AUGURO CHE QUESTO PASSO FALSO SIA LA TOMBA DI RENZI E DEL RENZISMO



Ilva, il governo Renzi ritira i 50 milioni per i bimbi malati
I fondi previsti per l'Asl di Taranto non sono stati inseriti nella legge di Bilancio. Il dem Boccia: "Sconcertato". Emiliano: "Che botta"


Luca Romano - Ven, 25/11/2016 - 17:21
commenta
Sui 50 milioni all'Asl di Taranto - dovevano arrivare attraverso la legge di Bilancio e permettere di affrontare i problemi derivanti dall'aumento delle malattie, tra cui i tumori, a causa dell'inquinamento industriale - il governo ha chiarito e si è impegnato a correre ai ripari.




Ma a Taranto la tensione resta alta così come il livello delle proteste. Esprime delusione il governatore pugliese Michele
Emiliano ("abbiamo preso una botta") mentre alcuni consiglieri regionali hanno occupato anche un'aula della Regione Puglia in segno di protesta e critiche sono venute trasversalmente da parlamentari di diversi schieramenti.

È ormai acclarato che l'emendamento che avrebbe dovuto prevedere le risorse aggiuntive per l'Asl di Taranto, i 50 milioni appunto, non è mai arrivato in commissione Bilancio per la discussione e quindi non è stato né approvato, né respinto, come hanno chiarito presidente e vice presidente della stessa commissione, i pugliesi Francesco Boccia del Pd e Rocco Palese di CoR.

Inizialmente erano stati i deputati pugliesi del Pd a presentare quest'emendamento che però già il 15 novembre era stato dichiarato inammissibile dalla commissione Bilancio. Questo perché la prima sezione del disegno di legge di bilancio ha "precisi limiti" e "in ogni caso non deve contenere norme di delega, di carattere ordinamentale o organizzatorio, né interventi di natura localistica o microsettoriale". E all'ultima categoria era stato assimilato l'emendamento per Taranto. Di qui lo stop. Ma trattandosi di una partita delicata ed essendo Taranto oggetto di attenzione del governo per la questione Ilva e non solo, c'era tuttavia l'impegno a riscrivere l'emendamento armonizzandolo con i nuovi criteri della legge di Bilancio. Il capogruppo del Pd alla Camera, Ettore Rosato, aveva assunto un impegno solo che questa rielaborazione non è mai stata fatta e così i soldi per l'Asl di Taranto, almeno per ora, non sono previsti.
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Re: Renzi

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IL VERO MISTER BUNGA-BUNGA NON E' IL VECCHIETTO CHE DORME NEL SARCOFAGO AD HARDCORE.

LUI IL BUNGA-BUNGA LO LIMITAVA ALLE OLGETTINE, CHE TRA L'ALTRO PAGAVA PROFUMATAMENTE.

MA E' BENITO, PINOCCHIO MUSSOLONI-LA TRUFFA, CHE IL BUNGA-BUNGA LO FA CONTINUAMENTE A 60 MILIONI D'ITALIANI, CON LE SUE CONTINUE PROMESSE SCRITTE SULL'ACQUA.



Economia & Lobby
Bilancio, via i 50 milioni per l’emergenza
sanitaria di Taranto. Il relatore Guerra

“I pareri contrari venivano dal Governo”

^^^^^^

LA REPUBBLICA DEI BROCCHI


Bilancio, via i 50 milioni per l’emergenza sanitaria di Taranto. Il relatore Guerra: “I pareri contrari venivano dal Governo”

Economia
Il no della commissione Bilancio era arrivato perché la misura veniva ritenuta troppo specifica e locale. "L’impegno politico dovrà essere onorato. Abbiamo un altro passaggio parlamentare al Senato. Si tratta di capire quali potranno essere le modalità di copertura per quella spesa in deroga" ha spiegato il deputato del Pd. Il ministro dello Sviluppo economico Calenda: "E' stata fatta confusione"
di Andrea Tundo | 27 novembre 2016
COMMENTI (39)
Più informazioni su: Francesco Boccia, Guerra, Ilva, Legge di Bilancio, Taranto
“I pareri contrari venivano dal governo”. Il deputato dem Mauro Guerra, relatore della legge di Bilancio, non gira attorno al punto. I 50 milioni di euro che Palazzo Chigi si era impegnato a destinare a Taranto per fronteggiare l’emergenza sanitaria sono ‘saltati’ per questo motivo. “La ricostruzione di Francesco Boccia corrisponde alla verità – spiega Guerra a ilfattoquotidiano.it – C’è stata una discussione all’interno del governo e quello è stato l’orientamento. Credo per una questione di tipo di copertura, non sul punto in sé”. Eppure le rassicurazioni erano arrivate anche dal capogruppo alla Camera, Ettore Rosato, dopo la bocciatura dell’emendamento presentato dai deputati pugliesi, in testa il tarantino Ludovico Vico. Il no della commissione Bilancio era giunto perché la misura veniva ritenuta troppo specifica e locale. “Però – riflettono alcuni onorevoli dem – non sono gli stessi decreti Ilva a identificare quella di Taranto come una questione di rilevanza nazionale?”.


Fatto sta che i soldi per ora non ci sono e i contorsionismi del sottosegretario Claudio De Vincenti, tra i primi assieme al ministro Beatrice Lorenzin a garantire negli scorsi giorni che il governo avrebbe affrontato l’emergenza sanitaria della città jonica, raccontano di una storia che al momento si fa fatica a comprendere. “L’impegno politico dovrà essere onorato. Abbiamo un altro passaggio parlamentare al Senato. Si tratta di capire quali potranno essere le modalità di copertura per quella spesa in deroga – aggiunge Guerra – Bisogna trovare una concordanza sulle modalità, questo è il punto. A volte la si trova rapidamente, in altri casi è più complicato”. La polemica, intanto, è scoppiata e non accenna a smorzarsi. Perché in ambienti regionali, anche interni al partito, la motivazione profonda viene ricondotta alle posizioni del governatore Michele Emiliano sul referendum del 4 dicembre. Sibilline in questo senso sono state le dichiarazioni di Boccia al Corriere della Sera: “Temo che qualcuno abbia confuso le vicende politiche con gli interessi di una comunità. Non si fa”.

E lo stesso Boccia aveva risposto anche a De Vincenti (“Strumentalizzazione per coprire la più totale inadeguatezza del servizio sanitario pugliese”), bollando quello del sottosegretario come “inspiegabile nervosismo” e dicendosi sorpreso per la sua “mutazione”. All’affastellarsi delle motivazioni per giustificare l’assenza di quello stanziamento che avrebbe permesso alla Regione Puglia di assumere medici e impegnare risorse per l’acquisto di strumentazioni, in deroga al decreto ministeriale 70, si è aggiunta quella di Carlo Calenda. Per il ministro dello Sviluppo Economico, sulla questione Taranto “è stata fatta confusione, perché un conto era un fondo che era stato fatto per stabilizzare in tutta Italia i giovani medici e gli infermieri, con credo 150 milioni e 50 dei quali venivano staccati solo per Taranto, ovviamente con un danno per tutte le altre province, una cosa è dire che si debba fare un piano di rafforzamento sulla sanità di Taranto su cui il ministro Lorenzin ha già detto di essere d’accordo”. Secondo la ricostruzione di Calenda, quindi, un terzo dei fondi nazionali sul punto sarebbe dovuto finire nella città vessata dall’Ilva, nella quale uno studio epidemiologico della Regione ha evidenziato numeri fuori scala di malattie di vario tipo e un’impennata dei ricoveri tra i bambini residenti nei quartieri più vicini al siderurgico: “Il problema è trovare lo strumento giusto perché è impensabile prendere un terzo di tutto il fondo di stabilizzazione per Taranto, facciamolo con un altro strumento”, ha concluso il ministro.

Ma la polemica interna al partito non si placa, almeno in Puglia. È tornato a farsi sentire il segretario provinciale Costanzo Carrieri, che aveva annunciato la sospensione di tutte le iniziative di sostegno al Sì al referendum: “Renzi venga a Taranto a prendere precisi impegni sulle deroghe e sulle somme da stanziare per la sanità tarantina, per il personale e le strumentazioni che servono data la condizione di emergenza che viviamo – afferma – Non ci bastano le dichiarazioni del sottosegretario De Vincenti e del ministro della Sanità Lorenzin. Taranto merita un impegno solenne e preciso”. Ricordando al premier che “per due anni e mezzo abbiamo sostenuto con convinzione la sua azione”, Carrieri mette un punto fermo: “In questa circostanza non possiamo segnare il passo. C’è bisogno che lui ci metta la faccia come noi che viviamo qui e come Pd subiamo giustamente le contrapposizioni e lamentele dei cittadini”. Anche perché, aggiunge ancora il segretario provinciale, “Taranto nella legge di Bilancio è stata già penalizzata”, mentre “sarebbero avanzati con grande velocità gli stanziamenti di ingenti risorse per la Regione Campania, per risanare l’Agenzia di trasporto locale della regione governata dal presidente De Luca e in Calabria sono stati stanziati 50 milioni per la stabilizzazione degli Lsu”. Come dire: quando vuole, il Governo sa bene dove trovare i soldi.

di Andrea Tundo | 27 novembre 2016
(DI A. TUNDO)
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Re: Renzi

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IL VERO MISTER BUNGA-BUNGA NON E' IL VECCHIETTO CHE DORME NEL SARCOFAGO AD HARDCORE.

LUI IL BUNGA-BUNGA LO LIMITAVA ALLE OLGETTINE, CHE TRA L'ALTRO PAGAVA PROFUMATAMENTE.

MA E' BENITO, PINOCCHIO MUSSOLONI-LA TRUFFA, CHE IL BUNGA-BUNGA LO FA CONTINUAMENTE A 60 MILIONI D'ITALIANI, CON LE SUE CONTINUE PROMESSE SCRITTE SULL'ACQUA.



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sanitaria di Taranto. Il relatore Guerra

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“I pareri contrari venivano dal governo”. Il deputato dem Mauro Guerra, relatore della legge di Bilancio, non gira attorno al punto. I 50 milioni di euro che Palazzo Chigi si era impegnato a destinare a Taranto per fronteggiare l’emergenza sanitaria sono ‘saltati’ per questo motivo. “La ricostruzione di Francesco Boccia corrisponde alla verità – spiega Guerra a ilfattoquotidiano.it – C’è stata una discussione all’interno del governo e quello è stato l’orientamento. Credo per una questione di tipo di copertura, non sul punto in sé”. Eppure le rassicurazioni erano arrivate anche dal capogruppo alla Camera, Ettore Rosato, dopo la bocciatura dell’emendamento presentato dai deputati pugliesi, in testa il tarantino Ludovico Vico. Il no della commissione Bilancio era giunto perché la misura veniva ritenuta troppo specifica e locale. “Però – riflettono alcuni onorevoli dem – non sono gli stessi decreti Ilva a identificare quella di Taranto come una questione di rilevanza nazionale?”.


Fatto sta che i soldi per ora non ci sono e i contorsionismi del sottosegretario Claudio De Vincenti, tra i primi assieme al ministro Beatrice Lorenzin a garantire negli scorsi giorni che il governo avrebbe affrontato l’emergenza sanitaria della città jonica, raccontano di una storia che al momento si fa fatica a comprendere. “L’impegno politico dovrà essere onorato. Abbiamo un altro passaggio parlamentare al Senato. Si tratta di capire quali potranno essere le modalità di copertura per quella spesa in deroga – aggiunge Guerra – Bisogna trovare una concordanza sulle modalità, questo è il punto. A volte la si trova rapidamente, in altri casi è più complicato”. La polemica, intanto, è scoppiata e non accenna a smorzarsi. Perché in ambienti regionali, anche interni al partito, la motivazione profonda viene ricondotta alle posizioni del governatore Michele Emiliano sul referendum del 4 dicembre. Sibilline in questo senso sono state le dichiarazioni di Boccia al Corriere della Sera: “Temo che qualcuno abbia confuso le vicende politiche con gli interessi di una comunità. Non si fa”.

E lo stesso Boccia aveva risposto anche a De Vincenti (“Strumentalizzazione per coprire la più totale inadeguatezza del servizio sanitario pugliese”), bollando quello del sottosegretario come “inspiegabile nervosismo” e dicendosi sorpreso per la sua “mutazione”. All’affastellarsi delle motivazioni per giustificare l’assenza di quello stanziamento che avrebbe permesso alla Regione Puglia di assumere medici e impegnare risorse per l’acquisto di strumentazioni, in deroga al decreto ministeriale 70, si è aggiunta quella di Carlo Calenda. Per il ministro dello Sviluppo Economico, sulla questione Taranto “è stata fatta confusione, perché un conto era un fondo che era stato fatto per stabilizzare in tutta Italia i giovani medici e gli infermieri, con credo 150 milioni e 50 dei quali venivano staccati solo per Taranto, ovviamente con un danno per tutte le altre province, una cosa è dire che si debba fare un piano di rafforzamento sulla sanità di Taranto su cui il ministro Lorenzin ha già detto di essere d’accordo”. Secondo la ricostruzione di Calenda, quindi, un terzo dei fondi nazionali sul punto sarebbe dovuto finire nella città vessata dall’Ilva, nella quale uno studio epidemiologico della Regione ha evidenziato numeri fuori scala di malattie di vario tipo e un’impennata dei ricoveri tra i bambini residenti nei quartieri più vicini al siderurgico: “Il problema è trovare lo strumento giusto perché è impensabile prendere un terzo di tutto il fondo di stabilizzazione per Taranto, facciamolo con un altro strumento”, ha concluso il ministro.

Ma la polemica interna al partito non si placa, almeno in Puglia. È tornato a farsi sentire il segretario provinciale Costanzo Carrieri, che aveva annunciato la sospensione di tutte le iniziative di sostegno al Sì al referendum: “Renzi venga a Taranto a prendere precisi impegni sulle deroghe e sulle somme da stanziare per la sanità tarantina, per il personale e le strumentazioni che servono data la condizione di emergenza che viviamo – afferma – Non ci bastano le dichiarazioni del sottosegretario De Vincenti e del ministro della Sanità Lorenzin. Taranto merita un impegno solenne e preciso”. Ricordando al premier che “per due anni e mezzo abbiamo sostenuto con convinzione la sua azione”, Carrieri mette un punto fermo: “In questa circostanza non possiamo segnare il passo. C’è bisogno che lui ci metta la faccia come noi che viviamo qui e come Pd subiamo giustamente le contrapposizioni e lamentele dei cittadini”. Anche perché, aggiunge ancora il segretario provinciale, “Taranto nella legge di Bilancio è stata già penalizzata”, mentre “sarebbero avanzati con grande velocità gli stanziamenti di ingenti risorse per la Regione Campania, per risanare l’Agenzia di trasporto locale della regione governata dal presidente De Luca e in Calabria sono stati stanziati 50 milioni per la stabilizzazione degli Lsu”. Come dire: quando vuole, il Governo sa bene dove trovare i soldi.

di Andrea Tundo | 27 novembre 2016
(DI A. TUNDO)
paolo11
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Re: Renzi

Messaggio da paolo11 »

Renzi segretatio del partito e presidente del consiglio.Non è forse un piccolo dittatore?non molla niente.Chi vuole un dittatore al governo voti SI.

Ciao
Paolo11
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Re: Renzi

Messaggio da UncleTom »

LA FINE DELLA REPUBBLICA DEI BROCCHI


LA28 NOV 2016 10:14
LA MANDRAKATA DI MATTEUCCIO: UN RENZI BIS SENZA RENZI


- SE VINCE IL "NO" SPUNTA IL NOME DI DELRIO[Del(i)rio-ndt]PER COMPLETARE LEGISLATURA (COME VUOLE MATTARELLA), CON IL DUCETTO IMPEGNATO A SCHIENARE I DISSIDENTI PD, IN VISTA DEL CONGRESSO


- GIA’ BRUCIATO PADOAN: VIENE DALL’OCSE, QUINDI E’ UN TECNICO



Goffredo De Marchis per la Repubblica


In caso di vittoria del No, Matteo Renzi continua a pensare al voto anticipato nel 2017. Per una questione caratteriale: «Io non mi ci vedo a fare il segretario del Pd per un anno e più sostenendo un altro governo che sarà bombardato da Grillo e Salvini perché non eletto». E per un calcolo che a Palazzo Chigi stanno facendo da molti giorni: «Con una sconfitta di misura, il 45-48 per cento sono voti riconducibili a me e al Pd». Numeri sufficientemente incoraggianti per affrontare una sfida elettorale contro una compagine molto variegata e dove il vero dominus sarebbe Beppe Grillo.

Lo scioglimento delle Camere è veramente il nodo più difficile da districare nei tanti scenari post 4 dicembre. A cominciare dal fatto che le elezioni anticipate sono nella disponibilità del capo dello Stato Sergio Mattarella e che dal Quirinale è già filtrato il mood presidenziale: cercare in ogni modo di arrivare alla scadenza naturale della legislatura, ovvero febbraio 2018.


Umore espresso pubblicamente dal ministro della Cultura Dario Franceschini, molto vicino al capo dello Stato. Ma il Colle fa filtrare che il pallino è nelle mani di Renzi, che la via d' uscita alla bocciatura della riforma costituzionale passa innanzitutto dal premier e segretario del Pd, un partito che solo alla Camera conta 312 deputati, più altri 100 senatori. E un governo, qualsiasi governo, ha bisogno di una maggioranza parlamentare per sopravvivere. Questa è la vera partita tra Renzi e il Colle. Comincerà all' indomani del 4 dicembre sempre che non vinca il Sì.

Il sentiero meno impervio per giungere a questo risultato è accettare il reincarico da parte di Mattarella, avviare le operazioni per una nuova legge elettorale, tenere insieme il Pd, convincere gli alleati dell' esecutivo (Ala e Ncd) che l' unica soluzione praticabile è il voto nella primavera nel 2017. Insomma, non ritirarsi a Rignano, come promesso ormai molti mesi fa, ma nemmeno vivacchiare, mettendosi invece subito in gioco e accettando la sfida delle urne.


Le variabili, come si vede, sono molte, forse troppe, e gli ostacoli ancora di più. Renzi però pensa soprattutto a questo orizzonte quando dice, anche al di là della propaganda, che non subirà mai un governo tecnico, un governicchio, un inciucio.

Del resto è difficile vedere, con questo Parlamento, un governo tecnico sul modello Monti. Con quale maggioranza? Pd e 5 stelle insieme? Con Forza Italia e il Pd uniti? Renzi dunque lo nega non solo come spauracchio per spostare gli indecisi sul Sì. È un' ipotesi complicatissima da realizzare, il segretario del Pd non avrebbe problemi a stopparla.


Semmai il pressing su Renzi è un altro. Viene dal partito, dalla sua pancia profonda e prevede un' altra strada. Non le elezioni anticipate. Il premier resta leader dem e propone un governo politico. Un Renzi bis senza Renzi con Delrio o Padoan a Palazzo Chigi. Il governo nasce su un non detto: la durata. In realtà "vede" il traguardo del 2018. Nel frattempo Renzi fa il segretario a tempo pieno, gira l' Italia, prepara il congresso del Pd dove rimane il superfavorito e si ricandida alla guida dell' esecutivo.


Questo suggerimento gli arriva ormai da molte parti, principalmente da alcuni dirigenti del suo partito che "misurano" anche la resistenza dei gruppi parlamentari del Pd allo strappo del voto anticipato. Come dire: non è sicuro che i dem seguiranno il leader sulla china del voto a primavera. Il Renzi bis senza Renzi garantisce la stabilità, serve a preparare una rinvincita nel 2018. «Fa un po' il democristiano - spiega un deputato amico -. Lui alla segreteria che dà le carte, un suo uomo alla presidenza del Consiglio. Altrimenti possono esserci prospettive peggiori perché soluzioni, anche senza di lui, si possono sempre trovare. E non tecniche».


Mentre Renzi è pancia a terra per colmare lo svantaggio e ai suoi professa ottimismo sulle possibilità di rimonta, qualcuno infatti pensa già al dopo. Certo, l' idea di sostenere un altro al suo posto è estranea alla sua grammatica. La sua prima scelta, nel caso, ricadrebbe su Pier Carlo Padoan, l' unico del quale Renzi non avvertirebbe l' ombra allungarsi sul Pd e sulle sue ambizioni.

Ma Padoan, fino a due anni e mezzo fa era all' Ocse. Anche con un esecutivo di ministri politici, avrebbe il sapore di una scelta "tecnica". Graziano Delrio rappresenta l' alternativa, ma una figura come il ministro delle Infrastrutture, sarebbe davvero così neutra rispetto alla lunga battaglia congressuale e alla ricandidatura? La risposta dei renziani è no.
UncleTom
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Re: Renzi

Messaggio da UncleTom »

In caso di vittoria del No, Matteo Renzi continua a pensare al voto anticipato nel 2017. Per una questione caratteriale: «Io non mi ci vedo a fare il segretario del Pd per un anno e più sostenendo un altro governo che sarà bombardato da Grillo e Salvini perché non eletto».



UNO CHE SI CREDE DI ESSERE UN DIO, PUO' ABBASSARSI A FARE IL SEMPLICE SEGRETARIO DI UN PARTITO IN ESTINZIONE??????????????????????????????????????????????????


COME MINIMO PUO' FARE IL DUCE.

E' PER QUESTO CHE HA ACCETTATO DI TROMBARE ENRICO LETTA
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