Renzi

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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Re: Renzi

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UN PAESE FERMO CULTURALMENTE ALLE "AVVENTURE DI PINOCCHIO"


“Legge Madia? La riforma non cambierebbe nulla
Quella di Renzi è pubblicità ingannevole per il Sì

Lo dice il costituzionalista Massimo Villone. La Consulta ha dichiarato incostituzionale parte della legge sulla Pubblica amministrazione e il governo ha reagito
Referendum Costituzionale
Il ragionamento di Renzi e del Pd, dopo che la Consulta ha bocciato una parte consistente della legge Madia, è molto semplice: è la prova che il Paese è bloccato. E per sbloccare il Paese bisogna votare Sì al referendum. Le cose, però, non stanno così. L’incostituzionalità della riforma della Pubblica amministrazione, infatti, nulla ha a che vedere con i cambiamenti che verrebbero introdotti in caso di vittoria del fronte governativo il prossimo 4 dicembre. A spiegarlo bene è il costituzionalista Massimo Villone. Per lui quella di Renzi e dei rappresentanti del governo altro non è che “pubblicità ingannevole per il Sì”contestando un “Paese bloccato” (leggi)
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Re: Renzi

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REFERENDUM COSTITUZIONALE
Referendum, la riforma costituzionale di (Du)Cetto La Qualunque

di Fabio Scacciavillani | 28 novembre 2016
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Fabio Scacciavillani
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Cavour, Giolitti e Mussolini governarono sostanzialmente con lo stesso sistema costituzionale, ma con leggi elettorali diverse. Fu l’introduzione del suffragio universale (in un paese ad alto tasso di analfabetismo), e il Patto Gentiloni che ne derivò, a cambiare gli assetti politici reali.

In poco tempo l’Italia fu spinta verso la Prima Guerra Mondiale, sull’onda delle pressioni violente esercitate dalla teppa interventista di destra e di sinistra.

Finita la guerra più inutile della Storia, il sistema elettorale generò il caos da cui originò il fascismo.

E infine fu la legge Acerbo (voluta da Mussolini e che determinò l’aggregazione del Listone) a trasformare un sistema più o meno rappresentativo in una dittatura.

E’ questo il quadro storico da non dimenticare il 4 dicembre.

A dispetto dei ragli di chi si ostina a ripetere che l’Italicum non è oggetto della riforma costituzionale soggetta a referendum, gli effetti nefasti della riforma Boschi-Verdini derivano dalla combinazione con una legge elettorale demenziale partorita dall’arroganza puerile del Ducetto La Qualunque convinto di avere in mano il Paese grazie a un’elemosina di 80 euro.


Una Costituzione che rafforzi i poteri del governo nel quadro di un sistema parlamentare con sistema elettorale proporzionale, sortisce effetti totalmente diversi quando il sistema elettorale regala a una minoranza la maggioranza dei seggi in Parlamento.



Gli argini all’autoritarismo e all’arbitrio o, se preferite, un efficace equilibrio di pesi e contrappesi assicurato dalle dinamiche di una coalizione parlamentare, in un sistema maggioritario deve essere garantito da istituzioni non soggette al controllo della maggioranza.

Invece la riforma elettorale assegna al caporione del partito che vince le elezioni oltre al governo, il controllo di Commissioni Parlamentari, Rai, Autorità indipendenti (si fa per dire), Forze Armate, Polizia, Banca d’Italia, Eni, Finmeccanica, Inps, Enel, Cassa Depositi e Prestiti, Poste, Agenzia delle Entrate, Equitalia (o come cavolo verrà ribattezzata), Ferrovie e una forte influenza su Presidenza della Repubblica, Corte Costituzionale e Csm. E, come ciliegina, il caporione controllerà i cordoni della borsa su una miriade di enti locali (con annesso sistema sanitario) nonché i salvataggi di banche e imprese in dissesto.



Detto in termini semplici, una legge elettorale assurda e una Costituzione che non prevede argini alle decisioni del governo in un paese dove lo Stato controlla direttamente o indirettamente oltre due terzi dell’economia, significa instaurare un regime.




Lo Statuto delle Opposizioni è solo una carognata in quanto viene votato a maggioranza in Parlamento, cioè in pratica viene dettato dal governo.


La Costituzione fissa principi generali e regole vaghe.

Il problema è che tali principi e regole vanno fatti rispettare.

Questo compito spetta all’autorità costituita.

Ma se tale autorità non ha nessun interesse ad agire, anzi propende per la violazione delle regole costituzionali a proprio vantaggio, la Costituzione diventa come lo Statuto Albertino durante il fascismo.

Ad esempio l’art. 24 dello Statuto recitava: “Tutti i regnicoli, qualunque sia il loro titolo o grado, sono eguali dinanzi alla Legge. […]

Tutti godono egualmente i diritti civili e politici, e sono ammessi alle cariche civili e militari, salve le eccezioni determinate dalle leggi”.

Questo articolo non impedì le leggi razziali contro gli ebrei.

Lo Statuto prevedeva la libertà di stampa (art. 28) e la libertà di riunione (art. 32), ma non garantì nessuna delle due perché non esistevano istituzioni che potevano opporsi al governo del Duce, nemmeno il Re.

Per concludere, un sistema costituzionale non si giudica dal fatto che se vincono i nostri tutto va per il meglio.

Si giudica dal fatto che se vincono gli altri il sistema non si trasforma in un’autocrazia.

La democrazia è in prima istanza un meccanismo per limitare i poteri del sovrano e della maggioranza.

Non per aprire a qualche campiere della massoneria agropastorale toscana, insieme al rottame comunista salernitano, la porta del potere
.
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Re: Renzi

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LA DOMANDA SORGE SPONTANEA.


Carlo Lorenzini, meglio conoscito come Carlo Collodi, per aver scritto :

Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino,

se invece di nascere a Firenze il 24 novembre 1826, fosse nato il 24 novembre 1946, cosa avrebbe scritto trovandosi di fronte il rignanese, il più grande bugiardo della storia dell'umanità in carne ed ossa???????????

C’È GROSSA CRISI


- NEL 2015 I SENZATETTO IN ITALIA SONO AUMENTATI DEL 21% RISPETTO ALL’ANNO PRECEDENTE

- QUATTRO MILIONI E MEZZO DI PERSONE VIVONO IN CONDIZIONI DI POVERTÀ ASSOLUTA, MAI COSÌ TANTI DAL 2005

- A BOLOGNA SEI "PASTI SOCIALI" SU DIECI SONO SERVITI A NOSTRI CONNAZIONALI


che sommati ai due milioni e mezzo che rinunciano a curarsi perchè non hanno i soldi.


Niccolò Zancan per “la Stampa”

«Guarda che poteva succedere anche a te» dice l'ex facchino Franco Lepore, nato a Bologna, vissuto in via Massarenti, trentasei anni di lavoro duro e vacanze in città, a parte un solo viaggio «memorabile» in Brasile alla fine degli Anni Novanta. «Perdi il posto, ti salta la casa. I miei cugini si sono fatti una famiglia. Non ho nessuno nelle condizioni di aiutarmi».

Accanto a lui, ci sono diciannove persone sedute sulle panche di questa stanzetta troppo illuminata. Aspettano il secondo turno perché il refettorio è pieno. Una donna pallida, con il viso deturpato da una cicatrice, esce urlando e piangendo. Dice fra i singhiozzi che in coda le hanno storto un braccio. Arriva la polizia. In dieci si fanno avanti per smentirla. «Non mi sento bene, scusatemi» dice adesso la donna mettendosi a sedere. Odore di mandarini. Un altro giro di tagliatelle al sugo. Un'altra sera alla mensa della Caritas di Bologna.

LA PRIMA NOTTE
«La prima notte in strada ero titubante», dice il signor Lepore. «Mi hanno rubato il sacco a pelo già due volte. Per fortuna ho un amico che tiene le mie cose da lui. Alla fine, bisogna risollevarsi. Mi sono fatto fare tutti i conteggi. Mi mancano 16 mesi alla pensione. Devo resistere».

Resistere a Bologna. In Italia nel 2016. Dove la crisi non è mai finita, almeno se la si guarda da queste specie di sala d' aspetto. Gli ultimi dati della Caritas dicono, anzi, che i senzatetto nel 2015 sono aumentati del 21 per cento rispetto all' anno precedente.
Quattro milioni e mezzo di italiani vivono in condizioni di povertà assoluta, mai così tanti dal 2005. E proprio qui, sotto le Due Torri, in Emilia Romagna, il 64 per cento dei pasti sociali è per gli italiani.


Anche l' ex saldatore Nicola Mastro aspetta il suo turno per cenare. «Il mio datore di lavoro era Paolo Mascagni del mobilificio di Caselecchio, lo conosci? Eravamo in solidarietà da una settimana, quando si è tolto la vita. Una bravissima persona. Ancora adesso la famiglia mi aiuta come può. Era il 2011. Ho provato a farmi assumere alla Manutencoop, ma non c' era posto. Da allora ho consumato tutti i risparmi, senza più trovare niente. Eppure, fidati, qui dentro io sono uno dei più fortunati».

LA FORTUNA
Ecco in cosa consiste la fortuna del signor Mastro: «Ho un piccolo camper. Merito di un mio amico che sapeva capire il mondo. Incominciavano a lasciare le persone a casa, e lui mi dice: "Meglio che ti procuri qualcosa". Tengo il camper parcheggiato in zona Barca. Non passa mai nessuno.

Lo scorso inverno stavo morendo di polmonite lì dentro. È venuto solo un marocchino a rapinarmi, alla fine di settembre. Gli ho girato il braccio dietro la schiena e ci siamo presi a calci fino a quando è scappato. Una volta avevo un fisico che faceva invidia, anche se adesso non ci crederesti». Adesso è dimagrito troppo e troppo in fretta. Ha problemi al fegato.

Gronda umidità. E si scusa, molto, per quello che vuole dire: «Sembrerò razzista, ma noi italiani siamo diventati gli extracomunitari. A loro passano 40 euro al giorno, a noi niente. Nessuno dei servizi sociali mi conosce. Guarda anche qui: siamo in coda con i migranti».


A cena ci sono nigeriani, senegalesi, magrebini, siriani, badanti moldave e romene, un' infermiera polacca che sorride a tutti. E poi loro, gli invisibili d' Italia. Hanno borselli agganciati stretti alla cintura e vecchi giacconi da sci. Qualcuno si saluta con il nome delle città. «Ciao Firenze!». Altri non parlano e scappano il più in fretta possibile. C' è Gianluca Pezzoli con il cane Scubidù, legato all' ingresso: «Lavoravo a Rimini, ma avevo troppi pensieri, troppa ansia. Ho mollato tutto per stare in pace». E c' è l' idraulico Alberto che, invece, ha divorziato a Roma, è di Reggiolo, ma non voleva tornare a casa così impoverito, e ci riprova qui: «Mi mancano i miei figli. Loro non sanno che dormo per strada.

Sono fuori da tre mesi, ma non mi arrendo. Ho dato come domicilio l' indirizzo del centro ascolto di via Polese. Metto annunci a ripetizione sul web. Sono un bravo artigiano. Mi è appena arrivata una richiesta per un rifacimento bagno. Ho fatto un preventivo da 2100 euro». Studenti e osterie Bologna «la grassa», con le osterie bellissime da cui risuonano i suoi cantautori, gli studenti per le strade del centro storico, via degli Orefici e via delle Pescherie Vecchie. Bologna che ogni anno, solo alla Caritas, serve 68.500 pasti. Suor Maria Teresa si occupa delle colazioni dei poveri. Per quindici anni è stata alla mensa di Crotone, la città italiana con il più alto tasso di disoccupazione: 31,46 per cento. Ma adesso è qui, e guarda Bologna con occhi preoccupati: «Vengono questi uomini ancora giovani ad aiutarmi alle sei di mattina.


Capisci quanto sono tormentati. Hanno perso il lavoro. Non riescono a dormire. Rispetto a Crotone, quello che mi colpisce è che la povertà è più recente e più nascosta». Bologna sta imparando a conoscere il suo nuovo arcivescovo, mandato da Papa Francesco per occuparsi proprio di questo. Monsignor Matteo Maria Zuppi per prima cosa si è schierato con i lavoratori e contro gli sfratti: «La crisi non è affatto finita - dice adesso - sarà un' onda lunga. Penso alle pensioni minime che verranno. La soglia è sottilissima: puoi scivolare e non farcela più. Io vedo l' Italia come nelle macerie del dopoguerra. Serve lo sforzo di tutti per ricostruire».

La cena alla Caritas, il pranzo alla mensa degli Antoniani, un' altra istituzione cittadina.

Hanno dovuto dedicare dei giorni alle famiglie, perché arrivavano a mangiare i genitori con i figli. Ed è sempre qui che si può vedere come può finire, certe volte, il boom economico.
Antonina e Salvatore Arena, 85 e 87 anni, emigrati a Bologna nel 1960 da Valguarnera Caropepe, Sicilia. «Lavoravo alla fabbrica di gesso di Ponticelli» dice lui. «Non torniamo al paese da più di trent' anni» dice lei. Due pensioni minime, quattro figli.

«Non hanno un lavoro stabile, noi cerchiamo di aiutarli. Ogni giorno prendiamo il pullman 90. Ci vuole mezz' ora per venire alla mensa. Poi torniamo a casa. Questa sera abbiamo la pasta». Fra i tavoli della messa della Caritas tutti cercano gli occhi di Anita. «Ciao splendore», «ciao bellissima», le dicono mentre porta i carrelli. Anita Monopoli fa il turno di notte al centro meccanografico delle Poste, ma prima viene ad aiutare. «Io sarò sempre dalla parte delle donne. Ma qui ho imparato ad essere anche dalla parte degli uomini. Spesso vengono penalizzati nel divorzio e con i figli. L' altra sera c' era un signore garbato, elegante, ricordava Michele Mirabella. Mi ha colpito la sua compostezza. Ogni volta dico a tutti: spero di non vedervi mai più. Ma poi, purtroppo, li vedo ritornare».

Tutte le sere, Massimo Matteuzzi, ex magazziniere, ex autista, 62 anni, compra un biglietto del treno per Castel Maggiore da un euro e 50. È il più economico in commercio.

«Senza biglietto i vigilantes non ti fanno entrare in stazione. Ma io vengo qui proprio perché ci sono loro». Il sottopassaggio è pieno di persone. Sono le undici di sera. Hanno tutti il biglietto in tasca, anche se non partono. Il signor Matteuzzi tira fuori le coperte dal borsone e si sdraia sul pavimento. «Buonanotte», dice ad alta voce. Poi si infila tre berretti di lana in testa per non sentire il rumore dei treni che sfrecciano via
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Re: Renzi

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C'era una volta un butattino ammalato di Bunga-Bunga???????

Inizierebbe così Carlo lorenzini???????






Il vero bluff di Renzi: ha messo più tasse lui del governo Monti
I dati Istat sbugiardano il premier: prelievo fiscale passato da 700 a 712 miliardi di euro



Giuseppe Marino - Lun, 28/11/2016 - 14:45
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L'ultima battuta di caccia al voto di Renzi si gioca al di fuori dalla riserva elettorale del centrosinistra.


Il premier sa bene che il mondo Pd è quanto meno spaccato e si aggrappa a parole d'ordine care al popolo del centrodestra.

Tasse. Il pressing sulla diminuzione della pressione fiscale era stato al centro dell'intervento del presidente del Consiglio in settimana al videoforum della Stampa: «L'Economist dice che è meglio che vinca il No perché arriva un governo tecnocratico? L'ultimo è quello di Mario Monti che ha alzato le tasse». In un solo colpo Renzi così ha rispolverato il tema del presunto taglio delle tasse, agitato lo spauracchio di un «ritorno dei Monti» e rifilato un siluro all'ex premier reo di essersi schierato per il No. Il professore però gli risponde citando un dato scomodo: «È vero che in una fase di emergenza ho aumentato le tasse, l'Istat ha detto che Renzi le ha aumentate di più», ha detto intervistato su Sky da Maria Latella. Affermazione che trova riscontro nei numeri dell'Istituto di statistica. Andrea Del Monaco, analista esperto di fondi europei, ha rielaborato i dati rilevando che «con Monti nel 2013 il prelievo fiscale è stato di 700 miliardi, con Renzi nel 2015 di 712 miliardi: quindi da Monti a Renzi 12 miliardi di tasse e imposte in più». Il confronto, sostiene Del Monaco, è ancora più impietoso se confrontato all'ultimo governo di centrodestra: «Il prelievo fiscale sale dai 681 miliardi di Berlusconi nel 2011 ai 712 miliardi di Renzi nel 2015: 31 miliardi di tasse e imposte in più». Secondo Del Monaco, nonostante le sparate anti-europee di Renzi, l'Italia ha continuato con il Rottamatore ad applicare le direttive di Bruxelles sottoscritto dall'Italia con il Fiscal compact e gli altri accordi europei che reggono le fondamenta della politica dell'austerity.

Cambiamento. Ospite ieri di Barbara D'Urso a Domenica Live, Renzi ha insistito su un altro dei temi forti della propaganda per il Sì che suona sicuramente meglio alle orecchie dell'elettore di centrodestra, piuttosto che a quello di centrosinistra, sensibile soprattutto al gioco conservativo, allo sbarramento in difesa della Costituzione. «Se vince il No - ha sostenuto - questo Paese ha la stessa Costituzione di oggi cioè non funziona». E ancora: «Mi ha colpito molto una dichiarazione di Berlusconi dell'8 giugno 2006, quando disse che se gli italiani avessero votato No alla sua riforma non sarebbe cambiato nulla per anni. Me lo ricordo quel giorno perché è nata mia figlia Ester, che adesso ha dieci anni. Se ora il vince il no quando vedremo la prossima riforma, quando mia figlia avrà 20 anni?». Già, peccato che allora a votare No fosse proprio il Pd.

Burocrazia e casta. Renzi su Canale 5 ha criticato la sentenza della Consulta che ha bocciato la sua legge sulla pubblica amministrazione e sostenuto che la riforma costituzionale «tira via 315 poltrone dal Senato, elimina i rimborsi spese dei consiglieri regionali, rende più semplice governare il Paese». Non è proprio così, ma per Renzi non è il momento di sottilizzare. Resta da vedere se gli italiani faranno altrettanto nell'urna.
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Re: Renzi

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RINGRAZIAMO ANCORA EDUARDO

https://www.youtube.com/watch?v=gkrnK0igAP0


Stabilità, Renzi: “Questa legge risponde a chi va nei mercati rionali e non finanziari”
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11 ... i/3223110/



FATEGLIELO 10 VOLTE AL GIORNO.

MI RACCOMANDO,.......LA MANO MOLLE
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Re: Renzi

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IL DISPERATO DI RIGNANO


5 ore fa
Renzi dà un'altra mancia
"Alzo pensioni minime"

Andrea Indini

Referendum Costituzionale
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Re: Renzi

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Dalla prima pagina del Fatto Quotidiano di oggi 29 novembre 2016:

SILENZI Mps perde un altro 14%. Boccia (Pd): “Il premier dica che interviene lo Stato
Renzi straparla di tutto, fuorché
delle otto banche che crollano


Il Financial Times avverte: otto istituti (già in crisi) a rischio con il No. Ma sono bolliti anche con il Sì
MELETTI E PALOMBI A PAG. 2 - 3
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Re: Renzi

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D’ALFONSO (PD)
“Se votate bene
più soldi per
l’A b r u z z o
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Re: Renzi

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E' PROPRIO NECESSARIO TRATTARE GLI ITALIANI SEMPRE COME UTILI IDIOTI????????????????????????????????


Le banche possono fallire?
Certo, anche se vince il Sì


SPAU R ACC H I
Al lupo al lupo... L’allarme del “Financial Times”sui rischi del No non spiega cosa succederebbe in caso di esito opposto. I guai ci sono già, provocati dal governo


»GIORGIO MELETTI
La febbre referendaria provoca capogiri. Rachel Sanderson,corrispondente da Milano del Financial Times, spiega dalle colonne dell’autorevole quotidiano britannico che, se vincesse ilNo, ottobanche italianerischierebbero ilfallimento. Nessuna reazione dalle otto banche destinatarie della nomination: Monte dei Paschi, Popolare di Vicenza, Veneto Banca, Carige, Etruria, Banca Marche, Cassa Ferrara e Cassa Chieti. Strano. Se uno scriveche sonoa rischio di fallimento riceve minacce di azioni legali, basta scrivere che potrebbero fallire se vince il No e la rabbia si placa.
IL PREMIERMatteo Renzi, nella conferenza stampa di ieri pomeriggio,non hacommentato e ha lasciato la parola al ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan “per sentirsi più tran quillo”(ha detto così). Strano: l’ipotesi che il sistema bancario italiano possa collassarsi per effetto dell’esercizio della democrazia per il capo del governo italiano non merita nemmeno una parola tranquillizzante peri mercati (e per gli elettori). E per Padoan il Financial Timesnon ha tutti i torti: “Non c’è nulla di strano in quello che viene scritto, è ovvio che i mercati finanziari non amino l’incertez za e stiano valutando con perplessità che la politica di riforme sia messa in qualche modo in discussione”. Invece una stranezza c’è. La stessa Sanderson, inun accurato reportage sulla crisi della banchevenete scrittoappena cinque giorni fa, ci ha avvertito che in una regione funestata dalla liquefazione di 11 miliardi di risparmi “la palpabile rabbia contro i politici e le istituzioni”ha “potenziali conseguenza politiche sul referendum del 4 dicembre che minaccia di disarcionare Renzi”. La logica stringente del Fi nancial Times sarebbe quindi laseguente:la crisidelleban che potrebbe favorire la vittoria del No, la vittoria del No potrebbe far precipitare la crisi delle banche. È evidente che al ragionamento manca un pezzo. Ai banchieri e dirigenti statali che le hanno dato anonimamente la notizia bomba che il No farà fallire le otto banche Sanderson non ha fatto la domanda decisiva: e se vince il Sì che cosa sarà delle otto banche? Rifioriranno miracolosamente sull’onda del cambiamento? Verranno prese d’assedio da investitori internazionali vogliosi di far piovere i loro capitali sulle banche diun Paese cheha finalmente superato il bicameralismo perfetto? Difficilecrederlo. Laverità è che le otto banche di cui si parla sono in condizioni forse disperate, sicuramente molto gravi, non solo ma anche a causa dei tentennamenti del governo Renzi. E certamente non per l’incertezza politica di un referendum che comunque è stato reso simile a un giudizio di Dio proprio dal governo che lo ha voluto. Se avesse senso la minaccia del Financial Times la colpa sarebbe proprio del
presidente del Consiglio che quandoha detto“sul referendum mi gioco tutto”si è giocato anche il futuro delle banche italiane, cioè di tutta l’eco nomia del Paese.
GLI INVESTITORI che si tirerebbero indietro in caso di vittoria del No, lasciando nelle peste Mps (in attesa di 5 mi
liardi di aumento di capitale) e Unicredit (in attesa di 13 miliardi di aumento di capitale), sono gli stessi che secondo Renzi gli hanno chiesto di sostituire Fabrizio Viola con Marco Morelli alla guida di Mps come condizione per sottoscrivere l’aumento di capitale. Renzi haeseguito l’ordine recapitatogli dalla banca Jp Morgan ei mercatihanno accolto la mossa correndo a vendere le azioni Montepaschi. Le quattro banche che Renzi ha “salvato”un anno fa con il famoso decreto Salvabanche sono ancora lì. Aveva promessoalla Commissione europea che le avrebbe rimesse in sesto e rivendute entro il 30 aprile scorso. Non ha fatto niente.
Solo una piccola parte dei risparmiatoritruffati hannovisto il risarcimento. Adesso tre delle quattro (Etruria, Marche e Chieti) se le prenderebbe Ubi Banca, che però le vuole ripulite da 2,5 miliardi di nuove sofferenzegenerate inquesto anno di gestione a cura della Banca d’Italia e non del Comitatoper ilNo.La ripuliturala deve fare il fondo Atlante, che però non ha abbastanza soldi. Le Assicurazioni Generali hanno deciso ieri di convertire in azioni 400 milioni di subordinate Mps, come richiesto da Morelli come condizione per salvare la banca, ma hanno detto che non contribuiranno più al fondo Atlante.
Il presidente diAtlante, AlessandroPenati, haricapitalizzato la Popolare di Vicenza con 1,5 miliardi e Veneto Bancacon1 miliardo.Nessunose levuolecomprare. Luihadeciso di provare a risanarle fondendole, ma trattandosi di due dirette concorrenti la conseguenza sarà un’ecatombe di sportelli e di dipendenti, si parla di 3 mila esuberi.
IL PRESIDENTEdi Veneto Banca Beniamino Anselmi ha reagito a questo disegno dimettendosidopo appenatremesi di mandato: “Non stiamo parlando di barattoli ma di persone –ha detto –quando tocco il lavoro creo tensioniche si ri
flettono sulle famiglie, sui figli, creo degli sconvolgimenti di caratteresociale che lasciano ferite sulle persone”. Questa è la situazione delle bancheitaliane cherischiano seriamente di fallire: quattro delle otto sono pubbliche, Mps ha lo Stato come primo azionista, le due venete sono di fatto commissariate, l’unica veramente privata è Carige. Le responsabilità sono principalmente di un governo indeciso a tutto. Il tentativo di dare la colpa ai cittadini che voteranno Nodà solo la misuradi un sensodi responsabilitàistituzionale quasi azzerato.
Twitter @giorgiomeletti © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Re: Renzi

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REFERENDUM COSTITUZIONALE
Referendum costituzionale, Matteo e l’abbraccio dello Psicanalista

di Marco Politi | 29 novembre 2016
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Marco Politi
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Massimo Recalcati è una gag. Patrimonio dell’Umanità sull’Unitàtv, il suo video leopoldino ci rammenta che questa stagione referendaria ha donato anche momenti di liberatoria comicità. Gli encomi per Renzi e la Costituzione pasticciata sono gioielli da museo.
Rinomato psicanalista e saggista, Recalcati (il primo a sinistra nella foto, ndr) preso dalla sua attività professionale e conferenziera non si è accorto che il suo pupillo Matteo-Matteo è sfuggito al suo occhio benevolente.
Il Renzocchio, che dovrebbe spalancare a noi tutti le porte del Futuro, si diverte come un discolo a fare ruba-bandiera. Un giorno il vessillo dell’Europa c’è, poi sparisce, poi ricompare, la volta prossima forse recherà nel cerchio delle stelle dorate una mano nell’italico segno delle corna.
Ah quei “conservatori della sinistra massimalista” che non capiscono nulla! Non sanno cogliere il delicato balletto delle Smart esibite all’inizio dell’avventura governativa, quando Matteo-Matteo voleva fare vedere che si muoveva da cittadino qualunque. Smart rapidamente sparite e sostituite dall’imperiosa rivendicazione di un aereo presidenziale perché gli italiani sapessero che il nostro premier non è secondo a nessunosull’orbe terrestre.
Renzocchio poi, è noto a tutti, nutre un amore sviscerato per la scuola. Non c’erano santi, ne voleva visitare una alla settimana. Coretti di alunni plaudenti compresi. Non ha resistito, passato un mesetto il tour gli è venuto a noia. In cambio il premier unico ha dato lezioni di defilé a tutto l’Occidente. Ce l’abbiamo solo noi un leader che con De Mita indossa l’abito scuro, con Barbara d’Urso la camicia scollata, con Landini il pullover e dalla De Filippi esibisce il giubbotto alla Fonzie. Sono soddisfazioni, il Pil è stenterello, ma a New York, Mosca, Berlino e Pechino possiamo guardare gli altri dall’alto in basso.
Maximus Rec è durissimo. I non plaudenti hanno “odio per la giovinezza”. Si sussurra che i dissidenti abbiano anche in odio il suo inglese alla Franti. “Botticelli is emotional”, nitrì orgoglioso di fronte ad Angela Merkel imperturbabile come sempre. Non amare Matteo-Matteo è cosa pessima. Sono veri masochisti, scandisce Maximus testimonial della Costituzione innovanda, questi renitenti a collaborare alla splendida stagione di riforme, che vede i giovani inchiodati al 39 per cento di disoccupazione. Il Maestro qui non concede sconti: “Matteo Renzi doveva essere ucciso nella culla perché negli ultimi anni è il nome del cambiamento”. Parole shakespeariane. Forse un po’ imprudenti per chi al primo ostacolo ha azzoppato brutalmente la candidatura di Prodi alla presidenza della Repubblica. Uccidere nella culla … Enrico Letta raccontano abbia ricordi trasognati quando sente queste parole.
“L’anima affascinante del riformismo è la capacità del progetto, della visione, della costruzione”, declama Maximus e ha ragione. Mica è colpa sua se Renzocchio si è scelto come ministra della Pubblica amministrazione una rosa fresca aulentissima che in vita sua non ha mai conosciuto un’azienda, una fabbrica, uno studio professionale.
L’anima affascinante del riformismo può attingere linfa invece da un alleato-principe come Vincenzo De Luca, che Renzi non deve assolutamente farsi sfuggire. Ce lo contendono a gran voce i riformisti di tutta Europa e anche (diciamolo senza ritrosie) gli orfani di Bernie Sanders negli States. Quella sua frase “… poi vi piace Renzi, non vi piace Renzi, a me non me ne fotte un caXXo”, ha nella sua architettura elaborata un sottile sapore lacaniano. E quel mescolare i laboratori della sanità campana ai frutti di mare del Golfo, non evoca forse certe sfumature cromatiche di Van Gogh?
Sì Rec vede giusto. Magari sorvola sul fatto che il Renzocchio imbratta i muri con le facce di chi gli è antipatico e ha introdotto nel linguaggio pubblico la character assassination, la nobile arte di lanciare anche a un semplice critico l’insulto che scredita la sua onorabilità. Anna Finocchiaro (prima che capisse che doveva collaborare alla riforma Boschi) ne sa qualcosa.
Ma insomma, è ora di finirla con questo “insopportabile paternalismo” nei confronti dello slancio giovanile di Renzi. Il copyright è sempre dello psicanalista saggista. Che tutti, esorta, colgano la poesia del sogno insita nell’avvento del Telemaco di Rignano.
Tutto bene. Però Maximus un pochino dovrebbe tenere d’occhio il suo giovincello. Uno che va in giro a dire che, se vince il Sì “daremo le carte in Europa e nel mondo”, non è un poeta ma da trattamento sanitario obbligatorio.
Tempi incerti assai. Anche il Financial Times e l’Economistsono su sponde opposte. E resta il tarlo che da due secoli e più travaglia la Questione Omerica. Matteo-Matteo è davvero Telemaco o è soltanto uno dei Proci, nemmeno il più audace, che sgomita disperatamente per mantenere il suo posto a banchetto?
di Marco Politi | 29 novembre 2016
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