Renzi

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Quesito referendum, Villone: “Renzi ha ammesso di essere un baro che imbroglia sulle regole”
Video :02:12
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/12 ... e/3232558/

di Manolo Lanaro | 2 dicembre 2016
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1,1 mila
Più informazioni su: Referendum Costituzionale 2016
“Se fossimo in un casinò di Las Vegas, Matteo Renzi lo avrebbero buttato fuori da tempo”. Parola di Massimo Villone, costituzionalista ospite della chiusura della campagna referendaria per il No presso la sede della Cgil a Roma. Il premier ha ammesso che, così come formulato, il quesito referendario potrebbe portare a votare Sì fino al 3 per cento degli elettori. “E’ la misura di quanto imbrogli sulle regole – tuona Villone – il testo è simile a uno spot che invoglia un consumatore a comperare un prodotto avariato”
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.......LA STORIA DI UN TRUFFATORE.....



Speciale: Referendum Costituzionale
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Il solito Renzi: promesse e tanto fumo
Renzi conclude la campagna elettorale a Firenze: "Con i No l'Italia non va da nessuna parte, con i sì entra nel futuro. Per me c'è la maggioranza silenziosa che ha voglia di esser presa per mano ed essere portata a dire Sì"


Raffaello Binelli - Ven, 02/12/2016 - 22:38
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Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, per chiudere la campagna elettorale in vista del referendum di domenica torna nella sua Firenze e si esibisce in un vero e proprio show, da perfetto imbonitore.


"Sono ridicoli, questo non è il voto dei brogli, è il voto degli italiani, non dovete avere paura del voto dell'Italia". Il premier prosegue dicendo che "se vince il Sì l’Italia diventa leader in Europa". L'antipatia montante dei cittadini nei confronti delle istituzioni Ue è un tasto su cui Renzi punta molto: "Non possiamo accettare un'Europa che lascia sola l'Italia - prosegue -. Smettiamo di essere il loro bancomat. Smettiamo di pagare il loro egoismo. È ora che iniziamo noi a dire che fare all'Europa".

"Che cosa succede se vince il No?, mi chiedono". E subito da piazza della Signoria si sente un urlo: "Vince il Sì, vince il Sì". Il premier allora continua a parlare presentando gli scenari che da lunedì prossimo si apriranno in caso di vittoria del Sì. Ma il capo del governo è convinto di potercela fare. O almeno così vuol far credere. E in piena trance agonistica sprona i suoi a crederci sino alla fine: "Questa rimonta spettacolare possiamo portarla a casa".

Un premier anche in venadi battute rivolge un consiglio ai direttori dei tg: la notte del 4 dicembre "anziché fare collegamenti con le sedi di partito io farei un collegamento con la sede del Cnel, saranno lì con le bottiglie di champagne a sperare che vinca il No".

"L’Italia è un Paese più giusto - dice Renzi sicuro di sé - è un Paese che dice non faremo la fine della Grecia, in quattro anni abbiamo detto grazie per il vostro servizio, in quattro anni è cambiato tutto. Stiamo dando il potere nelle mani degli italiani". E ancora: "Quattro anni dopo la sconfitta della primarie, quando eravamo tutti a dire è finita, guardate cosa è accaduto. L'Italia è un Paese più giusto, quello che sembrava impossibile, lontanissimo, la riforma costituzionale, è una possibilità".

"C’è un sacco di gente indecisa, perplessa - ammette il premier -. Sono tantissimi gli indecisi e noi dobbiamo raggiungerli. È su queste 48 ore - precisa Renzi - che si gioca tutto". E poi puntualizza: "C’è anche tanta parte del centrodestra che sta con noi, e noi questo Paese lo cambieremo insieme".

"Non sono preoccupato per le sorti del mio governo", dice Renzi ostentando sicurezza. "Noi abbiamo le idee, non le poltrone - ha aggiunto - non abbiamo immunità o vitalizi". E ancora: "Il sì non serve a rafforzare il governo, serve a rafforzare l'Italia"

"In piazza ci sono i miei figli - prosegue Renzi - Francesco, Emanuele ed Ester e la mamma Agnese. Volevo ringraziarli per la pazienza che hanno avuto e che spero continueranno ad avere. Io vorrei che potessero essere orgogliosi di una classe politica che non si insulta".
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.....LA GRANDE TRUFFA.......



LIBRE news

Regalare l’Italia ai suoi predatori, fingendo di difenderla
Scritto il 02/12/16 • nella Categoria: idee Condividi




Il piano era semplice: «Creare euforia e consenso legati alle riforme di Renzi per trasformare l’Italia in un paese governabile, “marionettando” un solo uomo», cioè il capo del Pd.



Corollario: rendere costituzionale «la subordinazione di Roma a Berlino e Parigi», e soprattutto «completare il trasferimento-svendita» del paese, con le aziende strategiche (inclusa Bankitalia) affidate al controllo di banche straniere.



Renzi? E’ stato solo l’ultimo atto di una tragica farsa che risale agli anni ‘80, scrive Marco Della Luna nel suo blog, in cui denuncia il pericolo di brogli che incomberebbe sul referendum del 4 dicembre, dato l’altissimo rischio che Renzi lo perda, costringendo i suoi padroni occulti a rallentare l’assalto all’Italia.







«Al governo e ai potentati che esso serve – scrive Della Luna – non resta che puntare su brogli massicci per vincere il referendum e insieme prepararsi a guidare gli sviluppi, in caso che perdano, mediante i soliti strumenti dei premi e dei ricatti finanziari e giudiziari».






Niente di nuovo: «La principale occupazione dei governanti italiani, perlomeno da Andreatta in poi, è stata quella di trasferire, senza che l’opinione pubblica capisse che cosa facevano, il risparmio, le risorse finanziarie, le migliori aziende, le imprese strategiche, tra cui soprattutto la Banca d’Italia, a multinazionali finanziarie straniere».







Una colossale spoliazione, che la “casta” al potere ha consentito «in cambio di carriera assicurata», in patria ma anche «in Europa, o nelle grandi banche saccheggiatrici che essi hanno servito, secondo il noto schema delle “porte girevoli”».






Questo, aggiunge Della Luna, «è il regime che predica tanto su corruzione ed evasione, e presenta il supergarante Cantone».





Guardiamo ai fatti: «Il governo Monti, solo per citarne uno, ha raccolto 57 miliardi di tasse in più dagli italiani, affondando il settore immobiliare ed esasperando così la recessione, per dare aiuti alle decotte banche greche e non solo, con cui pagassero alle banche franco-tedesche i loro illeciti profitti ottenuti con PRESTITIpredatori precedentemente concessi».





In pratica, «fu un enorme aiuto di Stato a banche private, imposto dall’“Europa”», la stessa Europa che oggi «non consente al governo italiano di aiutare le proprie banche in crisi».





Motivo del divieto: «Devono essere spolpate da Jp Morgan e soci, il cui uomo di fiducia, Morelli, è già stato messo da Renzi a capo di Mps».







Questi governi, continua Della Luna, «sopravvivono solo perché e finché la Bce continua ad assicurare artificialmente l’acquisto dei loro titoli pubblici».






Nel regime dell’Eurozona non puiò che essere così: è la Bce a tenerli in vita in questo modo, «per evitare che collassino mentre procede il programma di espianto e trasferimento all’estero delle risorse italiane: capitali, cervelli, aziende, mercati».




Matteo Renzi paladino degli interessi nazionali?



Ma mi faccia il piacere, direbbe Totò.


«A parte gli effetti provvisori e già scemati della costosa decontribuzione, il Jobs Act ha ridotto i diritti del lavoro e non ha aumentato strutturalmente gli impieghi», sottolinea Della Luna.




«Le promesse di superare l’austerity merkeliana ed europea si sono dissolte o sono rinviate sine die di fronte al “nein” di chi comanda in Europa».




Inevitabilmente, quindi, «malgrado le mancette degli 80 euro», la festa è finita subito: «L’euforia si è sgonfiata e consensi per Renzi sono fortemente scesi dal 40% iniziale dovuto al MARKETINGe all’effetto novità».




I sondaggi dicono che vincerà il No: «Salvo un loro errore clamoroso, il piano è fallito».


La “riforma” renziana? L’ennesimo tassello del grande piano, che «mira ad abolire lo Stato di diritto, la rappresentanza democratica, la possibilità di opposizione e alternanza interna al sistema giuridico», quindi «l’obbedienza dell’Italia a Berlino e Parigi via Ue, dietro la simulata polemica con la Commissione Europea e il governo Merkel».
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.....LA GRANDE TRUFFA.......




LIBRE news



Meno democrazia, più diseguaglianze. Così saltiamo in aria

Scritto il 03/12/16 • nella Categoria: idee Condividi




Se vince il Sì, il governo sarà più forte e i cittadini conteranno ancora di meno.



Come ha scritto don Ciotti, chi ha voluto questa “nuova” Costituzione vede «la democrazia come un ostacolo», e il bene comune come «una faccenda in cui il popolo non deve immischiarsi».






Come siamo arrivati a questo?


La risposta, per Tomaso Montanari, è racchiusa in una parola: diseguaglianza.



Secondo l’Istat, l’Italia è il paese in cui – tra 1990 e 2010 – la diseguaglianza sociale è aumentata di più.



«Succede in tutto l’Occidente: pochi ricchi sono sempre più ricchi, mentre si allarga la fascia degli impoveriti e la classe media non arriva agevolmente alla fine del mese».




Anche per Joseph Stiglitz, «la stragrande maggioranza sta soffrendo insieme», mentre l’1% accumula fortune.







«Ma quando la diseguaglianza arriva a questi livelli – osserva Montanari – l’establishment ha un problema: la democrazia.







Perché in democrazia il voto di un ricco vale quanto quello di un povero».




E i ricchi, osserva lo storico britannico Tony Judt, «non vogliono le stesse cose che vogliono i poveri».



La cosa più semplice, per il potere? Silenziare il 99%, restringendo la democrazia
.




«Chi dipende dal posto di lavoro per la propria sussistenza non vuole le stesse cose di chi vive di investimenti e dividendi», scrive Judt in “Guasto è il mondo”.





«Chi non ha bisogno di servizi pubblici (perché può comprare trasporti, istruzione e protezione sul mercato privato) non cerca le stesse cose di chi dipende esclusivamente dal settore pubblico».



E se i poveri votano tutti insieme, il sistema può essere rovesciato, conclude Montanari, in una riflessione sull’“Huffington Post”.





«Fino a un certo punto la soluzione è a portata di mano: incoraggiare l’astensione di massa».



Non a caso il messaggio (dalla Thatcher a Blair, a Renzi) è: “non c’è alternativa”.


Tradotto: “non votate, tanto è inutile”.


Ma, da un certo punto in poi, l’astensione non basta più: «Per tenere il conflitto sociale fuori dai luoghi in cui si decide bisogna separare questi luoghi (il Parlamento e il governo) dal suffragio popolare, dai cittadini.



È per questo che non voteremmo più il Senato e i governi delle Provincie, che le leggi di iniziativa popolare sarebbero in balìa della maggioranza parlamentare, che le Regioni verrebbero espropriate di ogni potere reale».



In breve, continua Montanari, «se la diseguaglianza è tale da rendere “pericolosa” la democrazia ci sono due soluzioni: diminuire la diseguaglianza, o diminuire la democrazia.


Il governo Renzi ha scelto quest’ultima strada».



Il progetto di Renzi è chiaro: ridurre la partecipazione per consentire il perdurare della diseguaglianza.




«È per questo che Confindustria, Marchionne, Jp Morgan, l’establishment tedesco e in generale il mercato votano Sì», mentre «la Fiom e tutta la Cgil, Libera, l’Arci, l’Anpi e infinite associazioni di cittadini votano No».




Le poche riserve del mondo della finanza (per esempio quelle dell’“Economist”) «non vengono certo da un disaccordo politico, ma dal dubbio (fondato) che le riforme siano così mal congegnate che rischiano di dare un potere blindato nelle mani non dell’establishment», ma di un soggetto percepito come non-complice, cioè Grillo.



Per Montanari, votare No significa «aver compreso che così non si può andare avanti: se restringiamo ancora la democrazia, invece di ridurre la diseguaglianza, lo schianto sarà ancora più forte».



Secondo Montanari, «una vera classe dirigente» dovrebbe capire che, «se vogliamo evitare lo schianto, gli Stati devono ricominciare a esercitare la sovranità».




Ovvero: «La libera circolazione delle merci non può continuare a essere l’unico dogma che regge il mondo: se la Cina continuerà a inondare il mondo di prodotti a costo zero (perché frutto di schiavitù di massa) l’Africa non avrà alcuna possibilità di sviluppo, con conseguenze drammatiche sulle migrazioni».



E dato che le sfide sono di questa portata, «il Sì è come un’aspirina per uno che ha bisogno di un trapianto: il No vuol dire mettersi in lista per l’operazione».



Ancora: «Il Sì è come mettere il dito nel buco della diga: il No vuol dire avviarsi a svuotare il bacino che sta per tracimare».



Qualcuno pensa davvero che si possa andare avanti così?


Qualcuno sì, e cioè «chi ha qualcosa da difendere», soprattutto «i benestanti anziani, che preferiscono non chiedersi come faranno i loro figli e i loro nipoti a tenere insieme diseguaglianza e democrazia».



Magari «pensano che non ci saranno più quando tutto questo salterà in aria».
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VOTA NO…………………VOTA NO…………………VOTA NO

Come ha scritto don Ciotti, chi ha voluto questa “nuova” Costituzione vede «la democrazia come un ostacolo», e il bene comune come «una faccenda in cui il popolo non deve immischiarsi».
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C'E' CHI VA' A BARBERA.

C'E' CHI VA' A BAROLO.

C'E' CHI VA' A CHIANTI.


MUSSOLONI VA' AD ATTAK DELLE COLLINE TOSCANE






Speciale: Referendum Costituzionale

Sms, WhatsApp e Facebook: lo stalking di Renzi per il Sì

Sms sullo smartphone, post sui social e chat di WhatsApp: il "Bastaunsì" insegue gli elettori. La rivolta: "Lasciateci in pace
"



Franco Grilli - Sab, 03/12/2016 - 21:39


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La macchina del Pd per il Sì ha usato tutti i mezzi per far propaganda.
eche Facebook, messaggini WhatsApp e sms hanno scandito le ultime ore degli elettori prima del silenzio elettorale scattato a mezzanotte. Una serie di messaggi che hanno irritato e non poco gli utenti che si sono ritrovati con un martellamento continuo su tutti i loro dispositivi. Di certo in tanti hanno protestato per gli sms sullo smartphone. I primi ad arrivare sugli smartphone di milioni di italiani sono questi: "Ci sono tre giorni per scrivere il futuro dell'Italia. Dipende da noi. Votando Sì l'Italia sarà più semplice e più forte. Serve il nostro impegno personale adesso, casa per casa, voto per voto" , "Siamo in fortissimo recupero. Ce la giochiamo sul filo dei voti. Gli sforzi di queste ore possono essere decisivi. Avanti tutta, basta un Sì!". Ma non basta.

Il Bastaunsì si gioca anche l'ultimo messaggino: "Il 4 dicembre scriviamo il futuro. Con il Sì l'Italia fa il primo passo verso il cambiamento. Coraggio condividi sul tuo profilo questo link". A questo punto c'è anche chi risponde al comitato per il Sì: "Se non la smettete con questo stalking vi denuncio. Chi vi ha dato il mio numero?". E su Twitter la protesta monta. Ma anche su Facebook a quanto pare il fronte del Sì si è dato da fare. E così in diverse pagine che raccolgono migliaia di like su argomenti che nulla hanno a che fare con la politica o col referendum è apparso un post per spiegare le ragioni del Sì. E così diversi utenti su Facebook lo hanno segnalato. È il caso ad esempio della pagina "Frasi bellissime" (687mila like) che ha pubblicato un post in cui vengono spiegate le ragioni del Sì. Ma anche "Voglio solo amore" (400mila like) ha pubblicato post che riguardano il Sì al referendum. E su questa propaganda sul web è intervenuta anche Deborah Bergamini, responsabile Comunicazione di Forza Italia: "Mi preme segnalare che il comitato Bastaunsì, non soddisfatto delle decine di milioni di euro che finora ha speso nella campagna referendaria, continua a fare propaganda a pagamento anche oggi, giorno di silenzio elettorale, attraverso una pubblicità presente sul motore di ricerca Google". "Tra l’altro - continua Bergamini - la pubblicità del comitato per il SÌ è ingannevole e subdola in quanto attribuisce al presidente Berlusconi una volontà di voto opposta a quella da lui espressa chiaramente a favore del NO. Costoro dimostrano non solo di non avere argomenti, ma di non rispettare neppure le più elementari regole del confronto democratico: figurarsi se possono mai rispettare la Costituzione repubblicana".
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Tutte le ragioni per votare No
I falsi risparmi anti casta, la sovranità popolare diminuita, lo squilibrio tra poetri, il Senato confuso e l'addio al federalismo. Ecco perché bocciare la riforma imposta dal premier non eletto alle Camere più deboli di sempre
IlGiornale - Sab, 03/12/2016 - 16:12
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Sulle ragioni del No si sono esercitati alcuni tra i maggiori costituzionalisti del nostro Paese. Ecco un sunto delle loro posizioni.

1) RIFORMA A MAGGIORANZA DA UN PARLAMENTO DUBBIO
I Costituenti hanno previsto per le leggi costituzionali una maggioranza qualificata, per evitare modifiche della Carta non sufficientemente condivise e per evitare che siano fatte da maggioranze improvvisate.

La riforma Renzi-Boschi non solo è stata approvata da un Parlamento delegittimato dalla sentenza della Consulta, ma soprattutto è stata imposta da un premier non legittimato dagli elettori e votata da una maggioranza costituita da un numero decisivo di deputati e senatori eletti in liste politicamente contrapposte al Pd.
2) IL BICAMERALISMO CAMBIA DA PERFETTO A CONFUSO
Tutti i Paesi del G8 sono bicamerali: Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito, Russia e Stati Uniti. E nel G20 15 Paesi sono bicamerali. Sono monocamerali, per esempio, Arabia Saudita, Cina, Corea, Indonesia e Turchia, non proprio modelli di democrazia. Lo sono anche i Paesi scandinavi, ma bisogna considerare scarsa popolazione, forte omogeneità sociale e politica. La riforma Boschi in realtà non supera il bicameralismo perfetto, se non per l'aspetto della fiducia, ma lo rende più confuso, perché i ruoli sono poco chiari. Secondo il professor Enzo Cheli la «non chiara definizione dei rapporti fra le due Camere e tra lo Stato e le regioni» rischia di generare una forte conflittualità destinata a compromettere l'operatività del nuovo modello.
3) MACCHÉ LEGGI VELOCI RESTA LA SECONDA LETTURA
Stante il fatto che la velocità di approvazione delle leggi non è il vero problema, mentre lo è la qualità di come vengono scritte, la riforma non evita nemmeno la seconda lettura delle leggi che potrà essere richiesta da appena un terzo dei senatori. E non si tratterà di un'eccezione perché Camera e Senato saranno composti da maggioranze assai diverse: il Senato da consiglieri regionali e sindaci eletti con tempi, leggi e contingenze politiche diversi da quelli per l'elezione dei deputati. Il Senato dovrà approvare anche le leggi di ratifica dei trattati negoziati nel quadro Ue, pari al 36 per cento di tutte le leggi.
4) QUEI TAGLI BLUFF SUI COSTI DELLA POLITICA
I membri del Senato verranno ridotti, ma stando alla Ragioneria dello Stato il risparmio atteso è di circa 50 milioni l'anno, pari al costo del caffè per ogni italiano. Non vengono tagliati invece i deputati e resta intatta la struttura del Senato e il suo vero costo che è dato dal personale e dai servizi. Su 540 milioni di euro complessivi, il costo dei senatori è di appena 79 milioni di euro di cui solo 42 milioni di indennità e 37 milioni di diaria e rimborsi spese (dati 2015), di cui la riforma non tratta, vengono cancellati solo «i rimborsi in favore dei gruppi politici presenti nei consigli regionali», non quelli ai senatori. Ai 5 senatori di nomina presidenziale vengono mantenute tutte le indennità e i privilegi.
5) UNA RIFORMA PASTICCIO SCRITTA IN MODO OSCURO
Il testo su cui voteremo il 4 dicembre è scritto in gran parte in modo da essere poco comprensibile. Molti passaggi sono di equivoca interpretazione, con incongruenze non solo lessicali e autentiche perle di cattiva legislazione, ma anche contraddizioni grossolane. Per fare un esempio, l'attuale art. 70 è composto da 9 parole, il nuovo testo dell'articolo 70 da ben 451.
6) L'ITER NON ACCELERA MA SI MOLTIPLICA
Il nuovo procedimento legislativo, rispetto alle quattro variabili attuali, moltiplica fino ad almeno dieci i possibili iter e incrementa la confusione. L'Italia ha la più abbondante produzione legislativa d'Europa: il Parlamento approva oltre tre volte le leggi di Spagna e Gran Bretagna, oltre due volte quelle dalla Francia e complessivamente più leggi della Germania e della Svezia. Con le attuali regole il decreto Svuotacarceri è stato approvato in appena 38 giorni, il decreto lavoro in 40, il decreto competitività in 44. Nella maggior parte dei casi gli intoppi sono nati alla Camera, e non al Senato.
7) LA BATTAGLIA ANTI CASTA È SOLTANTO SULLA CARTA
Non verrà mandato a casa un terzo dei politici, come dice Renzi. Proprio il premier ha fra l'altro reintrodotto con legge ordinaria ben 24.000 fra consiglieri e assessori comunali, aboliti nella precedente legislatura: ha ripristinato le giunte nei comuni fino a 5.000 abitanti; ha riallargato quelle tra i 3001 e i 5.000 abitanti; ha aumentato i consiglieri comunali nei comuni fino a 10.000 abitanti.
8) LA SOVRANITÀ POPOLARE FINISCE ESPROPRIATA
Sarà ancora meno garantita la sovranità popolare, perché la nuova legge elettorale (il famigerato Italicum) espropria la sovranità al popolo e la consegna a una minoranza parlamentare che solo grazie al premio di maggioranza si impossessa di tutti i poteri. In più il nuovo Senato non è eletto dai cittadini, ma è nominato dai consigli regionali. Eppure, mantiene compiti importanti: vota la riforma della Costituzione, approva le leggi di attuazione dei trattati e dei vincoli comunitari, elegge il Presidente della Repubblica e alcuni giudici della Corte costituzionale, concorre alla nomina dei componenti del Csm.
9) I SENATORI A VITA RESTANO E CONTANO ANCORA DI PIÙ
Con il nuovo Senato restano in carica - e con prebende immutate - i senatori a vita. Solo che ora peseranno di più, perché rappresenteranno il 5 per cento del totale e potranno condizionare ancora di più il dibattito parlamentare. Anche a regime, quando i senatori nominati per meriti non saranno più a vita, il loro peso resterà maggiore di quello attuale.
10) SARÀ SEMPRE DI PIÙ IL PARLAMENTO DEI NOMINATI
La riforma è abbinata alla nuova legge elettorale che mantiene un numero rilevante di nominati dai partiti (almeno cento deputati, ma potenzialmente potranno essere anche di più) e garantisce un notevole premio in seggi anche ad una lista che al primo turno può aver preso solo il 30 per cento (e perfino meno) dei voti e se si afferma al ballottaggio può avere ben 340 seggi, il 54 per del totale. Il combinato disposto di legge elettorale e riforma della Costituzione è devastante.
11) LA PIA ILLUSIONE DELLE LEGGI POPOLARI
La riforma che promette più spazio alla partecipazione dal basso, in realtà rende più difficile l'esercizio dell'iniziativa legislativa popolare, senza dare in cambio una prospettiva concreta per i disegni di legge popolari, perché i tempi certi di calendarizzazione sono riservati alle proposte del governo, per quelle popolari si rimanda a futuri regolamenti parlamentari.
12) ANCHE IL REFERENDUM IN MANO AI PARTITI
Non è stato eliminato il quorum per i referendum abrogativi, inserendo in compenso una timida e pasticciata previsione per i quesiti firmati da almeno 800.000 elettori, per i quali cala il quorum. Ma è una quota che, con le attuali regole di raccolta delle firme, potrà essere raggiunta solo dai partiti con una forte organizzazione sul territorio. Il referendum propositivo è solo citato nella riforma, ma in realtà è rinviato a una successiva legge costituzionale.
13) L'ABOLIZIONE DEL CNEL MA SENZA RISPARMIARE
L'abolizione del Cnel è senz'altro positiva, ma il suo costo è di circa 15 milioni di euro, di cui 1 milione e 900 mila euro di indennità per la presidenza e i 60 consiglieri, gli unici ad essere eliminati. I risparmi saranno dunque minimi perché tutte «le risorse umane e strumentali» vengono trasferite alla Corte dei Conti. Dunque, non viene licenziato nessuno e la gestione del patrimonio immobiliare viene affidata a un Commissario straordinario, che dovrà essere pagato.
14) FEDERALISMO CANCELLATO ANZICHÈ RIVISTO E CORRETTO
La riforma conserva e rafforza il potere centrale a danno delle autonomie, private di mezzi finanziari. Il governo e la sua maggioranza potrà intervenire anche nelle residue competenze delle regioni laddove lo richiedano la «tutela dell'unità giuridica ed economica della repubblica» e «l'interesse nazionale». Viene fatto a pezzi il principio fondamentale dell'autonomia scolpito nell'art. 5 della Costituzione.
15) GLI SPRECHI REGIONALI? RESTANO QUELLI SPECIALI
La grande critica al sistema delle Regioni, quella degli sprechi, non è stata affrontata. Secondo una ricerca di Unimpresa negli ultimi due anni il debito di Comuni e Regioni è calato di 15 miliardi mentre quello delle amministrazioni centrali è salito di quasi 100 miliardi, a seguito dell'aumento delle spese, cresciute del 4 per cento: il rosso degli enti locali è dunque diminuito del 14 per cento mentre il debito delle amministrazioni centrali è salito del 5 per cento. La riforma non fa differenze tra Regioni virtuose e sprecone. E aumenta lo squilibrio con le Regioni a statuto speciale che mantengono tutte le attuali prerogative e le regioni a statuto ordinario.
16) RIFORMA DALL'ALTO DETTATA A CAMERE SVUOTATE
La riforma non è il frutto della volontà autonoma del Parlamento, ma scritta sotto dettatura del governo Renzi che in questi anni ha aumentato in modo esorbitante i voti di fiducia, usati per il 34 per cento delle leggi, accentuando la tendenza degli ultimi anni. Le leggi di origine parlamentare sono appena due su dieci. Degli emendamenti presentati, quelli parlamentari hanno un tasso di approvazione che non raggiunge l'1 per cento, ben il 47 per cento, invece, quelli governativi. I decreti legge sono in media due al mese. La riforma Renzi-Boschi accentua la subordinazione del Parlamento al governo.
17) ADDIO ALL'EQUILIBRIO TRA POTERI COSTITUZIONALI
Sarà sempre più garantito l'equilibrio tra i poteri costituzionali, ma saranno consegnati gli organi di garanzia (Presidente della Repubblica e Corte Costituzionale) in mano alla falsa maggioranza prodotta dal premio elettorale. E per il futuro si rischia di impedire un vero processo costituente che riveda per esempio il funzionamento del Csm, la composizione della Corte costituzionale, le modalità di applicazione di alcuni trattati Ue, che chiarifichi i rapporti fra il nostro ordinamento e quello europeo, una tutela più efficace della proprietà privata, un avanzato modello di federalismo fiscale, e un accorpamento di alcune regioni, che farebbe risparmiare miliardi di euro.
18) IL SENATORE A METÀ UN ASSURDO CENTAURO
Uno dei punti più critici della riforma del Senato è la nascita di una figura a metà tra il senatore e il consigliere regionale, con l'immunità funzionale del primo e lo stipendio del secondo. Ci sono forti dubbi sul fatto che possa ricoprire entrambi i ruoli in modo efficiente. E resta da vedere con quali modalità sarà eletto.
19) IL RISCHIO RIBASSO PER LA NOSTRA SANITÀ
Luca Antonini, professore ordinario di diritto Costituzionale all'università di Padova, ha spiegato con un intervento su Panorama come la ricentralizzazione della Sanità, decisa per riequilibrare i servizi al Sud con quelli del Nord, rischia di livellare tutto al ribasso. Sacrificando le eccellenze.
20) IL LATO PIÙ OSCURO: LA RIFORMA AD PERSONAM
Un aspetto più politico che di merito. Ma non irrilevante: la riforma è nata non tanto per cambiare il Paese quanto per far conseguire un successo che legittimi il ruolo di Renzi, che da subito ha cercato il plebiscito.
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Re: Renzi

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CIAK.... SI VOTA

DUCE SI

DUCE NO
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Re: Renzi

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QUANDO IERI HA DICHIARATO:


Referendum Costituzionale | Di F. Q.

Renzi: “Sì può avere rimonta bestiale”


SI TRATTAVA DI:

1) UN AUSPICIO VISTI I SONDAGGI???

2) UNA COPERTURA ALLE TRUFFE MESSE IN ATTO???
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Re: Renzi

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IO VADO A VOTARE:


DUCE .......NO
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