Come se ne viene fuori ?
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Re: Come se ne viene fuori ?
La tue analisi sono sempre illuminanti.
Una curiosità: se le ultime elezioni le avesse vinte il cs con Veltroni, secondo te, ora come saremmo messi?
Una curiosità: se le ultime elezioni le avesse vinte il cs con Veltroni, secondo te, ora come saremmo messi?
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Re: Come se ne viene fuori ?
Se e’ vero( e ci credo) che i derivati hanno un valore che supera di 9 volte il Pil dell'intero globo diciamo che siamo alla fine di un sistema e come venirne fuori io non sono in grado di dirlo ma credo che gli stessi che hanno creato questo siano nei miei stessi panni ed e’ per questo che ora sono arrabbiatissimi poiché prevedono che qualcosa sicuramente dovra’ sucedere e, costoro, pensano che non sara’ piu’ come prima.camillobenso ha scritto:Questo è pane per pancho.......
omissis...
Allora bisogna mettere mano a un comitato di salvezza nazionale che unisca tutte le forze popolari e che imponga (in base alla Costituzione, fino a che non la aboliranno del tutto) una svolta radicale. Arriva il “nazismo bianco”(ce lo annuncia Tremonti, uno che i nazisti bianchi li conosce bene). Se siamo capaci, bene, se non siamo capaci, peggio per noi.IFQ
Stiamo attraversando la 4^ guerra mondiale che non si fa piu’ con le armi tradizionale e neppure con le atomiche ma con la finanzia sporca.
E qui comincerà una lunga transizione e non so quanto potra’ durare.
Ci troviamo, sfortunatamente in un momento in cui coincidono tutte le peggiori situazioni che potevano incontrare nella storia non solo italiana ma europea e gran parte del resto del globo.
Il web ha messo in moto qualcosa di colossale che nemmeno coloro che l’anno creato penso potessero sapere cosa andavano incontro.
Africa, Asia, America latina gli stessi States e per non parlare del Medi Oriente.
Tutto e’ in subbuglio e non abbiamo uomini tali da prendere in mano la situazione poiche‘ tutto questo deve essere visto globalmente e non per singolo paese.
E’ un sistema che sta’ crollando e non abbiamo ancora trovato qualcosa che possa sostituirlo.
Se qualcuno si azzardava a fare proposte subito veniva messo alla”forca” poiche il giudizio che gli si dava faceva sempre riferimento a questo sistema e quindi non poteva essere accettato.
Pure nel ns, piccolo in parte li abbiamo sempre snobbati come dei visionari poiche' anche noi partivano dagli stessi ragionamenti del sistema. Certo, se ti hanno inculcato queste dottrine economiche non puoi far altro che ifarle tue ed nsegnarle ad altri e quisti ragioneranno come te.
Purtroppo sta’ di fatto che ora siamo senza idee nel momento in cui dovremmo averle.
Giulietto propone qualcosa per salvarci e sul quale non posso che non essere d’accordo. E’ poca cosa sicuramente a confronto di quello che stiamo vivendo e che con drammaticita ci sara presentato nel prossimo futuro.
E’ una guerra impari e solo se ci uniamo potremo combatterla ma se non saremo uniti anche globalmente non la vinceremo mai.
Quindi, come transizione, e’ piu’ che doveroso ora metterci subito al lavoro xche’, come finisce il suo articolo Giulietto Chiesa: se saremo capaci, bene, se non saremo capaci, peggio per noi.
Per finire credo che pochi, anche fra di noi, abbiano ancora inteso la gravita di questa situazione.
Credo pero' che anche il mondo dell’Economia e della Finanza, quello un po' piu' serio se mi e' concesso questo temine per distinguerli da costoro, in questo momento se la facciano addosso e che stiano cercando una loro soluzione altrimenti non ci sara’ posto al mondo in cui potranno sentirsi sicuri.
Stara’ a noi tenerli sott’occhio affinché non rinasca qualcosa che tappi solo provvisoriamente questa situazione e non si avvii invece una volta per tutte un serio cambiamento di sistema in cui l’uomo possa essere al centro.
Ogni paese, pero', dovra’ fare la sua parte e quindi noi la nostra.
E qui termino, caro Conte, per il momento
Un salutone eeeee ……niente, mi fermo
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
Re: Come se ne viene fuori ?
Le proposte di Giulietto Chiesa sono deliranti.
Evidentemente quelli come lui sono talmente certi che non avranno mai responsabilità di governo che si possono permettere di sparare la qualunque.
Giusto per farsi un'idea di quello che costui dice, proviamo ad applicare l'esercizio di Livini riportato da camillobenso all'Italia.
Se la previsione per la Grecia è che l'uscita dall'euro costerebbe 11 mila euro all'anno per ogni europeo, proviamo a chiedere a Giulietto quanto costerebbe nel caso Italia.
E chiediamogli anche lui quanto è disposto a metterci!
Evidentemente quelli come lui sono talmente certi che non avranno mai responsabilità di governo che si possono permettere di sparare la qualunque.
Giusto per farsi un'idea di quello che costui dice, proviamo ad applicare l'esercizio di Livini riportato da camillobenso all'Italia.
Se la previsione per la Grecia è che l'uscita dall'euro costerebbe 11 mila euro all'anno per ogni europeo, proviamo a chiedere a Giulietto quanto costerebbe nel caso Italia.
E chiediamogli anche lui quanto è disposto a metterci!
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Re: Come se ne viene fuori ?
Ho l'ardire di rispondere, ma mi sento presuntuoso, immaginando che il riferimento fosse alle ultime analisi postate. Caso mai per un eventuale eccesso di presunzione chiedo scusa anticipatamente.myriam ha scritto:La tue analisi sono sempre illuminanti.
Una curiosità: se le ultime elezioni le avesse vinte il cs con Veltroni, secondo te, ora come saremmo messi?
In merito a Uolter.
Valterino prende in mano il Pd a quota 33,2 % nella primavera del 2008. Lo lascerà solo 10 mesi dopo con il Pd al 22 %. Penso rappresenti un record nella storia dell'Occidente che un leader perda così tanto in così poco tempo. Ha perso in pratica il 33 % dei consensi in soli 10 mesi. Se avesse continuato avrebbe portato il Pd sotto il 10 % anche in caso di vittoria.
Ha una strana idea di cosa sia la politica reale. Infatti pensava che l'innovazione, la riforma progressista consistesse nel giocare alle belle statuine con l'elettorato di Cs. Era convinto che candidando Calearo ottenesse una marea di voti da Confindustria, e per bilanciare, è andato a scegliere la contrapposizione a Calearo scegliendo l'operaio Boccuzzi scampato al disastro Tissen. Boccuzzi si limita a fare lo schiacciabottoni e Calearo ha contribuito a salvare Berlusconi. Questo ci dice quanto capisca Valterino della politica e degli uomini. Oggi, grazie a Lavitola sappiamo chi ha fatto cadere il governo Prodi. Ma Uolter non ha fatto nulla affinchè la caduta di Prodi non avvenisse. Anzi, all'epoca c'erano due correnti di pensiero, quella in cui si sosteneva che Uolter da segretario supportasse Prodi a Palazzo Chigi e l'altra corrente che sosteneva che il segretario del partito dovesse avere in mano tutto, segreteria e la poltrona di Palazzo Chigi. Una scelleratezza da carrieristi della politica. Uolter politico locale, avrebbe dovuto farsi le ossa imparando a mediare tra le componenti dell'Unione districando i nodi più difficili a Prodi. Ma evidentemente Valterino si deve essere sentito in quel momento un padreterno in grado di battere Berlusconi.
E' stato regolarmente smentito.
Tutte le scamorze che si sono confrontate con il cavalier banana sono state regolarmente sconfitte (con questa classe dirigente non vinceremo mai. Profezia avverata di Nanni Moretti dal palco di Piazza Navona in una fredda serata del febbraio 2002). Pur incapace di una comunicazione fluida tale da attrarre l'elettorato, solo il vecchio Prodi è riuscito a sconfiggere per due volte di seguito il bucaniere di Hardcore.
Uolter è stata una grandissima delusione. Eppure quel ragazzino figlio di un cronista Rai di sinistra mi era sempre piaciuto nella sua crescita nelle file del Pci. Come sia diventato una scamorza non so dirlo. E' solo un politico locale preferibilmente accompagnato da badante per evitare disastri.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Scriveva qualche mese fa Maurizio Ricci su Repubblica
Lo scenario Grecia, torna l' ipotesi default in pochi credono al nuovo piano senza euro più turisti e capitali
15 febbraio 2012 —
PER fare domanda, c' è tempo finoa venerdì: per i suoi uffici di Francoforte avverte l' apposita bacheca online - la Banca centrale europea cerca due economisti che vadano a rimpolpare la divisione Gestione Rischi.
Omissis.....
Ma, fin d' ora, fra operatori, analisti, economisti e politici si sta facendo largo l' idea che il piano serva solo a guadagnare qualche mese. «Presto - ha scritto Wolfgang Munchau sul Financial Times - bisognerà intervenire nuovamente a tagliare il debito greco. E questo non è neanche lo scenario più pessimistico».
Sono in molti, infatti, a invocare ormai apertamente un default di Atene, l' annuncio che, puramente e semplicemente, non intende pagare i suoi debiti. L' aspetto inquietanteè chea dirlo, ora, sono sia gli economisti di scuola anglosassone, convinti che l' euro e la Grecia si salvano solo con massicci interventi diretti della Bce, sullo stile della Fed americana, che politici tedeschi, olandesi, lussemburghesi che, sino ad ora, avevano insistito sulle proprietà risananti dell' austerità. In parte, è un riflesso della sfiducia nell' impegno effettivo della classe dirigente di Atene.
Negli ultimi due anni, i governi greci hanno più volte promesso interventi drastici, in materia di liberalizzazioni, privatizzazioni, lotta all' evasione, tagli agli sprechi, che non si sono poi materializzati. In parte, però, è anche un mancato riconoscimento di quanto i greci, in effetti, hanno fatto. In soli tre anni, il disavanzo pubblico primario (cioè senza i drammatici interessi sul debito)è sceso in misura pari all' 8% del prodotto interno lordo.
La Grecia è anche l' unico paese della Ue, in cui il costo del lavoro si sia ridotto (e non di poco: 5,4%) rispetto alla media degli altri paesi. In realtà, tuttavia, il fallimento del risanamento greco è, in buona misura, conseguenza diretta dei parametri irrealistici che l' Europa aveva imposto.
Come ridurre il disavanzo dal 15 al 3% del Pil entro il 2014 o tagliare il debito dal 160 al 120% del Pil entro il 2020.
Questo calendario accelerato ha reso ancora più controproducente la ricetta d' austerità imposta all' economia greca.
I tagli hanno aggravato la recessione: fra il dicembre 2010 e il dicembre 2011 il Pil greco è sceso del 7%, una percentuale da Grande Depressione anni ' 30. In queste condizioni, se l' economia non riprende, ridurre il debito è, praticamente, impossibile.
Il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schauble, ha recentemente ammesso che il programma di risanamento greco non riuscirebbe comunque a ridurre l' incidenza del debito greco sul Pil al di sotto del 136%, anziché il 120. In realtà, non fa molta differenza.
Il 120% è un parametro puramente occasionale, probabilmente scelto perché è esattamente il rapporto debito/Pil italiano.
La differenza è che l' Italia ha una ricchezza privata e una struttura industriale, fortemente indirizzata alle esportazioni, che rendono quel debito, in condizioni normali, come ha più volte sottolineato la Banca d' Italia, indesiderato, ma sostenibile. La Grecia non ha queste carte da giocare.
Ecco perché molti economisti ritengono che, anche un debito al 120% non sarebbe sostenibile:
ovvero la Grecia, anche se attuasse tutti gli impegni, non potrebbe, senza ulteriori aiuti, pagare i creditori.
Quale strada allora?
Il default, dicono gli stessi economisti.
Uscendo dall' euro, con una moneta fortemente svalutata, la Grecia potrebbe riguadagnare competitività, attirare turismo e investimenti, riprendere a crescere.
Il prezzo da pagare sarebbe una crisi ancora più grave nell' immediato, avvelenata da fiammate inflazionistiche.
L' alternativa, per far tornare l' economia greca competitiva, tuttavia, insistono, non c' è: i più maligni osservano che, per portare la Germania Est più vicina al livello della Germania Ovest ci sono voluti vent' anni e migliaia di miliardi di euro di investimenti e di tasse di solidarietà.
Una prospettiva, oggi, impensabile a livello europeo.
In realtà, la Grecia è destinata, probabilmente, a rimanere ancora in bilico nei prossimi mesi.
Il ciclo elettorale 2012-2013 potrebbe modificare gli equilibri politici in Francia e Germania e modificare le strategie anti-crisi. Più semplicemente, l' ultimo programma di risanamento, se approvato, potrebbe funzionare meglio di quanto prevedano gli scettici.
Resta da capire perché l' idea di un default, recisamente esclusa fino a pochi mesi fa, sia oggi materia di aperto dibattito.
I motivi sono due.
Il primo riguarda la Grecia: con un disavanzo, al netto degli interessi, vicino al 5%, Atene non è troppo lontana dal punto in cui, se facesse bancarotta e smettesse di pagare quegli interessi, potrebbe comunque assicurare il funzionamento dello Stato, senza essere costretta a cercare nuovi (e improbabili) prestiti.
Il secondo riguarda i minori pericoli di contagio agli altri paesi deboli d' Europa. Italia e Spagna sembrano, oggi, più solide.
Le banche europee, a parte quelle greche, hanno avuto il tempo di smaltire il grosso dei titoli di Atene dai loro portafogli e paiono in grado, grazie alle operazioni di liquidità della Bce, di assorbire meglio le perdite.
I tedeschi per primi si sono preoccupati di far sapere che il programma di aiuti al Portogallo (il primo indiziato di contagio dalla Grecia) proseguirà senza sbandamenti.
Il terremoto sui mercati, insomma, potrebbe essere contenuto. Non sarebbe la prima scommessa azzardata dell' Europa, in questi due anni di crisi. Finora, le ha, quasi sempre, rimpiante. -
MAURIZIO RICCI
http://ricerca.repubblica.it/repubblica ... fault.html
Lo scenario Grecia, torna l' ipotesi default in pochi credono al nuovo piano senza euro più turisti e capitali
15 febbraio 2012 —
PER fare domanda, c' è tempo finoa venerdì: per i suoi uffici di Francoforte avverte l' apposita bacheca online - la Banca centrale europea cerca due economisti che vadano a rimpolpare la divisione Gestione Rischi.
Omissis.....
Ma, fin d' ora, fra operatori, analisti, economisti e politici si sta facendo largo l' idea che il piano serva solo a guadagnare qualche mese. «Presto - ha scritto Wolfgang Munchau sul Financial Times - bisognerà intervenire nuovamente a tagliare il debito greco. E questo non è neanche lo scenario più pessimistico».
Sono in molti, infatti, a invocare ormai apertamente un default di Atene, l' annuncio che, puramente e semplicemente, non intende pagare i suoi debiti. L' aspetto inquietanteè chea dirlo, ora, sono sia gli economisti di scuola anglosassone, convinti che l' euro e la Grecia si salvano solo con massicci interventi diretti della Bce, sullo stile della Fed americana, che politici tedeschi, olandesi, lussemburghesi che, sino ad ora, avevano insistito sulle proprietà risananti dell' austerità. In parte, è un riflesso della sfiducia nell' impegno effettivo della classe dirigente di Atene.
Negli ultimi due anni, i governi greci hanno più volte promesso interventi drastici, in materia di liberalizzazioni, privatizzazioni, lotta all' evasione, tagli agli sprechi, che non si sono poi materializzati. In parte, però, è anche un mancato riconoscimento di quanto i greci, in effetti, hanno fatto. In soli tre anni, il disavanzo pubblico primario (cioè senza i drammatici interessi sul debito)è sceso in misura pari all' 8% del prodotto interno lordo.
La Grecia è anche l' unico paese della Ue, in cui il costo del lavoro si sia ridotto (e non di poco: 5,4%) rispetto alla media degli altri paesi. In realtà, tuttavia, il fallimento del risanamento greco è, in buona misura, conseguenza diretta dei parametri irrealistici che l' Europa aveva imposto.
Come ridurre il disavanzo dal 15 al 3% del Pil entro il 2014 o tagliare il debito dal 160 al 120% del Pil entro il 2020.
Questo calendario accelerato ha reso ancora più controproducente la ricetta d' austerità imposta all' economia greca.
I tagli hanno aggravato la recessione: fra il dicembre 2010 e il dicembre 2011 il Pil greco è sceso del 7%, una percentuale da Grande Depressione anni ' 30. In queste condizioni, se l' economia non riprende, ridurre il debito è, praticamente, impossibile.
Il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schauble, ha recentemente ammesso che il programma di risanamento greco non riuscirebbe comunque a ridurre l' incidenza del debito greco sul Pil al di sotto del 136%, anziché il 120. In realtà, non fa molta differenza.
Il 120% è un parametro puramente occasionale, probabilmente scelto perché è esattamente il rapporto debito/Pil italiano.
La differenza è che l' Italia ha una ricchezza privata e una struttura industriale, fortemente indirizzata alle esportazioni, che rendono quel debito, in condizioni normali, come ha più volte sottolineato la Banca d' Italia, indesiderato, ma sostenibile. La Grecia non ha queste carte da giocare.
Ecco perché molti economisti ritengono che, anche un debito al 120% non sarebbe sostenibile:
ovvero la Grecia, anche se attuasse tutti gli impegni, non potrebbe, senza ulteriori aiuti, pagare i creditori.
Quale strada allora?
Il default, dicono gli stessi economisti.
Uscendo dall' euro, con una moneta fortemente svalutata, la Grecia potrebbe riguadagnare competitività, attirare turismo e investimenti, riprendere a crescere.
Il prezzo da pagare sarebbe una crisi ancora più grave nell' immediato, avvelenata da fiammate inflazionistiche.
L' alternativa, per far tornare l' economia greca competitiva, tuttavia, insistono, non c' è: i più maligni osservano che, per portare la Germania Est più vicina al livello della Germania Ovest ci sono voluti vent' anni e migliaia di miliardi di euro di investimenti e di tasse di solidarietà.
Una prospettiva, oggi, impensabile a livello europeo.
In realtà, la Grecia è destinata, probabilmente, a rimanere ancora in bilico nei prossimi mesi.
Il ciclo elettorale 2012-2013 potrebbe modificare gli equilibri politici in Francia e Germania e modificare le strategie anti-crisi. Più semplicemente, l' ultimo programma di risanamento, se approvato, potrebbe funzionare meglio di quanto prevedano gli scettici.
Resta da capire perché l' idea di un default, recisamente esclusa fino a pochi mesi fa, sia oggi materia di aperto dibattito.
I motivi sono due.
Il primo riguarda la Grecia: con un disavanzo, al netto degli interessi, vicino al 5%, Atene non è troppo lontana dal punto in cui, se facesse bancarotta e smettesse di pagare quegli interessi, potrebbe comunque assicurare il funzionamento dello Stato, senza essere costretta a cercare nuovi (e improbabili) prestiti.
Il secondo riguarda i minori pericoli di contagio agli altri paesi deboli d' Europa. Italia e Spagna sembrano, oggi, più solide.
Le banche europee, a parte quelle greche, hanno avuto il tempo di smaltire il grosso dei titoli di Atene dai loro portafogli e paiono in grado, grazie alle operazioni di liquidità della Bce, di assorbire meglio le perdite.
I tedeschi per primi si sono preoccupati di far sapere che il programma di aiuti al Portogallo (il primo indiziato di contagio dalla Grecia) proseguirà senza sbandamenti.
Il terremoto sui mercati, insomma, potrebbe essere contenuto. Non sarebbe la prima scommessa azzardata dell' Europa, in questi due anni di crisi. Finora, le ha, quasi sempre, rimpiante. -
MAURIZIO RICCI
http://ricerca.repubblica.it/repubblica ... fault.html
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: Come se ne viene fuori ?
@ pancho
Caro Juan
..E’ una guerra impari e solo se ci uniamo potremo combatterla ma se non saremo uniti anche globalmente non la vinceremo mai....
Ogni paese, pero', dovra’ fare la sua parte e quindi noi la nostra.
****
Cito Grillo,..che cita Lenin:
"Scalare la montagna della democrazia un passo alla volta"
**
Fare il primo passo penso che sia già un'impresa in mezzo a questo "kaos".
Caro Juan
..E’ una guerra impari e solo se ci uniamo potremo combatterla ma se non saremo uniti anche globalmente non la vinceremo mai....
Ogni paese, pero', dovra’ fare la sua parte e quindi noi la nostra.
****
Cito Grillo,..che cita Lenin:
"Scalare la montagna della democrazia un passo alla volta"
**
Fare il primo passo penso che sia già un'impresa in mezzo a questo "kaos".
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Re: Come se ne viene fuori ?
Urbi et orbi.....più orbi che urbi....
Negli ultimi due anni, i governi greci hanno più volte promesso interventi drastici, in materia di liberalizzazioni, privatizzazioni, lotta all' evasione, tagli agli sprechi, che non si sono poi materializzati
Maurizio Ricci su Repubblica
****
Il capo dello Stato e il capo del governo nelle ultime ore sono ritornati a far presente che rischiamo di fare la fine della Grecia.
Una maggiore attenzione alla situazione italiana farebbe comprendere a tutti, compresa la prima e la quarta carica dello Stato, che in mezzo alla situazione greca ci stiamo già da qualche mese.
Quello che scriveva Ricci a febbraio in merito alla Grecia è quanto succede da noi.
Se poi gli aggiungiamo che solo nei due Paesi del Sud Europa si stanno verificando suicidi a catena nella fascia debole della popolazione, possiamo renderci conto che siamo immersi in una situazione greca già da tempo.
Il terzo paragone è quello dell'analogia del fallimento delle due classi politiche.
E' fallita quella greca come è fallita da tempo quella italiana.
Non : "Faremo la fine della Grecia, ....ma abbiamo fatto la fine della Grecia.
Negli ultimi due anni, i governi greci hanno più volte promesso interventi drastici, in materia di liberalizzazioni, privatizzazioni, lotta all' evasione, tagli agli sprechi, che non si sono poi materializzati
Maurizio Ricci su Repubblica
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Il capo dello Stato e il capo del governo nelle ultime ore sono ritornati a far presente che rischiamo di fare la fine della Grecia.
Una maggiore attenzione alla situazione italiana farebbe comprendere a tutti, compresa la prima e la quarta carica dello Stato, che in mezzo alla situazione greca ci stiamo già da qualche mese.
Quello che scriveva Ricci a febbraio in merito alla Grecia è quanto succede da noi.
Se poi gli aggiungiamo che solo nei due Paesi del Sud Europa si stanno verificando suicidi a catena nella fascia debole della popolazione, possiamo renderci conto che siamo immersi in una situazione greca già da tempo.
Il terzo paragone è quello dell'analogia del fallimento delle due classi politiche.
E' fallita quella greca come è fallita da tempo quella italiana.
Non : "Faremo la fine della Grecia, ....ma abbiamo fatto la fine della Grecia.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Day after day
Sul fronte interno non è che le cose vadano meglio che sul fronte esterno.
Quirinale in allarme
Il governo: solo un miracolo può evitare un flop.
http://tweb.interno.it/pressreview/newWinPDF.php
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Re: Come se ne viene fuori ?
Un problema pratico da risolvere per pancho,....associato al prossimo post
E' un problema prevalentemente nostro che gli altri Paesi globalizzati non hanno.
“I killer di Calvi non verranno mai puniti. Sono protetti dallo Stato e dalla P2″
Il pentito di mafia Francesco di Carlo parla a trent'anni dalla morte del "banchiere di dio", trovato impiccato nel 1982 sotto il ponte dei Frati neri a Londra. Nel 2010 la Corte d'Appello si pronunciò: "Calvi venne ucciso". Per il collaboratore: "Venne ucciso perché aveva cominciato a fare nomi"
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 13 maggio 2012
“I veri killer di Roberto Calvi non verranno mai puniti perchè sono protetti dallo stato italiano, da membri della loggia massonica P2″. A pronunciare queste parole d’accusa è Francesco Di Carlo detto ”Frankie lo strangolatore”, un mafioso che nel 1991 venne indicato come il principale indiziato di chi sosteneva la tesi dell’omicidio per il “Banchiere di dio”. Il presidente del Banco Ambrosiano, istituto legato all’Istituto per le opere di religione (Ior) in quei tempi guidato da Paul Marcinkus, venne trovato impiccato sotto il ponte dei Frati neri a Londra nel giugno del 1982. Nelle sue tasche Scotland Yard trovò dei mattoni e 15 mila dollari in contanti.
In principio a Londra come a Roma si diede poco peso alla vicenda, derubricando il caso come un semplice suicidio ma con il passare degli anni la magistratura britannica aprì all’ipotesi di omicidio, trovando sponda anche in Italia quando nel 2010 dalla Corte di Assise d’Appello di Roma fugò ogni dubbio: confermando le assoluzioni di Flavio Carboni, Pippo Calò ed Ernesto Diotallevi, scrisse nelle motivazioni della sentenza: “Roberto Calvi è stato ammazzato, non si è ucciso”.
Per quanto riguarda “lo strangolatore” il suo nome lo fece per la prima volta nel luglio 1991 Francesco Marino Mannoia, cresciuto nella mafia come braccio destro di Stefano Bontate, ma Di Carlo nega di aver avuto alcun ruolo diretto nel delitto: “Non sono stato io quello che ha impiccato Calvi. Un giorno scriverò tutta la vera storia. Chi lo ha fatto ha enorme potere. Sono un misto di politici, presidenti di banca, militari, vertici della sicurezza e così via. Questo è un caso che continuano ad aprire e richiudere ma che non sarà mai risolto. Più in alto sali, meno prove trovi”. ”Frankie” sembrò il sospetto ideale: arrivato nel Regno Uniti negli anni ’70 dopo esser stato collegato all’assassinio di due poliziotti in Sicilia era salito di grado diventando il supervisore britannico delle operazioni di Cosa Nostra.
Se Di Carlo si tira indietro non smentisce però l’implicazione delle cosche nell’affaire Calvi. La mafia condannò a morte il banchiere e lo contattarono per portare a termine l’operazione: “Ero a Roma. Il 16 giugno 1982 ricevetti una telefonata da un amico in Sicilia. Pippo Calò mi cercava perché dovevo fare qualcosa per lui. Quando finalmente gli parlai, Pippo mi disse di non preoccuparmi, che il problema era stato risolto. Era il codice che usavamo. Mai parlare di uccidere qualcuno. Diciamo che un problema è stato risolto”. L’eliminazione del finanziere, spiega il pentito, fu un omicidio cautelare: “Venne ucciso perché aveva cominciato a fare nomi. Nessuno si fidava più di lui. Gli amici avevano preso le distanze. Sapeva che poteva essere arrestato di nuovo in qualsiasi momento. Era debole. Un uomo finito”.
IFQ
E' un problema prevalentemente nostro che gli altri Paesi globalizzati non hanno.
“I killer di Calvi non verranno mai puniti. Sono protetti dallo Stato e dalla P2″
Il pentito di mafia Francesco di Carlo parla a trent'anni dalla morte del "banchiere di dio", trovato impiccato nel 1982 sotto il ponte dei Frati neri a Londra. Nel 2010 la Corte d'Appello si pronunciò: "Calvi venne ucciso". Per il collaboratore: "Venne ucciso perché aveva cominciato a fare nomi"
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 13 maggio 2012
“I veri killer di Roberto Calvi non verranno mai puniti perchè sono protetti dallo stato italiano, da membri della loggia massonica P2″. A pronunciare queste parole d’accusa è Francesco Di Carlo detto ”Frankie lo strangolatore”, un mafioso che nel 1991 venne indicato come il principale indiziato di chi sosteneva la tesi dell’omicidio per il “Banchiere di dio”. Il presidente del Banco Ambrosiano, istituto legato all’Istituto per le opere di religione (Ior) in quei tempi guidato da Paul Marcinkus, venne trovato impiccato sotto il ponte dei Frati neri a Londra nel giugno del 1982. Nelle sue tasche Scotland Yard trovò dei mattoni e 15 mila dollari in contanti.
In principio a Londra come a Roma si diede poco peso alla vicenda, derubricando il caso come un semplice suicidio ma con il passare degli anni la magistratura britannica aprì all’ipotesi di omicidio, trovando sponda anche in Italia quando nel 2010 dalla Corte di Assise d’Appello di Roma fugò ogni dubbio: confermando le assoluzioni di Flavio Carboni, Pippo Calò ed Ernesto Diotallevi, scrisse nelle motivazioni della sentenza: “Roberto Calvi è stato ammazzato, non si è ucciso”.
Per quanto riguarda “lo strangolatore” il suo nome lo fece per la prima volta nel luglio 1991 Francesco Marino Mannoia, cresciuto nella mafia come braccio destro di Stefano Bontate, ma Di Carlo nega di aver avuto alcun ruolo diretto nel delitto: “Non sono stato io quello che ha impiccato Calvi. Un giorno scriverò tutta la vera storia. Chi lo ha fatto ha enorme potere. Sono un misto di politici, presidenti di banca, militari, vertici della sicurezza e così via. Questo è un caso che continuano ad aprire e richiudere ma che non sarà mai risolto. Più in alto sali, meno prove trovi”. ”Frankie” sembrò il sospetto ideale: arrivato nel Regno Uniti negli anni ’70 dopo esser stato collegato all’assassinio di due poliziotti in Sicilia era salito di grado diventando il supervisore britannico delle operazioni di Cosa Nostra.
Se Di Carlo si tira indietro non smentisce però l’implicazione delle cosche nell’affaire Calvi. La mafia condannò a morte il banchiere e lo contattarono per portare a termine l’operazione: “Ero a Roma. Il 16 giugno 1982 ricevetti una telefonata da un amico in Sicilia. Pippo Calò mi cercava perché dovevo fare qualcosa per lui. Quando finalmente gli parlai, Pippo mi disse di non preoccuparmi, che il problema era stato risolto. Era il codice che usavamo. Mai parlare di uccidere qualcuno. Diciamo che un problema è stato risolto”. L’eliminazione del finanziere, spiega il pentito, fu un omicidio cautelare: “Venne ucciso perché aveva cominciato a fare nomi. Nessuno si fidava più di lui. Gli amici avevano preso le distanze. Sapeva che poteva essere arrestato di nuovo in qualsiasi momento. Era debole. Un uomo finito”.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Landini: “Le infiltrazioni criminali? Causate dalla frammentazione del lavoro”
Il segretario della Fiom al Salone del Libro di Torino: "Sotto lo stesso tetto ci sono miriadi di contratti diversi. Mafie e corruzione sono le reali cause dei mancati investimenti in Italia non l'articolo 18". Il terrorismo? "Il primo nemico dei diritti, della democrazia e di chi lavora"
di Elena Ciccarello | 13 maggio 2012
“La frammentazione del lavoro è una delle maggiori cause di infiltrazione mafiosa”. Parla anche di criminalità organizzata il segretario della Fiom, Maurizio Landini, intervenuto al Salone del libro di Torino per la presentazione del volume “Lavoro vivo” (edizioni Alegre).
Una condizione che secondo il segretario non riguarda solo il sistema degli appalti, ma si estende a pezzi interi dell’economia reale: “Se guardiamo all’organizzazione del lavoro nel pubblico e nel privato, troviamo sotto lo stesso tetto miriadi di contratti diversi. C’è una frantumazione del lavoro e dei diritti che non ha precedenti e questo favorisce l’infiltrazione”. Per il segretario sono mafie e corruzione le reali cause dei mancati investimenti in Italia “e non la modifica dell’articolo 18”. Motivo per cui sollecita uno scatto in avanti dei sindacati, perché il problema venga affrontato in modo più deciso.
Il problema dell’interesse criminale inizia a toccare da vicino anche il mondo dei metalmeccanici, ma non risparmia neppure le cooperative, colpite da una forma di degenerazione che ne svuota il significato e la storia originaria. E le rende strumenti per la diminuzione dei diritti del lavoratori. “Ho scoperto che il primo di maggio la cooperativa di consumo di Modena, che ha 5mila dipendenti, ha cancellato i contratti nazionali e da quel momento applica un regolamento diverso. Se anche le cooperative pensano che la strada da seguire sia quella del dottor Marchionne – denuncia Landini – credo non solo che sbaglino ma anche che facciano qualcosa di contrario alla nostra Costituzione”. E sul tema del precariato dà appuntamento a Firenze il 20 maggio, anniversario dello Statuto dei lavoratori: una discussione importante, aggiunge, “per evitare la contrapposizione tra giovani e vecchie generazioni”.
Secondo il segretario i prossimi mesi rischiano di segnare un peggioramento della situazione “senza i necessari cambiamenti, c’è il concreto pericolo di una regressione”. Ecco allora la ricetta Fiom per scongiurarla: un piano straordinario di investimenti pubblici e privati e una limitazione del potere della finanza. “Non è vero che non ci sono i soldi – dice – la verità è che sono concentrati in poche mani, bisogna andare a prenderli”. In assenza di un reale cambiamento il rischio è la recessione, ma anche dell’esplosione della violenza. “Da sempre forme di violenza o terrorismo, che oggi sono comunque diverse, possono esplodere quando muoiono le prospettive o si assiste ad una crisi della rappresentanza, come quella che viviamo oggi in Italia. Non dobbiamo sottovalutarle, anche perché sono le prime nemiche dei diritti, della democrazia e di chi lavora”
IFQ
Il segretario della Fiom al Salone del Libro di Torino: "Sotto lo stesso tetto ci sono miriadi di contratti diversi. Mafie e corruzione sono le reali cause dei mancati investimenti in Italia non l'articolo 18". Il terrorismo? "Il primo nemico dei diritti, della democrazia e di chi lavora"
di Elena Ciccarello | 13 maggio 2012
“La frammentazione del lavoro è una delle maggiori cause di infiltrazione mafiosa”. Parla anche di criminalità organizzata il segretario della Fiom, Maurizio Landini, intervenuto al Salone del libro di Torino per la presentazione del volume “Lavoro vivo” (edizioni Alegre).
Una condizione che secondo il segretario non riguarda solo il sistema degli appalti, ma si estende a pezzi interi dell’economia reale: “Se guardiamo all’organizzazione del lavoro nel pubblico e nel privato, troviamo sotto lo stesso tetto miriadi di contratti diversi. C’è una frantumazione del lavoro e dei diritti che non ha precedenti e questo favorisce l’infiltrazione”. Per il segretario sono mafie e corruzione le reali cause dei mancati investimenti in Italia “e non la modifica dell’articolo 18”. Motivo per cui sollecita uno scatto in avanti dei sindacati, perché il problema venga affrontato in modo più deciso.
Il problema dell’interesse criminale inizia a toccare da vicino anche il mondo dei metalmeccanici, ma non risparmia neppure le cooperative, colpite da una forma di degenerazione che ne svuota il significato e la storia originaria. E le rende strumenti per la diminuzione dei diritti del lavoratori. “Ho scoperto che il primo di maggio la cooperativa di consumo di Modena, che ha 5mila dipendenti, ha cancellato i contratti nazionali e da quel momento applica un regolamento diverso. Se anche le cooperative pensano che la strada da seguire sia quella del dottor Marchionne – denuncia Landini – credo non solo che sbaglino ma anche che facciano qualcosa di contrario alla nostra Costituzione”. E sul tema del precariato dà appuntamento a Firenze il 20 maggio, anniversario dello Statuto dei lavoratori: una discussione importante, aggiunge, “per evitare la contrapposizione tra giovani e vecchie generazioni”.
Secondo il segretario i prossimi mesi rischiano di segnare un peggioramento della situazione “senza i necessari cambiamenti, c’è il concreto pericolo di una regressione”. Ecco allora la ricetta Fiom per scongiurarla: un piano straordinario di investimenti pubblici e privati e una limitazione del potere della finanza. “Non è vero che non ci sono i soldi – dice – la verità è che sono concentrati in poche mani, bisogna andare a prenderli”. In assenza di un reale cambiamento il rischio è la recessione, ma anche dell’esplosione della violenza. “Da sempre forme di violenza o terrorismo, che oggi sono comunque diverse, possono esplodere quando muoiono le prospettive o si assiste ad una crisi della rappresentanza, come quella che viviamo oggi in Italia. Non dobbiamo sottovalutarle, anche perché sono le prime nemiche dei diritti, della democrazia e di chi lavora”
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