Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la SX?
-
- Messaggi: 2444
- Iscritto il: 24/02/2012, 18:16
Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
POLITICA
IlFattoQuotidiano.it / BLOG / di Francescomaria Tedesco
Crisi di governo, e se la sinistra si saldasse con il Movimento 5 Stelle?
Beati i ricostruttori di partiti, perché di essi è il regno della carta stampata. Pullulano infatti in questi giorni, sui grandi giornali dell’industria e delle classi dirigenti italiane, candidature o auto-candidature per “ricostruire” questo e quello, ma soprattutto il Pd, travolto dall’esito referendario del 4 dicembre scorso. Come se fosse patrimonio Unesco dell’umanità, il partito colonizzato da Matteo Renzi viene definito ancora come l’unica ancora di salvezza per il centrosinistra, extra Ecclesiam nulla salus.
Quindi Repubblica candida sorprendentemente l’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia, al fine di riorganizzare in questo caso non il campo Pd, ma quello della sinistra-sinistra, dai civatiani a Sinistra Italiana, forse a Rifondazione e tutti gli altri “cespugli”, come si diceva ai tempi botanici dell’Ulivo. Campo progressista, sempre a proposito di similitudini bucoliche. Hanno già il nome e la strategia, ma pare che non ne abbiano parlato con nessuno.
Da dove viene fuori, se non dalle schiume di Repubblica, questo progetto che pare già in una fase avanzata? Sarà che l’idea di una costruzione “partecipata” e “dal basso” della leadership non convince più nessuno e non pare neanche praticabile, perché quel “basso” non è in grado di scegliere alcunché, preso tra veti e anatemi, gelosie e difesa di rendite di posizione.
E tuttavia una leadership calata così, dall’alto, da parte del giornale filo-renziano per eccellenza, quello che si è più speso per fiancheggiare la resistibile ascesa dell’astro rignanese, dovrebbe sembrare indigeribile persino alle stampelle per vocazione. Ché poi alla fine il disegno quello è: trovare la stampella a Matteo, fargli mollare Verdini e Alfano.
Rimane il problema culturale e politico: che Renzi si trovi meglio proprio con Verdini (con il quale il sodalizio data da diversi anni) e con Alfano? Che condivida con Ala ed Ncd più cose, sul piano culturale e politico, di quante non ne condivida con uno di Sinistra Italiana, magari considerato da Renzi un giovane-vecchio barbagianni che si attarda ancora a ragionare di classi e disuguaglianza?
A cadavere ancora caldo, gli ballano attorno questi “ricostruttori”, i quali un momento prima stavano picconando le fondamenta del centro-sinistra. Come Gianni Cuperlo, sostenitore del Sì, che oggi torna alla carica parlando di un “campo aperto”. Ma perché si dovrebbe affidare la “ricostruzione” del centro-sinistra agli elettori del Sì, ai sostenitori del Jobs Act, ai guastatori dell’art. 18, a quelli che il sindacato è un ferro vecchio del Novecento? Costoro stanno bene nel Pd della scoppola, quello che ha perso il referendum. Dovrebbero pensare a ricostruire quel campo, non gli orti intorno. E a scegliersi un nuovo leader, dato che Renzi abbandona la politica.
Non si tratta di uno stigma su coloro che hanno votato Sì e hanno perso. Sono essi ancora “cittadini” del centro-sinistra? Certo che lo sono. Ma ognuno dovrebbe farsi un esame di coscienza e dirsi, in tutta onestà, quanti passi indietro occorre fare da parte di chi, votando l’invotabile in Parlamento o appoggiandolo nelle piazze e nell’opinione pubblica, ha spinto la sinistra fuori dal Pd, ha umiliato e vilipeso chi già stava a sinistra del Pd, ha costruito un’area (quella che “si vince al centro”) che rapidamente ha rinnegato i valori della sinistra o quel che ne restava dopo lo stillicidio “riformista” che dalla Bolognina arriva all’Ulivo e al “Care” veltroniano. Nessuna lettera scarlatta, nessun anatema. Ma stare fermi un giro no?
Mettersi a disposizione, ecco, ma con l’umiltà di dire “abbiamo sbagliato, non abbiamo capito”. E lavorare dentro il Pd, non fuori. Fuori, a sinistra, un leader, o una leader, andranno pur trovati: non ci si vorrà mica illudere che siccome il leaderismo renziano è uscito sconfitto, non abbiamo più bisogno di leader ma di movimenti dal basso? Qualcuno faceva il nome per esempio di Anna Falcone. L’avvocato del No è capace, e il futuro è aperto.
Ma un leader per fare cosa? Se stampella deve essere, allora perché non pensare a una saldatura su alcune questioni tra sinistra-sinistra e M5S? Certo, si dirà: il Movimento non accetterebbe, preferendo “andare da solo”. Ma Bersani nel 2013 pensava a una sorta di appoggio esterno del Movimento. Ecco, si potrebbe rovesciare quella prospettiva, e pensare a un appoggio esterno della sinistra, sulla base di un programma specifico. Evitando le solite secche della sinistra inconcludente o peggio dannosa: campo progressista, campo aperto, ma non camposanto.
IlFattoQuotidiano.it / BLOG / di Francescomaria Tedesco
Crisi di governo, e se la sinistra si saldasse con il Movimento 5 Stelle?
Beati i ricostruttori di partiti, perché di essi è il regno della carta stampata. Pullulano infatti in questi giorni, sui grandi giornali dell’industria e delle classi dirigenti italiane, candidature o auto-candidature per “ricostruire” questo e quello, ma soprattutto il Pd, travolto dall’esito referendario del 4 dicembre scorso. Come se fosse patrimonio Unesco dell’umanità, il partito colonizzato da Matteo Renzi viene definito ancora come l’unica ancora di salvezza per il centrosinistra, extra Ecclesiam nulla salus.
Quindi Repubblica candida sorprendentemente l’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia, al fine di riorganizzare in questo caso non il campo Pd, ma quello della sinistra-sinistra, dai civatiani a Sinistra Italiana, forse a Rifondazione e tutti gli altri “cespugli”, come si diceva ai tempi botanici dell’Ulivo. Campo progressista, sempre a proposito di similitudini bucoliche. Hanno già il nome e la strategia, ma pare che non ne abbiano parlato con nessuno.
Da dove viene fuori, se non dalle schiume di Repubblica, questo progetto che pare già in una fase avanzata? Sarà che l’idea di una costruzione “partecipata” e “dal basso” della leadership non convince più nessuno e non pare neanche praticabile, perché quel “basso” non è in grado di scegliere alcunché, preso tra veti e anatemi, gelosie e difesa di rendite di posizione.
E tuttavia una leadership calata così, dall’alto, da parte del giornale filo-renziano per eccellenza, quello che si è più speso per fiancheggiare la resistibile ascesa dell’astro rignanese, dovrebbe sembrare indigeribile persino alle stampelle per vocazione. Ché poi alla fine il disegno quello è: trovare la stampella a Matteo, fargli mollare Verdini e Alfano.
Rimane il problema culturale e politico: che Renzi si trovi meglio proprio con Verdini (con il quale il sodalizio data da diversi anni) e con Alfano? Che condivida con Ala ed Ncd più cose, sul piano culturale e politico, di quante non ne condivida con uno di Sinistra Italiana, magari considerato da Renzi un giovane-vecchio barbagianni che si attarda ancora a ragionare di classi e disuguaglianza?
A cadavere ancora caldo, gli ballano attorno questi “ricostruttori”, i quali un momento prima stavano picconando le fondamenta del centro-sinistra. Come Gianni Cuperlo, sostenitore del Sì, che oggi torna alla carica parlando di un “campo aperto”. Ma perché si dovrebbe affidare la “ricostruzione” del centro-sinistra agli elettori del Sì, ai sostenitori del Jobs Act, ai guastatori dell’art. 18, a quelli che il sindacato è un ferro vecchio del Novecento? Costoro stanno bene nel Pd della scoppola, quello che ha perso il referendum. Dovrebbero pensare a ricostruire quel campo, non gli orti intorno. E a scegliersi un nuovo leader, dato che Renzi abbandona la politica.
Non si tratta di uno stigma su coloro che hanno votato Sì e hanno perso. Sono essi ancora “cittadini” del centro-sinistra? Certo che lo sono. Ma ognuno dovrebbe farsi un esame di coscienza e dirsi, in tutta onestà, quanti passi indietro occorre fare da parte di chi, votando l’invotabile in Parlamento o appoggiandolo nelle piazze e nell’opinione pubblica, ha spinto la sinistra fuori dal Pd, ha umiliato e vilipeso chi già stava a sinistra del Pd, ha costruito un’area (quella che “si vince al centro”) che rapidamente ha rinnegato i valori della sinistra o quel che ne restava dopo lo stillicidio “riformista” che dalla Bolognina arriva all’Ulivo e al “Care” veltroniano. Nessuna lettera scarlatta, nessun anatema. Ma stare fermi un giro no?
Mettersi a disposizione, ecco, ma con l’umiltà di dire “abbiamo sbagliato, non abbiamo capito”. E lavorare dentro il Pd, non fuori. Fuori, a sinistra, un leader, o una leader, andranno pur trovati: non ci si vorrà mica illudere che siccome il leaderismo renziano è uscito sconfitto, non abbiamo più bisogno di leader ma di movimenti dal basso? Qualcuno faceva il nome per esempio di Anna Falcone. L’avvocato del No è capace, e il futuro è aperto.
Ma un leader per fare cosa? Se stampella deve essere, allora perché non pensare a una saldatura su alcune questioni tra sinistra-sinistra e M5S? Certo, si dirà: il Movimento non accetterebbe, preferendo “andare da solo”. Ma Bersani nel 2013 pensava a una sorta di appoggio esterno del Movimento. Ecco, si potrebbe rovesciare quella prospettiva, e pensare a un appoggio esterno della sinistra, sulla base di un programma specifico. Evitando le solite secche della sinistra inconcludente o peggio dannosa: campo progressista, campo aperto, ma non camposanto.
-
- Messaggi: 5725
- Iscritto il: 11/10/2016, 2:47
Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
BRANCOLANDO NEL BUIO
Nelle ultime 24 ore mi hanno rifilato un paio di legnate che bastano e avanzano per i prossimi 10 anni.
I fatti.
On the road.
La prima legnata me l’ha ammollata un amico d’infanzia della fine degli anni ’40.
Lo incontro ieri al mercato e gli chiedo, doverosamente, cosa ne pensa della situazione socio-politica di questa fase.
Mi dice subito che ha votato SI.
Non capisco perché so che è di sinistra. Magari moderato, ma comunque certamente di sinistra.
Ho cercato per tutto il tempo di poter capire le motivazioni che lo hanno indotto a tanto, ma parlava sempre lui e non sono venuto a capo di niente.
Ha ribadito di essere di sinistra ma si sentiva di votare SI.
La seconda legnata è di stamani, ma è più dolorosa.
Anche qui l’amicizia è antica. Risale ai primi anni ’50.
Lui è sempre stato rosso fin da piccolo che più rosso non si può.
Certamente più a sinistra del sottoscritto.
Questa sua posizione politica l’ha mantenuta caparbiamente fino alla scorsa settimana, criticando aspramente chi rappresentava in Parlamento la sinistra, e i partiti così detti di sinistra.
In questi anni della presenza di Renzi, lo definiva un destro naturale.
Ma stamani, a sorpresa, mi ha comunicato di aver votato SI.
Con la motivazione che intendeva evitare il caos che si registra questa settimana.
Se mi avessero chiesto un’ora prima per chi avesse votato, avrei messo la mano sul fuoco che avrebbe votato NO.
Ho evitato quindi di diventare un nuovo Muzio Scevola, ma la legnata rimane.
Anche tra gli amici della Biblioteca ho appreso con grandissima sorpresa che anche chi si dichiara solitamente di sinistra ha votato per il SI. Con motivazioni che non stanno né in cielo, né in terra e in nessun altro luogo.
Come si dice in questi casi, NON C’E’ PIU’ RELIGIONE.
Non riesco più a capire i miei simili, soprattutto coloro che condividono l’essere schierati a sinistra.
Il problema è che qui non abbiamo a che fare con i Gad Lerner, i Michele Santoro e i Benigni che sono sensibili al posto di lavoro.
Qui non siamo di fronte ai Cacciari o i Prodi che forse nascondono reconditi interessi.
Qui siamo di fronte ai tanti italiani che sopravvivono del suo senza bisogno di chiedere l’elemosina alla politica.
E’ qui che cascano le braccia su cosa possa essere oggi la sinistra.
Se la sinistra dei vecchi è questa “lasciate ogni speranza o voi che entrate”
Nelle ultime 24 ore mi hanno rifilato un paio di legnate che bastano e avanzano per i prossimi 10 anni.
I fatti.
On the road.
La prima legnata me l’ha ammollata un amico d’infanzia della fine degli anni ’40.
Lo incontro ieri al mercato e gli chiedo, doverosamente, cosa ne pensa della situazione socio-politica di questa fase.
Mi dice subito che ha votato SI.
Non capisco perché so che è di sinistra. Magari moderato, ma comunque certamente di sinistra.
Ho cercato per tutto il tempo di poter capire le motivazioni che lo hanno indotto a tanto, ma parlava sempre lui e non sono venuto a capo di niente.
Ha ribadito di essere di sinistra ma si sentiva di votare SI.
La seconda legnata è di stamani, ma è più dolorosa.
Anche qui l’amicizia è antica. Risale ai primi anni ’50.
Lui è sempre stato rosso fin da piccolo che più rosso non si può.
Certamente più a sinistra del sottoscritto.
Questa sua posizione politica l’ha mantenuta caparbiamente fino alla scorsa settimana, criticando aspramente chi rappresentava in Parlamento la sinistra, e i partiti così detti di sinistra.
In questi anni della presenza di Renzi, lo definiva un destro naturale.
Ma stamani, a sorpresa, mi ha comunicato di aver votato SI.
Con la motivazione che intendeva evitare il caos che si registra questa settimana.
Se mi avessero chiesto un’ora prima per chi avesse votato, avrei messo la mano sul fuoco che avrebbe votato NO.
Ho evitato quindi di diventare un nuovo Muzio Scevola, ma la legnata rimane.
Anche tra gli amici della Biblioteca ho appreso con grandissima sorpresa che anche chi si dichiara solitamente di sinistra ha votato per il SI. Con motivazioni che non stanno né in cielo, né in terra e in nessun altro luogo.
Come si dice in questi casi, NON C’E’ PIU’ RELIGIONE.
Non riesco più a capire i miei simili, soprattutto coloro che condividono l’essere schierati a sinistra.
Il problema è che qui non abbiamo a che fare con i Gad Lerner, i Michele Santoro e i Benigni che sono sensibili al posto di lavoro.
Qui non siamo di fronte ai Cacciari o i Prodi che forse nascondono reconditi interessi.
Qui siamo di fronte ai tanti italiani che sopravvivono del suo senza bisogno di chiedere l’elemosina alla politica.
E’ qui che cascano le braccia su cosa possa essere oggi la sinistra.
Se la sinistra dei vecchi è questa “lasciate ogni speranza o voi che entrate”
-
- Messaggi: 2444
- Iscritto il: 24/02/2012, 18:16
Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
Come i vecchi amici che tu citi ce ne sono tanti e avevano preso paura e creduto alle balle catastrofiche
sparse ai 4 venti da tanta stampa, purtroppo oggi conosciamo la realtà in cui viviamo, ma il futuro può sempre portarci delle sorprese.
sparse ai 4 venti da tanta stampa, purtroppo oggi conosciamo la realtà in cui viviamo, ma il futuro può sempre portarci delle sorprese.
-
- Messaggi: 5725
- Iscritto il: 11/10/2016, 2:47
Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
MAL DI SINISTRA
28 dic 2016 13:14
AVVISATE I FIGHETTI DELLA SINISTRA ROMANA: A TOR BELLA MONACA SONO PRONTI A RIVOTARE LA RAGGI - VIAGGIO NEL FEUDO PENTASTELLATO ALLA PERIFERIA DELLA CAPITALE: “QUI ERAVAMO TUTTI COMUNISTI MA OGGI LA SINISTRA È DIVENTATA BORGHESE. I 5 STELLE? MICA SONO UNA CONGREGA DI EVANGELISTI MA PEGGIO DEI SOLITI PARTITI NON SI PUÒ FARE”
Andrea Malaguti per la Stampa
«Eravamo tutti comunisti». Tutti? «Beh, molti. Sono un sacco quelli con la mia storia a Tor Bella Monaca. Poi i nostri politici sono diventati politicanti, le persone che ci dovevano rappresentare si sono imborghesite, diventando esattamente come quelli che detestavamo. Avidi e incapaci. Aspettiamo la metro C da 15 anni.
Abbiamo diritto di essere stanchi, non trova? E guardi che io ho fatto fatica a votare per i 5 Stelle, mica sono una congrega di evangelisti quelli. Ma almeno si sono messi a fare le nostre stesse battaglie. Non sulla rete. Nelle strade. Con i banchetti. Con i volantini. Così mi sono fidato. Anche se ora li aspetto al varco».
Bar Fontana Candida, zona zeta, Municipio VI di Roma, Massimo Costantino, 55 anni, si aggiusta il berretto di lana e dà un’occhiata ai compagni di tavolata. Li guarda incuriosito. «E’ la prima volta che li vedo. Se li incontro di nuovo è la seconda». E’ un filosofo di periferia, un politologo a sua insaputa, uno di quei sensori di borgata che la politica tradizionale ha smesso di ascoltare. O forse non ha ascoltato mai.
«Tra noi invisibili i 5 stelle hanno vinto facile». Esperto di vita e di fatica, Costantino per campare fa l’autista di camion. «La prima volta che ho sentito Renzi alla radio mi sono detto: che fenomeno. Adesso quando mi ricapita cambio canale. Non sono un militante grillino, sono un simpatizzante. E se so’ qui è perché mi ci ha portato Rodolfo». Gente di quartiere. Che si riconosce a fiuto.
Chi ci sta sulla scialuppa con noi? Rodolfo è Rodolfo Caputo, attivista pentastellato che ha convocato un po’ di amici in via Degas - Andrea lo studente, Sergio, ex dipendente di una grande azienda o Biagio, che lavorava con gli appalti pubblici - per spiegare perché nell’area più malfamata della capitale, dove i cronisti si aggirano tra i torrioni con lo stesso spirito con cui si va allo zoo, Virginia Raggi ha raccolto il 72% dei consensi.
Un plebiscito figlio di una domanda semplice: ma a noi, chi ci protegge? Se i 5 Stelle avessero presentato uno struzzo, a Tor Bella Monaca, 30 mila abitanti con un reddito pro capite che supera a fatica i mille euro, l’età media più bassa della Capitale e un tasso di dispersione scolastica quasi doppio dello standard romano (15% contro il 9%), avrebbero votato per lui. E il centrosinistra?
«So’ dieci anni che è morto. C’è stato Rutelli. Poi Veltroni. Quindi il nulla. A parte la speculazione edilizia, lo spaccio e la violenza, mentre Roberto Romanella, il nuovo presidente della circoscrizione, è uno che lavora a testa bassa venti ore al giorno per risolvere i piccoli e i grandi guai». Teste che annuiscono. «Bravo». «Vero». «Giusto». Si apre una vetrata.
Entra un vento gelido. La votereste ancora la Raggi? Si scatena un dibattito. Ortodossi, dubbiosi, pentiti. Ma qui è ovvio che il punto non è la sindaca, anche se la risposta, tendenzialmente sarebbe sì.
E quando Costantino dice: «Un opposizione dura come la nostra non l’ha più fatta nessuno da anni e forse è meglio restare dall’altra parte della barricata», il resto del tavolo si ribella. «Peggio di questi non si può fare». Un tempo Tor Bella Monaca l’avrebbero chiamato «quartiere prioritario», uno di quei non luoghi dormitorio, spappolato dalla speculazione degli Anni Ottanta che era necessario aiutare e tenere d’occhio per evitare che diventasse il labirinto incontrollabile pieno di topi e di rifiuti che è diventato oggi.
La parte sana del circondario - largamente maggioritaria - è convinta che questo caos sia stato creato ad arte. «Una volta il patto era semplice. Un posto all’Ama o all’Atac in cambio di un voto, poi è venuto a mancare anche quello. E’ saltato tutto. E lo hanno fatto apposta».
Come fai altrimenti a consentire che esista un mostro come il complesso R5, quattromila persone stipate in un blocco grigio lungo più di un chilometro dove i pianerottoli sono fortificati e chiusi con cancelli che impediscono alle forze dell’ordine di avvicinarsi e gli spacciatori hanno un filo diretto con la ‘ndrangheta e la camorra?
Le retate di carabinieri e polizia sono continue. Elicotteri, unità cinofile, pattuglie in borghese. Uno scontro quotidiano. Ma è come spegnere l’incendio di un bosco con l’acqua contenuta nel becco di un colibrì.
Nei parchi i rifiuti si mescolano con le siringhe. E basta una passeggiata per capire che aria tira. In via dell’Archeologia il ragazzo appoggiato al pilone di cemento ha il sorriso cattivo. I capelli corti. Un piumino nero. Quanti anni hai? Lui fa appena un cenno del capo deciso a risparmiare energie per occasioni più importanti.
Porta le dita alla bocca. Fischia. Pochi secondi e un gruppetto di coetanei si avvicina di corsa e si schiera al suo fianco. Nessuno parla. Meglio girare i tacchi. Che cosa aveva detto a Radio Vaticana don Francesco De Franco, il parroco del Santissimo Redentore? «Se con i bambini del catechismo uso la parola “infame” non ho bisogno di spiegarla. Tutti sanno che cosa vuole dire. I ragazzi qui devono dimostrare di sapere stare in strada e farsi rispettare».
E’ più facile delinquere che andare a lavorare. Un palo guadagna cento euro per annunciare l’arrivo degli sbirri. E chi mette a disposizione la casa per nascondere la droga incassa quattromila euro al mese. C’entra tutto questo con la politica, con il fallimento della sinistra e con l’esplosione dei 5 Stelle? Moltissimo.
Al Bar Fontana Candida l’attivista Sergio Di Reda teorizza la fine di un mondo. «Io ho 66 anni e da quando sono in pensione faccio video che metto a disposizione del movimento. Naturalmente gratis. Internet ci ha fatto capire che non ci possiamo più fidare dei giornali e dei media classici. Ci dobbiamo formare un’opinione da soli». Internet è pieno di balle.
«I giornali di più. E oggi basta uno smartphone per farsi una coscienza. Il vecchio sistema non c’è più. I 5 Stelle possono aprire una strada nuova».
Confida di avere registrato la conversazione avvenuta tra noi al bar. E’ la certezza di essere stati fregati dai partiti tradizionali e la paura di essere fregati ancora da chiunque non bazzichi le strade di quartiere che li lega gli uni agli altri.
O forse - idea che il Pd non capisce - è soprattutto la voglia di non essere più osservati come se fossero loro la polvere della vita.
28 dic 2016 13:14
AVVISATE I FIGHETTI DELLA SINISTRA ROMANA: A TOR BELLA MONACA SONO PRONTI A RIVOTARE LA RAGGI - VIAGGIO NEL FEUDO PENTASTELLATO ALLA PERIFERIA DELLA CAPITALE: “QUI ERAVAMO TUTTI COMUNISTI MA OGGI LA SINISTRA È DIVENTATA BORGHESE. I 5 STELLE? MICA SONO UNA CONGREGA DI EVANGELISTI MA PEGGIO DEI SOLITI PARTITI NON SI PUÒ FARE”
Andrea Malaguti per la Stampa
«Eravamo tutti comunisti». Tutti? «Beh, molti. Sono un sacco quelli con la mia storia a Tor Bella Monaca. Poi i nostri politici sono diventati politicanti, le persone che ci dovevano rappresentare si sono imborghesite, diventando esattamente come quelli che detestavamo. Avidi e incapaci. Aspettiamo la metro C da 15 anni.
Abbiamo diritto di essere stanchi, non trova? E guardi che io ho fatto fatica a votare per i 5 Stelle, mica sono una congrega di evangelisti quelli. Ma almeno si sono messi a fare le nostre stesse battaglie. Non sulla rete. Nelle strade. Con i banchetti. Con i volantini. Così mi sono fidato. Anche se ora li aspetto al varco».
Bar Fontana Candida, zona zeta, Municipio VI di Roma, Massimo Costantino, 55 anni, si aggiusta il berretto di lana e dà un’occhiata ai compagni di tavolata. Li guarda incuriosito. «E’ la prima volta che li vedo. Se li incontro di nuovo è la seconda». E’ un filosofo di periferia, un politologo a sua insaputa, uno di quei sensori di borgata che la politica tradizionale ha smesso di ascoltare. O forse non ha ascoltato mai.
«Tra noi invisibili i 5 stelle hanno vinto facile». Esperto di vita e di fatica, Costantino per campare fa l’autista di camion. «La prima volta che ho sentito Renzi alla radio mi sono detto: che fenomeno. Adesso quando mi ricapita cambio canale. Non sono un militante grillino, sono un simpatizzante. E se so’ qui è perché mi ci ha portato Rodolfo». Gente di quartiere. Che si riconosce a fiuto.
Chi ci sta sulla scialuppa con noi? Rodolfo è Rodolfo Caputo, attivista pentastellato che ha convocato un po’ di amici in via Degas - Andrea lo studente, Sergio, ex dipendente di una grande azienda o Biagio, che lavorava con gli appalti pubblici - per spiegare perché nell’area più malfamata della capitale, dove i cronisti si aggirano tra i torrioni con lo stesso spirito con cui si va allo zoo, Virginia Raggi ha raccolto il 72% dei consensi.
Un plebiscito figlio di una domanda semplice: ma a noi, chi ci protegge? Se i 5 Stelle avessero presentato uno struzzo, a Tor Bella Monaca, 30 mila abitanti con un reddito pro capite che supera a fatica i mille euro, l’età media più bassa della Capitale e un tasso di dispersione scolastica quasi doppio dello standard romano (15% contro il 9%), avrebbero votato per lui. E il centrosinistra?
«So’ dieci anni che è morto. C’è stato Rutelli. Poi Veltroni. Quindi il nulla. A parte la speculazione edilizia, lo spaccio e la violenza, mentre Roberto Romanella, il nuovo presidente della circoscrizione, è uno che lavora a testa bassa venti ore al giorno per risolvere i piccoli e i grandi guai». Teste che annuiscono. «Bravo». «Vero». «Giusto». Si apre una vetrata.
Entra un vento gelido. La votereste ancora la Raggi? Si scatena un dibattito. Ortodossi, dubbiosi, pentiti. Ma qui è ovvio che il punto non è la sindaca, anche se la risposta, tendenzialmente sarebbe sì.
E quando Costantino dice: «Un opposizione dura come la nostra non l’ha più fatta nessuno da anni e forse è meglio restare dall’altra parte della barricata», il resto del tavolo si ribella. «Peggio di questi non si può fare». Un tempo Tor Bella Monaca l’avrebbero chiamato «quartiere prioritario», uno di quei non luoghi dormitorio, spappolato dalla speculazione degli Anni Ottanta che era necessario aiutare e tenere d’occhio per evitare che diventasse il labirinto incontrollabile pieno di topi e di rifiuti che è diventato oggi.
La parte sana del circondario - largamente maggioritaria - è convinta che questo caos sia stato creato ad arte. «Una volta il patto era semplice. Un posto all’Ama o all’Atac in cambio di un voto, poi è venuto a mancare anche quello. E’ saltato tutto. E lo hanno fatto apposta».
Come fai altrimenti a consentire che esista un mostro come il complesso R5, quattromila persone stipate in un blocco grigio lungo più di un chilometro dove i pianerottoli sono fortificati e chiusi con cancelli che impediscono alle forze dell’ordine di avvicinarsi e gli spacciatori hanno un filo diretto con la ‘ndrangheta e la camorra?
Le retate di carabinieri e polizia sono continue. Elicotteri, unità cinofile, pattuglie in borghese. Uno scontro quotidiano. Ma è come spegnere l’incendio di un bosco con l’acqua contenuta nel becco di un colibrì.
Nei parchi i rifiuti si mescolano con le siringhe. E basta una passeggiata per capire che aria tira. In via dell’Archeologia il ragazzo appoggiato al pilone di cemento ha il sorriso cattivo. I capelli corti. Un piumino nero. Quanti anni hai? Lui fa appena un cenno del capo deciso a risparmiare energie per occasioni più importanti.
Porta le dita alla bocca. Fischia. Pochi secondi e un gruppetto di coetanei si avvicina di corsa e si schiera al suo fianco. Nessuno parla. Meglio girare i tacchi. Che cosa aveva detto a Radio Vaticana don Francesco De Franco, il parroco del Santissimo Redentore? «Se con i bambini del catechismo uso la parola “infame” non ho bisogno di spiegarla. Tutti sanno che cosa vuole dire. I ragazzi qui devono dimostrare di sapere stare in strada e farsi rispettare».
E’ più facile delinquere che andare a lavorare. Un palo guadagna cento euro per annunciare l’arrivo degli sbirri. E chi mette a disposizione la casa per nascondere la droga incassa quattromila euro al mese. C’entra tutto questo con la politica, con il fallimento della sinistra e con l’esplosione dei 5 Stelle? Moltissimo.
Al Bar Fontana Candida l’attivista Sergio Di Reda teorizza la fine di un mondo. «Io ho 66 anni e da quando sono in pensione faccio video che metto a disposizione del movimento. Naturalmente gratis. Internet ci ha fatto capire che non ci possiamo più fidare dei giornali e dei media classici. Ci dobbiamo formare un’opinione da soli». Internet è pieno di balle.
«I giornali di più. E oggi basta uno smartphone per farsi una coscienza. Il vecchio sistema non c’è più. I 5 Stelle possono aprire una strada nuova».
Confida di avere registrato la conversazione avvenuta tra noi al bar. E’ la certezza di essere stati fregati dai partiti tradizionali e la paura di essere fregati ancora da chiunque non bazzichi le strade di quartiere che li lega gli uni agli altri.
O forse - idea che il Pd non capisce - è soprattutto la voglia di non essere più osservati come se fossero loro la polvere della vita.
-
- Messaggi: 5725
- Iscritto il: 11/10/2016, 2:47
Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
......ANNUNCIAZIO'.............ANNUNCIAZIO'........
GENNA' CE L'HA FATTA.............................
GENNA' CE L'HA FATTA.............................
-
- Messaggi: 5725
- Iscritto il: 11/10/2016, 2:47
Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
L'IGRORANZA E' UNA GRAN BRUTTA COSA . DIREI LA PIAGA DELL'UMANITA'.
Ed oggi ho scoperto la mia buona fetta di ignoranza.
Credevo che Gennaro Migliore avesse raggiunto ieri la poltrona di sottosegretario, avendolo appreso dai TG.
Invece:
Gennaro Migliore
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Gennaro Migliore (Napoli, 21 giugno 1968) è un politico italiano, dal 29 gennaio 2016 ricopre l'incarico di Sottosegretario di Stato al Ministero della Giustizia nel Governo Renzi.
Già dirigente del Partito della Rifondazione Comunista, è stato deputato e capogruppo di Rifondazione Comunista - Sinistra europea dal 2006 al 2008. È stato capogruppo di Sinistra Ecologia Libertà alla Camera nella XVII Legislatura fino a giugno 2014, quando ha lasciato il partito per entrare quattro mesi dopo nel Partito Democratico.
Gran brutta cosa l'ignoranza
Ed oggi ho scoperto la mia buona fetta di ignoranza.
Credevo che Gennaro Migliore avesse raggiunto ieri la poltrona di sottosegretario, avendolo appreso dai TG.
Invece:
Gennaro Migliore
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Gennaro Migliore (Napoli, 21 giugno 1968) è un politico italiano, dal 29 gennaio 2016 ricopre l'incarico di Sottosegretario di Stato al Ministero della Giustizia nel Governo Renzi.
Già dirigente del Partito della Rifondazione Comunista, è stato deputato e capogruppo di Rifondazione Comunista - Sinistra europea dal 2006 al 2008. È stato capogruppo di Sinistra Ecologia Libertà alla Camera nella XVII Legislatura fino a giugno 2014, quando ha lasciato il partito per entrare quattro mesi dopo nel Partito Democratico.
Gran brutta cosa l'ignoranza
-
- Messaggi: 1990
- Iscritto il: 21/02/2012, 19:25
Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
La prossima entrata, cronologicamente s'intende, sara' nel NCD e per passare poi dove? Verso coloro che si presenteranno vincenti.UncleTom ha scritto:L'IGRORANZA E' UNA GRAN BRUTTA COSA . DIREI LA PIAGA DELL'UMANITA'.
Ed oggi ho scoperto la mia buona fetta di ignoranza.
Credevo che Gennaro Migliore avesse raggiunto ieri la poltrona di sottosegretario, avendolo appreso dai TG.
Invece:
Gennaro Migliore
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Gennaro Migliore (Napoli, 21 giugno 1968) è un politico italiano, dal 29 gennaio 2016 ricopre l'incarico di Sottosegretario di Stato al Ministero della Giustizia nel Governo Renzi.
Già dirigente del Partito della Rifondazione Comunista, è stato deputato e capogruppo di Rifondazione Comunista - Sinistra europea dal 2006 al 2008. È stato capogruppo di Sinistra Ecologia Libertà alla Camera nella XVII Legislatura fino a giugno 2014, quando ha lasciato il partito per entrare quattro mesi dopo nel Partito Democratico.
Gran brutta cosa l'ignoranza
L'ho conosciuto personalmente e aveva un po' l'aria del rivoluzionario come solito fanno coloro che hanno obiettivi chiari sul dove andare. Non mi stupira' più questo ragazzo! Renzi proponendolo pensava di spaccare SEL ma credo che oltre a SEL abbia diviso lo stesso PD.
un saluone
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
-
- Messaggi: 5725
- Iscritto il: 11/10/2016, 2:47
Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
L'articolo segnalato da iospero nel 3D "GENTILONI", di Massimo D'Alema, merita la pubblicazione per esteso, in quanto rappresenta il manifesto del fallimento della sinistra postberlingueriana.
Massimo D'Alema: "La sinistra recuperi il suo spazio e il suo ruolo, senza una svolta politica sarà una deriva irrimediabile"
L'Huffington Post
Pubblicato: 30/12/2016 10:52 CET Aggiornato: 4 ore fa
lapresse
o
o Condividi
o Tweet
o
o E-mail
o Commento
Si intitola "Fondamenti per un programma della sinistra in Europa" l'analisi che Massimo D'Alema fa della salute della sinistra nel contesto italiano ed europeo. L'editoriale, di cui HuffPost è in grado di anticipare ampi stralci, viene pubblicato il 31 dicembre sul nuovo numero della rivista Italianieuropei, fondazione presieduta dallo stesso D'Alema. L'autore mette sul tavolo le difficoltà di una sinistra divenuta "bersaglio principale" dell'antipolitica e dei populismi, analizza le cause dello sbandamento della socialdemocrazia e propone la via d'uscita per il socialismo europeo, una "svolta politica" che consenta di "tornare a parlare alle nuove generazioni e al mondo del lavoro". Una sterzata urgente e indifferibile, senza la quale si profila il rischio di una "deriva irrimediabile".
"La sinistra sembra essere il bersaglio principale di quell’ondata di sentimento avverso alla politica, di quella diffusa protesta contro l’establishment che percorre gran parte dell’Europa. Non è difficile capire perché. In realtà, è persino naturale che sia proprio la sinistra a essere sul banco degli imputati, nel momento in cui la globalizzazione selvaggia provocata dal capitalismo finanziario e la sua successiva crisi hanno innanzitutto colpito protezioni e diritti sociali, aggravando diseguaglianze e povertà. In questo contesto, la sinistra appare una forza che, ben più dei partiti conservatori, è venuta meno alle sue ragioni costitutive e alla sua missione storica. Tutto questo ci potrà sembrare ingiusto, e in parte lo è. Ma non possiamo nasconderci il peso e il rilievo delle nostre responsabilità".
Il punto da cui ripartire per la sinistra deve essere quindi la presa d'atto dell'errore nella valutazione ottimistica degli effetti della globalizzazione sull'economia e sulla società e il recupero del suo ruolo fondamentale nella politica.
"Ciò che sembra chiaro, anche alla luce delle recenti elezioni americane, è che la sinistra potrà fare argine al populismo soltanto se sarà in grado di tornare a svolgere il suo ruolo fondamentale: essere, cioè, la forza capace di ridurre le diseguaglianze, combattere la povertà, restituire dignità al lavoro. Altrimenti, paradossalmente, queste bandiere passeranno nelle mani delle destre e della demagogia populista, mentre noi appariremo sempre di più come i rappresentanti di un establishment lontano dai bisogni e dai sentimenti popolari. Non ha forse vinto, Trump, rivolgendosi – come egli ha detto – ai dimenticati della globalizzazione? Certo, poi il neopresidente sta procedendo a mettere ai vertici della sua Amministrazione i capi più feroci e antioperai delle grandi società multinazionali. Ma, proprio per questo, appare più doloroso il paradosso nel quale ci troviamo".
Secondo D'Alema non c'è dubbio che il movimento progressista debba ripartire dall'Europa. Dove la globalizzazione ha rafforzato le spinte antieuropeiste e la crisi economica e sociale ha alimentato il sentimento anti-establishment. Tendenze che hanno portato i partiti europeisti a un'innaturale coabitazione, quelle grandi coalizioni che hanno visto la luce in Germania, Spagna, Austria e per certi versi anche in Italia.
"Il rischio, per i socialisti, è grave: diventare progressivamente junior partners delle forze conservatrici, appannando la propria identità e rafforzando così le ragioni di chi guarda all’establishment europeo come a un insieme sostanzialmente, politicamente e culturalmente omogeneo".
Una collaborazione che non si è rivelata proficua per le politiche europee, salvo l'introduzione del principio di flessibilità nei vincoli del patto di stabilità che alla prova dei fatti è stata però utilizzata per risolvere problemi a livello nazionale e non si è trasformata in una lotta per una sterzata delle politiche comunitarie.
"Siamo ben lontani da quella profonda svolta nel senso di una politica tesa alla crescita economica, al rinnovamento e rilancio del welfare, alla lotta alla povertà e alle diseguaglianze, che sarebbe indispensabile per riguadagnare la fiducia dei cittadini nel processo europeo"
Non manca un passaggio critico sull'azione svolta dal Governo di Matteo Renzi in Europa e in Italia. A livello europeo perché la battaglia sulla flessibilità è stata condotta per reperire risorse da utilizzare "in chiave elettoralistica", a livello nazionale perché la riforma costituzionale appariva una diretta emanazione di un "riformismo neoconservatore".
"Al di là del metodo con cui essa è stata varata e dell’impostazione irresponsabilmente plebiscitaria del referendum popolare, ciò che ha suscitato la risposta negativa dei cittadini è stata proprio una impronta culturale volta a ridurre gli spazi della partecipazione, del controllo parlamentare, dell’autonomia delle comunità locali, nel nome di una razionalizzazione semplificatrice all’insegna dell’accentramento e della governabilità. So bene quanto sia importante la stabilità dei governi, ma credo che sia pericolosa l’ideologia di una governabilità che non si fondi sul consenso e sulla partecipazione. Perché non c’è governo – soprattutto se per governo si intende la guida di un processo di trasformazione sociale – che possa prescindere dalla partecipazione consapevole della maggioranza dei cittadini e dal contributo attivo dei corpi intermedi della società. La riforma costituzionale andava in senso esattamente opposto ed è stata percepita come una ulteriore sottrazione di diritti, in particolare determinando una rivolta della stragrande maggioranza dei giovani, che già sperimentano la mancanza di un sistema di istruzione all’altezza dei tempi che stanno vivendo e la perdita del diritto a un lavoro dignitoso. Lungo questi percorsi, la sinistra smarrisce se stessa, si allontana dalle sue ragioni e dal suo popolo".
Il rischio è una sinistra ridimensionata e subalterna. E senza una sinistra capace di essere una vera alternativa alle politiche dominanti in Europa, il rischio vero è il diffondersi di "illusioni regressive", spiega D'Alema, come "la fuoriuscita dall'euro o la rinazionalizzazione delle politiche economiche"
"Occorrono una svolta politica e il coraggio di rompere con il conformismo e l’eccesso di prudenza e gradualità che hanno finora caratterizzato l’azione del socialismo europeo, pena il rischio di una deriva irrimediabile, soprattutto se investirà paesi chiave come l’Italia e la Francia. Ciò che occorre è mettere in campo un programma effettivamente radicale di cambiamento delle politiche europee e, in prospettiva, degli stessi assetti istituzionali. Una visione europea che sia anche la guida per concrete politiche nazionali. Una spinta, in questo senso, viene ormai da tanta parte del pensiero economico, da Joseph Stiglitz a Paul Krugman, da Mariana Mazzucato a Thomas Piketty, al nostro Salvatore Biasco. Ma ancora non si traduce in un coerente e coraggioso programma politico".
Un programma della sinistra che riparta da alcuni pilastri chiari.
"Innanzitutto la politica, cioè lo Stato e le istituzioni, devono riappropriarsi della sovranità fiscale e tributaria. La leva dell’imposizione non è in grado di funzionare come strumento di redistribuzione della ricchezza e di riduzione delle diseguaglianze. La rendita finanziaria ma anche i profitti delle grandi società multinazionali sono toccati solo marginalmente dalla fiscalità. Pagano esclusivamente il lavoro e le pmi". [...] "Serve, inoltre, un grande piano per la crescita in Europa, che comporta massicci investimenti, anche pubblici e anche finanziati in deficit. Ben oltre i confini dell’asfittico Piano Juncker" [...] "C’è poi bisogno di un grande progetto europeo per la formazione, la ricerca e l’innovazione. E, ancora, è necessario un patto sociale, nuovo, basato anche su un rapporto diverso tra Stato, società civile, privato sociale, imprese, per rinnovare il welfare mantenendo, però, la capacità di questo sistema di proteggere effettivamente le persone dalla povertà, dall’esclusione, dalle malattie, evitando il rischio di una americanizzazione selvaggia delle società europee. Occorre, infine, tornare a discutere delle possibili soluzioni per una forma di mutualizzazione del debito che, senza ovviamente scaricare di responsabilità i debitori, consenta di bloccare la speculazione e di avviare una politica di riduzione del servizio del debito"
L'America di Trump, conclude D'Alema, rende ancora più necessaria inoltre un'Europa unita e forte, obiettivo che può essere raggiunto se la sinistra saprà riprendersi il suo spazio e il suo ruolo.
"Una sinistra europea che avesse il coraggio di mettere sul tavolo con chiarezza un programma così netto e coraggioso avrebbe almeno la possibilità – ne sono convinto – di tornare a parlare alle nuove generazioni e al mondo del lavoro".
Massimo D'Alema: "La sinistra recuperi il suo spazio e il suo ruolo, senza una svolta politica sarà una deriva irrimediabile"
L'Huffington Post
Pubblicato: 30/12/2016 10:52 CET Aggiornato: 4 ore fa
lapresse
o
o Condividi
o Tweet
o
o E-mail
o Commento
Si intitola "Fondamenti per un programma della sinistra in Europa" l'analisi che Massimo D'Alema fa della salute della sinistra nel contesto italiano ed europeo. L'editoriale, di cui HuffPost è in grado di anticipare ampi stralci, viene pubblicato il 31 dicembre sul nuovo numero della rivista Italianieuropei, fondazione presieduta dallo stesso D'Alema. L'autore mette sul tavolo le difficoltà di una sinistra divenuta "bersaglio principale" dell'antipolitica e dei populismi, analizza le cause dello sbandamento della socialdemocrazia e propone la via d'uscita per il socialismo europeo, una "svolta politica" che consenta di "tornare a parlare alle nuove generazioni e al mondo del lavoro". Una sterzata urgente e indifferibile, senza la quale si profila il rischio di una "deriva irrimediabile".
"La sinistra sembra essere il bersaglio principale di quell’ondata di sentimento avverso alla politica, di quella diffusa protesta contro l’establishment che percorre gran parte dell’Europa. Non è difficile capire perché. In realtà, è persino naturale che sia proprio la sinistra a essere sul banco degli imputati, nel momento in cui la globalizzazione selvaggia provocata dal capitalismo finanziario e la sua successiva crisi hanno innanzitutto colpito protezioni e diritti sociali, aggravando diseguaglianze e povertà. In questo contesto, la sinistra appare una forza che, ben più dei partiti conservatori, è venuta meno alle sue ragioni costitutive e alla sua missione storica. Tutto questo ci potrà sembrare ingiusto, e in parte lo è. Ma non possiamo nasconderci il peso e il rilievo delle nostre responsabilità".
Il punto da cui ripartire per la sinistra deve essere quindi la presa d'atto dell'errore nella valutazione ottimistica degli effetti della globalizzazione sull'economia e sulla società e il recupero del suo ruolo fondamentale nella politica.
"Ciò che sembra chiaro, anche alla luce delle recenti elezioni americane, è che la sinistra potrà fare argine al populismo soltanto se sarà in grado di tornare a svolgere il suo ruolo fondamentale: essere, cioè, la forza capace di ridurre le diseguaglianze, combattere la povertà, restituire dignità al lavoro. Altrimenti, paradossalmente, queste bandiere passeranno nelle mani delle destre e della demagogia populista, mentre noi appariremo sempre di più come i rappresentanti di un establishment lontano dai bisogni e dai sentimenti popolari. Non ha forse vinto, Trump, rivolgendosi – come egli ha detto – ai dimenticati della globalizzazione? Certo, poi il neopresidente sta procedendo a mettere ai vertici della sua Amministrazione i capi più feroci e antioperai delle grandi società multinazionali. Ma, proprio per questo, appare più doloroso il paradosso nel quale ci troviamo".
Secondo D'Alema non c'è dubbio che il movimento progressista debba ripartire dall'Europa. Dove la globalizzazione ha rafforzato le spinte antieuropeiste e la crisi economica e sociale ha alimentato il sentimento anti-establishment. Tendenze che hanno portato i partiti europeisti a un'innaturale coabitazione, quelle grandi coalizioni che hanno visto la luce in Germania, Spagna, Austria e per certi versi anche in Italia.
"Il rischio, per i socialisti, è grave: diventare progressivamente junior partners delle forze conservatrici, appannando la propria identità e rafforzando così le ragioni di chi guarda all’establishment europeo come a un insieme sostanzialmente, politicamente e culturalmente omogeneo".
Una collaborazione che non si è rivelata proficua per le politiche europee, salvo l'introduzione del principio di flessibilità nei vincoli del patto di stabilità che alla prova dei fatti è stata però utilizzata per risolvere problemi a livello nazionale e non si è trasformata in una lotta per una sterzata delle politiche comunitarie.
"Siamo ben lontani da quella profonda svolta nel senso di una politica tesa alla crescita economica, al rinnovamento e rilancio del welfare, alla lotta alla povertà e alle diseguaglianze, che sarebbe indispensabile per riguadagnare la fiducia dei cittadini nel processo europeo"
Non manca un passaggio critico sull'azione svolta dal Governo di Matteo Renzi in Europa e in Italia. A livello europeo perché la battaglia sulla flessibilità è stata condotta per reperire risorse da utilizzare "in chiave elettoralistica", a livello nazionale perché la riforma costituzionale appariva una diretta emanazione di un "riformismo neoconservatore".
"Al di là del metodo con cui essa è stata varata e dell’impostazione irresponsabilmente plebiscitaria del referendum popolare, ciò che ha suscitato la risposta negativa dei cittadini è stata proprio una impronta culturale volta a ridurre gli spazi della partecipazione, del controllo parlamentare, dell’autonomia delle comunità locali, nel nome di una razionalizzazione semplificatrice all’insegna dell’accentramento e della governabilità. So bene quanto sia importante la stabilità dei governi, ma credo che sia pericolosa l’ideologia di una governabilità che non si fondi sul consenso e sulla partecipazione. Perché non c’è governo – soprattutto se per governo si intende la guida di un processo di trasformazione sociale – che possa prescindere dalla partecipazione consapevole della maggioranza dei cittadini e dal contributo attivo dei corpi intermedi della società. La riforma costituzionale andava in senso esattamente opposto ed è stata percepita come una ulteriore sottrazione di diritti, in particolare determinando una rivolta della stragrande maggioranza dei giovani, che già sperimentano la mancanza di un sistema di istruzione all’altezza dei tempi che stanno vivendo e la perdita del diritto a un lavoro dignitoso. Lungo questi percorsi, la sinistra smarrisce se stessa, si allontana dalle sue ragioni e dal suo popolo".
Il rischio è una sinistra ridimensionata e subalterna. E senza una sinistra capace di essere una vera alternativa alle politiche dominanti in Europa, il rischio vero è il diffondersi di "illusioni regressive", spiega D'Alema, come "la fuoriuscita dall'euro o la rinazionalizzazione delle politiche economiche"
"Occorrono una svolta politica e il coraggio di rompere con il conformismo e l’eccesso di prudenza e gradualità che hanno finora caratterizzato l’azione del socialismo europeo, pena il rischio di una deriva irrimediabile, soprattutto se investirà paesi chiave come l’Italia e la Francia. Ciò che occorre è mettere in campo un programma effettivamente radicale di cambiamento delle politiche europee e, in prospettiva, degli stessi assetti istituzionali. Una visione europea che sia anche la guida per concrete politiche nazionali. Una spinta, in questo senso, viene ormai da tanta parte del pensiero economico, da Joseph Stiglitz a Paul Krugman, da Mariana Mazzucato a Thomas Piketty, al nostro Salvatore Biasco. Ma ancora non si traduce in un coerente e coraggioso programma politico".
Un programma della sinistra che riparta da alcuni pilastri chiari.
"Innanzitutto la politica, cioè lo Stato e le istituzioni, devono riappropriarsi della sovranità fiscale e tributaria. La leva dell’imposizione non è in grado di funzionare come strumento di redistribuzione della ricchezza e di riduzione delle diseguaglianze. La rendita finanziaria ma anche i profitti delle grandi società multinazionali sono toccati solo marginalmente dalla fiscalità. Pagano esclusivamente il lavoro e le pmi". [...] "Serve, inoltre, un grande piano per la crescita in Europa, che comporta massicci investimenti, anche pubblici e anche finanziati in deficit. Ben oltre i confini dell’asfittico Piano Juncker" [...] "C’è poi bisogno di un grande progetto europeo per la formazione, la ricerca e l’innovazione. E, ancora, è necessario un patto sociale, nuovo, basato anche su un rapporto diverso tra Stato, società civile, privato sociale, imprese, per rinnovare il welfare mantenendo, però, la capacità di questo sistema di proteggere effettivamente le persone dalla povertà, dall’esclusione, dalle malattie, evitando il rischio di una americanizzazione selvaggia delle società europee. Occorre, infine, tornare a discutere delle possibili soluzioni per una forma di mutualizzazione del debito che, senza ovviamente scaricare di responsabilità i debitori, consenta di bloccare la speculazione e di avviare una politica di riduzione del servizio del debito"
L'America di Trump, conclude D'Alema, rende ancora più necessaria inoltre un'Europa unita e forte, obiettivo che può essere raggiunto se la sinistra saprà riprendersi il suo spazio e il suo ruolo.
"Una sinistra europea che avesse il coraggio di mettere sul tavolo con chiarezza un programma così netto e coraggioso avrebbe almeno la possibilità – ne sono convinto – di tornare a parlare alle nuove generazioni e al mondo del lavoro".
-
- Messaggi: 2444
- Iscritto il: 24/02/2012, 18:16
Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
Bravo Bersani, guardiamo avantiSimone Oggionni Diventa fan
coordinamento nazionale di Sinistra Ecologia Libertà - Esseblog.it
Il lungo articolo pubblicato da Pier Luigi Bersani sul giornale online del suo centro studi è importante, per almeno tre ragioni.
La prima: parla esplicitamente di campo progressista, cioè della necessità di una sinistra di governo che mandi in soffitta la vocazione all'autosufficienza con cui è nato il Partito democratico. Sono le stesse parole che utilizziamo noi e che indicano la possibilità e la necessità di un perimetro comune.
La seconda: non sono sufficienti, dice Bersani, aggiustamenti millimetrici rispetto al "blairismo rimasticato" di Renzi e del suo gruppo dirigente. Serve una nuova piattaforma programmatica che parta dai diritti del lavoro, da un nuovo sistema di welfare e dalla riduzione della forbice delle diseguaglianze, da un nuovo intervento dello Stato e del settore pubblico nell'economia. Si tratta di priorità del tutto condivisibili, coerenti con il Social Compact proposto in Parlamento dal gruppo di Sinistra italiana.
La terza ragione riassume le prime due: tali auspici muovono cioè in direzione opposta alla teoria e alla pratica del renzismo, nei confronti del quale non è possibile alcun atteggiamento mimetico. La sinistra a cui dobbiamo ridare forza è radicalmente alternativa al renzismo, per valori, ambizioni, programmi, stile (Bersani scrive di rottamazione e giovanilismo un po' futurista).
Delle due l'una, quindi: o siamo in grado di costruire, su questi presupposti, un campo progressista capace di governare e di dare finalmente risposte alla condizione sociale drammatica del nostro Paese; oppure abbiamo fallito l'appuntamento con la storia, piccola o grande che sia.
Il fallimento della costruzione di un campo progressista in discontinuità con gli errori degli ultimi anni conduce automaticamente a uno scenario horror: un Pd di Renzi e Marchionne subalterno vita natural durante ai paradigmi neo-liberali, una sinistra radicale irrilevante nel suo ennesimo cartellino elettorale, le destre o il Movimento Cinque Stelle al governo.
Non servono molte parole. Bisogna agire rapidamente nella direzione opportuna. I referendum proposti dalla Cgil sui voucher, l'articolo 18 e gli appalti sono il primo grande banco di prova per capire chi vuole voltare pagina e chi vuole rimanere indietro. Perché, caro Renzi, il 4 dicembre ha detto a tutti una cosa chiara: voi siete la conservazione, noi il (possibile) cambiamento.
coordinamento nazionale di Sinistra Ecologia Libertà - Esseblog.it
Il lungo articolo pubblicato da Pier Luigi Bersani sul giornale online del suo centro studi è importante, per almeno tre ragioni.
La prima: parla esplicitamente di campo progressista, cioè della necessità di una sinistra di governo che mandi in soffitta la vocazione all'autosufficienza con cui è nato il Partito democratico. Sono le stesse parole che utilizziamo noi e che indicano la possibilità e la necessità di un perimetro comune.
La seconda: non sono sufficienti, dice Bersani, aggiustamenti millimetrici rispetto al "blairismo rimasticato" di Renzi e del suo gruppo dirigente. Serve una nuova piattaforma programmatica che parta dai diritti del lavoro, da un nuovo sistema di welfare e dalla riduzione della forbice delle diseguaglianze, da un nuovo intervento dello Stato e del settore pubblico nell'economia. Si tratta di priorità del tutto condivisibili, coerenti con il Social Compact proposto in Parlamento dal gruppo di Sinistra italiana.
La terza ragione riassume le prime due: tali auspici muovono cioè in direzione opposta alla teoria e alla pratica del renzismo, nei confronti del quale non è possibile alcun atteggiamento mimetico. La sinistra a cui dobbiamo ridare forza è radicalmente alternativa al renzismo, per valori, ambizioni, programmi, stile (Bersani scrive di rottamazione e giovanilismo un po' futurista).
Delle due l'una, quindi: o siamo in grado di costruire, su questi presupposti, un campo progressista capace di governare e di dare finalmente risposte alla condizione sociale drammatica del nostro Paese; oppure abbiamo fallito l'appuntamento con la storia, piccola o grande che sia.
Il fallimento della costruzione di un campo progressista in discontinuità con gli errori degli ultimi anni conduce automaticamente a uno scenario horror: un Pd di Renzi e Marchionne subalterno vita natural durante ai paradigmi neo-liberali, una sinistra radicale irrilevante nel suo ennesimo cartellino elettorale, le destre o il Movimento Cinque Stelle al governo.
Non servono molte parole. Bisogna agire rapidamente nella direzione opportuna. I referendum proposti dalla Cgil sui voucher, l'articolo 18 e gli appalti sono il primo grande banco di prova per capire chi vuole voltare pagina e chi vuole rimanere indietro. Perché, caro Renzi, il 4 dicembre ha detto a tutti una cosa chiara: voi siete la conservazione, noi il (possibile) cambiamento.
-
- Messaggi: 822
- Iscritto il: 08/03/2012, 23:18
Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
cari compagni del forum, pochi ma buoni, E SCOCCATA L' ORA DEL MAGGIORITISMO, contro la cultura del minoritarismo,
cari compagni E SCOCCATA L'ORA DELL' EGEMONIA CULTURALE contro la cultura del settarismo ideologico,
cari compagni E SCOCCATA L' ORA DEL ORGANIZZAZIONE DI MASSA contro la cultura del settarismo organizzativo.
il referendum ci indica la strada sia sul piano sociale che politico.
sul piano sociale la nascita di un grande BLOCCO SOCIALE ANTICAPITALISTA contro il neomercantilismo
sul piano politico UNA GRANDE ALLEANZA DI POPOLO DI TUTTO IL POPOLO VERO DI BASE DAL BASSO, contro elite privilegi e ceti politici.
una sola discriminante : che la costituzione italiana è stata scritta con il sangue dei partigiani contro il fascismo e il nazismo.
utilizziamo la rete facebook i forum , anche questo piccolo forum per una scrittura collettiva e plurale il programma politico e organizzativo.
cari compagni E SCOCCATA L'ORA DELL' EGEMONIA CULTURALE contro la cultura del settarismo ideologico,
cari compagni E SCOCCATA L' ORA DEL ORGANIZZAZIONE DI MASSA contro la cultura del settarismo organizzativo.
il referendum ci indica la strada sia sul piano sociale che politico.
sul piano sociale la nascita di un grande BLOCCO SOCIALE ANTICAPITALISTA contro il neomercantilismo
sul piano politico UNA GRANDE ALLEANZA DI POPOLO DI TUTTO IL POPOLO VERO DI BASE DAL BASSO, contro elite privilegi e ceti politici.
una sola discriminante : che la costituzione italiana è stata scritta con il sangue dei partigiani contro il fascismo e il nazismo.
utilizziamo la rete facebook i forum , anche questo piccolo forum per una scrittura collettiva e plurale il programma politico e organizzativo.
Chi c’è in linea
Visitano il forum: Majestic-12 [Bot], Semrush [Bot] e 5 ospiti