Diario della caduta di un regime.

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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BUNGA-BUNGA,...ORA E SIEMPRE


Gentiloni chiama i due agenti: "Siamo orgogliosi di voi"

Gentiloni ringrazia i due agenti che hanno intercettato in strada e ucciso Anis Amri, il tunisino presunto responsabile della strage di Berlino

Franco Grilli - Dom, 25/12/2016 - 12:04

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"Siamo orgogliosi di voi, della vostra professionalità e del coraggio che avete mostrato".
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IL SESSANTOTTO NON E' ANCORA FINITO?????

Ma quando cresceranno?????


Gentiloni, dal ’68 a “clone di Renzi”. Capanna gli scrive: “Confronto pubblico su governo”


Politica
di Mario Capanna | 24 dicembre 2016

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Pubblichiamo una lettera aperta di Mario Capanna, già leader del ’68 milanese, all’ex compagno di movimento Paolo Gentiloni, presidente del consiglio, in risposta a una polemica sollevata da Aldo Grasso sul Corriere della Sera.

Il Colle, 23 dicembre 2016

LETTERA APERTA A PAOLO GENTILONI


Caro Presidente,
mi rivolgo a Te in forma pubblica, perché credo che rivesta un interesse collettivo la proposta che Ti avanzo.

PREMESSA.
Per aver io argomentato pubblicamente che Tu sei diventato il “clone di Renzi” e “quantum mutatus ab illo” (Tu che in gioventù lottasti al mio fianco), sono incorso nelle ire del Corriere della Sera. Scrivendovi in prima pagina, domenica 18 dicembre, Aldo Grasso, sentenziava, prendendo le Tue difese, che io avrei “un’idea fissa”, consistente nel “vietato cambiare idea (rispetto al ’68, n.d.r.), vietato crescere, vietato pensare con la propria testa”.


Addebitandomi, il fustigatore di banalità, proprio il contrario di ciò che penso: liberissimo uno di cambiare idee e liberissimo un altro di valutare quel cambiamento. O no? Tu hai cambiato profondamente idee e io mi sono permesso di esprimere una valutazione negativa in merito. Reato di lesa maestà?

Sono in buona compagnia, se è vero che, come riportato da Repubblica, il Tuo neonato governo, nei giudizi espressi dalla Rete, riceve un gradimento pari ad appena il 17,5 per cento, ben più basso non solo del governo Renzi, ma persino del governo Letta…

Il Corriere della Sera, poi, non pago, ha postato per tre giorni sul suo sito online le squinternate facezie di Grasso, con accanto il link di richiamo della trasmissione di Giletti (vecchia di quasi due anni) dove partecipai, guardandosi bene dal fornire ai lettori elementi per formarsi un giudizio critico, quali: a) l’inqualificabile comportamento tenuto da Giletti contro di me fu oggetto di severe interrogazioni parlamentari; b) fu stigmatizzato in sede di Commissione parlamentare di vigilanza; c) quel conduttore si vide appioppare dalla Rai una multa di ben 25 mila euro!

Eccole qui l’obiettività, la correttezza e la completezza dell’informazione… Questo atteggiamento del grosso dei media è un problema serio: gli avversari del potere sono sottoposti a tentativi concentrici di delegittimazione morale, con la tattica del “calunnia, calunnia… qualcosa resta”.

Io credo che Tu non hai bisogno di simili servigi, e faresti bene a dissociartene con pubblica chiarezza.

PROPOSTA.
Quanto sopra premesso, Ti invito a un pubblico confronto, in una sede adeguata e con totali garanzie di corretta e buona accoglienza. Vedi: la situazione politica sta assumendo, con il Tuo governo, aspetti paradossali. Il 60 per cento dei cittadini ha detto basta; ma il Pd e Tu continuate a manovrare, forti del vostro… 40 per cento…

Non sarebbe meglio, e più giusto, che il governo si sforzi di ascoltare le ragioni della maggioranza degli italiani? Di chi si oppone allo stato esistente delle cose, ma che, oltre ai no, dice molti sì. Ad esempio: sì alla costruzione di nuove forme di democrazia diretta e partecipata, sì alla rivitalizzazione e valorizzazione del Cnel, sì a politiche di investimenti realmente finalizzate a creare lavoro, per esempio riducendo drasticamente le spese militari ecc.

Ci troveremmo, insieme, in mezzo a una bella compagnia formata dai giovani… di ieri e da quelli di oggi, con il contributo di interlocutori culturali, politici, economici. Sarebbe un bel modo, anche, di guardarci di nuovo negli occhi, mettendo al primo posto la progettualità e facendo, credo, cosa utile alla collettività nazionale.

Io sono a tua disposizione, insieme a mille altri. Ti sarò grato per un cortese cenno di riscontro.
Con cordiali auguri di buone feste.

di Mario Capanna | 24 dicembre 2016
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SOTTO LE MACERIE DELLA SECONDA REPUBBLICA




Inchiesta Consip, il teste: “Anche Renzi sapeva”
Il ministro Lotti interrogato respinge le accuse

Deposizione del presidente di Publiacqua Filippo Vannoni, da sempre molto legato all’ex premier
Il titolare dello Sport, indagato per favoreggiamento e rivelazione di segreto, sentito in luogo riservato

Giustizia & Impunità
Anche Matteo Renzi sapeva dell’indagine segreta (si fa per dire) sulla Consip, la centrale di acquisto della Pubblica amministrazione. A tirare in ballo il segretario del Pd nella fuga di notizie che fa tremare il governo è Filippo Vannoni, presidente di Publiacqua. Il testimone che fa il nome dell’ex premier davanti ai pm di Napoli è presidente della municipalizzata dell’acqua di Firenze, perché scelto nel 2013 proprio da Renzi e confermato da Dario Nardella nel 2015. A Napoli i pm indagano da mesi sugli appalti della società Consip, cento per cento del Tesoro: sotto inchiesta anche il generale dei carabinieri Del Sette
di Marco Lillo



Appalti Consip, il verbale dell’amico dell’ex premier: “Anche Renzi sapeva dell’indagine”
Non c’è pace a Rignano. Filippo Vannoni, il presidente di Publiacqua fa il nome dell'ex presidente del Consiglio ai pm di Napoli: “Matteo sapeva dell’esistenza dell’inchiesta”


di Marco Lillo | 27 dicembre 2016

Anche Matteo Renzi sapeva dell’indagine segreta (si fa per dire) sulla Consip, la centrale di acquisto della Pubblica amministrazione. A tirare in ballo il segretario del Pd nella fuga di notizie che fa tremare il governo non è un funzionario amico del M5s o un burocrate con simpatie per Bersani e Speranza. Bensì un renziano a 24 carati: Filippo Vannoni, presidente di Publiacqua. Il testimone che fa il nome dell’ex premier davanti ai pm di Napoli è presidente della municipalizzata dell’acqua di Firenze e di altri 45 Comuni dei dintorni, perché scelto nel 2013 proprio da Matteo Renzi e confermato da Dario Nardella nel 2015. Prima di dedicarci a Vannoni cerchiamo di capire perché ci poteva essere tanto interesse tra Roma e Rignano su un’indagine lontana. A Napoli i pm Henry John Woodcock, Enrica Parascandalo e Celeste Carrano indagano da mesi sugli appalti della società Consip, cento per cento del Tesoro, incaricata di fare acquisti per sette miliardi all’anno per tutte le pubbliche amministrazioni.

Indagati per corruzione nell’esercizio delle funzioni (articolo 318 c.p.) sono Alfredo Romeo e Marco Gasparri, funzionario di Consip che si occupa delle gare per le forniture. I pm indagano anche sul più grande appalto d’Europa: 2,7 miliardi di euro suddivisi in decine di lotti, tre dei quali potrebbero finire anche alle società di Alfredo Romeo, in passato finanziatore legalmente della Fondazione Big Bang di Renzi ma soprattutto in rapporti con un amico di Tiziano Renzi: Carlo Russo.
Martedì 20 dicembre gli investigatori napoletani entrano nella sede Consip a Roma e acquisiscono i documenti sulla mega-gara. Poi sentono l’amministratore Luigi Marroni per chiarirsi un dubbio: prima della loro visita sapeva già dell’indagine tanto da far bonificare gli uffici dalle microspie, trovandole. Messo all’angolo dai pm che lo sentono come persona informata dei fatti, obbligato a dire la verità, nonché consapevole di essere stato ascoltato e pedinato, Marroni fa i nomi di chi gli avrebbe svelato l’esistenza dell’indagine: il presidente della Consip Ferrara, che lo aveva saputo – a suo dire – dal comandante dei carabinieri, Tullio Del Sette; poi il ministro Luca Lotti e il comandante dei carabinieri della Toscana Emanuele Saltalamacchia. Ferrara, sentito a ruota dai pm sminuisce il ruolo di Del Sette ma il comandante finisce comunque indagato con Lotti e Saltalamacchia per favoreggiamento e rivelazione di segreto. Il fascicolo finisce a Roma per competenza. Del Sette, sentito il 23 dicembre con grande cortesia istituzionale dal pm Mario Palazzi, nega. A rendere delicata la fuga di notizie istituzionale è il fatto che il padre dell’allora premier, Tiziano Renzi, pur non essendo indagato, è citato più volte nelle carte dell’indagine di Napoli. Tra i soggetti coinvolti nell’indagine su Romeo e compagni c’è poi un amico dei genitori di Matteo Renzi: l’imprenditore Carlo Russo, 33 anni di Scandicci.
Secondo il Tg La7, la signora Laura Bovoli, mamma di Matteo, sarebbe stata sua madrina di battesimo. Comunque Russo è in ottimi rapporti con il padre Tiziano con il quale condivide la passione dei pellegrinaggi a Medjugorje. Inoltre, al Fatto risulta una circostanza molto più importante: è proprio grazie ai buoni uffici di Tiziano Renzi che Carlo Russo è entrato in buoni rapporti con Luigi Marroni, a sua volta in buoni rapporti con Tiziano Renzi. Insomma, proprio Russo per gli investigatori è la figura che potrebbe dare un senso a questa storia perché in rapporti da un lato con Romeo, dall’altro con Marroni di Consip e da ultimo con Tiziano Renzi. Inoltre, secondo il quotidiano La Verità (vedi articolo senza smentita del 6 novembre) il padre di Renzi era terrorizzato per un’indagine di Napoli. Ora si scopre che, secondo quanto detto da Vannoni ai pm, anche il figlio, allora premier, sapeva dell’indagine sulla Consip. Le fughe di notizie sembrano sempre più pezzi di un puzzle a forma di Giglio Magico. Ricapitoliamo. Secondo Marroni, l’amministratore scelto da Renzi avrebbe saputo dell’indagine grazie al comandante dell’Arma scelto dal governo Renzi, al comandante della Toscana, amico di Renzi e al ministro braccio destro di Renzi. Uno spiffero, in questa bufera di soffiate, secondo La Verità, è arrivato all’orecchio del babbo di Renzi. Ora, secondo quanto detto da Vannoni ai pm, un altro spiffero sarebbe arrivato all’orecchio del figlio che allora era premier.
Urge un chiarimento in famiglia su queste soffiate, magari approfittando delle feste natalizie a Rignano. Anche perché il nuovo testimone è ancora più imbarazzante e interno al giro di Marroni. Filippo Vannoni è un renziano di ferro. Presidente di Publiacqua, già presidente del collegio sindacale della municipalizzata Sas, che si occupa di strade, è il marito di Lucia De Siervo, già capo di gabinetto di Renzi sindaco, ora direttore delle Attività economiche del Comune di Firenze con Nardella.
Vannoni è stato sentito a Napoli mercoledì scorso perché il giorno prima davanti agli stessi pm l’amministratore della Consip Marroni aveva citato anche lui, oltre a Lotti, e ai due generali, come fonte delle notizie sull’indagine. Marroni, ingegnere con un passato nel gruppo Fiat, promosso a capo della principale stazione appaltante italiana da Renzi è il punto debole del segretario del Pd in questa storia. Nonostante sia alto quasi due metri, con 59 anni e una carriera alle spalle che lo ha portato a essere vicepresident governance di Cnh a Chicago, Marroni martedì scorso si è trovato di fronte a una cosa più grande di lui. Quando gli è stato chiesto, sotto giuramento, perché avesse fatto fare la bonifica contro le microspie, non ha ceduto all’istinto di protezione dei suoi amici toscani. Così ha tirato in ballo anche il nome di Vannoni, che spesso sta a Roma perché nominato nel dicembre del 2015 come componente del Nucleo tecnico per il coordinamento della politica economica dal ministero dell’Economia.
Convocato d’urgenza di fronte ai pm, il presidente di Publiacqua, come tutti quelli chiamati in causa da Marroni, ha ricordato in termini molto più vaghi le circostanze riferite con precisione dall’Ad di Consip. Da quel che risulta al Fatto però ha messo a verbale anche lui i due nomi più pesanti. Per Vannoni, dell’inchiesta sulla Consip erano a conoscenza i massimi livelli del governo. Non solo il sottosegretario Luca Lotti ma, anche se in termini meno precisi e più vaghi, anche il premier Matteo Renzi. Il nome di Renzi jr entrerà in questa inchiesta non come indagato ma al massimo come persona informata dei fatti, se i pm di Roma decidessero di convocarlo. Le parole del boy scout Filippo Vannoni in fondo potrebbero far sorgere un dubbio nelle menti degli investigatori. Se il boy scout Matteo Renzi sapeva dell’indagine Consip, come spiega il boy scout Vannoni, forse sarebbe il caso di domandarsi: chi disse al boy scout Tiziano Renzi dell’esistenza della stessa indagine? Chissà cosa dicono in materia le regole degli scout.
(Il Fatto ha provato a contattare per telefono e via sms sia Filippo Vannoni che – in tarda serata – Matteo Renzi per avere una loro versione dei fatti, ma non è riuscito ad ottenere risposta).
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SOTTO LE MACERIE DELLA SECONDA REPUBBLICA



Lotti interrogato dai pm. Adesso Renzi trema
L'inchiesta Consip getta nel panico il Giglio Magico. Lotti in procura: è indagato per favoreggiamento e rivelazione di segreto
Sergio Rame - Mar, 27/12/2016 - 18:35

Trema il Giglio Magico. Luca Lotti, indagato nell'inchiesta sugli appalti del Consip, è stato sentito dai pm romani. Sul capo di quello che è considerato uno degli uomini in assoluto più vicini a Matteo Renzi pendono accuse pesanti: favoreggiamento e rivelazione di segreto. Come ha rivelato il Fatto Quotidiano nei giorni scorsi, insieme al generale dei carabinieri Emanuele Saltalamacchia, comandante della Legione Toscana, Lotti avrebbe avvisato Luigi Marroni, amministratore delegato della centrale acquisti della Pa, delle indagini in corso.
Lotti, che è assistito dal professor Franco Coppi, ha personalmente sollecitato l'interrogatorio. E oggi ha risposto, secondo quanto si è appreso da fonti giudiziarie, alle domande del magistrato. Ma per Renzi resta comunque una grana enorme. L'attuale ministro dello Sport è, infatti, il suo braccio destro. Ad avviare l'inchiesta che avrebbe poi portato sotto indagine Lotti e Saltalamacchia sarebbe stato proprio Marroni, che una settimana fa si era accorto delle microspie per le intercettazioni ambientali piazzate nei suoi uffici. Da chi aveva avuto quella soffiata così importante? Messo alle strette dagli inquirenti, il comandante della Legione Toscana aveva rivelato di aver saputo dell'indagine dal presidente di Consip Luigi Ferrara e dal comandante generale dei carabinieri Tullio Del Sette. Ma poi aveva citato anche i nomi di Lotti e Saltalamacchia, con cui è amico. E che, ricorda il Fatto Quotidiano, sono entrambi amici di Renzi.
Fra gli indagati nell'inchiesta sul Consip c'è anche l'imprenditore fiorentino di Scandicci Carlo Russo, che in passato avrebbe avuto contatti con Tiziano Renzi, padre dell'ex presidente del Consiglio. Resta da capire se la vicinanza di Lotti ai Renzi possa aver effettivamente indotto il ministro dello Sport a far arrivare la notizia dell'indagine a Marroni. Rispondendo alle domande del pm Mario Palazzi, il ministro avrebbe negato di essere a conoscenza delle indagini e, quindi, non avrebbe in alcun modo potuto rivelare circostanze sull'inchiesta. Lotti avrebbe, inoltre, affermato di "non frequentare" Marroni che, invece, aveva fatto il nome del ministro.
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Lo scopo di un qualsiasi Forum è quello di approfondire i temi che la vita ci pone quotidianamente sul nostro cammino.

Il tema che stamani LIBRE mette sul tavolo è piuttosto pesante e ci riguarda tutti,

Ecco perché è necessaria la molteplicità del pensiero di fronte a questo input.

Il punto di vista di Charles Gave è attendibile o non attendibile??????





• LIBRE news


Gave: fuga dall’Italia, verso la bancarotta per colpa dell’euro
Scritto il 28/12/16 • nella Categoria: segnalazioni Condividi

L’euro ha semplicemente “assassinato” l’Italia, trasformandola in un paese non più competitivo e ora anche insolvente, pericolosamente vicino alla bancarotta.

Lo scrive un importante investitore finanziario francese, Charles Gave, secondo cui Matteo Renzi è solo l’ennesimo politico incapace di recuperare il gap con la Germania: «La triste realtà è che nessun leader italiano ha mai avuto la benché minima possibilità di cambiare il suo paese, dal momento stesso in cui è stata presa la nefasta decisione di agganciare il tasso di cambio alla Germania».

Nel momento in cui l’euro fu lanciato, nel 1999, Gave sostenne che il profilo di rischio dell’Italia sarebbe cambiato, «da quello di un’economia dove c’era un’elevata probabilità di frequenti svalutazioni della moneta, a un’economia con la probabilità certa di una bancarotta finale». E ora, «purtroppo quel momento sta arrivando», scrive Gave, in un’analisi ripresa da John Mauldin su “Zero Hedge”.

Impressionante il crollo del sistema-Italia, che prima dell’adozione dell’euro era stabilmente superiore ai livelli tedeschi, grazie alla flessibilità della finanza pubblica a sostegno dell’economia.

L’Italia, ricorda Gave nel post tradotto da “Voci dall’Estero”, si è unita al Sistema Monetario Europeo nel 1979 con un tasso di cambio di 443 lire per marco tedesco.

Ma nel 1990, a causa delle frequenti svalutazioni, il cambio con la Germania era a 750 lire per marco tedesco. All’inizio degli anni ’90, la Bundesbank stava supervisionando il sistema monetario tedesco recentemente unificato, e aveva alzato il tasso d’interesse reale al 7% con l’obiettivo di limitare l’inflazione.

Nel settembre 1992 le tensioni nel sistema portarono Gran Bretagna, Svezia e Italia a uscire dallo Sme, e di conseguenza a una nuova massiccia svalutazione, che ha portato la lira a 1.250 sul marco tedesco.

«Questo ha portato però anche a un grande boom del turismo», sottolinea Gave.

«Inoltre, dal 1979 al 1998 la produzione industriale italiana superava quella tedesca di oltre il 10%, mentre le azioni italiane crescevano più di quelle tedesche per oltre il 16% (questo indica che le imprese italiane avevano profitti maggiori, a parità di capitale investito, rispetto a quelle tedesche)».

Poi è venuto l’euro, scrive Gave, e la situazione ha cominciato a precipitare.

«Nel 2003 – afferma l’analista – è diventato chiaro che l’Italia aveva perso competitività e, di conseguenza, le azioni italiane sono calate, a confronto di quelle tedesche, del 65%, rovesciando così il rapporto che si era mantenuto per il precedente mezzo secolo, quando le azioni italiane superavano quelle tedesche in termini di dividendi».

Allo stesso modo, sempre a partire dal 2003, «la produzione industriale italiana è rimasta indietro rispetto a quella tedesca per oltre il 40%».

La diagnosi è semplice: «L’Italia ha perso competitività in modo drammatico e di conseguenza è ormai insolvente.

Tutto ciò è chiaro dalle condizioni pericolanti del sistema bancario, ed è sempre così che va a finire quando le banche prestano credito a imprese che sono state rese non competitive a causa di qualche incosciente banchiere centrale».

A meno di imporre «la schiavitù, sul modello della Grecia» anche in Italia, «non ci sono molte speranze di risolvere il problema», sostiene Gave.

Non potendo più agire sui tassi di cambio, «l’unica eventualità possibile, data la traiettoria attuale, è che l’economia italiana e quella tedesca continuino a divergere, ed è il motivo per il quale non si potrà avere una soluzione “normale”.

A questo punto, un default di qualche genere sul debito pubblico italiano è praticamente una certezza».

Se una banca centrale può affrontare il problema di liquidità, continua Gave, non può risolvere il problema di solvibilità, «specialmente se è un problema grande come l’Italia».

L’unica azione possibile ora, come rimedio, è di «rimpiazzare un po’ di moneta cattiva con moneta buona, ed è esattamente ciò che ci si aspetta da Mario Draghi, specialmente da quando gioca un ruolo così importante come facilitatore della permanenza dell’Italia nel sistema euro».

Manovre, quelle della Bce, che «possono certamente posticipare un po’ il giorno del giudizio, ma non risolveranno nulla», secondo Gave.

«L’approccio razionale per gli investitori è di evitare qualsiasi asset finanziario italiano, tipo titoli bancari o titoli pubblici, fino a che il tasso di cambio non sarà nuovamente stabilito a prezzi di mercato».

E così, conclude l’esperto francese, «questa si profila come la bancarotta nazionale meglio prevista, e ormai inevitabile, che io abbia visto nei miei 45 anni di carriera».

Fuga dall’Italia: «Non c’è alcun motivo di farsi trascinare sotto il rullo compressore, dato che ci sono tanti altri mercati e asset finanziari su cui puntare».
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…..BATTAGLIO’,……GENTILO’……




Gentiloni: "Continueremo le riforme avviate dal governo Renzi"
Il premier: "Cancellare o relegare nell'oblio il governo Renzi sarebbe un errore"



Caro Gentilò (si fa per dire),

un Vaffa, a questo punto, ci sta tutto.

Con il Divo Giulio, che ne combinava di cotte e di crude ed era un tenace avversario politico, non sarei mai arrivato a tanto.

Ma tu le strappi con forza sovrumana in un momentaccio della vita nazionale.

Mai, e poi mai, Giulio Andreotti sarebbe arrivato a tanto.

Quando sei al termine della vita, dove la prossima tappa è alla fine del Viale delle Rimembranze non puoi accettare che con grande facilità si scivoli così facilmente verso il basso, che più basso di così non si può, solo perché si deve mantenere la poltrona, applicando l’italico “TENGO FAMIGLIA”

Affermare che:
“Cancellare o relegare nell'oblio il governo Renzi sarebbe un errore"


E’ una scemenza politica di prima grandezza in assoluto, che ti squalifica a vita senza possibilità alcuna di rimediare.

Ma forse a te poco importa.

Mette ancora più in ridicolo la tua appartenenza di un tempo nelle file del Movimento studentesco al fianco di Mario Capanna.

Avvalorando la tesi che si nasce rivoluzionari e si muore conservatori.

In pratica una vita inutile, come tante.

Questa recita obbligatoria da premier, per merli scemi, cade proprio nel giorno in cui possiamo leggere sulla cronaca dei quotidiani italiani, che un uomo di 45 anni che ha perso il lavoro, per sopravvivere si è rimesso in pista inventandosi la nuova professione di “CODISTA.”

Cioè colui che fa la coda in conto terzi.

E TU HAI ANCHE IL CORAGGIO DI FAR SAPERE AL MERLAME ITALIANO ORMAI BOLLITO E DECOTTO, CHE:

“Cancellare o relegare nell'oblio il governo Renzi sarebbe un errore"????

La parola “VERGOGNA” è stata bandita dal vocabolario italiano dei politicanti.

Ecco perché il Grande Eduardo ha introdotto nel film “L’oro di Napoli” il concetto:
IGNAZIO vuje site 'a schifezza 'ra schifezza 'ra schiefezza 'ra schifezza 'e l'uommn.

Il Job act è 'a schifezza 'ra schifezza 'ra schiefezza 'ra schifezza 'e l'uommn.


Non ti è bastata la ribellione del 4 dicembre?????

Vuoi vedere correre il sangue per le strade??????

E per fortuna sei partito con Capannuccio (bbono pure quello)
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Referendum Costituzionale


IlFattoQuotidiano.it / BLOG / di Pierfranco Pellizzetti

Politica

Stiamo già dimenticando la lezione del referendum costituzionale?

di Pierfranco Pellizzetti | 30 dicembre 2016

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Pierfranco Pellizzetti

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Mentre il 2016 giunge al capolinea, forse varrebbe la pena riflettere sugli esiti di quello che è stato l’avvenimento politico più clamoroso e significativo dell’anno: il referendum del 4 dicembre. Anche perché risulta abbastanza evidente come lo schieramento che ne è uscito vincitore non sembri proprio essersene accorto. Almeno sotto l’aspetto di coglierne gli effetti politici. O meglio, a parte la Cgil, che con la raccolta di oltre tre milioni di firme avvia la messa in discussione, ancora una volta referendaria, di un pezzo importante del contro-riformismo renziano; quello in materia di cancellazione del lavoro come soggetto politico e sociale (costituzionale: Art. 1) attraverso la sua precarizzazione.

Per inciso, se volete farvi venire un robusto mal di pancia andate a leggetevi l’articolo su La Repubblica di quella sagoma dell’ultra-liberista Alessandro De Nicola (fan del Friedrich Hayek che elogiava il ruolo sociale degli sfaccendati in quanto inventori dei giochi di società) il quale minimizza i danni del Jobs Act; confermando che quelli come lui, economisti immaginari quanto effettivi famigli dei top manager (anch’essi lanciando la bella idea di andare a nuove elezioni con quello stesso (giustamente) esecrato sistema elettorale. E bocciato dalla maggioranza degli italiani. Solo per puro volta (e solo per questa volta), “forza Camusso”.


Ma gli altri? Nient’altro che silenzio o pulsioni bottegaie. Come quella di Beppe Grillo, il quale, dopo una campagna referendaria all’attacco dell’Italicum, se ne è uscito calcolo di convenienza: incassare il bonus del 4 dicembre in termini di voti e parlamentari eletti. La stessa logica che ispira le indegne uscite grillesche sugli immigrati, solo per invadere lo spazio dei consensi leghisti (e seguire l’antico richiamo della foresta fascistoide, che molto spesso risulta irresistibile per l’inventore del mugugno urlato).


Intanto la peggiore politica politicante torna a riprendere piede; e Silvio Berlusconi, sotto schiaffo Vivendi in azienda, cancella Denis Verdini offrendo i propri voti al premier Gentiloni. Come puntelli della risicata maggioranza a fronte di un paracadute nelle battaglie contro l’invasore Vincent Bolloré. Appoggio che produce l’evaporazione dell’aggregato verdiniano; ma potrebbe significare anche la prosecuzione della legislatura fino alle scadenze ufficiali: parrebbe interesse dell’ex Cavaliere tirarla per le lunghe il più possibile, visto che ai rinnovi elettorali il suo pacchetto di voti (con cui oggi negozia pro domo sua) verrà ampiamente falcidiato.


Intanto a sinistra vige il silenzio più sonoro, appurato che ai dissidenti Pd interessano solo i regolamenti di conti interni e i vari gruppuscoli confermano la cronica negazione all’iniziativa politica fuori dalle stanze in penombra dove vagolano.

E via seguitando con queste miserie. Mentre quella prima domenica di dicembre ci sfaccendati), non riescono a ficcarsi in testa che il lavoro è primaria risorsa competitiva, non costo improduttivo da imputare a elemosina. Dunque, per questa aveva consegnato un messaggio politico di straordinaria importanza: la messa in discussione dell’intero apparato reazionario predisposto in questi anni per ingabbiare la società italiana e smantellare il sistema delle garanzie. Indicazione che offre una miriade di bersagli politici, a partire dalla costituzionalizzazione del pareggio di bilancio, per proseguire con la svendita della scuola repubblicana (pubblica) e arrivare all’efferato azzeramento di corpi intermedi e di controlli democratici. A conferma che la politica italiana è refrattaria a operare politicamente, quando ciò non significa scambi negoziali e occupazione di organigrammi.


di Pierfranco Pellizzetti | 30 dicembre 2016
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Re: Diario della caduta di un regime.

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PER NON ESSERE DA MENO............


ANSA.it Toscana


Scoppia ordigno a Firenze, agente ferito

Pacco-bomba sistemato davanti ad una libreria di Casa Pound


Un artificiere della Polizia è rimasto ferito a Firenze dallo scoppio di un ordigno trovato davanti alla sede di una libreria che fa riferimento a Casa Pound.
Una pattuglia della polizia aveva trovato un involucro sospetto davanti al locale in via Leonardo Da Vinci, non lontano dal centro storico. Secondo le prime informazioni, gli artificieri giunti sul posto hanno lavorato all'ispezione o al disinnesco del pacco-bomba e uno è rimasto ferito dall'esplosione. Tutto è accaduto attorno alle 5:30 di oggi. L'artificiere, sottoposto ad un intervento chirurgico, rischia di perdere un occhio e di avere una mano fortemente compromessa. L'ordigno, secondo quanto appreso, era dotato di un timer collegato al pacco-bomba con dei fili elettrici. Sul posto la Digos e gli agenti della scientifica.

Ordigno aveva il timer - C'era un timer collegato ai fili e al pacco bomba esploso stamane a Firenze. Verso le 5 del mattino, una pattuglia della Digos che controllava obbiettivi sensibili ha notato un pacco davanti alla saracinesca della libreria che poteva essere sospetto. Era un pacco con fili elettrici ed un timer. La pattuglia ha chiamato la questura, sono arrivati una volante e gli artificieri, la zona è stata isolata, come da procedura in questi casi. L'artificiere ha cominciato ad esaminare l'ordigno quando è avvenuto lo scoppio.
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Re: Diario della caduta di un regime.

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Firenze, scoppia pacco-bomba. Artificiere ferito a mani e volto

L'ordigno trovato davanti alla sede di una libreria che fa riferimento a Casa Pound

Luca Romano - Dom, 01/01/2017 - 08:19

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Paura a Firenze per lo scoppio di un ordigno trovato davanti alla sede di una libreria che fa riferimento a Casa Pound.


Nel tentativo di disinnescarlo, un artificiere della polizia è rimasto seriamente ferito. L'agente è rimasto ferito soprattutto alle mani e al volto. L'esplosione è avvenuta attorno alle 5:30 di oggi. Gli agenti della pattuglia che ha avvistato l'ordigno, lasciato davanti all'ingresso della libreria, hanno capito subito che il pacco sospetto non poteva essere, per dimensioni e forma, un grosso petardo della notte di San Silvestro: l'involucro in cui si trovava era confezionato con carta o stoffa.
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Firenze, esplode ordigno fuori da libreria: artificiere rischia di perdere un occhio

Cronaca


Il pacco sospetto è stato notato dalla Digos davanti al locale che fa riferimento a Casa Pound. Gli agenti stavano lavorando al disinnesco del pacco-bomba, quando è avvenuto lo scoppio
di F. Q. | 1 gennaio 2017

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Rischia di perdere l’occhio destro l’artificiere della Polizia che a Firenze è rimasto ferito dall’esplosione di un ordigno avvenuta intorno alle 5:30 della notte di Capodanno. La bomba si trovava davanti alla sede di una libreria che fa riferimento a Casa Pound. L’artificiere, ora ricoverato all’ospedale di Careggi e sottoposto a intervento chirurgico, è rimasto ferito seriamente soprattutto alle mani e al volto: anche una delle due mani, oltre all’occhio destro, è “fortemente compromessa”.

Verso le 5 di mattina una pattuglia della Digos che controllava obiettivi sensibili ha trovato un involucro sospetto davanti alla libreria in via Leonardo Da Vinci, non lontano dal centro storico. Era un pacco con fili elettrici ed un timer: gli agenti hanno capito subito che non poteva essere, per dimensioni e forma, un grosso petardo della notte di San Silvestro . La pattuglia ha chiamato la questura, sono arrivati una volante e gli artificieri, la zona è stata isolata, come secondo procedura. Gli artificieri giunti sul posto stavano lavorando al disinnesco dell’ordigno, quando è avvenuto lo scoppio. Ora davanti all’ingresso della libreria è arrivata la polizia scientifica per raccogliere le tracce lasciate dall’esplosione. Sono state avviate le prime indagini condotte dalla Digos ed è stato informato il procuratore capo Giuseppe Creazzo.
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