Gentiloni
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Gentiloni
Gentiloni: “Portiamo avanti le riforme."
"Un errore dimenticare il lavoro di Renzi.”
“Lotti Boschi? Sono una risorsa. Non è autogol”
Oltre al riconoscimento di risorse già sperimentate come fallimenti il Gentiloni ha promesso “continuità”
del suo governo col governo che lo ha preceduto. Tutto ciò è un insulto ad una nazione intera, un insulto
che vuole essere insultante per stabilire e ribadire che: noi possiamo fare ciò che vogliamo a prescindere
da come voi cittadini vi esprimete. Secondo me il senso sta tutto qui. Già si paventa il respingimento
della richiesta di referendum sul jobs act; sarebbe un'altra mazzata alla democrazia, l'ennesima beffa al
popolo sovrano. Di questo passo anche i mansueti ed i fessi smetteranno di sopportare.
Non è pensabile che alla lunga non ci sia una adeguata reazione.
Un saluto erdig
"Un errore dimenticare il lavoro di Renzi.”
“Lotti Boschi? Sono una risorsa. Non è autogol”
Oltre al riconoscimento di risorse già sperimentate come fallimenti il Gentiloni ha promesso “continuità”
del suo governo col governo che lo ha preceduto. Tutto ciò è un insulto ad una nazione intera, un insulto
che vuole essere insultante per stabilire e ribadire che: noi possiamo fare ciò che vogliamo a prescindere
da come voi cittadini vi esprimete. Secondo me il senso sta tutto qui. Già si paventa il respingimento
della richiesta di referendum sul jobs act; sarebbe un'altra mazzata alla democrazia, l'ennesima beffa al
popolo sovrano. Di questo passo anche i mansueti ed i fessi smetteranno di sopportare.
Non è pensabile che alla lunga non ci sia una adeguata reazione.
Un saluto erdig
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Re: Gentiloni
Scrive erding:
Non è pensabile che alla lunga non ci sia una adeguata reazione.
Un saluto erding
Ha scritto ieri Maucat:
Siamo arrivati alla fine, ormai solo la rivolta popolare può fermare questo scempio....
Io che da tempo, qui e nel privato, spingo perché si capisca che stiamo andando in questa direzione, ovviamente vado a nozze.
Non perché mi piace che ci sia una reazione, ma per l’esatto contrario.
Immagino cosa possa succedere e non mi piace.
Non è pensabile che alla lunga non ci sia una adeguata reazione.
Un saluto erding
Ha scritto ieri Maucat:
Siamo arrivati alla fine, ormai solo la rivolta popolare può fermare questo scempio....
Io che da tempo, qui e nel privato, spingo perché si capisca che stiamo andando in questa direzione, ovviamente vado a nozze.
Non perché mi piace che ci sia una reazione, ma per l’esatto contrario.
Immagino cosa possa succedere e non mi piace.
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Re: Gentiloni
VEDERE SEMPRE CON UN FASTIDIOSO PARAOCCHI
I "ma anche" di Gentiloni E la Dc torna a Palazzo Chigi
Welfare, riforme e politica estera: riecco il cerchiobottismo da Prima Repubblica
Francesco Cramer - Ven, 30/12/2016 - 08:26
La Dc sbarca a palazzo Chigi. Dalla fine della Prima Repubblica non si ricorda una conferenza stampa così soporifera come quella di Gentiloni.
L'attenuante: il premier è tale da una quindicina di giorni e il suo bilancio non può che essere secco come un'acciuga. Gentiloni, tuttavia, conferma il suo amore per la Margherita e le risposte sono un fiume al filtrofiore Bonomelli: un inno alla noia.
Democristianamente, su tutto, dà un colpo al cerchio e uno alla botte: «Il risultato del referendum non si cancella; ma anche il buon lavoro che ha fatto il governo Renzi non si cancella». Tentativo di tenersi buono quello che ha in mano la spina della corrente del suo esecutivo. «Sono stati 15 giorni molti impegnativi; ma anche molto entusiasmanti». Te pareva. L'ultima fatica è stato il decreto salvarisparmio per evitare il crac del Monte dei Paschi: «Abbiamo messo a riparo il risparmio con il decreto legge; ma anche la sua attuazione sarà lunga e complicata». Mieloso pure sulla spinosa questione dei rapporti con Eurotower che ha chiesto di aumentare il capitale Mps per 8,8 miliardi: «È importante che le valutazioni siano condivise, che ci sia dialogo perché è una vicenda che dobbiamo gestire insieme».
Il premier parla e tutti notano la differenza di stile e di toni rispetto al predecessore Fonzie. Ma lui giura di voler navigare in scia: «La rivendicazione di continuità non è un puntiglio: il completamento delle riforme è un'esigenza del Paese. Non abbiamo finito e non abbiamo scherzato». Continuità ma anche no. «Auspico una discontinuità sulla violenza inaudita che il confronto pubblico, in particolare in rete, ha avuto nel 2016». Le priorità, giura il premier, «per me sono lavoro, giovani e sud. Non perché poco si sia fatto ma per la distanza tra gli sforzi intensi del governo e i risultati che dobbiamo raggiungere». Lavoro, giovani e sud «ma anche» il resto. Due minuti dopo: «La nostra priorità? La ricostruzione del post terremoto».
Sì, vabbé; ma in sala si pensa: quanto durerà? Gentiloni fa capire che durerà. Ma anche no. «La stabilità di un Paese a livello internazionale è sempre importante». Frase dopo: «Ma non si può vedere il voto come una minaccia: il governo lavora finché ha la fiducia del Parlamento». Monsieur Lapalisse. Poverino, in realtà tutto dipende dalla legge elettorale che attualmente non c'è. Nessuna autocritica nell'aver imposto l'Italicum a suon di fiducie e con le opposizioni sull'Aventino, un anno e mezzo fa. Ma ora non sarà il premier ad azionare il timer della bomba sotto la sua poltrona: di legge elettorale se ne occupi il Parlamento. «Non faremo una proposta del governo. Penso sia anche adeguato al clima del Paese che la legge elettorale venga da un confronto tra le forze parlamentari. Ovviamente questo clima il governo cercherà di agevolarlo e, nel caso si vada troppo per le lunghe, non mancherà di ricordarne l'importanza».
Il Jobs Act? «Un'ottima riforma». Ma anche no: «Dobbiamo correggere e cambiare. Nei famosi voucher, per esempio, senza accedere all'idea che questi siano una specie di virus che semina lavoro nero nella nostra società. Abbiamo visto che ci sono anche cose che non funzionano, eccessi o settori in cui l'uso dei voucher va limitato». Solo su una cosa il premier è chiaro e netto; non farà l'unica cosa che serve: abbassare le tasse: «Non sono in grado di fare un discorso serio oggi sulla riduzione dell'Irpef». Olè.
In politica estera, stessa solfa in stile piazza del Gesù: con Israele ma anche con i palestinesi; con gli Stati Uniti ma anche con la Russia. «La strada per risolvere la questione mediorientale è quella dei due Stati ma la politica degli insediamenti non la favoriscono». E con Putin? «Imposteremo relazioni diverse con la Russia. È sbagliato un ritorno a logiche da Guerra Fredda che non hanno senso oggi». Quindi altolà alle sanzioni? Boh. Si sa solo che «i rapporti con gli Usa restano saldi, ci sono cose che non cambiano». Come la Dc.
I "ma anche" di Gentiloni E la Dc torna a Palazzo Chigi
Welfare, riforme e politica estera: riecco il cerchiobottismo da Prima Repubblica
Francesco Cramer - Ven, 30/12/2016 - 08:26
La Dc sbarca a palazzo Chigi. Dalla fine della Prima Repubblica non si ricorda una conferenza stampa così soporifera come quella di Gentiloni.
L'attenuante: il premier è tale da una quindicina di giorni e il suo bilancio non può che essere secco come un'acciuga. Gentiloni, tuttavia, conferma il suo amore per la Margherita e le risposte sono un fiume al filtrofiore Bonomelli: un inno alla noia.
Democristianamente, su tutto, dà un colpo al cerchio e uno alla botte: «Il risultato del referendum non si cancella; ma anche il buon lavoro che ha fatto il governo Renzi non si cancella». Tentativo di tenersi buono quello che ha in mano la spina della corrente del suo esecutivo. «Sono stati 15 giorni molti impegnativi; ma anche molto entusiasmanti». Te pareva. L'ultima fatica è stato il decreto salvarisparmio per evitare il crac del Monte dei Paschi: «Abbiamo messo a riparo il risparmio con il decreto legge; ma anche la sua attuazione sarà lunga e complicata». Mieloso pure sulla spinosa questione dei rapporti con Eurotower che ha chiesto di aumentare il capitale Mps per 8,8 miliardi: «È importante che le valutazioni siano condivise, che ci sia dialogo perché è una vicenda che dobbiamo gestire insieme».
Il premier parla e tutti notano la differenza di stile e di toni rispetto al predecessore Fonzie. Ma lui giura di voler navigare in scia: «La rivendicazione di continuità non è un puntiglio: il completamento delle riforme è un'esigenza del Paese. Non abbiamo finito e non abbiamo scherzato». Continuità ma anche no. «Auspico una discontinuità sulla violenza inaudita che il confronto pubblico, in particolare in rete, ha avuto nel 2016». Le priorità, giura il premier, «per me sono lavoro, giovani e sud. Non perché poco si sia fatto ma per la distanza tra gli sforzi intensi del governo e i risultati che dobbiamo raggiungere». Lavoro, giovani e sud «ma anche» il resto. Due minuti dopo: «La nostra priorità? La ricostruzione del post terremoto».
Sì, vabbé; ma in sala si pensa: quanto durerà? Gentiloni fa capire che durerà. Ma anche no. «La stabilità di un Paese a livello internazionale è sempre importante». Frase dopo: «Ma non si può vedere il voto come una minaccia: il governo lavora finché ha la fiducia del Parlamento». Monsieur Lapalisse. Poverino, in realtà tutto dipende dalla legge elettorale che attualmente non c'è. Nessuna autocritica nell'aver imposto l'Italicum a suon di fiducie e con le opposizioni sull'Aventino, un anno e mezzo fa. Ma ora non sarà il premier ad azionare il timer della bomba sotto la sua poltrona: di legge elettorale se ne occupi il Parlamento. «Non faremo una proposta del governo. Penso sia anche adeguato al clima del Paese che la legge elettorale venga da un confronto tra le forze parlamentari. Ovviamente questo clima il governo cercherà di agevolarlo e, nel caso si vada troppo per le lunghe, non mancherà di ricordarne l'importanza».
Il Jobs Act? «Un'ottima riforma». Ma anche no: «Dobbiamo correggere e cambiare. Nei famosi voucher, per esempio, senza accedere all'idea che questi siano una specie di virus che semina lavoro nero nella nostra società. Abbiamo visto che ci sono anche cose che non funzionano, eccessi o settori in cui l'uso dei voucher va limitato». Solo su una cosa il premier è chiaro e netto; non farà l'unica cosa che serve: abbassare le tasse: «Non sono in grado di fare un discorso serio oggi sulla riduzione dell'Irpef». Olè.
In politica estera, stessa solfa in stile piazza del Gesù: con Israele ma anche con i palestinesi; con gli Stati Uniti ma anche con la Russia. «La strada per risolvere la questione mediorientale è quella dei due Stati ma la politica degli insediamenti non la favoriscono». E con Putin? «Imposteremo relazioni diverse con la Russia. È sbagliato un ritorno a logiche da Guerra Fredda che non hanno senso oggi». Quindi altolà alle sanzioni? Boh. Si sa solo che «i rapporti con gli Usa restano saldi, ci sono cose che non cambiano». Come la Dc.
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Re: Gentiloni
Il job act và cambiato altrimenti si fà il referendum.La cassazione ha già scassato il dualismo del job act che prevede due trattamenti differenti e che scaricano interamente la flessibilità sui giovani.Interventi sul job act sono molti e si avrà almeno l'intelligenza di farli bene? Posso riassumere gli interventi da fare.Prova di un'anno dopodiche scatta l'art 18.Portare a tre le infrazioni disciplinari che si possono fare in un'anno per rispettare il principio di proporzionalità e la reintegrazione per motivi inesistenti nel gmo e l'intermediazione sindacale sul gmo e l'opting out del magistrato sù disciplinari e gmo.Far costare meno il lavoro indeterminato agendo sul cuneo fiscale e di conseguenza di più le formule della Biagi in modo tale che siano utilizzate solo se necessario dare un reddito più alto chi lavora con la Biagi come forma di compensazione e fornirle di tutti i diritti del lavoro subordinato.Flessibilità interna aziendale nei limiti della costituzione per ex con la plurisettimanalità e parte della retribuzione legata al merito individuale eliminando gli scatti di anzianità che provocano l'espulsione dei cinquantenni e portano a basse retribuzioni per i giovani e i nuovi ingressi.Aumentare del 30% l'indennità nelle piccole aziende se ci si rifiuta di fare la reintegrazione intimata dal magistrato
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Re: Gentiloni
Temo si possa tornare a una nuova forma modello: "destabilizzare per stabilizzare".UncleTom ha scritto:Scrive erding:
Non è pensabile che alla lunga non ci sia una adeguata reazione.
Un saluto erding
Ha scritto ieri Maucat:
Siamo arrivati alla fine, ormai solo la rivolta popolare può fermare questo scempio....
Io che da tempo, qui e nel privato, spingo perché si capisca che stiamo andando in questa direzione, ovviamente vado a nozze.
Non perché mi piace che ci sia una reazione, ma per l’esatto contrario.
Immagino cosa possa succedere e non mi piace.
Sono molti pronti a barattare la libertà per la "sicurezza".
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Re: Gentiloni
Anchee Massimo D'ALEma con "italiani europei" , parla DI SVOLTA A SINISTRA o è la fine dei socialisti in Europa.
http://www.huffingtonpost.it/2016/12/30 ... _ref=italy
Massimo D'Alema: "La sinistra recuperi il suo spazio e il suo ruolo, senza una svolta politica sarà una deriva irrimediabile"
L'Huffington Post
http://www.huffingtonpost.it/2016/12/30 ... _ref=italy
Massimo D'Alema: "La sinistra recuperi il suo spazio e il suo ruolo, senza una svolta politica sarà una deriva irrimediabile"
L'Huffington Post
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Re: Gentiloni
SOTTO LE MACERIE
E’ un vero peccato che l’autore dell’analisi : "Fondamenti per un programma della sinistra in Europa", Massimo D'Alema, non possa controbattere alle obiezioni che gli vengono elevate.
Si intitola "Fondamenti per un programma della sinistra in Europa" l'analisi che Massimo D'Alema fa della salute della sinistra nel contesto italiano ed europeo. L'editoriale, di cui HuffPost è in grado di anticipare ampi stralci, viene pubblicato il 31 dicembre sul nuovo numero della rivista Italianieuropei, fondazione presieduta dallo stesso D'Alema. L'autore mette sul tavolo le difficoltà di una sinistra divenuta "bersaglio principale" dell'antipolitica e dei populismi, analizza le cause dello sbandamento della socialdemocrazia e propone la via d'uscita per il socialismo europeo, una "svolta politica" che consenta di "tornare a parlare alle nuove generazioni e al mondo del lavoro". Una sterzata urgente e indifferibile, senza la quale si profila il rischio di una "deriva irrimediabile".
Massimo D’Alema ha dormito troppo all’interno della sua torre d’avorio. E che fuori tempo massimo, uscendo in giardino non si accorge per niente che la sinistra non c’è più da tempo immemore.
E’ sparita sia la sinistra italiana ed anche quella europea.
Ci sarebbe da chiedersi, a fronte di questa affermazione:
Una sterzata urgente e indifferibile, senza la quale si profila il rischio di una "deriva irrimediabile".
ma da quale pianeta D’Alema ha affidato all’Huffington Post questa nota?
L'editoriale, di cui HuffPost è in grado di anticipare ampi stralci, viene pubblicato il 31 dicembre sul nuovo numero della rivista Italianieuropei, fondazione presieduta dallo stesso D'Alema.
Per 31 dicembre, l’Huffington Post, si riferisce certamente al 31 dicembre 2016, cioè domani.
Ma anche se l’avesse pubblicato il 31 dicembre del 2014, la sua analisi sarebbe stata fatta con un colpevole ritardo sulla reale situazione italiana.
Già prima del 16 febbraio 2014, quando Pinocchio Mussoloni diventa premier grazie all’Agente all’Avana, Giorgio Napolitano, Massimo D’Alema si sarebbe dovuto rendere conto che il fantasma residuale della sinistra italiana era stato messo fuori gioco.
Nota a margine
In un’articolo di LIBRE dei mesi scorsi, chi è addentro alla massoneria, ha accusato D’Alema di far parte della Three Eyes, la stessa a cui è affiliato Giorgio Napolitano.
Un articolo di Gianni Barbacetto e Fabrizio D’Esposito | 19 novembre 2014 sul Fatto Quotidiano :
Massoneria, libro shock del gran maestro Magaldi: “Ecco i potenti nelle logge”
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/11 ... e/1220062/
tra l’altro riporta:
L’elenco di tutti gli italiani attuali spiccano D’Alema, Passera e Padoan.
Il capitolo finale è un colloquio tra Magaldi e altri confratelli collaboratori con quattro supermassoni delle Ur-Lodges. Racconta uno di loro, a proposito del patto unitario tra grembiulini per la globalizzazione: “Ma per far inghiottire simili riforme idiote e antipopolari alla cittadinanza, la devi spaventare come si fa con i bambini. Altrimenti gli italiani, se non fossero stati dei bambinoni deficienti, non avrebbero accolto con le fanfare i tre commissari dissimulati che abbiamo inviato loro in successione: il fratello Mario Monti, il parafratello Enrico Letta, l’aspirante fratello Matteo Renzi”. Per non parlare del “venerabilissimo” Mario Draghi, governatore della Bce, affiliato a ben cinque superlogge. Ecco l’elenco degli italiani nelle Ur-Lodges: Mario Draghi, Giorgio Napolitano, Mario Monti, Fabrizio Saccomanni, Pier Carlo Padoan, Massimo D’Alema, Gianfelice Rocca, Domenico Siniscalco, Giuseppe Recchi, Marta Dassù, Corrado Passera, Ignazio Visco, Enrico Tommaso Cucchiani, Alfredo Ambrosetti, Carlo Secchi, Emma Marcegaglia, Matteo Arpe, Vittorio Grilli, Giampaolo Di Paola, Federica Guidi. Berlusconi, invece, avrebbe creato una Ur-Lodge personale, la Loggia del Drago. Bisognerà aspettare le “contestazioni”, per vedere le carte di Magaldi.
Nessuna contestazione è stata elevata sia nei confronti di Magaldi e in questo caso di Barbacetto e D’Esposito.
Un ex comunista alla presidenza del Consiglio è stata per me fonte di dubbi, conoscendo 50 anni di storia precedente.
Lo stesso un presidente della Repubblica ex comunista.
Ma dalle documentazione che circolano in questi anni si può capire il perché gli americani hanno permesso
agli ex comunisti di accedere ai vertici dello Stato, dopo la caccia alle streghe di oltre mezzo secolo.
E’ un vero peccato che l’autore dell’analisi : "Fondamenti per un programma della sinistra in Europa", Massimo D'Alema, non possa controbattere alle obiezioni che gli vengono elevate.
Si intitola "Fondamenti per un programma della sinistra in Europa" l'analisi che Massimo D'Alema fa della salute della sinistra nel contesto italiano ed europeo. L'editoriale, di cui HuffPost è in grado di anticipare ampi stralci, viene pubblicato il 31 dicembre sul nuovo numero della rivista Italianieuropei, fondazione presieduta dallo stesso D'Alema. L'autore mette sul tavolo le difficoltà di una sinistra divenuta "bersaglio principale" dell'antipolitica e dei populismi, analizza le cause dello sbandamento della socialdemocrazia e propone la via d'uscita per il socialismo europeo, una "svolta politica" che consenta di "tornare a parlare alle nuove generazioni e al mondo del lavoro". Una sterzata urgente e indifferibile, senza la quale si profila il rischio di una "deriva irrimediabile".
Massimo D’Alema ha dormito troppo all’interno della sua torre d’avorio. E che fuori tempo massimo, uscendo in giardino non si accorge per niente che la sinistra non c’è più da tempo immemore.
E’ sparita sia la sinistra italiana ed anche quella europea.
Ci sarebbe da chiedersi, a fronte di questa affermazione:
Una sterzata urgente e indifferibile, senza la quale si profila il rischio di una "deriva irrimediabile".
ma da quale pianeta D’Alema ha affidato all’Huffington Post questa nota?
L'editoriale, di cui HuffPost è in grado di anticipare ampi stralci, viene pubblicato il 31 dicembre sul nuovo numero della rivista Italianieuropei, fondazione presieduta dallo stesso D'Alema.
Per 31 dicembre, l’Huffington Post, si riferisce certamente al 31 dicembre 2016, cioè domani.
Ma anche se l’avesse pubblicato il 31 dicembre del 2014, la sua analisi sarebbe stata fatta con un colpevole ritardo sulla reale situazione italiana.
Già prima del 16 febbraio 2014, quando Pinocchio Mussoloni diventa premier grazie all’Agente all’Avana, Giorgio Napolitano, Massimo D’Alema si sarebbe dovuto rendere conto che il fantasma residuale della sinistra italiana era stato messo fuori gioco.
Nota a margine
In un’articolo di LIBRE dei mesi scorsi, chi è addentro alla massoneria, ha accusato D’Alema di far parte della Three Eyes, la stessa a cui è affiliato Giorgio Napolitano.
Un articolo di Gianni Barbacetto e Fabrizio D’Esposito | 19 novembre 2014 sul Fatto Quotidiano :
Massoneria, libro shock del gran maestro Magaldi: “Ecco i potenti nelle logge”
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/11 ... e/1220062/
tra l’altro riporta:
L’elenco di tutti gli italiani attuali spiccano D’Alema, Passera e Padoan.
Il capitolo finale è un colloquio tra Magaldi e altri confratelli collaboratori con quattro supermassoni delle Ur-Lodges. Racconta uno di loro, a proposito del patto unitario tra grembiulini per la globalizzazione: “Ma per far inghiottire simili riforme idiote e antipopolari alla cittadinanza, la devi spaventare come si fa con i bambini. Altrimenti gli italiani, se non fossero stati dei bambinoni deficienti, non avrebbero accolto con le fanfare i tre commissari dissimulati che abbiamo inviato loro in successione: il fratello Mario Monti, il parafratello Enrico Letta, l’aspirante fratello Matteo Renzi”. Per non parlare del “venerabilissimo” Mario Draghi, governatore della Bce, affiliato a ben cinque superlogge. Ecco l’elenco degli italiani nelle Ur-Lodges: Mario Draghi, Giorgio Napolitano, Mario Monti, Fabrizio Saccomanni, Pier Carlo Padoan, Massimo D’Alema, Gianfelice Rocca, Domenico Siniscalco, Giuseppe Recchi, Marta Dassù, Corrado Passera, Ignazio Visco, Enrico Tommaso Cucchiani, Alfredo Ambrosetti, Carlo Secchi, Emma Marcegaglia, Matteo Arpe, Vittorio Grilli, Giampaolo Di Paola, Federica Guidi. Berlusconi, invece, avrebbe creato una Ur-Lodge personale, la Loggia del Drago. Bisognerà aspettare le “contestazioni”, per vedere le carte di Magaldi.
Nessuna contestazione è stata elevata sia nei confronti di Magaldi e in questo caso di Barbacetto e D’Esposito.
Un ex comunista alla presidenza del Consiglio è stata per me fonte di dubbi, conoscendo 50 anni di storia precedente.
Lo stesso un presidente della Repubblica ex comunista.
Ma dalle documentazione che circolano in questi anni si può capire il perché gli americani hanno permesso
agli ex comunisti di accedere ai vertici dello Stato, dopo la caccia alle streghe di oltre mezzo secolo.
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Re: Gentiloni
Jobs act e voucher, economista: ‘Gentiloni si contraddice. Parla di tutele ma vuole continuità con Renzi che le ha tolte’
Economia
Secondo Emiliano Brancaccio, docente all’Università del Sannio, gli obiettivi annunciati dal premier sono "inconciliabili con una politica macroeconomica soggetta ai vincoli europei, quindi votata all’austerity". Peraltro Gentiloni si è detto orgoglioso del Jobs Act anche se l’occupazione è cresciuta in Italia molto meno della media europea. Anche sui voucher "non è credibile: parla di ritocchi, come ci si può fidare?"
di Valerio Valentini | 30 dicembre 2016
commenti ()
“Dice di voler puntare sui giovani, sui disoccupati e sul Mezzogiorno. Ma al contempo rivendica la continuità del suo esecutivo con le politiche di Matteo Renzi“. È questa, secondo Emiliano Brancaccio, la “palese contraddizione” nelle parole pronunciate da Paolo Gentiloni durante la conferenza stampa di fine anno a Montecitorio. Docente all’Università del Sannio e promotore di vari appelli di economisti contro le politiche di austerità, Brancaccio indica un altro paradosso che è emerso dal discorso dal neo-premier: “Gentiloni ha indicato alcuni obiettivi ambiziosi in materia di diritto del lavoro e di rilancio dell’occupazione. Obiettivi inconciliabili, però, con una politica macroeconomica soggetta ai vincoli europei, che quindi resta votata all’austerity“.
Rispondendo ai giornalisti in un’aula della Camera, Gentiloni si è detto orgoglioso delle misure messe in campo dal suo predecessore a Palazzo Chigi: “Il Jobs Act è una ottima riforma. Nel contesto dell’economia italiana e dei suoi livelli di crescita i nostri numeri sul lavoro a tempo indeterminato e sulla riduzione della disoccupazione vanno nella direzione giusta”. Secondo Brancaccio, però, lo scenario descritto dalle ricerche di vari istituti internazionali è assai diverso: “Non c’è nulla di cui compiacersi. I dati ufficiali mostrano che dall’approvazione del Jobs Act in Italia l’occupazione è cresciuta molto meno della media europea. Questo risultato non deve meravigliare: ormai persino nei report dell’Ocse, del Fmi e della Banca Mondiale si ammette che non esiste prova empirica dello slogan secondo cui la precarizzazione del lavoro stimolerebbe l’occupazione. Magari Gentiloni non ha idea di questi studi, ma Padoan li conosce bene. Sarebbe intellettualmente onesto se ne tenesse conto e li segnalasse al premier”.
Insomma, mantenere un nesso politico con l’esperienza del governo Renzi significa “condannarsi all’impossibilità di risolvere i problemi sociali e occupazionali più urgenti”, afferma Brancaccio. “La questione meridionale va affrontata in maniera seria, non a forza di slogan o misure spot com’è stato fatto nei mesi passati. Stesso discorso per quanto riguarda la disoccupazione giovanile e il disagio delle classi meno abbienti. Gentiloni dice di porsi sulla scia del lavoro fatto da Renzi: forse dovrebbe ricordare che proprio queste categorie sociali hanno più seccamente bocciato il precedente governo nel referendum del 4 dicembre“.
Altro “obiettivo primario” fissato dal premier è quello della “universalizzazione delle tutele. In questo senso – ha dichiarato Gentiloni – sono stati fatti molti passi avanti ma si può fare molto di più”. Brancaccio non nasconde, anche su questo punto, il suo scetticismo: “I precedenti governi, compreso quello di Renzi, si sono limitati a spostare voci di spesa da un capitolo all’altro, senza espandere i finanziamenti complessivi destinati al sostegno dei disoccupati“. Un risultato, questo, che è dipeso anche dai vincoli di bilancio imposti dall’Unione Europea. “Vincoli che restano stringenti quando si tratterebbe di difendere i più deboli, e che invece vengono prontamente allentati quando si tratta di far fronte alla crisi bancaria, per la quale si è deciso di ricorrere a debito straordinario”.
Infine, i voucher. “Non sono il virus che semina il lavoro nero“, ha precisato Gentiloni, pur ammettendo che c’è la necessità di “correggere gli abusi” e di farlo “in tempi rapidi”. Brancaccio è risoluto: “Gentiloni e il suo governo, su questa tematica, non sono credibili. Il premier parla di ritocchi, di adeguamenti. Ma qui il punto è che il Jobs Act andava in una direzione ben precisa: sulla scia di riforme precedenti ha esteso l’uso dei voucher quando le nefandezze legate alla liberalizzazione del lavoro accessorio erano già sotto gli occhi di tutti. Evidentemente – prosegue l’economista – chi ha sostenuto quella legge era convinto che quella fosse la strada giusta. Ora, Gentiloni rivendica come un successo il Jobs Act: come ci si può fidare della sua volontà di sistemare i disastri che quella legge sta causando? Le contraddizioni, come si vede, proseguono”.
Economia
Secondo Emiliano Brancaccio, docente all’Università del Sannio, gli obiettivi annunciati dal premier sono "inconciliabili con una politica macroeconomica soggetta ai vincoli europei, quindi votata all’austerity". Peraltro Gentiloni si è detto orgoglioso del Jobs Act anche se l’occupazione è cresciuta in Italia molto meno della media europea. Anche sui voucher "non è credibile: parla di ritocchi, come ci si può fidare?"
di Valerio Valentini | 30 dicembre 2016
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“Dice di voler puntare sui giovani, sui disoccupati e sul Mezzogiorno. Ma al contempo rivendica la continuità del suo esecutivo con le politiche di Matteo Renzi“. È questa, secondo Emiliano Brancaccio, la “palese contraddizione” nelle parole pronunciate da Paolo Gentiloni durante la conferenza stampa di fine anno a Montecitorio. Docente all’Università del Sannio e promotore di vari appelli di economisti contro le politiche di austerità, Brancaccio indica un altro paradosso che è emerso dal discorso dal neo-premier: “Gentiloni ha indicato alcuni obiettivi ambiziosi in materia di diritto del lavoro e di rilancio dell’occupazione. Obiettivi inconciliabili, però, con una politica macroeconomica soggetta ai vincoli europei, che quindi resta votata all’austerity“.
Rispondendo ai giornalisti in un’aula della Camera, Gentiloni si è detto orgoglioso delle misure messe in campo dal suo predecessore a Palazzo Chigi: “Il Jobs Act è una ottima riforma. Nel contesto dell’economia italiana e dei suoi livelli di crescita i nostri numeri sul lavoro a tempo indeterminato e sulla riduzione della disoccupazione vanno nella direzione giusta”. Secondo Brancaccio, però, lo scenario descritto dalle ricerche di vari istituti internazionali è assai diverso: “Non c’è nulla di cui compiacersi. I dati ufficiali mostrano che dall’approvazione del Jobs Act in Italia l’occupazione è cresciuta molto meno della media europea. Questo risultato non deve meravigliare: ormai persino nei report dell’Ocse, del Fmi e della Banca Mondiale si ammette che non esiste prova empirica dello slogan secondo cui la precarizzazione del lavoro stimolerebbe l’occupazione. Magari Gentiloni non ha idea di questi studi, ma Padoan li conosce bene. Sarebbe intellettualmente onesto se ne tenesse conto e li segnalasse al premier”.
Insomma, mantenere un nesso politico con l’esperienza del governo Renzi significa “condannarsi all’impossibilità di risolvere i problemi sociali e occupazionali più urgenti”, afferma Brancaccio. “La questione meridionale va affrontata in maniera seria, non a forza di slogan o misure spot com’è stato fatto nei mesi passati. Stesso discorso per quanto riguarda la disoccupazione giovanile e il disagio delle classi meno abbienti. Gentiloni dice di porsi sulla scia del lavoro fatto da Renzi: forse dovrebbe ricordare che proprio queste categorie sociali hanno più seccamente bocciato il precedente governo nel referendum del 4 dicembre“.
Altro “obiettivo primario” fissato dal premier è quello della “universalizzazione delle tutele. In questo senso – ha dichiarato Gentiloni – sono stati fatti molti passi avanti ma si può fare molto di più”. Brancaccio non nasconde, anche su questo punto, il suo scetticismo: “I precedenti governi, compreso quello di Renzi, si sono limitati a spostare voci di spesa da un capitolo all’altro, senza espandere i finanziamenti complessivi destinati al sostegno dei disoccupati“. Un risultato, questo, che è dipeso anche dai vincoli di bilancio imposti dall’Unione Europea. “Vincoli che restano stringenti quando si tratterebbe di difendere i più deboli, e che invece vengono prontamente allentati quando si tratta di far fronte alla crisi bancaria, per la quale si è deciso di ricorrere a debito straordinario”.
Infine, i voucher. “Non sono il virus che semina il lavoro nero“, ha precisato Gentiloni, pur ammettendo che c’è la necessità di “correggere gli abusi” e di farlo “in tempi rapidi”. Brancaccio è risoluto: “Gentiloni e il suo governo, su questa tematica, non sono credibili. Il premier parla di ritocchi, di adeguamenti. Ma qui il punto è che il Jobs Act andava in una direzione ben precisa: sulla scia di riforme precedenti ha esteso l’uso dei voucher quando le nefandezze legate alla liberalizzazione del lavoro accessorio erano già sotto gli occhi di tutti. Evidentemente – prosegue l’economista – chi ha sostenuto quella legge era convinto che quella fosse la strada giusta. Ora, Gentiloni rivendica come un successo il Jobs Act: come ci si può fidare della sua volontà di sistemare i disastri che quella legge sta causando? Le contraddizioni, come si vede, proseguono”.
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Re: Gentiloni
Gentiloni, Padellaro “sconcertato”: “Scaldapoltrone di Renzi, intanto siamo in campagna elettorale”
Video: 03:45
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/12 ... e/3288743/
di Mario Ventriglia | 30 dicembre 2016
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Più informazioni su: Antonio Padellaro, Matteo Renzi, Oscar Giannino, Paolo Gentiloni
“Fino a ieri io pensavo che in natura politica, non esistessero presidenti del consiglio scaldapoltrone, cioè personaggi che vengono mandati a Palazzo Chigi per tenere calda la poltrona di un altro” – Così il presidente de Il Fatto Quotidiano Antonio Padellaro ai microfoni di Attenti a quei due su Radio 24, dopo la conferenza stampa di fine anno del neo premier Paolo Gentiloni – “Io non ho mai visto un presidente del consiglio che conviene sul fatto che il suo governo debba scadere il prima possibile. Siccome Renzi vuole la sua rivincita bisogna andare a votare quando vuole lui? Ma chi l’ha detto? Non ci rendiamo conto dell’assurdità di questa storia. Io avrei voluto un premier che dicesse “Signori, io rappresento il popolo italiano, non Renzi. Sono veramente sconcertato”
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“Fino a ieri io pensavo che in natura politica, non esistessero presidenti del consiglio scaldapoltrone, cioè personaggi che vengono mandati a Palazzo Chigi per tenere calda la poltrona di un altro” – Così il presidente de Il Fatto Quotidiano Antonio Padellaro ai microfoni di Attenti a quei due su Radio 24, dopo la conferenza stampa di fine anno del neo premier Paolo Gentiloni – “Io non ho mai visto un presidente del consiglio che conviene sul fatto che il suo governo debba scadere il prima possibile. Siccome Renzi vuole la sua rivincita bisogna andare a votare quando vuole lui? Ma chi l’ha detto? Non ci rendiamo conto dell’assurdità di questa storia. Io avrei voluto un premier che dicesse “Signori, io rappresento il popolo italiano, non Renzi. Sono veramente sconcertato”
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Re: Gentiloni
LA LOTTA POLITICA NON VA IN VACANZA
3 gen 2017 13:05
GENTILONI CERCA IL SUICIDIO? SPOSTATO AL SENATO IL DECRETO SUL MONTEPASCHI
– AL SENATO, PERO’, LA MAGGIORANZA HA NUMERI BALLERINI ED I VERDINIANI GIA’ ALZANO LA POSTA
– UNA MOSSA PER FAR USCIRE BERLUSCONI ALLO SCOPERTO?
Gian Maria De Francesco per ''il Giornale''
Il primo a far scoppiare un nuovo caso politico sul decreto salvarisparmio è stato ieri mattina il capogruppo alla Camera di Forza Italia, Renato Brunetta. Dopo che il testo è stato annunciato alla Camera giovedì 28 dicembre, veniamo a sapere che due giorni dopo, il 30 dicembre, il governo ha ritirato il provvedimento, spostandone l' esame al Senato, ha dichiarato l' economista denunciando un' operazione procedurale alquanto anomala e irrituale.
A prima vista sembrerebbe, infatti, un tentativo di eutanasia del governo Gentiloni da parte della maggioranza Pd. Con i numeri ballerini che ci sono al Senato (i 169 voti di fiducia dello scorso 14 dicembre potrebbero, infatti, restare un unicum) l' incidente di percorso può sempre capitare.
Un comportamento incomprensibile soprattutto alla luce dell' ampia maggioranza con cui era stato approvato il provvedimento di autorizzazione (ad aumentare il debito pubblico di 20 miliardi, ndr) del Parlamento che ha preceduto l' emanazione del decreto, ha aggiunto Brunetta sospettando forzature sulla pelle dei risparmiatori e stigmatizzando la decisione dell' esecutivo.
Nella distribuzione dei provvedimenti, si apprende da fonti dell' esecutivo, è stato deciso che i decreti salvarisparmio e milleproroghe partano al Senato che ha un calendario meno affollato, mentre le misure per il Sud inizieranno il proprio iter a Montecitorio. Insomma, l' esecutivo ha deciso di presentare il testo del decreto alla Camera e poi di ritirarlo perché il regolamento di questo ramo del Parlamento non prevede la richiesta del numero legale, che in giornate prefestive al Senato rischia sempre di rappresentare una minaccia. Ordinaria amministrazione e niente più.
La spiegazione ufficiosa, tuttavia, risponde solo parzialmente alle questioni sollevate da Brunetta e rilancia un interrogativo: perché partire con il salvarisparmio proprio al Senato? Non a caso ieri il leader di Sc-Ala ed ex viceministro dell' Economia, Enrico Zanetti, ha alzato il prezzo del sì della componente civico-verdiniana a Palazzo Madama.
Vogliamo pari trattamento retroattivo anche per gli obbligazionisti subordinati delle quattro banche e vogliamo la commissione parlamentare d' inchiesta, ha affermato rilevando che è troppo comodo chiedere senso di responsabilità quando si tratta di aumentare ai contribuenti il debito pubblico e non avere alcun senso di responsabilità quando si tratta di fare chiarezza per i cittadini. Una presa di posizione poco rasserenante.
In ambienti di Forza Italia si assiste con sereno distacco allo svolgersi degli eventi. È abbastanza diffusa la convinzione che il Pd e Matteo Renzi non cercheranno un pretesto per indurre l' esecutivo all' harakiri non avendo in mano la nuova legge elettorale. Si tratta della condizione necessaria allo scioglimento delle Camere posta il 31 dicembre urbi et orbi dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
llo stesso modo (e lo si può leggere in chiaroscuro nella stessa dichiarazione di Brunetta), c' è la consapevolezza che il Pd stia cercando di far leva in tutti i modi sul senso di responsabilità dei parlamentari azzurri. Detto in altri termini, l' intento di Renzi e del suo clan è quello di scaricare sul partito di Silvio Berlusconi la colpa di un eventuale naufragio del decreto costringendolo da subito a votare a favore, con la non tanto recondita speranza di imbrigliare Fi anche nella trattativa sulla legge elettorale. Con la Vigilanza Bce e la Commissione Ue che ogni giorno cambiano le regole sui salvataggi bancari, alla pattuglia del Cav è chiesto di tenere i nervi saldi
3 gen 2017 13:05
GENTILONI CERCA IL SUICIDIO? SPOSTATO AL SENATO IL DECRETO SUL MONTEPASCHI
– AL SENATO, PERO’, LA MAGGIORANZA HA NUMERI BALLERINI ED I VERDINIANI GIA’ ALZANO LA POSTA
– UNA MOSSA PER FAR USCIRE BERLUSCONI ALLO SCOPERTO?
Gian Maria De Francesco per ''il Giornale''
Il primo a far scoppiare un nuovo caso politico sul decreto salvarisparmio è stato ieri mattina il capogruppo alla Camera di Forza Italia, Renato Brunetta. Dopo che il testo è stato annunciato alla Camera giovedì 28 dicembre, veniamo a sapere che due giorni dopo, il 30 dicembre, il governo ha ritirato il provvedimento, spostandone l' esame al Senato, ha dichiarato l' economista denunciando un' operazione procedurale alquanto anomala e irrituale.
A prima vista sembrerebbe, infatti, un tentativo di eutanasia del governo Gentiloni da parte della maggioranza Pd. Con i numeri ballerini che ci sono al Senato (i 169 voti di fiducia dello scorso 14 dicembre potrebbero, infatti, restare un unicum) l' incidente di percorso può sempre capitare.
Un comportamento incomprensibile soprattutto alla luce dell' ampia maggioranza con cui era stato approvato il provvedimento di autorizzazione (ad aumentare il debito pubblico di 20 miliardi, ndr) del Parlamento che ha preceduto l' emanazione del decreto, ha aggiunto Brunetta sospettando forzature sulla pelle dei risparmiatori e stigmatizzando la decisione dell' esecutivo.
Nella distribuzione dei provvedimenti, si apprende da fonti dell' esecutivo, è stato deciso che i decreti salvarisparmio e milleproroghe partano al Senato che ha un calendario meno affollato, mentre le misure per il Sud inizieranno il proprio iter a Montecitorio. Insomma, l' esecutivo ha deciso di presentare il testo del decreto alla Camera e poi di ritirarlo perché il regolamento di questo ramo del Parlamento non prevede la richiesta del numero legale, che in giornate prefestive al Senato rischia sempre di rappresentare una minaccia. Ordinaria amministrazione e niente più.
La spiegazione ufficiosa, tuttavia, risponde solo parzialmente alle questioni sollevate da Brunetta e rilancia un interrogativo: perché partire con il salvarisparmio proprio al Senato? Non a caso ieri il leader di Sc-Ala ed ex viceministro dell' Economia, Enrico Zanetti, ha alzato il prezzo del sì della componente civico-verdiniana a Palazzo Madama.
Vogliamo pari trattamento retroattivo anche per gli obbligazionisti subordinati delle quattro banche e vogliamo la commissione parlamentare d' inchiesta, ha affermato rilevando che è troppo comodo chiedere senso di responsabilità quando si tratta di aumentare ai contribuenti il debito pubblico e non avere alcun senso di responsabilità quando si tratta di fare chiarezza per i cittadini. Una presa di posizione poco rasserenante.
In ambienti di Forza Italia si assiste con sereno distacco allo svolgersi degli eventi. È abbastanza diffusa la convinzione che il Pd e Matteo Renzi non cercheranno un pretesto per indurre l' esecutivo all' harakiri non avendo in mano la nuova legge elettorale. Si tratta della condizione necessaria allo scioglimento delle Camere posta il 31 dicembre urbi et orbi dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
llo stesso modo (e lo si può leggere in chiaroscuro nella stessa dichiarazione di Brunetta), c' è la consapevolezza che il Pd stia cercando di far leva in tutti i modi sul senso di responsabilità dei parlamentari azzurri. Detto in altri termini, l' intento di Renzi e del suo clan è quello di scaricare sul partito di Silvio Berlusconi la colpa di un eventuale naufragio del decreto costringendolo da subito a votare a favore, con la non tanto recondita speranza di imbrigliare Fi anche nella trattativa sulla legge elettorale. Con la Vigilanza Bce e la Commissione Ue che ogni giorno cambiano le regole sui salvataggi bancari, alla pattuglia del Cav è chiesto di tenere i nervi saldi
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