La Terza Guerra Mondiale

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Anis Amri era un terrorista di serie B???



«Un terrorista “normale” non va a compiere un attentato portando con sé il passaporto: il far ritrovare prontamente il documento è la prova della “sovragestione” che ha diretto l’attentato», sostiene Carpeoro, che spiega: «Risalire immediatamente al presunto killer, in modo da neutralizzarlo subito, è estremamente utile agli strateghi del terrorismo: una prolungata caccia all’uomo manterrebbe in tensione per molto tempo le forze di polizia, e questo disturberebbe i piani dei manovratori occulti».


Ammesso che la sovragestione abbia diretto l’attentato, e quindi scelto un terrorista di serie B, un terrorista non preparato per tale compito, ma anche lui ci ha messo del suo.
Perché si portato con sé il passaporto in un’operazione del genere che può esporre ad una serie di imprevisti possibili???

Se la “sovragestione” gli ha chiesto tramite un supporto tedesco di lasciargli il documento, per farlo poi trovare al momento giusto dalla Polizei, avrebbe perlomeno dovuto subdorare la trappola.

Come minimo in questo tipo di operazioni si esibiscono documenti falsi.
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Aereo militare russo precipitato. Tra le piste anche il terrorismo

Il velivolo è precipitato pochi minuti dopo il decollo. 92 morti, non è escluso il terrorismo

Luca Romano - Dom, 25/12/2016 - 18:51
La tragedia nei cieli russi. Un aereo militare Tu-154 con 92 persone a bordo, diretto in Siria, è precipitato questa mattina nelle acque del Mar Nero, pochi minuti dopo aver lasciato l'aeroporto di Sochi, nel sud della Russia.








Nessun sopravvissuto tra i passeggeri: a bordo alcuni soldati, 9 giornalisti e 64 membri del coro dell'Armata rossa che si stavano dirigendo in Siria per le celebrazioni di Capodanno nella base aerea di Jmeimim, dove Mosca ha dispiegato truppe dell'aviazione. Tra i passeggeri anche la dottoressa Elizaveta Glinka, presidentessa della fondazione 'Fair Aid' (organizzazione a sostegno dei malati terminali di cancro), che stava trasportando aiuti destinati a un ospedale siriano. Al momento ancora sconosciute le cause: il presidente Vladimir Putin ha ordinato al suo primo ministro, Dmitri Medvedev, di guidare la Commissione di inchiesta sul disastro aereo. Finora, le autorità non hanno avanzato nessuna ipotesi anche se non è esclusa la pista del terrorismo. Alcuni esperti fanno invece sapere che la tragedia può essere stata provocata da un malfunzionamento tecnico. Putin ha decretato per domani il lutto nazionale in memoria delle vittime. Senza però attendere l'entrata in vigore del lutto, oggi le principali reti televisive del Paese hanno modificato la propria programmazione, evitando la messa in onda di programmi umoristici.

LE DINAMICHE

L'aereo, un tri-reattore con capacità fino ai 180 passeggeri, era partito da Mosca e aveva fatto scalo per fare rifornimento all'aeroporto di Sochi, dove è decollato alle 5.20 locali (le 3.20 in Italia). Pochi minuti dopo, il velivolo è precipitato in mare senza che nessuno dei membri dell'equipaggio sia riuscito a comunicare alla torre di controllo una situazione di emergenza o un malfunzionamento a bordo. Decine di navi, elicotteri e droni hanno preso subito parte alle operazioni di ricerca, effettuate in un'area di 10 chilometri quadrati davanti alla costa di Sochi. Secondo quanto riferito dal ministero della Difesa in una nota, alle 14 locali (le 12 in Italia) erano stati recuperato 10 corpi.

LE CAUSE

"Potrebbe essere stato un fattore tecnico. Non credo che vi sia stato un errore umano perchè l'aereo era in fase di decollo", ha dichiarato Magomed Tolboev, famoso pilota collaudatore russo, all'agenzia Interfax. Secondo l'esperto, in base alle caratteristiche dell'incidente, i passeggeri non avevano nessuna possibilità di salvarsi. "Anche io dovevo essere su quell'aereo, ma pochi giorni fa mia figlia si è ammalata e ha chiesto un congedo per malattia", ha dichiarato Sergey Jlópnikov, membro del Coro dell'Armata Rossa. A bordo del volo solo i membri del coro e del corpo di ballo perché la rappresentazione in Siria non prevedeva la partecipazione dell'orchestra, anch'essa parte fondante della formazione. Il velivolo è stato prodotto nel 1983 e due anni fa ha subito una revisione. Da allora, secondo il consorzio produttore Ruskie Mashiny, l'aereo non aveva ricevuto da parte dei proprietari richieste di manutenzione tecnica o di riparazione.

LA PISTA DEL TERRORISMO

Al momento si segue anche la pista del terrorismo, secondo quanto annunciato dal ministro dei Trasporti russo, Maxim Sokolov, seppure la Commissione investigativa chiamata a indagare le cause ritiene possa essere prematuro parlarne. Negli ambienti militari invece l'ipotesi viene scartata. Il Tu-154 è infatti partito inizialmente dall'aeroporto militare di Chkalovki, alle porte di Mosca, dove le misure di sicurezza sono rigidissime, fa sapere una fonte dell'esercito citata dalle agenzie. Lo stesso vale per lo scalo di Sochi, che ha un uso sia civile sia militare. "L'idea dell'accesso di persone estranee all'interno dell'area di partenza è assolutamente scartata, così come la possibilità che un membro del personale potesse entrare con oggetti non autorizzati", ha precisato. Anche il deputato Andréi Krasov, vicepresidente della Commissione di Difesa della Duma (la camera bassa del Parlamento russo) azveva sottolineato in mattinata che "chiaramente non si tratta di un attentato terroristico".

L'attentato, ove fosse provato, potrebbe essere stato realizzato non solo con un ordigno piazzato a bordo ma anche attraverso il lancio di un missile a ricerca di calore 'spalleggiabilè come gli Strela russi o gli Stinger Usa, da cui il jet, benchè dell'aeronautica militare, non aveva difesa in quanto mezzo di trasporto e non da guerra. A far propendere per questa ipotesi il fatto che il jet, scomparso dai radar due minuti dopo il decollo, fosse ancora basso. In precedenza già una fonte della sicurezza russa non ha escluso che possa essere stato un attentato a far schiantare nel Mar Nero il Tupolev-154 diretto in Siria. "La possibilità di un attacco terroristico è un'opzione", ha spiegato la fonte al sito Lenta.Ru, "non può essere confermata o esclusa finche non avremo le informazioni dei registratori di volo, ma viene presa in considerazione". La stessa fonte ha sottolineato che sui voli militari le ispezioni sugli aerei e i controlli possono essere meno rigidi rispetto a quelli per i voli civili: "A volte questo mette un brivido", hanno spiegato. Il fatto che l'aereo fosse diretto in Siria e con a bordo il coro dell'Armata rossa - che doveva cantare per l truppe russe che combattono dal 30 settembre 2015 al fianco di quelle siriane la notte di Capodanno nella base aerea vicino Latakia - lo rendeva l'obiettivo ideale per un'azione terroristica islamista. Tra le vittime del disastro ci sono il capo della polizia militare russa, il 49enne Vladimir Ivanovsky, e il direttore dell'Alexandrov Ensemble, Valery Khalilov. Il problema con le scatole nere degli aerei militari come il Tu-154 inabbissatosi "è che non mettono un segnale di localizzazioni" come quelli dei jet civili, ha spiegato Sokolov, "per cui dovremo cercarle a tappeto sul fondo del mare tra tutti i detriti".
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ATTENTATO ALL’AEREO RUSSO


SIMBOLOGIA

1) Scelta della data
Anche in mezzo ai conflitti, sui campi di battaglia, il 25 dicembre lo si considera una giornata di tregua.
Memorabile quella del 1914.
http://www.lagrandeguerra.net/gglatreguadinatale.html
L’attentato di ieri fa dire al mondo intero: “Manco il giorno di Natale si fermano."

2) Colpire, eliminando in un solo colpo, il Coro dell’Armata rossa, ritenuta un’istituzione in Russia,
sgomenta non pochi.

3) Questo fatto sollecita Putin a reagire rispetto agli “incidenti” precedenti.

4) Non reagire, indebolisce Putin all’interno della Russia.

5) Un Capo molle che non reagisce si svaluta presso i suoi.

6) Staremo a vedere fino a che punto sopporta Putin e fino a che punto intendono sollecitarlo i suoi nemici a stelle e strisce.

7) Nello stesso tempo si tenta di incrinare i rapporti tra Trump e Putin.

8) Ulteriore tentativo delle élite deviate Usa di screditare Trump prima dell’insediamento ufficiale del 20 gennaio 2017. Oltre quella data lo devono abbattere fisicamente se intende rifiutare il collare.

9) La scelta di boicottare Israele presso l'Onu, e provocare la sua reazione ufficiale, come abbiamo appreso ieri dalle TV, va nella stessa direzione. Se non ti metti il collare ti rendiamo la vita difficile.
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Re: La Terza Guerra Mondiale

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CHI SONO I DUE CITRULLI CHE SETTE MESI FA, SEDEVANO RISPETTIVAMENTE, SULLA POLTRONA DI MINISTRO DELL'INTERNO E PRIMO MINISTRO??????????????????????????????????????????????



Berlino avvertì Roma sette mesi fa: "Amri è pericoloso, va fermato"

I servizi tedeschi cercavano l'attentatore di Berlino da almeno sette mesi. La cellula in cui operava è stata decapitata a novembre. Ma il tunisino ha colpito lo stesso

Sergio Rame - Mer, 28/12/2016 - 00:58

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I servizi tedeschi cercavano Anis Amri, il tunisino che il 19 dicembre si è lanciato con un tir contro il mercatino di Natale diBerlino ammazzando dodici persone, da almeno sette mesi.

Secondo quanto rivelato dalla Wdr, lo scorso 10 maggio "la polizia criminale del Nordreno-Vestfalia classifica Anis Amri come individuo pericoloso". La comunicazione, secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, viene diramata anche all’Italia. Se Amri dovesse essere fermato in un semplice controllo stradale o identificato durante un’attività di indagine, alle nostre forze dell'ordine è chiesto di trattenerlo e segnalarlo alle autorità tedesche.

Amri, però, era un fantasma. Si è sempre mosso nell'ombra. Ed è rispuntato solo una settimana fa, quando alla guida di un tir ha falciato persone innocenti che passeggiano tra le bancarelle del mercatino di Natale. Adesso la Digos di Milano e il Bka, la polizia federale tedesca, sono al lavoro per colmare i buchi degli oltre sette mesi in un cui Amri è stato ricercato dai servizi di intelligence della Germania. Qualcosa, di sicuro, non ha funzionato. Resta da capire dove, come e quando. Per questo diventa fondamentale capire se il jihadista tunisino operasse all'interno di una cellula e se questa cellula avesse ramificazioni anche in Italia. Questo secondo punto servirebbe a spiegare la presenza di Amri a Sesto San Giovanni.



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Studiando il contenuto del cellulare di Amri, il Bka sta cercando legami con un'altra indagine che lo scorso novembre ha portato in carcere cinque affiliati dello Stato islamico che facevano riferimento all'imam Abu Walaa. Tra gli questi, come ilGiornale.it aveva già avuto modo di rivelare nei giorni scorsi, c’è anche Boban Simeonovic. Il 36enne serbo ha indottrinato Amri quando i due condividevano un appartamento. È stato lui a spingerlo a fare il jihad, preparandolo fisicamente con lunghi trekking, e a progettare di andare in Siria passando per una moschea di Hildelsheim. Amri non è mai partito per andare a combattere al fianco dei tagliagole, ma ha iniziato a progettare l'attacco a Berlino.

Una parte della cellula di Abu Walaa è ancora attiva. Si parla di una quindicina di estremisti. Ma la struttura dell'Isis è abituata a tagliare qualsiasi contatto con chi intraprende un'azione kamikaze. La presenza di Amri in Italia, insomma, fa presupporre che il tunisino cercasse altri contatti. Contatti che vivono nel Milanese e che, probabilmente, si è costruito quando si trovava nel centro di prima accoglienza in Sicilia o nelle nostre carceri.
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Sim tedesca, numeri italiani: a Milano Amri aveva una base
Nel cellulare trovato sul tir la rete italiana del capo della cellula Isis. Che conosceva bene il capoluogo lombardo
Luca Fazzo - Mer, 28/12/2016 - 08:06
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Milano - Anis Amri cammina dritto, spedito: come chi sa dove andare e conosce la strada. Sono le 00.58 del giorno in cui morirà.

Il terrorista tunisino viene immortalato da una telecamera della stazione Centrale mentre si dirige all'uscita est dell'atrio, l'unica aperta. Un fotogramma sfocato, il volto coperto quasi per intero dal cappuccio. Sono gli abiti a dare la certezza che si tratti di lui: identico zaino, scarpe uguali, la stessa felpa che inzupperà col suo sangue tre ore più tardi, a Sesto San Giovanni.
Non è un'immagine confortante, quella che la Digos milanese decide ieri di divulgare. Racconta che l'autore della strage di Berlino a Milano non vagava a casaccio. Voleva andare a Sesto e sapeva dove prendere i rari autobus notturni che sostituiscono la metropolitana. D'altronde, e questa è la vera e inquietante novità, Amri non era un «lupo solitario», un fanatico individualista, e nemmeno un semplice militante. Era un capo. Un emiro, cioè un gerarca della brigata Abu Walaa, il più insidioso dei gruppi salafiti legati all'Isis che operano in questo momento in Germania.

Dei legami tra Amri e il network di Abu Walaa aveva parlato la Cnn nei primi giorni dopo la strage di Berlino, quando ancora il terrorista era in fuga. Ma l'altro ieri a Fouchanam a sud di Tunisi, vengono arrestati due ragazzi e una ragazza; uno dei maschi è il nipote di Amri, ed è lui a parlare con gli investigatori del ruolo dello zio. «È l'emiro della Katibat (ovvero la brigata o colonna, ndr) Abu Al Walaa in Germania», dice il giovane. Vuol dire che Amri ha preso il posto dell'imam che ha dato il nome alla brigata, l'iracheno (di al-Tamin) Abu Al Walaa e del suo vice, il serbo Boban Simeonovic, arrestati entrambi in novembre dall'antiterrorismo tedesca. La brigata è radicata soprattutto nella Westfalia e nella Sassonia meridionale, ed era stato proprio Simeonovic a accogliere e addestrare Amri alla fine del 2015, quando era arrivato in Germania dall'Italia.
Amri è un capo, dunque: che più passa il tempo e si ricostruiscono i suoi movimenti, più sembra muoversi con intelligenza e lucidità. Dopo la strage l'emiro scende verso l'Italia aggirando la frontiera svizzera, cambiando spesso treno, comprando i biglietti in contanti. Le telecamere lo ritraggono anche nella piccola stazione di Bardonecchia, sulla strada tra Chambery e Torino. Non ha un cellulare, non può fare nuovi piani o stringere nuovi accordi. Ha in mente già una strada segnata, e lo porta a Milano e poi a Sesto.
Qui, intorno al capoluogo lombardo, c'è una cellula pronta ad accoglierlo: per nasconderlo, o anche solo per consentirgli di prendere il fiato prima di proseguire. È questa la ipotesi cui lavora il pm milanese Alberto Nobili, che ha aperto una inchiesta contro ignoti per associazione terrorista. E che Amri fosse già stato a Milano lo dicono anche i numerosi riconoscimenti che vengono segnalati alle forze di polizia, da parte di cittadini convinti di averlo incrociato nei mesi passati. È una faccia particolare, quella di Amri, difficile confonderla. Anche se poi, al momento di firmare il verbale, spesso i testimoni si tirano indietro, come colti da una improvvisa incertezza o da una comprensibile paura.
Se davvero nei mesi scorsi Anis Amri era passato per l'hinterland milanese, allora trova spiegazione la più inverosimile tra le strane coincidenze di questa vicenda: l'approdo di Amri in piazza Primo Maggio a Sesto, ad appena un chilometro e mezzo da via Cantù a Cinisello Balsamo, ovvero dal luogo da cui era partito il 16 dicembre il camion guidato dal polacco Lukasz Urban. Il tir non sarebbe stato scelto a caso, a Berlino, ma individuato fin dall'inizio dalla «cellula milanese».
Sono, come si vede, ipotesi inquietanti. Per capirci qualcosa di più, si stanno frugando i tabulati del cellulare abbandonato da Amri sul camion della strage. Ha una sim tedesca, ma ha fatto numeri italiani.
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Caso hacker, Putin a Obama: “Non reagiremo”
E Trump promuove Mosca: “Grande mossa”
Dopo l’espulsione, il basso profilo del Cremlino: “Non faremo diplomazia da cucina”. Il tycoon gradisce
Lo zar del Cremlino e la “russizzazione” del Medio Oriente: così Mosca colma i vuoti lasciati dagli Usa
obama-trump-putin-990
Mondo
Il presidente uscente firma sanzioni con l’accusa di interferenze durante la campagna elettorale per le presidenziali di novembre. La Casa Bianca: “Rischi anche per l’Europa”. Il ministro Lavrov propone di cacciare altrettanti diplomatici, ma il presidente russo dice no a “diplomazia irresponsabile” e augura buone feste alla famiglia Obama. Parole di elogio dal tycoon repubblicano: “Ho sempre saputo che Vladimir è intelligente”
di F. Q.
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Re: La Terza Guerra Mondiale

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FACILE A DIRSI,......MA POI BISOGNA SAPER PASSARE DALLA TEORIA ALLA PRATICA



Walzer: “I fantasmi del passato si riaffacciano sull’Europa” Il politologo di Princeton: “In America la sfida è rifondare la sinistra”

PAOLO MASTROLILLI
INVIATO A NEW YOR

Stiamo vivendo tempi molto più bui di quanto mi sarei aspettato in questa fase della mia vita. Avvengono cose che ricordano la Guerra Fredda, e persino l’estremismo degli Anni Trenta in Europa. Le forze distruttive però non sono forti come allora, e io ancora spero che la ragione possa prevalere».
Lo scontro tra Usa e Russia sullo spionaggio digitale genera preoccupazione nella mente di Michael Walzer, rievocando fantasmi che il filosofo di Princeton sperava seppelliti per sempre.
Come giudica la decisione del presidente Obama di punire Mosca?
«Necessaria, tardiva e in apparenza debole. Ma forse dietro le quinte sta avvenendo qualcosa di più significativo, che non conosciamo».
Perché necessaria?
«Quello che ha fatto la Russia per condizionare le presidenziali americane è inaccettabile, e la reazione deve essere chiara».
Putin però non reagisce, perché tanto ormai si aspetta una politica diversa dal presidente eletto Trump. «Non è così facile prevedere cosa farà Trump. Alcune cose che ha detto sono allarmanti, ma poi si è circondato di persone che non la pensano nello stesso modo, come ad esempio il nuovo capo del Pentagono Mattis. In Senato, poi, gli stessi repubblicani sono contrari alle sue aperture».
Quali sono le dichiarazioni di Trump sulla Russia che lei giudica allarmanti?
«Il disimpegno verso la Nato e i Paesi dell’Europa orientale. Può darsi che in questa regione ci siano alcune persone che vogliono tornare sotto l’egemonia russa, soprattutto a destra, dove si collocano tutti i sostenitori di Putin. Io non credo che siano la maggioranza, e non penso che abbandonare questi paesi sia nell’interesse nazionale degli Stati Uniti. Anche ammesso che fosse così, però, il risultato finale dovrebbe essere frutto di un negoziato, non di una concessione unilaterale incondizionata».
Si spieghi meglio.
«Non sono nella mente di Putin, ma è chiaro che è un nostalgico dell’Urss. Forse non pensa di poter ricostruire l’impero sovietico, ma di sicuro intende ristabilire un’area di influenza russa nella regione. Per evitare una nuova Guerra fredda, e magari uno scontro militare che siamo riusciti ad evitare nel secolo scorso, gli Usa potrebbero negoziare un compromesso. Però negoziare da una posizione di forza, non regalare».
In altre parole è facile trovare l’accordo con l‘avversario, quando sei pronto a concedergli tutto subito.
Esatto, che poi è quello che sembra voler fare Trump».
Anche sulla Siria, il presidente eletto sembra disposto ad accettare la tregua di Mosca: sbaglia?
«In Siria Putin ha avuto una mano più facile da giocare, perché poteva contare su forze armate sul terreno da aiutare, come l’esercito di Assad ed Hezbollah. Non me la sento di condannare Obama per il mancato intervento, perché la Cia gli aveva detto chiaramente che se avesse rovesciato il regime, poi non avrebbe trovato una forza alleata su cui contare per controllare il Paese. La Siria del resto è sempre stata storicamente nella sfera di influenza di Mosca: il problema è cosa significa il nuovo ruolo della Russia per il resto della regione».
Pensa al futuro di Israele?
«Condivido in pieno il discorso fatto da Kerry, solo che doveva tenerlo quattro anni fa, subito dopo la rielezione di Obama. Ora spero che le sue parole servano a risvegliare Livni, Barak e tutti i politici più ragionevoli del centro israeliano».
Lei una volta ha detto che è cresciuto con un’Europa dominata prima dal nazismo e poi dallo stalinismo, e pensava che peggio di così non si potesse andare. Si sta ricredendo?
«I fenomeni in corso sono molto preoccupanti. Putin è spinto e sostenuto da una destra che vuole il ritorno dell’Urss. L’ondata populista in Europa ricorda quanto era avvenuto negli Anni Trenta. Negli Usa, poi, la base elettorale che in teoria era democratica ha spinto Trump alla Casa Bianca. Io non penso che Putin sia stalinista, o abbia la forza di Stalin, e non credo che i populisti europei siano pericolosi come i nazisti. Quanto a Trump, la notte della sua elezione sono caduto in depressione, ma è guidato dall’incertezza. Spero ancora che la ragione prevalga, in entrambi i continenti, e credo che possa farlo. Per riuscirci, però, è necessario che la sinistra si rifondi, proponendo un modello di sinistra, mentre il centro deve ricostruirsi e ritrovare il proprio senso, a partire da una elaborazione che deve cominciare negli Stati Uniti, in risposta a Trump».
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Re: La Terza Guerra Mondiale

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BIGLIETTO DA VISITA DEL 2017



Attacco armato a Istanbul
Almeno 39 morti e 65 feriti

Un uomo vestito da Babbo Natale ha aperto il fuoco in una discoteca dove si stava festeggiando il Capodanno

di Chiara Sarra

7 minuti fa
UncleTom
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Re: La Terza Guerra Mondiale

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UncleTom ha scritto:BIGLIETTO DA VISITA DEL 2017



Attacco armato a Istanbul
Almeno 39 morti e 65 feriti

Un uomo vestito da Babbo Natale ha aperto il fuoco in una discoteca dove si stava festeggiando il Capodanno

di Chiara Sarra

7 minuti fa


IL COLLEGAMENTO CON IL FATTO QUOTIDIANO E IL CORRIERE DELLA SERA PER ME OGGI SONO IMPOSSIBILI. COMINCIAMO BENE.



Istanbul, attacco armato in un night club

Un uomo vestito da Babbo Natale hanno aperto il fuoco in una discoteca dove si stava festeggiando il Capodanno

Chiara Sarra - Dom, 01/01/2017 - 08:19
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Torna la paura a Istanbul dove un uomo - ma alcuni media parlano di un "commando" - con un vestito bianco simile al costume da Babbo Natale e pare armato di kalashnikov è entrato in un night club e hanno aperto il fuoco contro la folla che festeggiava il Capodanno nella discoteca Reina, sul Bosforo.


Articolo + video:

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/ist ... 47210.html
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Re: La Terza Guerra Mondiale

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L'WiFi, s'è degnato di effettuare il collegamento


I terroristi sparano sulla folla del night club
Almeno 39 morti nel Capodanno di Istanbul


Alle 23.30 uno o più attentatori travestiti da Babbo Natale hanno fatto irruzione nel Reina e aperto il fuoco sulle 600 persone che stavano festeggiando: 15 le vittime straniere, 70 i feriti. Killer ancora in fuga

attentato-istanbul-990

Mondo
Nel Capodanno che ha visto tutte la capitali europee blindate per il timore di attacchi, il terrorismo ha colpito ancora una volta il cuore della Turchia. E’ di almeno 39 morti e 69 feriti l’ultimo bilancio ufficiale dell’attacco avvenuto in una delle più famose discoteche di Istanbul, non ancora rivendicato ma le cui caratteristiche fanno pensare a un attentato a firma Isis. Tra le vittime anche 15 stranieri
di F. Q.
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