MOVIMENTO 5 STELLE
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
PREMESSO CHE RIMANE VALIDO QUANTO AFFERMATO DA CACCIARI, CHE LA CRICCA CHE OPERAVA SU ROMA, VIENE DA LONTANO.
UNA CRICCA CHE E’ PASSATA INDENNE FINO AL SINDACO MARINO, COMPRENDENDO PER TEMPO IL CAMBIAMENTO DEL VENTO CHE SPIRAVA A ROMA, E’ SALITA IN ANTICIPO SUL CARRO DEI VINCITORI, PERCHE HA CAPITO CON UN ANNO DI ANTICIPO CHE LA VITTORIA AVREBBE IRRISO I GRILLINI.
A CONFERMA DI QUANTO SOPRA ABBIAMO ANCHE:
NO REGA’, ME SENTO MALE
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 138003.htm
20 dic 2016 15:46
AMICI DEGLI AMICI
- A ROMA NESSUNO CONOSCEVA I VARI MARRA, MURARO, FRONGIA, ROMEO: LA CLASSE DIRIGENTE DI VIRGINIA RAGGI
- MA TRA LORO SI CONOSCEVANO BENE ED AVEVANO UNA STRETTA RETE DI COLLEGAMENTI - DA SCARPELLINI A MANLIO CERRONI, IL RE DELLA “MONNEZZA” CHE LA SINDACA VOLEVA CANCELLARE IN CAMPAGNA ELETTORALE
Il parere di Mattia Feltri per la Stampa
«Questo Marra ma chi lo conosceva prima di qualche mese fa?», ha detto Alessandro Di Battista in un video su Facebook. In effetti. E nessuno conosceva Paola Muraro o Salvatore Romeo o Daniele Frongia o Massimo Colomban né gli altri personaggi da Albero degli zoccoli , attori non professionisti di una spettacolare saga degli ignoti di fama. Gente di cui - ha ragione Di Battista - prima di questa curiosa consiliatura, che conduce su terre inesplorate una città che pensava di averle viste tutte, non si era mai sentito il nome, e ancora oggi si fatica a identificarla col supporto di foto segnaletiche.
Per esempio qualche tempo fa un sito locale si era avventurato in un ritratto di Romeo, e Frongia, coinvolto nel racconto, aveva mandato due righe per precisare, fra l' altro, che contrariamente a quanto scritto Romeo non è sposato. E il direttore del sito rispondeva: è vero, chiediamo scusa, però è fidanzato. È molto difficile per i cronisti, figuriamoci per i lettori, tenere a mente che Romeo ha 51 anni, era un funzionario del Comune ed è diventato capo della segretaria del sindaco per meriti da decifrare, se non si è letto il curriculum, dove Romeo esibisce laurea e master e certifica di essere uno studioso del mercato borsistico italiano e internazionale, e un esperto di paracadutismo e attività marinare da diporto. Poi, appunto, è fidanzato, e ha spuntato uno scatto di carriera e di stipendio (triplicato) secondo procedure innovative ma non del tutto legittime. «Ci sono stati errori, era agosto, c' era caldo», si scusò Romeo.
Romeo è molto amico di Raffaele Marra, l' ex vicecapo di gabinetto di Virginia Raggi arrestato con l' accusa di corruzione. Marra e Romeo hanno fornito a Daniele Frongia (ex vicesindaco) il materiale per E io pago , libro edito da Chiarelettere che in campagna elettorale Raggi ha indicato come suo testo di riferimento. È inutile: è come tornare sempre al punto di partenza.
Non è un mondo, è un piccolo intranet di affetti che sventola le sue bandiere in cima al Campidoglio intanto che i giornalisti cercano di tenere assieme minuzie biografiche e fragorosi colpi di scena, come quello di Catello Marra, fratello di Salvatore, che vive a Malta dove alle cerimonie governative indossa abiti da ammiraglio, o qualcosa del genere, e gestisce interessi imprenditoriali vasti e non riassumibili (intanto che il terzo dei fratelli, Renato, è stato promosso alla direzione del Turismo con atto approvato dal primo dei fratelli, Raffaele).
Arrivati a questo punto tocca proporre una modifica a Di Battista. Non «questo Marra chi lo conosceva?», ma «questi Marra», tutti e tre. E quanto a Marra, il numero uno, Raffaele, abbiamo imparato che arrivò al ministero dell' Agricoltura di Gianni Alemanno su suggerimento del vescovo di Ascoli, Giovanni D' Ercole, a cui lo raccomandò (nell' accezione cristiana del verbo) «un sacerdote a me molto caro», e poi passò da Alemanno a Renata Polverini in Regione, e infine a Raggi seguendo affascinanti percorsi ad arabesco, con tappe che ormai trascuravano gli alti prelati per fissarsi su obiettivi meno spirituali: i palazzinari romani nella persona di Sergio Scarpellini, da cui Marra ha ottenuto casa con sconto ai Parioli, e negli anni passati definito dai cinque stelle «grande evasore» e beneficiario di «emendamenti porcata» del Pd. Ma questo Marra chi lo conosceva?
Non si conosceva neanche Paola Muraro di cui le agenzie si sono occupate per la prima volta il 17 giugno, quando Raggi l' ha nominata assessore all' Ambiente. Muraro portò con sé un curriculum di nove pagine comprensivo di laurea in Scienze agrarie fino a un seminario alla Pollution Padova ma, siccome le vie della celebrità sono mefistofeliche, tutti sappiamo di lei perché (ci sono i video su Youtube) si apposta con Raggi dietro ai cassonetti per cogliere sul fatto i nemici delle differenziata, e talvolta fa prendere un colpo alle vecchiette. Poi è arrivato anche l' avviso di garanzia (succede) ma Muraro chi la conosceva?
Bè, uno c' è: è Manlio Cerroni, per le cui aziende Muraro aveva offerto consulenza retribuita. E anche qui niente male, succede, se non fosse che Manlio e Cerroni sono «il nome e il cognome del problema dei rifiuti a Roma», come disse in campagna elettorale Virginia Raggi.
Di nuovo: tutti ignoti ma il cerchio si chiude sempre. E noi qui a fremere per la nomina durata due giorni ad assessore al Bilancio di Raffaele De Dominicis, magistrato scelto dal Movimento e poi dal Movimento dichiarato privo dei requisiti giuridici, o per l' ipotesi di promozione a vicesindaco di Massimo Colomban, imprenditore edile di Treviso, almeno degno - nell' ottica della celebrità - di una pagina su Wikipedia. E per tutti questi varrebbe la protesta di Di Battista: ma chi li conosceva? Nessuno, e dovrebbe essere un bene per il Movimento di Beppe Grillo, che è il sentiero verso le sommità degli ultimi e degli inesperti (per non dire incompetenti, che è brutto). Nessuno li conosceva, e il problema certe volte è farsi riconoscere.
UNA CRICCA CHE E’ PASSATA INDENNE FINO AL SINDACO MARINO, COMPRENDENDO PER TEMPO IL CAMBIAMENTO DEL VENTO CHE SPIRAVA A ROMA, E’ SALITA IN ANTICIPO SUL CARRO DEI VINCITORI, PERCHE HA CAPITO CON UN ANNO DI ANTICIPO CHE LA VITTORIA AVREBBE IRRISO I GRILLINI.
A CONFERMA DI QUANTO SOPRA ABBIAMO ANCHE:
NO REGA’, ME SENTO MALE
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 138003.htm
20 dic 2016 15:46
AMICI DEGLI AMICI
- A ROMA NESSUNO CONOSCEVA I VARI MARRA, MURARO, FRONGIA, ROMEO: LA CLASSE DIRIGENTE DI VIRGINIA RAGGI
- MA TRA LORO SI CONOSCEVANO BENE ED AVEVANO UNA STRETTA RETE DI COLLEGAMENTI - DA SCARPELLINI A MANLIO CERRONI, IL RE DELLA “MONNEZZA” CHE LA SINDACA VOLEVA CANCELLARE IN CAMPAGNA ELETTORALE
Il parere di Mattia Feltri per la Stampa
«Questo Marra ma chi lo conosceva prima di qualche mese fa?», ha detto Alessandro Di Battista in un video su Facebook. In effetti. E nessuno conosceva Paola Muraro o Salvatore Romeo o Daniele Frongia o Massimo Colomban né gli altri personaggi da Albero degli zoccoli , attori non professionisti di una spettacolare saga degli ignoti di fama. Gente di cui - ha ragione Di Battista - prima di questa curiosa consiliatura, che conduce su terre inesplorate una città che pensava di averle viste tutte, non si era mai sentito il nome, e ancora oggi si fatica a identificarla col supporto di foto segnaletiche.
Per esempio qualche tempo fa un sito locale si era avventurato in un ritratto di Romeo, e Frongia, coinvolto nel racconto, aveva mandato due righe per precisare, fra l' altro, che contrariamente a quanto scritto Romeo non è sposato. E il direttore del sito rispondeva: è vero, chiediamo scusa, però è fidanzato. È molto difficile per i cronisti, figuriamoci per i lettori, tenere a mente che Romeo ha 51 anni, era un funzionario del Comune ed è diventato capo della segretaria del sindaco per meriti da decifrare, se non si è letto il curriculum, dove Romeo esibisce laurea e master e certifica di essere uno studioso del mercato borsistico italiano e internazionale, e un esperto di paracadutismo e attività marinare da diporto. Poi, appunto, è fidanzato, e ha spuntato uno scatto di carriera e di stipendio (triplicato) secondo procedure innovative ma non del tutto legittime. «Ci sono stati errori, era agosto, c' era caldo», si scusò Romeo.
Romeo è molto amico di Raffaele Marra, l' ex vicecapo di gabinetto di Virginia Raggi arrestato con l' accusa di corruzione. Marra e Romeo hanno fornito a Daniele Frongia (ex vicesindaco) il materiale per E io pago , libro edito da Chiarelettere che in campagna elettorale Raggi ha indicato come suo testo di riferimento. È inutile: è come tornare sempre al punto di partenza.
Non è un mondo, è un piccolo intranet di affetti che sventola le sue bandiere in cima al Campidoglio intanto che i giornalisti cercano di tenere assieme minuzie biografiche e fragorosi colpi di scena, come quello di Catello Marra, fratello di Salvatore, che vive a Malta dove alle cerimonie governative indossa abiti da ammiraglio, o qualcosa del genere, e gestisce interessi imprenditoriali vasti e non riassumibili (intanto che il terzo dei fratelli, Renato, è stato promosso alla direzione del Turismo con atto approvato dal primo dei fratelli, Raffaele).
Arrivati a questo punto tocca proporre una modifica a Di Battista. Non «questo Marra chi lo conosceva?», ma «questi Marra», tutti e tre. E quanto a Marra, il numero uno, Raffaele, abbiamo imparato che arrivò al ministero dell' Agricoltura di Gianni Alemanno su suggerimento del vescovo di Ascoli, Giovanni D' Ercole, a cui lo raccomandò (nell' accezione cristiana del verbo) «un sacerdote a me molto caro», e poi passò da Alemanno a Renata Polverini in Regione, e infine a Raggi seguendo affascinanti percorsi ad arabesco, con tappe che ormai trascuravano gli alti prelati per fissarsi su obiettivi meno spirituali: i palazzinari romani nella persona di Sergio Scarpellini, da cui Marra ha ottenuto casa con sconto ai Parioli, e negli anni passati definito dai cinque stelle «grande evasore» e beneficiario di «emendamenti porcata» del Pd. Ma questo Marra chi lo conosceva?
Non si conosceva neanche Paola Muraro di cui le agenzie si sono occupate per la prima volta il 17 giugno, quando Raggi l' ha nominata assessore all' Ambiente. Muraro portò con sé un curriculum di nove pagine comprensivo di laurea in Scienze agrarie fino a un seminario alla Pollution Padova ma, siccome le vie della celebrità sono mefistofeliche, tutti sappiamo di lei perché (ci sono i video su Youtube) si apposta con Raggi dietro ai cassonetti per cogliere sul fatto i nemici delle differenziata, e talvolta fa prendere un colpo alle vecchiette. Poi è arrivato anche l' avviso di garanzia (succede) ma Muraro chi la conosceva?
Bè, uno c' è: è Manlio Cerroni, per le cui aziende Muraro aveva offerto consulenza retribuita. E anche qui niente male, succede, se non fosse che Manlio e Cerroni sono «il nome e il cognome del problema dei rifiuti a Roma», come disse in campagna elettorale Virginia Raggi.
Di nuovo: tutti ignoti ma il cerchio si chiude sempre. E noi qui a fremere per la nomina durata due giorni ad assessore al Bilancio di Raffaele De Dominicis, magistrato scelto dal Movimento e poi dal Movimento dichiarato privo dei requisiti giuridici, o per l' ipotesi di promozione a vicesindaco di Massimo Colomban, imprenditore edile di Treviso, almeno degno - nell' ottica della celebrità - di una pagina su Wikipedia. E per tutti questi varrebbe la protesta di Di Battista: ma chi li conosceva? Nessuno, e dovrebbe essere un bene per il Movimento di Beppe Grillo, che è il sentiero verso le sommità degli ultimi e degli inesperti (per non dire incompetenti, che è brutto). Nessuno li conosceva, e il problema certe volte è farsi riconoscere.
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
PROVARE PER CREDERE
L’ultimo grande stravolgimento nella storia d’Italia si è verificato tra l’8 settembre del 1943 e il 25 aprile del 1945.
Con una fase di assestamento nei giorni successivi dalla liberazione dal fascismo.
In quei giorni successe di tutto.
Tenere la piazza non è stato da tutti.
Ancora due anni dopo la liberazione, quando subì un attentato, il 14 luglio del 1948, il capo dei comunisti ordinò ai suoi di non dare seguito alla vendetta di piazza come molti auspicavano.
Ma allora in tutti i partiti c’erano altri uomini. Gli uomini che avevano partecipato alla guerra di liberazione.
Uomini con altra caratura etico-morale.
Uomini che pur con idee diverse lavoravano tutti per lo stesso fine.
Rimettere in piedi l’Italia dopo vent’anni di dittatura e una guerra mondiale alle spalle.
Oggi invece, quei valori non esistono più e il mondo politico e i loro propagandisti sui media, fanno solo lotta politica fine a se stessa, seguendo i loro reconditi interessi di poltrona e di affari.
E’ il caso di Davide Giacalone, che per mettersi in mostra con il “paron” dimostrando zelo fuori ordinanza, nella speranza che sia poi ricambiato a tempo debito, non esita a seminare odio tra i tricolori.
Benzina sul fuoco, sale sulle ferite. Non importa cosa possono provocare le sue parole.
L’importante che al momento giusto il “paron” si ricordi di lui. Della sua solerzia, ad appoggiare il capo quando ne aveva bisogno.
Siamo entrati in una fase difficile, in cui non si scorgono luci nelle tenebre, per orientarci verso la via dell’uscita di sicurezza.
Tenebre, e solo tenebre, nient’altro che tenebre, in cui certi personaggi si distinguono per rendere ancora più buia la “Notte della Repubblica”
I grillini votati per odiare non per
governare
Per i pentastellati quello di Roma non è un incidente di percorso, ma la materializzazione di un molteplice tradimento della credulità popolare
Davide Giacalone - Mar, 20/12/2016 - 15:24
Per i pentastellati quello di Roma non è un incidente di percorso, ma la materializzazione di un molteplice tradimento della credulità popolare.
Forse non ne subiranno un danno elettorale, giacché nessun elettore ha mai pensato di farsi governare da un'accolita di logorroici incompetenti. Li hanno coperti di voti in odio agli altri.
Le loro vittorie avrebbero dovuto comportare l'avvento della massima trasparenza e la fine degli accordi riservati, dei conciliaboli segreti, delle camarille in corridoio. Si stanno producendo in riunioni notturne, faide interne, denunce incrociate. Il video streaming lo hanno lasciato agli allocchi, mentre loro non fanno trapelare neanche la sede in cui si riuniscono. Con gli ortotteri vincenti sarebbe stata sconfitta l'arroganza invadente dei partiti, i cui esponenti erano sollecitati ad andare a fare... altrove. Assistiamo all'opposto: proprietari di un non partito, senza manco uno straccio d'investitura democratica, che commissariano enti locali, si sostituiscono agli eletti, dettano le condizioni perché quelli possano restare dove si trovano. Decantarono le primarie on line quale trionfo della democrazia dal basso e la sconfitta delle lobbies, salvo poi prendere atto che quello è il sistema più semplice e meno oneroso affinché le lobbies s'impadroniscano della cosa pubblica, talché le cordate che si trovano dietro questo o quell'eletto sono il coagulo dell'affarismo sgomitante e dell'arroganza tracotante. Solo gli eletti avrebbero dovuto contare, quali portavoce della volontà popolare, però poi il potere è stato consegnato e ancora adesso si pretende di trasferirlo in mani di persone che non solo nessuno ha mai eletto, ma manco conosciuto. Secondo loro gli indagati si sarebbero dovuti tutti dimettere, sentendosi autorizzati ad additare al pubblico disprezzo garantisti come noi, che tali restiamo anche per quel che li riguarda, vedendoli impegnati a contabilizzare avvisi di garanzia e arresti di quanti si sono scelti come compagni di potere.
Il problema non è Virginia Raggi, la cui inadeguatezza è talmente macroscopica da indurre sentimenti di umana comprensione. Il problema è chi ce l'ha messa, chi ha tollerato le conferenze stampa in cui altri rispondevano alle domande che le venivano rivolte, chi l'ha autorizzata a promettere un referendum sui giochi olimpici e poi a far finta di non averlo mai detto, chi s'è preso gioco dei cittadini e del loro voto plebiscitario. Tutto questo ha un costo, è uno spreco, comporta nuova spesa per eleggere qualcuno che, almeno lontanamente, somigli a un sindaco. Non è un incidente di percorso, ma la prova del frinire mendace.
Vabbé, passerà. Non ci scommetterei. Non nel tempo necessario. Quando i partiti della prima Repubblica subirono la concorrenza degli ecologisti ci misero lustri prima di liberarsi di un'ipocrisia verde che ancora paghiamo in bolletta. Quando quelli della seconda si trovano alle prese con il federalismo leghista fecero follie, fino al disastroso cambiamento del titolo quinto della Costituzione, voluto dalla sinistra intenzionata a competere con quel sentimento. E ora che scoppia il fenomeno dell'antipolitica sono tutti lì a fare i politici antipolitici, con Matteo Renzi che pensava anche di governare e ri-riformare la Costituzione, usando quegli argomenti. La discesa sarà lenta, anche perché la contaminazione è stata vasta. Questo, però, non riguarda solo i politici, ma ciascuno di noi, cittadini ed elettori: fin quando non si sarà disposti ad ascoltare e aiutare idee serie, non ridotte a omogeneizzato predigerito di battutine che scoppiettano come petarducci tarocchi, fin quando si riterrà che essere contro sia più utile che chiedersi a cosa essere favorevoli, meriteremo tutti d'essere presi in giro. E dal Campidoglio giunge lo spettacolo grottesco di quanto si possa essere scemi nel farsi prendere in giro da roba di tal fatta.
L’ultimo grande stravolgimento nella storia d’Italia si è verificato tra l’8 settembre del 1943 e il 25 aprile del 1945.
Con una fase di assestamento nei giorni successivi dalla liberazione dal fascismo.
In quei giorni successe di tutto.
Tenere la piazza non è stato da tutti.
Ancora due anni dopo la liberazione, quando subì un attentato, il 14 luglio del 1948, il capo dei comunisti ordinò ai suoi di non dare seguito alla vendetta di piazza come molti auspicavano.
Ma allora in tutti i partiti c’erano altri uomini. Gli uomini che avevano partecipato alla guerra di liberazione.
Uomini con altra caratura etico-morale.
Uomini che pur con idee diverse lavoravano tutti per lo stesso fine.
Rimettere in piedi l’Italia dopo vent’anni di dittatura e una guerra mondiale alle spalle.
Oggi invece, quei valori non esistono più e il mondo politico e i loro propagandisti sui media, fanno solo lotta politica fine a se stessa, seguendo i loro reconditi interessi di poltrona e di affari.
E’ il caso di Davide Giacalone, che per mettersi in mostra con il “paron” dimostrando zelo fuori ordinanza, nella speranza che sia poi ricambiato a tempo debito, non esita a seminare odio tra i tricolori.
Benzina sul fuoco, sale sulle ferite. Non importa cosa possono provocare le sue parole.
L’importante che al momento giusto il “paron” si ricordi di lui. Della sua solerzia, ad appoggiare il capo quando ne aveva bisogno.
Siamo entrati in una fase difficile, in cui non si scorgono luci nelle tenebre, per orientarci verso la via dell’uscita di sicurezza.
Tenebre, e solo tenebre, nient’altro che tenebre, in cui certi personaggi si distinguono per rendere ancora più buia la “Notte della Repubblica”
I grillini votati per odiare non per
governare
Per i pentastellati quello di Roma non è un incidente di percorso, ma la materializzazione di un molteplice tradimento della credulità popolare
Davide Giacalone - Mar, 20/12/2016 - 15:24
Per i pentastellati quello di Roma non è un incidente di percorso, ma la materializzazione di un molteplice tradimento della credulità popolare.
Forse non ne subiranno un danno elettorale, giacché nessun elettore ha mai pensato di farsi governare da un'accolita di logorroici incompetenti. Li hanno coperti di voti in odio agli altri.
Le loro vittorie avrebbero dovuto comportare l'avvento della massima trasparenza e la fine degli accordi riservati, dei conciliaboli segreti, delle camarille in corridoio. Si stanno producendo in riunioni notturne, faide interne, denunce incrociate. Il video streaming lo hanno lasciato agli allocchi, mentre loro non fanno trapelare neanche la sede in cui si riuniscono. Con gli ortotteri vincenti sarebbe stata sconfitta l'arroganza invadente dei partiti, i cui esponenti erano sollecitati ad andare a fare... altrove. Assistiamo all'opposto: proprietari di un non partito, senza manco uno straccio d'investitura democratica, che commissariano enti locali, si sostituiscono agli eletti, dettano le condizioni perché quelli possano restare dove si trovano. Decantarono le primarie on line quale trionfo della democrazia dal basso e la sconfitta delle lobbies, salvo poi prendere atto che quello è il sistema più semplice e meno oneroso affinché le lobbies s'impadroniscano della cosa pubblica, talché le cordate che si trovano dietro questo o quell'eletto sono il coagulo dell'affarismo sgomitante e dell'arroganza tracotante. Solo gli eletti avrebbero dovuto contare, quali portavoce della volontà popolare, però poi il potere è stato consegnato e ancora adesso si pretende di trasferirlo in mani di persone che non solo nessuno ha mai eletto, ma manco conosciuto. Secondo loro gli indagati si sarebbero dovuti tutti dimettere, sentendosi autorizzati ad additare al pubblico disprezzo garantisti come noi, che tali restiamo anche per quel che li riguarda, vedendoli impegnati a contabilizzare avvisi di garanzia e arresti di quanti si sono scelti come compagni di potere.
Il problema non è Virginia Raggi, la cui inadeguatezza è talmente macroscopica da indurre sentimenti di umana comprensione. Il problema è chi ce l'ha messa, chi ha tollerato le conferenze stampa in cui altri rispondevano alle domande che le venivano rivolte, chi l'ha autorizzata a promettere un referendum sui giochi olimpici e poi a far finta di non averlo mai detto, chi s'è preso gioco dei cittadini e del loro voto plebiscitario. Tutto questo ha un costo, è uno spreco, comporta nuova spesa per eleggere qualcuno che, almeno lontanamente, somigli a un sindaco. Non è un incidente di percorso, ma la prova del frinire mendace.
Vabbé, passerà. Non ci scommetterei. Non nel tempo necessario. Quando i partiti della prima Repubblica subirono la concorrenza degli ecologisti ci misero lustri prima di liberarsi di un'ipocrisia verde che ancora paghiamo in bolletta. Quando quelli della seconda si trovano alle prese con il federalismo leghista fecero follie, fino al disastroso cambiamento del titolo quinto della Costituzione, voluto dalla sinistra intenzionata a competere con quel sentimento. E ora che scoppia il fenomeno dell'antipolitica sono tutti lì a fare i politici antipolitici, con Matteo Renzi che pensava anche di governare e ri-riformare la Costituzione, usando quegli argomenti. La discesa sarà lenta, anche perché la contaminazione è stata vasta. Questo, però, non riguarda solo i politici, ma ciascuno di noi, cittadini ed elettori: fin quando non si sarà disposti ad ascoltare e aiutare idee serie, non ridotte a omogeneizzato predigerito di battutine che scoppiettano come petarducci tarocchi, fin quando si riterrà che essere contro sia più utile che chiedersi a cosa essere favorevoli, meriteremo tutti d'essere presi in giro. E dal Campidoglio giunge lo spettacolo grottesco di quanto si possa essere scemi nel farsi prendere in giro da roba di tal fatta.
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
Campidoglio, revisori bocciano il bilancio previsionale: “Sottostimati i debiti fuori bilancio”. Pd: “Prima volta nella storia”
Politica
Il presidente dell'Assemblea capitolina Marcello De Vito ha comunicato in consiglio il "parere non favorevole dell’Organismo di revisione economico-finanziaria del Comune" e ha comunicato "che per decisione della conferenza dei capigruppo la seduta odierna è stata tolta e la seduta di domani sconvocata". A finire sotto la lente d'ingrandimento dei revisori è stata la scarsa previsione di spesa per alcuni capitoli importanti per Roma Capitale
di F. Q. | 20 dicembre 2016
commenti ()
Rischia di slittare al 2017 l’approvazione del bilancio del Comune di Roma. L’Organismo di revisione economico-finanziaria del Campidoglio ha espresso parere negativo sul documento di previsione 2017-2019, il primo della giunta di Virginia Raggi. A finire sotto la lente d’ingrandimento dei revisori è stata la scarsa previsione di spesa per alcuni capitoli importanti per il Campidoglio. A dare l’annuncio è stato Marcello De Vito: “È stato depositato il parere dell’Oref e non è favorevole – ha detto in consiglio il presidente dell’assemblea capitolina – comunico ai colleghi che per decisione della conferenza dei capigruppo la seduta odierna è stata tolta e la seduta di domani sconvocata”, ha detto De Vito riaprendo la seduta dopo 4 ore di stop e sospendendola nuovamente.
di Lanaro e Sofia
L’amministrazione “non ha previsto gli interventi correttivi necessari e indispensabili agli equilibri di bilancio“, si legge nelle conclusioni dell’Oref. Che indica come il pareggio di bilancio sia stato raggiunto anche sulla base di “previsioni di entrate non strutturali” come le “concessioni edilizie, contravvenzioni, recupero evasione tributaria ecc.”. Manca un “adeguato e specifico programma di recupero delle entrate tributarie e patrimoniali dell’Ente”. L’amministrazione, inoltre, non ha seguito “le raccomandazioni del Mef e le previsioni del piano di rientro in riferimento alla razionalizzazione e/o alienazione delle partecipazioni in società che non svolgono attività per il raggiungimento dei fini istituzionali dell’Ente”. In pratica non ha provveduto alla riorganizzazione e alla dismissione delle partecipate.
I revisori rilevano, inoltre, una “non corretta previsione degli ingenti e imminenti oneri derivanti dai debiti fuori bilancio, dalla gestione del contenzioso in essere, dalle passività derivanti dalla gestione delle partecipate“; dalle passività potenziali relative alle garanzie rilasciate da Roma Capitale in relazione all’operazione “punti verde qualità“, dalla realizzazione della linea metropolitana C e dell’ammodernamento di quelle esistente”. L’organismo mette, inoltre, in guardia gli amministratori contro la tentazione di operare ulteriori tagli ai fondi destinati ai dipartimenti: “Ulteriori risparmi derivanti dalla razionalizzazione della spesa non appaiono possibili se non a danno della qualità dei servizi erogati dall’Ente ai cittadini”.
Per questi motivi l’Oref “ritiene non sufficienti gli spazi di finanza pubblica necessari al rispetto dell’equilibrio finanziario in relazione alle necessità che potrebbero rivelarsi rispetto al riconoscimento dei debiti fuori bilancio, alle passività potenziali comunque presenti e a tutte le altre criticità evidenziate nel presente parere ed esprime parere non favorevole, sulla proposta di approvazione del bilancio di previsione 2017-2019 e relativi allegati”.
“La Raggi rassegni le dimissioni, la loro improvvisazione uccide Roma – il capogruppo capitolino della lista Marchini, Alessandro Onorato – l’avevamo detto e non ci hanno voluto dar retta, questo bilancio manda in default la capitale d’Italia”. “Il fondo passività è sballato – prosegue Onorato – non copre i debiti fuori bilancio e le passività potenziali. Le municipalizzate sono fuori controllo, ha fatto bene l’Oref a dirlo chiaramente. Ora bisogna rifare il bilancio”.
Anche il Partito democratico con le parole della capogruppo Michela Di Biase definisce il parere dell’Oref “una bocciatura clamorosa” per la giunta Raggi. “Non era mai successo. Ora riportino la discussione sul bilancio in Aula e facciano quadrare i conti. La grande tessitura che dicevano sul bilancio non c’è stata, si rimettano al lavoro in tempi brevi”, ha detto Di Biase. “Il parere Oref sono 60 pagine, lo abbiamo avuto poco fa e dobbiamo studiarlo. In sostanza – ha concluso – il bilancio non rispetta gli spazi del Patto di stabilità“.
Politica
Il presidente dell'Assemblea capitolina Marcello De Vito ha comunicato in consiglio il "parere non favorevole dell’Organismo di revisione economico-finanziaria del Comune" e ha comunicato "che per decisione della conferenza dei capigruppo la seduta odierna è stata tolta e la seduta di domani sconvocata". A finire sotto la lente d'ingrandimento dei revisori è stata la scarsa previsione di spesa per alcuni capitoli importanti per Roma Capitale
di F. Q. | 20 dicembre 2016
commenti ()
Rischia di slittare al 2017 l’approvazione del bilancio del Comune di Roma. L’Organismo di revisione economico-finanziaria del Campidoglio ha espresso parere negativo sul documento di previsione 2017-2019, il primo della giunta di Virginia Raggi. A finire sotto la lente d’ingrandimento dei revisori è stata la scarsa previsione di spesa per alcuni capitoli importanti per il Campidoglio. A dare l’annuncio è stato Marcello De Vito: “È stato depositato il parere dell’Oref e non è favorevole – ha detto in consiglio il presidente dell’assemblea capitolina – comunico ai colleghi che per decisione della conferenza dei capigruppo la seduta odierna è stata tolta e la seduta di domani sconvocata”, ha detto De Vito riaprendo la seduta dopo 4 ore di stop e sospendendola nuovamente.
di Lanaro e Sofia
L’amministrazione “non ha previsto gli interventi correttivi necessari e indispensabili agli equilibri di bilancio“, si legge nelle conclusioni dell’Oref. Che indica come il pareggio di bilancio sia stato raggiunto anche sulla base di “previsioni di entrate non strutturali” come le “concessioni edilizie, contravvenzioni, recupero evasione tributaria ecc.”. Manca un “adeguato e specifico programma di recupero delle entrate tributarie e patrimoniali dell’Ente”. L’amministrazione, inoltre, non ha seguito “le raccomandazioni del Mef e le previsioni del piano di rientro in riferimento alla razionalizzazione e/o alienazione delle partecipazioni in società che non svolgono attività per il raggiungimento dei fini istituzionali dell’Ente”. In pratica non ha provveduto alla riorganizzazione e alla dismissione delle partecipate.
I revisori rilevano, inoltre, una “non corretta previsione degli ingenti e imminenti oneri derivanti dai debiti fuori bilancio, dalla gestione del contenzioso in essere, dalle passività derivanti dalla gestione delle partecipate“; dalle passività potenziali relative alle garanzie rilasciate da Roma Capitale in relazione all’operazione “punti verde qualità“, dalla realizzazione della linea metropolitana C e dell’ammodernamento di quelle esistente”. L’organismo mette, inoltre, in guardia gli amministratori contro la tentazione di operare ulteriori tagli ai fondi destinati ai dipartimenti: “Ulteriori risparmi derivanti dalla razionalizzazione della spesa non appaiono possibili se non a danno della qualità dei servizi erogati dall’Ente ai cittadini”.
Per questi motivi l’Oref “ritiene non sufficienti gli spazi di finanza pubblica necessari al rispetto dell’equilibrio finanziario in relazione alle necessità che potrebbero rivelarsi rispetto al riconoscimento dei debiti fuori bilancio, alle passività potenziali comunque presenti e a tutte le altre criticità evidenziate nel presente parere ed esprime parere non favorevole, sulla proposta di approvazione del bilancio di previsione 2017-2019 e relativi allegati”.
“La Raggi rassegni le dimissioni, la loro improvvisazione uccide Roma – il capogruppo capitolino della lista Marchini, Alessandro Onorato – l’avevamo detto e non ci hanno voluto dar retta, questo bilancio manda in default la capitale d’Italia”. “Il fondo passività è sballato – prosegue Onorato – non copre i debiti fuori bilancio e le passività potenziali. Le municipalizzate sono fuori controllo, ha fatto bene l’Oref a dirlo chiaramente. Ora bisogna rifare il bilancio”.
Anche il Partito democratico con le parole della capogruppo Michela Di Biase definisce il parere dell’Oref “una bocciatura clamorosa” per la giunta Raggi. “Non era mai successo. Ora riportino la discussione sul bilancio in Aula e facciano quadrare i conti. La grande tessitura che dicevano sul bilancio non c’è stata, si rimettano al lavoro in tempi brevi”, ha detto Di Biase. “Il parere Oref sono 60 pagine, lo abbiamo avuto poco fa e dobbiamo studiarlo. In sostanza – ha concluso – il bilancio non rispetta gli spazi del Patto di stabilità“.
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
21 DIC 2016 20:23
TRAVAGLIO PRO RAGGI
– CARI GIORNALONI, GIUSTAMENTE VI SCANDALIZZATE DEI SOLDI “PRESTATI” DA SCARPELLINI A MARRA, PUBBLICO UFFICIALE
- BENE: CHI È QUEL SINDACO CHE PER TRE ANNI TRASFERÌ LA SUA RESIDENZA DA PONTASSIEVE A UNA CASA A DUE PASSI DA PALAZZO VECCHIO, DOVE PERÒ L'AFFITTO NON LO PAGAVA LUI, MA L'AMICO MARCO CARRAI, CHE VENIVA NOMINATO PRIMA A CAPO DELLA MUNICIPALIZZATA FIRENZE PARCHEGGI E POI DI AEROPORTI FIRENZE? -
Marco Travaglio per ''il Fatto Quotidiano'' - Estratto
In vista delle vacanze natalizie, ecco un bel gioco di società. Si chiama Giornalòpoli ed è una specie di Monòpoli, ma con una fondamentale differenza: il vincitore è noto prima ancora di cominciare a giocare.
Vincono sempre i partiti e perde sempre il M5S. Funziona così: si spara ogni giorno su tutti i 5Stelle e chiunque si trovi nei paraggi, così prima o poi qualcuno lo si azzecca ("Visto? L' avevamo detto"); i partiti invece hanno sempre ragione, a prescindere.
Se sono di destra, ogni scandalo è dato per scontato e non fa notizia: immunità da assuefazione.
Se si tratta del Pd, ogni scandalo resta in prima pagina un paio di giorni, poi viene superato da un altro, che però è sempre un' eccezione: suvvia, il più grande partito della sinistra europea ha migliaia di amministratori, qualche mela marcia può sempre sfuggire. Meglio sorvolare, sennò poi arrivano i populisti.
……………………………………………..
Quiz n. 2. Chi è quel grande manager poco fisionomista che non s' è accorto che gli appalti di Expo erano truccati da tre noti protagonisti di Tangentopoli, cioè Gianstefano Frigerio, Primo Greganti e Luigi Grillo? Quel grande manager poco perspicace di Expo che s' è visto arrestare tutti i suoi più fidati collaboratori (Angelo Paris, general manager constructions e responsabile acquisti: arrestato; Antonio Acerbo, subcommissario Expo delegato alle infrastrutture e responsabile del Padiglione Italia e delle vie d' acqua, finito ai domiciliari come Andrea Castellotti, facility manager di Palazzo Italia; invece Pietro Galli, direttore generale vendite, marketing e gestione, aveva già una condanna definitiva per bancarotta quando fu nominato)? Beppe Sala, naturalmente. Lui, a differenza della Raggi, per le nomine ha un fiuto da rabdomante.
Quiz n. 3. Ieri Marra e Scarpellini si son difesi dicendo che i soldi versati dal primo al secondo per comprare la casa erano solo un prestito finora non restituito. Ma, anche se fosse (ed è improbabile che lo sia), si sa che Marra è un pubblico ufficiale: e mai i pubblici ufficiali devono accettare soldi o regali da privati.
Indovina indovinello: chi è quel sindaco che per tre anni, dal 2011 al 2014, trasferì la sua residenza dalla sua casa di Pontassieve a un appartamento al quinto piano di via degli Alfani 8, a Firenze, a due passi da Palazzo Vecchio, dove però l' affitto non lo pagava lui, ma l' amico finanziere Marco Carrai, che intanto veniva nominato dal medesimo sindaco prima a capo della municipalizzata Firenze Parcheggi e poi di Aeroporti Firenze? Matteo Renzi.
Qualche arresto, qualche processo per corruzione? No, tutto archiviato. Questa parte del gioco si chiama "L'importanza di chiamarsi Matteo".
Banconote vere. L' ultima fase di Giornalopoli, molto simile al Monopoli, si gioca con le banconote. Ma non fac-simile: soldi veri. Tipo quelli versati da Expo, sotto forma di pagine pubblicitarie, alle testate che in questi giorni ci danno lezioni di libertà e indipendenza: 5 milioni alla Rai, 990 mila euro a Rcs, 900 mila a Repubblica, 850 mila a Mondadori e così via. Sono gli stessi gruppi editoriali che hanno gabellato per un epocale trionfo il superflop di Expo 2015 e il protagonista del disastro, Beppe Sala, per un grande manager alfiere della legalità e della trasparenza. Quella fessacchiotta della Raggi poteva fare altrettanto con Roma 2024, invece ha detto no. Peggio per lei.
La libera stampa ha perso i soldi e lei ha perso il gioco.
TRAVAGLIO PRO RAGGI
– CARI GIORNALONI, GIUSTAMENTE VI SCANDALIZZATE DEI SOLDI “PRESTATI” DA SCARPELLINI A MARRA, PUBBLICO UFFICIALE
- BENE: CHI È QUEL SINDACO CHE PER TRE ANNI TRASFERÌ LA SUA RESIDENZA DA PONTASSIEVE A UNA CASA A DUE PASSI DA PALAZZO VECCHIO, DOVE PERÒ L'AFFITTO NON LO PAGAVA LUI, MA L'AMICO MARCO CARRAI, CHE VENIVA NOMINATO PRIMA A CAPO DELLA MUNICIPALIZZATA FIRENZE PARCHEGGI E POI DI AEROPORTI FIRENZE? -
Marco Travaglio per ''il Fatto Quotidiano'' - Estratto
In vista delle vacanze natalizie, ecco un bel gioco di società. Si chiama Giornalòpoli ed è una specie di Monòpoli, ma con una fondamentale differenza: il vincitore è noto prima ancora di cominciare a giocare.
Vincono sempre i partiti e perde sempre il M5S. Funziona così: si spara ogni giorno su tutti i 5Stelle e chiunque si trovi nei paraggi, così prima o poi qualcuno lo si azzecca ("Visto? L' avevamo detto"); i partiti invece hanno sempre ragione, a prescindere.
Se sono di destra, ogni scandalo è dato per scontato e non fa notizia: immunità da assuefazione.
Se si tratta del Pd, ogni scandalo resta in prima pagina un paio di giorni, poi viene superato da un altro, che però è sempre un' eccezione: suvvia, il più grande partito della sinistra europea ha migliaia di amministratori, qualche mela marcia può sempre sfuggire. Meglio sorvolare, sennò poi arrivano i populisti.
……………………………………………..
Quiz n. 2. Chi è quel grande manager poco fisionomista che non s' è accorto che gli appalti di Expo erano truccati da tre noti protagonisti di Tangentopoli, cioè Gianstefano Frigerio, Primo Greganti e Luigi Grillo? Quel grande manager poco perspicace di Expo che s' è visto arrestare tutti i suoi più fidati collaboratori (Angelo Paris, general manager constructions e responsabile acquisti: arrestato; Antonio Acerbo, subcommissario Expo delegato alle infrastrutture e responsabile del Padiglione Italia e delle vie d' acqua, finito ai domiciliari come Andrea Castellotti, facility manager di Palazzo Italia; invece Pietro Galli, direttore generale vendite, marketing e gestione, aveva già una condanna definitiva per bancarotta quando fu nominato)? Beppe Sala, naturalmente. Lui, a differenza della Raggi, per le nomine ha un fiuto da rabdomante.
Quiz n. 3. Ieri Marra e Scarpellini si son difesi dicendo che i soldi versati dal primo al secondo per comprare la casa erano solo un prestito finora non restituito. Ma, anche se fosse (ed è improbabile che lo sia), si sa che Marra è un pubblico ufficiale: e mai i pubblici ufficiali devono accettare soldi o regali da privati.
Indovina indovinello: chi è quel sindaco che per tre anni, dal 2011 al 2014, trasferì la sua residenza dalla sua casa di Pontassieve a un appartamento al quinto piano di via degli Alfani 8, a Firenze, a due passi da Palazzo Vecchio, dove però l' affitto non lo pagava lui, ma l' amico finanziere Marco Carrai, che intanto veniva nominato dal medesimo sindaco prima a capo della municipalizzata Firenze Parcheggi e poi di Aeroporti Firenze? Matteo Renzi.
Qualche arresto, qualche processo per corruzione? No, tutto archiviato. Questa parte del gioco si chiama "L'importanza di chiamarsi Matteo".
Banconote vere. L' ultima fase di Giornalopoli, molto simile al Monopoli, si gioca con le banconote. Ma non fac-simile: soldi veri. Tipo quelli versati da Expo, sotto forma di pagine pubblicitarie, alle testate che in questi giorni ci danno lezioni di libertà e indipendenza: 5 milioni alla Rai, 990 mila euro a Rcs, 900 mila a Repubblica, 850 mila a Mondadori e così via. Sono gli stessi gruppi editoriali che hanno gabellato per un epocale trionfo il superflop di Expo 2015 e il protagonista del disastro, Beppe Sala, per un grande manager alfiere della legalità e della trasparenza. Quella fessacchiotta della Raggi poteva fare altrettanto con Roma 2024, invece ha detto no. Peggio per lei.
La libera stampa ha perso i soldi e lei ha perso il gioco.
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
...QUANDO LE SOCIETA' CROLLANO....
22 dic 2016 10:26
1. FERMI TUTTI! DALLE INTERCETTAZIONI DELLO SCANDALO CAMPIDOGLIO SPUNTA UNA RELAZIONE TRA LA RAGGI E IL SUO BRACCIO DESTRO, ORA RINNEGATO, RAFFAELE MARRA
2. ECCO PERCHE' CI SONO TANTI OMISSIS! LA RIVELAZIONE ARRIVA DA UN ALTRO PRESUNTO "FAVORITO" DELLA SINDACA, IL VICESINDACO EPURATO FRONGIA: "MA E' TUTTO FANGO"
Dall'intervista di Luca De Carolis a Daniele Frongia per "Il Fatto quotidiano"
[...] Cosa c`è negli omissis delle intercettazioni per l`inchiesta su Marra?
"So che raccontano di una relazione tra lui e la sindaca, ma è solo fango. È la terza o quarta relazione che le viene attribuita in questi mesi: e in questo c`è molto maschilismo".
22 dic 2016 10:26
1. FERMI TUTTI! DALLE INTERCETTAZIONI DELLO SCANDALO CAMPIDOGLIO SPUNTA UNA RELAZIONE TRA LA RAGGI E IL SUO BRACCIO DESTRO, ORA RINNEGATO, RAFFAELE MARRA
2. ECCO PERCHE' CI SONO TANTI OMISSIS! LA RIVELAZIONE ARRIVA DA UN ALTRO PRESUNTO "FAVORITO" DELLA SINDACA, IL VICESINDACO EPURATO FRONGIA: "MA E' TUTTO FANGO"
Dall'intervista di Luca De Carolis a Daniele Frongia per "Il Fatto quotidiano"
[...] Cosa c`è negli omissis delle intercettazioni per l`inchiesta su Marra?
"So che raccontano di una relazione tra lui e la sindaca, ma è solo fango. È la terza o quarta relazione che le viene attribuita in questi mesi: e in questo c`è molto maschilismo".
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
IlFattoQuotidiano.it / Politica
Roma, assessore Mazzillo: “Bilancio bocciato? Mi sento offeso, revisori non hanno esperienza”
Il titolare al Bilancio al Corriere della Sera commenta lo stop dell'Organismo di revisione economico-finanziaria al documento di previsione 2017 e attacca: "Si sono andati ad occupare di ambiti che riguardano la politica"
di F. Q. | 22 dicembre 2016
Il problema “sono i revisori” che “non hanno esperienza” e “si sono andati ad occupare di ambiti che riguardano la politica”. L’assessore al Bilancio della giunta M5s a Roma Andrea Mazzillo, dopo la bocciatura del documento di previsione 2017, al Corriere della Sera ha commentato lo stop arrivato dall’Organismo di revisione economico-finanziaria. “Se mi sento offeso? Sì. Il problema non è la mia esperienza, che è notevole”, ha detto. “Il problema sono i revisori: sono stati sorteggiati, non hanno esperienza in strutture complesse come il Comune di Roma. Magari non sono ben informati, altrimenti il parere sarebbe stato diverso”. Mazzillo ha preso il posto nelle scorse settimane del dimissionario Marcello Minenna e ora dice di essere sorpreso per la decisione dei tecnici di respingere il bilancio: “Dico solo che il ruolo dell’Oref è di supporto”.
L’assessore ha perplessità sui tempi e le modalità con cui è arrivato il giudizio: “Loro stanno all’interno del Comune, vicino alla Ragioneria. Siamo sorpresi di questo strano parere. C’hanno messo 33 giorni per esprimersi, il Regolamento ne prevede 30. Potevano chiedere approfondimenti, aspettare, integrare. Invece la procedura è stata insolita”. E ha aggiunto: “L’Oref non è una procura, non indaga. Ma tutela e garantisce l’organo contabile. Devono condividere le scelte. L’hanno fatto per altri documenti in cui erano presenti le stesse criticità di oggi. Anche con Tronca hanno approvato il bilancio 2016. Voglio dire: i debiti sono gli stessi, la legge è rispettata, si apprezza pure il principio di prudenza che ha ispirato la stesura”. Per Mazzillo i revisori “si sono andati ad occupare di ambiti che riguardano la politica”.
Roma, assessore Mazzillo: “Bilancio bocciato? Mi sento offeso, revisori non hanno esperienza”
Il titolare al Bilancio al Corriere della Sera commenta lo stop dell'Organismo di revisione economico-finanziaria al documento di previsione 2017 e attacca: "Si sono andati ad occupare di ambiti che riguardano la politica"
di F. Q. | 22 dicembre 2016
Il problema “sono i revisori” che “non hanno esperienza” e “si sono andati ad occupare di ambiti che riguardano la politica”. L’assessore al Bilancio della giunta M5s a Roma Andrea Mazzillo, dopo la bocciatura del documento di previsione 2017, al Corriere della Sera ha commentato lo stop arrivato dall’Organismo di revisione economico-finanziaria. “Se mi sento offeso? Sì. Il problema non è la mia esperienza, che è notevole”, ha detto. “Il problema sono i revisori: sono stati sorteggiati, non hanno esperienza in strutture complesse come il Comune di Roma. Magari non sono ben informati, altrimenti il parere sarebbe stato diverso”. Mazzillo ha preso il posto nelle scorse settimane del dimissionario Marcello Minenna e ora dice di essere sorpreso per la decisione dei tecnici di respingere il bilancio: “Dico solo che il ruolo dell’Oref è di supporto”.
L’assessore ha perplessità sui tempi e le modalità con cui è arrivato il giudizio: “Loro stanno all’interno del Comune, vicino alla Ragioneria. Siamo sorpresi di questo strano parere. C’hanno messo 33 giorni per esprimersi, il Regolamento ne prevede 30. Potevano chiedere approfondimenti, aspettare, integrare. Invece la procedura è stata insolita”. E ha aggiunto: “L’Oref non è una procura, non indaga. Ma tutela e garantisce l’organo contabile. Devono condividere le scelte. L’hanno fatto per altri documenti in cui erano presenti le stesse criticità di oggi. Anche con Tronca hanno approvato il bilancio 2016. Voglio dire: i debiti sono gli stessi, la legge è rispettata, si apprezza pure il principio di prudenza che ha ispirato la stesura”. Per Mazzillo i revisori “si sono andati ad occupare di ambiti che riguardano la politica”.
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
3 gen 2017 12:00
1. PANICO SUL BLOG DI GRILLO: ''ORA POSSO DIRE 'LADRO' A UN PIDDINO INDAGATO?''. IL NUOVO CODICE GARANTISTA (NEL SENSO CHE DECIDE SOLO IL GARANTE, BEPPE), MANDA IN TILT LA BASE
2. MOLTI SONO FAVOREVOLI ALLA ''SVOLTA'', ANCHE PERCHÉ CONVINTI DI UN ACCANIMENTO (CHE C'È) CONTRO LA RAGGI, ALTRI TEMONO DI FARE LA FINE DEI PURI CHE VENGONO EPURATI
3. TRANQUILLI: COME SANNO QUELLI SILURATI PERCHÉ APPARSI IN TV, O PERCHÉ INDAGATI (VEDI QUARTO E PIZZAROTTI) LE REGOLE SERVONO PER TUTELARE GLI AMICI E CACCIARE I NEMICI
4. PER RISPONDERE ALLE CRITICHE, LA COMUNICAZIONE DEL M5S PREPARA UNA CAMPAGNA CON LE FOTO DEI POLITICI CONDANNATI DEGLI ALTRI PARTITI: ''CON NOI SAREBBE STATO ESPULSO''
1. TUTTI I DUBBI SUL BLOG: POTREMO DIRE LADRI AI PD INQUISITI?
Mauro Favale per ''la Repubblica''
Se io ora volessi dare del ladro e farabutto ad un "piddino", come mi devo comportare? Devo attendere che sia condannato in primo grado, oppure posso dargli del ladro appena riceve l' avviso? Posso subito urlare chiedendo le sue dimissioni, o devo pazientare fino alla sentenza? Sono confuso. L' utente "Ian Solo" si è scelto il nome dell' indimenticato personaggio di Guerre Stellari e, sul blog di Beppe Grillo, commenta il "Codice di comportamento del M5S in caso di coinvolgimento in vicende giudiziarie".
Un regolamento che, in alcuni casi, ha spiazzato gli attivisti a 5 Stelle, solitamente in linea con le direttive del fondatore. Ieri, però, tra i numerosi pareri favorevoli alla "svolta garantista" necessaria, secondo diversi commentatori, in presenza di procure politicizzate e di chi vuole mettere fuori legge l' M5S, sul blog sono comparse critiche e appunti espressi non solo da utenti esplicitamente schierati contro il Movimento.
Questa vi sembra una "legge uguale per tutti"? - scrive un attivista - A seconda della gravità, il garante e i probiviri faranno le loro valutazioni in totale autonomia? Ma cosa state dicendo?. L' utente Gianni Baglioni, da San Donato Milanese, è un nostalgico dei "vecchi tempi": Non si può cambiare adesso la politica del movimento. Le regole devono rimanere come erano. Cambiare adeso sembra opportunismo . Lo dice anche Filippo Burgio nel suo commento: Noi del M5S dobbiamo rimanere quelli che eravamo e quelli che siamo "intransigenti sulle questioni etiche e morali" .
Persino i più allineati non lesinano suggerimenti e pure qualche dubbio sul nuovo regolamento. Specie sulla parte che assegna al "garante" del M5S e ai probiviri la valutazione discrezionale degli avvisi di garanzia: Avrei lasciato più spazio alla rete e meno a quattro o cinque soggetti in croce con larghe possibilità decisionali, scrive Renato M. da San Mauro Pascoli. Un altro si chiede se questi benedetti avvisi di garanzia non si potrebbero proprio evitare?.
Anche perché, si rischia di essere equiparati agli altri politici contro cui si puntava il dito fino all' altro ieri: Se decidiamo di volta in volta chi sì e chi no, a questo punto dobbiamo tollerare anche gli avvisi a persone di altri partiti. Un bel cambio rispetto al passato. Lo sa Raffaella Paita, candidata alle Regionali in Liguria nel 2015, allora indagata, che oggi dice: Io me li ricordo il garante Beppe, Alice Salvatore e compagnia bella gridarmi "Paita ritirati" sui loro blog in cui cacciano le streghe. Poi sono stata assolta e tutti muti. Ora cambiano linea: l' avviso di garanzia è una condanna solo per chi decidono loro.
2. UNO SCUDO IN MANO AL CAPO "COSÌ GESTIREMO IL CASO RAGGI QUALUNQUE COSA ACCADA"
Tommaso Ciriaco per ''la Repubblica''
Vedrete le nuove regole, ci permetteranno di gestire la Raggi qualsiasi cosa accada. E noi potremo dividere la nostra strada dalla sua in qualsiasi momento . La svolta era nell' aria, anticipata da Beppe Grillo ai big che l' avevano raggiunto al telefono per i tradizionali auguri di Natale. Un codice etico cucito su misura per la sindaca di Roma. O, meglio ancora, una camicia di forza in grado di soffocare ogni mossa autonoma di Virginia, soprattutto se la situazione dovesse sfuggire di mano.
Da settimane, nella galassia cinquestelle si rincorrono voci non confermate su almeno un avviso di garanzia in arrivo a carico della sindaca. Forse già nei prossimi giorni, comunque prima dell' avvio della campagna elettorale per le politiche. Soltanto veleni o spettri in carne ed ossa? Comunque un incubo, per chi ambisce a issare la bandiera del Movimento su Palazzo Chigi. L' unica via d' uscita, allora, è quella che sfoggia il marchio della Casaleggio associati, dopo un puntiglioso check legale con un team di avvocati.
Toccherà al comico decidere se lasciar correre un' indagine nei confronti di un grillino, se pretendere invece l' autosospensione o spingersi addirittura verso una clamorosa cacciata. Vale per tutti, anche per Raggi. E d' altra parte - continua a ripetere in privato il leader - questa discrezionalità l' ho voluta io. La mia sarà una scelta morale e politica . Di certo, regalerà ai cinquestelle tempo prezioso, mettendo in cassaforte due obiettivi vitali: non mostrarsi inerti di fronte alla inchieste e rimandare a dopo le elezioni la resa dei conti con l' avvocatessa che si è fatta le ossa nello studio Previti.
E' l' anno zero del grillismo, necessario dopo il caso Quarto e l' inciampo del livornese Filippo Nogarin. Un frullato di garantismo e giustizialismo in cui l' unico punto fermo si chiama Grillo: decide tutto lui. Dovevamo essere più chiari dall' inizio sugli avvisi di garanzia, è stato il ragionamento del Fondatore. Lo stesso condensato in un recente post voluto da Davide Casaleggio, in cui si affermava clamorosamente: Ci stanno combattendo con tutte le armi, comprese le denunce facili che comunque comportano atti dovuti come l' iscrizione nel registro degli indagati o gli avvisi di garanzia.
Nessuno pensi di poterci fermare così. Il vero motore dell' accelerazione è però Luigi Di Maio. Fu il primo a intuire la portata del problema, profetizzando davanti al suo studio di Montecitorio: Siamo a un passo dal conquistare Roma e vicini al governo del Paese. Diciamo che esiste una questione di garantismo che dobbiamo affrontare. L' obiettivo è trovare le soluzioni migliori, caso per caso .
Ecco, qual è la via d' uscita meno impervia per un eventuale caso Raggi? Grillo pretende mani libere, innanzitutto. Per questo si attribuisce un potere pressoché assoluto. E intanto elabora la strategia: non muoverà un dito contro la sindaca di fronte a eventuali accuse legate a vicende minori, a meno che una feroce campagna mediatica non la travolga. Ma non si accontenterà dell' autosospensione di fronte a circostanze inopportune o, peggio, gravi.
Basterà questo prontuario a fronteggiare d' ora in avanti avvisi di garanzia e prescrizioni? Forse. I grillini, intanto, devono fare i conti con le accuse degli avversari. Per uscire dall' angolo, allora, studiano una campagna anti dem. L' idea è di rilanciare la foto di un indagato pd per gravi reati, accompagnata da uno slogan che suona più o meno così: Con noi sarebbe già stato espulso.
E già, perché proprio l' accusa di mostrarsi cedevoli rispetto ai fasti giustizialisti del passato tiene in allarme il quartier generale milanese. Non a caso, dopo essersi consultati Grillo e Di Maio hanno deciso di mettere in votazione il codice proprio durante la pausa festiva, in modo da aggirare i mal di pancia degli ortodossi meno inclini al garantismo.
Indietro non si torna, questo è certo. Lo si intuisce scorrendo i commenti sul blog e le feroci accuse di chi già domanda preoccupato: E adesso se arriva un avviso di garanzia a uno del Pd non possiamo più chiamarlo ladro?.
A ben guardare, però, la direzione era già chiara alcuni mesi fa.
Fu quando Gino Paoli, amico personale del comico, si ritrovò indagato per evasione fiscale. Grillo prese subito le sue difese, pubblicamente. Sbatti il mostro in prima pagina, denunciò. In privato, riferiscono, fu ancora più esplicito: Non staremo sbagliando, a cavalcare questi avvisi di garanzia?.
1. PANICO SUL BLOG DI GRILLO: ''ORA POSSO DIRE 'LADRO' A UN PIDDINO INDAGATO?''. IL NUOVO CODICE GARANTISTA (NEL SENSO CHE DECIDE SOLO IL GARANTE, BEPPE), MANDA IN TILT LA BASE
2. MOLTI SONO FAVOREVOLI ALLA ''SVOLTA'', ANCHE PERCHÉ CONVINTI DI UN ACCANIMENTO (CHE C'È) CONTRO LA RAGGI, ALTRI TEMONO DI FARE LA FINE DEI PURI CHE VENGONO EPURATI
3. TRANQUILLI: COME SANNO QUELLI SILURATI PERCHÉ APPARSI IN TV, O PERCHÉ INDAGATI (VEDI QUARTO E PIZZAROTTI) LE REGOLE SERVONO PER TUTELARE GLI AMICI E CACCIARE I NEMICI
4. PER RISPONDERE ALLE CRITICHE, LA COMUNICAZIONE DEL M5S PREPARA UNA CAMPAGNA CON LE FOTO DEI POLITICI CONDANNATI DEGLI ALTRI PARTITI: ''CON NOI SAREBBE STATO ESPULSO''
1. TUTTI I DUBBI SUL BLOG: POTREMO DIRE LADRI AI PD INQUISITI?
Mauro Favale per ''la Repubblica''
Se io ora volessi dare del ladro e farabutto ad un "piddino", come mi devo comportare? Devo attendere che sia condannato in primo grado, oppure posso dargli del ladro appena riceve l' avviso? Posso subito urlare chiedendo le sue dimissioni, o devo pazientare fino alla sentenza? Sono confuso. L' utente "Ian Solo" si è scelto il nome dell' indimenticato personaggio di Guerre Stellari e, sul blog di Beppe Grillo, commenta il "Codice di comportamento del M5S in caso di coinvolgimento in vicende giudiziarie".
Un regolamento che, in alcuni casi, ha spiazzato gli attivisti a 5 Stelle, solitamente in linea con le direttive del fondatore. Ieri, però, tra i numerosi pareri favorevoli alla "svolta garantista" necessaria, secondo diversi commentatori, in presenza di procure politicizzate e di chi vuole mettere fuori legge l' M5S, sul blog sono comparse critiche e appunti espressi non solo da utenti esplicitamente schierati contro il Movimento.
Questa vi sembra una "legge uguale per tutti"? - scrive un attivista - A seconda della gravità, il garante e i probiviri faranno le loro valutazioni in totale autonomia? Ma cosa state dicendo?. L' utente Gianni Baglioni, da San Donato Milanese, è un nostalgico dei "vecchi tempi": Non si può cambiare adesso la politica del movimento. Le regole devono rimanere come erano. Cambiare adeso sembra opportunismo . Lo dice anche Filippo Burgio nel suo commento: Noi del M5S dobbiamo rimanere quelli che eravamo e quelli che siamo "intransigenti sulle questioni etiche e morali" .
Persino i più allineati non lesinano suggerimenti e pure qualche dubbio sul nuovo regolamento. Specie sulla parte che assegna al "garante" del M5S e ai probiviri la valutazione discrezionale degli avvisi di garanzia: Avrei lasciato più spazio alla rete e meno a quattro o cinque soggetti in croce con larghe possibilità decisionali, scrive Renato M. da San Mauro Pascoli. Un altro si chiede se questi benedetti avvisi di garanzia non si potrebbero proprio evitare?.
Anche perché, si rischia di essere equiparati agli altri politici contro cui si puntava il dito fino all' altro ieri: Se decidiamo di volta in volta chi sì e chi no, a questo punto dobbiamo tollerare anche gli avvisi a persone di altri partiti. Un bel cambio rispetto al passato. Lo sa Raffaella Paita, candidata alle Regionali in Liguria nel 2015, allora indagata, che oggi dice: Io me li ricordo il garante Beppe, Alice Salvatore e compagnia bella gridarmi "Paita ritirati" sui loro blog in cui cacciano le streghe. Poi sono stata assolta e tutti muti. Ora cambiano linea: l' avviso di garanzia è una condanna solo per chi decidono loro.
2. UNO SCUDO IN MANO AL CAPO "COSÌ GESTIREMO IL CASO RAGGI QUALUNQUE COSA ACCADA"
Tommaso Ciriaco per ''la Repubblica''
Vedrete le nuove regole, ci permetteranno di gestire la Raggi qualsiasi cosa accada. E noi potremo dividere la nostra strada dalla sua in qualsiasi momento . La svolta era nell' aria, anticipata da Beppe Grillo ai big che l' avevano raggiunto al telefono per i tradizionali auguri di Natale. Un codice etico cucito su misura per la sindaca di Roma. O, meglio ancora, una camicia di forza in grado di soffocare ogni mossa autonoma di Virginia, soprattutto se la situazione dovesse sfuggire di mano.
Da settimane, nella galassia cinquestelle si rincorrono voci non confermate su almeno un avviso di garanzia in arrivo a carico della sindaca. Forse già nei prossimi giorni, comunque prima dell' avvio della campagna elettorale per le politiche. Soltanto veleni o spettri in carne ed ossa? Comunque un incubo, per chi ambisce a issare la bandiera del Movimento su Palazzo Chigi. L' unica via d' uscita, allora, è quella che sfoggia il marchio della Casaleggio associati, dopo un puntiglioso check legale con un team di avvocati.
Toccherà al comico decidere se lasciar correre un' indagine nei confronti di un grillino, se pretendere invece l' autosospensione o spingersi addirittura verso una clamorosa cacciata. Vale per tutti, anche per Raggi. E d' altra parte - continua a ripetere in privato il leader - questa discrezionalità l' ho voluta io. La mia sarà una scelta morale e politica . Di certo, regalerà ai cinquestelle tempo prezioso, mettendo in cassaforte due obiettivi vitali: non mostrarsi inerti di fronte alla inchieste e rimandare a dopo le elezioni la resa dei conti con l' avvocatessa che si è fatta le ossa nello studio Previti.
E' l' anno zero del grillismo, necessario dopo il caso Quarto e l' inciampo del livornese Filippo Nogarin. Un frullato di garantismo e giustizialismo in cui l' unico punto fermo si chiama Grillo: decide tutto lui. Dovevamo essere più chiari dall' inizio sugli avvisi di garanzia, è stato il ragionamento del Fondatore. Lo stesso condensato in un recente post voluto da Davide Casaleggio, in cui si affermava clamorosamente: Ci stanno combattendo con tutte le armi, comprese le denunce facili che comunque comportano atti dovuti come l' iscrizione nel registro degli indagati o gli avvisi di garanzia.
Nessuno pensi di poterci fermare così. Il vero motore dell' accelerazione è però Luigi Di Maio. Fu il primo a intuire la portata del problema, profetizzando davanti al suo studio di Montecitorio: Siamo a un passo dal conquistare Roma e vicini al governo del Paese. Diciamo che esiste una questione di garantismo che dobbiamo affrontare. L' obiettivo è trovare le soluzioni migliori, caso per caso .
Ecco, qual è la via d' uscita meno impervia per un eventuale caso Raggi? Grillo pretende mani libere, innanzitutto. Per questo si attribuisce un potere pressoché assoluto. E intanto elabora la strategia: non muoverà un dito contro la sindaca di fronte a eventuali accuse legate a vicende minori, a meno che una feroce campagna mediatica non la travolga. Ma non si accontenterà dell' autosospensione di fronte a circostanze inopportune o, peggio, gravi.
Basterà questo prontuario a fronteggiare d' ora in avanti avvisi di garanzia e prescrizioni? Forse. I grillini, intanto, devono fare i conti con le accuse degli avversari. Per uscire dall' angolo, allora, studiano una campagna anti dem. L' idea è di rilanciare la foto di un indagato pd per gravi reati, accompagnata da uno slogan che suona più o meno così: Con noi sarebbe già stato espulso.
E già, perché proprio l' accusa di mostrarsi cedevoli rispetto ai fasti giustizialisti del passato tiene in allarme il quartier generale milanese. Non a caso, dopo essersi consultati Grillo e Di Maio hanno deciso di mettere in votazione il codice proprio durante la pausa festiva, in modo da aggirare i mal di pancia degli ortodossi meno inclini al garantismo.
Indietro non si torna, questo è certo. Lo si intuisce scorrendo i commenti sul blog e le feroci accuse di chi già domanda preoccupato: E adesso se arriva un avviso di garanzia a uno del Pd non possiamo più chiamarlo ladro?.
A ben guardare, però, la direzione era già chiara alcuni mesi fa.
Fu quando Gino Paoli, amico personale del comico, si ritrovò indagato per evasione fiscale. Grillo prese subito le sue difese, pubblicamente. Sbatti il mostro in prima pagina, denunciò. In privato, riferiscono, fu ancora più esplicito: Non staremo sbagliando, a cavalcare questi avvisi di garanzia?.
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
DAL BLOG DI gRILLO
Il Movimento 5 stelle è una garanzia per i cittadini", continua il post. Il codice etico "rappresenta una svolta garantista? falso. E' un'altra bufala di giornali e tv. Il Movimento 5 Stelle garantisce ai cittadini che chi tra i suoi eletti non rispetta i principi a cui ha aderito come portavoce viene messo fuori dalla porta. Non aspettiamo il terzo grado di giudizio. Nel Movimento 5 stelle già al primo grado si prevede l'espulsione. Se nel çPd si applicasse lo stesso nostro codice, non resterebbe quasi più nessuno. Perché non lo fanno?"
"Da noi, a differenza del Pd - attacca il M5s - non c'è spazio per personaggi condannati o anche solo indagati per reati gravi come associazione a delinquere, corruzione, concussione, voto di scambio politico mafioso, truffa, turbativa d'asta, reati gravi contro la PA, ecc. I nostri eletti che hanno una condotta o un comportamento politico o sociale riprovevole ed eticamente censurabile, a prescindere dall'esito di un procedimento penale, vengono sanzionati e nei casi più gravi cacciati. Per esempio De Luca, dopo l'oscena pagliacciata delle fritture di pesce in cambio di voti al referendum costituzionale, non sarebbe durato mezza giornata di più". Gli esponenti dem, invece, "della costituzione vogliono rispettare solo le parti che interessano loro".
"L'incarico pubblico ricoperto dai nostri eletti - sottolinea il blog di Grillo - deve perseguire solo l'interesse collettivo e dello stato. Il vincolo di rappresentanza popolare e le regole di comportamento degli eletti del movimento 5 stelle non devono essere viziati da condotte lesive dei doveri e principi di fedeltà sanciti dalla costituzione ed in particolare dall'articolo 54. I partiti politici, in particolare il Pd, attraverso i propri eletti e amministratori, hanno violentato a più riprese questi principi minimi di dignità".
"Le regole - conclude il post - vanno previste e soprattutto fatte rispettare. Il movimento 5 stelle è l'unico che lo fa, una garanzia per i cittadini che ci sostengono".
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Purtroppo quanto scrive è tutto vero, ma
Pizzarotti giustamente dice: "Nel M5s ho visto molti yesman e pochi politici".
Il Movimento 5 stelle è una garanzia per i cittadini", continua il post. Il codice etico "rappresenta una svolta garantista? falso. E' un'altra bufala di giornali e tv. Il Movimento 5 Stelle garantisce ai cittadini che chi tra i suoi eletti non rispetta i principi a cui ha aderito come portavoce viene messo fuori dalla porta. Non aspettiamo il terzo grado di giudizio. Nel Movimento 5 stelle già al primo grado si prevede l'espulsione. Se nel çPd si applicasse lo stesso nostro codice, non resterebbe quasi più nessuno. Perché non lo fanno?"
"Da noi, a differenza del Pd - attacca il M5s - non c'è spazio per personaggi condannati o anche solo indagati per reati gravi come associazione a delinquere, corruzione, concussione, voto di scambio politico mafioso, truffa, turbativa d'asta, reati gravi contro la PA, ecc. I nostri eletti che hanno una condotta o un comportamento politico o sociale riprovevole ed eticamente censurabile, a prescindere dall'esito di un procedimento penale, vengono sanzionati e nei casi più gravi cacciati. Per esempio De Luca, dopo l'oscena pagliacciata delle fritture di pesce in cambio di voti al referendum costituzionale, non sarebbe durato mezza giornata di più". Gli esponenti dem, invece, "della costituzione vogliono rispettare solo le parti che interessano loro".
"L'incarico pubblico ricoperto dai nostri eletti - sottolinea il blog di Grillo - deve perseguire solo l'interesse collettivo e dello stato. Il vincolo di rappresentanza popolare e le regole di comportamento degli eletti del movimento 5 stelle non devono essere viziati da condotte lesive dei doveri e principi di fedeltà sanciti dalla costituzione ed in particolare dall'articolo 54. I partiti politici, in particolare il Pd, attraverso i propri eletti e amministratori, hanno violentato a più riprese questi principi minimi di dignità".
"Le regole - conclude il post - vanno previste e soprattutto fatte rispettare. Il movimento 5 stelle è l'unico che lo fa, una garanzia per i cittadini che ci sostengono".
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Purtroppo quanto scrive è tutto vero, ma
Pizzarotti giustamente dice: "Nel M5s ho visto molti yesman e pochi politici".
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
Politica
M5S, tribunali del popolo e beatificazione della Raggi. Che succede ai grillini?
di Pierfranco Pellizzetti | 4 gennaio 2017
commenti (155)
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Più informazioni su: Beppe Grillo, Movimento 5 Stelle
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Pierfranco Pellizzetti
Saggista
Post | Articoli
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Non hanno torto quanti sottolineano che la presenza Cinquestelle ha fatto da barriera al dilagare anche in Italia del lepenismo o (se è possibile) perfino di peggio.
Questo non impedisce all’osservatore, non pregiudizialmente ostile, di rilevare il grave spreco di potenzialità rifondative della politica da parte del monopolista detentore dell’area indignata nel nostro Paese; più che il generico Movimento, il pool di controllo: Beppe Grillo e lo Staff. Mentre avanzano segnali di ulteriore aggravamento dello spreco in atto, in larga misura determinato da tratti psicologici di sinergici destrismi autoritari: il delirio di onnipotenza che affligge Grillo, nella sua mutazione inarrestabile da tribuno a oracolo, la hubris manageriale afasica del giovane Casaleggio, intenzionato a difendere alla morte il business. Cui fa da contraltare la palese subalternità dei giovani eletti alle cariche di rappresentanza pubblica, che rivelano precoci (e francamente impreviste) pulsioni dorotee alla tutela di poltrone e poltroncine, acquisite grazie alla benevolenza dei Capi. E a questo si aggiunge l’inquietante sottomissione fideistica dei credenti al profetismo cinquestellare, rappresentato da quella sorta di pellegrinaggio al santuario, da parte del 91% su 41mila votanti, genuflesso al rito pagliaccesco del Codice Etico. Ovvero l’atto di cieca devozione nei confronti di El Supremo Beppe.
A questo punto si potrebbe ritenere che operi una sorta di ripartizione di compiti nel duopolio di governo del Movimento: il “penombra” milanese presidia la funzione del controllo, attento a mantenere in funzione le rendite di posizione acquisite. Opera il cui palese esempio è la messa in cantiere dell’operazione “Giovanna d’Arco” per la beatificazione (e quindi il salvataggio) di una Virginia Raggi avvinghiata alla sede capitolina come un mitile allo scoglio. Quanto dimostrano i suoi movimenti sottotraccia per mettere fuori uso il contratto sottoscritto al momento della candidatura a sindaco e delle relative penali in caso di disobbedienza allo Staff.
Da qui la necessità di trasformare mediaticamente un’imbarazzante inadeguata nella pulzella avversata da ipotetici Poteri Forti, che vorrebbero trascinarla al rogo.
Nel frattempo, dalla collina Vip di Sant’Ilario, “l’inventore del mugugno gridato” si applica ad attizzare il parossismo dei fedeli con proclami terroristici contro qualche Male assoluto. Tipo l’orrida quanto puerile pensata di proporre un nuovo tribunale del popolo inquisitore sull’informazione, che – probabilmente in tono caricaturale alla Napalm51, ma non si sa mai – riporta alla mente allucinanti esempi di eruzioni cieche del fanatismo assembleare: dal Terrore robespierriano alle Rivoluzioni Culturali maoiste. Il modo migliore per offrire il destro – questa volta sì – all’establishment nel riproporre la truffa lessicale del “populismo” (ovvero la reazione alle politiche anti-popolari) come estrema degenerazione della democrazia; in effetti, virata dagli oligarchi in Postdemocrazia e oggi in Democratura. Operazione a cui l’insipienza grillesca offre la migliore copertura immaginabile. Con un ulteriore effetto, ancora più grave; che potrebbe far presagire la definitiva involuzione, e conseguente arresto di spinta propulsiva, di un soggetto politico da cui ci si attendeva ben altro: la perdita di contatto con l’elettorato di opinione; quello che, assommandosi al consenso di appartenenza, aveva dato vento alle vele della crescita M5S.
Chi scrive non vede proprio una nuova trasmigrazione della domanda di alternativa verso qualcosa che assomigli agli altri partiti in campo. Semmai prevede dispersioni e astensionismi. C’è un piccolo esempio delle mie parti su cui gli strateghi stellari dovrebbero riflettere: le amministrative dell’anno scorso a Savona. Bastò che una lista civica di disturbo conquistasse l’8% dei suffragi per fare sì che il vincitore annunciato M5S non arrivasse neppure ai ballottaggi.
M5S, tribunali del popolo e beatificazione della Raggi. Che succede ai grillini?
di Pierfranco Pellizzetti | 4 gennaio 2017
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Pierfranco Pellizzetti
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Non hanno torto quanti sottolineano che la presenza Cinquestelle ha fatto da barriera al dilagare anche in Italia del lepenismo o (se è possibile) perfino di peggio.
Questo non impedisce all’osservatore, non pregiudizialmente ostile, di rilevare il grave spreco di potenzialità rifondative della politica da parte del monopolista detentore dell’area indignata nel nostro Paese; più che il generico Movimento, il pool di controllo: Beppe Grillo e lo Staff. Mentre avanzano segnali di ulteriore aggravamento dello spreco in atto, in larga misura determinato da tratti psicologici di sinergici destrismi autoritari: il delirio di onnipotenza che affligge Grillo, nella sua mutazione inarrestabile da tribuno a oracolo, la hubris manageriale afasica del giovane Casaleggio, intenzionato a difendere alla morte il business. Cui fa da contraltare la palese subalternità dei giovani eletti alle cariche di rappresentanza pubblica, che rivelano precoci (e francamente impreviste) pulsioni dorotee alla tutela di poltrone e poltroncine, acquisite grazie alla benevolenza dei Capi. E a questo si aggiunge l’inquietante sottomissione fideistica dei credenti al profetismo cinquestellare, rappresentato da quella sorta di pellegrinaggio al santuario, da parte del 91% su 41mila votanti, genuflesso al rito pagliaccesco del Codice Etico. Ovvero l’atto di cieca devozione nei confronti di El Supremo Beppe.
A questo punto si potrebbe ritenere che operi una sorta di ripartizione di compiti nel duopolio di governo del Movimento: il “penombra” milanese presidia la funzione del controllo, attento a mantenere in funzione le rendite di posizione acquisite. Opera il cui palese esempio è la messa in cantiere dell’operazione “Giovanna d’Arco” per la beatificazione (e quindi il salvataggio) di una Virginia Raggi avvinghiata alla sede capitolina come un mitile allo scoglio. Quanto dimostrano i suoi movimenti sottotraccia per mettere fuori uso il contratto sottoscritto al momento della candidatura a sindaco e delle relative penali in caso di disobbedienza allo Staff.
Da qui la necessità di trasformare mediaticamente un’imbarazzante inadeguata nella pulzella avversata da ipotetici Poteri Forti, che vorrebbero trascinarla al rogo.
Nel frattempo, dalla collina Vip di Sant’Ilario, “l’inventore del mugugno gridato” si applica ad attizzare il parossismo dei fedeli con proclami terroristici contro qualche Male assoluto. Tipo l’orrida quanto puerile pensata di proporre un nuovo tribunale del popolo inquisitore sull’informazione, che – probabilmente in tono caricaturale alla Napalm51, ma non si sa mai – riporta alla mente allucinanti esempi di eruzioni cieche del fanatismo assembleare: dal Terrore robespierriano alle Rivoluzioni Culturali maoiste. Il modo migliore per offrire il destro – questa volta sì – all’establishment nel riproporre la truffa lessicale del “populismo” (ovvero la reazione alle politiche anti-popolari) come estrema degenerazione della democrazia; in effetti, virata dagli oligarchi in Postdemocrazia e oggi in Democratura. Operazione a cui l’insipienza grillesca offre la migliore copertura immaginabile. Con un ulteriore effetto, ancora più grave; che potrebbe far presagire la definitiva involuzione, e conseguente arresto di spinta propulsiva, di un soggetto politico da cui ci si attendeva ben altro: la perdita di contatto con l’elettorato di opinione; quello che, assommandosi al consenso di appartenenza, aveva dato vento alle vele della crescita M5S.
Chi scrive non vede proprio una nuova trasmigrazione della domanda di alternativa verso qualcosa che assomigli agli altri partiti in campo. Semmai prevede dispersioni e astensionismi. C’è un piccolo esempio delle mie parti su cui gli strateghi stellari dovrebbero riflettere: le amministrative dell’anno scorso a Savona. Bastò che una lista civica di disturbo conquistasse l’8% dei suffragi per fare sì che il vincitore annunciato M5S non arrivasse neppure ai ballottaggi.
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