Fermate il treno, voglio scendere.
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Re: Fermate il treno, voglio scendere.
Il M5s contro Minniti: “No ai Cie in ogni regione
Assumere laureati per identificare i migranti”
La linea del Movimento sull’immigrazione: “I centri che vuole il governo piacciono a Mafia Capitale”
CRITICA ANCHE LA CARITAS: “COSTOSI E INEFFICACI, ACCOGLIENZA SIA DIFFUSA SU TUTTO IL TERRITORIO”
Politica
Sono “inutili”, spesso sono “gestiti dalle mafie” e “piacciono a Mafia Capitale“. Per svuotare i centri d’accoglienza occorre “assumere migliaia di laureati in discipline giuridiche che possano identificare al più presto chi ha diritto all’asilo e chi no”. Con un post sul blog di Beppe Grillo il M5s prende posizione contro l’idea di riaprire i Centri di identificazione ed espulsione. Idea che non piace neanche a molti governatori. Secondo Debora Serracchiani, presidente del Friuli, serve “un’accoglienza diffusa” su tutto il territorio, per Luca Zaia (Veneto) “i centri vanno chiusi” e occorre “andare giù pesante con le espulsioni”
di F. Q.
Assumere laureati per identificare i migranti”
La linea del Movimento sull’immigrazione: “I centri che vuole il governo piacciono a Mafia Capitale”
CRITICA ANCHE LA CARITAS: “COSTOSI E INEFFICACI, ACCOGLIENZA SIA DIFFUSA SU TUTTO IL TERRITORIO”
Politica
Sono “inutili”, spesso sono “gestiti dalle mafie” e “piacciono a Mafia Capitale“. Per svuotare i centri d’accoglienza occorre “assumere migliaia di laureati in discipline giuridiche che possano identificare al più presto chi ha diritto all’asilo e chi no”. Con un post sul blog di Beppe Grillo il M5s prende posizione contro l’idea di riaprire i Centri di identificazione ed espulsione. Idea che non piace neanche a molti governatori. Secondo Debora Serracchiani, presidente del Friuli, serve “un’accoglienza diffusa” su tutto il territorio, per Luca Zaia (Veneto) “i centri vanno chiusi” e occorre “andare giù pesante con le espulsioni”
di F. Q.
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Re: Fermate il treno, voglio scendere.
CONTINUA
INVASIONE SENZA FINE
Sequestrati dai profughi
Gli italiani sono al limite
POLVERIERA ITALIA
LOMBARDIA
«Stanno costruendo un grande centro di accoglienza per 130 profughi a Montichiari, (Bs) all'interno dell'ex caserma Serini. E c'è un presidio fisso che dura da settimane - spiega la leghista Simona Bordonali, assessore alla Sicurezza, Protezione civile e Immigrazione in Regione -. La gente infatti non vuole assolutamente questo centro - continua Bordonali -. E a novembre 150 persone hanno fatto addirittura le barricate: davanti al cancello della caserma c'erano decine di bancali, accatastati uno sopra l'altro, quasi a impedire che il cancello potesse aprirsi. Senza parlare dei numerosi sit in». Tra le altre manifestazioni e comitati di cittadini contrari all'arrivo dei profughi va ricordato quello della caserma Montello, a Milano. «Si è costituito un comitato di cittadini della zona che ho personalmente incontrato, residenti tutti molto preoccupati e che sento in maniera continuativa rispetto alle problematiche di sicurezza della zona». Segnalazioni? Lamentele? «Mi arrivano da tutta la Lombardia - prosegue Bordonali - purtroppo rispetto alla ridistribuzione sul territorio dei richiedenti asilo Regione Lombardia non siede ai tavoli nazionali perché tutto è gestito dalle prefetture. Però quando riceviamo segnalazioni attiviamo i controlli delle aziende sanitarie e verifico generalmente di persona recandomi nelle strutture stesse». Una di queste strutture, però, l'assessore Bordonali e il consigliere comunale del Carroccio Alessandro Morelli, la scorsa estate sono riusciti a farla chiudere. «A seguito della segnalazioni ricevute dai residente che indicavano scarsa igiene nel centro d'accoglienza di via Balduccio da Pisa (zona Corvetto) - conclude l'assessore regionale alla Sicurezza e all' Immigrazione - io e Morelli abbiamo allertato i controlli dell'Ats. Così alla prefettura non è rimasto che revocare il contratto».
VENETO
Il Veneto scoppia. È già scoppiato. Le polveriere pronte a esplodere in terra veneta sono quattro: l'ex base militare di Conetta, nel veneziano, con quasi 1500 profughi, l'ex caserma San Siro di Bagnoli di Sopra nel padovano con 870 persone, l'ex caserma Zanusso di Oderzo, nel trevigiano, con 300 richiedenti asilo e l'ex Serena, a Dosson di Casier, sempre nel trevigiano che ha ormai occupato ben oltre la sua effettiva capienza. Fino a novembre scorso erano quasi 500. Il Veneto è la seconda regione, dopo la Lombardia, con più rifugiati. È oltre quota 14.500. E basta aggirarsi per qualche campo o qualche centro di accoglienza per capire la situazione. Migranti con gli occhi che sembrano essere sempre più cattivi. Dopo l'esplosione della rivolta a Conetta, la tensione è alta. I veneti hanno paura, anche solo a camminare per strada e in qualunque modo tentano di riprendersi la propria libertà. Come la settimana scorsa. Durante la fiaccolata di protesta contro la realizzazione di un centro di accoglienza nell'ex polveriera di Volpago del Montello (Treviso) è apparso in prima linea lo striscione «Benvenuti sul Montello: sarà il vostro inferno». L'ex polveriera, infatti, che dovrebbe ospitare circa cento richiedenti asilo, si appresterebbe a diventare il terzo hub della Marca Trevigiana. La situazione non è più sostenibile e i sindaci scendono sul piede di guerra. Come Gianluca Piva, primo cittadino di Agna, comune padovano, che pur non ospitando profughi, ne è accerchiato. Un caso curioso, unico in Italia, circondato dai due centri più grandi del Veneto: Conetta e San Siro. In soli sei chilometri, ci sono duemila richiedenti asilo. «Abbiamo bussato a tutte le porte istituzionali ci dice Piva e ci siamo appellati alle massime cariche dello Stato, ma finora niente. Solo promesse. Queste due ex caserme tuona vanno chiuse e basta. Ora alziamo i toni».
LAZIO
Roma si ribella ai centri di accoglienza. L'emergenza immigrati nella capitale monta prima nel quartiere Tor Sapienza poi, nell'autunno scorso, in zona Portuense. Il centro di accoglienza per rifugiati politici di Roma Est (quaranta fra africani e bengalesi) in viale Morandi viene preso d'assalto più volte alla fine del 2014, tanto che le forze dell'ordine sono costrette a presidiarlo con i reparti speciali. Agenti in assetto antisommossa fanno «la guardia» a una pentola in piena ebollizione che, alla fine, salta in aria. Il risultato è una guerriglia mai vista prima: bombe carta contro il centro, cassonetti dati alle fiamme, sassaiola tra immigrati e manifestanti italiani. L'allora sindaco Marino è costretto a intervenire per evitare il peggio. Ma è nel quartiere sull'antica via Portuense che il 30 settembre scorso si sfiora la tragedia. Una commerciante di 60 anni viene rapinata selvaggiamente nel negozio del marito, un'erboristeria. La donna viene riempita di calci e pugni tanto da fratturarle le costole e spappolarle la milza. Bottino? La borsetta con dieci euro e le chiavi di casa. La rapina si consuma a pochi passi dal centro di accoglienza per rifugiati di via Ramazzini, autore della follia un giovane senegalese. Anche qui scende in piazza l'intero quartiere. «Basta con gli immigrati» urlano i residenti. A luglio dello scorso anno, quando anche a Fiumicino arrivano i primi 60 migranti ospitati in un centro di accoglienza all'Isola Sacra, tra Ostia e l'aeroporto Leonardo da Vinci, in Comune si sfiora la rissa. «Decisione presa dalla maggioranza del Partito Democratico senza avvertire nessuno», denunciano i consiglieri d'opposizione Mauro Gonnelli, Federica Poggio e William De Vecchis. Secondo gli abitanti la scelta del luogo è quanto meno inappropriata: le condizioni di sicurezza, infatti, sono pressoché inesistenti.
TOSCANA
Dai casi «storici» come gli insediamenti rom alla periferia di Firenze o quelli cinesi a Prato, fino alle situazioni che periodicamente si verificano solo negli ultimi mesi, è avvenuto a Livorno e provincia, in lucchesia, ad Aulla (Massa) o Capalbio (Grosseto) quando sul territorio sbarcano nuovi migranti: la Toscana ha da tempo superato la soglia massima di accoglienza. Non lo dicono solo le opposizioni, ma le stesse istituzioni. A fine ottobre, infatti, il sindaco di Prato e presidente Anci Matteo Biffoni ha scritto una lettera al prefetto fiorentino per segnalare che dopo l'ultima ondata di arrivi (600 profughi) la Toscana «è ormai arrivata oltre i limiti di saturazione» e chiedere che fossero rispettate le quote assegnate dal governo. La Toscana ha una presenza di richiedenti asilo superiore a quella di molte altre Regioni. «Ciò può comportare il serio rischio di tensioni sociali e mette i Comuni in seria difficoltà», ha aggiunto Biffoni. Tensioni che a settembre sono esplose a Livorno, dove una cinquantina di profughi hanno protestato violentemente bloccando le strade, minacciando e tentando di aggredire i passanti a colpi di pietra, per la carenza d'acqua nella struttura dove erano ospitati. A scendere in piazza sono sia gli stranieri a luglio un gruppo di immigrati ha manifestato davanti alla prefettura di Lucca perché non soddisfatti dell'alloggio assegnato sia, più spesso, i residenti. Negli ultimi mesi piccoli gruppi di cittadini si sono opposti all'arrivo di richiedenti asilo a Marina di Cecina ed Aulla, dove in trenta si sono rivolti a un avvocato. In Toscana, dove a novembre è stato annunciato un master universitario in «Accoglienza dei migranti», lo stesso Pd è sceso in piazza. È accaduto a Capalbio, dove il sindaco radical chic Luigi Bellumori ha attaccato la prefettura per la decisione (poi revocata) di concedere a una ventina di migranti tre villette vicino al borgo medievale della località turistica maremmana.
PUGLIA
Dal primo grande sbarco del '91 dall'Albania alle rotte orchestrate dai trafficanti di umanità nella basi sparpagliate tra Grecia e Turchia: da quasi ventisei anni la Puglia è crocevia dell'immigrazione e con il passare del tempo si è trasformata in un'autentica polveriera. Perché tra ghetti di Stato e ghetti di fatto, il delicato fronte dell'accoglienza è scandito da tensioni, rivolte, scontri. Secondo l'ultimo dossier del governo elaborato su dati Istat, in Puglia vivono 122.724 migranti. Ma qui viene smistata gran parte di quanti sbarcano ogni giorno in Italia. I centri di accoglienza per richiedenti asilo di Bari e Borgo Mezzanone (Foggia) arrivano a contenere anche 1.200 persone, oltre il doppio della capienza prevista. Una situazione ad alto rischio, come conferma la sentenza del 12 dicembre, quando 31 migranti sono stati condannati per la rivolta scoppiata il primo agosto del 2011 nella struttura di Bari: tra gli imputati c'era anche Mada Kabobo, il ghanese che l'11 maggio del 2013 a Milano uccise tre passanti a picconate. Disordini ci sono stati l'estate scorsa anche nel Centro di identificazione ed espulsione di Restinco (Brindisi), che in media ospita un centinaio di clandestini mentre il 10 dicembre una donna nigeriana è stata bruciata viva poco distante dall'ingresso di Borgo Mezzanone. L'ultima struttura di accoglienza realizzata è l'hotspot di Taranto, dove ad aprile c'è stata una fuga di massa. I timori maggiori sono però legati ai ghetti sorti nelle campagne della regione: qui secondo dati raccolti dai sindacati vivrebbero circa diecimila persone, fantasmi di cui si sa poco o nulla, gente reclutata dai caporali per la raccolta di pomodoro, uva, angurie. L'area più grande è tra Foggia, Rignano Garganico e San Severo, un fazzoletto di terra trasformato in un groviglio di baracche e lamiere: è la giungla di Puglia, dove il 27 luglio un maliano di 34 anni è stato ucciso a coltellate da un ivoriano dopo una
INVASIONE SENZA FINE
Sequestrati dai profughi
Gli italiani sono al limite
POLVERIERA ITALIA
LOMBARDIA
«Stanno costruendo un grande centro di accoglienza per 130 profughi a Montichiari, (Bs) all'interno dell'ex caserma Serini. E c'è un presidio fisso che dura da settimane - spiega la leghista Simona Bordonali, assessore alla Sicurezza, Protezione civile e Immigrazione in Regione -. La gente infatti non vuole assolutamente questo centro - continua Bordonali -. E a novembre 150 persone hanno fatto addirittura le barricate: davanti al cancello della caserma c'erano decine di bancali, accatastati uno sopra l'altro, quasi a impedire che il cancello potesse aprirsi. Senza parlare dei numerosi sit in». Tra le altre manifestazioni e comitati di cittadini contrari all'arrivo dei profughi va ricordato quello della caserma Montello, a Milano. «Si è costituito un comitato di cittadini della zona che ho personalmente incontrato, residenti tutti molto preoccupati e che sento in maniera continuativa rispetto alle problematiche di sicurezza della zona». Segnalazioni? Lamentele? «Mi arrivano da tutta la Lombardia - prosegue Bordonali - purtroppo rispetto alla ridistribuzione sul territorio dei richiedenti asilo Regione Lombardia non siede ai tavoli nazionali perché tutto è gestito dalle prefetture. Però quando riceviamo segnalazioni attiviamo i controlli delle aziende sanitarie e verifico generalmente di persona recandomi nelle strutture stesse». Una di queste strutture, però, l'assessore Bordonali e il consigliere comunale del Carroccio Alessandro Morelli, la scorsa estate sono riusciti a farla chiudere. «A seguito della segnalazioni ricevute dai residente che indicavano scarsa igiene nel centro d'accoglienza di via Balduccio da Pisa (zona Corvetto) - conclude l'assessore regionale alla Sicurezza e all' Immigrazione - io e Morelli abbiamo allertato i controlli dell'Ats. Così alla prefettura non è rimasto che revocare il contratto».
VENETO
Il Veneto scoppia. È già scoppiato. Le polveriere pronte a esplodere in terra veneta sono quattro: l'ex base militare di Conetta, nel veneziano, con quasi 1500 profughi, l'ex caserma San Siro di Bagnoli di Sopra nel padovano con 870 persone, l'ex caserma Zanusso di Oderzo, nel trevigiano, con 300 richiedenti asilo e l'ex Serena, a Dosson di Casier, sempre nel trevigiano che ha ormai occupato ben oltre la sua effettiva capienza. Fino a novembre scorso erano quasi 500. Il Veneto è la seconda regione, dopo la Lombardia, con più rifugiati. È oltre quota 14.500. E basta aggirarsi per qualche campo o qualche centro di accoglienza per capire la situazione. Migranti con gli occhi che sembrano essere sempre più cattivi. Dopo l'esplosione della rivolta a Conetta, la tensione è alta. I veneti hanno paura, anche solo a camminare per strada e in qualunque modo tentano di riprendersi la propria libertà. Come la settimana scorsa. Durante la fiaccolata di protesta contro la realizzazione di un centro di accoglienza nell'ex polveriera di Volpago del Montello (Treviso) è apparso in prima linea lo striscione «Benvenuti sul Montello: sarà il vostro inferno». L'ex polveriera, infatti, che dovrebbe ospitare circa cento richiedenti asilo, si appresterebbe a diventare il terzo hub della Marca Trevigiana. La situazione non è più sostenibile e i sindaci scendono sul piede di guerra. Come Gianluca Piva, primo cittadino di Agna, comune padovano, che pur non ospitando profughi, ne è accerchiato. Un caso curioso, unico in Italia, circondato dai due centri più grandi del Veneto: Conetta e San Siro. In soli sei chilometri, ci sono duemila richiedenti asilo. «Abbiamo bussato a tutte le porte istituzionali ci dice Piva e ci siamo appellati alle massime cariche dello Stato, ma finora niente. Solo promesse. Queste due ex caserme tuona vanno chiuse e basta. Ora alziamo i toni».
LAZIO
Roma si ribella ai centri di accoglienza. L'emergenza immigrati nella capitale monta prima nel quartiere Tor Sapienza poi, nell'autunno scorso, in zona Portuense. Il centro di accoglienza per rifugiati politici di Roma Est (quaranta fra africani e bengalesi) in viale Morandi viene preso d'assalto più volte alla fine del 2014, tanto che le forze dell'ordine sono costrette a presidiarlo con i reparti speciali. Agenti in assetto antisommossa fanno «la guardia» a una pentola in piena ebollizione che, alla fine, salta in aria. Il risultato è una guerriglia mai vista prima: bombe carta contro il centro, cassonetti dati alle fiamme, sassaiola tra immigrati e manifestanti italiani. L'allora sindaco Marino è costretto a intervenire per evitare il peggio. Ma è nel quartiere sull'antica via Portuense che il 30 settembre scorso si sfiora la tragedia. Una commerciante di 60 anni viene rapinata selvaggiamente nel negozio del marito, un'erboristeria. La donna viene riempita di calci e pugni tanto da fratturarle le costole e spappolarle la milza. Bottino? La borsetta con dieci euro e le chiavi di casa. La rapina si consuma a pochi passi dal centro di accoglienza per rifugiati di via Ramazzini, autore della follia un giovane senegalese. Anche qui scende in piazza l'intero quartiere. «Basta con gli immigrati» urlano i residenti. A luglio dello scorso anno, quando anche a Fiumicino arrivano i primi 60 migranti ospitati in un centro di accoglienza all'Isola Sacra, tra Ostia e l'aeroporto Leonardo da Vinci, in Comune si sfiora la rissa. «Decisione presa dalla maggioranza del Partito Democratico senza avvertire nessuno», denunciano i consiglieri d'opposizione Mauro Gonnelli, Federica Poggio e William De Vecchis. Secondo gli abitanti la scelta del luogo è quanto meno inappropriata: le condizioni di sicurezza, infatti, sono pressoché inesistenti.
TOSCANA
Dai casi «storici» come gli insediamenti rom alla periferia di Firenze o quelli cinesi a Prato, fino alle situazioni che periodicamente si verificano solo negli ultimi mesi, è avvenuto a Livorno e provincia, in lucchesia, ad Aulla (Massa) o Capalbio (Grosseto) quando sul territorio sbarcano nuovi migranti: la Toscana ha da tempo superato la soglia massima di accoglienza. Non lo dicono solo le opposizioni, ma le stesse istituzioni. A fine ottobre, infatti, il sindaco di Prato e presidente Anci Matteo Biffoni ha scritto una lettera al prefetto fiorentino per segnalare che dopo l'ultima ondata di arrivi (600 profughi) la Toscana «è ormai arrivata oltre i limiti di saturazione» e chiedere che fossero rispettate le quote assegnate dal governo. La Toscana ha una presenza di richiedenti asilo superiore a quella di molte altre Regioni. «Ciò può comportare il serio rischio di tensioni sociali e mette i Comuni in seria difficoltà», ha aggiunto Biffoni. Tensioni che a settembre sono esplose a Livorno, dove una cinquantina di profughi hanno protestato violentemente bloccando le strade, minacciando e tentando di aggredire i passanti a colpi di pietra, per la carenza d'acqua nella struttura dove erano ospitati. A scendere in piazza sono sia gli stranieri a luglio un gruppo di immigrati ha manifestato davanti alla prefettura di Lucca perché non soddisfatti dell'alloggio assegnato sia, più spesso, i residenti. Negli ultimi mesi piccoli gruppi di cittadini si sono opposti all'arrivo di richiedenti asilo a Marina di Cecina ed Aulla, dove in trenta si sono rivolti a un avvocato. In Toscana, dove a novembre è stato annunciato un master universitario in «Accoglienza dei migranti», lo stesso Pd è sceso in piazza. È accaduto a Capalbio, dove il sindaco radical chic Luigi Bellumori ha attaccato la prefettura per la decisione (poi revocata) di concedere a una ventina di migranti tre villette vicino al borgo medievale della località turistica maremmana.
PUGLIA
Dal primo grande sbarco del '91 dall'Albania alle rotte orchestrate dai trafficanti di umanità nella basi sparpagliate tra Grecia e Turchia: da quasi ventisei anni la Puglia è crocevia dell'immigrazione e con il passare del tempo si è trasformata in un'autentica polveriera. Perché tra ghetti di Stato e ghetti di fatto, il delicato fronte dell'accoglienza è scandito da tensioni, rivolte, scontri. Secondo l'ultimo dossier del governo elaborato su dati Istat, in Puglia vivono 122.724 migranti. Ma qui viene smistata gran parte di quanti sbarcano ogni giorno in Italia. I centri di accoglienza per richiedenti asilo di Bari e Borgo Mezzanone (Foggia) arrivano a contenere anche 1.200 persone, oltre il doppio della capienza prevista. Una situazione ad alto rischio, come conferma la sentenza del 12 dicembre, quando 31 migranti sono stati condannati per la rivolta scoppiata il primo agosto del 2011 nella struttura di Bari: tra gli imputati c'era anche Mada Kabobo, il ghanese che l'11 maggio del 2013 a Milano uccise tre passanti a picconate. Disordini ci sono stati l'estate scorsa anche nel Centro di identificazione ed espulsione di Restinco (Brindisi), che in media ospita un centinaio di clandestini mentre il 10 dicembre una donna nigeriana è stata bruciata viva poco distante dall'ingresso di Borgo Mezzanone. L'ultima struttura di accoglienza realizzata è l'hotspot di Taranto, dove ad aprile c'è stata una fuga di massa. I timori maggiori sono però legati ai ghetti sorti nelle campagne della regione: qui secondo dati raccolti dai sindacati vivrebbero circa diecimila persone, fantasmi di cui si sa poco o nulla, gente reclutata dai caporali per la raccolta di pomodoro, uva, angurie. L'area più grande è tra Foggia, Rignano Garganico e San Severo, un fazzoletto di terra trasformato in un groviglio di baracche e lamiere: è la giungla di Puglia, dove il 27 luglio un maliano di 34 anni è stato ucciso a coltellate da un ivoriano dopo una
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Re: Fermate il treno, voglio scendere.
Dal Fatto Quotidiano oggi in edicola.
Nei centri dello scandalo
cresce la coop targata Ncd
Cona, dai rifiuti all’accoglienza. I legami con la sottosegretaria alfaniana Degan
»ANDREA TORNAGO
Padova
Dal business dei rifiuti a quello dei migranti. È un passaggio senza soluzione di continuità quello di Ecofficina, la cooperativa padovana che gestisce il centro di accoglienza di Cona dove martedì scorso la morte di una ragazza ivoriana ha scatenato la protesta dei richiedenti asilo.
FINO A DUE ANNI FAla coop si chiamava Ecofficina e faceva affari con lo smaltimento dei rifiuti nei Comuni del Sud padovano. Il trait-d’union tra i due mondi è Simone Borile, exDc, ex consigliere provinciale del Pdl e oggi vicino all’Ncd, fino al 2015 presidente del consorzio Padova Sud che gestisce i rifiuti urbani di 58 Comuni della Provincia di Padova e, al tempo stesso, vicepresidente e direttore (con uno stipendio di circa 200 mila euro l’anno) di una società interamente partecipata dal consorzio,la Padova Tre Srl. È attraverso Padova Tre che Borile, a partire dal 2011, affida incarichi e lavori alla coop Ecofficina, di cui la moglie Sara Felpati è consigliere, è stata amministratrice delegata e dal giugno 2016 è vicepresidente. Fatture che lievitano negli anni, dai 42 mila euro del 2011 agli 838 mila del 2015, per un totale –secondo i calcoli del consorzio Padova Sud –di quasi 3,4 milioni di euro. Una cifra di cui ora il nuovo presidente del consorziodi smaltimentoè deciso a chiedere conto: “Il consiglio di amministrazione ha approvato il 29 dicembre un’azione di responsabilità nei confronti di Simone Borile – spiega al Fatto il presidente del consorzio Padova Sud, AlessandroBaldin –. Abbiamo seri dubbi che dietro questi soldi ci fossero fatturazioni per operazioni totalmente inesistenti. L’amministratore di Padova Tre era lo stesso padrone di Ecofficina”. Un’ipotesi su cui indaga anche la Guardia di finanza e che Borile, contattato dal Fatto , ha preferito non commentare. La coop Ecofficina nel frattempo dai rifiuti si butta sui migranti. Nel 2015 cambia ragione sociale e si scorpora in Ecofficina Servizi, dedicata al settore ambientale, ed Ecofficina Educational (poi Edeco) che si specializza in “s e r vi z i socio-sanitari ed educativi”.
N on o st a nt e sia nuova nel campo dell’accoglienza, la “cooperativa pigliatutto”rie sce ad aggiudicarsi i principali bandi delle Prefetture per l’emergenza migranti. Anche quando non ne avrebbe i requisiti, come nel caso del bando della Prefettura di Padova che richiedeva “l’esperienza, almeno biennale,nell’ambito de ll ’accoglienza di cittadini stranieri ”: una condizione che Ecofficina nel 2015 non poteva soddisfare, avendo cominciato l’attività con i migranti solo nel maggio dell’anno precedente. Ma a risolvere l’incongruenza viene in soccorso una nota del viceprefetto Pasquale Aversa, che cinque giorni prima della scadenza del bando elimina la parola “biennale”dai requisiti necessari per partecipare alla gara.
A CURARE i rapporti con le Prefetture è sempre Borile, che nel maggio scorso finisce indagato per truffa aggravata e falso insieme al presidente di Ecofficina, Gaetano Battocchio,per il bando di accoglienza del Comune di Due Carrare: anche in questo caso a Ecofficina sembra mancare l’esperienza necessaria di due anni e un giorno per partecipare alla gara. Nel mirino degli inquirenti finiscono i documenti presentati dalla cooperativa per firmare la convenzione con gli uffici territoriali del governo, e nel registro degli indagati della Procura di Padova viene iscritto anche il nome di una funzionaria della prefettura. La deputata del M5s Silvia Benedetti punta il dito contro i legami politici che la cooperativa avrebbe con esponenti del Ncd di Angelino Alfano, che peraltro ha spesso a che fare con chi si occupa dell’ac coglienza ai migranti (il sottosegretario Giuseppe Castiglione è coinvolto nell’indagine sul Cara di Mineo in Sicilia): “Alcuni appalti –osserva Benedetti –sono stati affidati alla coop Ecofficina dalla Provinciadi Padova,chevedeva presidente Barbara Degani del Ncd”,ora sottosegretario all’Ambiente sempre in quota Alfano. La sorella del sottosegretario Degani è dipendente della società dismaltimento rifiuti Padova Tre, al centro delle contestazioni del consorzio di Comuni che con la gestione Borile ha visto crescere un buco di 30 milioni di euro, su cui la nuova gestione intende fare chiarezza. Intanto Ecofficina, che è arrivata a fatturare fino a 10 milioni di euro all’a nn o per la sola accoglienza dei migranti in Veneto, nel settembre scorso viene sospesa da Confcooperative, contraria al suo operato “che non risponde alle logiche della buona accoglienza, della qualità dell’i nt er ve nt o, dell’integrazione e della relazione –ha spiegato il presidente Ugo Campagnaro al Corriere del Veneto –. È un modello che guarda soprattutto al business e vogliamo prenderne le distanze”. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Nei centri dello scandalo
cresce la coop targata Ncd
Cona, dai rifiuti all’accoglienza. I legami con la sottosegretaria alfaniana Degan
»ANDREA TORNAGO
Padova
Dal business dei rifiuti a quello dei migranti. È un passaggio senza soluzione di continuità quello di Ecofficina, la cooperativa padovana che gestisce il centro di accoglienza di Cona dove martedì scorso la morte di una ragazza ivoriana ha scatenato la protesta dei richiedenti asilo.
FINO A DUE ANNI FAla coop si chiamava Ecofficina e faceva affari con lo smaltimento dei rifiuti nei Comuni del Sud padovano. Il trait-d’union tra i due mondi è Simone Borile, exDc, ex consigliere provinciale del Pdl e oggi vicino all’Ncd, fino al 2015 presidente del consorzio Padova Sud che gestisce i rifiuti urbani di 58 Comuni della Provincia di Padova e, al tempo stesso, vicepresidente e direttore (con uno stipendio di circa 200 mila euro l’anno) di una società interamente partecipata dal consorzio,la Padova Tre Srl. È attraverso Padova Tre che Borile, a partire dal 2011, affida incarichi e lavori alla coop Ecofficina, di cui la moglie Sara Felpati è consigliere, è stata amministratrice delegata e dal giugno 2016 è vicepresidente. Fatture che lievitano negli anni, dai 42 mila euro del 2011 agli 838 mila del 2015, per un totale –secondo i calcoli del consorzio Padova Sud –di quasi 3,4 milioni di euro. Una cifra di cui ora il nuovo presidente del consorziodi smaltimentoè deciso a chiedere conto: “Il consiglio di amministrazione ha approvato il 29 dicembre un’azione di responsabilità nei confronti di Simone Borile – spiega al Fatto il presidente del consorzio Padova Sud, AlessandroBaldin –. Abbiamo seri dubbi che dietro questi soldi ci fossero fatturazioni per operazioni totalmente inesistenti. L’amministratore di Padova Tre era lo stesso padrone di Ecofficina”. Un’ipotesi su cui indaga anche la Guardia di finanza e che Borile, contattato dal Fatto , ha preferito non commentare. La coop Ecofficina nel frattempo dai rifiuti si butta sui migranti. Nel 2015 cambia ragione sociale e si scorpora in Ecofficina Servizi, dedicata al settore ambientale, ed Ecofficina Educational (poi Edeco) che si specializza in “s e r vi z i socio-sanitari ed educativi”.
N on o st a nt e sia nuova nel campo dell’accoglienza, la “cooperativa pigliatutto”rie sce ad aggiudicarsi i principali bandi delle Prefetture per l’emergenza migranti. Anche quando non ne avrebbe i requisiti, come nel caso del bando della Prefettura di Padova che richiedeva “l’esperienza, almeno biennale,nell’ambito de ll ’accoglienza di cittadini stranieri ”: una condizione che Ecofficina nel 2015 non poteva soddisfare, avendo cominciato l’attività con i migranti solo nel maggio dell’anno precedente. Ma a risolvere l’incongruenza viene in soccorso una nota del viceprefetto Pasquale Aversa, che cinque giorni prima della scadenza del bando elimina la parola “biennale”dai requisiti necessari per partecipare alla gara.
A CURARE i rapporti con le Prefetture è sempre Borile, che nel maggio scorso finisce indagato per truffa aggravata e falso insieme al presidente di Ecofficina, Gaetano Battocchio,per il bando di accoglienza del Comune di Due Carrare: anche in questo caso a Ecofficina sembra mancare l’esperienza necessaria di due anni e un giorno per partecipare alla gara. Nel mirino degli inquirenti finiscono i documenti presentati dalla cooperativa per firmare la convenzione con gli uffici territoriali del governo, e nel registro degli indagati della Procura di Padova viene iscritto anche il nome di una funzionaria della prefettura. La deputata del M5s Silvia Benedetti punta il dito contro i legami politici che la cooperativa avrebbe con esponenti del Ncd di Angelino Alfano, che peraltro ha spesso a che fare con chi si occupa dell’ac coglienza ai migranti (il sottosegretario Giuseppe Castiglione è coinvolto nell’indagine sul Cara di Mineo in Sicilia): “Alcuni appalti –osserva Benedetti –sono stati affidati alla coop Ecofficina dalla Provinciadi Padova,chevedeva presidente Barbara Degani del Ncd”,ora sottosegretario all’Ambiente sempre in quota Alfano. La sorella del sottosegretario Degani è dipendente della società dismaltimento rifiuti Padova Tre, al centro delle contestazioni del consorzio di Comuni che con la gestione Borile ha visto crescere un buco di 30 milioni di euro, su cui la nuova gestione intende fare chiarezza. Intanto Ecofficina, che è arrivata a fatturare fino a 10 milioni di euro all’a nn o per la sola accoglienza dei migranti in Veneto, nel settembre scorso viene sospesa da Confcooperative, contraria al suo operato “che non risponde alle logiche della buona accoglienza, della qualità dell’i nt er ve nt o, dell’integrazione e della relazione –ha spiegato il presidente Ugo Campagnaro al Corriere del Veneto –. È un modello che guarda soprattutto al business e vogliamo prenderne le distanze”. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Re: Fermate il treno, voglio scendere.
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Bonificare il vertice dell’Occidente: finirà il terrore dell’Isis
Scritto il 07/9/16 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
La scelta degli obiettivi del neoterrorismo appare strategicamente ragionata dalla Sovragestione, con una evoluzione molto particolare che costituisce la riproposizione del vecchio modulo terroristico.
In effetti Al-Qaeda aveva colpito nei fatti dell’11 settembre 2001 dichiarando una specie di stato di guerra al nemico dichiarato: gli Stati Uniti d’America.
Colpire le Torri Gemelle o addirittura il Pentagono era colpire direttamente un nemico dichiarato, era l’atto iniziale di una guerra su un territorio, mai in precedenza direttamente nel mirino del Terrore.
Isis cambia modo. Francia e Belgio, nonostante le gravi responsabilità della prima nelle vicende libiche, non sono nemici diretti del mondo arabo, anzi.
E neanche l’Unione Europea.
Quindi appare chiaro che la scelta è di affermare l’identità dell’Isis con atti di terrore che destabilizzino e intimidiscano non un nemico attuale, ma anche solo un nemico del tutto potenziale.
La Sovragestione decide, in altri termini, di affermare l’esistenza del neonato Stato Islamico, con atti rivolti su soggetti ritenuti deboli, coma l’Europa, teatro di divisioni e di distinguo opportunistici tra Stati, e quelli ritenuti più deboli sotto il profilo della sicurezza interna, la Francia e il Belgio, sono stati colpiti perché più ospitali nei confronti del mondo islamico, nell’illusione per ora tramontata di sostenere e rafforzare un Islam “moderato”.
Perché la possibilità di una leadership nel mondo islamico, di una quanto mai inerte e inattiva componente moderata è comunque il primo pericolo, sia pure del tutto potenziale, per Isis: per lo stesso motivo per il quale il primo nemico della struttura clericale sono stati gli eretici e non gli atei o i credenti di altre religioni, o i primi nemici del comunismo integralista sono stati i socialisti e i comunisti non “ortodossi”.
Ma questo interessa alla Sovragestione solo per motivare profondamente l’integralismo islamico costruendo la figura del nemico.
I veri interessi e i veri obiettivi sono altri.
E la vera firma simbolica della Sovragestione la troviamo nella scelta, di enormi risvolti esoterici, degli obiettivi dell’azione neoterroristica di Bruxelles.
Aeroporto e Metropolitana. Alchemicamente, “Quod superius est inferius”.
Cattolicamente, “Così in cielo come in terra”.
Perché iniziato vero è colui che cerca in sé l’orma della divinità, controiniziato colui che crede di essere Dio.
E l’Isis è solo il braccio armato, ma anche il panno rosso del torero agitato davanti al povero toro.
Non c’è nulla di religioso in tutto questo.
Perché chi crede di essere Dio, non ha bisogno, in alcuna forma, di Dio.
Sviluppi. Il neoterrorismo, per come si prospetta la situazione, ha per ora realizzato pienamente gli obiettivi strategici della Sovragestione e gli obiettivi tattici del suo braccio armato, l’Isis.
Gli obiettivi strategici sono portare guerra e terrore Urbi et Orbi (aeroporti e metropolitane) non consentendo a nessuno di individuare il presupposto fondamentale di una guerra che si possa combattere con successo, e cioè il teatro dei fatti bellici, il cosiddetto “campo di battaglia”.
Il resto del mondo (parlare solo di Occidente sarebbe riduttivo) non sa dove difendersi, oltre a non conoscere il vero avversario, che è la Sovragestione prima dell’Isis.
La stessa creazione dello Stato Islamico appare come l’ennesima brillante intuizione strategica di disegnare un campo di battaglia che produca nuove stragi, ma che sia anche lontano dai veri interessi in gioco, non manifestando infine ciò che si deve veramente distruggere e alimentando altresì l’odio delle popolazioni avvelenate dall’integralismo islamico contro chi è costretto ad ammazzargli amici e familiari.
Le intelligence delle varie nazioni coinvolte dovrebbero sapere che la Sovragestione ha da tempo preparato almeno tre progetti di Stati islamici diversamente collocati da quello attuale, in caso di crollo e disfatta del medesimo.
Come l’Italia dovrebbe sapere, solo in termini di consapevolezza, non in termini di intimidazione o paura, che qualunque suo coinvolgimento operativo in iniziative sul territorio dell’Isis, comporterà che muti la sua natura da obiettivo potenziale a obiettivo effettivo.
I terreni ipotizzabili di una azione neoterroristica, anche sotto il profilo simbolico proprio della Sovragestione, oggi sono due: Roma, ovviamente, e la Sicilia, Palermo per esempio.
Certamente l’Isis sarebbe da disgregare, ma nella consapevolezza che gli altri Stati islamici sono pronti per sorgere, o la stessa Isis per risorgere altrove.
Occorre che, contestualmente alle manovre di sicurezza attuali, entri a tutti gli effetti nel mirino delle analisi e della costruzione di strategie la Sovragestione; e ciò può avvenire solo tramite una bonifica delle proprie strutture di potere del mondo occidentale, cosa resa difficile dalle attuali zone oscure di contiguità.
L’operazione culturale, sociale, politica, ma anche iniziatica è quella di contrapporre al riscatto escatologico e ipotetico degli integralismi religiosi e non, la concreta, quotidiana, ricostruzione del vero Tempio, che è l’Uomo.
La vera scommessa dell’Occidente è la nascita di un Neoumanesimo.
(Gianfranco Carpeoro, estratto da “Analaisi sistematica del neoterrorismo islamico”, dalla pagina Facebook di Carpeoro del 13 aprile 2016. Massone e studioso del linguaggio simbolico cifrato, proprio del mondo esosterico, l’avvocato Carpeoro è autore di romanzi come “Il volo del Pellicano”; di prossima uscita, per Uno Editori, il saggio “Dalla massoneria al terrorismo”).
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segnalazioni.
Bonificare il vertice dell’Occidente: finirà il terrore dell’Isis
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La scelta degli obiettivi del neoterrorismo appare strategicamente ragionata dalla Sovragestione, con una evoluzione molto particolare che costituisce la riproposizione del vecchio modulo terroristico.
In effetti Al-Qaeda aveva colpito nei fatti dell’11 settembre 2001 dichiarando una specie di stato di guerra al nemico dichiarato: gli Stati Uniti d’America.
Colpire le Torri Gemelle o addirittura il Pentagono era colpire direttamente un nemico dichiarato, era l’atto iniziale di una guerra su un territorio, mai in precedenza direttamente nel mirino del Terrore.
Isis cambia modo. Francia e Belgio, nonostante le gravi responsabilità della prima nelle vicende libiche, non sono nemici diretti del mondo arabo, anzi.
E neanche l’Unione Europea.
Quindi appare chiaro che la scelta è di affermare l’identità dell’Isis con atti di terrore che destabilizzino e intimidiscano non un nemico attuale, ma anche solo un nemico del tutto potenziale.
La Sovragestione decide, in altri termini, di affermare l’esistenza del neonato Stato Islamico, con atti rivolti su soggetti ritenuti deboli, coma l’Europa, teatro di divisioni e di distinguo opportunistici tra Stati, e quelli ritenuti più deboli sotto il profilo della sicurezza interna, la Francia e il Belgio, sono stati colpiti perché più ospitali nei confronti del mondo islamico, nell’illusione per ora tramontata di sostenere e rafforzare un Islam “moderato”.
Perché la possibilità di una leadership nel mondo islamico, di una quanto mai inerte e inattiva componente moderata è comunque il primo pericolo, sia pure del tutto potenziale, per Isis: per lo stesso motivo per il quale il primo nemico della struttura clericale sono stati gli eretici e non gli atei o i credenti di altre religioni, o i primi nemici del comunismo integralista sono stati i socialisti e i comunisti non “ortodossi”.
Ma questo interessa alla Sovragestione solo per motivare profondamente l’integralismo islamico costruendo la figura del nemico.
I veri interessi e i veri obiettivi sono altri.
E la vera firma simbolica della Sovragestione la troviamo nella scelta, di enormi risvolti esoterici, degli obiettivi dell’azione neoterroristica di Bruxelles.
Aeroporto e Metropolitana. Alchemicamente, “Quod superius est inferius”.
Cattolicamente, “Così in cielo come in terra”.
Perché iniziato vero è colui che cerca in sé l’orma della divinità, controiniziato colui che crede di essere Dio.
E l’Isis è solo il braccio armato, ma anche il panno rosso del torero agitato davanti al povero toro.
Non c’è nulla di religioso in tutto questo.
Perché chi crede di essere Dio, non ha bisogno, in alcuna forma, di Dio.
Sviluppi. Il neoterrorismo, per come si prospetta la situazione, ha per ora realizzato pienamente gli obiettivi strategici della Sovragestione e gli obiettivi tattici del suo braccio armato, l’Isis.
Gli obiettivi strategici sono portare guerra e terrore Urbi et Orbi (aeroporti e metropolitane) non consentendo a nessuno di individuare il presupposto fondamentale di una guerra che si possa combattere con successo, e cioè il teatro dei fatti bellici, il cosiddetto “campo di battaglia”.
Il resto del mondo (parlare solo di Occidente sarebbe riduttivo) non sa dove difendersi, oltre a non conoscere il vero avversario, che è la Sovragestione prima dell’Isis.
La stessa creazione dello Stato Islamico appare come l’ennesima brillante intuizione strategica di disegnare un campo di battaglia che produca nuove stragi, ma che sia anche lontano dai veri interessi in gioco, non manifestando infine ciò che si deve veramente distruggere e alimentando altresì l’odio delle popolazioni avvelenate dall’integralismo islamico contro chi è costretto ad ammazzargli amici e familiari.
Le intelligence delle varie nazioni coinvolte dovrebbero sapere che la Sovragestione ha da tempo preparato almeno tre progetti di Stati islamici diversamente collocati da quello attuale, in caso di crollo e disfatta del medesimo.
Come l’Italia dovrebbe sapere, solo in termini di consapevolezza, non in termini di intimidazione o paura, che qualunque suo coinvolgimento operativo in iniziative sul territorio dell’Isis, comporterà che muti la sua natura da obiettivo potenziale a obiettivo effettivo.
I terreni ipotizzabili di una azione neoterroristica, anche sotto il profilo simbolico proprio della Sovragestione, oggi sono due: Roma, ovviamente, e la Sicilia, Palermo per esempio.
Certamente l’Isis sarebbe da disgregare, ma nella consapevolezza che gli altri Stati islamici sono pronti per sorgere, o la stessa Isis per risorgere altrove.
Occorre che, contestualmente alle manovre di sicurezza attuali, entri a tutti gli effetti nel mirino delle analisi e della costruzione di strategie la Sovragestione; e ciò può avvenire solo tramite una bonifica delle proprie strutture di potere del mondo occidentale, cosa resa difficile dalle attuali zone oscure di contiguità.
L’operazione culturale, sociale, politica, ma anche iniziatica è quella di contrapporre al riscatto escatologico e ipotetico degli integralismi religiosi e non, la concreta, quotidiana, ricostruzione del vero Tempio, che è l’Uomo.
La vera scommessa dell’Occidente è la nascita di un Neoumanesimo.
(Gianfranco Carpeoro, estratto da “Analaisi sistematica del neoterrorismo islamico”, dalla pagina Facebook di Carpeoro del 13 aprile 2016. Massone e studioso del linguaggio simbolico cifrato, proprio del mondo esosterico, l’avvocato Carpeoro è autore di romanzi come “Il volo del Pellicano”; di prossima uscita, per Uno Editori, il saggio “Dalla massoneria al terrorismo”).
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Re: Fermate il treno, voglio scendere.
QUANDO LA SOVRAGESTIONE TI PREPARA AL MARTIRIO
Terrorismo, il prefetto Gabrielli avverte “Isis? Prima o poi colpirà anche in Italia”
di F. Q. | 7 gennaio 2017
Cronaca
Lo dico in maniera molto cruda: prima o poi anche noi un prezzo lo dovremo pagare. Ci auguriamo sia quanto più contenuto possibile", dice il capo della Polizia in un'intervista rilasciata al Quotidiano Nazionale e al Giornale. Il prefetto ha poi annunciato rimpatri più veloci per i migranti che fanno ricorso per la negazione del diritto d’asilo
di F. Q. | 7 gennaio 2017
257
• 1,8 mila
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Più informazioni su: Franco Gabrielli, Isis, Terrorismo
“L‘Isis? Prima o poi colpirà anche noi”. Parola di prefetto Franco Gabrielli, il capo della Polizia che in un’intervista rilasciata al Quotidiano Nazionale e al Giornale rilancia il pericolo terrorismo anche nel nostro Paese. “Lo dico in maniera molto cruda: prima o poi anche noi un prezzo lo dovremo pagare. Ci auguriamo sia quanto più contenuto possibile”, ma “noi dentro a quella minaccia ci siamo. Le indagini, spesso successive ai rimpatri, hanno dimostrato che buona parte delle persone fermate nel nostro Paese perché considerate vicine all’Isis stava realmente per compiere attentati e fare morti. Questo, però, non deve toglierci la nostra libertà. Saremmo sconfitti solo se ci lasciassimo condizionare nella nostra quotidianità”, dice il prefetto.
Il fatto che l’Italia non sia ancora stata toccata direttamente dal terrorismo islamico “è il frutto di diversi fattori. Oltre all’ottimo lavoro di prevenzione, il punto è che non abbiamo sacche gravi di marginalizzazione e che noi i sospetti terroristi li espelliamo subito”, dice Gabrielli, che poi spiega di aver “letto tante fandonie. C’è chi pensa che sia ancora in vigore il lodo Moro, come se si potesse interloquire con l’Isis, con i suoi mille cani sciolti e con le sue cellule dormienti come si fece un tempo con i terroristi palestinesi. Balle. Tutte balle. La verità è che se la smettessimo di giudicarci più coglioni degli altri, scopriremmo che in molti casi siamo migliori. Grazie al controllo capillare del territorio abbiamo neutralizzato l’attentatore di Berlino, e mentre la Germania, e dico la Germania, ci ringraziava, noi polemizzavamo sul fatto che fossero stati resi noti i nomi dei due splendidi poliziotti che hanno compiuto l’azione”.
Sempre sul tema immigrazione, il prefetto ha poi annunciato rimpatri più veloci per i migranti che fanno ricorso per la negazione del diritto d’asilo. “La normativa europea – ha detto -prevede almeno un grado di giudizio, il nostro sistema giudiziario ne presuppone tre. Intendiamo fermarci al primo”. Per il prefetto è poi “importante riaprire i Cie in numero sufficiente e in ogni regione. Si arriverà a una permanenza di un massimo di un anno in presenza di motivi di sicurezza pubblica”. Un passaggio è stato dedicato anche agli accordi con i Paesi d’origine, che non recepiscono le espulsioni perché “l’emigrazione è due volte vantaggiosa: decomprime la demografia e garantisce importanti rimesse di denaro”, osserva Gabrielli. “Dunque occorre fare in modo che riprenderseli sia ancora più vantaggioso. Con quello che spende lo Stato per accoglienza, sanità e sicurezza, le risorse da distribuire a mo’ di incentivo non mancherebbero”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/01 ... a/3300427/
Terrorismo, il prefetto Gabrielli avverte “Isis? Prima o poi colpirà anche in Italia”
di F. Q. | 7 gennaio 2017
Cronaca
Lo dico in maniera molto cruda: prima o poi anche noi un prezzo lo dovremo pagare. Ci auguriamo sia quanto più contenuto possibile", dice il capo della Polizia in un'intervista rilasciata al Quotidiano Nazionale e al Giornale. Il prefetto ha poi annunciato rimpatri più veloci per i migranti che fanno ricorso per la negazione del diritto d’asilo
di F. Q. | 7 gennaio 2017
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“L‘Isis? Prima o poi colpirà anche noi”. Parola di prefetto Franco Gabrielli, il capo della Polizia che in un’intervista rilasciata al Quotidiano Nazionale e al Giornale rilancia il pericolo terrorismo anche nel nostro Paese. “Lo dico in maniera molto cruda: prima o poi anche noi un prezzo lo dovremo pagare. Ci auguriamo sia quanto più contenuto possibile”, ma “noi dentro a quella minaccia ci siamo. Le indagini, spesso successive ai rimpatri, hanno dimostrato che buona parte delle persone fermate nel nostro Paese perché considerate vicine all’Isis stava realmente per compiere attentati e fare morti. Questo, però, non deve toglierci la nostra libertà. Saremmo sconfitti solo se ci lasciassimo condizionare nella nostra quotidianità”, dice il prefetto.
Il fatto che l’Italia non sia ancora stata toccata direttamente dal terrorismo islamico “è il frutto di diversi fattori. Oltre all’ottimo lavoro di prevenzione, il punto è che non abbiamo sacche gravi di marginalizzazione e che noi i sospetti terroristi li espelliamo subito”, dice Gabrielli, che poi spiega di aver “letto tante fandonie. C’è chi pensa che sia ancora in vigore il lodo Moro, come se si potesse interloquire con l’Isis, con i suoi mille cani sciolti e con le sue cellule dormienti come si fece un tempo con i terroristi palestinesi. Balle. Tutte balle. La verità è che se la smettessimo di giudicarci più coglioni degli altri, scopriremmo che in molti casi siamo migliori. Grazie al controllo capillare del territorio abbiamo neutralizzato l’attentatore di Berlino, e mentre la Germania, e dico la Germania, ci ringraziava, noi polemizzavamo sul fatto che fossero stati resi noti i nomi dei due splendidi poliziotti che hanno compiuto l’azione”.
Sempre sul tema immigrazione, il prefetto ha poi annunciato rimpatri più veloci per i migranti che fanno ricorso per la negazione del diritto d’asilo. “La normativa europea – ha detto -prevede almeno un grado di giudizio, il nostro sistema giudiziario ne presuppone tre. Intendiamo fermarci al primo”. Per il prefetto è poi “importante riaprire i Cie in numero sufficiente e in ogni regione. Si arriverà a una permanenza di un massimo di un anno in presenza di motivi di sicurezza pubblica”. Un passaggio è stato dedicato anche agli accordi con i Paesi d’origine, che non recepiscono le espulsioni perché “l’emigrazione è due volte vantaggiosa: decomprime la demografia e garantisce importanti rimesse di denaro”, osserva Gabrielli. “Dunque occorre fare in modo che riprenderseli sia ancora più vantaggioso. Con quello che spende lo Stato per accoglienza, sanità e sicurezza, le risorse da distribuire a mo’ di incentivo non mancherebbero”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/01 ... a/3300427/
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Re: Fermate il treno, voglio scendere.
QUANDO LA SOVRAGESTIONE TI PREPARA AL MARTIRIO
Gabrielli: "Il rischio attentati c'è. E anche l'Italia avrà il suo prezzo da pagare"
Il capo della polizia: "Buona parte delle persone che sono state fermate nel nostro Paese e ritenute vicine all'Isis stava realmente per compiere attentati e fare morti"
Chiara Giannini - Sab, 07/01/2017 - 08:24
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«Lo dico in maniera molto cruda: anche noi un prezzo lo dovremo pagare»: il capo della polizia, prefetto Franco Gabrielli, non usa giri di parole per far capire quanto sia alto il rischio di attacchi terroristici in Italia. «Le indagini, spesso successive ai rimpatri, hanno dimostrato che buona parte delle persone fermate nel nostro Paese perché considerate vicine all'Isis stava realmente per compiere attentati e fare morti - prosegue -.
Questo, però, non deve toglierci la nostra libertà». Arrivato con la propria auto a Bologna, dove ha partecipato alla festa della Befana organizzata dal Sap (sindacato autonomo di polizia), «per non pesare sulle divise degli agenti» come ha detto sul palco tra gli applausi, Gabrielli racconta al Giornale quello che è il lavoro quotidiano di intelligence e forze dell'ordine. Annunciando anche un concorso per l'assunzione di mille agenti.
Prefetto, ma davvero i terroristi sono interessati all'Italia?
inRead«Il terrorismo liquido come è quello attuale, dove l'innesto non è fatto rispetto a cellule dormienti, ma è rivolto a una pletora di soggetti che devono compiere un assalto, non è da sottovalutare. Esiste una propaganda martellante che individua eventuali obiettivi (Vaticano, Papa, Colosseo, ad esempio). Una chiama una delle riviste più accreditate dell'Isis si chiama Rumiyah, che in arabo vuol dire Roma. Non c'è una ricetta, però sottovalutare la minaccia, oggi, è un errore gravissimo. Lo dico in maniera molto cruda: anche noi un prezzo lo dovremo pagare. Ci auguriamo sia quanto più contenuto possibile. Noi dentro a quella minaccia ci siamo. La cittadinanza, di contro, deve comprendere che deve continuare a vivere normalmente, altrimenti i terroristi avrebbero già vinto togliendoci la libertà. Per quanto ci riguarda, non si devono sottovalutare eventuali segnali, ma nemmeno amplificarli in maniera abnorme. Intelligence e controllo del territorio sono i due pilastri con i quali si costruisce il sistema della sicurezza nel nostro Paese. I cittadini devono pretendere, comunque, che gli apparati di sicurezza facciano il loro lavoro».
Avete rimpatriato numerose persone vicino alla Jihad. Erano realmente pericolose?
«Da indagini successive al rimpatrio abbiamo appurato che buona parte dei sospettati per terrorismo aveva realmente intenzione di compiere atti terroristici e fare morti».
Però questi attentatori potrebbero rientrare. Perché non incarcerarli, visto il rischio?
«Perché, intanto, molto spesso questo tipo di accertamenti è stato possibile solo dopo il rimpatrio. Magari sono stati presi i telefoni e si sono scoperte conversazioni altrimenti non intercettabili, ma anche perché un conto è l'accertamento ai fini penali, che è un po' più elevato, un altro sono le misure di prevenzione».
Il rischio di attentati terroristici in Italia è davvero così alto?
«Sì. Credo che su questo dobbiamo avere una assoluta consapevolezza che la possibilità di colpire da parte degli attentatori è elevatissima. Si va dal prendere una macchina e lanciarla contro un gruppo di persone, al cominciare a sparare e chi più ne ha, più ne metta. Noi, oggi, viviamo un terrorismo che non è il terrorismo che abbiamo conosciuto in passato. Ma credo che dovremmo dare davvero un messaggio di una sicurezza tranquilla» per usare un termine del ministro dell'Interno Marco Minniti».
L'attenzione è puntata sull'esame del web, mezzo usato molto dai terroristi. Si riesce a intervenire?
«Ci sono varie strutture di Stato che lavorano, tipo l'Aisi, costituita dopo gli attentati di Londra del 2005 e che sono un punto di riferimento che si è cercato di potenziare per incrementare gli strumenti di contrasto a questo fenomeno. Anche se ci sono settori difficilmente controllabili e fuori dai motori di ricerca».
Qual è l'attuale stato della sicurezza in Italia?
«È una sicurezza garantita ogni giorno e la vicenda di Sesto San Giovanni credo ne sia la dimostrazione. Ovviamente abbiamo molto lavoro davanti. Mi rendo conto che le nostre comunità abbiano, invece, una percezione della sicurezza non sempre elevata e questo è il frutto di tantissimi fattori. Ai miei dico, però, che non bisogna anteporre le statistiche a quello che sente la gente, perché il nostro primario compito è quello di essere al servizio delle persone».
Immigrazione. Un milione e mezzo di musulmani in Italia. Le moschee sono un rischio?
«Oggi le moschee in senso assoluto sono i luoghi meno preoccupanti perché posti facilmente verificabili. Abbiamo vissuto una stagione dove le prime moschee erano estremamente problematiche, ma oggi sono le sedi meno preoccupanti: la comunità islamica sta facendo progressivamente una sorta di intelligente passo verso l'integrazione».
Come si può sopperire a carenze interne come mezzi mancanti e armi vecchie?
«Non nego ci siano delle criticità, ma troppo spesso ci si dimentica del passato. Tutto sommato dei passi avanti ne abbiamo compiuti».
Molti poliziotti non sarebbero preparati al tiro dinamico. È vero?
«La prima questione che mi sono posto quando sono arrivato è stata l'esercitazione al tiro. Ma anche i nostri poliziotti, a volte, sono un po' refrattari a far sì che l'addestramento al tiro sia una costante. Non dico che su questo argomento non ci siano cose da fare, però, anche lì, poi sono i fatti che certificano le situazione. Sesto San Giovanni, sono le tre di notte. Due poliziotti sparano e i colpi sono entrambi mortali. Io, con questo, dico che i sindacati possono dirmi cosa vogliono, la realtà dice altro».
Una bella pubblicità per la polizia.
«Non avrei potuto scegliere uno sportt migliore».
Cosa ne pensa della proposta del governo di aprire un Cie in ogni regione?
«Che è importante riaprirli in numero sufficiente e in ogni regione, senza essere afflittivi nei confronti dei territori. Si arriverà a una permanenza di un massimo di un anno in presenza di motivi di sicurezza pubblica».
E se non si individua il Paese in cui rimpatriarli?
«Tornano liberi. Ma se non ci fossero i Cie sarebbero tutti in giro».
Si collabora con le forze di polizia estere per l'antiterrorismo dopo il cambio di governo?
«Si sta vivendo un momento molto fortunato da questo punto di vista. Abbiamo un rapporto ottimo con le forze di polizia internazionali e collaboriamo attivamente».
Che dire, invece, degli attacchi alla polizia in Italia?
«L'aspetto più effervescente è quello dell'anarco insurrezionalista, fenomeno da tenere sotto attenzione, ma non importante come quello del terrorismo internazionale».
Assumerete altri agenti?
«Faremo a breve un concorso per assumerne mille e, più avanti, forse un altro. Pensiamo di annullare quello da 559 perché c'è stata una concentrazione di geni in Campania. Prima che lo faccia il Tar lo annulleremo noi e, magari, avvieremo verifiche anche su chi ha fatto i quiz».
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 48803.html
Gabrielli: "Il rischio attentati c'è. E anche l'Italia avrà il suo prezzo da pagare"
Il capo della polizia: "Buona parte delle persone che sono state fermate nel nostro Paese e ritenute vicine all'Isis stava realmente per compiere attentati e fare morti"
Chiara Giannini - Sab, 07/01/2017 - 08:24
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«Lo dico in maniera molto cruda: anche noi un prezzo lo dovremo pagare»: il capo della polizia, prefetto Franco Gabrielli, non usa giri di parole per far capire quanto sia alto il rischio di attacchi terroristici in Italia. «Le indagini, spesso successive ai rimpatri, hanno dimostrato che buona parte delle persone fermate nel nostro Paese perché considerate vicine all'Isis stava realmente per compiere attentati e fare morti - prosegue -.
Questo, però, non deve toglierci la nostra libertà». Arrivato con la propria auto a Bologna, dove ha partecipato alla festa della Befana organizzata dal Sap (sindacato autonomo di polizia), «per non pesare sulle divise degli agenti» come ha detto sul palco tra gli applausi, Gabrielli racconta al Giornale quello che è il lavoro quotidiano di intelligence e forze dell'ordine. Annunciando anche un concorso per l'assunzione di mille agenti.
Prefetto, ma davvero i terroristi sono interessati all'Italia?
inRead«Il terrorismo liquido come è quello attuale, dove l'innesto non è fatto rispetto a cellule dormienti, ma è rivolto a una pletora di soggetti che devono compiere un assalto, non è da sottovalutare. Esiste una propaganda martellante che individua eventuali obiettivi (Vaticano, Papa, Colosseo, ad esempio). Una chiama una delle riviste più accreditate dell'Isis si chiama Rumiyah, che in arabo vuol dire Roma. Non c'è una ricetta, però sottovalutare la minaccia, oggi, è un errore gravissimo. Lo dico in maniera molto cruda: anche noi un prezzo lo dovremo pagare. Ci auguriamo sia quanto più contenuto possibile. Noi dentro a quella minaccia ci siamo. La cittadinanza, di contro, deve comprendere che deve continuare a vivere normalmente, altrimenti i terroristi avrebbero già vinto togliendoci la libertà. Per quanto ci riguarda, non si devono sottovalutare eventuali segnali, ma nemmeno amplificarli in maniera abnorme. Intelligence e controllo del territorio sono i due pilastri con i quali si costruisce il sistema della sicurezza nel nostro Paese. I cittadini devono pretendere, comunque, che gli apparati di sicurezza facciano il loro lavoro».
Avete rimpatriato numerose persone vicino alla Jihad. Erano realmente pericolose?
«Da indagini successive al rimpatrio abbiamo appurato che buona parte dei sospettati per terrorismo aveva realmente intenzione di compiere atti terroristici e fare morti».
Però questi attentatori potrebbero rientrare. Perché non incarcerarli, visto il rischio?
«Perché, intanto, molto spesso questo tipo di accertamenti è stato possibile solo dopo il rimpatrio. Magari sono stati presi i telefoni e si sono scoperte conversazioni altrimenti non intercettabili, ma anche perché un conto è l'accertamento ai fini penali, che è un po' più elevato, un altro sono le misure di prevenzione».
Il rischio di attentati terroristici in Italia è davvero così alto?
«Sì. Credo che su questo dobbiamo avere una assoluta consapevolezza che la possibilità di colpire da parte degli attentatori è elevatissima. Si va dal prendere una macchina e lanciarla contro un gruppo di persone, al cominciare a sparare e chi più ne ha, più ne metta. Noi, oggi, viviamo un terrorismo che non è il terrorismo che abbiamo conosciuto in passato. Ma credo che dovremmo dare davvero un messaggio di una sicurezza tranquilla» per usare un termine del ministro dell'Interno Marco Minniti».
L'attenzione è puntata sull'esame del web, mezzo usato molto dai terroristi. Si riesce a intervenire?
«Ci sono varie strutture di Stato che lavorano, tipo l'Aisi, costituita dopo gli attentati di Londra del 2005 e che sono un punto di riferimento che si è cercato di potenziare per incrementare gli strumenti di contrasto a questo fenomeno. Anche se ci sono settori difficilmente controllabili e fuori dai motori di ricerca».
Qual è l'attuale stato della sicurezza in Italia?
«È una sicurezza garantita ogni giorno e la vicenda di Sesto San Giovanni credo ne sia la dimostrazione. Ovviamente abbiamo molto lavoro davanti. Mi rendo conto che le nostre comunità abbiano, invece, una percezione della sicurezza non sempre elevata e questo è il frutto di tantissimi fattori. Ai miei dico, però, che non bisogna anteporre le statistiche a quello che sente la gente, perché il nostro primario compito è quello di essere al servizio delle persone».
Immigrazione. Un milione e mezzo di musulmani in Italia. Le moschee sono un rischio?
«Oggi le moschee in senso assoluto sono i luoghi meno preoccupanti perché posti facilmente verificabili. Abbiamo vissuto una stagione dove le prime moschee erano estremamente problematiche, ma oggi sono le sedi meno preoccupanti: la comunità islamica sta facendo progressivamente una sorta di intelligente passo verso l'integrazione».
Come si può sopperire a carenze interne come mezzi mancanti e armi vecchie?
«Non nego ci siano delle criticità, ma troppo spesso ci si dimentica del passato. Tutto sommato dei passi avanti ne abbiamo compiuti».
Molti poliziotti non sarebbero preparati al tiro dinamico. È vero?
«La prima questione che mi sono posto quando sono arrivato è stata l'esercitazione al tiro. Ma anche i nostri poliziotti, a volte, sono un po' refrattari a far sì che l'addestramento al tiro sia una costante. Non dico che su questo argomento non ci siano cose da fare, però, anche lì, poi sono i fatti che certificano le situazione. Sesto San Giovanni, sono le tre di notte. Due poliziotti sparano e i colpi sono entrambi mortali. Io, con questo, dico che i sindacati possono dirmi cosa vogliono, la realtà dice altro».
Una bella pubblicità per la polizia.
«Non avrei potuto scegliere uno sportt migliore».
Cosa ne pensa della proposta del governo di aprire un Cie in ogni regione?
«Che è importante riaprirli in numero sufficiente e in ogni regione, senza essere afflittivi nei confronti dei territori. Si arriverà a una permanenza di un massimo di un anno in presenza di motivi di sicurezza pubblica».
E se non si individua il Paese in cui rimpatriarli?
«Tornano liberi. Ma se non ci fossero i Cie sarebbero tutti in giro».
Si collabora con le forze di polizia estere per l'antiterrorismo dopo il cambio di governo?
«Si sta vivendo un momento molto fortunato da questo punto di vista. Abbiamo un rapporto ottimo con le forze di polizia internazionali e collaboriamo attivamente».
Che dire, invece, degli attacchi alla polizia in Italia?
«L'aspetto più effervescente è quello dell'anarco insurrezionalista, fenomeno da tenere sotto attenzione, ma non importante come quello del terrorismo internazionale».
Assumerete altri agenti?
«Faremo a breve un concorso per assumerne mille e, più avanti, forse un altro. Pensiamo di annullare quello da 559 perché c'è stata una concentrazione di geni in Campania. Prima che lo faccia il Tar lo annulleremo noi e, magari, avvieremo verifiche anche su chi ha fatto i quiz».
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Re: Fermate il treno, voglio scendere.
La stupidità umana non ha confini
Meglio tacere e passare per idiota che parlare e dissipare ogni dubbio.
Abraham Lincoln
09gen 17
La tristezza culturale della sinistra
È tutta questione di… cliché.
Dopo aver letto questa notizia, certo la mia conclusione non poteva essere diversa da quella espressa nel titolo.
Non penso sia interessante fare riferimento al mondo dei rapper, mentre ritengo utile, forse, notare con quanta vecchiezza intellettuale e pena cognitiva si affronta il tema dell’immigrazione. Che qualcuno in questa nazione, dopo aver visto alcuni servizi televisivi sulle condizioni di vita degli immigrati nei centri di “dis-accoglienza” ad opera delle cooperative, oppure a seguito di ciò che quotidianamente si incontra per strada, possa sostenere che si “ammirano” queste persone è davvero triste, e forse persino drammatico. Lo stesso dramma di questa povera gente, sfruttata a vantaggio di una finta accoglienza, lo si riviene in questi giudizi romantici e privi di ogni fondamento antropologico.
Sarebbe, forse, più onesto sostenere che gli italiani non comprendono il dramma altrui, perché si rendono conto che questa forma di “accoglienza” non è utile agli immigrati, mentre se si volesse davvero avviarsi verso una possibile soluzione si agirebbe governativamente in modo diverso. Si potrebbe, ad esempio, cominciare mettendo nelle condizioni queste persone di migliorare il proprio stile di vita nei loro Paesi, ma la FAO ed altre Agenzie internazionali, che esistono da oltre settant’anni, non mi sembra abbiano fatto qualcosa di veramente importante. Oppure, se lo hanno fatto, vi sono le Nazioni, che con le loro politiche e i loro capi di Governo, disfanno ad una velocità maggiore di quella con cui altri tentano di costruire. Insomma, vedo solo tanta demagogia, nei fatti e ancor più nelle parole di questi intellettuali. E se mettessimo nelle condizioni queste persone di fare i lavori che noi non vogliamo più fare, e procedessimo verso un’integrazione capillare, a bassi numeri, ma diffusa?
Forse, molti italiani che non capiscono, me compreso, potrebbero essere messi nelle condizioni mentali di accogliere davvero, senza stupidaggini intellettuali.
Meglio tacere e passare per idiota che parlare e dissipare ogni dubbio.
Abraham Lincoln
09gen 17
La tristezza culturale della sinistra
È tutta questione di… cliché.
Dopo aver letto questa notizia, certo la mia conclusione non poteva essere diversa da quella espressa nel titolo.
Non penso sia interessante fare riferimento al mondo dei rapper, mentre ritengo utile, forse, notare con quanta vecchiezza intellettuale e pena cognitiva si affronta il tema dell’immigrazione. Che qualcuno in questa nazione, dopo aver visto alcuni servizi televisivi sulle condizioni di vita degli immigrati nei centri di “dis-accoglienza” ad opera delle cooperative, oppure a seguito di ciò che quotidianamente si incontra per strada, possa sostenere che si “ammirano” queste persone è davvero triste, e forse persino drammatico. Lo stesso dramma di questa povera gente, sfruttata a vantaggio di una finta accoglienza, lo si riviene in questi giudizi romantici e privi di ogni fondamento antropologico.
Sarebbe, forse, più onesto sostenere che gli italiani non comprendono il dramma altrui, perché si rendono conto che questa forma di “accoglienza” non è utile agli immigrati, mentre se si volesse davvero avviarsi verso una possibile soluzione si agirebbe governativamente in modo diverso. Si potrebbe, ad esempio, cominciare mettendo nelle condizioni queste persone di migliorare il proprio stile di vita nei loro Paesi, ma la FAO ed altre Agenzie internazionali, che esistono da oltre settant’anni, non mi sembra abbiano fatto qualcosa di veramente importante. Oppure, se lo hanno fatto, vi sono le Nazioni, che con le loro politiche e i loro capi di Governo, disfanno ad una velocità maggiore di quella con cui altri tentano di costruire. Insomma, vedo solo tanta demagogia, nei fatti e ancor più nelle parole di questi intellettuali. E se mettessimo nelle condizioni queste persone di fare i lavori che noi non vogliamo più fare, e procedessimo verso un’integrazione capillare, a bassi numeri, ma diffusa?
Forse, molti italiani che non capiscono, me compreso, potrebbero essere messi nelle condizioni mentali di accogliere davvero, senza stupidaggini intellettuali.
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Re: Fermate il treno, voglio scendere.
Minniti in Libia per gli sbarchi ma tratta col governo sbagliato
Il ministro a Tripoli, intesa con Serraj: ripristinati i patti del 2009 e riaperta l'ambasciata. Però chi comanda è Haftar
Chiara Giannini - Mar, 10/01/2017 - 08:22
Il ministro dell'Interno Marco Minniti è volato ieri a Tripoli per incontrare i vertici del governo libico.
Insieme al presidente del consiglio presidenziale Falez Mustafa Al Serraj, c'erano anche il ministro degli esteri, Siyala e i membri del consiglio presidenziale, Maitig e Kajman.
Per il Viminale «la missione in Libia è stata l'occasione per l'avvio di una nuova fase di cooperazione tra i due Paesi». Nel corso dell'incontro, è stato ribadito «il sostegno pieno dell'Italia al governo di accordo nazionale e al ruolo della Libia nel contrasto al terrorismo, in particolare nella regione mediterranea». Da entrambe le parti «è stato espresso l'impegno congiunto a lottare contro l'immigrazione illegale e il traffico di esseri umani ed è stata approfondita la questione della lotta all'immigrazione clandestina e del traffico di esseri umani sulle quali è stato concordato un progetto per rafforzare la cooperazione tra i due Paesi nel campo della sicurezza, del contrasto al terrorismo e del traffico di esseri umani».
A margine dell'incontro, Minniti e Al Serraj hanno confermato l'impegno di affrontare insieme i problemi dei due Paesi come «il contrabbando e la protezione dei confini con particolare riferimento ai confini del sud della Libia. In questo quadro, l'ambasciata italiana che opera da Tripoli costituirà il centro di coordinamento principale di tutti questi progetti».
Insomma, non si fa altro che rispolverare gli accordi del 2009, quando l'Italia si impegnò a un investimento da 5 miliardi in Libia, in cambio del blocco delle partenze. All'epoca erano compresi anche ampie collaborazioni commerciali e l'intervento di aziende italiane per garantire la sicurezza lungo i confini a Sud del Paese. Che gli accordi funzionavano se ne ebbe una prova, ad esempio, in Tunisia, quando nel 2011, con la crisi libica e l'esodo di molte persone verso Lampedusa, in seguito agli accordi col governo Berlusconi, la guardia costiera tunisina cominciò a bloccare i barconi in partenza.
La situazione, però, non è semplice, perché il governo Serraj ha un peso politico poco incisivo, visto che è espressione dell'Onu. Chi conta sono altri poteri e, quindi, eventuali collaborazioni tra l'Italia e la Libia rischiano di essere in futuro un buco nell'acqua. Un peso importante lo ha il generale della Cirenaica Khalifa Haftar, che controlla le estrazioni e le esportazioni di petrolio e che non vede di buon occhio i contatti tra il nostro Paese e il governo attuale. «L'Italia ha scelto la parte sbagliata, il vostro capo di Stato Maggiore della Difesa ha detto che l'Italia sostiene le milizie di Misurata, cosa che va oltre una pura missione medica di pace», aveva detto tempo fa, poco dopo la visita del generale Claudio Graziano nella sua terra. Ma Minniti è persona di polso e c'è chi dice che la giusta via di mezzo che servirà a bloccare i flussi migratori saprà trovarla.
Intanto, ieri, il ministro degli esteri Angelino Alfano è volato in America per la sessione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. «All'agenda del mondo su pace e sicurezza - ha detto prima dell'incontro - l'Italia vuole aggiungere un accento su un punto che riteniamo debba far parte delle priorità di questa agenda, cioè la questione del Mediterraneo. Possiamo giocare un ruolo importante per imprimere un rafforzamento di intensità e per gestire l'emergenza migranti, l'Europa deve finanziare gli accordi con i Paesi africani con parecchi soldi, così come ha fatto con la Turchia».
Il ministro a Tripoli, intesa con Serraj: ripristinati i patti del 2009 e riaperta l'ambasciata. Però chi comanda è Haftar
Chiara Giannini - Mar, 10/01/2017 - 08:22
Il ministro dell'Interno Marco Minniti è volato ieri a Tripoli per incontrare i vertici del governo libico.
Insieme al presidente del consiglio presidenziale Falez Mustafa Al Serraj, c'erano anche il ministro degli esteri, Siyala e i membri del consiglio presidenziale, Maitig e Kajman.
Per il Viminale «la missione in Libia è stata l'occasione per l'avvio di una nuova fase di cooperazione tra i due Paesi». Nel corso dell'incontro, è stato ribadito «il sostegno pieno dell'Italia al governo di accordo nazionale e al ruolo della Libia nel contrasto al terrorismo, in particolare nella regione mediterranea». Da entrambe le parti «è stato espresso l'impegno congiunto a lottare contro l'immigrazione illegale e il traffico di esseri umani ed è stata approfondita la questione della lotta all'immigrazione clandestina e del traffico di esseri umani sulle quali è stato concordato un progetto per rafforzare la cooperazione tra i due Paesi nel campo della sicurezza, del contrasto al terrorismo e del traffico di esseri umani».
A margine dell'incontro, Minniti e Al Serraj hanno confermato l'impegno di affrontare insieme i problemi dei due Paesi come «il contrabbando e la protezione dei confini con particolare riferimento ai confini del sud della Libia. In questo quadro, l'ambasciata italiana che opera da Tripoli costituirà il centro di coordinamento principale di tutti questi progetti».
Insomma, non si fa altro che rispolverare gli accordi del 2009, quando l'Italia si impegnò a un investimento da 5 miliardi in Libia, in cambio del blocco delle partenze. All'epoca erano compresi anche ampie collaborazioni commerciali e l'intervento di aziende italiane per garantire la sicurezza lungo i confini a Sud del Paese. Che gli accordi funzionavano se ne ebbe una prova, ad esempio, in Tunisia, quando nel 2011, con la crisi libica e l'esodo di molte persone verso Lampedusa, in seguito agli accordi col governo Berlusconi, la guardia costiera tunisina cominciò a bloccare i barconi in partenza.
La situazione, però, non è semplice, perché il governo Serraj ha un peso politico poco incisivo, visto che è espressione dell'Onu. Chi conta sono altri poteri e, quindi, eventuali collaborazioni tra l'Italia e la Libia rischiano di essere in futuro un buco nell'acqua. Un peso importante lo ha il generale della Cirenaica Khalifa Haftar, che controlla le estrazioni e le esportazioni di petrolio e che non vede di buon occhio i contatti tra il nostro Paese e il governo attuale. «L'Italia ha scelto la parte sbagliata, il vostro capo di Stato Maggiore della Difesa ha detto che l'Italia sostiene le milizie di Misurata, cosa che va oltre una pura missione medica di pace», aveva detto tempo fa, poco dopo la visita del generale Claudio Graziano nella sua terra. Ma Minniti è persona di polso e c'è chi dice che la giusta via di mezzo che servirà a bloccare i flussi migratori saprà trovarla.
Intanto, ieri, il ministro degli esteri Angelino Alfano è volato in America per la sessione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. «All'agenda del mondo su pace e sicurezza - ha detto prima dell'incontro - l'Italia vuole aggiungere un accento su un punto che riteniamo debba far parte delle priorità di questa agenda, cioè la questione del Mediterraneo. Possiamo giocare un ruolo importante per imprimere un rafforzamento di intensità e per gestire l'emergenza migranti, l'Europa deve finanziare gli accordi con i Paesi africani con parecchi soldi, così come ha fatto con la Turchia».
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Re: Fermate il treno, voglio scendere.
DEBOLE CON I FORTI E FORTE CON I DEBOLI. IL SALUMIERE IMBECILLE DEL GIAMBELLINO(quartiere di Milano) CHE GUIDA I LEGAIOLI NE HA SPARATA UN’ALTRA DELLE SUE:
MIGRANTI “SCARICATELI IN SPIAGGIA CON UN PO’ DI NOCCIOLINE”.
SALVINI E’ UN IMBECILLE FURBO, MA ANCHE VIGLIACCO.
SOSTENERE DI SCARICARE I MIGRANTI SULLE SPIAGGIE CON UN PO’ DI NOCCIOLINE E’ UNA FORMA ELEGANTE PER DIRE:
”SPOGLIATELI E METTELI SOTTO LE DOCCE DELLE CAMERE A GAS ED ELIMINATELI”
VORREBBE TANTO POTERLO DIRE MA SA CHE PROVOCHEREBBE LA REAZIONE DEI PIU’ ANCHE DEI “MODERATI” BERLUSCONES CHE NON HANNO MAI CONDIVISO L’OLOCAUSTO NAZISTA.
E QUINDI DICE LA STESSA COSA SOTTO UN’ALTRA FORMA.
CI SI CHIEDE POI PERCHE’ I LEGHISTI SEMBRANO SIANO FATTI CON LO STESSO STAMPINO.
UN LEGHISTA DI QUESTE PARTI, DA TRE ANNI, NON SAPENDO QUALE ARGOMENTO CONTRAPPORRE, ADOTTA QUELLO DI SALVINI IL SALUMIERE IMBECILLE.
“NON POSSIAMO OSPITARE TUTTA L’AFRICA IN ITALIA”
MA C’E’ QUALCUNO SANO DI MENTE CHE POSSA PENSARE DI TRASFERIRE UN INTERO CONTINENTE SUL SUOLO ITALIANO?
MA CHE TIPO DI SEGATURA HANNO AL POSTO DEL CERVELLO QUESTI LEGAIOLI????
MAI CHE SFIDI LE ORGANIZZAZIONI CRIMINALI, COME MAFIA CAPITALE DI BUZZI E CARMINATI CHE A SUO TEMPO SOSTENEVANO CHE SI FANNO PIU’ SOLDI CON I MIGRANTI CHE CON LA DROGA.
Migranti, Salvini all'attacco: "Scaricateli in spiaggia con un po' di noccioline"
Salvini contro l'immigrazione in Italia: "È in corso una sostituzione etnica". E tuona: "I clandestini vanno scaricati sulle spiagge"
Sergio Rame - Gio, 12/01/2017 - 17:33
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"Con gli immigrati che arrivano in Italia è in corso una sostituzione etnica vera e propria".
Ai microfoni della Zanzara su Radio 24, Matteo Salvini tuano duramente contro l'immigrazione clandestina che sta prendendo d'assalto il nostro Paese e accusa il governo di non muovere un dito per fermare quella che ha i numeri di una vera e propria invasione. "Bisogna salvare chiunque in mezzo al mare, ma poi riportarlo indietro - tuona il leader della Lega Nord - bisogna scaricarli sulle spiagge, con una bella pacca sulla spalla, un sacchetto di noccioline e un gelato".
Nell'intervista con Giuseppe Cruciani, Salvini ha attaccato duramente il prefetto Mario Morcone, il capo del dipartimento immigrazione del ministero dell'Interno, che ha proposto di imporre a tutti sindaci italiani una quota fissa di immigrati da accogliere. "Morcone dovrebbe dimettersi - ha tuonato il lader del Carroccio - un tizio che governa l'immigrazione in tutta Italia, si candidò col Pd a Napoli e fortunatamente fu trombato, e ora vorrebbe imporre ad ogni sindaco, a ogni cittadino, la quota minima di immigrati, è uno che dovrebbe prendere il primo barcone ed essere spedito dall'altra parte del Mediterraneo".
Nell'intervista alla Zanzara Salvini non ci è andato giù per il sottile: "Morcone fa rima con barcone, ma come ti permetti di imporre?". "Non possiamo ospitare tutta l'Africa in Italia - ha, poi, aggiunto il segretario della Lega Nord - Morcone aiuta i delinquenti e favorisce l'immigrazione clandestina. Morcone è un prefetto che invece di tutelare l'ordine pubblico si preoccupa di spalmare casini in giro per l'Italia, è uno che dovrebbe cambiare mestiere".
MIGRANTI “SCARICATELI IN SPIAGGIA CON UN PO’ DI NOCCIOLINE”.
SALVINI E’ UN IMBECILLE FURBO, MA ANCHE VIGLIACCO.
SOSTENERE DI SCARICARE I MIGRANTI SULLE SPIAGGIE CON UN PO’ DI NOCCIOLINE E’ UNA FORMA ELEGANTE PER DIRE:
”SPOGLIATELI E METTELI SOTTO LE DOCCE DELLE CAMERE A GAS ED ELIMINATELI”
VORREBBE TANTO POTERLO DIRE MA SA CHE PROVOCHEREBBE LA REAZIONE DEI PIU’ ANCHE DEI “MODERATI” BERLUSCONES CHE NON HANNO MAI CONDIVISO L’OLOCAUSTO NAZISTA.
E QUINDI DICE LA STESSA COSA SOTTO UN’ALTRA FORMA.
CI SI CHIEDE POI PERCHE’ I LEGHISTI SEMBRANO SIANO FATTI CON LO STESSO STAMPINO.
UN LEGHISTA DI QUESTE PARTI, DA TRE ANNI, NON SAPENDO QUALE ARGOMENTO CONTRAPPORRE, ADOTTA QUELLO DI SALVINI IL SALUMIERE IMBECILLE.
“NON POSSIAMO OSPITARE TUTTA L’AFRICA IN ITALIA”
MA C’E’ QUALCUNO SANO DI MENTE CHE POSSA PENSARE DI TRASFERIRE UN INTERO CONTINENTE SUL SUOLO ITALIANO?
MA CHE TIPO DI SEGATURA HANNO AL POSTO DEL CERVELLO QUESTI LEGAIOLI????
MAI CHE SFIDI LE ORGANIZZAZIONI CRIMINALI, COME MAFIA CAPITALE DI BUZZI E CARMINATI CHE A SUO TEMPO SOSTENEVANO CHE SI FANNO PIU’ SOLDI CON I MIGRANTI CHE CON LA DROGA.
Migranti, Salvini all'attacco: "Scaricateli in spiaggia con un po' di noccioline"
Salvini contro l'immigrazione in Italia: "È in corso una sostituzione etnica". E tuona: "I clandestini vanno scaricati sulle spiagge"
Sergio Rame - Gio, 12/01/2017 - 17:33
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"Con gli immigrati che arrivano in Italia è in corso una sostituzione etnica vera e propria".
Ai microfoni della Zanzara su Radio 24, Matteo Salvini tuano duramente contro l'immigrazione clandestina che sta prendendo d'assalto il nostro Paese e accusa il governo di non muovere un dito per fermare quella che ha i numeri di una vera e propria invasione. "Bisogna salvare chiunque in mezzo al mare, ma poi riportarlo indietro - tuona il leader della Lega Nord - bisogna scaricarli sulle spiagge, con una bella pacca sulla spalla, un sacchetto di noccioline e un gelato".
Nell'intervista con Giuseppe Cruciani, Salvini ha attaccato duramente il prefetto Mario Morcone, il capo del dipartimento immigrazione del ministero dell'Interno, che ha proposto di imporre a tutti sindaci italiani una quota fissa di immigrati da accogliere. "Morcone dovrebbe dimettersi - ha tuonato il lader del Carroccio - un tizio che governa l'immigrazione in tutta Italia, si candidò col Pd a Napoli e fortunatamente fu trombato, e ora vorrebbe imporre ad ogni sindaco, a ogni cittadino, la quota minima di immigrati, è uno che dovrebbe prendere il primo barcone ed essere spedito dall'altra parte del Mediterraneo".
Nell'intervista alla Zanzara Salvini non ci è andato giù per il sottile: "Morcone fa rima con barcone, ma come ti permetti di imporre?". "Non possiamo ospitare tutta l'Africa in Italia - ha, poi, aggiunto il segretario della Lega Nord - Morcone aiuta i delinquenti e favorisce l'immigrazione clandestina. Morcone è un prefetto che invece di tutelare l'ordine pubblico si preoccupa di spalmare casini in giro per l'Italia, è uno che dovrebbe cambiare mestiere".
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Re: Fermate il treno, voglio scendere.
NEI COMMENTI DELLE DUE CORAZZATE DI DESTRA CHE SOSTENGONO SALVINI, PRIMA SOSTENEVANO BERLUSCONI, SI ELEVA QUALCHE VOCE CONTROCORRENTE
Atlantico
Gio, 12/01/2017 - 17:51
Berlusconi ha fatto benissimo a scaricare Salvini, un ragazzotto senza arte nè parte ( non ha mai lavorato una giorno neklla sua vita da vitellone iscritto da 16 o 17 anni all'università ... ) che offre ai sempliciotti soluzioni semplici ( ed irrealizzabili ) per problemi complessi. Ma lui, "intelligentemente", ha capito che il popolo italiano è composto per tre quarti da mezzi ignoranti che non leggono un libro o un giornale da lustri e lustri e quindi offre loro la mercanzia che quelli cercano: urla, consolazioni e distrazione di massa dai problemi di ogni giorno. Anche se ormai non si schioda più dal 12% circa, è quello il tetto della lega lepenista destinata all'opposizione ( da cui Salvini è bravissimo a indicare soluzioni che ai sempliciotti di cui sopra sembrano davvero serie. Non tutti hanno la fortuna di incontrare un Silvio Berlusconi che lo portò al governo. Salvini dovrà accontentarsi di Meloni ...
Atlantico
Gio, 12/01/2017 - 17:51
Berlusconi ha fatto benissimo a scaricare Salvini, un ragazzotto senza arte nè parte ( non ha mai lavorato una giorno neklla sua vita da vitellone iscritto da 16 o 17 anni all'università ... ) che offre ai sempliciotti soluzioni semplici ( ed irrealizzabili ) per problemi complessi. Ma lui, "intelligentemente", ha capito che il popolo italiano è composto per tre quarti da mezzi ignoranti che non leggono un libro o un giornale da lustri e lustri e quindi offre loro la mercanzia che quelli cercano: urla, consolazioni e distrazione di massa dai problemi di ogni giorno. Anche se ormai non si schioda più dal 12% circa, è quello il tetto della lega lepenista destinata all'opposizione ( da cui Salvini è bravissimo a indicare soluzioni che ai sempliciotti di cui sopra sembrano davvero serie. Non tutti hanno la fortuna di incontrare un Silvio Berlusconi che lo portò al governo. Salvini dovrà accontentarsi di Meloni ...
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