Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la SX?
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
Il partito di massa del XXI secolo
Spagna. Per Iglesias il populismo virtuoso è costruzione di frontiere antagoniste nella società. I voti vanno cercati fra i ceti medio-bassi, gli astensionisti, i disgustati
Negli ultimi due anni, Podemos è diventato un modello di riferimento per chi si propone di costruire una sinistra popolare e adeguata al presente. In Europa questo partito è già il simbolo di diverse cose: di una sinistra iconoclasta verso i propri modelli classici di azione; del cosiddetto populismo di sinistra, che sostituisce la frattura gente comune/èlite a quella tra destra e sinistra, e prova a diventare maggioritaria «facendosi popolo» più che costituendosi come parte politica; di una forma efficacemente post-moderna di partito progressista, molto legata alla continua traduzione della propria proposta politica in messaggio comunicativo; di un modello di partito-movimento in cui la forma-partito si integra con quella dei movimenti sociali.
TUTTO QUESTO È IN DISCUSSIONE. IL PARTITO È IN UNA FASE decisiva di confronto (e conflitto) interno che porterà, a febbraio, al suo secondo congresso. C’è un Podemos del biennio 2014-2016 e ci sarà un Podemos nato dal congresso del 2017, e saranno due partiti diversi.
Il dibattito interno ha a che fare con questioni di ordine generale: nel medio termine, mentre la crisi politica si acutizza e quella economica può radicalizzarsi, questo modello di partito è attrezzato per andare oltre una fase di blitz elettorale? È adatto a sostenere i cambiamenti strutturali che propone? Il tema di fondo è quello della costruzione di un partito di massa nel XXI secolo.
FINO AL 2016 PODEMOS È CRESCIUTO ATTORNO A OBIETTIVI esclusivamente elettorali: ne è emerso un partito incentrato sulla comunicazione, a sua volta incentrata sul leader; una certa vaghezza del messaggio; una struttura gerarchica e accentrata (che fa, però, votare alla base tutte le scelte strategiche); una distanza significativa dalla mobilitazione sociale. In due anni ha comunque raggiunto due risultati eccezionali: il 20% dei voti e la reintroduzione, nel perimetro della politica, dei problemi e degli interessi delle classi popolari.
Il passaggio che Podemos ha di fronte è il modo in cui evolvere da partito elettorale a movimento politico stabile e possibilmente egemonico nella politica e nella società spagnola. Su un punto concordano tutte le componenti del partito: il modello elettorale-verticistico arrivato fin qui dev’essere superato. Ma sul modo in cui farlo si stanno confrontando duramente due strategie diverse, legate all’area che fa riferimento a Iglesias e a quella che fa riferimento a Errejon, «numero 2» del partito. Queste due aree sono quasi due partiti nel partito, con due organizzazioni giovanili, due campagne di mobilitazione sociale, due universi di parole d’ordine e due stili comunicativi.
PER L’AREA DI IGLESIAS, IL PASSAGGIO DA PARTITO ELETTORALE a «movimento popolare» stabile e radicato si deve realizzare attraverso un’immersione nella società. Meno televisione, meno social media, meno centralità del populismo comunicativo e più mobilitazione collettiva. «Scavare trincee nella società», dice Iglesias: essere presenti in ogni quartiere, in ogni importante luogo di socializzazione e organizzare o sostenere il conflitto delle classi popolari contro le èlite. Il compito fondamentale di Podemos è la lotta alla povertà e alla diseguaglianza. L’area di Iglesias ha quindi lanciato “Vamos!”, una campagna di mobilitazione che ha scelto come primo terreno d’intervento la lotta alla povertà energetica (contro i tagli a luce, gas e riscaldamento a chi non riesce a pagare le bollette). Il linguaggio e i riferimenti diventano più nitidamente di sinistra. Iglesias ha un rapporto molto solido con Garzòn di Izquierda Unida, e all’interno del partito si è avvicinato all’area anticapitalista.
QUESTO NON SIGNIFICA RINUNCIARE A ESSERE MAGGIORITARI e trasversali. Iglesias non pensa di abbandonare totalmente la strada intrapresa finora, per quanto riguarda la centralità assegnata alla comunicazione e il ricorso a un certo populismo comunicativo (il popolo contro l’élite; la difesa della patria). Ma trasversalità ed egemonia si possono ottenere, per quest’area, soprattutto «politicizzando il dolore sociale». Per Iglesias il populismo virtuoso è soprattutto costruzione di frontiere antagonistiche dentro la società. I voti che mancano vanno cercati tra i ceti medio-bassi, gli astensionisti e i disgustati dalla politica tradizionale. Per questo, lo stile del partito deve restare il più possibile quello degli outsider, rendendo costantemente evidente la propria originalità ed evitando un’eccessiva identificazione con le istituzioni.
PER ERREJON E LA SUA AREA, TUTTO QUESTO È SOLO «RESISTENZA». È tornare a chiudersi nell’angolo marginale della sinistra radicale e rinunciare a diventare maggioranza e governo. Il Podemos che vince si costruisce soprattutto nelle istituzioni, ottenendo risultati tangibili in Parlamento e rendendo le giunte locali in cui si governa un modello di affidabilità ed efficacia. La mobilitazione sociale da costruire, per Errejon, è solo quella che difende i risultati di queste giunte: una forma di mobilitazione dall’alto.
Il rapporto tra partito e società delineato da quest’area non si basa sul conflitto, ma si concretizza nella campagna “Hacemos!”, diretta dall’area degli errejonisti: in questa campagna, parte degli stipendi delle cariche istituzionali di Podemos finanzia progetti sociali di cooperative, associazioni e circoli locali del partito. La presenza del partito nella società non deve quindi essere quella della costruzione conflittuale di soggettività popolari, ma quello della micro-costruzione diffusa di relazioni sociali virtuose. La “nuova società” dev’essere visibile nel modo in cui Podemos sostiene la cooperazione sociale e organizza il tempo libero delle persone nei quartieri (gite, feste, concerti, ecc.), non nella protesta.
I voti che mancano, secondo questa analisi, sono soprattutto quelli degli elettori socialisti delusi. Il partito dev’essere quindi più rassicurante che radicale. Per essere maggioritari e trasversali bisogna rivolgersi innanzitutto alle classi medie, e avere obiettivi che riguardino più il Paese e la Patria nel loro complesso che specifiche classi sociali.
PER ERREJON IL POPULISMO VIRTUOSO È LA COSTRUZIONE di un popolo attraverso significati e simboli condivisi da una maggioranza sociale trasversale. L’egemonia e il popolo non si costruiscono più «sociologicamente», come espressione di interessi materiali specifici, ma simbolicamente, mobilitando emozioni e significati collettivi. Il conflitto sociale è considerato non essenziale, se non controproducente. Bisogna essere diversi dalla politica e dalla società esistenti, ma nello stesso tempo pienamente parte di essi.
La relazione con il conflitto sociale – insieme al rapporto con la sinistra tradizionale – si configura quindi come il vero punto di divergenza tra le due aree. Già da questa sintetica descrizione, è però evidente come Podemos abbia bisogno di entrambe queste idee di partito, e che l’integrazione tra le due può delineare una nuova forma di partito di massa.
Spagna. Per Iglesias il populismo virtuoso è costruzione di frontiere antagoniste nella società. I voti vanno cercati fra i ceti medio-bassi, gli astensionisti, i disgustati
Negli ultimi due anni, Podemos è diventato un modello di riferimento per chi si propone di costruire una sinistra popolare e adeguata al presente. In Europa questo partito è già il simbolo di diverse cose: di una sinistra iconoclasta verso i propri modelli classici di azione; del cosiddetto populismo di sinistra, che sostituisce la frattura gente comune/èlite a quella tra destra e sinistra, e prova a diventare maggioritaria «facendosi popolo» più che costituendosi come parte politica; di una forma efficacemente post-moderna di partito progressista, molto legata alla continua traduzione della propria proposta politica in messaggio comunicativo; di un modello di partito-movimento in cui la forma-partito si integra con quella dei movimenti sociali.
TUTTO QUESTO È IN DISCUSSIONE. IL PARTITO È IN UNA FASE decisiva di confronto (e conflitto) interno che porterà, a febbraio, al suo secondo congresso. C’è un Podemos del biennio 2014-2016 e ci sarà un Podemos nato dal congresso del 2017, e saranno due partiti diversi.
Il dibattito interno ha a che fare con questioni di ordine generale: nel medio termine, mentre la crisi politica si acutizza e quella economica può radicalizzarsi, questo modello di partito è attrezzato per andare oltre una fase di blitz elettorale? È adatto a sostenere i cambiamenti strutturali che propone? Il tema di fondo è quello della costruzione di un partito di massa nel XXI secolo.
FINO AL 2016 PODEMOS È CRESCIUTO ATTORNO A OBIETTIVI esclusivamente elettorali: ne è emerso un partito incentrato sulla comunicazione, a sua volta incentrata sul leader; una certa vaghezza del messaggio; una struttura gerarchica e accentrata (che fa, però, votare alla base tutte le scelte strategiche); una distanza significativa dalla mobilitazione sociale. In due anni ha comunque raggiunto due risultati eccezionali: il 20% dei voti e la reintroduzione, nel perimetro della politica, dei problemi e degli interessi delle classi popolari.
Il passaggio che Podemos ha di fronte è il modo in cui evolvere da partito elettorale a movimento politico stabile e possibilmente egemonico nella politica e nella società spagnola. Su un punto concordano tutte le componenti del partito: il modello elettorale-verticistico arrivato fin qui dev’essere superato. Ma sul modo in cui farlo si stanno confrontando duramente due strategie diverse, legate all’area che fa riferimento a Iglesias e a quella che fa riferimento a Errejon, «numero 2» del partito. Queste due aree sono quasi due partiti nel partito, con due organizzazioni giovanili, due campagne di mobilitazione sociale, due universi di parole d’ordine e due stili comunicativi.
PER L’AREA DI IGLESIAS, IL PASSAGGIO DA PARTITO ELETTORALE a «movimento popolare» stabile e radicato si deve realizzare attraverso un’immersione nella società. Meno televisione, meno social media, meno centralità del populismo comunicativo e più mobilitazione collettiva. «Scavare trincee nella società», dice Iglesias: essere presenti in ogni quartiere, in ogni importante luogo di socializzazione e organizzare o sostenere il conflitto delle classi popolari contro le èlite. Il compito fondamentale di Podemos è la lotta alla povertà e alla diseguaglianza. L’area di Iglesias ha quindi lanciato “Vamos!”, una campagna di mobilitazione che ha scelto come primo terreno d’intervento la lotta alla povertà energetica (contro i tagli a luce, gas e riscaldamento a chi non riesce a pagare le bollette). Il linguaggio e i riferimenti diventano più nitidamente di sinistra. Iglesias ha un rapporto molto solido con Garzòn di Izquierda Unida, e all’interno del partito si è avvicinato all’area anticapitalista.
QUESTO NON SIGNIFICA RINUNCIARE A ESSERE MAGGIORITARI e trasversali. Iglesias non pensa di abbandonare totalmente la strada intrapresa finora, per quanto riguarda la centralità assegnata alla comunicazione e il ricorso a un certo populismo comunicativo (il popolo contro l’élite; la difesa della patria). Ma trasversalità ed egemonia si possono ottenere, per quest’area, soprattutto «politicizzando il dolore sociale». Per Iglesias il populismo virtuoso è soprattutto costruzione di frontiere antagonistiche dentro la società. I voti che mancano vanno cercati tra i ceti medio-bassi, gli astensionisti e i disgustati dalla politica tradizionale. Per questo, lo stile del partito deve restare il più possibile quello degli outsider, rendendo costantemente evidente la propria originalità ed evitando un’eccessiva identificazione con le istituzioni.
PER ERREJON E LA SUA AREA, TUTTO QUESTO È SOLO «RESISTENZA». È tornare a chiudersi nell’angolo marginale della sinistra radicale e rinunciare a diventare maggioranza e governo. Il Podemos che vince si costruisce soprattutto nelle istituzioni, ottenendo risultati tangibili in Parlamento e rendendo le giunte locali in cui si governa un modello di affidabilità ed efficacia. La mobilitazione sociale da costruire, per Errejon, è solo quella che difende i risultati di queste giunte: una forma di mobilitazione dall’alto.
Il rapporto tra partito e società delineato da quest’area non si basa sul conflitto, ma si concretizza nella campagna “Hacemos!”, diretta dall’area degli errejonisti: in questa campagna, parte degli stipendi delle cariche istituzionali di Podemos finanzia progetti sociali di cooperative, associazioni e circoli locali del partito. La presenza del partito nella società non deve quindi essere quella della costruzione conflittuale di soggettività popolari, ma quello della micro-costruzione diffusa di relazioni sociali virtuose. La “nuova società” dev’essere visibile nel modo in cui Podemos sostiene la cooperazione sociale e organizza il tempo libero delle persone nei quartieri (gite, feste, concerti, ecc.), non nella protesta.
I voti che mancano, secondo questa analisi, sono soprattutto quelli degli elettori socialisti delusi. Il partito dev’essere quindi più rassicurante che radicale. Per essere maggioritari e trasversali bisogna rivolgersi innanzitutto alle classi medie, e avere obiettivi che riguardino più il Paese e la Patria nel loro complesso che specifiche classi sociali.
PER ERREJON IL POPULISMO VIRTUOSO È LA COSTRUZIONE di un popolo attraverso significati e simboli condivisi da una maggioranza sociale trasversale. L’egemonia e il popolo non si costruiscono più «sociologicamente», come espressione di interessi materiali specifici, ma simbolicamente, mobilitando emozioni e significati collettivi. Il conflitto sociale è considerato non essenziale, se non controproducente. Bisogna essere diversi dalla politica e dalla società esistenti, ma nello stesso tempo pienamente parte di essi.
La relazione con il conflitto sociale – insieme al rapporto con la sinistra tradizionale – si configura quindi come il vero punto di divergenza tra le due aree. Già da questa sintetica descrizione, è però evidente come Podemos abbia bisogno di entrambe queste idee di partito, e che l’integrazione tra le due può delineare una nuova forma di partito di massa.
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
iospero ha scritto:Il partito di massa del XXI secolo
Spagna. Per Iglesias il populismo virtuoso è costruzione di frontiere antagoniste nella società. I voti vanno cercati fra i ceti medio-bassi, gli astensionisti, i disgustati
Negli ultimi due anni, Podemos è diventato un modello di riferimento per chi si propone di costruire una sinistra popolare e adeguata al presente. In Europa questo partito è già il simbolo di diverse cose: di una sinistra iconoclasta verso i propri modelli classici di azione; del cosiddetto populismo di sinistra, che sostituisce la frattura gente comune/èlite a quella tra destra e sinistra, e prova a diventare maggioritaria «facendosi popolo» più che costituendosi come parte politica; di una forma efficacemente post-moderna di partito progressista, molto legata alla continua traduzione della propria proposta politica in messaggio comunicativo; di un modello di partito-movimento in cui la forma-partito si integra con quella dei movimenti sociali.
TUTTO QUESTO È IN DISCUSSIONE. IL PARTITO È IN UNA FASE decisiva di confronto (e conflitto) interno che porterà, a febbraio, al suo secondo congresso. C’è un Podemos del biennio 2014-2016 e ci sarà un Podemos nato dal congresso del 2017, e saranno due partiti diversi.
Il dibattito interno ha a che fare con questioni di ordine generale: nel medio termine, mentre la crisi politica si acutizza e quella economica può radicalizzarsi, questo modello di partito è attrezzato per andare oltre una fase di blitz elettorale? È adatto a sostenere i cambiamenti strutturali che propone? Il tema di fondo è quello della costruzione di un partito di massa nel XXI secolo.
FINO AL 2016 PODEMOS È CRESCIUTO ATTORNO A OBIETTIVI esclusivamente elettorali: ne è emerso un partito incentrato sulla comunicazione, a sua volta incentrata sul leader; una certa vaghezza del messaggio; una struttura gerarchica e accentrata (che fa, però, votare alla base tutte le scelte strategiche); una distanza significativa dalla mobilitazione sociale. In due anni ha comunque raggiunto due risultati eccezionali: il 20% dei voti e la reintroduzione, nel perimetro della politica, dei problemi e degli interessi delle classi popolari.
Il passaggio che Podemos ha di fronte è il modo in cui evolvere da partito elettorale a movimento politico stabile e possibilmente egemonico nella politica e nella società spagnola. Su un punto concordano tutte le componenti del partito: il modello elettorale-verticistico arrivato fin qui dev’essere superato. Ma sul modo in cui farlo si stanno confrontando duramente due strategie diverse, legate all’area che fa riferimento a Iglesias e a quella che fa riferimento a Errejon, «numero 2» del partito. Queste due aree sono quasi due partiti nel partito, con due organizzazioni giovanili, due campagne di mobilitazione sociale, due universi di parole d’ordine e due stili comunicativi.
PER L’AREA DI IGLESIAS, IL PASSAGGIO DA PARTITO ELETTORALE a «movimento popolare» stabile e radicato si deve realizzare attraverso un’immersione nella società. Meno televisione, meno social media, meno centralità del populismo comunicativo e più mobilitazione collettiva. «Scavare trincee nella società», dice Iglesias: essere presenti in ogni quartiere, in ogni importante luogo di socializzazione e organizzare o sostenere il conflitto delle classi popolari contro le èlite. Il compito fondamentale di Podemos è la lotta alla povertà e alla diseguaglianza. L’area di Iglesias ha quindi lanciato “Vamos!”, una campagna di mobilitazione che ha scelto come primo terreno d’intervento la lotta alla povertà energetica (contro i tagli a luce, gas e riscaldamento a chi non riesce a pagare le bollette). Il linguaggio e i riferimenti diventano più nitidamente di sinistra. Iglesias ha un rapporto molto solido con Garzòn di Izquierda Unida, e all’interno del partito si è avvicinato all’area anticapitalista.
QUESTO NON SIGNIFICA RINUNCIARE A ESSERE MAGGIORITARI e trasversali. Iglesias non pensa di abbandonare totalmente la strada intrapresa finora, per quanto riguarda la centralità assegnata alla comunicazione e il ricorso a un certo populismo comunicativo (il popolo contro l’élite; la difesa della patria). Ma trasversalità ed egemonia si possono ottenere, per quest’area, soprattutto «politicizzando il dolore sociale». Per Iglesias il populismo virtuoso è soprattutto costruzione di frontiere antagonistiche dentro la società. I voti che mancano vanno cercati tra i ceti medio-bassi, gli astensionisti e i disgustati dalla politica tradizionale. Per questo, lo stile del partito deve restare il più possibile quello degli outsider, rendendo costantemente evidente la propria originalità ed evitando un’eccessiva identificazione con le istituzioni.
PER ERREJON E LA SUA AREA, TUTTO QUESTO È SOLO «RESISTENZA». È tornare a chiudersi nell’angolo marginale della sinistra radicale e rinunciare a diventare maggioranza e governo. Il Podemos che vince si costruisce soprattutto nelle istituzioni, ottenendo risultati tangibili in Parlamento e rendendo le giunte locali in cui si governa un modello di affidabilità ed efficacia. La mobilitazione sociale da costruire, per Errejon, è solo quella che difende i risultati di queste giunte: una forma di mobilitazione dall’alto.
Il rapporto tra partito e società delineato da quest’area non si basa sul conflitto, ma si concretizza nella campagna “Hacemos!”, diretta dall’area degli errejonisti: in questa campagna, parte degli stipendi delle cariche istituzionali di Podemos finanzia progetti sociali di cooperative, associazioni e circoli locali del partito. La presenza del partito nella società non deve quindi essere quella della costruzione conflittuale di soggettività popolari, ma quello della micro-costruzione diffusa di relazioni sociali virtuose. La “nuova società” dev’essere visibile nel modo in cui Podemos sostiene la cooperazione sociale e organizza il tempo libero delle persone nei quartieri (gite, feste, concerti, ecc.), non nella protesta.
I voti che mancano, secondo questa analisi, sono soprattutto quelli degli elettori socialisti delusi. Il partito dev’essere quindi più rassicurante che radicale. Per essere maggioritari e trasversali bisogna rivolgersi innanzitutto alle classi medie, e avere obiettivi che riguardino più il Paese e la Patria nel loro complesso che specifiche classi sociali.
PER ERREJON IL POPULISMO VIRTUOSO È LA COSTRUZIONE di un popolo attraverso significati e simboli condivisi da una maggioranza sociale trasversale. L’egemonia e il popolo non si costruiscono più «sociologicamente», come espressione di interessi materiali specifici, ma simbolicamente, mobilitando emozioni e significati collettivi. Il conflitto sociale è considerato non essenziale, se non controproducente. Bisogna essere diversi dalla politica e dalla società esistenti, ma nello stesso tempo pienamente parte di essi.
La relazione con il conflitto sociale – insieme al rapporto con la sinistra tradizionale – si configura quindi come il vero punto di divergenza tra le due aree. Già da questa sintetica descrizione, è però evidente come Podemos abbia bisogno di entrambe queste idee di partito, e che l’integrazione tra le due può delineare una nuova forma di partito di massa.
Cosa ne pensa Podemos del nemico comune che hanno di fronte Italia e Spagna??????
Il neoliberismo e le élite che lo sostengono????
http://www.libreidee.org/2016/12/la-giu ... liberismo/
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
da di Valerio Valentini | 14 gennaio 2017 -IlF.Q.
Una proposta di alleanza è arrivata a movimentare la marcia d’avvicinamento di Si al suo congresso fondativo. Pippo Civati, in un’intervista al Manifesto del 12 gennaio, ha teso una mano agli attuali esponenti di Sel: realizzare “un manifesto comune”, “una costituente delle idee, per scrivere un progetto di governo” in vista della prossima legislatura. “Stimo Pippo e la sua intelligenza – commenta Scotto – ma mai più sinistre arcobaleno e liste Tsipras. I cartelli elettorali non servono e non funzionano”. Secondo Palazzotto, invece, “Sinistra italiana deve uscire dal suo congresso con la volontà di avviare subito un dialogo con varie forze della sinistra”. E non solo Possibile di Civati: “Dobbiamo guardare anche a esperienze di governo locali e liste civiche come quelle rappresentate da Renato Accorinti a Messina e Luigi De Magistris a Napoli. Non nell’ottica del minestrone, ma in quella di una piattaforma ampia e inclusiva”.
La sensazione, comunque, è che a determinare gran parte delle strategie future di Si sarà la natura della nuova legge elettorale. Ammette Fratoianni: “Se passa il Mattarellum, lo so, c’è il rischio che restando fuori dalle alleanze si resti fuori dal Parlamento. Ma non può essere questa paura il motivo per costringersi ad accettare politiche sbagliate”. Viceversa, col proporzionale, lo scenario cambierebbe radicalmente. E non è un caso che tutti proporzionalisti convinti si dicano i dirigenti del nascente partito. “L’equivalenza un voto un seggio è fondamentale. Qualunque distorsione è dannosa”, osserva Scotto. In un’ottica simile, è evidente, un’alleanza col Pd diventerebbe assai meno necessaria. E anche la proposta lanciata da Pisapia si sgonfierebbe. Scherza Palazzotto: “Io Giuliano me lo ricordo come un accanito proporzionalista. Chissà se ora ha cambiato idea”.
Si vedrà. Quel che è certo è che per ora l’ex sindaco di Milano ha cambiato il suo programma d’impegni. La manifestazione nazionale di Campo progressista, prevista a Roma per il 22 gennaio, è stata annullata. “Non era mai stata davvero fissata”, precisano dallo staff di Pisapia. Ma secondo alcuni è un segnale importante, che dice di come l’avvocato milanese preferisca aspettare, ripensarci, confrontarsi con amici e alleati. Il progetto, per ora, resta poco definito: e non è detto che alla fine decolli davvero.
Una proposta di alleanza è arrivata a movimentare la marcia d’avvicinamento di Si al suo congresso fondativo. Pippo Civati, in un’intervista al Manifesto del 12 gennaio, ha teso una mano agli attuali esponenti di Sel: realizzare “un manifesto comune”, “una costituente delle idee, per scrivere un progetto di governo” in vista della prossima legislatura. “Stimo Pippo e la sua intelligenza – commenta Scotto – ma mai più sinistre arcobaleno e liste Tsipras. I cartelli elettorali non servono e non funzionano”. Secondo Palazzotto, invece, “Sinistra italiana deve uscire dal suo congresso con la volontà di avviare subito un dialogo con varie forze della sinistra”. E non solo Possibile di Civati: “Dobbiamo guardare anche a esperienze di governo locali e liste civiche come quelle rappresentate da Renato Accorinti a Messina e Luigi De Magistris a Napoli. Non nell’ottica del minestrone, ma in quella di una piattaforma ampia e inclusiva”.
La sensazione, comunque, è che a determinare gran parte delle strategie future di Si sarà la natura della nuova legge elettorale. Ammette Fratoianni: “Se passa il Mattarellum, lo so, c’è il rischio che restando fuori dalle alleanze si resti fuori dal Parlamento. Ma non può essere questa paura il motivo per costringersi ad accettare politiche sbagliate”. Viceversa, col proporzionale, lo scenario cambierebbe radicalmente. E non è un caso che tutti proporzionalisti convinti si dicano i dirigenti del nascente partito. “L’equivalenza un voto un seggio è fondamentale. Qualunque distorsione è dannosa”, osserva Scotto. In un’ottica simile, è evidente, un’alleanza col Pd diventerebbe assai meno necessaria. E anche la proposta lanciata da Pisapia si sgonfierebbe. Scherza Palazzotto: “Io Giuliano me lo ricordo come un accanito proporzionalista. Chissà se ora ha cambiato idea”.
Si vedrà. Quel che è certo è che per ora l’ex sindaco di Milano ha cambiato il suo programma d’impegni. La manifestazione nazionale di Campo progressista, prevista a Roma per il 22 gennaio, è stata annullata. “Non era mai stata davvero fissata”, precisano dallo staff di Pisapia. Ma secondo alcuni è un segnale importante, che dice di come l’avvocato milanese preferisca aspettare, ripensarci, confrontarsi con amici e alleati. Il progetto, per ora, resta poco definito: e non è detto che alla fine decolli davvero.
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
POLLETTI, POLLASTRI E POLLASTRONI
Prima o poi bisogna prendere il coraggio a due mani e capire perché la sinistra è sparita in Italia e in Europa.
Il caso STAINO Sergio, ci aiuta a capire.
http://forumisti.mondoforum.com/viewtop ... 516#p48516
Prima o poi bisogna prendere il coraggio a due mani e capire perché la sinistra è sparita in Italia e in Europa.
Il caso STAINO Sergio, ci aiuta a capire.
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
da facebook lega dei socialisti
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Una cosa e la politica organizzata, io da esterno vedo sinistra italiana una soluzione importante, deve approfondire meglio la forma partito. Da esterno in quanto vi è un pericolo politicista ma puo essere superato. Altra cosa è la costruzione di UN BLOCCO SOCIALE ANTICAPITALISTA che coinvolga la piccola borghesia proletarizzata, la classe operaia frammentata, i disoccupati e importante artigiani e commercianti individuale, questa dovrebbe essere la nostra strategia . a livello tattico la sinistra deve costruire una alleanza CONTRO EUROPA NEOMERCANTILITA con il mondo cattolico, e la lega nord, il movimento 5 stelle contro la moneta euro . compagni esiste anche la tattica non solo la strategia, dobbiamo partire dal referendum dalla costituzione italiana e quindi dai partigiani cioè anche dalla antifascismo.
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Una cosa e la politica organizzata, io da esterno vedo sinistra italiana una soluzione importante, deve approfondire meglio la forma partito. Da esterno in quanto vi è un pericolo politicista ma puo essere superato. Altra cosa è la costruzione di UN BLOCCO SOCIALE ANTICAPITALISTA che coinvolga la piccola borghesia proletarizzata, la classe operaia frammentata, i disoccupati e importante artigiani e commercianti individuale, questa dovrebbe essere la nostra strategia . a livello tattico la sinistra deve costruire una alleanza CONTRO EUROPA NEOMERCANTILITA con il mondo cattolico, e la lega nord, il movimento 5 stelle contro la moneta euro . compagni esiste anche la tattica non solo la strategia, dobbiamo partire dal referendum dalla costituzione italiana e quindi dai partigiani cioè anche dalla antifascismo.
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
Buone notizie per Possibile: accesso al due per mille e donazioni detraibili
Il 2017 inizia nel migliore dei modi per Possibile: a un anno e mezzo dalla sua trasformazione in partito (e dopo l’iscrizione al registro pubblico con pubblicazione in Gazzetta ufficiale avvenuta la scorsa primavera), la Commissione di Garanzia degli Statuti e per la trasparenza dei partiti politici ha infatti approvato la nostra richiesta di accedere ai benefici di legge (qui la delibera), e in particolare quelli previsti dagli articoli 11 e 12 del decreto legge 28/12/13 n. 149: destinazione del 2 per mille nella dichiarazione dei redditi e detraibilità delle donazioni. Nelle prossime settimane l’Agenzia delle entrate ci assegnerà quindi un codice che ovviamente diffonderemo subito in lungo e in largo e che potrà essere utilizzato al momento della dichiarazione dei redditi.
Si tratta, per Possibile, del riconoscimento della correttezza del percorso effettuato sin dall’inizio e di un importante sostegno alla nostra attività, che non ha sponsor occulti ma solo il contributo trasparente dei suoi sostenitori.
Avanti così.
Il 2017 inizia nel migliore dei modi per Possibile: a un anno e mezzo dalla sua trasformazione in partito (e dopo l’iscrizione al registro pubblico con pubblicazione in Gazzetta ufficiale avvenuta la scorsa primavera), la Commissione di Garanzia degli Statuti e per la trasparenza dei partiti politici ha infatti approvato la nostra richiesta di accedere ai benefici di legge (qui la delibera), e in particolare quelli previsti dagli articoli 11 e 12 del decreto legge 28/12/13 n. 149: destinazione del 2 per mille nella dichiarazione dei redditi e detraibilità delle donazioni. Nelle prossime settimane l’Agenzia delle entrate ci assegnerà quindi un codice che ovviamente diffonderemo subito in lungo e in largo e che potrà essere utilizzato al momento della dichiarazione dei redditi.
Si tratta, per Possibile, del riconoscimento della correttezza del percorso effettuato sin dall’inizio e di un importante sostegno alla nostra attività, che non ha sponsor occulti ma solo il contributo trasparente dei suoi sostenitori.
Avanti così.
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
SCENARI
Che sinistra vuole costruire Giuliano Pisapia
Il "Campo progressista" a cui l'ex sindaco di Milano sta lavorando attira le speranze di chi non si sente rappresentato dal Pd renziano. Ecco a chi si rivolge il suo messaggio e chi intende seguirlo
DI DENISE PARDO
18 gennaio 2017
Giuliano PisapiaForse succederà come nel 2011 quando si è ritrovato quasi incredulo, tirato in ballo in un crescendo per caso o per sorte, candidato a diventare sindaco della capitale morale del paese e ha disciolto quella che sembrava l’invincibile Letizia Moratti. Infatti il “Campo progressista” di Giuliano Pisapia nome provvisorio, messaggio bucolico (ma anche militare) novità politica del momento ancora in costruzione, definirà bene la rete, i contorni, e il suo Dna a poco a poco, senza forzature e provando che effetto fa.
Forse è nato per partenogenesi, perché a volte non ci si può sottrarre, o perché una parte del paese ne ha bisogno. Questo spiega lui, queste sono le radici nel Campo. E poi non si capirà se nel copione della rete, Pisapia è il ragno o invece la mosca felice. A fine mese si tireranno le fila, dopo che il 24 gennaio la Corte Costituzionale si sarà espressa sulla legge elettorale, chiave di volta del futuro della politica. Qualcuno gli ha chiesto se metterà la faccia su questa “Cosa”, lui ha risposto «Metterò il sostegno». A proposito di leadership, personalizzazione e protagonismo.
Nel clima da post referendum e fine legislatura, con un Pd lacerato e confuso, Matteo Renzi disarcionato, i venti del populismo e del grillismo ancora in poppa, i concetti di destra e sinistra sempre meno netti, la rete di Pisapia si va costruendo intorno al campo da coltivare, fuori dai possedimenti del Pd ma confinante. Una sinistra aperta e rivisitata, inclusiva non esclusiva, tre milioni di voti da riconquistare, la grande sfida del terzo millennio. A ricostruire ci sta Gianni Cuperlo. Mezza Sinistra Italiana è pronta. Piero Bassetti, simbolo della grande borghesia lombarda illuminata, tifa con la passione di sempre. Ma a chiedere il contributo di Pisapia sono soprattutto i corpi intermedi, è la società civile che invade il suo computer con decine di mail ogni giorno.
Da quando ha lasciato Palazzo Marino ha girato l’Italia invitato da Nord a Sud. Ha scritto editoriali. Ha gettato acqua sul fuoco se filtravano indiscrezioni che ha passato il tempo a smentire. Non è lui, cerca di spiegare, che sta progettando un movimento, un’adunata, è ancora una volta il contrario. Per adesso il Campo è il centro d’accoglienza della richiesta di un riferimento perduto, di un luogo ritrovato, dell’appello a una riunione che però esiste e funziona già a livello locale. Quando è frainteso sulla natura del Campo - «non sono la stampella del Pd» - Pisapia quasi si dispera. Ma dalle parti di Bologna invece si spera. I prodiani più prodiani di Prodi incrociano le dita. Arturo Parisi sorride all’idea, Franco Monaco ha fatto la ola sul Manifesto, i contatti sono stati affettuosi e anche il Professore applaudirebbe.
L’attenzione intorno ai movimenti di Pisapia monta. Ma lievita anche la preoccupazione politica dopo la sua dichiarazione (al Corriere della Sera) che «il Campo lavorerà per avere primarie condivisibili e con un programma condiviso». Le domande sono tante, l’ex sindaco può essere utile ma anche scomodo. Cosa sottrarrà al Pd, si domanda la comunità politica.
L’invasione di Campo potrebbe ridimensionare le armi e il potere di scambio di qualche dissidente nel partito e soprattutto rappresentare un’alleanza alternativa alla destra, favorendo così l’odiato Renzi che, ha dovuto specificare Pisapia, non sente da mesi. «Non entrerò mai nel dibattito interno al Pd» ha assicurato a Bologna a fine dicembre in un incontro organizzato dal sindaco Virginio Merola, in sala il vice presidente Pd Sandra Zampa, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Sandro Gozi, esponenti di Sinistra Italiana e di Cgil. «Ma il Pd non è autosufficiente». L’obiettivo, come sempre secondo la bibbia Pisapia, è riunire, non spaccare «Il modello vincente Milano» ha commentato il suo successore Giuseppe Sala. Una parte di sinistra ortodossa e inamovibile si turba di fronte a certe idee dell’ex sindaco sul concetto di lavoro da rivedere «se si pensa che il futuro sarà fatto di robot», sull’articolo 18, sull’apertura a alcuni provvedimenti del governo Renzi. Ma che Pisapia lavori per un campo di sinistra- non sia mai si pronunci la parola proibita “partito”- lo vogliono in tanti. L’orfanotrofio degli elettori di sinistra è affollato a milioni.
E lui, ex scout, «molto di sinistra», ex deputato di Rifondazione Comunista, avvocato penalista di potenti e miserabili, potrebbe essere la risposta, il garante già testato per affidabilità e coerenza, persino un nuovo padre. L’unico politico a poter parlare al Rotary club di giustizia e temi sociali e allo stesso tempo discutere d’immigrazione anche nell’apocalittico centro sociale Leoncavallo che nel 2011 fece l’endorsement per lui (non l’ha fatto per Sala). Inclassificabile e quindi fastidioso per una politica convenzionale. Accettabile in scenari locali, imprevedibile su scala nazionale, «controcorrente» preferirebbe dire Pisapia.
Nei mesi di fuoco della battaglia referendaria si è schierato per il Sì, quindi con Renzi, allora questa era l’interpretazione. «Con il No l’Italia è instabile», aveva spiegato scandalizzando molti amici democratici. «Rispetto chi a sinistra fa scelte diverse dalle mie» ha detto. «Ora riprendiamo quel cammino comune che nelle realtà locali non si è mai interrotto». Il Campo è progressista. Ma può essere anche minato.
Certi suoi ex compagni di strada, ambiente Sel, sostengono che un percorso insieme sarebbe più facile se lui si fosse invece espresso per il No. Altri si domandano se possa essere il nuovo Prodi. In Puglia qualcuno ha coniato lo slogan «Ulivo 4.0». A Pisapia non è piaciuto, non è quello il format. Non è nemmeno centro sinistra. Ha specificato, il Campo è un sinistra-centro.
Il popolo di Giuliano è plurale com’è stata la sua vita, alta borghesia e classe operaia, nessuna preclusione, con tutti quelli che ci stanno e riconoscono i valori di sinistra. Ora è un su e giù per l’Italia, nelle sale piene di giovani con tanti amministratori a disposizione, i sindaci arancioni come Marco Doria e Massimo Zedda. Ma anche i dirazzati come Federico Pizzarotti, grillino troppo parlante quindi punito, con il quale Pisapia ha dialogato il 16 gennaio a Lecce. Parteciperà anche Bruno Tabacci, politico di lungo corso e di fede democristiana e suo ex assessore al Bilancio a Milano, e verrà Antonio Decaro, presidente di Anci e sindaco di Bari, tutti invitati dal senatore Sel Dario Stefàno. Ancora una volta insieme le tante anime perse della politica. Ma l’entusiasmo cresce e gli incontri nelle scuole di formazione politica delle Acli o di Cgil si moltiplicano. Il 19 dicembre a Monza Pisapia ha inaugurato con una lectio magistralis l’anno accademico della scuola per under 35 dell’associazione Alisei in collaborazione con Cgil. Il Campo è anche di addestramento.
In realtà nulla di nuovo per lui. Il capoluogo lombardo che ha amministrato con successo ha fatto da laboratorio a «una nuova idea di politica», sottotitolo del suo libro “Milano città aperta”. Ora sarà la volta di Sinistra, Campo aperto, un libro tutto da scrivere, la prova è più ambiziosa e molto più difficile.
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• GIULIANO PISAPIA
© Riproduzione riservata18 gennaio 2017
Che sinistra vuole costruire Giuliano Pisapia
Il "Campo progressista" a cui l'ex sindaco di Milano sta lavorando attira le speranze di chi non si sente rappresentato dal Pd renziano. Ecco a chi si rivolge il suo messaggio e chi intende seguirlo
DI DENISE PARDO
18 gennaio 2017
Giuliano PisapiaForse succederà come nel 2011 quando si è ritrovato quasi incredulo, tirato in ballo in un crescendo per caso o per sorte, candidato a diventare sindaco della capitale morale del paese e ha disciolto quella che sembrava l’invincibile Letizia Moratti. Infatti il “Campo progressista” di Giuliano Pisapia nome provvisorio, messaggio bucolico (ma anche militare) novità politica del momento ancora in costruzione, definirà bene la rete, i contorni, e il suo Dna a poco a poco, senza forzature e provando che effetto fa.
Forse è nato per partenogenesi, perché a volte non ci si può sottrarre, o perché una parte del paese ne ha bisogno. Questo spiega lui, queste sono le radici nel Campo. E poi non si capirà se nel copione della rete, Pisapia è il ragno o invece la mosca felice. A fine mese si tireranno le fila, dopo che il 24 gennaio la Corte Costituzionale si sarà espressa sulla legge elettorale, chiave di volta del futuro della politica. Qualcuno gli ha chiesto se metterà la faccia su questa “Cosa”, lui ha risposto «Metterò il sostegno». A proposito di leadership, personalizzazione e protagonismo.
Nel clima da post referendum e fine legislatura, con un Pd lacerato e confuso, Matteo Renzi disarcionato, i venti del populismo e del grillismo ancora in poppa, i concetti di destra e sinistra sempre meno netti, la rete di Pisapia si va costruendo intorno al campo da coltivare, fuori dai possedimenti del Pd ma confinante. Una sinistra aperta e rivisitata, inclusiva non esclusiva, tre milioni di voti da riconquistare, la grande sfida del terzo millennio. A ricostruire ci sta Gianni Cuperlo. Mezza Sinistra Italiana è pronta. Piero Bassetti, simbolo della grande borghesia lombarda illuminata, tifa con la passione di sempre. Ma a chiedere il contributo di Pisapia sono soprattutto i corpi intermedi, è la società civile che invade il suo computer con decine di mail ogni giorno.
Da quando ha lasciato Palazzo Marino ha girato l’Italia invitato da Nord a Sud. Ha scritto editoriali. Ha gettato acqua sul fuoco se filtravano indiscrezioni che ha passato il tempo a smentire. Non è lui, cerca di spiegare, che sta progettando un movimento, un’adunata, è ancora una volta il contrario. Per adesso il Campo è il centro d’accoglienza della richiesta di un riferimento perduto, di un luogo ritrovato, dell’appello a una riunione che però esiste e funziona già a livello locale. Quando è frainteso sulla natura del Campo - «non sono la stampella del Pd» - Pisapia quasi si dispera. Ma dalle parti di Bologna invece si spera. I prodiani più prodiani di Prodi incrociano le dita. Arturo Parisi sorride all’idea, Franco Monaco ha fatto la ola sul Manifesto, i contatti sono stati affettuosi e anche il Professore applaudirebbe.
L’attenzione intorno ai movimenti di Pisapia monta. Ma lievita anche la preoccupazione politica dopo la sua dichiarazione (al Corriere della Sera) che «il Campo lavorerà per avere primarie condivisibili e con un programma condiviso». Le domande sono tante, l’ex sindaco può essere utile ma anche scomodo. Cosa sottrarrà al Pd, si domanda la comunità politica.
L’invasione di Campo potrebbe ridimensionare le armi e il potere di scambio di qualche dissidente nel partito e soprattutto rappresentare un’alleanza alternativa alla destra, favorendo così l’odiato Renzi che, ha dovuto specificare Pisapia, non sente da mesi. «Non entrerò mai nel dibattito interno al Pd» ha assicurato a Bologna a fine dicembre in un incontro organizzato dal sindaco Virginio Merola, in sala il vice presidente Pd Sandra Zampa, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Sandro Gozi, esponenti di Sinistra Italiana e di Cgil. «Ma il Pd non è autosufficiente». L’obiettivo, come sempre secondo la bibbia Pisapia, è riunire, non spaccare «Il modello vincente Milano» ha commentato il suo successore Giuseppe Sala. Una parte di sinistra ortodossa e inamovibile si turba di fronte a certe idee dell’ex sindaco sul concetto di lavoro da rivedere «se si pensa che il futuro sarà fatto di robot», sull’articolo 18, sull’apertura a alcuni provvedimenti del governo Renzi. Ma che Pisapia lavori per un campo di sinistra- non sia mai si pronunci la parola proibita “partito”- lo vogliono in tanti. L’orfanotrofio degli elettori di sinistra è affollato a milioni.
E lui, ex scout, «molto di sinistra», ex deputato di Rifondazione Comunista, avvocato penalista di potenti e miserabili, potrebbe essere la risposta, il garante già testato per affidabilità e coerenza, persino un nuovo padre. L’unico politico a poter parlare al Rotary club di giustizia e temi sociali e allo stesso tempo discutere d’immigrazione anche nell’apocalittico centro sociale Leoncavallo che nel 2011 fece l’endorsement per lui (non l’ha fatto per Sala). Inclassificabile e quindi fastidioso per una politica convenzionale. Accettabile in scenari locali, imprevedibile su scala nazionale, «controcorrente» preferirebbe dire Pisapia.
Nei mesi di fuoco della battaglia referendaria si è schierato per il Sì, quindi con Renzi, allora questa era l’interpretazione. «Con il No l’Italia è instabile», aveva spiegato scandalizzando molti amici democratici. «Rispetto chi a sinistra fa scelte diverse dalle mie» ha detto. «Ora riprendiamo quel cammino comune che nelle realtà locali non si è mai interrotto». Il Campo è progressista. Ma può essere anche minato.
Certi suoi ex compagni di strada, ambiente Sel, sostengono che un percorso insieme sarebbe più facile se lui si fosse invece espresso per il No. Altri si domandano se possa essere il nuovo Prodi. In Puglia qualcuno ha coniato lo slogan «Ulivo 4.0». A Pisapia non è piaciuto, non è quello il format. Non è nemmeno centro sinistra. Ha specificato, il Campo è un sinistra-centro.
Il popolo di Giuliano è plurale com’è stata la sua vita, alta borghesia e classe operaia, nessuna preclusione, con tutti quelli che ci stanno e riconoscono i valori di sinistra. Ora è un su e giù per l’Italia, nelle sale piene di giovani con tanti amministratori a disposizione, i sindaci arancioni come Marco Doria e Massimo Zedda. Ma anche i dirazzati come Federico Pizzarotti, grillino troppo parlante quindi punito, con il quale Pisapia ha dialogato il 16 gennaio a Lecce. Parteciperà anche Bruno Tabacci, politico di lungo corso e di fede democristiana e suo ex assessore al Bilancio a Milano, e verrà Antonio Decaro, presidente di Anci e sindaco di Bari, tutti invitati dal senatore Sel Dario Stefàno. Ancora una volta insieme le tante anime perse della politica. Ma l’entusiasmo cresce e gli incontri nelle scuole di formazione politica delle Acli o di Cgil si moltiplicano. Il 19 dicembre a Monza Pisapia ha inaugurato con una lectio magistralis l’anno accademico della scuola per under 35 dell’associazione Alisei in collaborazione con Cgil. Il Campo è anche di addestramento.
In realtà nulla di nuovo per lui. Il capoluogo lombardo che ha amministrato con successo ha fatto da laboratorio a «una nuova idea di politica», sottotitolo del suo libro “Milano città aperta”. Ora sarà la volta di Sinistra, Campo aperto, un libro tutto da scrivere, la prova è più ambiziosa e molto più difficile.
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
Centrosinistra, Romano Prodi: “L’Ulivo? Non è un’esperienza irripetibile”
di David Marceddu | 21 gennaio 2017
commenti (47)
Più informazioni su: Governo Prodi, Romano Prodi
L’ex premier Romano Prodi, ospite di un convegno a Bologna, commenta le indiscrezioni di stampa che parlano di un centrosinistra alla ricerca di un “giovane Prodi”. “Non partecipo a questo dibattito“, dice Prodi a una domanda de ilfattoquotidiano.it. “Mi fa piacere evidentemente che si ricordi l’esperienza unitaria – continua -, forte e coesiva che abbiamo cercato di fare”. Poi a domanda se quella esperienza di unione del centrosinistra sia irripetibile, risponde: “No, non penso sia un’esperienza irripetibile“. Ma secondo l’ex presidente del Consiglio è necessario che la politica, e in particolare quella a sinistra, si occupi di temi concreti come: la povertà e le crescenti disuguaglianze. Prodi cita il rapporto dell’Oxfam, l’organizzazione che si occupa di aiuti umanitari nel mondo, di alcuni giorni fa: “Quello dell’Oxfam è soltanto un richiamo, ma è un richiamo impressionante quando dice che otto persone hanno lo stesso livello di ricchezza di 3 miliardi e mezzo di persone. Stiamo diventando matti? Cosa aspettiamo? Aspettiamo la rivoluzione?”.
Video:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/01 ... e/3331544/
di David Marceddu | 21 gennaio 2017
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Più informazioni su: Governo Prodi, Romano Prodi
L’ex premier Romano Prodi, ospite di un convegno a Bologna, commenta le indiscrezioni di stampa che parlano di un centrosinistra alla ricerca di un “giovane Prodi”. “Non partecipo a questo dibattito“, dice Prodi a una domanda de ilfattoquotidiano.it. “Mi fa piacere evidentemente che si ricordi l’esperienza unitaria – continua -, forte e coesiva che abbiamo cercato di fare”. Poi a domanda se quella esperienza di unione del centrosinistra sia irripetibile, risponde: “No, non penso sia un’esperienza irripetibile“. Ma secondo l’ex presidente del Consiglio è necessario che la politica, e in particolare quella a sinistra, si occupi di temi concreti come: la povertà e le crescenti disuguaglianze. Prodi cita il rapporto dell’Oxfam, l’organizzazione che si occupa di aiuti umanitari nel mondo, di alcuni giorni fa: “Quello dell’Oxfam è soltanto un richiamo, ma è un richiamo impressionante quando dice che otto persone hanno lo stesso livello di ricchezza di 3 miliardi e mezzo di persone. Stiamo diventando matti? Cosa aspettiamo? Aspettiamo la rivoluzione?”.
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
IL MODELLO ULIVO L’ex premier: “Serve una coalizione”
Prodi “benedice”la linea Bersani:
“L’unione a sinistra non è irripetibile”
LA CACCIA al “nuovo Prodi”l'ha aperta nei giorni scorsi la minoranza Pd capitanata da Pier Luigi Bersani: un leader che sappia unire le diverse anime del centrosinistra,ben diverso da Matteo Renzie dal modello dell'uomo solo al comando. E ieri il “vecchio Prodi” ha parlato: non sa chi possa essere il suo erede, chiarisce, ma è convinto che quella del centrosinistra unito “non sia un’esperienza irripetibile”. Il successodell'Ulivopuò tornare,insiste, “soprattutto dopo quello che sta succedendo: io vedo –dice l'ex premier - che la gente ha bisogno di sentirsi unita in questo mondo che si disgrega, con Trump, con la Brexit, con le crepe che arrivano dappertutto. Io vedo che c'è un naturale desiderio di riunirsi ma è uno sforzo che non mi sembra impossibile”. L'obiettivo concreto, secondo il Professore, è “tornare a una coalizione, a una politica di consenso, di unione”. La benedizione, ovviamente, non è passata inosservata nella minoranza Pd. Bersani è il primo a parlare e a definire“ s a c ro s a n te ”le parole di Prodi: “È ora, per chiunque la pensi così, di metterci impegno e generosità”.Gli fanno subito eco Roberto Speranza e Davide Zoggia, entrambi determinati ad “archiviare la stagione dell’uomo solo al comando”. Tace il resto del partito. Solo a sera, ecco il vicesegretario Lorenzo Guerini: “Il Partito Democratico ritiene proprio il Mattarellum lo strumento migliore per corrispondere alla sfida dell’U l i vo”.
|IL FATTO QUOTIDIANO |Domenica 22 Gennaio 2017
Prodi “benedice”la linea Bersani:
“L’unione a sinistra non è irripetibile”
LA CACCIA al “nuovo Prodi”l'ha aperta nei giorni scorsi la minoranza Pd capitanata da Pier Luigi Bersani: un leader che sappia unire le diverse anime del centrosinistra,ben diverso da Matteo Renzie dal modello dell'uomo solo al comando. E ieri il “vecchio Prodi” ha parlato: non sa chi possa essere il suo erede, chiarisce, ma è convinto che quella del centrosinistra unito “non sia un’esperienza irripetibile”. Il successodell'Ulivopuò tornare,insiste, “soprattutto dopo quello che sta succedendo: io vedo –dice l'ex premier - che la gente ha bisogno di sentirsi unita in questo mondo che si disgrega, con Trump, con la Brexit, con le crepe che arrivano dappertutto. Io vedo che c'è un naturale desiderio di riunirsi ma è uno sforzo che non mi sembra impossibile”. L'obiettivo concreto, secondo il Professore, è “tornare a una coalizione, a una politica di consenso, di unione”. La benedizione, ovviamente, non è passata inosservata nella minoranza Pd. Bersani è il primo a parlare e a definire“ s a c ro s a n te ”le parole di Prodi: “È ora, per chiunque la pensi così, di metterci impegno e generosità”.Gli fanno subito eco Roberto Speranza e Davide Zoggia, entrambi determinati ad “archiviare la stagione dell’uomo solo al comando”. Tace il resto del partito. Solo a sera, ecco il vicesegretario Lorenzo Guerini: “Il Partito Democratico ritiene proprio il Mattarellum lo strumento migliore per corrispondere alla sfida dell’U l i vo”.
|IL FATTO QUOTIDIANO |Domenica 22 Gennaio 2017
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Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la
L’I N T E RV I S TA Il bilancio dell’ex leader di Sinistra e Libertà
Vendola: “Pisapia è velleitario,
la sinistra deve ripartire dal Papa
A PAG. 7
|IL FATTO QUOTIDIANO |Lunedì 23 Gennaio 2017
Vendola: “Pisapia è velleitario,
la sinistra deve ripartire dal Papa
A PAG. 7
|IL FATTO QUOTIDIANO |Lunedì 23 Gennaio 2017
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