Come se ne viene fuori ?
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Re: Come se ne viene fuori ?
Media & Regime
Post-verità, potenti prepotenti nell’era delle bufale
di PierGiorgio Gawronski | 12 gennaio 2017
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Più informazioni su: Beppe Grillo, Bugie, Controinformazione, Donald Trump, Movimento 5 Stelle, Post Verità
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PierGiorgio Gawronski
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– B. dice una falsità
– che viene smentita da dati inconfutabili
– B. continua a ripeterla spudoratamente
Alla fine la gente non capisce più; né gl’interessa più sapere cosa è vero e cosa no; quel che conta, quel che vogliamo sapere, è quanti sono disposti a credere o a fingere di credere, schierandosi con B. Le menzogne, specie se spudorate (vedi Trump), sono segnali per interessi diffusi, ma determinati, in cerca di coalizione. Succede nella vita pubblica; e nelle migliori famiglie (quando in ballo ci sono le eredità).
Il mondo sviluppato, dopo il 1945, fu organizzato dando forza ai princìpi, più che agli apparati di propaganda: ed è cresciuto in libertà, pace e benessere. Ma oggi, se non condividiamo almeno alcuni fatti, il dialogo diventa impossibile. Prevalgono i rapporti di forza.
Da noi il mondo della post-verità dicono che è il frutto di 20 anni di egemonia televisiva di B. Altri dicono: è il prodotto di Internet; dove, protetti dall’anonimato, si possono diffondere “bufale” senza pagare dazio in perdita di reputazione. Beppe Grillo infine denuncia le bugie sparse dai media tradizionali; non casuali: alimentano “luoghi comuni” (“tutti lo dicono, dev’essere vero, lo dico anch’io”) e “ideologie”. Utili a chi? Prendiamo a esempio il Regno Unito.
Simon Parker ha scritto un bel libro sulla distruzione delle autonomie locali in Uk tramite l’austerità. Che questa non sia un’astrazione lo dimostrano i danni inflitti alla società inglese: la chiusura massiccia di librerie, asili, musei; la riduzione dei trasporti pubblici, della manutenzione stradale, dei servizi sanitari, dell’assistenza agli anziani e ai disabili, della prevenzione contro le inondazioni (nella foto: inondazione a Folkestone); l’aumento dei senza tetto, dei rischi di sommosse nelle carceri; ecc.
Il silenzio, l’irrilevanza dei teatrini pesano, quanto le bufale. Non solo sui giornali c’è poco spazio per i problemi reali. C’è un’omissione più sottile: la separazione fra “narrazione politica” e mondo reale. Per cui alla fine nessun politico è responsabile dei problemi reali, nessuno ha meriti, nessuno ha competenze o soluzioni. Neppure la scienza: figuriamoci le scienze sociali.
In questo contesto la separazione delle pagine politiche dei giornali da quelle ‘sociali’ diventa pericolosa. Come scrive Chris Dillow, “presentando la politica come un ‘lui dice’, ‘lei dice’, la verità dei danni reali inflitti alla gente diventa sfumata; e la politica diventa un dibattito astratto… Per esempio George Osborne ha nascosto a lungo, con la sua retorica a favore della devolution, i tagli massicci inflitti agli enti locali, cioè, in altre parole, che era un centralista. I giornalisti della post-verità ascoltavano le sue parole invece di controllare i fatti, così gli hanno permesso di manipolare l’opinione pubblica”.
Il giornalismo ‘lui dice, lei dice’, continua Dillow, è classista: tende alla deferenza verso i potenti. Non solo questi hanno migliori capacità di P.R.; ma, “come osservò Adam Smith, c’è anche una diffusa ‘tendenza ad ammirare e quasi a idolatrare i ricchi e i potenti’ ”. Se poi i giornali si riempiono di dichiarazioni dei politici, la voce della gente comune (associazioni, esperti, think-thank) non trova spazio. In questo senso era interessante la posizione iniziale del Movimento 5 stelle sui talk show in TV: non partecipare (quasi mai). A condizione però di esprimere, in altre sedi, figure in grado di parlare con eccezionale conoscenza di causa dei problemi reali; insomma, di fare contro-informazione. Ma sembra che – a parte il blog di Grillo – il M5S non riesca molto in questo intento.
Il giornalismo della post-verità accentua la distanza fra la politica e la gente. Non a caso nei giorni prima del 4 dicembre pareva che il Sì avrebbe preso una valanga di voti; la stessa sorpresa avverrà con i referendum sul Jobs Act, e nessuno saprà perché. Uno spazio maggiore sui giornali alle condizioni di lavoro dei giovani, ai rapporti squilibrati fra datori e lavoratori, aiuterebbe a capire più che i dibattiti fra sostenitori del Sì e del No. Non mi riferisco (solo) alle inchieste, ma alla “narrazione politica”: incalzare i politici nel tempo, con la prima, la seconda domanda, poi la… centesima, su un problema concreto di cui si occupano.
Lo stesso vale per gli esperti, indipendenti o meno, cui giornali, Tv, e politica, in Italia, danno poco spazio: non i sapientoni generici, i tromboni; ma gente, anche giovane, che ha studiato un problema e ha un’idea da proporre. Spesso invece in Tv, a uno esperto di una cosa, si chiede tutt’altro. (Per la cronaca: ‘economista’ oggigiorno non significa nulla. Gli economisti sono iper-specializzati: quando vanno oltre il loro settore, esprimono opinioni da bar, né più né meno). Forse i direttori dei giornali dovrebbero chiedersi se la divisione fra ‘giornalisti politici (parlamentari)’ e gli altri produca buon giornalismo.
Post-verità, potenti prepotenti nell’era delle bufale
di PierGiorgio Gawronski | 12 gennaio 2017
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– B. dice una falsità
– che viene smentita da dati inconfutabili
– B. continua a ripeterla spudoratamente
Alla fine la gente non capisce più; né gl’interessa più sapere cosa è vero e cosa no; quel che conta, quel che vogliamo sapere, è quanti sono disposti a credere o a fingere di credere, schierandosi con B. Le menzogne, specie se spudorate (vedi Trump), sono segnali per interessi diffusi, ma determinati, in cerca di coalizione. Succede nella vita pubblica; e nelle migliori famiglie (quando in ballo ci sono le eredità).
Il mondo sviluppato, dopo il 1945, fu organizzato dando forza ai princìpi, più che agli apparati di propaganda: ed è cresciuto in libertà, pace e benessere. Ma oggi, se non condividiamo almeno alcuni fatti, il dialogo diventa impossibile. Prevalgono i rapporti di forza.
Da noi il mondo della post-verità dicono che è il frutto di 20 anni di egemonia televisiva di B. Altri dicono: è il prodotto di Internet; dove, protetti dall’anonimato, si possono diffondere “bufale” senza pagare dazio in perdita di reputazione. Beppe Grillo infine denuncia le bugie sparse dai media tradizionali; non casuali: alimentano “luoghi comuni” (“tutti lo dicono, dev’essere vero, lo dico anch’io”) e “ideologie”. Utili a chi? Prendiamo a esempio il Regno Unito.
Simon Parker ha scritto un bel libro sulla distruzione delle autonomie locali in Uk tramite l’austerità. Che questa non sia un’astrazione lo dimostrano i danni inflitti alla società inglese: la chiusura massiccia di librerie, asili, musei; la riduzione dei trasporti pubblici, della manutenzione stradale, dei servizi sanitari, dell’assistenza agli anziani e ai disabili, della prevenzione contro le inondazioni (nella foto: inondazione a Folkestone); l’aumento dei senza tetto, dei rischi di sommosse nelle carceri; ecc.
Il silenzio, l’irrilevanza dei teatrini pesano, quanto le bufale. Non solo sui giornali c’è poco spazio per i problemi reali. C’è un’omissione più sottile: la separazione fra “narrazione politica” e mondo reale. Per cui alla fine nessun politico è responsabile dei problemi reali, nessuno ha meriti, nessuno ha competenze o soluzioni. Neppure la scienza: figuriamoci le scienze sociali.
In questo contesto la separazione delle pagine politiche dei giornali da quelle ‘sociali’ diventa pericolosa. Come scrive Chris Dillow, “presentando la politica come un ‘lui dice’, ‘lei dice’, la verità dei danni reali inflitti alla gente diventa sfumata; e la politica diventa un dibattito astratto… Per esempio George Osborne ha nascosto a lungo, con la sua retorica a favore della devolution, i tagli massicci inflitti agli enti locali, cioè, in altre parole, che era un centralista. I giornalisti della post-verità ascoltavano le sue parole invece di controllare i fatti, così gli hanno permesso di manipolare l’opinione pubblica”.
Il giornalismo ‘lui dice, lei dice’, continua Dillow, è classista: tende alla deferenza verso i potenti. Non solo questi hanno migliori capacità di P.R.; ma, “come osservò Adam Smith, c’è anche una diffusa ‘tendenza ad ammirare e quasi a idolatrare i ricchi e i potenti’ ”. Se poi i giornali si riempiono di dichiarazioni dei politici, la voce della gente comune (associazioni, esperti, think-thank) non trova spazio. In questo senso era interessante la posizione iniziale del Movimento 5 stelle sui talk show in TV: non partecipare (quasi mai). A condizione però di esprimere, in altre sedi, figure in grado di parlare con eccezionale conoscenza di causa dei problemi reali; insomma, di fare contro-informazione. Ma sembra che – a parte il blog di Grillo – il M5S non riesca molto in questo intento.
Il giornalismo della post-verità accentua la distanza fra la politica e la gente. Non a caso nei giorni prima del 4 dicembre pareva che il Sì avrebbe preso una valanga di voti; la stessa sorpresa avverrà con i referendum sul Jobs Act, e nessuno saprà perché. Uno spazio maggiore sui giornali alle condizioni di lavoro dei giovani, ai rapporti squilibrati fra datori e lavoratori, aiuterebbe a capire più che i dibattiti fra sostenitori del Sì e del No. Non mi riferisco (solo) alle inchieste, ma alla “narrazione politica”: incalzare i politici nel tempo, con la prima, la seconda domanda, poi la… centesima, su un problema concreto di cui si occupano.
Lo stesso vale per gli esperti, indipendenti o meno, cui giornali, Tv, e politica, in Italia, danno poco spazio: non i sapientoni generici, i tromboni; ma gente, anche giovane, che ha studiato un problema e ha un’idea da proporre. Spesso invece in Tv, a uno esperto di una cosa, si chiede tutt’altro. (Per la cronaca: ‘economista’ oggigiorno non significa nulla. Gli economisti sono iper-specializzati: quando vanno oltre il loro settore, esprimono opinioni da bar, né più né meno). Forse i direttori dei giornali dovrebbero chiedersi se la divisione fra ‘giornalisti politici (parlamentari)’ e gli altri produca buon giornalismo.
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Re: Come se ne viene fuori ?
babbo non vuole, mamma nemmeno
come faremo a fare l’amor?
Orietta Berti - 1974
J’accuse di Salvini
Nessuna intenzione di sedersi al tavolo per discutere del centrodestra.
Matteo Salvini lancia l’affondo contro Silvio Berlusconi, che viene accusato di essere un <<inciucista>> con cui è impossibile parlare di alleanze.
Ma più che sul versante politico, il leader della Lega attacca il Cavaliere su un piano più privato, bollando Mediaset come <<un’azienda poco strategica per il Paese>>, per cui non ci sarebbe da <<scandalizzarsi>> se i francesi la dovessero comprare.
Parole che descrivono bene come i rapporti tra i due siano al minimo storico.
Da L'ECO DI BERGAMO di Venerdì 13 gennaio 2017
I sondaggi pubblicati ieri da iospero, riportano:
LEGA N 10%
FI 8,6%
Il centrodestra è allo sfascio totale.
Il PD è come la DC alla fine della Prima Repubblica. KAPUT.
Il M5S si è voluto suicidare negli ultimi 15 giorni.
Si stà preparando il terreno per L’UOMO FORTE????????
come faremo a fare l’amor?
Orietta Berti - 1974
J’accuse di Salvini
Nessuna intenzione di sedersi al tavolo per discutere del centrodestra.
Matteo Salvini lancia l’affondo contro Silvio Berlusconi, che viene accusato di essere un <<inciucista>> con cui è impossibile parlare di alleanze.
Ma più che sul versante politico, il leader della Lega attacca il Cavaliere su un piano più privato, bollando Mediaset come <<un’azienda poco strategica per il Paese>>, per cui non ci sarebbe da <<scandalizzarsi>> se i francesi la dovessero comprare.
Parole che descrivono bene come i rapporti tra i due siano al minimo storico.
Da L'ECO DI BERGAMO di Venerdì 13 gennaio 2017
I sondaggi pubblicati ieri da iospero, riportano:
LEGA N 10%
FI 8,6%
Il centrodestra è allo sfascio totale.
Il PD è come la DC alla fine della Prima Repubblica. KAPUT.
Il M5S si è voluto suicidare negli ultimi 15 giorni.
Si stà preparando il terreno per L’UOMO FORTE????????
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Re: Come se ne viene fuori ?
I PARTITI NON ESISTONO PIU'. ESISTONO SOLO SURRETIZIAMENTE SULLA CARTA
La sconfitta rimossa L’assenza di dibattito e i retropensieri sulla legge elettorale
Il Pd è uno spettro in balìa del Pokerista
»FABRIZIO D’E S P OS I TO
Martedì scorso a Palazzo Madama, quando il ministro Poletti è arrivato per la sua striminzita informativa sui giovani all’estero, alcuni senatori antirenziani del Pd fotografavano così la drammatica situazione del loro partito, dando forma peraltro a una sorta di inconsapevole sillogismo. Prima immagine: “Il 4 dicembre il Paese ha rigettato il renzismo, questo è il vero punto che impedisce una discussione nel partito”. Seconda immagine: “Renzi è come quel pokerista che ha perso un piatto enorme e vuole subito un tavolo per rifarsi”. Domanda finale: “In queste condizioni com’è possibile andare al suicidio del voto anticipato?”. Il gigantesco pantano che sta risucchiando Pd è direttamente proporzionale alla sindrome del bunker che or
mai sta logorando l’ex premier rimasto segretario. Non una visione politica. Ma una visione del potere per il potere, al punto che scherzando e ridendo, ma fino a un certo punto, nei capannelli dem di Montecitorio qualcuno azzarda l’esigenza di “una perizia psichiatrica” per il segretario, sconquassato “dal l’ossessione di tornare a Palazzo Chigi”. Ecco perché Bersani sente aria di “Gentiloni stai sereno”ed ecco perché il Pd renziano ha completamente rimosso la montagna della catastrofe referendaria del 4 dicembre. Nessuna analisi elettorale, nessun approfondimento, per esempio, sul quarantenne votato dai vecchi e non dai giovani. Solo qualche vaga riflessione di superficie nella pallida assemblea del 18 di
cembre. Nel frattempo il Pd continua a perdere appeal, voti e iscritti. Non solo. Ieri il bersaniano Fornaro ha calcolato che oltre 100mila persone non hanno confermato la loro firma per il 2x1000 ai
democratici, il venti per cento in meno.
AL CONTRARIO, tra il Nazareno a Roma e l’esilio toscano di Pontassieve, si continuano a sviluppare tattiche di guerriglia per il voto anticipato, in attesa del nuovo giorno del giudizio della Corte costitu
zionale, stavolta sulla legge elettorale vigente per la sola Camera, il fatidico Italicum. La sentenza è prevista il 24 gennaio e tutto sembra immobile, o quasi, sul modello del surplace ciclistico. In teoria, Renzi e i suoi predicano il m a g g io r i t ario del Mattarellum ma il retropensiero, nemmeno tanto retro, è quello di precipitarsi alle urne con le due leggi corrette dalla Corte costituzionale: il Consultellum per il Senato (alias il Porcellum ripulito) e quel che resterà dell’Italicum per la Camera. Matteo Orfini, sempre più renziano, lo ha ribadito l’altra
sera in tv, nonostante gli avvertimenti del Quirinale per fare una nuova legge in Parlamento. È l’ansia del giocatore che subito vuole rifarsi, appunto. Ma con quale partito? Cinicamente sono in tanti, tra i dem, a pensare che “una sconfitta alle Politiche chiuderà per sempre il ciclo di Renzi”.Peròriuscirà ilPda sopravvivere all’ex Rottamatore? Nei suoi tre anni di segreteria, tolta la fiammata delle Europee (ma gli italiani ancora non conoscevano bene Renzi), il Pd ha accumulato disastri su disastri: le regionali del 2015,le amministrative di quest’an no . Questa urgenza renziana rischia di essere mortale per i democratici, senza dibattito e senza idee. Del resto, analizzare il renzismo farebbe male anche al governo Gentiloni. © RIPRODUZIONE RISERVATA
La sconfitta rimossa L’assenza di dibattito e i retropensieri sulla legge elettorale
Il Pd è uno spettro in balìa del Pokerista
»FABRIZIO D’E S P OS I TO
Martedì scorso a Palazzo Madama, quando il ministro Poletti è arrivato per la sua striminzita informativa sui giovani all’estero, alcuni senatori antirenziani del Pd fotografavano così la drammatica situazione del loro partito, dando forma peraltro a una sorta di inconsapevole sillogismo. Prima immagine: “Il 4 dicembre il Paese ha rigettato il renzismo, questo è il vero punto che impedisce una discussione nel partito”. Seconda immagine: “Renzi è come quel pokerista che ha perso un piatto enorme e vuole subito un tavolo per rifarsi”. Domanda finale: “In queste condizioni com’è possibile andare al suicidio del voto anticipato?”. Il gigantesco pantano che sta risucchiando Pd è direttamente proporzionale alla sindrome del bunker che or
mai sta logorando l’ex premier rimasto segretario. Non una visione politica. Ma una visione del potere per il potere, al punto che scherzando e ridendo, ma fino a un certo punto, nei capannelli dem di Montecitorio qualcuno azzarda l’esigenza di “una perizia psichiatrica” per il segretario, sconquassato “dal l’ossessione di tornare a Palazzo Chigi”. Ecco perché Bersani sente aria di “Gentiloni stai sereno”ed ecco perché il Pd renziano ha completamente rimosso la montagna della catastrofe referendaria del 4 dicembre. Nessuna analisi elettorale, nessun approfondimento, per esempio, sul quarantenne votato dai vecchi e non dai giovani. Solo qualche vaga riflessione di superficie nella pallida assemblea del 18 di
cembre. Nel frattempo il Pd continua a perdere appeal, voti e iscritti. Non solo. Ieri il bersaniano Fornaro ha calcolato che oltre 100mila persone non hanno confermato la loro firma per il 2x1000 ai
democratici, il venti per cento in meno.
AL CONTRARIO, tra il Nazareno a Roma e l’esilio toscano di Pontassieve, si continuano a sviluppare tattiche di guerriglia per il voto anticipato, in attesa del nuovo giorno del giudizio della Corte costitu
zionale, stavolta sulla legge elettorale vigente per la sola Camera, il fatidico Italicum. La sentenza è prevista il 24 gennaio e tutto sembra immobile, o quasi, sul modello del surplace ciclistico. In teoria, Renzi e i suoi predicano il m a g g io r i t ario del Mattarellum ma il retropensiero, nemmeno tanto retro, è quello di precipitarsi alle urne con le due leggi corrette dalla Corte costituzionale: il Consultellum per il Senato (alias il Porcellum ripulito) e quel che resterà dell’Italicum per la Camera. Matteo Orfini, sempre più renziano, lo ha ribadito l’altra
sera in tv, nonostante gli avvertimenti del Quirinale per fare una nuova legge in Parlamento. È l’ansia del giocatore che subito vuole rifarsi, appunto. Ma con quale partito? Cinicamente sono in tanti, tra i dem, a pensare che “una sconfitta alle Politiche chiuderà per sempre il ciclo di Renzi”.Peròriuscirà ilPda sopravvivere all’ex Rottamatore? Nei suoi tre anni di segreteria, tolta la fiammata delle Europee (ma gli italiani ancora non conoscevano bene Renzi), il Pd ha accumulato disastri su disastri: le regionali del 2015,le amministrative di quest’an no . Questa urgenza renziana rischia di essere mortale per i democratici, senza dibattito e senza idee. Del resto, analizzare il renzismo farebbe male anche al governo Gentiloni. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Re: Come se ne viene fuori ?
LIBRE news
Recensioni
segnalazioni.
Illusioni e delusioni, lo show del Magus sul ring del potere
Scritto il 14/1/17 • nella Categoria: idee Condividi
Incoerenza e fellonia conclamata anche da parte dei 5 Stelle, il cui vertice si schiera sottobanco con l’establishment euro-economicida tentando, ancora, di raccontare ai follower e agli elettori italiani la favola bella della rivoluzione gentile a colpi di democrazia diretta via Casaleggio Associati? Se c’è un capolavoro assoluto e perfetto, a cura del potere che ci manipola incessamente da decenni, per un outsider “guerrigliero” come Paolo Barnard è proprio questo: aver storicamente tolto, agli elettori, ogni possibilità di incidere realmente nei destini della comunità, nazionale e internazionale, facendo semplicemente piazza pulita di qualsiasi reale oppositore, di qualsiasi vero antagonista di un sistema che è teleguidato dalla grande finanza paramassonica ma gode del pieno consenso della gran parte del pubblico, sempre passivo, ridotto a massa composita di ex cittadini trasformati in docili spettatori, in semplici consumatori, cui la relativa libertà del web consente di coltivare l’illusione della partecipazione, affidata ai social media e alle riserve indiane, i blog della cosiddetta controinformazione complottistica.
Per Barnard, la politica occidentale è stata scientificamente colonizzata dal potere economico, a partire dagli anni ‘70, sulla scorta del Memorandum Powell tradotto in tutte le lingue, attraverso la Trilaterale dei Kissinger e dei Rockefeller, e declinato in manuali di propaganda che hanno fatto storia, fino alla “Crisi della democrazia” celeberata nel Vangelo di Michel Crozier, Samuel Huntington e Joji Watanuki, per arrivare ai Chigaco Boys di Milton Friedman e al Nobel per l’Economia assegnato al grande stratega europeo del governo “illuminato” dell’élite, l’austriaco Friedrick von Hayek. Università, editoria, informazione: un unico grande coro, per dire che il mercato ha sempre ragione, che “non c’è alternativa” (Thatcher), che bisogna rimuovere ogni ostacolo alla finanza speculativa (Bill Clinton). E’ così che la destra economica si è imposta anche sulla sinistra, colonizzando partiti, sindacati e leader, da Massimo D’Alema a Gerhard Schroeder, da Tony Blair a Romano Prodi, per affermare l’onnipotenza “storica” nel neoliberismo, fino all’ordoliberismo dei super-massoni Angela Merkel, Mario Draghi, Wolfgang Schaeuble, Giorgio Napolitano, Jacques Attali, Jens Weidmann, François Hollande.
Cade Grillo, perdendo la sua residua “credibilità antisistema” proprio mentre si affaccia sugli Usa e sul mondo il nuovo regno del presidente Trump, presentatosi come alfiere del “popolo” contro l’oligarchia? Illusioni ottiche, sostiene l’avvocato Gianfranco Carpeoro, massone e scrittore, esperto di simbologia e studioso del potere come «schema astratto, che “fabbrica” persone utili si suoi scopi». Il super-potere apolide ha rottamato per via giudiziaria la Prima Repubblica italiana, gremita anche di personaggi come Craxi e Andreotti, scomodi per il nuovo vertice europeo che si doveva imporre? Vero, ma i partiti di Craxi e Andreotti «facevano i congressi con i morti, gestendo pacchetti di voti di militanti defunti da tempo». E i cittadini dov’erano? A casa, come sempre. Rassegnati alla “fine della storia” celebrata dall’ultimo cantore della Trilaterale, Francis Fukuyama. Persuasi della “morte delle ideologie”. Una liberazione? Al contrario: «L’ideologia – sottolina Carpeoro – contiene il futuro: è l’idea di come vorremmo la società fra trent’anni. C’è qualche politico, oggi, che pensa a un orizzonte che vada oltre i sei mesi?».
Carpeoro è uno studioso dei Rosacroce, misteriosi antesignani dell’anarchismo socialista utopico e pre-marxista, le cui prime parole d’ordine sono probabilmente contenute nel manifesto “Fama Fraternitatis”, che nel 1614 chiedeva l’abolizione della proprietà privata e dei confini tra le nazioni. Un mondo migliore, liberato dalla logica del dominio, la cui comparsa sulla Terra uno studioso come Francesco Saba Sardi fa risalire addirittura al neolitico, con la scoperta dell’agricoltura e l’improvvisa necessità di possedere terre, gestirle, difenderle, conquistarle. Proprio l’esigenza di sudditi, destinati a lavorare e combattere, secondo Saba Sardi partorì “l’invenzione” della religione, da parte del re-sacerdote, come pretesto per l’obbedienza e la sottomissione, da cui – per successiva e ulteriore degenerazione – nacque il Magus, l’uomo del potere che utilizza la conoscenza per manipolare la comunità.
E’ una storia lunga 12.000 anni, con di mezzo imperi e dominazioni, millenni di evoluzione, grandiosi progressi, guerre, rivoluzioni. Per Carpeoro, però, siamo ancora e sempre prigionieri del cerchio magico tracciato da Magus di turno: all’interno del cerchio vivono promesse di miracoli, fuori dal cerchio ci minaccia il Nemico. «Rompere il cerchio significa imparare a chiedersi perché, il perché delle cose». Ovvero: «Perché questo sistema prevede che, perché noi stiamo meglio, altri devono per forza stare peggio?». Il Magus ha una caratteristica invariabile: non rischia mai, davvero. Durante la sanguinosa fase storica della decolonizzazione, nel secondo ‘900, l’ideologia comunista ha partorito personaggi come Patrick Lumumba, Ernesto Che Guevara, Thomas Sankara. Hanno tutti pagato, con la vita, il prezzo delle loro idee. Loro la vedevano, eccome, la proiezione nel tempo della società ideale. Oggi invece – altra epoca, altro millennio – i più restano a casa, con idee a portata di click, limitandosi ad assistere alla caduta del Magus di turno, senza mai mettere in discussione – nella vita quotidiana – il potere che l’aveva creato, per accomodare il pubblico nel suo rassicurante cerchio magico. Poi il cerchio esplode, come una bolla di sapone, nel lutto degli adepti. Il potere invece se la ride, sta già fabbricando il Magus che verrà.
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Illusioni e delusioni, lo show del Magus sul ring del potere
Scritto il 14/1/17 • nella Categoria: idee Condividi
Incoerenza e fellonia conclamata anche da parte dei 5 Stelle, il cui vertice si schiera sottobanco con l’establishment euro-economicida tentando, ancora, di raccontare ai follower e agli elettori italiani la favola bella della rivoluzione gentile a colpi di democrazia diretta via Casaleggio Associati? Se c’è un capolavoro assoluto e perfetto, a cura del potere che ci manipola incessamente da decenni, per un outsider “guerrigliero” come Paolo Barnard è proprio questo: aver storicamente tolto, agli elettori, ogni possibilità di incidere realmente nei destini della comunità, nazionale e internazionale, facendo semplicemente piazza pulita di qualsiasi reale oppositore, di qualsiasi vero antagonista di un sistema che è teleguidato dalla grande finanza paramassonica ma gode del pieno consenso della gran parte del pubblico, sempre passivo, ridotto a massa composita di ex cittadini trasformati in docili spettatori, in semplici consumatori, cui la relativa libertà del web consente di coltivare l’illusione della partecipazione, affidata ai social media e alle riserve indiane, i blog della cosiddetta controinformazione complottistica.
Per Barnard, la politica occidentale è stata scientificamente colonizzata dal potere economico, a partire dagli anni ‘70, sulla scorta del Memorandum Powell tradotto in tutte le lingue, attraverso la Trilaterale dei Kissinger e dei Rockefeller, e declinato in manuali di propaganda che hanno fatto storia, fino alla “Crisi della democrazia” celeberata nel Vangelo di Michel Crozier, Samuel Huntington e Joji Watanuki, per arrivare ai Chigaco Boys di Milton Friedman e al Nobel per l’Economia assegnato al grande stratega europeo del governo “illuminato” dell’élite, l’austriaco Friedrick von Hayek. Università, editoria, informazione: un unico grande coro, per dire che il mercato ha sempre ragione, che “non c’è alternativa” (Thatcher), che bisogna rimuovere ogni ostacolo alla finanza speculativa (Bill Clinton). E’ così che la destra economica si è imposta anche sulla sinistra, colonizzando partiti, sindacati e leader, da Massimo D’Alema a Gerhard Schroeder, da Tony Blair a Romano Prodi, per affermare l’onnipotenza “storica” nel neoliberismo, fino all’ordoliberismo dei super-massoni Angela Merkel, Mario Draghi, Wolfgang Schaeuble, Giorgio Napolitano, Jacques Attali, Jens Weidmann, François Hollande.
Cade Grillo, perdendo la sua residua “credibilità antisistema” proprio mentre si affaccia sugli Usa e sul mondo il nuovo regno del presidente Trump, presentatosi come alfiere del “popolo” contro l’oligarchia? Illusioni ottiche, sostiene l’avvocato Gianfranco Carpeoro, massone e scrittore, esperto di simbologia e studioso del potere come «schema astratto, che “fabbrica” persone utili si suoi scopi». Il super-potere apolide ha rottamato per via giudiziaria la Prima Repubblica italiana, gremita anche di personaggi come Craxi e Andreotti, scomodi per il nuovo vertice europeo che si doveva imporre? Vero, ma i partiti di Craxi e Andreotti «facevano i congressi con i morti, gestendo pacchetti di voti di militanti defunti da tempo». E i cittadini dov’erano? A casa, come sempre. Rassegnati alla “fine della storia” celebrata dall’ultimo cantore della Trilaterale, Francis Fukuyama. Persuasi della “morte delle ideologie”. Una liberazione? Al contrario: «L’ideologia – sottolina Carpeoro – contiene il futuro: è l’idea di come vorremmo la società fra trent’anni. C’è qualche politico, oggi, che pensa a un orizzonte che vada oltre i sei mesi?».
Carpeoro è uno studioso dei Rosacroce, misteriosi antesignani dell’anarchismo socialista utopico e pre-marxista, le cui prime parole d’ordine sono probabilmente contenute nel manifesto “Fama Fraternitatis”, che nel 1614 chiedeva l’abolizione della proprietà privata e dei confini tra le nazioni. Un mondo migliore, liberato dalla logica del dominio, la cui comparsa sulla Terra uno studioso come Francesco Saba Sardi fa risalire addirittura al neolitico, con la scoperta dell’agricoltura e l’improvvisa necessità di possedere terre, gestirle, difenderle, conquistarle. Proprio l’esigenza di sudditi, destinati a lavorare e combattere, secondo Saba Sardi partorì “l’invenzione” della religione, da parte del re-sacerdote, come pretesto per l’obbedienza e la sottomissione, da cui – per successiva e ulteriore degenerazione – nacque il Magus, l’uomo del potere che utilizza la conoscenza per manipolare la comunità.
E’ una storia lunga 12.000 anni, con di mezzo imperi e dominazioni, millenni di evoluzione, grandiosi progressi, guerre, rivoluzioni. Per Carpeoro, però, siamo ancora e sempre prigionieri del cerchio magico tracciato da Magus di turno: all’interno del cerchio vivono promesse di miracoli, fuori dal cerchio ci minaccia il Nemico. «Rompere il cerchio significa imparare a chiedersi perché, il perché delle cose». Ovvero: «Perché questo sistema prevede che, perché noi stiamo meglio, altri devono per forza stare peggio?». Il Magus ha una caratteristica invariabile: non rischia mai, davvero. Durante la sanguinosa fase storica della decolonizzazione, nel secondo ‘900, l’ideologia comunista ha partorito personaggi come Patrick Lumumba, Ernesto Che Guevara, Thomas Sankara. Hanno tutti pagato, con la vita, il prezzo delle loro idee. Loro la vedevano, eccome, la proiezione nel tempo della società ideale. Oggi invece – altra epoca, altro millennio – i più restano a casa, con idee a portata di click, limitandosi ad assistere alla caduta del Magus di turno, senza mai mettere in discussione – nella vita quotidiana – il potere che l’aveva creato, per accomodare il pubblico nel suo rassicurante cerchio magico. Poi il cerchio esplode, come una bolla di sapone, nel lutto degli adepti. Il potere invece se la ride, sta già fabbricando il Magus che verrà.
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Re: Come se ne viene fuori ?
UN PO’ TROPPO TARDI, MA INFINE ANCHE SALVINI LO HA CAPITO. IL CENTRO DESTRA NON ESISTE PIU’ DAL 2011.
Salvini: "Il centrodestra è finito, andremo al voto da soli"
Salvini rilancia le primarie del centrodestra: "Voglio votare subito". E traccia il programma della Lega: "Non aspettiamo Berlusconi"
Sergio Rame - Lun, 16/01/2017 - 10:21
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Esiste ancora il centrodestra? "Così, no", Matteo Salvini lo mette subito in chiaro.
"Berlusconi, almeno in teoria, è mio alleato - tuona il leader del Carroccio in un'intervista alla Stampa - ma non è che aspettiamo Berlusconi per andare avanti". Poi spiega: "Trump ha vinto parlando di dazi doganali, flat tax, stop all'immigrazione, lotta al terrorismo insieme con Putin. È il programma della Lega. Berlusconi parla di centro liberale, cattolico e moderato. In pratica, la Merkel. Io invece sto con Trump. E voglio votare subito".
Allo stato attuale Salvini andrebbe al voto solo con Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni. "E con Fitto - aggiunge - e con tanti elettori di Forza Italia, che dopo aver letto Silvio Berlusconi non credo abbiano voglia di votare per un inciucio con il Pd". "Io - continua il leader della Lega Nord nell'intervista al quotidiano torinese - sento tutti i giorni molti amministratori locali di Forza Italia. Non mi sembra che siano proprio entusiasti di riproporre oggi la ricetta del 1994".
A Berlusconi, che ieri ha annunciato di volersi ricandidare, Salvini riconosce di aver "cambiato l'Italia" e di aver "segnato la storia degli ultimi venticinque anni". "In politica - spiega - ma anche nell'economia, nei media, nello sport. Spero che la Corte di Strasburgo faccia giustizia e gli ridia la dignità. Ma - puntualizza il leader del Carroccio - se crede di essere il leader del centrodestra per diritto divino, si sbaglia. Il leader, semmai, lo sceglieranno le primarie".
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 51978.html
Salvini: "Il centrodestra è finito, andremo al voto da soli"
Salvini rilancia le primarie del centrodestra: "Voglio votare subito". E traccia il programma della Lega: "Non aspettiamo Berlusconi"
Sergio Rame - Lun, 16/01/2017 - 10:21
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Esiste ancora il centrodestra? "Così, no", Matteo Salvini lo mette subito in chiaro.
"Berlusconi, almeno in teoria, è mio alleato - tuona il leader del Carroccio in un'intervista alla Stampa - ma non è che aspettiamo Berlusconi per andare avanti". Poi spiega: "Trump ha vinto parlando di dazi doganali, flat tax, stop all'immigrazione, lotta al terrorismo insieme con Putin. È il programma della Lega. Berlusconi parla di centro liberale, cattolico e moderato. In pratica, la Merkel. Io invece sto con Trump. E voglio votare subito".
Allo stato attuale Salvini andrebbe al voto solo con Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni. "E con Fitto - aggiunge - e con tanti elettori di Forza Italia, che dopo aver letto Silvio Berlusconi non credo abbiano voglia di votare per un inciucio con il Pd". "Io - continua il leader della Lega Nord nell'intervista al quotidiano torinese - sento tutti i giorni molti amministratori locali di Forza Italia. Non mi sembra che siano proprio entusiasti di riproporre oggi la ricetta del 1994".
A Berlusconi, che ieri ha annunciato di volersi ricandidare, Salvini riconosce di aver "cambiato l'Italia" e di aver "segnato la storia degli ultimi venticinque anni". "In politica - spiega - ma anche nell'economia, nei media, nello sport. Spero che la Corte di Strasburgo faccia giustizia e gli ridia la dignità. Ma - puntualizza il leader del Carroccio - se crede di essere il leader del centrodestra per diritto divino, si sbaglia. Il leader, semmai, lo sceglieranno le primarie".
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Re: Come se ne viene fuori ?
LA PAROLA AL CHIERICO DEVOTO
A secondo degli interessi del momento, i chierici sui quotidiani, o ti mettono sull'altare o ti fanno precipitare nella polvere.
Il cardinal Berlusconi, nella intervista di ieri, ha fatto capire che può tornare un nuovo Nazareno.
Di conseguenza il chierico Sallusti si è precipitato a promuovere il volere del boss.
Lo dico con rispetto agli altri protagonisti di centrodestra e di centrosinistra che ogni giorno si sbattono per conquistare spazi di visibilità e di agibilità politica: cari signori, non ce n'è per nessuno. Questi due sono, nei loro campi, avanti anni luce nella visione, nel tempismo e nella tattica.
LECCA TU CHE LECCO ANCHIO.
A QUESTO SI E' RIDOTTO IL GIORNALISMO ITALIANO.
Ne resteranno soltanto due
Il duello è da alta classifica di serie A, non da modesta zona Uefa o da triste lotta per non retrocedere
Alessandro Sallusti - Lun, 16/01/2017 - 14:01
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Duello a distanza ieri, dalle pagine dei giornali, tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi.
Il primo, su La Repubblica, ammette per la prima volta di aver sbagliato tanto in pensieri, parole ed opere e annuncia che il Renzi «due» sarà ben diverso, nella forma e nella sostanza, dal Renzi «uno». Il secondo conferma, come era nell'aria e come ben sapeva chi lo conosce, di non avere nessuna intenzione di ritirarsi a vita privata e, anzi, se sarà possibile, di candidarsi come leader alle prossime elezioni.
Lo dico con rispetto agli altri protagonisti di centrodestra e di centrosinistra che ogni giorno si sbattono per conquistare spazi di visibilità e di agibilità politica: cari signori, non ce n'è per nessuno. Questi due sono, nei loro campi, avanti anni luce nella visione, nel tempismo e nella tattica. Si detestano cordialmente, sono in competizione costante, ma si rispettano e si riconoscono come unica controparte.
Il duello è da alta classifica di serie A, non da modesta zona Uefa o da triste lotta per non retrocedere. E una volta, non molto tempo fa, avremmo detto che solo uno dei due sarebbe arrivato vivo alla meta. Potrei sbagliarmi, ma oggi non sono più certo che sarà necessariamente così. Può essere infatti - ma la partita è soltanto all'inizio - che, se dalle prossime elezioni non dovesse uscire un vincitore netto, l'idea di governare insieme sia una possibilità che entrambi non auspicano ma lasciano aperta, come si intuisce anche leggendo tra le righe le due interviste di ieri, tanto che per Renzi il «voto subito» non è più la priorità assoluta.
La questione è molto complessa e ha il suo punto di debolezza nell'affidabilità politica e personale di Renzi purtroppo sperimentata all'epoca del Nazareno, dell'elezione del capo dello Stato e della riforma elettorale. Non so neppure se Renzi e Berlusconi lascino intravvedere questa pazza idea, che è cosa ben diversa dal classico inciucio, per portare a miti consigli alleati e compagni di viaggio bizzosi e pretenziosi oltre misura o se davvero nella loro visione ci sia posto, in ultima istanza, per una grande coalizione ripulita da estremismi, per intenderci alla tedesca. Certo è che il vecchio schema «morte tua, vita mia», non è più l'unico sul tappeto.
A secondo degli interessi del momento, i chierici sui quotidiani, o ti mettono sull'altare o ti fanno precipitare nella polvere.
Il cardinal Berlusconi, nella intervista di ieri, ha fatto capire che può tornare un nuovo Nazareno.
Di conseguenza il chierico Sallusti si è precipitato a promuovere il volere del boss.
Lo dico con rispetto agli altri protagonisti di centrodestra e di centrosinistra che ogni giorno si sbattono per conquistare spazi di visibilità e di agibilità politica: cari signori, non ce n'è per nessuno. Questi due sono, nei loro campi, avanti anni luce nella visione, nel tempismo e nella tattica.
LECCA TU CHE LECCO ANCHIO.
A QUESTO SI E' RIDOTTO IL GIORNALISMO ITALIANO.
Ne resteranno soltanto due
Il duello è da alta classifica di serie A, non da modesta zona Uefa o da triste lotta per non retrocedere
Alessandro Sallusti - Lun, 16/01/2017 - 14:01
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Duello a distanza ieri, dalle pagine dei giornali, tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi.
Il primo, su La Repubblica, ammette per la prima volta di aver sbagliato tanto in pensieri, parole ed opere e annuncia che il Renzi «due» sarà ben diverso, nella forma e nella sostanza, dal Renzi «uno». Il secondo conferma, come era nell'aria e come ben sapeva chi lo conosce, di non avere nessuna intenzione di ritirarsi a vita privata e, anzi, se sarà possibile, di candidarsi come leader alle prossime elezioni.
Lo dico con rispetto agli altri protagonisti di centrodestra e di centrosinistra che ogni giorno si sbattono per conquistare spazi di visibilità e di agibilità politica: cari signori, non ce n'è per nessuno. Questi due sono, nei loro campi, avanti anni luce nella visione, nel tempismo e nella tattica. Si detestano cordialmente, sono in competizione costante, ma si rispettano e si riconoscono come unica controparte.
Il duello è da alta classifica di serie A, non da modesta zona Uefa o da triste lotta per non retrocedere. E una volta, non molto tempo fa, avremmo detto che solo uno dei due sarebbe arrivato vivo alla meta. Potrei sbagliarmi, ma oggi non sono più certo che sarà necessariamente così. Può essere infatti - ma la partita è soltanto all'inizio - che, se dalle prossime elezioni non dovesse uscire un vincitore netto, l'idea di governare insieme sia una possibilità che entrambi non auspicano ma lasciano aperta, come si intuisce anche leggendo tra le righe le due interviste di ieri, tanto che per Renzi il «voto subito» non è più la priorità assoluta.
La questione è molto complessa e ha il suo punto di debolezza nell'affidabilità politica e personale di Renzi purtroppo sperimentata all'epoca del Nazareno, dell'elezione del capo dello Stato e della riforma elettorale. Non so neppure se Renzi e Berlusconi lascino intravvedere questa pazza idea, che è cosa ben diversa dal classico inciucio, per portare a miti consigli alleati e compagni di viaggio bizzosi e pretenziosi oltre misura o se davvero nella loro visione ci sia posto, in ultima istanza, per una grande coalizione ripulita da estremismi, per intenderci alla tedesca. Certo è che il vecchio schema «morte tua, vita mia», non è più l'unico sul tappeto.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Politica
Referendum, Jobs Act e banche: ormai il popolo non conta nulla
di Angelo Cannatà | 17 gennaio 2017
commenti (10)
48
Più informazioni su: Democrazia, Jobs Act, Matteo Renzi, Movimento 5 Stelle, PD, Popolo
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Angelo Cannatà
Docente di Storia e Filosofia
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Quanto conta il popolo nella nostra democrazia? Molto sul piano teorico (“La sovranità appartiene al popolo”, non si poteva dir meglio); sul piano pratico, invece, nella politica e nei giochi di palazzo, nulla, poco o nulla. Questa orribile dicotomia mostra – più di ogni cosa – la crisi in cui viviamo.
Il popolo non conta nulla:
1. Perché diritti, bisogni, proteste – e i movimenti che li rappresentano – sono tacciati di populismo e ghettizzati nell’irrilevanza: nell’universo politico delle oligarchie che affossano il Paese non c’è posto per il demos;
2. Perché dopo la vittoria del 4 dicembre – per dirla in breve – resta al governo chi ha perso e ha provato (maldestramente) a riformare la Costituzione;
3. Perché, nonostante milioni di cittadini vogliano pronunciarsi sul Jobs act, otto membri politicizzati della Consulta glielo impediscono: qualcuno può giurare, per dire, che Amato – amico di Craxi – non abbia espresso un voto politico dietro lo schermo (ipocrita) del neutralismo giuridico?
A questo siamo. La Repubblica fondata sul lavoro non consente ai cittadini di pronunciarsi sulla legge che nega i diritti del lavoro. Perché? Perché la Consulta fa politica con le sentenze. Bisogna dirlo, gridarlo dai tetti. Una seconda sconfitta – questa volta sull’articolo 18 – avrebbe demolito definitivamente ogni pretesa di Renzi alla guida del Paese. Il referendum andava fermato o depotenziato: chi doveva capire ha capito e votato – nell’organismo “impolitico” – secondo i desideri della politica: della maggioranza governativa, s’intende. E i cittadini? I cahier de doléances?
Proteste, referendum vinti, mobilitazioni, referendum richiesti (con milioni di voti) non contano nulla. Il popolo – teoricamente sovrano – è ignorato. E impoverito: la disoccupazione cresce (vedi dati Istat), “l’occupazione crolla sotto i 50 anni e salgono i voucher”. Camusso ha ragione: “Non c’è libertà nel lavoro senza diritti”. Di più: non c’è democrazia reale senza attenzione ai bisogni primari dei cittadini. Le persone non sono numeri.
E’ una sentenza ingiusta, quella della Consulta, arrivata mentre il popolo è offeso anche su altri versanti: le banche, a cominciare da Montepaschi, sono state spolpate da imprenditori rapaci (che hanno abusato di Orazio: “Fai quattrini, onestamente, se puoi, e se no, come ti capita”). C’è da stupirsi se qualcuno s’incazza? Mi meraviglio piuttosto della capacità di sopportazione degli italiani. Decisivi i 5 Stelle: altro che Movimento anti sistema! Contengono la protesta nei binari della legalità. La sinistra renziana, ormai, è aliena rispetto al mondo operaio: può dirsi di sinistra un partito che salva Montepaschi ma non riesce a tutelare i diritti dei lavoratori né dalle truffe bancarie né dagli illegittimi licenziamenti del Capitale?
E’ il nodo politico dei nostri giorni: la sinistra di governo – com’è stata ridotta – non rappresenta più l’universo del lavoro. Il M5S è percepito come il nuovo (diritti, partecipazione, reddito di cittadinanza) ma deve evitare errori grossolani in politica estera: le giravolte da gruppo anti a iper europeista. Non presti il fianco a chi parla di “Setta dell’Altrove”. Non è così. Il Movimento è affidabile e combatte in Italia battaglie di civiltà, ma lo scivolone di Bruxelles c’è stato. Bisogna riconoscerlo e ripartire: con la consapevolezza che le vere “sette” nel nostro Paese hanno spolpato Montepaschi (vogliamo la lista dei grandi debitori); influenzato la Consulta sul Jobs act; costruito governi anomali; demonizzato il popolo: il M5S ha il consenso necessario per spazzare via tutto questo.
Non disperda le sue energie con scivoloni assurdi e cerchi alleanze nella società civile: ha bisogno di una classe dirigente preparata. Basta con la richiesta di denaro ai transfughi (ci sono sempre stati in tutti i partiti), il Movimento si pensi, adesso, come forza di governo. Nulla fa più paura, alla varie massonerie che ammorbano il Paese, della normalità politica conquistata/conquistabile dai pentastallati. “La moderazione – a un certo punto – diventa la tattica preferibile”.
di Angelo Cannatà | 17 gennaio 2017
Referendum, Jobs Act e banche: ormai il popolo non conta nulla
di Angelo Cannatà | 17 gennaio 2017
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Quanto conta il popolo nella nostra democrazia? Molto sul piano teorico (“La sovranità appartiene al popolo”, non si poteva dir meglio); sul piano pratico, invece, nella politica e nei giochi di palazzo, nulla, poco o nulla. Questa orribile dicotomia mostra – più di ogni cosa – la crisi in cui viviamo.
Il popolo non conta nulla:
1. Perché diritti, bisogni, proteste – e i movimenti che li rappresentano – sono tacciati di populismo e ghettizzati nell’irrilevanza: nell’universo politico delle oligarchie che affossano il Paese non c’è posto per il demos;
2. Perché dopo la vittoria del 4 dicembre – per dirla in breve – resta al governo chi ha perso e ha provato (maldestramente) a riformare la Costituzione;
3. Perché, nonostante milioni di cittadini vogliano pronunciarsi sul Jobs act, otto membri politicizzati della Consulta glielo impediscono: qualcuno può giurare, per dire, che Amato – amico di Craxi – non abbia espresso un voto politico dietro lo schermo (ipocrita) del neutralismo giuridico?
A questo siamo. La Repubblica fondata sul lavoro non consente ai cittadini di pronunciarsi sulla legge che nega i diritti del lavoro. Perché? Perché la Consulta fa politica con le sentenze. Bisogna dirlo, gridarlo dai tetti. Una seconda sconfitta – questa volta sull’articolo 18 – avrebbe demolito definitivamente ogni pretesa di Renzi alla guida del Paese. Il referendum andava fermato o depotenziato: chi doveva capire ha capito e votato – nell’organismo “impolitico” – secondo i desideri della politica: della maggioranza governativa, s’intende. E i cittadini? I cahier de doléances?
Proteste, referendum vinti, mobilitazioni, referendum richiesti (con milioni di voti) non contano nulla. Il popolo – teoricamente sovrano – è ignorato. E impoverito: la disoccupazione cresce (vedi dati Istat), “l’occupazione crolla sotto i 50 anni e salgono i voucher”. Camusso ha ragione: “Non c’è libertà nel lavoro senza diritti”. Di più: non c’è democrazia reale senza attenzione ai bisogni primari dei cittadini. Le persone non sono numeri.
E’ una sentenza ingiusta, quella della Consulta, arrivata mentre il popolo è offeso anche su altri versanti: le banche, a cominciare da Montepaschi, sono state spolpate da imprenditori rapaci (che hanno abusato di Orazio: “Fai quattrini, onestamente, se puoi, e se no, come ti capita”). C’è da stupirsi se qualcuno s’incazza? Mi meraviglio piuttosto della capacità di sopportazione degli italiani. Decisivi i 5 Stelle: altro che Movimento anti sistema! Contengono la protesta nei binari della legalità. La sinistra renziana, ormai, è aliena rispetto al mondo operaio: può dirsi di sinistra un partito che salva Montepaschi ma non riesce a tutelare i diritti dei lavoratori né dalle truffe bancarie né dagli illegittimi licenziamenti del Capitale?
E’ il nodo politico dei nostri giorni: la sinistra di governo – com’è stata ridotta – non rappresenta più l’universo del lavoro. Il M5S è percepito come il nuovo (diritti, partecipazione, reddito di cittadinanza) ma deve evitare errori grossolani in politica estera: le giravolte da gruppo anti a iper europeista. Non presti il fianco a chi parla di “Setta dell’Altrove”. Non è così. Il Movimento è affidabile e combatte in Italia battaglie di civiltà, ma lo scivolone di Bruxelles c’è stato. Bisogna riconoscerlo e ripartire: con la consapevolezza che le vere “sette” nel nostro Paese hanno spolpato Montepaschi (vogliamo la lista dei grandi debitori); influenzato la Consulta sul Jobs act; costruito governi anomali; demonizzato il popolo: il M5S ha il consenso necessario per spazzare via tutto questo.
Non disperda le sue energie con scivoloni assurdi e cerchi alleanze nella società civile: ha bisogno di una classe dirigente preparata. Basta con la richiesta di denaro ai transfughi (ci sono sempre stati in tutti i partiti), il Movimento si pensi, adesso, come forza di governo. Nulla fa più paura, alla varie massonerie che ammorbano il Paese, della normalità politica conquistata/conquistabile dai pentastallati. “La moderazione – a un certo punto – diventa la tattica preferibile”.
di Angelo Cannatà | 17 gennaio 2017
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Re: Come se ne viene fuori ?
Ha scritto, tra l’altro, Giorgio Cremaschi sull’Huffington Post” del 6 febbraio 2017
Quegli argomenti di allora sono ancora più validi oggi, ma ora non sono più sostenuti dalla maggioranza della sinistra, ma, in Francia soprattutto, dalla nuova destra populista. Che è sempre stata euroscettica, ma spesso, e in contrapposizione alla Ue, Natofanatica. Oggi invece gran parte di ciò che ufficialmente è sinistra in Europa sostiene la Nato, l’euro e l’Unione Europea. E non perché queste istituzioni siano cambiate, né tantomeno migliorate, ma perché è la sinistra stessa che è cambiata e per questo sta scomparendo.
Oltre a registrare che sinistra in Europa sta scomparendo, più volte nello stesso articolo Cremaschi fa notare che le posizioni della sinistra di un tempo vengono portate avanti OGGI dalla destra.
La prima considerazione che viene in mente è:
PERCHE’ GLI UOMINI SI DEVONO SEMPRE SCONTRARE E NON MIGLIORARE L’ESITENZA COMUNE, VISTO CHE CREDENTI ED ATEI VIVONO IN MEDIA 72 ANNI SU QUESTO PIANETA??????
Quegli argomenti di allora sono ancora più validi oggi, ma ora non sono più sostenuti dalla maggioranza della sinistra, ma, in Francia soprattutto, dalla nuova destra populista. Che è sempre stata euroscettica, ma spesso, e in contrapposizione alla Ue, Natofanatica. Oggi invece gran parte di ciò che ufficialmente è sinistra in Europa sostiene la Nato, l’euro e l’Unione Europea. E non perché queste istituzioni siano cambiate, né tantomeno migliorate, ma perché è la sinistra stessa che è cambiata e per questo sta scomparendo.
Oltre a registrare che sinistra in Europa sta scomparendo, più volte nello stesso articolo Cremaschi fa notare che le posizioni della sinistra di un tempo vengono portate avanti OGGI dalla destra.
La prima considerazione che viene in mente è:
PERCHE’ GLI UOMINI SI DEVONO SEMPRE SCONTRARE E NON MIGLIORARE L’ESITENZA COMUNE, VISTO CHE CREDENTI ED ATEI VIVONO IN MEDIA 72 ANNI SU QUESTO PIANETA??????
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Re: Come se ne viene fuori ?
Il fatto è che la destra di cui si parla non è quella capitalistica. I fascisti o quelli che si rifanno all'uomo forte fin dai tempi di Bismark hanno comunque voluto temperare il capitalismo con degli elementi sociali. E anche gli stati socialisti in poco o nulla si sono distinti da queste politiche. La sinistra socialdemocratica in grossa parte ha rinnegato le proprie origini come il partito comunista italiano quando ha cambiato nome, pur essendo diverso da tutti gli altri partiti comunisti (ma va anche detto che nel Pdr nella sua corrente più revisionista fanno parte più che altro degli esponenti che venivano dalla Dc e non sempre dalla sua corrente di sinistra) e si è avvicinata alla destra (liberale o democristiana a seconda dei casi) che ha avuto, specie dagli anni 80 in poi, una deriva iperliberista.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Dal Fatto Quotidiano
“Corruzione nell’ambito dell’inchiesta Consip”
Arrestato a Roma l’imprenditore Alfredo Romeo
Per gli inquirenti l’immobiliarista campano pagava il manager pubblico Marco Gasparri per avere informazioni privilegiate sui bandi di gara. Sequestrati anche 100mila euro, perquisito Italo Bocchino
GIUSTIZIA & IMPUNITÀ L’imprenditore campano Alfredo Romeo è stato arrestato questa mattina dai carabinieri e dalla guardia di Finanza in relazione ad un episodio di corruzione nell’ ambito dell’inchiesta Consip. Nei confronti di Romeo il gip del tribunale di Roma ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Il provvedimento è stato eseguito dal comando Carabinieri tutela ambiente, dai militari dell’Arma di Napoli e dai finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Napoli di Marco Lillo
LA CADUTA DELLA SECONDA REPUBBLICA STA OCCUPANDO UN TEMPO SUPERIORE A QUELLO DELLA PRIMA.
I FATTI DI CRONACA NERA SI SUSSEGUONO A RITMI SUPERIORI RISPETTO ALLA PRIMA.
MA LA CLASSE DIRIGENTE PENSA SOLO ALLA POLTRONA.
CON LA CADUTA DELLA PRIMA REPUBBLICA, C'ERA IL RICAMBIO, ANCHE SE MOLTI MENO COINVOLTI SI SONO RICICLATI.
ADESSO, NON C'E' PIU' NULLA.
IL FATTO CHE I GRILLINI SI BASINO SULL'ONESTA', IN QUESTA FASE NON BASTA AFFATTO. CI VUOLE GENTE COMPETENTE E PURTROPPO NON SOLO.
RITORNA IL QUESITO INIZIALE.
COME SE NE VIENE FUORI?????????????????????????????????????
“Corruzione nell’ambito dell’inchiesta Consip”
Arrestato a Roma l’imprenditore Alfredo Romeo
Per gli inquirenti l’immobiliarista campano pagava il manager pubblico Marco Gasparri per avere informazioni privilegiate sui bandi di gara. Sequestrati anche 100mila euro, perquisito Italo Bocchino
GIUSTIZIA & IMPUNITÀ L’imprenditore campano Alfredo Romeo è stato arrestato questa mattina dai carabinieri e dalla guardia di Finanza in relazione ad un episodio di corruzione nell’ ambito dell’inchiesta Consip. Nei confronti di Romeo il gip del tribunale di Roma ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Il provvedimento è stato eseguito dal comando Carabinieri tutela ambiente, dai militari dell’Arma di Napoli e dai finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Napoli di Marco Lillo
LA CADUTA DELLA SECONDA REPUBBLICA STA OCCUPANDO UN TEMPO SUPERIORE A QUELLO DELLA PRIMA.
I FATTI DI CRONACA NERA SI SUSSEGUONO A RITMI SUPERIORI RISPETTO ALLA PRIMA.
MA LA CLASSE DIRIGENTE PENSA SOLO ALLA POLTRONA.
CON LA CADUTA DELLA PRIMA REPUBBLICA, C'ERA IL RICAMBIO, ANCHE SE MOLTI MENO COINVOLTI SI SONO RICICLATI.
ADESSO, NON C'E' PIU' NULLA.
IL FATTO CHE I GRILLINI SI BASINO SULL'ONESTA', IN QUESTA FASE NON BASTA AFFATTO. CI VUOLE GENTE COMPETENTE E PURTROPPO NON SOLO.
RITORNA IL QUESITO INIZIALE.
COME SE NE VIENE FUORI?????????????????????????????????????
Chi c’è in linea
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