Dove va l'America?

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pancho
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UncleTom ha scritto:NELLE PROVINCIE DELL'IMPERO


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Levin: gli Usa hanno interferito nelle elezioni in 45 paesi

Scritto il 20/1/17 • nella Categoria: segnalazioni Condividi


Mentre infuriano le polemiche per le (del tutto presunte) interferenze russe nelle elezioni presidenziali americane, “Vocativ” commenta una recente ricerca in cui si contano almeno 81 casi di interventi americani in 45 paesi, dal dopoguerra ad oggi, volti a condizionare l’esito delle elezioni politiche. E questo, senza contare i colpi di Stato militari promossi e organizzati dalla Casa Bianca. Scrive “Voci dall’Estero”: «Il motivo per cui – fingiamo pure che il fatto sussista – un certo establishment americano sta gridando allo scandalo e rialzando una cortina di ferro, non è altro che quello che lo stesso establishment americano ha sempre fatto verso il resto del mondo». Lo conferma un recentissimo studio, che mostra che l’America ha una lunga storia di ingerenze nelle elezioni in paesi stranieri, sintetizza Shane Dixon Kavanaugh su “Vocative”, prendendo spunto dalla clamorosa propaganda di Obama contro la Russia: 35 diplomatici espulsi e la richiesta di nuove sanzioni, in risposta a ciò che gli Usa ritengono essere una serie di cyber-attacchi condotti da Mosca durante la campagna presidenziale. Peccato che questa specialità – il pilotaggio delle elezioni altrui – sia un talento squisitamente statunitense.

Per la Cia, il Cremlino avrebbe tentato di aiutare Donald Trump a conquistare la presidenza? «Eppure, nessuno dei due paesi può dirsi estraneo a tentativi di ingerenza nelle elezioni di altri paesi». Gli Stati Uniti, per di più, vantano record ineguagliati in questo campo: «Hanno una storia lunga e impressionante di tentativi di influenzare le elezioni presidenziali in altri paesi», scrive Shane Dixon Kavanaugh, in un post ripreso da “Voci dall’Estero” in cui si documentano i risultati del recente studio condotto da Dov Levin, ricercatore in scienze politiche dell’Università Carnegie-Mellon di Pittsburgh, Pennsylvania. E’ un fatto: gli Usa hanno «cercato di influenzare le elezioni in altri paesi per ben 81 volte tra il 1946 e il 2000». Spesso lo hanno fatto «agendo sotto copertura», con tentativi che «includono di tutto: da agenti operativi della Cia che hanno portato a termine con successo campagne presidenziali nelle Filippine negli anni ’50, al rilascio di informazioni riservate per danneggiare i marxisti sandinisti e capovolgere le elezioni in Nicaragua nel 1990». Facendo la somma, calcola Levin, gli Usa avrebbero condizionato le elezioni in non meno di 45 paesi in tutto il mondo, durante il periodo considerato. E nel caso di alcuni paesi, come l’Italia e il Giappone, gli Stati Uniti hanno cercato di intervenire «in almeno quattro distinte elezioni».

I dati di Levin, aggiunge Shane Dixon Kavanaugh, non includono i golpe militari o i rovesciamenti di regime che hanno seguito l’elezione di candidati contrari agli Stati Uniti, come ad esempio quando la Cia ha contribuito a rovesciare Mohammad Mosaddeq, il primo ministro democraticamente eletto in Iran nel 1953. Il ricercatore definisce l’interferenza elettorale come «un atto che comporta un certo costo ed è volto a stabilire il risultato delle elezioni a favore di una delle due parti». Secondo la sua ricerca, questo includerebbe: diffondere informazioni fuorvianti o propaganda, creare materiale utile alla campagna del partito o del candidato favorito, fornire o ritirare aiuti esteri e fare annunci pubblici per minacciare o favorire un certo candidato. «Spesso questo prevede dei finanziamenti segreti da parte degli Usa, come è avvenuto in alcune elezioni in Giappone, Libano, Italia e altri paesi».

Per costruire il suo database, Levin si è basato su documenti declassificati della stessa intelligence americana, come anche su una quantità di report del Congresso sull’attività della Cia. Ha poi esaminato ciò che considera resoconti affidabili della Cia e delle attività americane sotto copertura, nonché ricerche accademiche sull’intelligence statunitense, resoconti di diplomatici della guerra fredda e di ex funzionari sempre della Cia. «Gran parte delle ingerenze americane nei processi elettorali di altri paesi sono ben documentate, come quelle in Cile negli anni ’60 o ad Haiti negli anni ’90», senza contare il caso di Malta nel 1971: secondo lo studio di Levin, gli Usa avrebbero cercato di condizionare la piccola isola mediterranea strozzandone l’economia nei mesi precedenti all’elezione di quell’anno. «I risultati della ricerca suggeriscono che molte delle interferenze elettorali americane sarebbero avvenute durante gli anni della guerra fredda, in risposta all’influenza sovietica che andava espandendosi in altri paesi», sottolinea Shane Dixon Kavanaugh.

«Per essere chiari, gli Usa non sarebbero stati gli unici a cercare di determinare le elezioni all’estero. Secondo quanto riportato da Levin lo avrebbe fatto anche la Russia per 36 volte dalla fine della Seconda Guerra Mondiale alla fine del ventesimo secolo. Il numero totale degli interventi da parte di entrambi i paesi sarebbe stato dunque, in quel periodo, pari a 117». Eppure, anche dopo il crollo dell’Unione Sovietica, avvenuto nel 1991, nonostante venisse a mancare l’alibi della guerra fredda, il grande nemico a Est, gli Stati Uniti «hanno continuato i propri interventi all’estero, prendendo di mira elezioni in Israele, nella ex Cecoslovacchia e nella stessa Russia nel 1996». In altre parole: se la Russia di Putin ha archiviato le attività “imperiali” dell’Urss, l’America ha invece raddoppiato la posta: secondo Levin, dal 2000 a oggi gli Usa hanno pesantemente interferito con le elezioni in Ucraina, Kenya, Libano e Afghanistan, per citarne solo alcuni dei paesi sottoposti alle “attenzioni elettorali” di Washington.
NOVITAAAA?
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Donald Trump, Soros: “Un impostore, un imbroglione, un potenziale dittatore”

Lobby

Il finanziere a Davos: "L'Europa si svegli: è di fronte a processo di disintegrazione. Ma va totalmente reinventata, partendo dalle persone"
di F. Q. | 20 gennaio 2017

commenti (268)
 1,6 mila

fatto di più per accreditare la Cina nella comunità internazionale di quanto non hanno potuto fare da soli i cinesi in molti anni”. In questo caso, pero, “è nell’interesse di tutti che la Cina cambi sistema ed entri

Più informazioni su: Donald Trump, George Soros


“Donald Trump? Un impostore, un imbroglione, un potenziale dittatore”. Parola di George Soros. Secondo il finanziere 87enne che ha perso 1 miliardo di dollari per la sua puntata su Hillary Clinton, il nuovo presidente americano “non credeva nemmeno lui di essere eletto”. “Sono fiducioso che le istituzioni e la costituzione Usa siano forti a sufficienza”, ha detto a Davos, aggiungendo però che a suo parere per le Borse non sarà la stessa cosa: “I mercati vedono Trump smantellare le regole e ridurre le tasse, che era il loro sogno. Dicono, il sogno si è avverato. Ma quando la realtà prevarrà, non credo che andranno tanto bene”. Certo, “al momento l’incertezza è al culmine” e ”nessuno sa cosa farà davvero” Trump.

Il grande fautore della “società aperta”, ha quindi suonato la sveglia per l’Europa, predicendo una rapida fine per il primo ministro britannico Theresa May e ridendo sotto i baffi per come la Cina si sta accreditando nel consesso internazionale. Il Vecchio Continente deve “reagire di corsa di fronte agli attacchi”, visto che “è di fronte ad un processo di disintegrazione, come mostrano la Brexit e il voto del referendum italiano”. Il tono segna un cambio rispetto al passato, prima decisamente più tranchant sulle istituzioni europee. “Dobbiamo fare uno sforzo per difendere l’Ue – ha detto – ma va totalmente reinventata”. Come? partendo dal basso, “dalle persone”.

Non meno tagliente è il giudizio sul premier britannico May, che “è improbabile manterrà il potere a lungo” perché svalutazione e inflazione peseranno sui cittadini. Lungo sarà il processo di separazione dall’Ue: “Divorziare chiede tempi lunghi, ed è sempre peggio che sposarsi”.
Soros, che definisce “totalmente inaccettabile” Viktor Orban che distrugge i diritti in Ungheria, spolvera invece un altro registro quando parla del presidente cinese Xi, quello dell’ironia graffiante: “Trump ha nel consesso internazionale”.
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LA VOX POPULI




adriac • 36 minuti fa
Se la faccia è lo specchio dell'anima questo Soros gioca a chi è peggio con Michael Moore...

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BosF • un'ora fa
Sarà ...

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robinudd • un'ora fa
Pagherà un cecchino come ha fatto in Ukraina?

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mzanut • un'ora fa
Ma con che coraggio parli proprio tu?
Degno rappresentante della peggior finanzia predatrice che vive parassitando intere nazioni...

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minoletti43 • un'ora fa
“Un impostore, un imbroglione, un potenziale dittatore”: un tale giudizio detto dal terrorista finaziario per eccellenza, è bel un complimento ... e fa sperare in bene ... Mi auguro che Trump riesca a spogliarlo economicamente.

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Solo contro tutti • un'ora fa
Toh, senti chi parla, l'affamatore di popoli...

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Umberto Arnulfo • 2 ore fa
Beh, se lo dice Soros....

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mishima • 2 ore fa
Tranquilli amici, tra poco ci penserà la natura a toglierlo di mezzo.

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fabrizio67 > mishima • un'ora fa
No, credo abbia comprato il 51% anche di quella.

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Jep • 2 ore fa
Il parassita soros ha il mal di pancia... gli hanno conferito anche la laurea ad onoris, ritenuto un genio solo da altri aspiranti parassiti come lui. ps. Censurate pure, tanto per fortuna c'è tanta gente che sà chi è davvero questo personaggio e chi in italia lo ha avvantaggiato nella sua speculazione sulla lira.

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fabrizio67 > Jep • un'ora fa
eh.... ma non è che sapere chi sia veramente cambi la sostanza delle cose, in effetti.... Che lui e quelli come lui comandino il mondo e i destini dell'intera umanità da secoli, è ormai cosa arcinota.... E allora?? Soluzioni?? La consapevolezza in questo caso, è una beffa ancora più grande, per la gente comune.

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Leonardo • 2 ore fa
MI fa piacere sentire, come Soros, riesce a parlare di se' stesso, con tanta disinvoltura...

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liberi_tutti • 2 ore fa
E il bue disse all'asino: cornuto!

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Nico Patta • 2 ore fa
Contando che Soros ha perso più di un miliardo di dollari scommettendo sulla caduta del Dow Jones dopo l'elezione di Trump... non credo proprio che il suo sia un giudizio obiettivo.

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mirkorr • 2 ore fa
Sorso è sempre quello che ci fece svalutare la ns liretta e miese in ginocchio la sterlina con le sue speculazioni? Si è lui è questo si permette di dare giudizi su altre persone? Ormai il mondo va a alla rovescia, anche se trump non mi è simpatico le dichiarazioni di questo personaggetto, come direbbe lo sceriffo campano, sono dei punti a favore di trump.

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UncleTom
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LA RELIGIONE DEL BUNGA-BUNGA SPOPOLA OLTRE L'ATLANTICO



"Ridiamo il potere al popolo"
Una nuova era per l'America


Donald Trump giura sula Bibbia e diventa il 45° presidente Usa. Poi tiene il primo discorso davanti alla folla

di Orlando Sacchelli

50 minuti fa


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Trump giura sulla Bibbia. Per l'America inizia una nuova era


Cerimonia solenne per l'insediamento di Trump. Poi il primo discorso da presidente, la parata e le feste di rito
Orlando Sacchelli - Ven, 20/01/2017 - 19:53
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Donald Trump ha giurato sulla Bibbia, ripetendo la formula solenne pronunciata dal presidente della Corte Suprema. I suoi cinque figli sono vicino a lui, insieme alle massime autorità del Paese e agli ex presidenti Bill Clinton e George W. Bush, con le rispettive mogli. Il primo a prestare giuramento è il vicepresidente Mike Pence.



Poi tocca a Trump. Ed ha inizio la nuova era americana.

"Siamo uniti in

un grande sforzo nazionale per ricostruire il nostro Paese - dice Trump nel suo primo discorso da presidente - e ripristinare le promesse per tutto il nostro popolo. Insieme determineremo il corso dell'America e del mondo per molti, molti anni nel futuro. Affronteremo sfide, ci confronteremo tra noi, ma porteremo a casa risultati". In questi anni, prosegue, "l'establishment ha protetto se stesso, ma non i cittadini del nostro Paese".

"Il 20 gennaio del 2017 sarà ricordato come il giorno in cui il popolo è diventato di nuovo governante. Gli uomini e le donne dimenticati del nostro Paese non lo saranno più. Tutti adesso vi ascoltano".

"Gli americani - prosegue il presidente - vogliono le scuole per i figli, sicurezza per il quartiere e lavoro per se stessi. Queste sono richieste giuste e ragionevoli da parte di persone giuste". Poi rivolge un pensiero a chi soffre: "Per troppo cittadini c'è una realtà differente, madri e figli che lottano per arrivare a fine mese, aziende arrugginite come pietre tombali, un sistema di istruzione che spreca soldi e lascia gli studenti senza conoscenza, crimini e bande e droga che pertano via le vite ma questi problemi si fermano qui, ora".

L'omaggio di Hillary Clinton

"Sono qui per onorare la democrazia e i suoi valori duraturi. Non smetterò mai di credere nel nostro Paese e nel nostro futuro". Ha scritto su Twitter Hillary Clinton, candidata sconfitta alle elezioni di novembre. Hillary si trova alla cerimonia in qualità di ex first lady, assieme al marito, l'ex presidente Bill Clinton.

Cinque enormi bandiere

La scenografia della cerimonia di giuramento prevede che la facciata ovest di Capitol Hill sia adornata con cinque enormi bandiere a stelle e strisce, tutte diverse tra loro. Al centro, compare la bandiera degli Stati Uniti. Le altre due bandiere che la affiancano a destra e a sinistra sono gli stendardi con 13 stelle che rappresentano le 13 colonie originarie. Alle due estremità esterne, infine, le cosiddette "Betsy Ross flags", che fecero la loro prima comparsa nel 1790.

Disordini e scontri a Washington

Com'era prevedibile il giorno del giuramento di Trump è macchiato da gravi disordini. Alcuni gruppi di persone hanno distrutto vetrine di negozi e i finestrini delle automobili. I manifestanti si muovono nelle strade di Washington in gruppo, vestiti di nero e con il volto coperto, inseguiti dagli agenti di polizia che sparano contro di loro gas urticanti. Le immagini, trasmesse dalle emittenti locali e diffuse online, mostrano anche i contestatori aggredire persone e rovesciare bidoni dell'immondizia.
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Vip e radical chic contro Trump recitano il solito vecchio copione
A New York va di scena la solita vecchia carrellata di star di Hollywood anti Trump. Proteste anche a Washington, dove la città è blindata. Minacce di Anonymous
Raffaello Binelli - Ven, 20/01/2017 - 17:16
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La notte prima del giuramento di Trump molte star del mondo dello spettacolo e diversi cittadini si sono dati appuntamento a New York, di fronte al Trump International Hotel
and Tower, per protestare contro la nuova presidenza Trump: Robert De Niro, Michael Moore, il sindaco Bill De Blasio, Alec Baldwin, Cher. I nomi dei "vip" anti Trump più o meno sono sempre gli stessi.
De Niro ha preso in giro lo stile usato da Trump nei sui tweet, leggendo alcuni immaginari messaggi del presidente: "De Niro dovrebbe restituire il suo Oscar, il voto è stato truccato". Passando poi a toni più seri, ha attaccato il presidente definendolo "un cattivo esempio per questo Paese e questa città". Nei mesi scorsi l'attore di origini italiane si era esposto in prima persona contro il tycoon, definendolo un "cane, un maiale" e una persona "stupida in modo sconcertante". Sul palco è salito un altro attore che negli ultimi mesi si è rilanciato come formidabile imitatore di Trump, al ''Saturday Night Live''. Baldwin ha chiesto alla folla "100 giorni di resistenza" contro Trump.
"Trump prenderà il potere domani - ha detto il sindaco De Blasio - ma anche voi avrete il potere, Trump potrà controllare l'agenda a Washington, ma voi controllerete i vostri destini come
americani". Parlando con i giornalisti Cher, che parteciperà anche alla Women march sabato a Washington, ha spiegato di aver manifestato perché vuole mostrare agli americani "il pericolo" costituito da Trump.
La protesta va di scena, ovviamente, anche a Washington, e in altre città americane. Prima dell'inizio della cerimonia di giuramento per le strade della capitale vi sono stati scontri tra alcuni gruppi di manifestanti anti Trump e la polizia. Alcune vetrine di banche e di altri esercizi commerciali sono state infrante, mentre gli agenti tentavano di contenere le proteste, proteggendo l'accesso alle aree lungo le quali deve sfilare il corteo presidenziale.
Sul web torna a farsi sentire, il grupo di hacker Anonymous: avverte Trump che "si pentirà" dei prossimi quattro anni. Il gruppo giura che scoverà e pubblicherà informazioni dannose sulle attività di Trump e i suoi affarui collegati alla Russia. "Le informazioni non scompaiono, è tutto lì fuori", ha detto Anonymous, promettendo di rivelare dettagli sui nodi "finanziari e personali con la mafia Russa, trafficanti di bambini e strozzini".
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Re: Dove va l'America?

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TESTIMONI DI UNA RIVOLUZIONE MONDIALE


AL DI LA' DELLO ZAMPINO DELL'ESTABLISHMENT MASSONICO-FINANZIARIO CHE NE APPROFITTA DELLA SITUAZIONE, MOLTO PROBABILMENTE MOLTI AMERICANI CHE CON L'ESTABLISHMENT NON HANNO NULLA A CHE VEDERE, NON SOPPORTANO LA TRACOTANZA DI THE MAC DONALD.





22 gen 2017 11:18

1. PIÙ DI UN MILIONE DI DONNE MARCIANO A WASHINGTON E 600 ALTRE CITTÀ CONTRO TRUMP

2. MADONNA INCITA LA FOLLA IN DIRETTA TV DAVANTI A MILIONI DI PERSONE: ''FACCIAMO SALTARE IN ARIA LA CASA BIANCA, caXXo!'' (VIDEO), E FINISCE INDAGATA INDAGATA DAL SECRET SERVICE

3. NON MANCAVA NESSUNO: HELEN MIRREN, JULIA ROBERTS, SCARLETT JOHANSSON, CHER, YOKO ONO, VECCHIE FEMMINISTE COME GLORIA STEINEM, JOHN KERRY E MICHAEL MOORE

4. TRUMP DISSE ''I GRAB THEM BY THE PUSSY'' (LE PRENDO PER LA FICA), LE DONNE DI MEZZO MONDO URLANO: ''RIPRENDIAMOCI LE NOSTRE FICHE''. MA PER ORA NESSUNO LE HA RUBATE...




VIDEO - MADONNA: ''FACCIAMO SALTARE IN ARIA LA CASA BIANCA, caXXo!''
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 139815.htm




LA RIVOLTA DELLE DONNE MEZZO MILIONE CONTRO DONALD "L' AMERICA SIAMO NOI"

Anna Lombardi per ''la Repubblica''


James e Kuvida si sono spinti fin sotto il National Museum of American Indians, all' angolo di Independence Avenue, cuore della protesta, insieme al loro bebè di 4 mesi: «Un giorno gli racconteremo che era il più giovane contestatore della Marcia». Una classe di liceali, maschi e femmine arrivati da Delmar, Delaware, con le loro insegnanti, avanza in fila indiana afferrandosi a un lungo cordone rosa per non perdersi. Le ragazze della Cornell, i cappelli rossi e blu col nome dell' università, si tengono invece per mano. Yen, 50 anni, musulmana del Vermont, indossa un velo rosa e un cartello al collo: «Uniti resistiamo ».

Capitol Hill è invasa di gente fin dalle prime ore del mattino.


«Siamo arrivati fin qui da tutto l' America - spiega Rebecca Walters, 35 anni, di Seattle - per dire a Donald Trump, nel primo giorno di presidenza, che ci opporranno con ogni mezzo alla sua politica reazionaria e misogina ». Impossibile contarli: «Siamo 500 mila». «No, molti di più». Di sicuro, nel mondo, sono almeno 2 milioni e mezzo le persone che hanno affollato le manifestazioni "sorelle" organizzate in 600 città, da New York a Miami, da Londra a Berlino fino a Roma.

A Washington l' intero Mall, la zona che va dal Campidoglio alla Casa Bianca, è un tappeto di "Pussy Hat", il cappello della protesta, indossati da uomini, donne, bambini. Come quello che porta David Clausburg, 58 anni, arrivato da Boston in treno: «Sono qui per mia moglie, morta di cancro: lei avrebbe voluto esserci ».

Quando l' attrice America Ferrera, la protagonista della serie Ugly Betty, sale sul palco, sono da poco passate le 10: «Il Presidente non è l' America. Noi siamo l' America» dice. E la piazza esplode in un boato. «Dobbiamo riprenderci la politica», arringa le amiche Jennifer Glover, arrivata da New York con le sue bambine. Sulla carrozzina di Annika, la più piccola, c' è un cartello: «Futuro Presidente».


Dal palco l' icona femminista Gloria Steinem fa lo stesso tipo d' invito: «Scambiatevi i numeri di telefono, datevi appuntamento a domani. Non lasciate passare questo momento». Le fa eco il regista Michael Moore: «Presentatevi alle elezioni: siete voi che dovete essere eletti. In politica c' è bisogno di giovani, di donne». E l' attrice Scarlett Johansson: «Presidente Trump io vorrei anche sostenerla. Ma prima Lei deve sostenere noi: come donne».

Poco prima di mezzogiorno John Kerry, segretario di Stato fino all' altro ieri, si fa largo fra la folla, il cane al guinzaglio e la figlia Alexandra sotto braccio. Apparentemente senza scorta, non sorride e non si presta alle richieste di selfie della gente: che gli fa comunque largo fra gli ap- plausi. Su Twitter rimbalza il saluto di Hillary Clinton: «Questa marcia in difesa dei nostri valori è più importante che mai».

Adriana, che è afro-americana, e la sua amica Cindy, hanno 19 anni e arrivano dal Maryland: «È la prima volta che partecipiamo a una manifestazione. Non sarà l' ultima. Ci sono troppi diritti in pericolo da difendere». Un gruppo di medici, il camice bianco addosso, chiede che tutti s' impegnino in difesa della riforma sanitaria. Li applaude Angela Derril, 50 anni, un cartello al collo: "Obama mi ha salvato la vita". «Avevo bisogno di un trapianto: senza l' Obamacare non me lo sarei potuto permettere».

Sono le due del pomeriggio quando la marcia comincia a muoversi, le organizzatrici Carmen Perez, Tamika Mallory, Linda Sarsour e Bob Bland in testa.


La gente è così tanta che Pennsylvania Avenue non riesce a contenerla. Sul palco intanto sale Madonna: «Il bene non ha vinto queste elezioni. Ma questo è l' inizio di una nuova storia. Sai che ti dico Trump: F you!». La parolaccia in diretta tv imbarazza i network che tagliano la diretta. «Grazie, grazie, grazie» si commuove Barbara Pruvit, 80 anni. «Sono bisnonna, non avrei mai creduto di dover ancora scendere in piazza per i diritti degli emarginati. Ma credetemi: alla mia età non posso più sbagliarmi. Tutta questa gente farà il mondo migliore».




"CON I NOSTRI CAPPELLI CANCELLIAMO IL SESSISMO"

Anna Lombardi per ''la Repubblica''



«Voglio fare un cappello per la mia bambola uguale a quello che mamma ha fatto per me. Porto anche la bambola alla manifestazione».


Scarlett, 10 anni, era corsa dopo la scuola al Knitty City - il negozio di lane sulla 79evesima strada a Manhattan dove si tengono lezioni di maglia - accompagnata dalla mamma Cecilia Helgesen, i Pussy hat ben calati sulla testa. Lo spazio di questo paradiso della lana, un arcobaleno di mohair, angora e cachemere, nei giorni scorsi era affollatissimo.


Nell' ultimo mese, intorno a due tavoli almeno 30 donne hanno lavorato a maglia cappelli con le orecchie di gatto che sono diventati i simboli delle manifestazione che ieri ha invaso Washington. «Il Pussy hat è la risposta a quell' orrenda frase di Trump, il "grab a pussy" del video- scandalo di qualche tempo fa - spiega Nancy Ricci, 44 anni, una delle insegnanti di maglia di questo luogo che in poco tempo ha visto il numero di donne che hanno scelto di tornare a maneggiare i ferri aumentare vertiginosamente - con i cappelli ci riappropriamo di una parola che indica volgarmente una parte del nostro corpo e con le orecchie di gatto lo riportiamo all' innocenza del suo significato letterale: micina. È anche un omaggio alle Pussy Riot odiate da Putin, grande amico del nuovo presidente ».


L' idea, subito diventata virale, arriva dalla California, lanciata dalla sceneggiatrice Krista Suh e dalla sua amica architetta Jayna Zweiman. Il successo del sito da loro creato, PussyHatProject.com con le istruzioni per realizzare i cappelli, è stato immediato: almeno 100mila quelli realizzati. Le regole sono semplici: il cappello va fatto a mano e deve essere rigorosamente donato.


«Non tocco i ferri da quant' ero ragazza» lamenta Katy Turow, 58 anni, che vorrebbe acquistarlo. La convincono a restare: «È terapeutico» spiega Idee Simon, psicologa in pensione. «Quando Trump ha vinto ci siamo sentite impotenti. Lavorare a un progetto concreto ci fa reagire a quel senso di frustrazione».


A lavorare insieme ci sono donne di ogni provenienza ed età. Quando arriva Kay Gardiner, l' eccitazione tocca il suo apice. È una delle massime autorità della maglia in America, autrice di libri e di un blog seguitissimo: «È meraviglioso che così tante donne stiano riscoprendo la loro forza attraverso una tecnica antica. I cappelli dicono che alla politica di Trump noi non cediamo. Anzi, rialziamo la testa».
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Re: Dove va l'America?

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AI TRAMP OLINI DI CASA NOSTRA QUESTE PAROLE NON PIACCIONO



Papa Francesco: "Trump? Pure Hitler fu eletto..."
Papa Francesco a El Pais: "Nei momenti di crisi si cerca un salvatore. Pure Hitler fu eletto". Salvini: "Credo che Bergoglio sia stato frainteso..."

Chiara Sarra - Dom, 22/01/2017 - 14:34

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Sospende il giudizio - per ora - Papa Francesco su Donald Trump.

Ma con un accostamento ben più pesante che se un giudizio lo avesse espresso.

"Si vedrà. Vedremo ciò che fa e allora valuteremo", dice infatti il Pontefice al giornalista di El Pais che gli chiede un commento sull'elezione del tycoon a presidente degli Stati Uniti, "Nei momenti di crisi si perde la lucidità di ragionamento e questo è stato sempre per me un riferimento da tenere a mente. Cerchiamo un salvatore che ci ridia una identità e la difendiamo con ogni mezzo, muri o qualsiasi mezzo dagli altri popoli, per timore che inquinino la nostra identità e la danneggino. E questo è grave".



E il riferimento viene spiegato con un esempio calzante: la Germania nazista. "Una Germania distrutta che vuole rialzarsi, che cerca una identità, un leader, qualcuno che le restituisca l'identità e si affida a un giovanotto che assicura poterlo fare, Hitler", spiega Bergoglio, "E tutti lo votano. Di fatti fu una elezione democratica, non una imposizione. Il popolo lo votò e lui lo portò alla distruzione. Questo è il pericolo che si può correre ancora oggi".

"Il Papa dice tante cose, Hitler è stato sepolto dalla storia, io penso sia stato frainteso", commenta però Matteo Salvini, "Se mi danno del populista sono contento perché vuol dire che parlo al popolo, ma io penso che il Pontefice sia stato frainteso".

Video:
Salvini: "Il Papa ha detto che dai populismi è nato Hitler? Spero non sia vero"
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/pap ... 54459.html
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Re: Dove va l'America?

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Solo uno squinternato destrorso di basso profilo come Sallusti poteva scrivere queste cose.



Le donne di Donald e quelle di sinistra

La sinistra globale rode da matti per aver perso in malo modo il controllo della Casa Bianca, per di più a favore di uno come Trump
Alessandro Sallusti - Dom, 22/01/2017 - 17:52
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Ieri, in molte città americane e di mezzo mondo, migliaia di donne sono scese in piazza contro il presidente Trump. Dicono di voler difendere i diritti delle donne, anche se non è chiaro quale sia la minaccia.

Prepariamoci: da oggi, e chissà per quanto tempo, di queste «marce civili» ne vedremo ovunque a giorni alterni, perché la sinistra globale rode da matti per aver perso in malo modo il controllo della Casa Bianca, per di più a favore di uno come Trump. Non importa che il neo presidente prometta più lavoro e meno tasse, meno finanza e più politica. Deve essere fatto passare per un pericolo, a prescindere, come successe in Italia con Berlusconi.
La marcia di ieri è stata ovviamente benedetta da Hillary Clinton, che ha commentato: «Noi unite per i nostri valori». E dire che, se esistesse una logica, le donne dovrebbero marciare proprio contro la Clinton, una che ha difeso e protetto un molestatore seriale, il marito Bill, e sputtanato una delle sue vittime, la stagista Monica Lewinsky. Oppure contro il Partito democratico americano, che ha occultato l'allegra e promiscua attività sessuale dei Kennedy, icone della sinistra radical chic.
E dopo le donne, toccherà agli immigrati. Già mi vedo fiaccolate democratiche in tutte le capitali del mondo al primo dollaro che Trump spenderà per completare il famigerato muro con il Messico. Muro, si badi bene, ideato, progettato e avviato dai Clinton, così come il più famoso «muro» tirato su in Europa, dopo quello di Berlino, è quello costruito, a tempo di record, dal socialista Hollande a Calais.
E poi, al primo sparo americano oltre confine, sarà il turno di quei pacifisti che non hanno aperto bocca durante le numerose, e disastrose, scorribande di Obama, titolare del più vergognoso Premio Nobel per la Pace della storia.
L'elenco, vedrete, sarà lungo. Trump ha detto chiaramente di volersi occupare quasi esclusivamente della rinascita americana. E che la sinistra, in tutto il mondo, vorrà occuparsi a tempo pieno di lui, imprevisto della storia che scombussola i piani dei salotti buoni e smaschera le ipocrisie del sistema: l'amata Clinton le donne le ha umiliate, Trump, almeno tre tante ne ha sposate -, le ha rese miliardarie.
UncleTom
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Re: Dove va l'America?

Messaggio da UncleTom »

SALLUSTI, GIORNALISTA O GIORNALAIO????????????


La sinistra globale rode da matti per aver perso in malo modo il controllo della Casa Bianca, per di più a favore di uno come Trump




Nei passaggi difficili della storia dell’umanità, i cretini non mancano mai.

Questo è assodato, e le dimostrazioni per l’oggi non mancano.

Il minimo per uno che si autodefinisce “”giornalista””, ma che in pratica è un volgare giornalaio da strapazzo, è sapere che la sinistra, a livello mondiale, è al camposanto.

Ma da buon trafficante d’odio, vedi l’impostazione del suo “giornale” sui migranti, gode nel fare queste sparate gratuite.

E’ incontenibile. E’ più forte di lui.

E’ in questo modo che i quotidiani che hanno perso e perdono costantemente di credibilità.

Il quotidiano che Alessandro Sallusti dirige in modo altamente disonorevole, fu fondato 40 anni fa da Indro Montanelli.

Tutt’altra dimensione rispetto al giornalista toscano.

Come il giorno e la notte.

Questo trombone propagandista di Sallusti al servizio del padrone di Hardcore, non è degno neppure di pulire le scarpe a Montanelli, se fosse ancora in vita.


Cos’è la sinistra globale????

E la sinistra americana????

Ma di cosa si fa sto debosciato di Sallusti????

Di eroina, cocaina o peyote????
UncleTom
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Re: Dove va l'America?

Messaggio da UncleTom »

LA RELIGIONE DEL BUNGA-BUNGA, ORA HA UN NUOVO CARDINALE SULL'ALTRA SPONDA DELL'ATLANTICO.

Ora il potere torna al popolo


MA QUANDO MAI!!!!!!


QUANTI MERLI CI STANNO NELLA NAZIONE A STELLE E STRISCIE.

NON SCHERZANO. PROPRIO COME DA NOI.

Il pianeta delle scimmie (Planet of the Apes) è un film di fantascienza del 1968 diretto da Franklin J. Schaffner, basato sull'omonimo romanzo di Pierre Boulle.

OGGI POTREMMO REPLICARE CON IL FILM "IL PIANETA DEI MERLI BOCCALONI"




Ora il potere torna al popolo
Il discorso pronunciato da Donald Trump il 20 gennaio 2017, subito dopo il giuramento al Campidoglio: Basta spendere miliardi per difendere gli altri e basta con i politici che non fanno nulla. Creeremo lavoro e rifaremo i confini. Comprate e assumete americano"
Donald J. Trump - Sab, 21/01/2017 - 09:36
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Presidente della Corte Suprema, Presidente Carter, Presidente Clinton, Presidente Bush, Presidente Obama, americani e gente di tutto il mondo: grazie!
Noi cittadini americani siamo uniti nel formidabile sforzo nazionale di ricostruire il nostro Paese e di ripristinare le promesse per il nostro intero popolo.

Insieme determineremo le sorti dell'America e del mondo per molti anni a venire. Affronteremo delle sfide, faremo i conti con momenti di difficoltà, ma ci riusciremo. Ogni quattro anni, ci ritroviamo su questa scalinata per realizzare il passaggio pacifico e regolare dei poteri e siamo grati al Presidente Obama e alla First Lady, Michelle Obama, per l'aiuto garbato che hanno dato nel corso di tale passaggio. Sono stati fantastici. Grazie. La cerimonia di oggi, però, ha un significato davvero speciale perché oggi non stiamo semplicemente effettuando un trasferimento di poteri da un'amministrazione a un'altra o da un partito a un altro, bensì stiamo trasferendo il potere da Washington, D.C., e lo stiamo restituendo a voi, popolo. Per troppo tempo, un piccolo gruppo nella capitale della nostra nazione ha fatto propri i benefici del governo, mentre il popolo ne pativa i costi. Washington prosperava, ma il popolo non beneficiava della sua ricchezza. I politici prosperavano, ma i posti di lavoro venivano meno e le fabbriche chiudevano. Il sistema proteggeva se stesso, non i cittadini del nostro Paese. Le loro vittorie non sono state le vostre vittorie. I loro trionfi non sono stati i vostri trionfi. E, mentre quella gente festeggiava nella capitale del nostro Paese, c'era poco da festeggiare per le famiglie in difficoltà nell'intera nazione. Tutto ciò cambia a partire da qui, fin d'ora, perché questo momento è il vostro momento: appartiene a voi. Appartiene a tutti quelli che oggi si sono radunati qui e a chiunque ci stia osservando da ogni punto dell'America. Questo è il vostro giorno, questa è la vostra festa e questo Paese, gli Stati Uniti d'America, è il vostro Paese. Quello che davvero conta non è quale partito controlli il nostro governo, bensì che il nostro governo sia controllato dal popolo. Il 20 gennaio 2017 verrà ricordato come il giorno in cui il popolo è tornato a essere sovrano in questo Paese. Gli uomini e le donne dimenticati di questo Paese cesseranno di essere dimenticati. Ora tutti vi ascoltano.
Siete venuti a decine di milioni per entrare a far parte di un movimento di portata storica come il mondo non ne aveva mai visti prima. Al cuore di questo movimento sta una convinzione cruciale: che una nazione esiste per servire i suoi cittadini. Gli americani vogliono ottime scuole per i loro figli, quartieri sicuri per le loro famiglie e buoni posti di lavoro per se stessi. Si tratta di richieste giuste e ragionevoli da parte di un popolo retto e di un pubblico retto. Ma per troppi dei nostri cittadini esiste una realtà diversa: madri e figli intrappolati dalla povertà dei nostri bassifondi urbani; fabbriche in stato di abbandono disseminate come tombe nel paesaggio della nostra nazione; un sistema scolastico in cui vengono riversati tanti soldi, ma che lascia i nostri giovani e splendidi studenti a corto di conoscenze; e il crimine e le gang e le droghe che hanno strappato troppe vite e che hanno privato il nostro Paese di un enorme potenziale inespresso. Questa scempio americano deve interrompersi e si interromperà in questo preciso istante. Siamo una nazione e il loro dolore è il nostro dolore. I loro sogni sono i nostri sogni e i loro successi saranno i nostri successi. Abbiamo un solo cuore, una sola patria e un solo destino glorioso.
Il giuramento che oggi faccio è un giuramento di fedeltà a tutti gli americani. Per molti decenni, abbiamo arricchito industrie straniere a danno delle industrie americane; abbiamo sovvenzionato gli eserciti di altri Paesi, consentendo allo stesso tempo di impoverire il nostro sistema militare; abbiamo difeso i confini di altre nazioni, rifiutandoci di difendere i nostri; e abbiamo speso migliaia di miliardi all'estero mentre le infrastrutture americane finivano in rovina e in sfacelo. Abbiamo arricchito altri Paesi mentre la ricchezza, la forza e la sicurezza del nostro Paese sparivano oltre l'orizzonte. Una a una, le fabbriche chiudevano i battenti e abbandonavano il nostro Paese, senza la minima riflessione riguardo ai milioni di americani che si lasciavano alle spalle. La ricchezza della nostra classe media veniva strappata alle loro case e ridistribuita in tutto il mondo. Ma quello è il passato. E ora noi guarderemo solo al futuro.
Noi che ci siamo riuniti qui oggi stiamo per imporre un nuovo ordine che verrà udito in ogni città, in ogni capitale straniera e in ogni aula del potere. D'ora in avanti, una nuova visione delle cose governerà la nostra terra. Da questo momento in poi, lo slogan sarà: prima l'America. Ogni decisione sul commercio, sulle tasse, sull'immigrazione, sulla politica estera, verrà presa a vantaggio dei lavoratori americani e delle famiglie americane. Dobbiamo proteggere i nostri confini dalle devastazioni create da altri Paesi che producono i nostri prodotti, ci sottraggono le nostre aziende e distruggono i nostri posti di lavoro. Il protezionismo porterà grande prosperità e forza. Mi batterò per voi con tutta l'energia che ho in corpo e non vi deluderò mai. Mai. L'America ricomincerà a vincere, a vincere come non mai. Riporteremo in patria i nostri posti di lavoro. Ripristineremo i nostri confini. Riporteremo in patria le nostre ricchezze. E faremo tornare i nostri sogni. Costruiremo strade nuove e statali nuove e ponti e aeroporti e tunnel e ferrovie in tutto il nostro splendido Paese. Toglieremo la nostra gente dai servizi di assistenza sociale e le ridaremo un lavoro, ricostruendo il nostro con mani americane e forza lavoro americana. Seguiremo due semplici regole: comprare prodotti americani e assumere personale americano. Cercheremo amicizie e buoni rapporti con le nazioni del mondo, ma lo faremo nella convinzione che sia nel diritto di tutte le nazioni mettere al primo posto i propri interessi. Non cercheremo di imporre il nostro sistema di vita a nessuno, ma, piuttosto, lo faremo risplendere al punto da farne un esempio che chiunque possa seguire. Rafforzeremo vecchie alleanze e ne formeremo di nuove e uniremo il mondo civilizzato contro il terrorismo del radicalismo islamico, che faremo scomparire dalla faccia della terra. E il fondamento della nostra politica sarà una devozione assoluta agli Stati Uniti d'America e, attraverso la lealtà al nostro Paese, riscopriremo la lealtà reciproca fra le persone. Quando si apre il cuore al patriottismo, non c'è spazio per i pregiudizi. La Bibbia ci dice: «Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!». Dobbiamo esprimere apertamente le nostre idee, discutere in maniera onesta i nostri dissensi, ma sempre puntare alla solidarietà. Quando l'America è unita, è assolutamente impossibile fermarla. Non dovrebbero esserci timori: siamo protetti e sempre lo saremo. A proteggerci saranno gli uomini e le donne formidabili delle nostre forze militari e della polizia e, soprattutto, Dio. Infine, dobbiamo pensare in grande e sognare ancor più in grande. In America, sappiamo bene che una nazione vive solo fintanto che lotta. Non accetteremo più uomini politici che siano solo parole e niente azioni, che si lagnino costantemente senza mai far nulla al riguardo. Il tempo per i discorsi vuoti è finito.
Ora arriva il momento dell'azione. Non lasciate che nessuno vi dica che è impossibile. Nessuna sfida è pari al cuore e alla combattività e allo spirito dell'America. Ci troviamo agli albori di un nuovo millennio, pronti a svelare i misteri dello spazio, a liberare la terra dalle miserie delle malattie e a governare a nostro vantaggio le energie, le industrie e le tecnologie del domani. Un nuovo orgoglio nazionale scuoterà i nostri animi, ci farà puntare a obbiettivi più elevati e guarirà le nostre divisioni. È il momento di ricordare il vecchio adagio che i nostri soldati non scorderanno mai: ovvero che, indipendentemente dal fatto che siamo neri o bruni o bianchi, versiamo il medesimo sangue rosso dei patrioti, gioiamo delle stesse libertà gloriose e porgiamo i nostri omaggi alla stessa fantastica bandiera americana. E, che un bambino nasca nell'ambiente urbano di Detroit o nelle pianure del Nebraska sferzate dal vento, avrà davanti a sé lo stesso cielo notturno, si riempirà il cuore degli stessi sogni e sarà permeato dall'alito vitale infuso dallo stesso Creatore onnipotente. Pertanto, americani di tutte le città vicine e lontane, piccole e grandi, da catena montuosa a catena montuosa, da oceano a oceano, udite queste parole: non sarete più ignorati. La vostra voce, le vostre speranze e i vostri sogni definiranno il destino dell'America. E il vostro coraggio e la vostra onestà e il vostro amore guideranno sempre il nostro cammino. Insieme, renderemo di nuovo forte l'America. Renderemo di nuovo ricca l'America. Renderemo di nuovo orgogliosa l'America. Renderemo di nuovo sicura l'America. E, sì, insieme, renderemo di nuovo grande l'America. Grazie. Che Dio vi benedica. E che Dio benedica l'America.
Donald J. Trump
(Traduzione a cura di Seba Pezzani)
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