Diario della caduta di un regime.

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UncleTom
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Re: Diario della caduta di un regime.

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DEMOCRAZIA ADDIO. LA RICREAZIONE E' FINITA.

IL CONCETTO DI DEMOCRAZIA E' SOLO PER I POVERI PIRLA.

TORNA IL CONCETTO DI "SCHIAVI".

CORSI E RICORSI DELLA STORIA.





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Più crisi, meno democrazia: l’élite “deve” sottometterci
Scritto il 27/1/17 • nella Categoria: idee Condividi


Non era il caso di illudersi: la vittoria del No nel referendum che ha bocciato la “riforme” renziane «non rallenterà gli sforzi delle élites per de-democratizzare il sistema politico», dal quale «decenni di controrivoluzione liberal-liberista hanno già espunto molti elementi di democrazia».


Al contrario, sostiene Carlo Formenti, gli sforzi in questa direzione si moltiplicheranno «perché per le caste politiche, economiche, accademiche, e per il sistema dei media che le sostiene, la distruzione di quanto resta della democrazia è questione di sopravvivenza».

Già dopo il referendum, nel giro di qualche giorno, «questa fin troppo facile previsione ha ottenuto numerose conferme».



Per Formenti, la tesi che i “nemici della democrazia” difendono sempre più apertamente, e senza troppi giri di parole, è la seguente: «Visto che le condizioni socioeconomiche che hanno favorito l’ascesa dei “populismi”sono destinate a durare, non resta che modificare le regole del sistema politico in modo tale da poterlo governare a prescindere dal fatto che esso ottenga il consenso – e un riconoscimento di legittimità – da parte della maggioranza dei cittadini».



L’ipotesi di combattere le cause dell’impoverimento di massa e della disuguaglianza, scrive Formenti su “Micromega”, non viene nemmeno presa in considerazione, «quasi si trattasse di fenomeni “naturali”».



Meglio dunque ricorrere al comodo fantasma del “populismo”, «termine che continua a essere usato in modo propagandistico, senza alcuno sforzo di analisi politologica e senza compiere distinzioni ideologiche, mischiando nello stesso calderone Trump e Sanders, Maduro e Marine Le Pen, Podemos e la Lega, l’M5S e i neonazi tedeschi».




Se tale è lo scenario, tanto vale ridurre ulteriormente gli spazi di democrazia, cambiando le regole, in modo da rendere superflua l’approvazione popolare.






Un esempio, dice Formenti, viene dal “New York Times”, dove Eduardo Porter auspica leggi speciali e riforme che diano più potere al governo, «dopo essersi chiesto se globalizzazione, mutamenti demografici e rivoluzione culturale abbiano eroso il consenso del popolo americano nei confronti della “democrazia del libero mercato”, al punto da indurlo a votare per un uomo come Trump (Sanders non è nemmeno citato!), che ha fatto campagna sostenendo che il sistema serve gli interessi di un’élite cosmopolita contro quelli della gente comune».


Porter, «bontà sua», ammette che «il popolo ha molte ragioni per lamentarsi», ma poi «conclude incongruamente che il vero motivo del successo populista non sta in queste ragioni, bensì nei difetti del sistema elettorale (!?)», quindi conclude «citando i suggerimenti di riforme orientate a garantire la “governabilità” offerti da alcuni solerti politologi».


Stessa musica sul “Corriere della Sera” del 4 gennaio, dove Michele Salvati «ribadisce che sì, la vita della maggioranza dei cittadini è grama e tale resterà a lungo» per cui, appurato che «le “leggi” dell’economia non ammettono deroghe e che dunque occorrerà in ogni caso farle digerire al popolo», a tale scopo «servirà comunque “riformare” la Costituzione».


Il compito si è rivelato impossibile per un’unica forza politica?

E allora «non resta che lavorare alla costruzione di una grande coalizione “anti populista” che abbia la maggioranza necessaria per compiere le riforme senza che poi debbano essere sottoposte a referendum».




Sempre sul “Corriere”, Gustavo Ghidini rilancia con forza «l’imprescindibile esigenza di “normalizzare” la comunicazione online».

Gli argomenti sono i soliti: combattere le bufale, gli incitamenti all’odio, l’uso di termini offensivi e “politicamente scorretti”.

E’ evidente, scrive Formenti, come «il senso di queste e altre definizioni possa essere opportunamente dilatato per colpire ben altri bersagli, come la libertà di opinione ed espressione, ed è altrettanto evidente come questa crociata sia, non casualmente, iniziata subito dopo che sondaggisti e studiosi di comunicazione hanno accusato Internet di avere favorito i successi elettorali “populisti”, bypassando un sistema dei media mainstream sempre più blindato a sostegno del pensiero unico liberal-liberista e delle forze politiche che ne incarnano gli interessi».

Insomma: per Formenti «la grande controffensiva è iniziata, ed è destinata a farsi più feroce a mano a mano che l’insofferenza dei cittadini nei confronti delle élites si farà più forte, fino a generare (si spera) una domanda esplicita di rottura sistemica».
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IN FONDO AL POZZO NERO, SOMMERSI DI MACERIE

LA PUBBLICITA' E' L'ANIMA DEL COMMERCIO



I dem anti Renzi da Berlusconi per fermare la corsa alle urne

Trame segrete a Palazzo: frondisti Pd e pure qualche renziano hanno chiesto aiuto al Cavaliere

Augusto Minzolini - Ven, 27/01/2017 - 10:42

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Nell'aula della Commissione bilancio del Senato, da qualche giorno, i numeri più «attenzionati» non riguardano i costi di questo o quel provvedimento, ma il conto dei senatori contrari alle elezioni anticipate. Il pallottoliere lo tiene Ugo Sposetti, ex tesoriere dei Ds e ora protagonista dell'ala del Pd che discende dal Pci.

Una settimana fa agli altri parlamentari, alquanto interessati a quelle addizioni e sottrazioni, diceva: «Nel gruppo del Senato del Pd sono almeno 37 quelli che sono contro le elezioni». Ieri, di fronte all'avvicinarsi del redde rationem, i calcoli si sono fatti più complicati. «Tra qui e la Camera - spiegava ad un senatore di Forza Italia - sono almeno 400 gli irriducibili del non voto. Quello lì, lo sistemiamo noi!». «Quello lì» sarebbe Renzi, che insieme a Salvini e Grillo, capeggia il partito delle elezioni anticipate. Nel Palazzo il tema del voto anticipato tiene banco. In un altro angolo Pier Ferdinando Casini aizza «la resistenza» alle urne. «La sentenza della Consulta - ammette di fronte a Maurizio Gasparri - avvicina le elezioni. Ma io ho spiegato a quel pazzo di Renzi: Non fare il matto come al solito, qui bisogna introdurre almeno il premio di coalizione, altrimenti rischi di dar vita ad un Parlamento in cui grillini, leghisti e Fratelli d'Italia messi insieme fanno il 51%: certo non potranno mai governare insieme, ma impediranno agli altri di governare!».

Appunto, Renzi. Tutto si può dire, meno che non abbia le sue buone ragioni per volere andare presto alle urne. La sconfitta al referendum è stato un colpo durissimo e i suoi avversari interni, dopo averlo fatto fuori da Palazzo Chigi, vogliono sfrattarlo dalla sede del Nazareno. «Dobbiamo lanciare - spiega il dissidente Fornaro - un'Opa sul Pd». È il motivo principale che spinge Bersani, D'Alema e soci a fare barricate contro le urne. Ma non sono solo le dinamiche interne del Pd a rendere prioritaria per Renzi la scelta elettorale. Un retroscena su Panorama a firma Keyser Söze riporta un ragionamento dell'ex premier che non fa una grinza, che paragona lo scenario attuale a quello del 2011, quando i grillini, grazie al governo Monti, passarono in un anno dall'8 al 25%. «Napolitano sbagliò in quell'occasione - è la tesi di oggi di Renzi - ad impedire il voto. Ripetere l'errore oggi sarebbe diabolico: in autunno dovremmo approvare una legge di stabilità complicata e, dopo qualche mese, andare a elezioni. Un harakiri». Un ragionamento che ha un suo fondamento: mettere in piedi una legge di stabilità che deve rimediare alle «mance» distribuite da quella di quest'anno nel vano tentativo di vincere il referendum è già un'impresa; se si aggiunge che si dovrà elaborarla, mentre in Germania divampa la campagna elettorale giocata da tutti i protagonisti contro gli Stati europei «spendaccioni», l'impresa diventa ardua, se non impossibile. Ecco perché, da qualsiasi punto di vista la vedi, per Renzi le elezioni anticipate, massimo a giugno, sono un elemento strategico. «Se non andiamo presto al voto - osserva Salvatore Margiotta, senatore piddino che in passato non è mai stato tenero con Renzi - non spianano Matteo, ma il Pd».

Con questa preoccupazione in testa il segretario del Pd guarda ai prossimi mesi. Sa che sul suo versante ci sono anche Salvini e Grillo: con i sondaggi che segnalano una spasmodica voglia di urne (quasi il 70% degli italiani) è difficile per i leader populisti mettersi di traverso. Salvini al massimo può accettare giugno. Stesso discorso vale per la Meloni. Come pure per Grillo: i suoi parlamentari certo non sono entusiasti, visto che le candidature saranno affidate alla cabala della Casaleggio associati, ma di certo non possono opporsi. Quindi si tratta di uno schieramento ampio, solo che Renzi vorrebbe che fosse della partita anche Berlusconi: non pretende un suo «sì» alle urne, ma almeno che non si metta di traverso. Già, ci sono i vescovi, il presidente del Senato e, magari, pure il Quirinale a creare problemi. Anche perché il fatto di dover dare l'eutanasia ad un governo guidato da un esponente del Pd è, di per sé, cosa non semplice. Per cui il segretario del Pd vorrebbe evitare ulteriori complicazioni. Motivo per cui il premier non è «pignolo» sul tipo di legge elettorale con cui andare a votare, anzi, a quanto pare, su quell'argomento è pronto ad assecondare il Cav. Tant'è che ha accolto positivamente le modifiche apportate dalla Consulta all'Italicum e, più in generale, il ritorno ad un sistema impostato sul «proporzionale». «Da quanto ho capito Amato gli ha dato una mano - insinua Francesco Colucci, un passato socialista, berlusconiano e ora centrista di governo -: la vulgata di una guerra tra lui e Renzi è una menata; chi conosce Giuliano sa bene che guarda avanti, è già ripartito per un'altra corsa per il Quirinale».

Sia vero o meno, la legge uscita dalla Consulta è fatta apposta per Renzi e il Cav: un maggioritario con un premio pressoché irraggiungibile, per cui, di fatto, un sistema «proporzionale»; dei capilista «bloccati» che danno un grande potere ai leader di partito. Con qualche aggiustamento la strada per le elezioni, almeno sulla carta, dovrebbe essere spianata. Certo lo scenario e i meccanismi della politica cambieranno radicalmente, ma Renzi già da tempo aveva avviato una «metamorfosi» per adeguarsi al nuovo sistema. Aveva spiegato ad un senatore di Forza Italia all'indomani della sconfitta referendaria: «So bene che non potrò più essere quello di un tempo, che faceva tutto e poteva tutto. Sarò il segretario del Pd, che darà le carte insieme ad altri. Sarò influente, ma posso anche non essere io il premier. E non mi importa perché, in ogni caso, da me dovranno passare!».

E il Cav? Lui una priorità in testa ce l'ha: una legge elettorale che sia il più possibile «proporzionale». Ma quel do ut des con Renzi sulla data elettorale ancora non lo convince. Intanto perché non ha perdonato i «voltafaccia» che portarono alla fine del patto del Nazareno. «È meno sveglio di quanto pensassi - è il suo giudizio - e ha commesso due errori letali: rompere con me e gettarsi nell'avventura del referendum». Poi, ci sono le lusinghe dell'establishment sulla possibilità che da Strasburgo esca una sentenza che lo renda rieleggibile. E, ancora, la riluttanza dei suoi ad accorciare i tempi della legislatura. «Dalla Consulta - osserva Paolo Romani - sono uscite due leggi non omogenee. Bisogna rimediare. Inoltre la tematica è più ampia: dobbiamo parlare di legge elettorale, legge sui partiti e sulle primarie». Infine, c'è il corteggiamento incessante della minoranza del Pd che lo vorrebbe a capo del partito del «non voto». «Ci vorrebbero un centinaio di parlamentari del centrodestra - confida uno dei consiglieri più ascoltati da Bersani - che chiedessero modifiche alle leggi licenziate dalla Consulta». In più, nelle settimane scorse, anche qualche «renziano» è andato dal Cav per prendere le distanze dal suo capo. «Sappiamo chi è stato - ammette minaccioso il fedelissimo di Renzi, Andrea Marcucci - e perché l'ha fatto». Per cui al Cav è venuto anche un dubbio: ma Renzi ancora comanda nel Pd?

Siamo, quindi, in una situazione di studio. «Io - fa presente, però, Renzi - sono pronto a confrontarmi per possibili modifiche, ma voglio tempi certi. Non accetterò meline». E tutti guardano al Quirinale, al primo protagonista dello snodo elettorale. Mattarella in passato aveva confidato il suo parere al Cav: «Penso sia difficile votare prima dell'autunno». Ma l'attuale capo dello Stato ha un profilo diverso dal suo predecessore: è più un notaio che un alchimista dei processi politici. Per cui punterà a favorire un'intesa generale tra le forze politiche sul voto, ma non si metterà di traverso per impedirlo. Non per nulla, quando il presidente della Consulta gli ha letto due giorni fa il comunicato sulle modifiche all'Italicum, non ha detto nulla, neppure sull'ultima riga: «... la legge è suscettibile di immediata applicazione».
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...IN FONDO AL POZZO NERO, SOMMERSI DALLE MACERIE...


.....OVVERO,.....TRUFFA CONTINUA.....








Germania, Bce, Credit Suisse
Tutti si preparano all'Italexit


Economia in subbuglio dopo la pubblicazione del dossier di Mediobanca. E Grillo chiede un impossibile referendum


di Cinzia Meoni

2 ore fa
690
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Re: Diario della caduta di un regime.

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...IN FONDO AL POZZO NERO, SOMMERSI DALLE MACERIE...

PENSIERI DAL SARCOFAGO






Berlusconi: “Diciamo no alle larghe intese”
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UncleTom ha scritto:...IN FONDO AL POZZO NERO, SOMMERSI DALLE MACERIE...

PENSIERI DAL SARCOFAGO






Berlusconi: “Diciamo no alle larghe intese”





Silvio Berlusconi: "Diciamo no alle larghe intese"


Il Cavaliere boccia l'ipotesi di un'alleanza tra Pd e Fi dopo le elezioni: "Il centrodestra ora può tornare a vincere"
Luca Romano - Dom, 29/01/2017 - 10:03

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No ad un'alleanza di responsabilità nazionale tra Pd e Fi dopo le elezioni.


A bocciarla è l'ex premier Silvio Berlusconi. ''Il Pd e Forza Italia -dice in un'intervista al Messaggero- sono naturalmente alternativi. La nostra cultura è quella del Ppe, dei liberali, dei cattolici, dei riformatori, contrapporti alla sinistra in tutt' Europa e anche nel nostro paese. Sento parlare sempre più spesso di grande coalizione dopo le elezioni. E' un' idea sbagliata, le grandi coalizioni sono una patologia del sistema democratico''. L'obiettivo di Forza Italia ''E' vincere le elezioni, nell' ambito di un centrodestra che per essere vincente deve basarsi non sulle paure, ma sulla serietà, la concretezza, sulla politica del fare, sul rinnovamento. Noi vogliamo la vittoria delle persone di buon senso, che non ne possono più della politica fatta di chiacchiere e di risse. Sono le persone che si sono stancate di andare a votare e alle quali vogliamo ridare fiducia. E sono la maggioranza degli italiani. Se sapremo convincerli, vinceremo le elezioni''. Il Cavaliere ha poi parlato della legge elettorale.

''La Consulta non scrive le leggi, fissa i paletti di costituzionalità. Scrivere le leggi elettorali come ogni altra legge - è compito del Parlamento, possibilmente con la più larga convergenza, visto che le regole riguardano tutti. Credo che il primo ovvio problema sia armonizzare le regole elettorali di Senato e Camera, come ha giustamente raccomandato il Capo dello Stato''. Secondo l'ex premier non si può accettare ''una distorsione maggioritaria, comunque essa avvenga, che alteri il rapporto fra elettori ed eletti, e consegni a una ristretta minoranza, qualunque essa sia, la guida del paese. E non possiamo accettare l' utilizzo del voto di preferenza, che genera corruzione, divisioni, finta democrazia. Quanto ai tempi per andare alle urne , dopo quattro governi non scelti dagli italiani l' ultimo voluto dagli elettori è stato il nostro, nel 2008 sarebbe ora di ridare significato e contenuto alla parola democrazia. Dunque, il Parlamento si metta a lavorare subito, perché gli italiani hanno diritto di votare al più presto''.
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Re: Diario della caduta di un regime.

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E
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SINTETIZZANDO


1) M5S - GRILLO

Beppe Mao lo stanno demolendo con le accuse alla Raggi.

Se fallisce a Roma come può governare l’Italia?


2) Premiata ditta Centrodestra.

Il Berluscone che aspira a guidare la premiata ditta, è di nuovo indagato.

Il salumiere di Corso Magenta, ha licenziato gli ultimi 2 dipendenti della storica sede di Via Bellerio a Milano. Lo Spaccamontagne meneghino dove vuole arrivare??????

La Pasionaria di FdI può solo aggregarsi ad un carro.


3) Un obitorio chiamato Pd

E’ chiaro anche ai sassi che la batosta del 4 dicembre 2016, non è servita a niente a Pinocchio Mussoloni.

Lui ricomincia dal “futuro” ma in troppi hanno capito chi è.

D’Alema minaccia la scissione.

Bersani schiaccia un pisolino.




In questo quadro al 29 gennaio 2017, si comprende che lo Stivalone è allo sfascio.

Per adesso lorsignori tirano a campare.

Molto probabilmente il gruzzolo è al riparo all’estero, per cui continua la sceneggiata del galleggiamento.

Qualcuno parla di sughero. Ma non solo il sughero galleggia.
UncleTom
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Re: Diario della caduta di un regime.

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CONTINUANDO A SINTETIZZARE


Quindici giorni fa, Marco Damilano, sull’Espresso sosteneva che il Belpaese è una polveriera che può esplodere da un momento all’altro.

Non più di quattro/cinque giorni prima la stessa teoria era stata sostenuta su Il Giornale.


Proviamo quindi a chiederci da dove partirà l’esplosione del sistema Italia.

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14 ore fa
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Ora scatta l'allarme abitativo:
"Metà degli inquilini non paga"

Lodovica Bulian


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Dai prefetti case ai migranti
(a spese dei cittadini italiani)

L'Italia spalanca le porte. Il caso di Monza: in una palazzina le famiglie di connazionali assediate da 126 profughi
di Magdi Cristiano Allam
1 ora fa
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A parte la parzialità dell’autore che fomenta l’odio contro gli islamici, il problema esiste.


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Delle banche sappiamo poco o niente perché la distorsione delle notizie avviene ad arte.

Salteremo in aria per salvare le banche?

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Non c’è lavoro, mancano soldi e consumi.

Su questo punto gli italiani sono di gomma. Sopportano tutto.


Dove avverrà quindi la prima deflagrazione che farà partire la rivolta????????????????????????????????????????????????????????????
UncleTom
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Re: Diario della caduta di un regime.

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....L'ORA DELLA RICREAZIONE......OPPURE LE COMICHE SE PREFERITE.







"Pur di correre da premier Salvini sacrificherà la Lega"



Il fondatore contro il segretario: "Fa lo stesso gioco di Renzi. Ma votare a giugno ci ridurrà all'irrilevanza"

Adalberto Signore - Mer, 01/02/2017 - 08:35

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Roma - Primo: «Ormai da settimane Salvini fa lo stesso gioco di Renzi». Secondo: «Andare al voto senza una legge elettorale che ci consenta di allearci assicurandoci un peso specifico è un suicidio che porterà la Lega all'irrilevanza».

Terzo: «Purtroppo temo non ci sia molto da fare. Salvini si è messo in testa di fare il premier e pur di arrivare al suo obiettivo è disposto a tutto, persino a sacrificare la Lega». Il secondo tempo dello scontro andato in scena venerdì scorso durante il Consiglio federale del Carroccio si tiene in pieno Transatlantico. Manca uno dei protagonisti, certo. Ma come mai prima Umberto Bossi è tranchant nei confronti del segretario della Lega Matteo Salvini. D'altra parte, la rottura tra i due non è solo politica, ma umana e personale. Al punto che il fondatore della Lega continua incredibilmente ad essere l'unico deputato escluso dalla mailing list del gruppo parlamentare della Camera, quello in cui si dà comunicazione degli orari delle sedute e delle indicazioni di voto del gruppo (gli viene inviata solo la mail con le proposte di legge). Non è un caso, dunque, che venerdì scorso Salvini abbia chiuso la querelle con Bossi con un affondo non proprio elegante: «Caro Umberto, il tempo passa per tutti...». Il Senatùr ha incassato senza replicare, ma ieri alla Camera per la prima volta non ha avuto remore nel puntare il dito contro un Salvini che «ha la certezza assoluta che si vada a votare a giugno». Come mai? «Non chiedetelo a me», risponde Bossi che si guarda bene dal raccontare quello che a via Bellerio è ormai un tormentone. In Lega, infatti, si racconta che in queste settimane Salvini e Matteo Renzi si sentano con una certa frequenza, uniti dal comune obiettivo di andare alle urne il prima possibile. E sarebbe stato proprio l'ex premier ad assicurare il segretario della Lega sul fatto che «certamente» si voterà a giugno.

E lei è d'accordo sull'andare alle urne il prima possibile?

«Sì. Ma prima bisogna modificare la legge elettorale, possibilmente puntando ad un sistema elettorale che assicuri alla Lega un suo peso specifico. E questo lo si può fare solo grazie alle alleanze, prima fra tutte quella con Berlusconi».

Restando questa legge, dunque, esclude la possibilità di un'unica lista con Lega, Forza Italia, e Fratelli d'Italia?

«Berlusconi non ci starebbe. Insieme in coalizione sì, non nella stessa lista».

Per questo spera in una nuova legge elettorale?

«Mi auguro che si faccia perché correndo da soli conta poco quanti voti si prendono, soprattutto se quei voti finiscono per essere irrilevanti perché non ti allei con nessuno e ti sei tagliato i ponti alle spalle».

Ed è questo che secondo lei sta facendo Salvini?

«Salvini si è messo in testa di fare il premier e pur di arrivare al suo obiettivo è disposto a tutto, persino a sacrificare la Lega».

I sondaggi danno il Carroccio sopra al 10% però...

«Infatti Salvini ha i sondaggi, non i voti. Lo dimostra quel che è successo a Milano. Mi spiace per lui, ma temo non sappia fare molto bene i conti. Non è un caso che Renzi insista per andare a votare subito. Lo fa anche perché vede un centrodestra completamente disgregato e pensa che alla fine il voto utile andrà al Pd».

Durante il Consiglio federale di venerdì cosa è successo?


«Gli ho detto chiaro e tondo come la penso. E non sono l'unico a vederla così. Si è alzato anche Roberto Maroni per dire che con Berlusconi non si può rompere. O meglio, per dire che se rompi con Forza Italia a livello nazionale lo fai da tutte le parti, quindi anche in Lombardia e Veneto, due Regioni che senza di loro non potremmo più governare».

In Lega c'è chi sostiene che Salvini punti al voto anche per evitare il congresso. È d'accordo?

«Salvini ha paura del congresso e di quel che potrebbe succedere».

Qualche giorno fa è stato a cena ad Arcore. Berlusconi qualche critica su Salvini l'ha fatta?

«Berlusconi non parla mai male di nessuno. Sono io quello che parla male qui...».
UncleTom
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Re: Diario della caduta di un regime.

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SIAMO ALLA FINE DELLA SECONDA REPUBBLICA.

STIAMO GIOCANDO I TEMPI SUPPLEMENTARI E POTREBBE FINIRE ANCHE LA REPUBBLICA NATA DOPO IL 25 APRILE 1945.




Salvini: "Capisco chi vuole un nuovo Mussolini"


Il leader della Lega Nord, Matteo Salvini, ai microfoni della Rai: "Non uomini forti, ma idee forti è quello che io mi sento di sottoscrivere"


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Un nuovo Mussolini in Italia. Forse c'è qualcuno che lo sogna, certo. Ma a colpire è il fatto che Salvini "capisca" gli italiani che sarebbero pronti a mettere la croce alle elezioni, se non sul simbolo di un rinnovato Partito Fascista, quanto meno sul nome di un uomo forte come il Duce.

Le parole del leader della Lega Nord, pronunciate durante l'intervento ad Agorà su RaiTre, sono di quelle destinate a far discutere. "Non la spaventa la gente che dice di essere disposta a votare un nuovo Mussolini?", domanda il conduttore. "No, la capisco - risponde il segretario del Carroccio - Mi spaventa se mi metto nei panni di Letta, Monti, Gentiloni e Boldrini che non facendo nulla incentivano queste reazioni. Non uomini forti, ma idee forti è quello che io mi sento di sottoscrivere".

Il leghista sta lavorando per cercare convergenze con i partiti del centrodestra in vista delle prossime elezioni, come emerso dalla manifestazione di sabato scorso a Roma insieme a Giorgia Meloni ed alcuni esponenti di Forza Italia. Di certo queste dichiarazioni faranno discutere ancora. Intanto dalle colonne de ilGiornale, il fondatore della Lega Nord, Umberto Bossi, ha lanciato alcune bordate al successore: "Ormai da settimane Salvini fa lo stesso gioco di Renzi - ha detto - Andare al voto senza una legge elettorale che ci consenta di allearci assicurandoci un peso specifico è un suicidio che porterà la Lega all'irrilevanza. Si è messo in testa di fare il premier e, pur di arrivare al suo obiettivo è disposto a tutto, persino a sacrificare la Lega"
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