Dove va l'America?
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Re: Dove va l'America?
“Usa spiano milioni di persone con tv e telefoni
La Cia ha perso controllo del suo cyber-arsenale”
Wikileaks diffonde 8mila documenti sui programmi di hacking dell’intelligence americana. Malware in
tutti i sistemi più diffusi. Assange: “Chi entra in possesso dei software ha lo stesso potere di spionaggio”
Mondo
Telefoni cellulari e televisori utilizzati come microfoni segreti grazie a malware e cyber armi per intercettare e spiare milioni di persone in Europa, Medio Oriente e Africa. E’ il contenuto di un programma di hackeraggio segreto della Cia di cui Wikileaks ha pubblicato migliaia di documenti riservati. Secondo la ricostruzione di Julian Assange, la sede del maxi programma è il consolato americano a Francoforte, usato sotto copertura come base logistica e operativa. La Cia avrebbe perso il controllo di gran parte del suo cyber-arsenale, compresi malware e virus di ogni genere. “Questa straordinaria collezione – ha spiegato Assange – consegna ai suoi possessori l’intera capacità di hackeraggio della Cia”
di F. Q.
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Wikileaks diffonde documenti segreti della Cia: “Milioni di persone spiate grazie a virus nei cellulari e nelle tv”
Mondo
I documenti segreti pubblicati da Wikileaks su Twitter provengono dal Center for Cyber Intelligence della Cia che, secondo Assange, ha perso il controllo di gran parte del suo cyber-arsenale, compresi malware e virus di ogni genere
di F. Q. | 7 marzo 2017
commenti (36)
550
Più informazioni su: Cia, iPhone, Julian Assange, Twitter, Wikileaks
Si chiama Vault 7 ed è “la maggiore fuga di dati di intelligence della storia”. Iphone di Apple, telefoni cellulari di Google e Microsoft e persino televisori Samsung: tutti utilizzati come microfoni segreti grazie a malware e cyber armi per intercettare e spiare milioni di persone in Europa, Medio Oriente e Africa. E’ il contenuto di un programma di hackeraggio segreto della Cia e di cui Wikileaks ha pubblicato migliaia di documenti riservati. A essere controllati non sarebbero solo privati cittadini, ma anche aziende americane ed europee. Non solo: la divisione segreta degli hacker della Cia ha condotto “illegalmente” attacchi che hanno messo a rischio molti top manager dell’industria, membri del Congresso, il governo americano e persino l’account Twitter di Donald Trump. Secondo la ricostruzione fornita dall’organizzazione di Julian Assange, la sede del maxi programma di hackeraggio è il consolato americano a Francoforte, usato sotto copertura come base logistica e operativa degli hacker di stato nord americani.
Sterminata, come detto, l’area geografica di competenza: non solo Italia, Germania, Francia e gli altri paesi Europei, ma anche tutto il Medio Oriente e l’Africa. I documenti segreti pubblicati da Wikileaks su Twitter provengono dal Center for Cyber Intelligence della Cia. La fuga di notizie, inoltre, avrebbe un’origine assai semplice: secondo Assange, infatti, la Cia ha perso il controllo di gran parte del suo cyber-arsenale, compresi malware e virus di ogni genere. “Questa straordinaria collezione – ha spiegato l’organizzazione – che conta diverse centinaia di milioni di codici, consegna ai suoi possessori l’intera capacità di hackeraggio della Cia. L’archivio – hanno fatto sapere da Wikileaks – è circolato senza autorizzazione tra ex hacker e contractor del governo Usa, uno dei quali ha fornito a Wikileaks una parte di questa documentazione“.
Il rischio principale della enorme fuga di notizie è la proliferazione incontrollata di malware e virus, che possono finire in mano a stati rivali, cyber mafie e hacker di ogni tipo. Per Assange questa proliferazione delle cyber-armi può essere paragonata in termini di pericoli a quella del commercio globale delle armi tradizionali: “Una volta che una singola cyber-arma viene persa – spiega Wikileaks – può diffondersi in tutto il mondo in pochi secondi”
Quello pubblicato oggi è solo il primo gruppo di documenti che saranno messi in Rete dall’organizzazione. Che ha spiegato: “Anno zero contiene 8.761 documenti e file provenienti da una rete isolata e di alta sicurezza situata nel Centro di intelligence cibernetica della Cia a Langley, in Virginia“. Questa raccolta di “diverse centinaia di milioni di codici” dà a chi la possiede “la capacità di hacking totale della Cia” ha assicurato Wikileaks, aggiungendo che la raccolta è finita nelle mani di ex hacker del governo e altri agenti in modo “non autorizzato“. L’organizzazione di Assange aveva pianificato una conferenza stampa su internet per presentare questo progetto, soprannominato appunto ‘Vault 7’, ma successivamente ha annunciato su Twitter che le sue piattaforme sono state attaccate e che proverà a comunicare più tardi. Secondo Assange la fuga di notizie di oggi è “eccezionale da una prospettiva legale, politica e forense”. Wikileaks, inoltre, ha sottolineato che la Cia è andata aumentando le sue capacità di lotta informatica fino a competere “con ancora meno trasparenza” con la National security agency (Nsa), l’altra agenzia di sicurezza Usa. A dirigere la diffusione di ‘Vault 7’ è stato direttamente Assange dall’ambasciata dell’Ecuador. Qui si trova infatti dal 19 giugno del 2012 per evitare l’estradizione in Svezia, che vorrebbe interrogarlo nell’ambito di un caso di stupro che lui smentisce. Assange teme che la Svezia possa consegnarlo agli Stati Uniti, che indagano su di lui per le rivelazioni di Wikileaks del 2010, quando diffuse cabli diplomatici confidenziali Usa.
La Cia ha perso controllo del suo cyber-arsenale”
Wikileaks diffonde 8mila documenti sui programmi di hacking dell’intelligence americana. Malware in
tutti i sistemi più diffusi. Assange: “Chi entra in possesso dei software ha lo stesso potere di spionaggio”
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Telefoni cellulari e televisori utilizzati come microfoni segreti grazie a malware e cyber armi per intercettare e spiare milioni di persone in Europa, Medio Oriente e Africa. E’ il contenuto di un programma di hackeraggio segreto della Cia di cui Wikileaks ha pubblicato migliaia di documenti riservati. Secondo la ricostruzione di Julian Assange, la sede del maxi programma è il consolato americano a Francoforte, usato sotto copertura come base logistica e operativa. La Cia avrebbe perso il controllo di gran parte del suo cyber-arsenale, compresi malware e virus di ogni genere. “Questa straordinaria collezione – ha spiegato Assange – consegna ai suoi possessori l’intera capacità di hackeraggio della Cia”
di F. Q.
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Wikileaks diffonde documenti segreti della Cia: “Milioni di persone spiate grazie a virus nei cellulari e nelle tv”
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I documenti segreti pubblicati da Wikileaks su Twitter provengono dal Center for Cyber Intelligence della Cia che, secondo Assange, ha perso il controllo di gran parte del suo cyber-arsenale, compresi malware e virus di ogni genere
di F. Q. | 7 marzo 2017
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Più informazioni su: Cia, iPhone, Julian Assange, Twitter, Wikileaks
Si chiama Vault 7 ed è “la maggiore fuga di dati di intelligence della storia”. Iphone di Apple, telefoni cellulari di Google e Microsoft e persino televisori Samsung: tutti utilizzati come microfoni segreti grazie a malware e cyber armi per intercettare e spiare milioni di persone in Europa, Medio Oriente e Africa. E’ il contenuto di un programma di hackeraggio segreto della Cia e di cui Wikileaks ha pubblicato migliaia di documenti riservati. A essere controllati non sarebbero solo privati cittadini, ma anche aziende americane ed europee. Non solo: la divisione segreta degli hacker della Cia ha condotto “illegalmente” attacchi che hanno messo a rischio molti top manager dell’industria, membri del Congresso, il governo americano e persino l’account Twitter di Donald Trump. Secondo la ricostruzione fornita dall’organizzazione di Julian Assange, la sede del maxi programma di hackeraggio è il consolato americano a Francoforte, usato sotto copertura come base logistica e operativa degli hacker di stato nord americani.
Sterminata, come detto, l’area geografica di competenza: non solo Italia, Germania, Francia e gli altri paesi Europei, ma anche tutto il Medio Oriente e l’Africa. I documenti segreti pubblicati da Wikileaks su Twitter provengono dal Center for Cyber Intelligence della Cia. La fuga di notizie, inoltre, avrebbe un’origine assai semplice: secondo Assange, infatti, la Cia ha perso il controllo di gran parte del suo cyber-arsenale, compresi malware e virus di ogni genere. “Questa straordinaria collezione – ha spiegato l’organizzazione – che conta diverse centinaia di milioni di codici, consegna ai suoi possessori l’intera capacità di hackeraggio della Cia. L’archivio – hanno fatto sapere da Wikileaks – è circolato senza autorizzazione tra ex hacker e contractor del governo Usa, uno dei quali ha fornito a Wikileaks una parte di questa documentazione“.
Il rischio principale della enorme fuga di notizie è la proliferazione incontrollata di malware e virus, che possono finire in mano a stati rivali, cyber mafie e hacker di ogni tipo. Per Assange questa proliferazione delle cyber-armi può essere paragonata in termini di pericoli a quella del commercio globale delle armi tradizionali: “Una volta che una singola cyber-arma viene persa – spiega Wikileaks – può diffondersi in tutto il mondo in pochi secondi”
Quello pubblicato oggi è solo il primo gruppo di documenti che saranno messi in Rete dall’organizzazione. Che ha spiegato: “Anno zero contiene 8.761 documenti e file provenienti da una rete isolata e di alta sicurezza situata nel Centro di intelligence cibernetica della Cia a Langley, in Virginia“. Questa raccolta di “diverse centinaia di milioni di codici” dà a chi la possiede “la capacità di hacking totale della Cia” ha assicurato Wikileaks, aggiungendo che la raccolta è finita nelle mani di ex hacker del governo e altri agenti in modo “non autorizzato“. L’organizzazione di Assange aveva pianificato una conferenza stampa su internet per presentare questo progetto, soprannominato appunto ‘Vault 7’, ma successivamente ha annunciato su Twitter che le sue piattaforme sono state attaccate e che proverà a comunicare più tardi. Secondo Assange la fuga di notizie di oggi è “eccezionale da una prospettiva legale, politica e forense”. Wikileaks, inoltre, ha sottolineato che la Cia è andata aumentando le sue capacità di lotta informatica fino a competere “con ancora meno trasparenza” con la National security agency (Nsa), l’altra agenzia di sicurezza Usa. A dirigere la diffusione di ‘Vault 7’ è stato direttamente Assange dall’ambasciata dell’Ecuador. Qui si trova infatti dal 19 giugno del 2012 per evitare l’estradizione in Svezia, che vorrebbe interrogarlo nell’ambito di un caso di stupro che lui smentisce. Assange teme che la Svezia possa consegnarlo agli Stati Uniti, che indagano su di lui per le rivelazioni di Wikileaks del 2010, quando diffuse cabli diplomatici confidenziali Usa.
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Re: Dove va l'America?
Software spia, vendite segrete agli Stati canaglia
L’Italia copre le aziende cui ha concesso la licenza
Per vendere fuori dall’Europa programmi per cyberspionaggio occorre un permesso per l’esportazione
Quali società ce l’hanno? “Gli atti sono sottratti all’accesso”, dice il ministero dello sviluppo economico
hacking team 990
Economia & Lobby
La commercializzazione fuori dall’Europa programmi “dual use” – utilizzabili sia per scopi civili sia militari – richiede una licenza per l’esportazione, secondo le regole Ue. Quali società l’hanno ottenuta? E verso quali destinazioni? Dei 28 Paesi dell’Unione, 11 (tra cui il nostro) si rifiutano di comunicare questo dato: “Gli atti sono sottratti all’accesso”, fa sapere il Mise. Gli altri affermano di aver concesso 317 nullaosta, negandone solo 16: nel 29,7% dei casi, destinatari sono nazioni considerate “non libere” come Arabia Saudita, Emirati Arabi, Colombia, Turchia
di F. Q.
L’Italia copre le aziende cui ha concesso la licenza
Per vendere fuori dall’Europa programmi per cyberspionaggio occorre un permesso per l’esportazione
Quali società ce l’hanno? “Gli atti sono sottratti all’accesso”, dice il ministero dello sviluppo economico
hacking team 990
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La commercializzazione fuori dall’Europa programmi “dual use” – utilizzabili sia per scopi civili sia militari – richiede una licenza per l’esportazione, secondo le regole Ue. Quali società l’hanno ottenuta? E verso quali destinazioni? Dei 28 Paesi dell’Unione, 11 (tra cui il nostro) si rifiutano di comunicare questo dato: “Gli atti sono sottratti all’accesso”, fa sapere il Mise. Gli altri affermano di aver concesso 317 nullaosta, negandone solo 16: nel 29,7% dei casi, destinatari sono nazioni considerate “non libere” come Arabia Saudita, Emirati Arabi, Colombia, Turchia
di F. Q.
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Re: Dove va l'America?
UncleTom ha scritto:Software spia, vendite segrete agli Stati canaglia
L’Italia copre le aziende cui ha concesso la licenza
Per vendere fuori dall’Europa programmi per cyberspionaggio occorre un permesso per l’esportazione
Quali società ce l’hanno? “Gli atti sono sottratti all’accesso”, dice il ministero dello sviluppo economico
hacking team 990
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La commercializzazione fuori dall’Europa programmi “dual use” – utilizzabili sia per scopi civili sia militari – richiede una licenza per l’esportazione, secondo le regole Ue. Quali società l’hanno ottenuta? E verso quali destinazioni? Dei 28 Paesi dell’Unione, 11 (tra cui il nostro) si rifiutano di comunicare questo dato: “Gli atti sono sottratti all’accesso”, fa sapere il Mise. Gli altri affermano di aver concesso 317 nullaosta, negandone solo 16: nel 29,7% dei casi, destinatari sono nazioni considerate “non libere” come Arabia Saudita, Emirati Arabi, Colombia, Turchia
di F. Q.
Cybersicurezza, vendite segrete di software spia agli Stati canaglia. L’Italia nasconde le aziende cui ha dato la licenza
di F. Q. | 8 marzo 2017
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Vendere fuori dall’Europa programmi “dual use” - utilizzabili sia per scopi civili sia militari - richiede una licenza per l’esportazione, secondo le regole Ue. Quali società l'hanno ottenuta? E verso quali destinazioni? Dei 28 Paesi dell’Unione, 11 (tra cui il nostro) si rifiutano di comunicare questo dato: "Gli atti sono sottratti all’accesso", fa sapere il Mise. Gli altri affermano di aver concesso 317 nullaosta, negandone solo 16: nel 29,7% dei casi, destinatari sono nazioni considerate "non libere" come Arabia Saudita, Emirati Arabi, Colombia, Turchia
di F. Q. | 8 marzo 2017
Ahmed Mansoor è un attivista degli Emirati Arabi Uniti, tra i protagonisti del tentativo di far arrivare anche nei Paesi del Golfo il vento delle Primavere arabe nel 2011. Il 10 e 11 agosto 2016 riceve alcuni sms sul suo IPhone che gli danno notizie di nuove torture nelle carceri degli Emirati. Mansoor non si fida e fa controllare il contenuto ai ricercatori di CitizenLab, una ong canadese che si occupa di cybersicurezza. Aveva ragione: per la terza volta è bersaglio di un tentativo di hackeraggio. Il primo dei tre tentativi arrivò da un’azienda britannica, la Gamma International; poi gli italiani di Hacking Team e infine gli israeliani di NSO Group.
Nessuno dei Paesi coinvolti in questa vicenda poteva dire di non sapere che dei propri connazionali stessero vendendo software spia ad un Paese in cui i diritti umani sono spesso calpestati. Vendere fuori dall’Unione Europea questi software, cosiddetti “dual use” – utilizzabili sia per scopi civili sia militari – richiede un via libera, una licenza per l’esportazione, come previsto dalla regolamentazione europea. Quali aziende hanno ottenuto il lasciapassare per la vendita? E verso quali destinazioni? Dei 28 Paesi dell’Unione, 11 (tra cui l’Italia) si rifiutano di comunicare questo dato. Gli altri affermano di aver concesso 317 licenze, negandone solo 16. Nel 29,7% dei casi, destinatari del sistema di cybersorveglianza erano Paesi che l’ong Freedom House considera “non liberi”. Sappiamo che le aziende della Danimarca esportano sistemi per la sorveglianza di massa di Internet in Paesi come Emirati Arabi Uniti, Cina e Vietnam. Dalla Finlandia in altri come Colombia, Kosovo, Kuwait, Libano, Antille Olandesi, Oman, Filippine ed Emirati Arabi Uniti. La Gran Bretagna ha concesso 153 licenze per “intrusion software” in mezzo mondo. E le 235 aziende europee che trattano questi prodotti hanno sede anche negli Emirati (42), in Cina (40), Turchia e Arabia Saudita (15).
Nel nostro Paese l’unico dato disponibile è sepolto tra le pagine della “Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo delle esportazioni, importazione e transito dei materiali di armamento”. Qui, pur non distinguendo le categorie dei beni dual use, arrivano comunque numeri importanti: nel settore sono state rilasciate nel 2015, ultimo anno disponibile, un totale di 901 autorizzazioni (1028 nel 2014, 800 nel 2013, 829 nel 2012, 539 nel 2011, 360 nel 2010) per un valore di di circa 776 milioni di euro (673.958.749 nel 2014, 481.378.596 nel 2013, 525.286.567 nel 2012, 379.974.173 nel 2011, 339.247.959 nel 2010). Non è dato sapere quanto tra questi numeri arrivi da strumenti per la sorveglianza digitale. Dal personale tecnico del Ministero dello Sviluppo Economico, competente sulla materia, arriva una risposta tranchant: “Gli atti procedimentali relativi alla materia del controllo all’esportazione di prodotti ad alta tecnologia (dual use) sono specificamente sottratti all’accesso“. Tradotto, tutta la documentazione relativa all’esportazione e transito dei beni a doppio uso non è accessibile, proprio per la loro natura anche militare. L’Italia è l’unico Paese in Europa in cui si invoca questo per giustificare il non rilascio delle informazioni.
“Il caso Hacking Team ha svelato che l’Italia non ha prestato molta attenzione all’aspetto dei diritti umani, visti i Paesi per cui ha concesso le licenze. Per avere idea di cosa è successo dopo dovremo avere un altro caso simile, ma è improbabile”, spiega Collin Anderson, esperto di cybersicurezza americano che conosce le leggi sull’export nel mondo.
La normativa Ue sull’esportazione è unica, per quanto le risposte dei Paesi membri alle richieste di dati siano opposte. A differenti livelli di trasparenza, corrispondono anche diversi criteri nella concessione delle licenze. “Ci sono grandi difformità nel modo in cui il regolamento è stato recepito. Oggi tutto ciò che non passa da un Paese, potrebbe passare da un altro”, spiega Tiziana Beghin, europarlamentare del Movimento 5 Stelle e relatore ombra per l’adozione di un nuovo regolamento europeo. Il timore diffuso tra esperti e legislatori è che le aziende possano aprire succursali in altri Paesi europei dove l’interpretazione della legge è meno restrittiva, oppure si possano appoggiare ad altre società più facilitate nell’export, sempre all’interno dei confini comunitari. L’Italia è stata spesso al centro di queste triangolazioni, come dimostrato dal caso Hacking Team.
Ma oggi? Un caso particolare è RCS Lab: casa madre in Germania, succursale in Italia, dove è tra le sei società più forti del settore, collaborando con varie procure nel campo delle intercettazioni telefoniche e telematiche. Il proprietario Simon Thewes nel 2015 era in affari con Hacking Team attraverso un’altra azienda, la TKSL. Subito dopo lo scandalo che ha coinvolto l’azienda milanese, aveva spiegato ad Euractiv che avrebbe preferito un’unica normativa in Europa. Spiegava che alcune compagnie oggi si spostano nell’Unione se il Paese a cui appartengono ha regole troppo severe. Contattato per avere un’intervista sul funzionamento delle licenze dell’export per i dual use, ha risposto di non voler parlare con i giornalisti.
Le discussioni per il nuovo regolamento sono già in corso, a partire da una proposta della Commissione europea giudicata dall’eurodeputata Beghin “un rimaneggiamento di quella attuale”. Lo scopo è allineare l’Europa almeno sull’importanza della questione dei diritti umani attraverso l’introduzione di un nuovo concetto (Human Security), ma a conti fatti saranno sempre le autorità nazionali ad avere l’ultima parola sulla possibilità di esportare. Finché il recepimento della norma sarà così diverso, ci saranno violazioni non solo sul piano dei diritti umani, ma anche su quello economico: “Non è giusto – attacca Anderson – che una società nei Paesi Bassi, dove le autorità mostrano attenzione ai diritti umani, debba competere sul mercato, per esempio, con una azienda italiana dove sembra si ignorino i più basilari rischi rispetto alla violazione di questi. Un tradimento dei principi su cui si basa la stessa Ue”.
In Germania per i beni dual use destinati alla cybersorveglianza ci sono requisiti ulteriori rispetto a tutti gli altri beni a doppio uso, proprio per evitare che possano essere utilizzati a scopi di repressione. La Commissione voleva prendere spunto, con una lista di dieci beni dual use per cui richiedere controlli extra agli Stati membri. La lista oggi è già dimezzata. Gli interessi in ballo sono tanti: “La più grande associazione che rappresenta le aziende di settore, DigitalEurope, ci ha già fatto sapere che giudica in modo negativo le modifiche proposte perché troppo restrittive”, aggiunge Beghin. Il punto di equilibrio tra interesse pubblico e privato è difficile da trovare. Soprattutto per chi, come l’Italia, punta su questo settore. Un settore popolato da società forti come la stessa Hacking Team, Innova, Ips e Area. Quest’ultima è stata accusata di aver venduto software per lo spionaggio al regime siriano di Bashar Al Assad. A sua discolpa, all’epoca Damasco non era “nemica” dell’Italia.
Dietro a queste, c’è poi un sottobosco di società minori che cercano di farsi spazio in questo mercato, ma che rischiano di finire in giochi più grossi di loro. Per esempio Vigilar Group, che fa investigazioni private. La gestiscono Francesco Castro, ex carabiniere, con una lunga esperienza nel settore, e il figlio Davide. Proprio quest’ultimo stava aprendo una società di consulenza sulla cyber sorveglianza in Spagna, V-Mind, quando viene contattato dall’hacker indiano Manish Kumar, che attraverso la sua società tedesca Wolf Intelligence vuole vendere nel 2015 un software intrusivo prodotto in Israele al governo della Mauritania.
Ha già venduti 12 strumenti del genere, ma per questo – ultimo del pacchetto pattuito con il governo – ha bisogno di un aiuto esterno. Kumar cerca un europeo che lo possa rappresentare in Mauritania e chiede aiuto a Davide Castro, conosciuto in una fiera internazionale della sicurezza informatica. In realtà, la trattativa Kumar-Mauritania è già ai ferri corti. Castro per salvare il salvabile manda prima un esperto di informatica a trattare con i mauritani, Leonida Reitano, che ha sempre detto di lavorare per Vigilar. Poi quando la situazione è ormai disperata e Reitano dice di aver urgenza di rientrare, Vigilar manda a Nouakchott Cristian Provvisionato, che è alle dipendenze della società come addetto alla security/guardia del corpo. Non conosce nulla di cybersecurity.
Provvisionato accetta per la paga e perché gli viene prospettato un lavoro veloce come “piazzista” di un prodotto di sorveglianza. Invece si ritrova in carcere da quasi due anni, con l’accusa di truffa allo Stato mauritano. Cosa c’è dietro a questa storia? Perché un’azienda tedesca coinvolge un’azienda italiana nella vendita di uno strumento prodotto in Israele e destinato alla Mauritania, Paese che non brilla per il rispetto dei diritti umani? Chi ha concesso le licenze per l’export? I Castro dicono di non potere parlare con i giornalisti perché c’è un’indagine in corso. Sono stati truffati da Manish Kumar e non hanno la minima idea di chi avesse queste licenze, dicono. Kumar il 6 febbraio ha scritto via email che avrebbe risposto alle nostre domande, ma non l’ha più fatto. Intanto Provvisionato continua a restare in carcere. Senza sapere il perché.
di Lorenzo Bagnoli e Luca Rinaldi
Questo articolo è parte del progetto di giornalismo investigativo Security for Sale, a cui lavora un consorzio di giornalisti provenienti da undici Paesi europei. Il sito del consorzio è: www.securityforsale.eu. Security for Sale è stata resa possibile dal giornale olandese De Correspondent con il contributo di Journalismfund.eu.
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Re: Dove va l'America?
IL PUNTO DI VISTA DI FURIO COLOMBO
Trump Power, Furio Colombo: “Con il tycoon è l’America dei bianchi contro l’America nera”
di Angela Gennaro | 8 marzo 2017
“Un corpo estraneo è entrato dentro la Casa Bianca. Ed è cominciata una forte crisi di rigetto”. È la fotografia che scatta Furio Colombo nel suo nuovo libro, “Trump power”, disponibile da giovedì in libreria e in edicola con il Fatto Quotidiano. “La vittoria di Donald Trump, lo ammetto, mi ha trovato sorpreso”, racconta Colombo rispondendo alle domande di Gerardo Greco durante la presentazione alla Feltrinelli di via Appia Nuova a Roma. “E ho capito che si è trattata della risposta dell’America dei bianchi all’America nera. Un paese governato bene, finalmente, dal primo presidente afro-americano alla Casa Bianca”.
TRUMP
POWER
da domani in edicola a 12 €
Trump Power, Furio Colombo: “Con il tycoon è l’America dei bianchi contro l’America nera”
di Angela Gennaro | 8 marzo 2017
“Un corpo estraneo è entrato dentro la Casa Bianca. Ed è cominciata una forte crisi di rigetto”. È la fotografia che scatta Furio Colombo nel suo nuovo libro, “Trump power”, disponibile da giovedì in libreria e in edicola con il Fatto Quotidiano. “La vittoria di Donald Trump, lo ammetto, mi ha trovato sorpreso”, racconta Colombo rispondendo alle domande di Gerardo Greco durante la presentazione alla Feltrinelli di via Appia Nuova a Roma. “E ho capito che si è trattata della risposta dell’America dei bianchi all’America nera. Un paese governato bene, finalmente, dal primo presidente afro-americano alla Casa Bianca”.
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Re: Dove va l'America?
NON ILLUDETEVI, MA ANCHE NOI SU QUESTO FORUM SIAMO SPIATI DA TEMPO.
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Foa: tutti spiati 24 ore su 24, era il sogno di Hitler e Stalin
Scritto il 09/3/17 • nella Categoria: idee Condividi
L’ex agente della Nsa Edward Snowden ci aveva avvertito: la capacità di spionaggio dei servizi segreti americani è colossale. Siamo tutti intercettati, in modi e in contesti oltre ogni immaginazione. Ora Wikileaks squarcia ulteriormente il velo su un mondo che non è esagerato definire da Grande Fratello orwelliano. La Cia non solo può registrare qualunque telefonata (che volete che sia, roba da dilettanti…) ma può introdursi nel vostro telefono e ascoltare le vostre conversazioni anche quando non siete in linea. Per intenderci: quando parlate con gli amici o durante una riunione di lavoro e appoggiate il telefono sul tavolo, l’intelligence americana può attivare in remoto il microfono. Vale per l’I-phone. E per chi usa Android. Immagino già il sorrisetto di chi in questo momento pensa: ma io uso Windows! Illuso, anche quello è “hackerabile”. Così come certi modelli di televisori smart di ultima generazione della Samsung, i quali sono dotati di un microfono che può essere attivato a distanza (ma non da voi…) anche quando è spento. Orwell lo aveva immaginato: il televisore che ti spia in casa. Ebbene, ci siamo. Peraltro non è propriamente una sorpresa.
Ci siamo già da un paio di anni. La notizia era uscita nel 2015 e ne avevo parlato in questo post, in cui avevo riportato le rivelazioni del capo dei servizi segreti svizzero Seiler, il quale spiegava come ogni email da noi spedita fa “un giro” in Gran Bretagna e negli Usa dove viene copiata e archiviata. Non va meglio con WhatsApp, che negli ultimi tempi ci assicura che i messaggi vengono criptati (per tutti, ma non per la Cia, che li può leggere). Così come ogni attività su Signal e Telegram, come scrive il “New York Times”. Facebook, Twitter e Google contribuiscono già da tempo alla causa della Cia, che, non c’è da dubitarne, presta particolare attenzione a quanto io e voi, cari lettori, scriviamo su questo blog. Il quadro che ne emerge è sconcertante: intercettano praticamente tutto. Tanto più che, spiega ancora Wikileaks, i codici del programma Vault 7, così si chiama, sono sfuggiti al controllo e sono finiti in mano ad hackers governativi e contactors privati. Magnifico! A spiarci non è solo la Cia ma chissà chi altro.
Lo confesso: mi sento rassicurato da queste rivelazioni; anche nel sapere che la centrale degli hackers governativi si trova in Germania, nella sede del consolato Usa di Francoforte. Che gentili: queste operazioni le fanno in Europa, mica negli Usa. Apprezzabile, non credete? Il punto è sempre lo stesso e pone un grave problema di fondo: per quale ragione un governo si arroga il diritto di spiare qualunque cittadino praticamente in tutto il mondo? E creando giganteschi archivi, la cui esistenza è stata rivelata da Snowden? Cosa faccio di male? E cosa fanno di male tutti i lettori che subiscono lo stesso trattamento? Le intercettazioni e lo spionaggio esistono da sempre ma rientrano nelle attività di intelligence su un numero limitato di persone, per ragioni di sicurezza o strategiche. Nessuna democrazia si è mai proposta di spiare chiunque e di violare in modo così pervasivo la sua privacy. Il controllo assoluto dei cittadini era da sempre il sogno di regimi dittatoriali come quelli comunisti o nazisti, che, però, non possedevano la tecnologia necessaria. Ora invece si moltiplicano i segnali e le indiscrezioni su quella che appare sempre di più come una schedatura di massa. E’ scandaloso che tutto ciò venga realizzato da un paese che ha come simbolo la Statua della Libertà. E che pretende di essere nostro amico.
(Marcello Foa, “Cara Cia, perché spii me e ogni cittadino? Cosa facciamo di male?”, dal blog “Il Cuore del Mondo” su “Il Giornale” del 7 marzo 2017).
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Foa: tutti spiati 24 ore su 24, era il sogno di Hitler e Stalin
Scritto il 09/3/17 • nella Categoria: idee Condividi
L’ex agente della Nsa Edward Snowden ci aveva avvertito: la capacità di spionaggio dei servizi segreti americani è colossale. Siamo tutti intercettati, in modi e in contesti oltre ogni immaginazione. Ora Wikileaks squarcia ulteriormente il velo su un mondo che non è esagerato definire da Grande Fratello orwelliano. La Cia non solo può registrare qualunque telefonata (che volete che sia, roba da dilettanti…) ma può introdursi nel vostro telefono e ascoltare le vostre conversazioni anche quando non siete in linea. Per intenderci: quando parlate con gli amici o durante una riunione di lavoro e appoggiate il telefono sul tavolo, l’intelligence americana può attivare in remoto il microfono. Vale per l’I-phone. E per chi usa Android. Immagino già il sorrisetto di chi in questo momento pensa: ma io uso Windows! Illuso, anche quello è “hackerabile”. Così come certi modelli di televisori smart di ultima generazione della Samsung, i quali sono dotati di un microfono che può essere attivato a distanza (ma non da voi…) anche quando è spento. Orwell lo aveva immaginato: il televisore che ti spia in casa. Ebbene, ci siamo. Peraltro non è propriamente una sorpresa.
Ci siamo già da un paio di anni. La notizia era uscita nel 2015 e ne avevo parlato in questo post, in cui avevo riportato le rivelazioni del capo dei servizi segreti svizzero Seiler, il quale spiegava come ogni email da noi spedita fa “un giro” in Gran Bretagna e negli Usa dove viene copiata e archiviata. Non va meglio con WhatsApp, che negli ultimi tempi ci assicura che i messaggi vengono criptati (per tutti, ma non per la Cia, che li può leggere). Così come ogni attività su Signal e Telegram, come scrive il “New York Times”. Facebook, Twitter e Google contribuiscono già da tempo alla causa della Cia, che, non c’è da dubitarne, presta particolare attenzione a quanto io e voi, cari lettori, scriviamo su questo blog. Il quadro che ne emerge è sconcertante: intercettano praticamente tutto. Tanto più che, spiega ancora Wikileaks, i codici del programma Vault 7, così si chiama, sono sfuggiti al controllo e sono finiti in mano ad hackers governativi e contactors privati. Magnifico! A spiarci non è solo la Cia ma chissà chi altro.
Lo confesso: mi sento rassicurato da queste rivelazioni; anche nel sapere che la centrale degli hackers governativi si trova in Germania, nella sede del consolato Usa di Francoforte. Che gentili: queste operazioni le fanno in Europa, mica negli Usa. Apprezzabile, non credete? Il punto è sempre lo stesso e pone un grave problema di fondo: per quale ragione un governo si arroga il diritto di spiare qualunque cittadino praticamente in tutto il mondo? E creando giganteschi archivi, la cui esistenza è stata rivelata da Snowden? Cosa faccio di male? E cosa fanno di male tutti i lettori che subiscono lo stesso trattamento? Le intercettazioni e lo spionaggio esistono da sempre ma rientrano nelle attività di intelligence su un numero limitato di persone, per ragioni di sicurezza o strategiche. Nessuna democrazia si è mai proposta di spiare chiunque e di violare in modo così pervasivo la sua privacy. Il controllo assoluto dei cittadini era da sempre il sogno di regimi dittatoriali come quelli comunisti o nazisti, che, però, non possedevano la tecnologia necessaria. Ora invece si moltiplicano i segnali e le indiscrezioni su quella che appare sempre di più come una schedatura di massa. E’ scandaloso che tutto ciò venga realizzato da un paese che ha come simbolo la Statua della Libertà. E che pretende di essere nostro amico.
(Marcello Foa, “Cara Cia, perché spii me e ogni cittadino? Cosa facciamo di male?”, dal blog “Il Cuore del Mondo” su “Il Giornale” del 7 marzo 2017).
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Re: Dove va l'America?
Trump, l’impronta del tycoon su New York: principe del denaro che costruisce palazzi per ricchi e muri contro i poveri
di Furio Colombo | 8 marzo 2017
Mondo
È tipico delle grandi famiglie, racconta Furio Colombo nel suo ultimo libro "Trump Power", lasciare un’impronta morale su New York: a Manhattan sorge il Rockefeller Center, dove i bambini vanno a pattinare, e l'intera Columbia University è il risultato del sovrapporsi delle donazioni della città ricca. Il tycoon, invece, per edificare i suoi grattacieli ha distrutto una immensa quantità di case che avevano reso tipica l’architettura del centro e, mentre progetta il muro con il Messico, costruisce torri dai prezzi inaccessibili riservate ai ricchi
di Furio Colombo | 8 marzo 2017
390
• 200
•
•
Più informazioni su: Donald Trump, Manhattan, Messico, New York, Usa
Come diceva lo stesso Trump, quando conduceva un suo programma televisivo, The Apprentice, l’apprendista, basta guardare il curriculum. È tipico delle grandi famiglie newyorkesi lasciare un’impronta morale – solitamente attraverso una fondazione – e un’impronta fisica costruendo qualcosa dedicato alla città. La famiglia Rockefeller ha costruito nel cuore di Manhattan il Rockefeller Center dove lo stesso Trump ha acceso l’enorme albero di Natale della città, dove i bambini vanno a pattinare, e dove vi sono i più bei murales del pittore messicano Diego Rivera.
02:48
E sulla Park Avenue, sempre Rockefeller, ha costruito la Asia House per rendere omaggio ai capolavori dell’arte orientale nel centro dell’Occidente. A sud di Manhattan potete trovare la Morgan Library, che è anche luogo di importanti mostre storiche o di arte contemporanea, e a nord, l’intera Columbia University è il risultato del sovrapporsi di una grande e continua quantità di donazioni della città ricca che non solo hanno sostenuto tutta la storia di questo grande ateneo, ma stanno per rendere possibile la costruzione di un nuovo campus progettato da Renzo Piano.
A Trump va riconosciuto il contributo di un Trump Pavillon, padiglione di un ospedale nell’area detta “Jamaica”. Una iniziativa importante, dato il quartiere, ma dovuta al padre del nostro tycoon, come amano chiamarlo. Ma su questa parola, di origine cinese e giapponese che vuol dire “principe del danaro”, un chiarimento va fatto. Tycoon nel consolidato gergo americano, fin dai tempi della letteratura industriale statunitense dell’inizio dell’altro secolo, vuol dire “uomo che si è fatto da se”, povero intraprendente che diventa ricco, abile e geniale inventore di se stesso. Non è il caso di Donald Trump, che è nato ricchissimo da un padre costruttore che possedeva più di cinquemila case a New York.
Nonostante ciò, il neo eletto è presente nella Grande mela con le sue torri, che hanno sfidato tutte le altezze precedenti e sono state costruite in base al piano di incoraggiare un esodo in massa della classe media da New York (la classe media che aveva formato fino a quel momento le professioni, la letteratura, il teatro, il cinema, la musica) e far arrivare vera ricchezza attraverso gli altissimi costi delle nuove abitazioni, degli uffici, degli appartamenti, dei negozi. Ha distrutto una immensa quantità di case che avevano reso famosa e tipica l’architettura della città, anche attraverso sfratti forzati che sono rimasti famosi nella storia recente di New York. Per questa ragione vive a Manhattan, al piano alto di una delle sue torri senza legami con la sua città (che non siano il danaro) e senza avere alcun ruolo volontario, proporzionato o no, alla sua ricchezza. Sta progettando il muro contro il Messico e altre cinque torri dai prezzi inaccessibili per i ricchi, solo per i ricchi del mondo.
di Furio Colombo | 8 marzo 2017
di Furio Colombo | 8 marzo 2017
Mondo
È tipico delle grandi famiglie, racconta Furio Colombo nel suo ultimo libro "Trump Power", lasciare un’impronta morale su New York: a Manhattan sorge il Rockefeller Center, dove i bambini vanno a pattinare, e l'intera Columbia University è il risultato del sovrapporsi delle donazioni della città ricca. Il tycoon, invece, per edificare i suoi grattacieli ha distrutto una immensa quantità di case che avevano reso tipica l’architettura del centro e, mentre progetta il muro con il Messico, costruisce torri dai prezzi inaccessibili riservate ai ricchi
di Furio Colombo | 8 marzo 2017
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Come diceva lo stesso Trump, quando conduceva un suo programma televisivo, The Apprentice, l’apprendista, basta guardare il curriculum. È tipico delle grandi famiglie newyorkesi lasciare un’impronta morale – solitamente attraverso una fondazione – e un’impronta fisica costruendo qualcosa dedicato alla città. La famiglia Rockefeller ha costruito nel cuore di Manhattan il Rockefeller Center dove lo stesso Trump ha acceso l’enorme albero di Natale della città, dove i bambini vanno a pattinare, e dove vi sono i più bei murales del pittore messicano Diego Rivera.
02:48
E sulla Park Avenue, sempre Rockefeller, ha costruito la Asia House per rendere omaggio ai capolavori dell’arte orientale nel centro dell’Occidente. A sud di Manhattan potete trovare la Morgan Library, che è anche luogo di importanti mostre storiche o di arte contemporanea, e a nord, l’intera Columbia University è il risultato del sovrapporsi di una grande e continua quantità di donazioni della città ricca che non solo hanno sostenuto tutta la storia di questo grande ateneo, ma stanno per rendere possibile la costruzione di un nuovo campus progettato da Renzo Piano.
A Trump va riconosciuto il contributo di un Trump Pavillon, padiglione di un ospedale nell’area detta “Jamaica”. Una iniziativa importante, dato il quartiere, ma dovuta al padre del nostro tycoon, come amano chiamarlo. Ma su questa parola, di origine cinese e giapponese che vuol dire “principe del danaro”, un chiarimento va fatto. Tycoon nel consolidato gergo americano, fin dai tempi della letteratura industriale statunitense dell’inizio dell’altro secolo, vuol dire “uomo che si è fatto da se”, povero intraprendente che diventa ricco, abile e geniale inventore di se stesso. Non è il caso di Donald Trump, che è nato ricchissimo da un padre costruttore che possedeva più di cinquemila case a New York.
Nonostante ciò, il neo eletto è presente nella Grande mela con le sue torri, che hanno sfidato tutte le altezze precedenti e sono state costruite in base al piano di incoraggiare un esodo in massa della classe media da New York (la classe media che aveva formato fino a quel momento le professioni, la letteratura, il teatro, il cinema, la musica) e far arrivare vera ricchezza attraverso gli altissimi costi delle nuove abitazioni, degli uffici, degli appartamenti, dei negozi. Ha distrutto una immensa quantità di case che avevano reso famosa e tipica l’architettura della città, anche attraverso sfratti forzati che sono rimasti famosi nella storia recente di New York. Per questa ragione vive a Manhattan, al piano alto di una delle sue torri senza legami con la sua città (che non siano il danaro) e senza avere alcun ruolo volontario, proporzionato o no, alla sua ricchezza. Sta progettando il muro contro il Messico e altre cinque torri dai prezzi inaccessibili per i ricchi, solo per i ricchi del mondo.
di Furio Colombo | 8 marzo 2017
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Re: Dove va l'America?
UN GORNO DI LUTTO PER LE STRUMPTRUPPEN
America, prima sconfitta per il bando migranti "bis" di Trump
Un tribunale del Wisconsin ha dato ragione a una famiglia di rifugiati siriani
Lucio Di Marzo - Sab, 11/03/2017 - 12:11
commenta
È la prima sconfitta in tribunale quella che arriva dal Wisconsin, dove il bando migranti numero due dell'amministrazione Trump, che come il primo va a colpire sei Paesi a maggioranza musulmana, impedendone l'accesso negli Stati Uniti, ma con alcune modifiche sostanziali, è stato sfidato e battuto.
Un giudice federale, William Conley, ha bloccato l'impatto della direttiva su un caso singolo, quello di una famiglia di rifugiati siriani che già vive nello Stato. Il padre di famiglia ha ottenuto lo stop del bando, che avrebbe bloccato i suoi sforzi per portare in America anche la moglie e la figlia.
All'uomo è già stato concesso l'asilo e dallo scorso anno si sta prodigando per far sì che la figlia di tre anni e la moglie, costrette a lasciare la città di Aleppo, distrutta dalla guerra, possono unirsi a lui. A febbraio ha fatto causa, sostenendo che il bando, il primo imposto da Trump, ha bloccato le pratiche per ottenere i visti per i suoi famigliare.
America, prima sconfitta per il bando migranti "bis" di Trump
Un tribunale del Wisconsin ha dato ragione a una famiglia di rifugiati siriani
Lucio Di Marzo - Sab, 11/03/2017 - 12:11
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È la prima sconfitta in tribunale quella che arriva dal Wisconsin, dove il bando migranti numero due dell'amministrazione Trump, che come il primo va a colpire sei Paesi a maggioranza musulmana, impedendone l'accesso negli Stati Uniti, ma con alcune modifiche sostanziali, è stato sfidato e battuto.
Un giudice federale, William Conley, ha bloccato l'impatto della direttiva su un caso singolo, quello di una famiglia di rifugiati siriani che già vive nello Stato. Il padre di famiglia ha ottenuto lo stop del bando, che avrebbe bloccato i suoi sforzi per portare in America anche la moglie e la figlia.
All'uomo è già stato concesso l'asilo e dallo scorso anno si sta prodigando per far sì che la figlia di tre anni e la moglie, costrette a lasciare la città di Aleppo, distrutta dalla guerra, possono unirsi a lui. A febbraio ha fatto causa, sostenendo che il bando, il primo imposto da Trump, ha bloccato le pratiche per ottenere i visti per i suoi famigliare.
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Re: Dove va l'America?
Furio Colombo
TRUMP
POWER
Sulla prima copertina interna
<<Make America Great Again>> -ha
Annunciato Donal Trump il giorno del
suo insediamento- attraverso il contrasto
incondizionato all’immigrazione e all’aborto,
la libera circolazione di armi, l’isolazionismo,
il mega muro al confine con il Messico, la fine
dell’Obamacare e il rapporto privilegiato con
Putin. Ma sono veramente queste premesse
perché gli Stati Uniti tornino ad essere di
nuovo grandi?
Trump ha prima stracciato Hillary Clinton –
sostenuta nella sua corsa dall’estaliblishment,
della finanza e dei poteri forti- e poi ha
surclassato il suo stesso partito, quello
repubblicano, che per primo ha ostacolato
l’avvento dell’immobiliarista.
Ora si appresta a dare agli States una svolta
verso una estrema destra. Trump ha vinto
-si dice – perché rappresenta l’America:
una Nazione ormai lontana dagli stereotipi
della grande potenza egemone, fragile che ha
bisogno di pensare a se stessa. Ma, per ora, non
solo le premesse, anche le promesse sembrano
ardue da attuare.
Quello di Furio Colombo è un pamphlet
critico e drammatico che ci porta nel cuore
di un Paese frastornato dove, come scrive
l’autore: << Un corpo estraneo è entrato dentro
la Casa Bianca. Ed è cominciata una forte crisi
di rigetto>>.
TRUMP
POWER
Sulla prima copertina interna
<<Make America Great Again>> -ha
Annunciato Donal Trump il giorno del
suo insediamento- attraverso il contrasto
incondizionato all’immigrazione e all’aborto,
la libera circolazione di armi, l’isolazionismo,
il mega muro al confine con il Messico, la fine
dell’Obamacare e il rapporto privilegiato con
Putin. Ma sono veramente queste premesse
perché gli Stati Uniti tornino ad essere di
nuovo grandi?
Trump ha prima stracciato Hillary Clinton –
sostenuta nella sua corsa dall’estaliblishment,
della finanza e dei poteri forti- e poi ha
surclassato il suo stesso partito, quello
repubblicano, che per primo ha ostacolato
l’avvento dell’immobiliarista.
Ora si appresta a dare agli States una svolta
verso una estrema destra. Trump ha vinto
-si dice – perché rappresenta l’America:
una Nazione ormai lontana dagli stereotipi
della grande potenza egemone, fragile che ha
bisogno di pensare a se stessa. Ma, per ora, non
solo le premesse, anche le promesse sembrano
ardue da attuare.
Quello di Furio Colombo è un pamphlet
critico e drammatico che ci porta nel cuore
di un Paese frastornato dove, come scrive
l’autore: << Un corpo estraneo è entrato dentro
la Casa Bianca. Ed è cominciata una forte crisi
di rigetto>>.
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Re: Dove va l'America?
Cadere dalla padella alla brace.
Cosa vuol dire?
Riferito al finire in una situazione peggiore di quella in cui ci si trova.
Proverbi · Italia
Cosa vuol dire?
Riferito al finire in una situazione peggiore di quella in cui ci si trova.
Proverbi · Italia
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Re: Dove va l'America?
DALLA PADELLA ALLA BRACE
E QUESTA DOVREBBE ESSERE LA DEMOCRAZIA?????
• LIBRE news
• Recensioni
• segnalazioni
Contro Trump il killer dei presidenti Usa, budget 100 milioni
Scritto il 13/3/17 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
E’ in corso la campagna contro il nuovo presidente degli Stati Uniti, condotta dagli stessi sponsor di Barack Obama, Hillary Clinton e della distruzione del Medio Oriente.
Dopo la marcia delle donne del 22 gennaio, è previsto che si tenga una marcia per la scienza non solo negli Stati Uniti, ma anche in tutto il mondo occidentale, il 22 aprile.
L’obiettivo è dimostrare che Donald Trump non è solo un misogino, ma anche un oscurantista.
Il fatto che sia l’ex-organizzatore del concorso di Miss Universo, e che sia sposato con una modella al suo terzo matrimonio è sufficiente, a quanto pare, a dimostrare che disprezza le donne.
Che il presidente contesti il ruolo svolto da Barack Obama nella creazione della Borsa Climatica di Chicago (ben prima della sua presidenza) e che respinga l’idea che le perturbazioni climatiche siano causate dal rilascio di carbonio nell’atmosfera, attesta il fatto che non capisce nulla di scienza.
Per convincere l’opinione pubblica statunitense della follia del presidente – un uomo che dice di desiderare la pace con i suoi nemici, e di voler collaborare con loro per la prosperità economica universale – uno dei più grandi specialisti di agit-prop (agitazione e propaganda), David Brock, ha messo in campo un dispositivo impressionante già prima dell’investitura di Trump.
Al tempo in cui lavorava per i repubblicani, Brock lanciò contro il presidente Bill Clinton una campagna, che sarebbe poi diventata il Troopergate, la vicenda Whitewater, e il caso Lewinsky.
Dopo aver voltato gabbana, è oggi al servizio di Hillary Clinton, per la quale ha già organizzato non solo la demolizione della candidatura di Mitt Romney, ma anche la sua replica nella vicenda dell’assassinio dell’ambasciatore Usa a Bengasi.
Durante il primo turno delle primarie, è stato Brock a dirigere gli attacchi contro Bernie Sanders.
“The National Review” ha qualificato Brock come «un assassino di destra che è diventato un assassino di sinistra».
E ‘importante ricordare che le due procedure di destituzione di un presidente in carica, avviate dopo la Seconda Guerra Mondiale, sono state messe in moto a vantaggio dello Stato Profondo, e non certo per il bene della democrazia.
Così il Watergate è stato interamente gestito da una certa “gola profonda” che, 33 anni più tardi, si è rivelato essere Mark Felt, l’assistente di J. Edgar Hoover, direttore dell’Fbi.
Per quanto riguarda la vicenda Lewinsky, era semplicemente un modo di forzare Bill Clinton ad accettare la guerra contro la Jugoslavia.
La campagna in corso è organizzata sottobanco da quattro associazioni.
“Media Matters” (“i media contano”) ha il compito di dare la caccia agli errori di Donald Trump.
Leggete ogni giorno il suo bollettino sui vostri giornali: il presidente non può essere attendibile, si è sbagliato su questo o su quel punto.
“American Bridge 21st Century” (“Il ponte americano del XXI secolo”) ha raccolto più di 2.000 ore di video che mostrano Donald Trump nel corso degli anni, e più di 18.000 ore di altri video dei membri del suo gabinetto.
Ha a sua disposizione sofisticate attrezzature tecnologiche progettate per il dipartimento della difesa, e presumibilmente fuori mercato, che le consentono di cercare le contraddizioni tra le loro dichiarazioni più datate e le loro posizioni attuali.
Dovrebbe arrivare a estendere il suo lavoro a 1.200 collaboratori del nuovo presidente.
“Citizens for Responsibility and Ethics in Washington – Crew” (“I cittadini per la responsabilità e l’etica a Washington”) è uno studio di giuristi di alto livello con il compito di monitorare tutto ciò che potrebbe fare scandalo nell’amministrazione Trump.
La maggior parte degli avvocati di questa associazione lavorano gratis, per la causa. Sono loro ad aver preparato il caso di Bob Ferguson, il procuratore generale dello Stato di Washington, contro il decreto sull’immigrazione (“Executive Order 13.769”).
“Shareblue” (“la condivisione blu”) è un esercito elettronico già collegato con 162 milioni di internauti negli Stati Uniti.
Ha il compito di diffondere dei temi preordinati, ad esempio: Trump è autoritario e ladro; Trump è sotto l’influenza di Vladimir Putin; Trump è una personalità debole e irascibile, è un maniaco-depressivo; Trump non è stato eletto dalla maggioranza dei cittadini degli Stati Uniti, ed è quindi illegittimo; il suo vicepresidente, Mike Pence, è un fascista; Trump è un miliardario che sarà costantemente di fronte a conflitti di interesse tra i suoi affari personali e quelli dello Stato; Trump è un burattino dei fratelli Koch, i famosi elemosinieri dell’estrema destra; Trump è un suprematista bianco e una minaccia per le minoranze; l’opposizione anti-Trump continua a crescere fuori Washington; per salvare la democrazia, cerchiamo di sostenere i parlamentari democratici che stanno attaccando Trump, e cerchiamo di demolire quelli che stanno collaborando con lui; stessa cosa con i giornalisti; per rovesciare Trump ci vorrà del tempo, quindi cerchiamo di non indebolire la nostra lotta.
Questa associazione produrrà newsletter e video di 30 secondi.
Si appoggerà ad altri due gruppi: una società che realizza video documentari, “The American Independent”, e una unità statistica, Benchmark Politics (ossia “politica comparativa”).
L’insieme di questo dispositivo – che è stato messo in campo durante il periodo transitorio, cioè prima dell’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca – dà già lavoro a oltre 300 specialisti a cui conviene aggiungere numerosi volontari.
Il suo budget annuale, inizialmente previsto nella misura di 35 milioni di dollari, è stato aumentato fino a un livello di circa 100 milioni di dollari.
Distruggere l’immagine – e quindi l’autorità – del presidente degli Stati Uniti, prima che abbia avuto il tempo di fare alcunché, può avere gravi conseguenze.
Eliminando Saddam Hussein e Muammar Gheddafi, la Cia ha fatto precipitare questi due paesi in un lungo periodo di caos, e la “terra della libertà” potrebbe gravemente soffrire da una tale operazione.
Questo tipo di tecnica di manipolazione di massa non era mai stata utilizzata contro il capofila del mondo occidentale.
Per il momento, questo piano sta funzionando: nessun leader politico al mondo ha avuto il coraggio di felicitarsi dell’elezione di Donald Trump, con l’eccezione di Vladimir Putin e di Mahmud Ahmadinejad.
(Thierry Meyssan, “Il dispositivo Clinton per screditare Donald Trump”, da “Megachip” del 5 marzo 2017).
E QUESTA DOVREBBE ESSERE LA DEMOCRAZIA?????
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Contro Trump il killer dei presidenti Usa, budget 100 milioni
Scritto il 13/3/17 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
E’ in corso la campagna contro il nuovo presidente degli Stati Uniti, condotta dagli stessi sponsor di Barack Obama, Hillary Clinton e della distruzione del Medio Oriente.
Dopo la marcia delle donne del 22 gennaio, è previsto che si tenga una marcia per la scienza non solo negli Stati Uniti, ma anche in tutto il mondo occidentale, il 22 aprile.
L’obiettivo è dimostrare che Donald Trump non è solo un misogino, ma anche un oscurantista.
Il fatto che sia l’ex-organizzatore del concorso di Miss Universo, e che sia sposato con una modella al suo terzo matrimonio è sufficiente, a quanto pare, a dimostrare che disprezza le donne.
Che il presidente contesti il ruolo svolto da Barack Obama nella creazione della Borsa Climatica di Chicago (ben prima della sua presidenza) e che respinga l’idea che le perturbazioni climatiche siano causate dal rilascio di carbonio nell’atmosfera, attesta il fatto che non capisce nulla di scienza.
Per convincere l’opinione pubblica statunitense della follia del presidente – un uomo che dice di desiderare la pace con i suoi nemici, e di voler collaborare con loro per la prosperità economica universale – uno dei più grandi specialisti di agit-prop (agitazione e propaganda), David Brock, ha messo in campo un dispositivo impressionante già prima dell’investitura di Trump.
Al tempo in cui lavorava per i repubblicani, Brock lanciò contro il presidente Bill Clinton una campagna, che sarebbe poi diventata il Troopergate, la vicenda Whitewater, e il caso Lewinsky.
Dopo aver voltato gabbana, è oggi al servizio di Hillary Clinton, per la quale ha già organizzato non solo la demolizione della candidatura di Mitt Romney, ma anche la sua replica nella vicenda dell’assassinio dell’ambasciatore Usa a Bengasi.
Durante il primo turno delle primarie, è stato Brock a dirigere gli attacchi contro Bernie Sanders.
“The National Review” ha qualificato Brock come «un assassino di destra che è diventato un assassino di sinistra».
E ‘importante ricordare che le due procedure di destituzione di un presidente in carica, avviate dopo la Seconda Guerra Mondiale, sono state messe in moto a vantaggio dello Stato Profondo, e non certo per il bene della democrazia.
Così il Watergate è stato interamente gestito da una certa “gola profonda” che, 33 anni più tardi, si è rivelato essere Mark Felt, l’assistente di J. Edgar Hoover, direttore dell’Fbi.
Per quanto riguarda la vicenda Lewinsky, era semplicemente un modo di forzare Bill Clinton ad accettare la guerra contro la Jugoslavia.
La campagna in corso è organizzata sottobanco da quattro associazioni.
“Media Matters” (“i media contano”) ha il compito di dare la caccia agli errori di Donald Trump.
Leggete ogni giorno il suo bollettino sui vostri giornali: il presidente non può essere attendibile, si è sbagliato su questo o su quel punto.
“American Bridge 21st Century” (“Il ponte americano del XXI secolo”) ha raccolto più di 2.000 ore di video che mostrano Donald Trump nel corso degli anni, e più di 18.000 ore di altri video dei membri del suo gabinetto.
Ha a sua disposizione sofisticate attrezzature tecnologiche progettate per il dipartimento della difesa, e presumibilmente fuori mercato, che le consentono di cercare le contraddizioni tra le loro dichiarazioni più datate e le loro posizioni attuali.
Dovrebbe arrivare a estendere il suo lavoro a 1.200 collaboratori del nuovo presidente.
“Citizens for Responsibility and Ethics in Washington – Crew” (“I cittadini per la responsabilità e l’etica a Washington”) è uno studio di giuristi di alto livello con il compito di monitorare tutto ciò che potrebbe fare scandalo nell’amministrazione Trump.
La maggior parte degli avvocati di questa associazione lavorano gratis, per la causa. Sono loro ad aver preparato il caso di Bob Ferguson, il procuratore generale dello Stato di Washington, contro il decreto sull’immigrazione (“Executive Order 13.769”).
“Shareblue” (“la condivisione blu”) è un esercito elettronico già collegato con 162 milioni di internauti negli Stati Uniti.
Ha il compito di diffondere dei temi preordinati, ad esempio: Trump è autoritario e ladro; Trump è sotto l’influenza di Vladimir Putin; Trump è una personalità debole e irascibile, è un maniaco-depressivo; Trump non è stato eletto dalla maggioranza dei cittadini degli Stati Uniti, ed è quindi illegittimo; il suo vicepresidente, Mike Pence, è un fascista; Trump è un miliardario che sarà costantemente di fronte a conflitti di interesse tra i suoi affari personali e quelli dello Stato; Trump è un burattino dei fratelli Koch, i famosi elemosinieri dell’estrema destra; Trump è un suprematista bianco e una minaccia per le minoranze; l’opposizione anti-Trump continua a crescere fuori Washington; per salvare la democrazia, cerchiamo di sostenere i parlamentari democratici che stanno attaccando Trump, e cerchiamo di demolire quelli che stanno collaborando con lui; stessa cosa con i giornalisti; per rovesciare Trump ci vorrà del tempo, quindi cerchiamo di non indebolire la nostra lotta.
Questa associazione produrrà newsletter e video di 30 secondi.
Si appoggerà ad altri due gruppi: una società che realizza video documentari, “The American Independent”, e una unità statistica, Benchmark Politics (ossia “politica comparativa”).
L’insieme di questo dispositivo – che è stato messo in campo durante il periodo transitorio, cioè prima dell’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca – dà già lavoro a oltre 300 specialisti a cui conviene aggiungere numerosi volontari.
Il suo budget annuale, inizialmente previsto nella misura di 35 milioni di dollari, è stato aumentato fino a un livello di circa 100 milioni di dollari.
Distruggere l’immagine – e quindi l’autorità – del presidente degli Stati Uniti, prima che abbia avuto il tempo di fare alcunché, può avere gravi conseguenze.
Eliminando Saddam Hussein e Muammar Gheddafi, la Cia ha fatto precipitare questi due paesi in un lungo periodo di caos, e la “terra della libertà” potrebbe gravemente soffrire da una tale operazione.
Questo tipo di tecnica di manipolazione di massa non era mai stata utilizzata contro il capofila del mondo occidentale.
Per il momento, questo piano sta funzionando: nessun leader politico al mondo ha avuto il coraggio di felicitarsi dell’elezione di Donald Trump, con l’eccezione di Vladimir Putin e di Mahmud Ahmadinejad.
(Thierry Meyssan, “Il dispositivo Clinton per screditare Donald Trump”, da “Megachip” del 5 marzo 2017).
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