Gentiloni
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Re: Gentiloni
TORNA IL FANTASMA DI GIULIO ANDREOTTI.
MEGLIO TIRARE A CAMPARE CHE TIRARE LE QUOIA
Il titolo di testa del Fatto Quotidiano del 17 marzo 2017:
La maggioranza annuncia: cancelliamo i voucher . Confindustria delusa : “Era
meglio il referendum”. Pur di non farci votare, scelgono di perdere a tavolino
MEGLIO TIRARE A CAMPARE CHE TIRARE LE QUOIA
Il titolo di testa del Fatto Quotidiano del 17 marzo 2017:
La maggioranza annuncia: cancelliamo i voucher . Confindustria delusa : “Era
meglio il referendum”. Pur di non farci votare, scelgono di perdere a tavolino
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Re: Gentiloni
LIBRE news
Recensioni
segnalazioni.
Il Def 2018: aumentare l’Iva o svendere Trenitalia e Poste
Scritto il 17/3/17 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
Aumentare l’Iva, o cedere altre quote di Trenitalia e Poste Italiane, attraverso privatizzazioni-svendita per placare Bruxelles e arginare il debito pubblico. «Dimenticate per un attimo la scaramuccia fra Roma e Bruxelles sulla correzione dei conti da tre miliardi attesa entro fine aprile. Le probabilità che l’Italia vada al voto prima del 2018 sono ormai prossime allo zero. Ciò permette a Gentiloni di allungare lo sguardo oltre quello che nella Prima Repubblica chiamavano l’orizzonte balneare», scrive Alessandro Barbera sulla “Stampa”, alludendo alle riunioni in corso a Palazzo Chigi sulla manovra per il 2018, che si annuncia una super-stangata. Bruxelles attende entro il 10 aprile il testo del Def, il Documento di economia e finanza, di fatto la bozza della legge di bilancio per l’autunno. «Oggi le procedure europee rafforzate impongono che quei numeri siano scritti con coerenza e realismo». Insieme a Gentiloni, se occupano i ministri Pier Carlo Padoan e Carlo Calenda, «il trio che ha preso le redini del governo dopo l’uscita di scena di Renzi». Punto di partenza: una clausola di salvaguardia da quasi 20 miliardi di euro, pari ad un aumento dell’ultima aliquota Iva al 25% per cento dal 1° gennaio.
«A Bruxelles sono perfettamente consapevoli delle conseguenze potenzialmente devastanti di un simile aumento delle tasse sulla crescita italiana, così come lo sarebbe un taglio alle spese della stessa entità», scrive Barbera sulla “Stampa”, in un articolo ripreso da “Dagospia”. «Nelle trattative già avviate fra Roma e Bruxelles si ragiona già su un compromesso per dimezzare quel pesante fardello». Nei piani europei, l’Italia avrebbe dovuto far scendere il deficit di quest’anno all’1,8%, e poi all’1,2 nel 2018. Quest’anno si è fermato al 2,3%, ma la correzione chiesta entro aprile da Bruxelles dovrebbe far ridiscendere l’asticella al 2,1. «Se la trattativa andrà in porto, il Def per il 2018 potrebbe indicare un deficit fra l’1,9 e il 2%, sette-otto decimali sopra gli attuali obiettivi ma in ogni caso in una traiettoria ancora discendente». Per l’Italia, significherebbe uno “sconto” di circa 10-11 miliardi di euro. «Ciò non significa che la manovra per il 2018 non sarà impegnativa», avverte Barbera. «La finestra di opportunità spalancata due anni fa da Mario Draghi con il piano di acquisto titoli della Bce si sta lentamente chiudendo: l’inflazione sta salendo, e con essa la pressione tedesca perché viri la rotta della politica monetaria».
Il Def ne prenderà atto, prevedendo per il 2018 l’inizio del “tapering” da parte di Francoforte; la conseguenza sarà un aumento dei rendimenti sui titoli pubblici e della spesa per onorare il debito. «Se l’azionista di maggioranza del governo – ovvero Renzi – insisterà nel dire no ad un aumento anche solo lieve dell’Iva (al Tesoro da tempo accarezzano l’ipotesi di ritoccarla di un punto), dovrà accettare una forte riduzione della spesa pubblica nell’ordine di qualche miliardo di euro». La questione che più preoccupa Bruxelles, conclude “La Stampa”, resta la sostenibilità del debito italiano: «Per questo, il Def prometterà anche quest’anno una lieve riduzione dello stock da finanziare con i proventi da privatizzazioni: su tutte Trenitalia e una nuova tranche di Poste. Quelle privatizzazioni che ormai trovano l’aperto dissenso di esponenti e ministri Pd», anche rappresentano un altro duro colpo al futuro del paese, costretto a tagliare su tutto a causa del rigore imposto dal regime monetario dell’euro.
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Il Def 2018: aumentare l’Iva o svendere Trenitalia e Poste
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Aumentare l’Iva, o cedere altre quote di Trenitalia e Poste Italiane, attraverso privatizzazioni-svendita per placare Bruxelles e arginare il debito pubblico. «Dimenticate per un attimo la scaramuccia fra Roma e Bruxelles sulla correzione dei conti da tre miliardi attesa entro fine aprile. Le probabilità che l’Italia vada al voto prima del 2018 sono ormai prossime allo zero. Ciò permette a Gentiloni di allungare lo sguardo oltre quello che nella Prima Repubblica chiamavano l’orizzonte balneare», scrive Alessandro Barbera sulla “Stampa”, alludendo alle riunioni in corso a Palazzo Chigi sulla manovra per il 2018, che si annuncia una super-stangata. Bruxelles attende entro il 10 aprile il testo del Def, il Documento di economia e finanza, di fatto la bozza della legge di bilancio per l’autunno. «Oggi le procedure europee rafforzate impongono che quei numeri siano scritti con coerenza e realismo». Insieme a Gentiloni, se occupano i ministri Pier Carlo Padoan e Carlo Calenda, «il trio che ha preso le redini del governo dopo l’uscita di scena di Renzi». Punto di partenza: una clausola di salvaguardia da quasi 20 miliardi di euro, pari ad un aumento dell’ultima aliquota Iva al 25% per cento dal 1° gennaio.
«A Bruxelles sono perfettamente consapevoli delle conseguenze potenzialmente devastanti di un simile aumento delle tasse sulla crescita italiana, così come lo sarebbe un taglio alle spese della stessa entità», scrive Barbera sulla “Stampa”, in un articolo ripreso da “Dagospia”. «Nelle trattative già avviate fra Roma e Bruxelles si ragiona già su un compromesso per dimezzare quel pesante fardello». Nei piani europei, l’Italia avrebbe dovuto far scendere il deficit di quest’anno all’1,8%, e poi all’1,2 nel 2018. Quest’anno si è fermato al 2,3%, ma la correzione chiesta entro aprile da Bruxelles dovrebbe far ridiscendere l’asticella al 2,1. «Se la trattativa andrà in porto, il Def per il 2018 potrebbe indicare un deficit fra l’1,9 e il 2%, sette-otto decimali sopra gli attuali obiettivi ma in ogni caso in una traiettoria ancora discendente». Per l’Italia, significherebbe uno “sconto” di circa 10-11 miliardi di euro. «Ciò non significa che la manovra per il 2018 non sarà impegnativa», avverte Barbera. «La finestra di opportunità spalancata due anni fa da Mario Draghi con il piano di acquisto titoli della Bce si sta lentamente chiudendo: l’inflazione sta salendo, e con essa la pressione tedesca perché viri la rotta della politica monetaria».
Il Def ne prenderà atto, prevedendo per il 2018 l’inizio del “tapering” da parte di Francoforte; la conseguenza sarà un aumento dei rendimenti sui titoli pubblici e della spesa per onorare il debito. «Se l’azionista di maggioranza del governo – ovvero Renzi – insisterà nel dire no ad un aumento anche solo lieve dell’Iva (al Tesoro da tempo accarezzano l’ipotesi di ritoccarla di un punto), dovrà accettare una forte riduzione della spesa pubblica nell’ordine di qualche miliardo di euro». La questione che più preoccupa Bruxelles, conclude “La Stampa”, resta la sostenibilità del debito italiano: «Per questo, il Def prometterà anche quest’anno una lieve riduzione dello stock da finanziare con i proventi da privatizzazioni: su tutte Trenitalia e una nuova tranche di Poste. Quelle privatizzazioni che ormai trovano l’aperto dissenso di esponenti e ministri Pd», anche rappresentano un altro duro colpo al futuro del paese, costretto a tagliare su tutto a causa del rigore imposto dal regime monetario dell’euro.
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Re: Gentiloni
ER MOVIOLA HA FATTO UNA FIGURA DA CIOCCOLATAIO.
MA LA POLTRONA E' LA POLTRONA E COME INSEGNA LO ZIO GIULIO, MEGLIO TIRARE A CAMPARE CHE TIRARE LE QUOIA.
Voucher, dalla difesa d’ufficio alla abolizione
Governo si smentisce, conta solo evitare il voto
Via libera dal Cdm alla cancellazione totale dei buoni lavoro. Quel che chiedeva la Cgil. E che lo stesso
esecutivo aveva rigettato di fronte alla Corte costituzionale in nome del pericolo “di vuoto normativo”
Lavoro & Precari
Via libera del Consiglio dei ministri al decreto legge per l’abolizione dei voucher. Il testo prevede la soppressione di tre articoli del Jobs Act (il 48, 49 e 50) che avevano recepito la normativa precedente sui buoni lavoro con modifiche, come l’incremento da 5mila a 7mila euro del tetto massimo di reddito. Cancellate con un colpo di spugna anche le norme che avevano abolito la responsabilità solidale tra committente e appaltatore nei confronti dei lavoratori, oggetto del secondo quesito. A questo punto è certo che il referendum fissato solo pochi giorni fa per il 28 maggio non si terrà
di Valerio Valentini
MA LA POLTRONA E' LA POLTRONA E COME INSEGNA LO ZIO GIULIO, MEGLIO TIRARE A CAMPARE CHE TIRARE LE QUOIA.
Voucher, dalla difesa d’ufficio alla abolizione
Governo si smentisce, conta solo evitare il voto
Via libera dal Cdm alla cancellazione totale dei buoni lavoro. Quel che chiedeva la Cgil. E che lo stesso
esecutivo aveva rigettato di fronte alla Corte costituzionale in nome del pericolo “di vuoto normativo”
Lavoro & Precari
Via libera del Consiglio dei ministri al decreto legge per l’abolizione dei voucher. Il testo prevede la soppressione di tre articoli del Jobs Act (il 48, 49 e 50) che avevano recepito la normativa precedente sui buoni lavoro con modifiche, come l’incremento da 5mila a 7mila euro del tetto massimo di reddito. Cancellate con un colpo di spugna anche le norme che avevano abolito la responsabilità solidale tra committente e appaltatore nei confronti dei lavoratori, oggetto del secondo quesito. A questo punto è certo che il referendum fissato solo pochi giorni fa per il 28 maggio non si terrà
di Valerio Valentini
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Re: Gentiloni
Paura Isis, la Ue si blinda: "Pronti nuovi attacchi". Massima allerta in Italia
2/30
La Repubblica
di GIANLUCA DI FEO
2 ore fa
CONDIVIDI
meteo
© Fornito da La Repubblica
La frantumazione dello Stato islamico, con le due capitali di Raqqa e Mosul prossime alla caduta, non è una buona notizia per l'intelligence europea. C'è la convinzione che l'Isis tenterà il colpo di coda, cercando presto di attaccare l'Unione. Ogni episodio, come l'aggessione all'aeroporto di Parigi, viene analizzato per ricostruire qualunque possibile contatto con la ragnatela radicale che comunica sul web o si affida a predicatori itineranti. L'allerta è massima. Un allarme che riguarda anche l'Italia e spinge a potenziare le misure di sicurezza in vista delle celebrazioni del Trattato di Roma, che nel prossimo weekend raduneranno nella capitale i capi di Stato della Ue.
Dalla scorsa estate le partenze di volontari della jihad verso il Medio Oriente si sono sostanzialmente fermate: la frontiera turca è stata chiusa, i viaggi sono diventati impossibili. E' la stessa propaganda del Califfato a invitare i suoi accoliti a non partire: "Bisogna seminare la morte in Occidente, dovete ucciderli lì dove vi trovate", ripetono gli appelli rilanciati su Internet.
Invece aumentano le segnalazioni sui reduci che dall'Iraq e dalla Siria cercano di tornare in Europa, muovendosi soprattutto lungo i percorsi balcanici dove possono contare su appoggi vecchi e nuovi. Si sentono emuli della Hijram, la sacra migrazione che nel 622 portò Maometto dalla Mecca a Medina, permettendogli di sfuggire ai nemici e rimettere in sesto il suo gruppo. Sono combattenti che non si sentono sconfitti e credono in una missione di fede senza scadenze: uomini addestrati da mesi di guerra e pronti a tutto.
Non sono soltanto loro a fare paura. Alla ritirata dell'Isis si accompagna una nuova vitalità di Al Qaeda, mai scomparsa seppur afflitta negli scorsi anni da un calo di visibilità e di reclute. Con i soldati iracheni alle porte della moschea dove nel luglio del 2014 Abu Bakr Al Baghdadi proclamò la nascita del Califfato, oggi i militanti dell'organizzazione di Osama Bin Laden trovano più seguaci e si dimostrano sempre più attivi, sui campi di battaglia della Siria e della Libia, ma anche nelle cellule rimaste nascoste in Europa.
In questo contesto, l'Italia non è immune dai pericoli. Anzi, i vertici della sicurezza nazionale restano convinti che il terrorismo jihadista colpirà anche da noi. Non è fatalismo, ma l'analisi dei segnali aggiornata continuamente e che mostra aspiranti kamikaze privi di armi ma capaci di usare qualunque strumento per cercare di uccidere: un coltello, un auto, un camion.
Una minaccia che si cerca di contrastare ogni giorno. Ci sono ottomila soldati a presidiare piazze e monumenti; agli agenti è stato chiesto di girare sempre armati, anche quando sono fuori servizio. Misure che nascono dall'esperienza degli attacchi condotti sulle strade in Francia, in Germania, in Belgio. Soprattutto viene rafforzata l'attività di controllo sul territorio, a qualunque ora: quella vigilanza che ha permesso di individuare Anis Amri, il killer di Berlino bloccato durante un pattugliamento di routine a Sesto San Giovanni dopo avere attraversato indisturbato quattro Paesi.
La preoccupazione non riguarda solo il rischio di attentati: le valutazioni dell'intelligence tengono conto pure del clima politico di questi mesi. Perché gli assalti dell'ultimo anno - che fossero opera di squadre organizzate o di lupi solitari - avevano un obiettivo politico: scatenare la reazione contro gli immigrati, spingendo così le comunità musulmane a radicalizzarsi.
In Francia nonostante le stragi di Parigi e Nizza questo non è accaduto e anche le autorità tedesche sono riuscite a contenere la xenofobia dopo il massacro del mercatino di Natale: non c'è stata la caccia allo straniero. È vero, in quelle nazioni la prova più importante saranno le prossime elezioni, al momento però i kamikaze hanno mancato il bersaglio più importante: davanti agli attacchi, l'Europa non ha rinunciato ai suoi valori democratici e non ha tradito i principi di solidarietà.
Ma se dovessero colpire da noi, come reagiremmo?
http://www.msn.com/it-it/notizie/mondo/ ... spartanntp
2/30
La Repubblica
di GIANLUCA DI FEO
2 ore fa
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La frantumazione dello Stato islamico, con le due capitali di Raqqa e Mosul prossime alla caduta, non è una buona notizia per l'intelligence europea. C'è la convinzione che l'Isis tenterà il colpo di coda, cercando presto di attaccare l'Unione. Ogni episodio, come l'aggessione all'aeroporto di Parigi, viene analizzato per ricostruire qualunque possibile contatto con la ragnatela radicale che comunica sul web o si affida a predicatori itineranti. L'allerta è massima. Un allarme che riguarda anche l'Italia e spinge a potenziare le misure di sicurezza in vista delle celebrazioni del Trattato di Roma, che nel prossimo weekend raduneranno nella capitale i capi di Stato della Ue.
Dalla scorsa estate le partenze di volontari della jihad verso il Medio Oriente si sono sostanzialmente fermate: la frontiera turca è stata chiusa, i viaggi sono diventati impossibili. E' la stessa propaganda del Califfato a invitare i suoi accoliti a non partire: "Bisogna seminare la morte in Occidente, dovete ucciderli lì dove vi trovate", ripetono gli appelli rilanciati su Internet.
Invece aumentano le segnalazioni sui reduci che dall'Iraq e dalla Siria cercano di tornare in Europa, muovendosi soprattutto lungo i percorsi balcanici dove possono contare su appoggi vecchi e nuovi. Si sentono emuli della Hijram, la sacra migrazione che nel 622 portò Maometto dalla Mecca a Medina, permettendogli di sfuggire ai nemici e rimettere in sesto il suo gruppo. Sono combattenti che non si sentono sconfitti e credono in una missione di fede senza scadenze: uomini addestrati da mesi di guerra e pronti a tutto.
Non sono soltanto loro a fare paura. Alla ritirata dell'Isis si accompagna una nuova vitalità di Al Qaeda, mai scomparsa seppur afflitta negli scorsi anni da un calo di visibilità e di reclute. Con i soldati iracheni alle porte della moschea dove nel luglio del 2014 Abu Bakr Al Baghdadi proclamò la nascita del Califfato, oggi i militanti dell'organizzazione di Osama Bin Laden trovano più seguaci e si dimostrano sempre più attivi, sui campi di battaglia della Siria e della Libia, ma anche nelle cellule rimaste nascoste in Europa.
In questo contesto, l'Italia non è immune dai pericoli. Anzi, i vertici della sicurezza nazionale restano convinti che il terrorismo jihadista colpirà anche da noi. Non è fatalismo, ma l'analisi dei segnali aggiornata continuamente e che mostra aspiranti kamikaze privi di armi ma capaci di usare qualunque strumento per cercare di uccidere: un coltello, un auto, un camion.
Una minaccia che si cerca di contrastare ogni giorno. Ci sono ottomila soldati a presidiare piazze e monumenti; agli agenti è stato chiesto di girare sempre armati, anche quando sono fuori servizio. Misure che nascono dall'esperienza degli attacchi condotti sulle strade in Francia, in Germania, in Belgio. Soprattutto viene rafforzata l'attività di controllo sul territorio, a qualunque ora: quella vigilanza che ha permesso di individuare Anis Amri, il killer di Berlino bloccato durante un pattugliamento di routine a Sesto San Giovanni dopo avere attraversato indisturbato quattro Paesi.
La preoccupazione non riguarda solo il rischio di attentati: le valutazioni dell'intelligence tengono conto pure del clima politico di questi mesi. Perché gli assalti dell'ultimo anno - che fossero opera di squadre organizzate o di lupi solitari - avevano un obiettivo politico: scatenare la reazione contro gli immigrati, spingendo così le comunità musulmane a radicalizzarsi.
In Francia nonostante le stragi di Parigi e Nizza questo non è accaduto e anche le autorità tedesche sono riuscite a contenere la xenofobia dopo il massacro del mercatino di Natale: non c'è stata la caccia allo straniero. È vero, in quelle nazioni la prova più importante saranno le prossime elezioni, al momento però i kamikaze hanno mancato il bersaglio più importante: davanti agli attacchi, l'Europa non ha rinunciato ai suoi valori democratici e non ha tradito i principi di solidarietà.
Ma se dovessero colpire da noi, come reagiremmo?
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Re: Gentiloni
LE DISAVVENTURE DER MOVIOLA
ARLECCHINO SERVITORE DI 2 PADRONI ERA UN SIGNOR NESSUNO………………..
28 mar 2017 11:42
MATTEO TEME COLPI DI TESTA DEL PREMIER SULLA MANOVRA E LO COSTRINGE AD ATTACCARE LA UE
– “ER MOVIOLA” SPINTO A DIRE A BRUXELLES CHE VUOLE UNO SCONTO DI 10 MILIARDI. SE GENTILONI CAMBIA IDEA RISCHIA LA POLTRONA
– L’ORDINE DEL DUCETTO: VIETATO PARLARE DI TASSE ALLA VIGILIA DELLE PRIMARIE
Alessandro Barbera e Fabio Martini per la Stampa
Oramai ci siamo. Le prime, vere Forche Caudine del governo Gentiloni si stanno avvicinando: mancano due settimane alla presentazione in Parlamento del Documento di economia e finanza, che prefigurerà la mega-manovra autunnale per il 2018, e il presidente del Consiglio ha cominciato a calare le sue carte. E lo ha fatto, tenendo conto del pressing di colui che quasi certamente sarà confermato segretario del Pd: Matteo Renzi e che in vista delle elezioni del 2018 non vuole mettere la "faccia" su misure impopolari.
Parlando ai presidenti delle Regioni, Paolo Gentiloni ha detto: «Ci sono norme e vincoli europei che non dobbiamo dare per intoccabili, c' è un margine di negoziato. Certamente da qui all'autunno la discussione con Bruxelles sarà aperta e potrà produrre risultati, sapendo che da un lato dobbiamo mantenere gli equilibri, dall' altro dobbiamo ottenere una cornice europea più realistica».
Lessico gentiloniano, ma sostanza "renziana": cara Bruxelles ci prepariamo ad un lungo e duro negoziato per strappare nuova e necessaria flessibilità. A Bruxelles la discussione è aperta, e non da oggi, ma il governo italiano - questa è l'inconfessabile scommessa - immagina che un vero scongelamento della "dottrina" dell' austerity sia destinato a concretizzarsi nel caso in cui le elezioni in Francia e Germania dovessero confermare la leadership delle forze europeiste. A quel punto - concordano in via informale Gentiloni, Padoan e Renzi - sono destinati ad aprirsi margini, di entità al momento imponderabile, ma tali da consentire una manovra che non strozzi in culla i primi sintomi di ripresina italiana.
Ecco perché Gentiloni proietta il "redde rationem" all' autunno, ben sapendo però che prima di allora si preparano passaggi molto delicati. Arrivare all' autunno - confidano a palazzo Chigi - non sarà una passeggiata di salute. Ma invece una "via crucis" in tre stazioni di passione. Il primo passaggio è quello del Def (10 aprile). Il secondo è la correzione di bilancio da 3,4 miliardi (in realtà un miliardo sarà scomputato per il terremoto), da "calare" dopo Pasqua e il terzo è la preparazione della manovra per il 2018, la cui entità è ancora tutta da determinare.
Passaggi sui quali Matteo Renzi, dopo i primi congressi di Circolo del Pd, sentendosi di nuovo l' azionista di maggioranza del governo, ha chiesto una correzione di bilancio senza aumenti di imposte dirette o indirette, anche perché - ha avvisato l' ex premier - la "manovrina" dovrà essere presentata in Parlamento attorno al 20 aprile e una decina di giorni prima delle Primarie del Pd è "vietato" rendere malmostosi gli elettori. Ma prima ancora della "manovrina" arriverà il Def, sul quale Renzi ha chiesto garanzie precise: si può arrivare a fine legislatura - ha spiegato - «se eviteremo di parlarci addosso» e «sarebbe un errore politico aumentare l' Iva».
Ecco perché, dopo il pressing renziano, nel Def dovrebbe restare fuori il rialzo dell' Iva nel 2018 e invece compreso un quasi obbligo di fatturazione elettronica, misura destinata a rendere plastica - e subito esigibile - l' azione anti-evasione del governo. E soprattutto dovrebbe essere previsto un deficit nominale all' 1,8%, dunque più alto rispetto all' 1,2% già promesso a Bruxelles con le tabelle dello scorso anno, ma comunque di nuovo in calo rispetto all' attuale 2,2%.
Un marchingegno capace di recuperare circa 10 miliardi di flessibilità che però la Commissione concederà solo in cambio di impegni precisi sulle riforme: il via libera alla legge sulla Concorrenza, nuove privatizzazioni, maggiore impegno sul fronte produttività. Se si evitasse in autunno una legge di Bilancio troppo pesante, potrebbe sfumare la tentazione di elezioni anticipate in giugno o in settembre: in pubblico Renzi continua a traguardare la legislatura alla scadenza naturale e in privato confida che «sarà molto difficile andare ad elezioni anticipate», soprattutto per la volontà del Capo dello Stato, contrario a pericolosi "vuoti d'aria". L' unica incognita che Renzi contempla non riguarda il Pd: «Certo, davanti ad un serio incidente parlamentare provocato da altri...».
DOMANDA:
PERCHE' PINOCCHIO MUSSOLONI AVREBBE ANCORA COSI' TANTO POTERE???????????????????????????????????????????????????????
ARLECCHINO SERVITORE DI 2 PADRONI ERA UN SIGNOR NESSUNO………………..
28 mar 2017 11:42
MATTEO TEME COLPI DI TESTA DEL PREMIER SULLA MANOVRA E LO COSTRINGE AD ATTACCARE LA UE
– “ER MOVIOLA” SPINTO A DIRE A BRUXELLES CHE VUOLE UNO SCONTO DI 10 MILIARDI. SE GENTILONI CAMBIA IDEA RISCHIA LA POLTRONA
– L’ORDINE DEL DUCETTO: VIETATO PARLARE DI TASSE ALLA VIGILIA DELLE PRIMARIE
Alessandro Barbera e Fabio Martini per la Stampa
Oramai ci siamo. Le prime, vere Forche Caudine del governo Gentiloni si stanno avvicinando: mancano due settimane alla presentazione in Parlamento del Documento di economia e finanza, che prefigurerà la mega-manovra autunnale per il 2018, e il presidente del Consiglio ha cominciato a calare le sue carte. E lo ha fatto, tenendo conto del pressing di colui che quasi certamente sarà confermato segretario del Pd: Matteo Renzi e che in vista delle elezioni del 2018 non vuole mettere la "faccia" su misure impopolari.
Parlando ai presidenti delle Regioni, Paolo Gentiloni ha detto: «Ci sono norme e vincoli europei che non dobbiamo dare per intoccabili, c' è un margine di negoziato. Certamente da qui all'autunno la discussione con Bruxelles sarà aperta e potrà produrre risultati, sapendo che da un lato dobbiamo mantenere gli equilibri, dall' altro dobbiamo ottenere una cornice europea più realistica».
Lessico gentiloniano, ma sostanza "renziana": cara Bruxelles ci prepariamo ad un lungo e duro negoziato per strappare nuova e necessaria flessibilità. A Bruxelles la discussione è aperta, e non da oggi, ma il governo italiano - questa è l'inconfessabile scommessa - immagina che un vero scongelamento della "dottrina" dell' austerity sia destinato a concretizzarsi nel caso in cui le elezioni in Francia e Germania dovessero confermare la leadership delle forze europeiste. A quel punto - concordano in via informale Gentiloni, Padoan e Renzi - sono destinati ad aprirsi margini, di entità al momento imponderabile, ma tali da consentire una manovra che non strozzi in culla i primi sintomi di ripresina italiana.
Ecco perché Gentiloni proietta il "redde rationem" all' autunno, ben sapendo però che prima di allora si preparano passaggi molto delicati. Arrivare all' autunno - confidano a palazzo Chigi - non sarà una passeggiata di salute. Ma invece una "via crucis" in tre stazioni di passione. Il primo passaggio è quello del Def (10 aprile). Il secondo è la correzione di bilancio da 3,4 miliardi (in realtà un miliardo sarà scomputato per il terremoto), da "calare" dopo Pasqua e il terzo è la preparazione della manovra per il 2018, la cui entità è ancora tutta da determinare.
Passaggi sui quali Matteo Renzi, dopo i primi congressi di Circolo del Pd, sentendosi di nuovo l' azionista di maggioranza del governo, ha chiesto una correzione di bilancio senza aumenti di imposte dirette o indirette, anche perché - ha avvisato l' ex premier - la "manovrina" dovrà essere presentata in Parlamento attorno al 20 aprile e una decina di giorni prima delle Primarie del Pd è "vietato" rendere malmostosi gli elettori. Ma prima ancora della "manovrina" arriverà il Def, sul quale Renzi ha chiesto garanzie precise: si può arrivare a fine legislatura - ha spiegato - «se eviteremo di parlarci addosso» e «sarebbe un errore politico aumentare l' Iva».
Ecco perché, dopo il pressing renziano, nel Def dovrebbe restare fuori il rialzo dell' Iva nel 2018 e invece compreso un quasi obbligo di fatturazione elettronica, misura destinata a rendere plastica - e subito esigibile - l' azione anti-evasione del governo. E soprattutto dovrebbe essere previsto un deficit nominale all' 1,8%, dunque più alto rispetto all' 1,2% già promesso a Bruxelles con le tabelle dello scorso anno, ma comunque di nuovo in calo rispetto all' attuale 2,2%.
Un marchingegno capace di recuperare circa 10 miliardi di flessibilità che però la Commissione concederà solo in cambio di impegni precisi sulle riforme: il via libera alla legge sulla Concorrenza, nuove privatizzazioni, maggiore impegno sul fronte produttività. Se si evitasse in autunno una legge di Bilancio troppo pesante, potrebbe sfumare la tentazione di elezioni anticipate in giugno o in settembre: in pubblico Renzi continua a traguardare la legislatura alla scadenza naturale e in privato confida che «sarà molto difficile andare ad elezioni anticipate», soprattutto per la volontà del Capo dello Stato, contrario a pericolosi "vuoti d'aria". L' unica incognita che Renzi contempla non riguarda il Pd: «Certo, davanti ad un serio incidente parlamentare provocato da altri...».
DOMANDA:
PERCHE' PINOCCHIO MUSSOLONI AVREBBE ANCORA COSI' TANTO POTERE???????????????????????????????????????????????????????
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Re: Gentiloni
UN ALTRO GENTILONI PASSERA’ ALLA STORIA??????
Patto Gentiloni
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
La locuzione «patto Gentiloni», appartenente al gergo politico giornalistico italiano, indica un accordo politico informale (mai messo per iscritto) intervenuto tra i liberali di Giovanni Giolitti e l'Unione Elettorale Cattolica Italiana (U.E.C.I.), presieduta dal Conte Vincenzo Ottorino Gentiloni (da cui prese il nome), in vista delle elezioni politiche del 1913.
Antefatti[modifica | modifica wikitesto]
Agli inizi del XX secolo erano ancora valide, nel mondo cattolico, le dichiarazioni di papa Pio IX (1846-1878) sulla "non convenienza" (non expedit) della partecipazione dei fedeli all'attività politica del Regno d'Italia. Ma l'ambiente delle associazioni laiche era in costante movimento. All'interno dell'Opera dei Congressi, la principale associazione cattolica italiana, divenne egemone il gruppo di don Romolo Murri, che sosteneva la necessità di preferire l'accordo tattico con i socialisti piuttosto che appoggiare i liberali. Nel 1904 papa Pio X (1903-1914) intervenne sciogliendo l'associazione (28 luglio).
Vincenzo Gentiloni e i cattolici vicini al suo orientamento si schieravano invece con la monarchia e con i liberali giolittiani per fermare l'avanzata socialista, marxista e anarchica. Tale orientamento, volto a preservare il patrimonio di valori tradizionali del mondo cattolico, era condiviso anche da Pio X, che nel decreto Lamentabili Sane Exitu nel 1907 aveva condannato 65 proposizioni moderniste e subito dopo aveva comminato la "scomunica" del modernismo nell'enciclica Pascendi Dominici gregis.
Nel 1909 Pio X promosse la creazione dell'Unione Elettorale Cattolica Italiana (UECI), un'associazione laicale con il compito di indirizzare i cattolici italiani impegnati nell'agone politico. Il pontefice pose il Conte Gentiloni alla direzione dell'organismo. Il primo banco di prova della collaborazione tra UECI e moderati si ebbe in occasione delle elezioni politiche di quell'anno. Diversi cattolici si candidarono nelle liste liberali. L'esito fu positivo: furono eletti 21 "deputati cattolici" nelle liste di Giolitti [1].
Nel 1913 l'esperimento divenne una prassi, sancita dal cosiddetto «Patto Gentiloni».
CONTINUA
Patto Gentiloni
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La locuzione «patto Gentiloni», appartenente al gergo politico giornalistico italiano, indica un accordo politico informale (mai messo per iscritto) intervenuto tra i liberali di Giovanni Giolitti e l'Unione Elettorale Cattolica Italiana (U.E.C.I.), presieduta dal Conte Vincenzo Ottorino Gentiloni (da cui prese il nome), in vista delle elezioni politiche del 1913.
Antefatti[modifica | modifica wikitesto]
Agli inizi del XX secolo erano ancora valide, nel mondo cattolico, le dichiarazioni di papa Pio IX (1846-1878) sulla "non convenienza" (non expedit) della partecipazione dei fedeli all'attività politica del Regno d'Italia. Ma l'ambiente delle associazioni laiche era in costante movimento. All'interno dell'Opera dei Congressi, la principale associazione cattolica italiana, divenne egemone il gruppo di don Romolo Murri, che sosteneva la necessità di preferire l'accordo tattico con i socialisti piuttosto che appoggiare i liberali. Nel 1904 papa Pio X (1903-1914) intervenne sciogliendo l'associazione (28 luglio).
Vincenzo Gentiloni e i cattolici vicini al suo orientamento si schieravano invece con la monarchia e con i liberali giolittiani per fermare l'avanzata socialista, marxista e anarchica. Tale orientamento, volto a preservare il patrimonio di valori tradizionali del mondo cattolico, era condiviso anche da Pio X, che nel decreto Lamentabili Sane Exitu nel 1907 aveva condannato 65 proposizioni moderniste e subito dopo aveva comminato la "scomunica" del modernismo nell'enciclica Pascendi Dominici gregis.
Nel 1909 Pio X promosse la creazione dell'Unione Elettorale Cattolica Italiana (UECI), un'associazione laicale con il compito di indirizzare i cattolici italiani impegnati nell'agone politico. Il pontefice pose il Conte Gentiloni alla direzione dell'organismo. Il primo banco di prova della collaborazione tra UECI e moderati si ebbe in occasione delle elezioni politiche di quell'anno. Diversi cattolici si candidarono nelle liste liberali. L'esito fu positivo: furono eletti 21 "deputati cattolici" nelle liste di Giolitti [1].
Nel 1913 l'esperimento divenne una prassi, sancita dal cosiddetto «Patto Gentiloni».
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Re: Gentiloni
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Il potere, sia quello di primo livello, che sta dall’altra parte dello Atlantico, che quello di secondo livello (quello nazionale) dopo il flop piuttosto consistente del 4 dicembre 2016, è corso ai ripari, anche con una certa intelligenza.
Non erano ancora maturi i tempi in cui gli italici potevano credere alle balle di un nuovo Benito Mussolini.
Anche perché Pinocchio Mussoloni, nella foga di bruciare le tappe aveva esagerato a dismisura nella sua recita, con l’intenzione di voler diventare il nuovo duce.
Gli italiani che ci capivano poco del contenuto del testo del referendum, invece, sono andati a votare per cacciarlo.
Il potere, di fronte a questa sonora sconfitta, ha reagito con intelligenza mettendo alla guida della nazione non chi potesse essere in grado di fronteggiare il basso livello a cui è arrivata l’Italia, ma ha piazzato un’anestetico per placare gli animi esasperati dal fare e il dire di Pinocchio Mussoloni.
E’ questo efficace anestetico, è il pronipote del conte Vittorio Ottaviano Gentiloni. Il conte Paolo.
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Il potere, sia quello di primo livello, che sta dall’altra parte dello Atlantico, che quello di secondo livello (quello nazionale) dopo il flop piuttosto consistente del 4 dicembre 2016, è corso ai ripari, anche con una certa intelligenza.
Non erano ancora maturi i tempi in cui gli italici potevano credere alle balle di un nuovo Benito Mussolini.
Anche perché Pinocchio Mussoloni, nella foga di bruciare le tappe aveva esagerato a dismisura nella sua recita, con l’intenzione di voler diventare il nuovo duce.
Gli italiani che ci capivano poco del contenuto del testo del referendum, invece, sono andati a votare per cacciarlo.
Il potere, di fronte a questa sonora sconfitta, ha reagito con intelligenza mettendo alla guida della nazione non chi potesse essere in grado di fronteggiare il basso livello a cui è arrivata l’Italia, ma ha piazzato un’anestetico per placare gli animi esasperati dal fare e il dire di Pinocchio Mussoloni.
E’ questo efficace anestetico, è il pronipote del conte Vittorio Ottaviano Gentiloni. Il conte Paolo.
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Re: Gentiloni
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Il potere, sia quello di primo livello, che sta dall’altra parte dello Atlantico, che quello di secondo livello (quello nazionale) dopo il flop piuttosto consistente del 4 dicembre 2016, è corso ai ripari, anche con una certa intelligenza.
Non erano ancora maturi i tempi in cui gli italici potevano credere alle balle di un nuovo Benito Mussolini.
Anche perché Pinocchio Mussoloni, nella foga di bruciare le tappe aveva esagerato a dismisura nella sua recita, con l’intenzione di voler diventare il nuovo duce.
Gli italiani che ci capivano poco del contenuto del testo del referendum, invece, sono andati a votare per cacciarlo.
Il potere, di fronte a questa sonora sconfitta, ha reagito con intelligenza mettendo alla guida della nazione non chi potesse essere in grado di fronteggiare il basso livello a cui è arrivata l’Italia, ma ha piazzato un’anestetico per placare gli animi esasperati dal fare e il dire di Pinocchio Mussoloni.
E’ questo efficace anestetico, è il pronipote del conte Vittorio Ottaviano Gentiloni. Il conte Paolo.
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Er sor conte Paolo, che alcuni chiamano ER MOVIOLA, ed altri ER SUGERO perché galleggia bene, pensa sempre di essere sui campi di sci come a vent’anni quando andava a Cortina.
Infatti, pratica con disinvoltura lo slalom, non accorgendosi, con il fidato Minniti, di essere seduto su una polveriera che prima o poi esploderà.
Emanuele Morganti, uno dei legali rinuncia: “Troppi colleghi minacciati o malmenati”. I fermati in isolamento
di F. Q. | 29 marzo 2017
Cronaca
di F. Q. | 29 marzo 2017
1
• 78
•
•
Più informazioni su: Frosinone
L’avvocato Tony Ceccarelli, legale di Mario Castagnacci, uno dei fratellastri accusati di aver pestato a morte Emanuele Morganti ad Alatri, ha deciso di rinunciare all’incarico. “E’ stata una decisione autonoma, presa senza alcuna pressione”, sottolinea il legale. “Lo dico – specifica – perché in questi giorni sono stati molti i colleghi, anche di indagati più marginali, che sono stati minacciati e malmenati”. Intanto Castagnacci e Paolo Palmisani, i due ragazzi fermati per l’omicidio, sono stati posti in regime di isolamento nel carcere romano di Regina Coeli. La decisione è stata presa per il rischio di ritorsioni e minacce nei confronti dei due ragazzi da parte di altri detenuti.
Stasera è in programma ad Alatri una fiaccolata in memoria di Emanuele, il ventenne pestato la scorsa settimana davanti a un locale e morto dopo due giorni di agonia. “La fiaccolata, organizzata dal Comune, è contro la violenza e l’indifferenza – spiega il sindaco Giuseppe Morini – hanno dato adesioni sindaci della zona e autorità religiose. Ci aspettiamo un migliaio di persone”. Partirà
di F. Q. | 29 marzo 2017
Il potere, sia quello di primo livello, che sta dall’altra parte dello Atlantico, che quello di secondo livello (quello nazionale) dopo il flop piuttosto consistente del 4 dicembre 2016, è corso ai ripari, anche con una certa intelligenza.
Non erano ancora maturi i tempi in cui gli italici potevano credere alle balle di un nuovo Benito Mussolini.
Anche perché Pinocchio Mussoloni, nella foga di bruciare le tappe aveva esagerato a dismisura nella sua recita, con l’intenzione di voler diventare il nuovo duce.
Gli italiani che ci capivano poco del contenuto del testo del referendum, invece, sono andati a votare per cacciarlo.
Il potere, di fronte a questa sonora sconfitta, ha reagito con intelligenza mettendo alla guida della nazione non chi potesse essere in grado di fronteggiare il basso livello a cui è arrivata l’Italia, ma ha piazzato un’anestetico per placare gli animi esasperati dal fare e il dire di Pinocchio Mussoloni.
E’ questo efficace anestetico, è il pronipote del conte Vittorio Ottaviano Gentiloni. Il conte Paolo.
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Er sor conte Paolo, che alcuni chiamano ER MOVIOLA, ed altri ER SUGERO perché galleggia bene, pensa sempre di essere sui campi di sci come a vent’anni quando andava a Cortina.
Infatti, pratica con disinvoltura lo slalom, non accorgendosi, con il fidato Minniti, di essere seduto su una polveriera che prima o poi esploderà.
Emanuele Morganti, uno dei legali rinuncia: “Troppi colleghi minacciati o malmenati”. I fermati in isolamento
di F. Q. | 29 marzo 2017
Cronaca
di F. Q. | 29 marzo 2017
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L’avvocato Tony Ceccarelli, legale di Mario Castagnacci, uno dei fratellastri accusati di aver pestato a morte Emanuele Morganti ad Alatri, ha deciso di rinunciare all’incarico. “E’ stata una decisione autonoma, presa senza alcuna pressione”, sottolinea il legale. “Lo dico – specifica – perché in questi giorni sono stati molti i colleghi, anche di indagati più marginali, che sono stati minacciati e malmenati”. Intanto Castagnacci e Paolo Palmisani, i due ragazzi fermati per l’omicidio, sono stati posti in regime di isolamento nel carcere romano di Regina Coeli. La decisione è stata presa per il rischio di ritorsioni e minacce nei confronti dei due ragazzi da parte di altri detenuti.
Stasera è in programma ad Alatri una fiaccolata in memoria di Emanuele, il ventenne pestato la scorsa settimana davanti a un locale e morto dopo due giorni di agonia. “La fiaccolata, organizzata dal Comune, è contro la violenza e l’indifferenza – spiega il sindaco Giuseppe Morini – hanno dato adesioni sindaci della zona e autorità religiose. Ci aspettiamo un migliaio di persone”. Partirà
di F. Q. | 29 marzo 2017
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Re: Gentiloni
IL DESTINO DER SOR CONTE PAOLO???????
30 mar 2017 12:45
RENZI ASPETTA LE ELEZIONI FRANCESI PER DECIDERE COSA FARE CON GENTILONI, SEMPRE PIÙ AUTONOMO E ALLEATO DEL QUIRINALE
- LA VERA IRRITAZIONE È CON CALENDA. IL CAZZONE È CERTO CHE VOGLIA METTERSI IN POLITICA CONTRO DI LUI. E FARÀ DI TUTTO PER SCREDITARLO -
DAGONEWS
Renzi si tiene le mani libere fino alle primarie. Ha chiesto a Padoan di forzare la UE per ottenere di presentare la manovra dopo. Per ora senza risultati. Renzi, sicuro di tornare a essere segretario al primo turno, aspetta le elezioni francesi per decidere cosa fare con Gentiloni. Lui vede Gentiloni sempre più autonomo e alleato del Quirinale. Quindi per ora bastone e carota. La vera irritazione è con Calenda. Renzi è certo che voglia mettersi in politica contro di lui. E farà di tutto per screditarlo.
30 mar 2017 12:45
RENZI ASPETTA LE ELEZIONI FRANCESI PER DECIDERE COSA FARE CON GENTILONI, SEMPRE PIÙ AUTONOMO E ALLEATO DEL QUIRINALE
- LA VERA IRRITAZIONE È CON CALENDA. IL CAZZONE È CERTO CHE VOGLIA METTERSI IN POLITICA CONTRO DI LUI. E FARÀ DI TUTTO PER SCREDITARLO -
DAGONEWS
Renzi si tiene le mani libere fino alle primarie. Ha chiesto a Padoan di forzare la UE per ottenere di presentare la manovra dopo. Per ora senza risultati. Renzi, sicuro di tornare a essere segretario al primo turno, aspetta le elezioni francesi per decidere cosa fare con Gentiloni. Lui vede Gentiloni sempre più autonomo e alleato del Quirinale. Quindi per ora bastone e carota. La vera irritazione è con Calenda. Renzi è certo che voglia mettersi in politica contro di lui. E farà di tutto per screditarlo.
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Re: Gentiloni
...IL CONTE PAOLO APPLICA ALLA LETTERA IL RICHIAMO DI BORRELLI.
RESISTERE,..RESISTERE,..RESISTERE..
DOPO I CASI: LOTTI, POLETTI, E ADESSO "AVE MADIA"
ER SOR CONTE TIRA DIRITTO COME SE NIENTE FOSSE SUCCESSO.
Madia, ora anche l’appello di Libertà e Giustizia
‘Migliori la Pubblica amministrazione: si dimetta’
Dopo il caso della tesi copiata sollevato dal Fatto, l’appello firmato Settis, Zagrebelsky, Bonsanti e altri
Copiature anche negli articoli scientifici. L’Imt di Lucca ammette errori, ma non indaga
(di L. Margottini)
Politica
“Comportamento gravissimo e politicamente insostenibile. Ora la ministra Marianna Madia ha la possibilità di migliorare davvero la Pubblica Amministrazione: dimettendosi”. Libertà e Giustizia firma un appello, pubblicato sull’HuffingtonPost, per chiedere il passo indietro della ministra dopo l’inchiesta del Fatto sulla sua tesi di dottorato all’Imt di Lucca. A sostenerlo è il consiglio di presidenza: Bonsanti, Carlassare, De Monticelli, Ginsborg, Montanari, Pazè, Rubini, Settis, Urbinati, Zagrebelsky
di F. Q.
RESISTERE,..RESISTERE,..RESISTERE..
DOPO I CASI: LOTTI, POLETTI, E ADESSO "AVE MADIA"
ER SOR CONTE TIRA DIRITTO COME SE NIENTE FOSSE SUCCESSO.
Madia, ora anche l’appello di Libertà e Giustizia
‘Migliori la Pubblica amministrazione: si dimetta’
Dopo il caso della tesi copiata sollevato dal Fatto, l’appello firmato Settis, Zagrebelsky, Bonsanti e altri
Copiature anche negli articoli scientifici. L’Imt di Lucca ammette errori, ma non indaga
(di L. Margottini)
Politica
“Comportamento gravissimo e politicamente insostenibile. Ora la ministra Marianna Madia ha la possibilità di migliorare davvero la Pubblica Amministrazione: dimettendosi”. Libertà e Giustizia firma un appello, pubblicato sull’HuffingtonPost, per chiedere il passo indietro della ministra dopo l’inchiesta del Fatto sulla sua tesi di dottorato all’Imt di Lucca. A sostenerlo è il consiglio di presidenza: Bonsanti, Carlassare, De Monticelli, Ginsborg, Montanari, Pazè, Rubini, Settis, Urbinati, Zagrebelsky
di F. Q.
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