Diario della caduta di un regime.
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Re: Diario della caduta di un regime.
TORRISI, IL MIGLIOR SPONSOR PER LA COLLA:
ATTAK POL (Attak per incollarsi alle poltrone)
IL NEOELETTO TORRISI: “ALFANO MI CHIEDE DI RINUNCIARE? MANCO NEL PARTITO COMUNISTA SOVIETICO”
da F.Q.
ATTAK POL (Attak per incollarsi alle poltrone)
IL NEOELETTO TORRISI: “ALFANO MI CHIEDE DI RINUNCIARE? MANCO NEL PARTITO COMUNISTA SOVIETICO”
da F.Q.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Sul Palazzo della Civilta' del lavoro A Roma Eur campeggia una frase che Mussolini pronunciò in un discorso del 1935 all'inizio della conquista dell'Etiopia parlando del popolo italiano apportatore di civilta' nei secoli a tutto il mondo ma allora avversato, nelle sue vitali aspirazioni per uno sfogo alle sua braccia sovrabbondanti ,dalle Nazioni ricchissime che gia' ci avevano maltrattato dopo la prima guerra mondiale "lasciando a noi solo le briciole del ricco bottino coloniale altrui ".
SIAMO UN POPOLO DI EROI, DI POETI, DI SANTI E NAVIGATORI.
Adesso, dovrà essere aggiunto anche:
DI RANE BOLLITE
Inizia così l’articolo di Massimo Fini, a pagina 7 del Fatto Quotidiano tra poco in edicola:
Io mi auguro che Silvio Berlusconi possa presentarsi alle prossime elezioni politiche e le vinca. Un premier pregiudicato, “delinquente naturale”come l’ha definito il Tribunale di Milano, darebbe l’esatta fotografia, all’interno e all’esterno, di cos’è diventato realmente il nostro Paese. Dove sono corrotti tutti. Politici, amministratori, funzionari pubblici, militari, finanzieri, cooperative, imprenditori, grandi, medi e piccoli, giornalisti, avvocati, magistrati e anche coloro che dovrebbero controllare il malaffare e che invece ne fanno parte, vescovi, arcivescovi, preti e le varie emanazioni del Vaticano.
SIAMO UN POPOLO DI EROI, DI POETI, DI SANTI E NAVIGATORI.
Adesso, dovrà essere aggiunto anche:
DI RANE BOLLITE
Inizia così l’articolo di Massimo Fini, a pagina 7 del Fatto Quotidiano tra poco in edicola:
Io mi auguro che Silvio Berlusconi possa presentarsi alle prossime elezioni politiche e le vinca. Un premier pregiudicato, “delinquente naturale”come l’ha definito il Tribunale di Milano, darebbe l’esatta fotografia, all’interno e all’esterno, di cos’è diventato realmente il nostro Paese. Dove sono corrotti tutti. Politici, amministratori, funzionari pubblici, militari, finanzieri, cooperative, imprenditori, grandi, medi e piccoli, giornalisti, avvocati, magistrati e anche coloro che dovrebbero controllare il malaffare e che invece ne fanno parte, vescovi, arcivescovi, preti e le varie emanazioni del Vaticano.
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Re: Diario della caduta di un regime.
MENTRE IL MONDO STA ANDANDO A RAMENGO, NEL BEL PAESE SPUNTANO LE SCIE COMICHE, TANTO PER ESSERE FEDELI ALLA TRAGICOMMEDIA ALL’ITALIANA.
Dall’Espresso oggi in edicola.
PRIMA PAGINA Le mosse del Cavaliere
Caimano
is back
Unire il centrodestra
Ma anche proporsi
Come indispensabile
alleato del Pd. Con
due schemi di gioco
Berlusconi prepara il
suo ennesimo ritorno
di Marco Damilano
CONTINUA
Dall’Espresso oggi in edicola.
PRIMA PAGINA Le mosse del Cavaliere
Caimano
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Unire il centrodestra
Ma anche proporsi
Come indispensabile
alleato del Pd. Con
due schemi di gioco
Berlusconi prepara il
suo ennesimo ritorno
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CONTINUA
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Re: Diario della caduta di un regime.
Termina così in altro 3D, erding su altra materia.
Come se ne esce??
http://forumisti.mondoforum.com/viewtop ... 557#p49652
In tutti settori della vita italiana, quando si fanno approfondimenti, si arriva sempre alla stessa conclusione di erding, Come se ne esce??
Già, Come se ne esce??
E allora in prima battuta dobbiamo ricorrere al famoso motto di Gino Bartali:
L’E’ TUTTO SBAGLIATO, L’E’ TUTTO DA RIFARE
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Massoni al potere? Magaldi: chiedete a Monti e Napolitano
Scritto il 10/4/17 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
«Dal punto di vista giuridico, ha detto bene il gran maestro del Grande Oriente d’Italia, Stefano Bisi: non si capisce perché la commissione antimafia pretenda gli elenchi degli iscritti al Goi e non anche quelli dei partiti o dei sindacati.
Sono tutte associazioni legali.
E lo Stato di diritto, che si vuole garantire con la lotta alla mafia, si tutela anche con il rispetto della privacy di chi – i massoni ordinari e per lo più inoffensivi – troppo spesso in Italia sono stati oggetto di demonizzazione e caccia alle streghe».
Così Gioele Magaldi, leader del Grande Oriente Democratico, interpellato da Fabrizio Caccia del “Corriere della Sera” sulla polemica tra la massoneria italiana e Rosy Bindi, che Magaldi – presidente del Movimento Roosevelt – accusa di guidare una «caccia alle streghe antimassonica» col pretesto della lotta alla mafia.
«I mafiosi, peraltro, si possono annidare anche in organizzazioni religiose, cui però non si chiedono liste».
Magaldi contrattacca: se proprio vuole saperne di più, riguardo ad affiliazioni massoniche, perché la Bindi non si rivolge a Monti e Napolitano?
«Inviterei Rosy Bindi a chiedere conto al senatore a vita Mario Monti e all’ex presidente Giorgio Napolitano delle influenze nefaste che le loro rispettive superlogge di appartenenza,
“Babel Tower” e “Three Eyes”, hanno avuto sulla vita istituzionale e socio-economica dell’Italia», dichiara Magaldi, che chiede alla commissione antimafia di acquisire, agli atti, il suo libro “Massoni, società a responsabilità illimitata” (Chiarelettere), nel quale rivela il ruolo di 36 Ur-Lodges internazionali (logge madri) indicate come “grandi manovratrici” delle maggiori trame di potere, in tutti i paesi, fino al pesante condizionamento dei governi, incluso quello italiano.
«Senatori (Laura Bottici in particolare) e deputati M5S hanno presentato interrogazioni parlamentari sugli inquietanti legami massonici sovranazionali di ispirazione neoaristocratica che hanno ispirato l’incarico di governo dato dal “fratello” Napolitano al “fratello” Monti nel 2011, inaugurando uno degli esecutivi più rovinosi della storia della repubblica», dichiara Magaldi al giornalista del “Corriere”.
In Italia, ricorda Magaldi, le principali comunioni massoniche sono il Goi, la Gran Loggia d’Italia, la Gran Loggia Regolare d’Italia e la Camea, «guidata dal mio fraterno amico Roberto Luongo».
Poi, aggiunge, vi sono una moltitudine di comunioni (obbedienze) minori, per un totale di qualche decina di migliaia di massoni “ordinari”.
«Ma, in Italia, come altrove – precisa Magaldi – a contare davvero non sono più queste comunioni (federazioni di logge su base nazionale), bensì le reti delle superlogge sovranazionali (Ur-Lodges)», a cui è dedicato l’esplosivo saggio uscito a fine 2014, in uscita in Spagna e in via di pubblicazione anche in inglese, francese, tedesco, russo, cinese e arabo.
Magaldi, che nel suo libro ha “messo in piazza” i nomi dei massimi responsabili della svolta autoritaria e “neo-aristocratica” della politica internazionale, dominata da un’élite super-massonica “reazionaria”, denuncia al tempo stesso «i pregiudizi italioti verso la massoneria», e nel suo libro ricorda che «i massoni delle reti sovranazionali», in passato, hanno «costruito la contemporaneità, le società aperte, libere e democratiche, laiche, tolleranti e fondate sullo Stato di diritto».
I giornali cadono dalle nuvole, quando si parla di massoneria di potere?
«Li invito alla lettura del mio libro – conclude Magaldi – il cui sottotitolo “Società a responsabilità illimitata” lascia intuire qualcosa su cui i media faranno bene a riflettere con minore superficialità di quella adottata sinora».
Come se ne esce??
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In tutti settori della vita italiana, quando si fanno approfondimenti, si arriva sempre alla stessa conclusione di erding, Come se ne esce??
Già, Come se ne esce??
E allora in prima battuta dobbiamo ricorrere al famoso motto di Gino Bartali:
L’E’ TUTTO SBAGLIATO, L’E’ TUTTO DA RIFARE
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Massoni al potere? Magaldi: chiedete a Monti e Napolitano
Scritto il 10/4/17 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
«Dal punto di vista giuridico, ha detto bene il gran maestro del Grande Oriente d’Italia, Stefano Bisi: non si capisce perché la commissione antimafia pretenda gli elenchi degli iscritti al Goi e non anche quelli dei partiti o dei sindacati.
Sono tutte associazioni legali.
E lo Stato di diritto, che si vuole garantire con la lotta alla mafia, si tutela anche con il rispetto della privacy di chi – i massoni ordinari e per lo più inoffensivi – troppo spesso in Italia sono stati oggetto di demonizzazione e caccia alle streghe».
Così Gioele Magaldi, leader del Grande Oriente Democratico, interpellato da Fabrizio Caccia del “Corriere della Sera” sulla polemica tra la massoneria italiana e Rosy Bindi, che Magaldi – presidente del Movimento Roosevelt – accusa di guidare una «caccia alle streghe antimassonica» col pretesto della lotta alla mafia.
«I mafiosi, peraltro, si possono annidare anche in organizzazioni religiose, cui però non si chiedono liste».
Magaldi contrattacca: se proprio vuole saperne di più, riguardo ad affiliazioni massoniche, perché la Bindi non si rivolge a Monti e Napolitano?
«Inviterei Rosy Bindi a chiedere conto al senatore a vita Mario Monti e all’ex presidente Giorgio Napolitano delle influenze nefaste che le loro rispettive superlogge di appartenenza,
“Babel Tower” e “Three Eyes”, hanno avuto sulla vita istituzionale e socio-economica dell’Italia», dichiara Magaldi, che chiede alla commissione antimafia di acquisire, agli atti, il suo libro “Massoni, società a responsabilità illimitata” (Chiarelettere), nel quale rivela il ruolo di 36 Ur-Lodges internazionali (logge madri) indicate come “grandi manovratrici” delle maggiori trame di potere, in tutti i paesi, fino al pesante condizionamento dei governi, incluso quello italiano.
«Senatori (Laura Bottici in particolare) e deputati M5S hanno presentato interrogazioni parlamentari sugli inquietanti legami massonici sovranazionali di ispirazione neoaristocratica che hanno ispirato l’incarico di governo dato dal “fratello” Napolitano al “fratello” Monti nel 2011, inaugurando uno degli esecutivi più rovinosi della storia della repubblica», dichiara Magaldi al giornalista del “Corriere”.
In Italia, ricorda Magaldi, le principali comunioni massoniche sono il Goi, la Gran Loggia d’Italia, la Gran Loggia Regolare d’Italia e la Camea, «guidata dal mio fraterno amico Roberto Luongo».
Poi, aggiunge, vi sono una moltitudine di comunioni (obbedienze) minori, per un totale di qualche decina di migliaia di massoni “ordinari”.
«Ma, in Italia, come altrove – precisa Magaldi – a contare davvero non sono più queste comunioni (federazioni di logge su base nazionale), bensì le reti delle superlogge sovranazionali (Ur-Lodges)», a cui è dedicato l’esplosivo saggio uscito a fine 2014, in uscita in Spagna e in via di pubblicazione anche in inglese, francese, tedesco, russo, cinese e arabo.
Magaldi, che nel suo libro ha “messo in piazza” i nomi dei massimi responsabili della svolta autoritaria e “neo-aristocratica” della politica internazionale, dominata da un’élite super-massonica “reazionaria”, denuncia al tempo stesso «i pregiudizi italioti verso la massoneria», e nel suo libro ricorda che «i massoni delle reti sovranazionali», in passato, hanno «costruito la contemporaneità, le società aperte, libere e democratiche, laiche, tolleranti e fondate sullo Stato di diritto».
I giornali cadono dalle nuvole, quando si parla di massoneria di potere?
«Li invito alla lettura del mio libro – conclude Magaldi – il cui sottotitolo “Società a responsabilità illimitata” lascia intuire qualcosa su cui i media faranno bene a riflettere con minore superficialità di quella adottata sinora».
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Re: Diario della caduta di un regime.
Intervista integrale concessa dal Gran Maestro Gioele Magaldi al Corriere della Sera su perquisizioni e demonizzazioni antimassoniche propugnate da Rosy Bindi e dalla Commissione antimafia
Facciamo seguito a quanto illustrato in GOD diffida Rosy Bindi e la Commissione antimafia dal proseguire nella caccia alle streghe contro i massoni ‘peones’ delle Comunioni ordinarie e invita piuttosto ad indagare i livelli massonici sovranazionali neoaristocratici, che hanno devastato e devastano l’interesse pubblico e popolare mediante leggi costituzionali nefaste e attività bancarie verminose.
Caccia antimassonica alle Streghe di Rosy Bindi e Commissione antimafia: l’intervista di Gioele Magaldi al Corriere della Sera (pubblichiamo qui la versione breve, ma tra poche ore pubblicheremo quella integrale) e rendiamo pubblico, per la prima volta, il testo integrale dell’Intervista concessa dal Gran Maestro del GOD al giornalista Fabrizio Caccia, del Corriere della Sera.
Testo integrale che non è stato mai pubblicato, limitandosi, il suddetto Caccia, nel corpo dell’articolo
“Caccia agli elenchi degli iscritti. La mossa di Bindi agita i massoni”, articolo di Fabrizio Caccia per il Corriere della Sera (clicca per leggere),
a riportare queste sintetiche e incomplete valutazioni:
La privacy
Si mette sulla stessa lunghezza d’onda Gioele Magaldi, Gran maestro del Grande Oriente d’Italia Democratico, movimento massonico d’opinione, di natura più trasversale e sovranazionale: «Le comunioni massoniche sono tutte associazioni legali — obietta Magaldi, autore nel 2014 del libro Massoni società a responsabilità illimitata — e lo stato di diritto che si vuole garantire con la lotta alla mafia si tutela pure con il rispetto della privacy di chi troppo spesso in Italia è stato oggetto di demonizzazione e caccia alle streghe. I mafiosi, peraltro, si possono annidare anche in organizzazioni religiose, cui però non si chiedono liste...».
Invece, il testo delle dichiarazioni integrali rilasciate da Magaldi era il seguente e faceva seguito a queste domande, inviate per iscritto, da Fabrizio Caccia:
(FABRIZIO CACCIA) “Allora: viene prima il diritto alla privacy del massone o l’interesse dello Stato a sapere se negli elenchi si cela un mafioso?
E’ possibile dire quanti sono i massoni in Italia?
Quante obbedienze?
Si è prevenuti verso i massoni?
C’è una sorta di pregiudizio negativo o è colpa della troppa segretezza?
Guanti, grembiuli, squadra e compasso non sono un po’ superati?
(GIOELE MAGALDI): “Dal punto di vista giuridico, ha detto bene il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, Stefano Bisi: non si capisce perché la commissione antimafia pretenda gli elenchi degli iscritti al GOI e non anche quelli dei partiti o dei sindacati. Sono tutte associazioni legali e lo stato di diritto che si vuole garantire con la lotta alla mafia, si tutela anche con il rispetto della privacy di chi - i massoni ordinari e per lo più inoffensivi - troppo spesso in Italia sono stati oggetto di demonizzazione e caccia alle streghe.
I mafiosi, peraltro, si possono annidare anche in organizzazioni religiose, cui però non si chiedono liste.
Piuttosto, inviterei Rosy Bindi a chiedere conto al senatore a vita Mario Monti e all’ex presidente Giorgio Napolitano delle influenze nefaste che le loro rispettive superlogge di appartenenza “Babel Tower” e “Three Eyes” hanno avuto sulla vita istituzionale e socio-economica dell’Italia.
In effetti, citando esplicitamente e mettendo agli atti il mio libro “Massoni. Società a responsabilità illimitata. La scoperta delle Ur-Lodges, Chiarelettere, senatori (Laura Bottici in particolare) e deputati M5S hanno presentato interrogazioni parlamentari sugli inquietanti legami massonici sovranazionali di ispirazione neoaristocratica che hanno ispirato l’incarico di governo dato dal ‘fratello’ Napolitano al ‘fratello’ Monti nel 2011, inaugurando uno degli esecutivi più rovinosi della storia della repubblica.
Le principali Comunioni massoniche in Italia sono il GOI, la Gran Loggia d’Italia, la Gran Loggia Regolare d’Italia e la Camea, guidata dal mio fraterno amico Roberto Luongo.
Poi vi sono una moltitudine di Comunioni/Obbedienze minori, per un totale di qualche decina di migliaia di massoni ‘ordinari’.
Ma, in Italia, come altrove, a contare davvero non sono più queste Comunioni (federazioni di logge su base nazionale), bensì le reti delle superlogge sovranazionali (Ur-Lodges). Di tali reti ho parlato nel best-seller “Massoni”, edito nel novembre 2014 in Italia, che il 7 febbraio 2017 verrà pubblicato in traduzione spagnola da Kailas Editorial e in via di pubblicazione anche in lingua francese, inglese, tedesca, russa, cinese, araba, ecc.
Per capire la natura e le ragioni storiche dei pregiudizi italioti verso la Massoneria e soprattutto per comprendere come i massoni delle reti sovranazionali abbiano costruito la contemporaneità, le società aperte, libere, democratiche, laiche, tolleranti e fondate sullo stato di diritto, oltre che l’attuale società globalizzata (nel bene e nel male), e infine per capire come il back o high-office del potere globale sia tuttora costitutivamente massonico, invito alla lettura di “Massoni”, il cui sottotitolo “Società a responsabilità illimitata” lascia intuire qualcosa su cui i media faranno bene a riflettere con minore superficialità di quella adottata sinora”.
Facciamo seguito a quanto illustrato in GOD diffida Rosy Bindi e la Commissione antimafia dal proseguire nella caccia alle streghe contro i massoni ‘peones’ delle Comunioni ordinarie e invita piuttosto ad indagare i livelli massonici sovranazionali neoaristocratici, che hanno devastato e devastano l’interesse pubblico e popolare mediante leggi costituzionali nefaste e attività bancarie verminose.
Caccia antimassonica alle Streghe di Rosy Bindi e Commissione antimafia: l’intervista di Gioele Magaldi al Corriere della Sera (pubblichiamo qui la versione breve, ma tra poche ore pubblicheremo quella integrale) e rendiamo pubblico, per la prima volta, il testo integrale dell’Intervista concessa dal Gran Maestro del GOD al giornalista Fabrizio Caccia, del Corriere della Sera.
Testo integrale che non è stato mai pubblicato, limitandosi, il suddetto Caccia, nel corpo dell’articolo
“Caccia agli elenchi degli iscritti. La mossa di Bindi agita i massoni”, articolo di Fabrizio Caccia per il Corriere della Sera (clicca per leggere),
a riportare queste sintetiche e incomplete valutazioni:
La privacy
Si mette sulla stessa lunghezza d’onda Gioele Magaldi, Gran maestro del Grande Oriente d’Italia Democratico, movimento massonico d’opinione, di natura più trasversale e sovranazionale: «Le comunioni massoniche sono tutte associazioni legali — obietta Magaldi, autore nel 2014 del libro Massoni società a responsabilità illimitata — e lo stato di diritto che si vuole garantire con la lotta alla mafia si tutela pure con il rispetto della privacy di chi troppo spesso in Italia è stato oggetto di demonizzazione e caccia alle streghe. I mafiosi, peraltro, si possono annidare anche in organizzazioni religiose, cui però non si chiedono liste...».
Invece, il testo delle dichiarazioni integrali rilasciate da Magaldi era il seguente e faceva seguito a queste domande, inviate per iscritto, da Fabrizio Caccia:
(FABRIZIO CACCIA) “Allora: viene prima il diritto alla privacy del massone o l’interesse dello Stato a sapere se negli elenchi si cela un mafioso?
E’ possibile dire quanti sono i massoni in Italia?
Quante obbedienze?
Si è prevenuti verso i massoni?
C’è una sorta di pregiudizio negativo o è colpa della troppa segretezza?
Guanti, grembiuli, squadra e compasso non sono un po’ superati?
(GIOELE MAGALDI): “Dal punto di vista giuridico, ha detto bene il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, Stefano Bisi: non si capisce perché la commissione antimafia pretenda gli elenchi degli iscritti al GOI e non anche quelli dei partiti o dei sindacati. Sono tutte associazioni legali e lo stato di diritto che si vuole garantire con la lotta alla mafia, si tutela anche con il rispetto della privacy di chi - i massoni ordinari e per lo più inoffensivi - troppo spesso in Italia sono stati oggetto di demonizzazione e caccia alle streghe.
I mafiosi, peraltro, si possono annidare anche in organizzazioni religiose, cui però non si chiedono liste.
Piuttosto, inviterei Rosy Bindi a chiedere conto al senatore a vita Mario Monti e all’ex presidente Giorgio Napolitano delle influenze nefaste che le loro rispettive superlogge di appartenenza “Babel Tower” e “Three Eyes” hanno avuto sulla vita istituzionale e socio-economica dell’Italia.
In effetti, citando esplicitamente e mettendo agli atti il mio libro “Massoni. Società a responsabilità illimitata. La scoperta delle Ur-Lodges, Chiarelettere, senatori (Laura Bottici in particolare) e deputati M5S hanno presentato interrogazioni parlamentari sugli inquietanti legami massonici sovranazionali di ispirazione neoaristocratica che hanno ispirato l’incarico di governo dato dal ‘fratello’ Napolitano al ‘fratello’ Monti nel 2011, inaugurando uno degli esecutivi più rovinosi della storia della repubblica.
Le principali Comunioni massoniche in Italia sono il GOI, la Gran Loggia d’Italia, la Gran Loggia Regolare d’Italia e la Camea, guidata dal mio fraterno amico Roberto Luongo.
Poi vi sono una moltitudine di Comunioni/Obbedienze minori, per un totale di qualche decina di migliaia di massoni ‘ordinari’.
Ma, in Italia, come altrove, a contare davvero non sono più queste Comunioni (federazioni di logge su base nazionale), bensì le reti delle superlogge sovranazionali (Ur-Lodges). Di tali reti ho parlato nel best-seller “Massoni”, edito nel novembre 2014 in Italia, che il 7 febbraio 2017 verrà pubblicato in traduzione spagnola da Kailas Editorial e in via di pubblicazione anche in lingua francese, inglese, tedesca, russa, cinese, araba, ecc.
Per capire la natura e le ragioni storiche dei pregiudizi italioti verso la Massoneria e soprattutto per comprendere come i massoni delle reti sovranazionali abbiano costruito la contemporaneità, le società aperte, libere, democratiche, laiche, tolleranti e fondate sullo stato di diritto, oltre che l’attuale società globalizzata (nel bene e nel male), e infine per capire come il back o high-office del potere globale sia tuttora costitutivamente massonico, invito alla lettura di “Massoni”, il cui sottotitolo “Società a responsabilità illimitata” lascia intuire qualcosa su cui i media faranno bene a riflettere con minore superficialità di quella adottata sinora”.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Massoneria, scoppia la grande faida
Dopo il sequestro di 35 mila nomi da parte della Guardia di Finanza, nelle logge è tutti contro tutti. Espulsioni, autosospensioni, scissioni. Riti paralleli e incontrollabili. Macabre cerimonie di iniziazione. E sullo sfondo le infiltrazioni criminali su cui indaga l’Antimafia
di Gianfrancesco Turano
10 aprile 2017
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Nel fine settimana della Gran Loggia, organizzato dal Grande Oriente a Rimini dal 7 al 9 aprile, la massoneria si mostra compatta, in salute, forte delle sue adesioni in crescita costante. Nel trecentesimo anniversario dalla nascita della massoneria moderna a Londra, la kermesse annuale ha convocato al Palacongressi della città romagnola duemila persone, ha programmato spettacoli teatrali dedicati alla vita di Enzo Tortora, commemorazioni di fratelli illustri come l’attore Arnoldo Foà e l’apneista Enzo Maiorca. Fra i politici invitati, gli habitués Daniele Capezzone (Direzione Italia) e il viceministro delle Infrastrutture e segretario socialista Riccardo Nencini.
Abbondanti e varie anche le delegazioni internazionali presenti in Italia per ottenere il riconoscimento del Goi: Mali, Sudafrica e cinque Stati della federazione brasiliana. Tutto sotto il patrocinio del segretario esecutivo della conferenza dei Gran Maestri internazionali, il chirurgo pediatrico rumeno Radu Balanescu.
Tutto bene, quindi? Non è proprio così. Dietro labari e stendardi le divisioni aumentano. Il triplice fraterno abbraccio del rituale non esclude la pugnalata alla schiena e di faide massoniche è piena la storia d’Italia. Ma quello che sta accadendo ai vertici delle due principali obbedienze italiane (Grande Oriente d’Italia o Goi e Gran Loggia degli Alam) non si vedeva da 36 anni, ai tempi della tempesta P2, loggia speciale del Goi guidata da Licio Gelli.
A fare detonare le tensioni che covavano da tempo fra le colonne mistiche di Jachin e Boaz sono state le pressioni della Commissione parlamentare antimafia, presieduta da Rosy Bindi che, dopo settimane di trattative, promesse mancate e offerte di collaborazione andate a vuoto, ha rotto gli indugi sequestrando gli elenchi di 35 mila iscritti alle quattro principali obbedienze nazionali.
In origine l’obiettivo dell’Antimafia erano i fratelli di Sicilia e Calabria, regioni ad alto rischio dove si è registrato un boom di affiliazioni alla libera muratoria. Alla fine, com’è accaduto nel 1992 su ordine del procuratore di Palmi Agostino Cordova, gli uomini della Guardia di finanza hanno prelevato gli elenchi in blocco. Per tutelare le esigenze di riservatezza e prevenire le fughe di notizie, finora nessuno dei parlamentari ha avuto accesso alle liste che saranno controllate da esperti informatici per verificare eventuali manipolazioni.
Il lavoro di catalogazione si svolgerà con la supervisione dei magistrati consulenti della Commissione e sarà lungo. A oggi non risulta che gli elenchi siano stati trasferiti alle principali procure che indagano sul crimine organizzato. Ma il segnale è chiaro. A un quarto di secolo dall’inchiesta di Cordova finita in nulla dopo l’avocazione da Palmi a Roma, la magistratura ha preferito cedere l’iniziativa alla politica e non ha sequestrato gli elenchi direttamente, come pure poteva, proprio per agire in parallelo con una commissione dove sono presenti tutti i gruppi parlamentari.
L’intervento, mirato a scoprire le infiltrazioni del crimine organizzato fra i grembiuli, ha incrinato il riserbo dei massoni che, dopo l’inchiesta dell’Espresso di due mesi fa, hanno rivelato lotte interne, guerre di potere, episodi boccacceschi e rituali in stile Grand-Guignol, piuttosto lontani dalle tradizioni risorgimentali.
Fra espulsioni, scissioni e processi massonici, nelle logge è tutti contro tutti.
Sorelle d’Italia
La spaccatura più grave riguarda la Gran Loggia degli Alam (antichi liberi accettati muratori), seconda associazione massonica per numero di iscritti (8114 in 510 logge), unica in Italia ad accettare le donne e molto legata, sul piano internazionale, agli oltre 50 mila iscritti del Grande Oriente di Francia.
Gli Alam sono guidati da Antonio Binni, avvocato civilista modenese con studio a Bologna, classe 1937, studi a Berlino e Gottinga, nipote del grande italianista e dantista Walter Binni.
Eletto nel 2013, Binni ha lasciato l’attività forense e per questo è stato il primo Gran Maestro degli Alam ad attingere all’emolumento annuale previsto dagli statuti (40 mila euro, con l’ipotesi di aumentare a 60 mila). Poca cosa rispetto ai 130 mila euro del numero uno del Goi, Stefano Bisi. In compenso, non è trascurabile il patrimonio degli Alam. Il Centro sociologico italiano, semplice associazione collegata agli Alam, gestisce 22 immobili, quasi tutti destinati a case massoniche, escluse quelle estere che spaziano da Beirut a Toronto («niente calabresi, molti lucani», ha dichiarato Binni all’antimafia a proposito delle logge canadesi).
Il 17 dicembre 2016 Binni ha rivinto le elezioni per il secondo mandato con una maggioranza risicata. Il giorno dopo, con un gruppo di sei fedelissimi e in assenza dei suoi nove oppositori, ha rivoluzionato il Supremo Consiglio del Rito Scozzese Antico e accettato (Rsaa).
Al posto dei nove dissidenti con grado 33 (il massimo riconosciuto dal Rsaa), il Gran Maestro e Sovrano Gran Commendatore Binni ha nominato ventinove fratelli e si è garantito il controllo del consiglio convalidando la decisione il 14 gennaio 2017.
Per capire l’importanza dell’operazione, bisogna aggiungere che il Rito Scozzese è l’élite dell’iniziazione massonica. Oltre a essere il più praticato a livello internazionale, consente di proseguire il percorso iniziatico al di là dei tre gradi di apprendista, compagno e maestro previsti dall’ordinamento.
Le conseguenze del colpo di mano del 17 dicembre sono state drammatiche per l’obbedienza di palazzo Vitelleschi, splendida dimora al centro di Roma.
Gli esclusi hanno protestato invano contro Binni, che in audizione davanti all’Antimafia si è vantato di governare l’obbedienza con le maniere forti.
Uno scambio incrociato di Tavole d’accusa ha portato alla secessione di circa 600 fratelli che hanno seguito l’ex Gran Maestro degli Alam Luigi Pruneti verso una nuova obbedienza. Il 18 febbraio Pruneti e il fiorentino Riccardo Cecioni sono stati espulsi da Binni. Per usare la terminologia esoterica, sono stati bruciati fra le colonne del Tempio, nel rogo simbolico che rappresenta la massima punizione della giustizia massonica, in quanto colpevoli di spergiuro e tradimento.
Circa un migliaio di fratelli si sono messi in sonno (autosospensione). Altri si stanno rivolgendo (stanno bussando, in gergo) ad altre obbedienze.
Chi ha deciso di rimanere combatte la battaglia dall’interno sotto la guida di Sergio Ciannella, avvocato che ha il titolo di Venerabile Gran Priore del Supremo Consiglio. In sostanza, è il numero tre degli Alam schierato insieme al suo gruppo contro il numero uno, Binni, e il suo vice, Luciano Romoli, ex avversario di Binni diventato il suo delfino e autore di una strategia di riavvicinamento al Vaticano che non tutti hanno apprezzato all’interno dell’obbedienza.
Ancora meno è stato apprezzato l’atteggiamento di Binni davanti all’Antimafia, il 25 gennaio 2017, quando il Gran Maestro ha negato qualunque infiltrazione indicando ai parlamentari il problema delle 92 obbedienze (non logge, quindi, ma intere organizzazioni) nella sola Arezzo e aggiungendo di non essere amato né in Calabria, né in Sicilia. In verità, Binni sembra poco amato anche altrove.
«Non vogliamo sentire parlare di Vaticano, di Bilderberg e di altri poteri forti», dice il napoletano Ciannella. «Siamo figli dei patrioti dell’Ottocento e vogliamo continuare nell’alveo della tradizione senza uscire dall’obbedienza. È Binni che deve uscire. Il suo comportamento davanti all’Antimafia ha suscitato indignazione fra gli Alam in Piemonte, in Lombardia, in Toscana. Il Gran Maestro ha scaricato i fratelli siciliani e calabresi in modo indiscriminato e poi si è messo al riparo dicendo che non li controlla. Si è dimenticato di dire che gli affiliati da lui sospesi sono stati reintegrati con sentenze della magistratura ordinaria. Molti di noi hanno invece apprezzato l’atteggiamento di Stefano Bisi del Goi a difesa della privacy di chi è iscritto a un’associazione non riconosciuta prevista dalla Costituzione».
La gestione di Binni è stata contestata anche di recente durante una riunione con circa 200 fratelli piemontesi a Torino. Il Gran Maestro ha replicato con piglio autocratico alle domande riguardanti la questione del Supremo consiglio e certi presunti favoritismi come quello verso una giovanissima affiliata. La sorella è stata promossa di tre gradi in un colpo solo all’interno del Rito scozzese antico e accettato per opera di un “motu proprio” del Gran Maestro. Eppure proprio Binni sottolinea nel suo programma per la gran maestranza che “occorre ostacolare con ogni dovuta fermezza la corsa ai gradi”. A chi gli ha fatto notare l’incongruenza fra teoria e prassi Binni ha replicato ammettendo a suo modo l’errore: avrebbe dovuto avanzare di quattro gradi invece che di tre la giovane sorella. Secondo fonti investigative, c’era anche lei oltre a Binni a palazzo Vitelleschi la notte in cui sono stati sequestrati gli elenchi.
«Siamo arrivati al punto», dice il membro di una loggia della Toscana meridionale, «che un fratello promosso dal terzo al grado, un passaggio molto importante, ci ha telefonato per rinunciare alla cerimonia».
Consultato dall’Espresso, Binni ha affidato a un portavoce il suo desiderio di non rilasciare commenti sui dissidi interni degli Alam. Presto dovrà comunque farlo. Il conflitto sul colpo di mano del 17 dicembre scorso è stato portato a conoscenza della magistratura ordinaria con una citazione al Tribunale di Roma mirata a ottenere l’annullamento delle sospensioni deliberate da Binni. Il verdetto dovrebbe arrivare entro metà giugno. Prima, il 20 aprile, si riunirà l’Alta Corte di Giustizia massonica convocata dal gruppo di Ciannella contro Binni e Romoli. In seguito, si terrà il processo interno a parti invertite.
Già nel 1998, a Bologna, c’era stato uno scontro finito davanti al tribunale ordinario fra il Maestro Venerabile della loggia Carducci Vincenzo Maria Santoro, notaio, e l’allora numero uno dell’obbedienza, il commercialista Renzo Canova, che aveva espulso Santoro. Canova era difeso dall’avvocato Binni. Ma la situazione di oggi è molto più grave.
Tesoriere vs Gran Maestro
La crisi degli Alam è una copia della scissione che colpì il Goi nel 1993, quando il numero uno di allora, Giuliano Di Bernardo, decise di abbandonare l’obbedienza a seguito dell’inchiesta di Cordova. Di Bernardo fondò la Gran Loggia Regolare d’Italia portandosi dietro l’ambitissimo riconoscimento della Gran Loggia d’Inghilterra.
Al Goi non la presero bene e bruciarono materialmente i ritratti del Gran Maestro scissionista nel tempio.
Il Grande Oriente d’Italia (23 mila iscritti in 805 logge) è l’obbedienza che più si è scontrata con l’Antimafia.
Per certi aspetti il braccio di ferro con la commissione ha puntellato sul fronte interno il numero uno del Goi. Nelle sue audizioni Stefano Bisi ha sempre tenuto una posizione antagonistica sulla consegna degli elenchi.
Molti fratelli hanno apprezzato e, anche se Bisi non conferma, molti transfughi della Gran Loggia degli Alam stanno bussando a Villa del Vascello, il lussuoso palazzo al Gianicolo che ha sostituito come sede del Goi palazzo Giustiniani, acquisito dal Senato della Repubblica.
Con i parlamentari lo scontro continua a salire di livello. Il 17 marzo il Goi ha presentato alla Commissione un’istanza di revoca in autotutela contro il sequestro degli elenchi avvenuto il primo giorno di marzo nella sede dell’obbedienza. Non avendo ottenuto risposta, il 31 marzo il collegio difensivo del Goi si è rivolto alla magistratura di Roma «con una richiesta di verifica sulle liceità dei comportamenti e degli atti adottati dalla Commissione e dai suoi componenti».
Bisi si è difeso dagli attacchi dell’Antimafia con lo stesso vigore che ha dimostrato nei confronti di don Luigi Ciotti, il fondatore di Libera che ha messo in relazione stretta ’ndrangheta e massoneria sulla scia delle inchieste della Procura di Reggio Calabria.
La polemica e i continui battibecchi fra la presidente Bindi e il Gran Maestro Bisi, entrambi senesi, hanno animato le audizioni e hanno fatto passare in secondo ordine i contrasti sul fronte interno della maggiore fratellanza italiana.
C’è una richiesta di dimissioni del Gran Maestro avanzata da parte di un dirigente di alto livello del Goi, il Gran Tesoriere Giovanni Esposito, commercialista napoletano di 49 anni. Esposito ha chiesto il passo indietro di Bisi in relazione al processo per ricettazione che coinvolge il leader del Goi a margine delle vicende del Mps.
L’udienza preliminare dove si doveva decidere sul rinvio a giudizio di Bisi chiesto dalla Procura di Siena è slittata dal 16 febbraio a giovedì 6 aprile, quando questo numero dell’Espresso era in stampa. Ma anche in caso di rinvio a giudizio, Bisi resterà al suo posto a Villa del Vascello. Non è detto che lo stesso capiti a Esposito sul quale pende una tavola d’accusa massonica per la sua presa di posizione contro il Gran Maestro.
«Non mi sembra il caso», dice Bisi, «di soffermarsi sui processi disciplinari interni. Nella nostra comunione in questo momento ci si occupa di altro. In Calabria, Sicilia o Umbria, siamo tutti molto coesi in difesa del gruppo. Se fratelli di altre obbedienze come gli Alam o la Gran Loggia Regolare hanno apprezzato il nostro atteggiamento, non può che farmi piacere soprattutto in rapporto a come si sono comportati i loro Gran maestri davanti al presidente Bindi».
La stoccata non troppo fraterna è riferita all’apparente disponibilità di Binni e di Venzi a consegnare gli elenchi alla Commissione dietro un semplice ordine di presentazione. Venzi, in particolare, ha dichiarato nell’audizione del 24 gennaio che la sua obbedienza ha l’abitudine di consegnare due volte all’anno gli elenchi al ministero dell’Interno, mentre le liste locali vengono recapitate alla Digos, ai carabinieri e alle prefetture delle varie province.
In realtà né Binni né Venzi hanno rispettato la data ultimativa di consegna chiesta dalla Commissione (8 febbraio) e hanno consegnato le liste solo con l’intervento della Guardia di finanza.
Riti paralleli
Fra gli elementi di scontento all’interno del Goi non c’è soltanto la vicenda personale del Gran Maestro. Oggi come ieri la massoneria vive di un contrasto fra la tendenza esoterica e l’ambizione di entrare in un circuito privilegiato che garantisce relazioni di potere e affari più o meno legittime.
Il luogo dove si coltivano questi rapporti non è tanto la loggia, quanto i riti che si affiancano alla libera muratoria diventando a volte realtà incontrollabili. È il caso dell’iniziazione descritta dal collaboratore di giustizia calabrese Cosimo Virgiglio, che ha raccontato al pm reggino Giuseppe Lombardo di essere stato sottoposto a un rito detto “penta”, spogliato e chiuso per sette ore in una cella con uno scheletro.
«I riti vanno distinti dall’Ordine iniziatico», dice un membro pugliese del Goi e del Rito simbolico italiano dietro garanzia di anonimato. «La massoneria prevede solo i primi tre gradi, che peraltro non vanno considerati in modo gerarchico come fanno i più, e finisce qui. I riti sono associazioni satellite e accessorie alla massoneria, autonome ma non indipendenti, che hanno il ruolo di approfondire determinati aspetti della massoneria con una chiave di lettura propria. Questa chiave è l’esoterismo iniziatico, che può essere di origine cavalleresca, come nel caso del Rsaa o del rito di York, ovvero egizio nel caso di Memphis e Misraim. Il Rito Scozzese si picca di fornire una formazione completa dell’adepto ma in realtà in Italia dietro la facciata spiritualistica si nasconde una vera e propria scuola di potere che dal dopoguerra ha determinato la politica del Goi.
I calabresi che tengono in vita Bisi sono patologicamente fissati con l’appartenenza e sono quasi tutti nel Rsaa. Fanno favori a tutti i livelli e affari solo agli alti livelli e non mi riferisco all’Italia ma al mondo intero. Va ricordato che il Rito scozzese è nato negli Stati Uniti e ha due case madri, Washington e Boston. La nostra disgrazia fu che nel dopoguerra il Rsaa americano intervenne pesantemente in Italia. Per fare decollare il movimento le logge dovettero subire l’imposizione di gente come Giovanni Alliata di Monreale nel Goi o Giuseppe Pièche fra gli Alam, vale a dire l’estrema destra, perché si era in clima di guerra fredda. L’unico che usò il Rsaa senza esserne usato fu Gelli».
Oggi il Sovrano Gran Commendatore del Rito Scozzese nel Grande Oriente è un imprenditore con mille interessi in Italia e all’estero come Leo Taroni.
Ravennate, 69 anni, costruttore, immobiliarista e commerciante, Taroni è stato nominato alla guida del rito più prestigioso nel dicembre del 2015 e presiede la confederazione europea dei Supremi consigli.
Il Sovrano Gran Commendatore è azionista di minoranza di Forza Rossa, concessionaria della Ferrari e della Lotus in Romania, Serbia, Montenegro e Moldova. La maggioranza di Forza Rossa appartiene a Ion Bazac, ministro socialdemocratico della Sanità nel 2008 e 2009 con il governo guidato dal liberaldemocratico Emil Boc.
Taroni è reduce da una lite con un imprenditore reggiano per l’acquisto di una Ferrari FXX K da 2,2 milioni di euro. Dopo avere rischiato di perdere la concessione con Maranello, il numero uno del Rsaa versione Grande Oriente, ha chiuso la faccenda con poco danno e una transazione. «Nessuno ci ha rimesso nulla», ha dichiarato Taroni al Corriere della Sera. «Sono stati restituiti i soldi».
Tutto è bene quel che finisce bene. Ma se si trattava di dare della massoneria un’idea diversa da una rete di relazioni a fini affaristici, è un’occasione persa.
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• massoneria
© Riproduzione riservata 10 aprile 2017
http://espresso.repubblica.it/attualita ... =HEF_RULLO
Dopo il sequestro di 35 mila nomi da parte della Guardia di Finanza, nelle logge è tutti contro tutti. Espulsioni, autosospensioni, scissioni. Riti paralleli e incontrollabili. Macabre cerimonie di iniziazione. E sullo sfondo le infiltrazioni criminali su cui indaga l’Antimafia
di Gianfrancesco Turano
10 aprile 2017
Nel fine settimana della Gran Loggia, organizzato dal Grande Oriente a Rimini dal 7 al 9 aprile, la massoneria si mostra compatta, in salute, forte delle sue adesioni in crescita costante. Nel trecentesimo anniversario dalla nascita della massoneria moderna a Londra, la kermesse annuale ha convocato al Palacongressi della città romagnola duemila persone, ha programmato spettacoli teatrali dedicati alla vita di Enzo Tortora, commemorazioni di fratelli illustri come l’attore Arnoldo Foà e l’apneista Enzo Maiorca. Fra i politici invitati, gli habitués Daniele Capezzone (Direzione Italia) e il viceministro delle Infrastrutture e segretario socialista Riccardo Nencini.
Abbondanti e varie anche le delegazioni internazionali presenti in Italia per ottenere il riconoscimento del Goi: Mali, Sudafrica e cinque Stati della federazione brasiliana. Tutto sotto il patrocinio del segretario esecutivo della conferenza dei Gran Maestri internazionali, il chirurgo pediatrico rumeno Radu Balanescu.
Tutto bene, quindi? Non è proprio così. Dietro labari e stendardi le divisioni aumentano. Il triplice fraterno abbraccio del rituale non esclude la pugnalata alla schiena e di faide massoniche è piena la storia d’Italia. Ma quello che sta accadendo ai vertici delle due principali obbedienze italiane (Grande Oriente d’Italia o Goi e Gran Loggia degli Alam) non si vedeva da 36 anni, ai tempi della tempesta P2, loggia speciale del Goi guidata da Licio Gelli.
A fare detonare le tensioni che covavano da tempo fra le colonne mistiche di Jachin e Boaz sono state le pressioni della Commissione parlamentare antimafia, presieduta da Rosy Bindi che, dopo settimane di trattative, promesse mancate e offerte di collaborazione andate a vuoto, ha rotto gli indugi sequestrando gli elenchi di 35 mila iscritti alle quattro principali obbedienze nazionali.
In origine l’obiettivo dell’Antimafia erano i fratelli di Sicilia e Calabria, regioni ad alto rischio dove si è registrato un boom di affiliazioni alla libera muratoria. Alla fine, com’è accaduto nel 1992 su ordine del procuratore di Palmi Agostino Cordova, gli uomini della Guardia di finanza hanno prelevato gli elenchi in blocco. Per tutelare le esigenze di riservatezza e prevenire le fughe di notizie, finora nessuno dei parlamentari ha avuto accesso alle liste che saranno controllate da esperti informatici per verificare eventuali manipolazioni.
Il lavoro di catalogazione si svolgerà con la supervisione dei magistrati consulenti della Commissione e sarà lungo. A oggi non risulta che gli elenchi siano stati trasferiti alle principali procure che indagano sul crimine organizzato. Ma il segnale è chiaro. A un quarto di secolo dall’inchiesta di Cordova finita in nulla dopo l’avocazione da Palmi a Roma, la magistratura ha preferito cedere l’iniziativa alla politica e non ha sequestrato gli elenchi direttamente, come pure poteva, proprio per agire in parallelo con una commissione dove sono presenti tutti i gruppi parlamentari.
L’intervento, mirato a scoprire le infiltrazioni del crimine organizzato fra i grembiuli, ha incrinato il riserbo dei massoni che, dopo l’inchiesta dell’Espresso di due mesi fa, hanno rivelato lotte interne, guerre di potere, episodi boccacceschi e rituali in stile Grand-Guignol, piuttosto lontani dalle tradizioni risorgimentali.
Fra espulsioni, scissioni e processi massonici, nelle logge è tutti contro tutti.
Sorelle d’Italia
La spaccatura più grave riguarda la Gran Loggia degli Alam (antichi liberi accettati muratori), seconda associazione massonica per numero di iscritti (8114 in 510 logge), unica in Italia ad accettare le donne e molto legata, sul piano internazionale, agli oltre 50 mila iscritti del Grande Oriente di Francia.
Gli Alam sono guidati da Antonio Binni, avvocato civilista modenese con studio a Bologna, classe 1937, studi a Berlino e Gottinga, nipote del grande italianista e dantista Walter Binni.
Eletto nel 2013, Binni ha lasciato l’attività forense e per questo è stato il primo Gran Maestro degli Alam ad attingere all’emolumento annuale previsto dagli statuti (40 mila euro, con l’ipotesi di aumentare a 60 mila). Poca cosa rispetto ai 130 mila euro del numero uno del Goi, Stefano Bisi. In compenso, non è trascurabile il patrimonio degli Alam. Il Centro sociologico italiano, semplice associazione collegata agli Alam, gestisce 22 immobili, quasi tutti destinati a case massoniche, escluse quelle estere che spaziano da Beirut a Toronto («niente calabresi, molti lucani», ha dichiarato Binni all’antimafia a proposito delle logge canadesi).
Il 17 dicembre 2016 Binni ha rivinto le elezioni per il secondo mandato con una maggioranza risicata. Il giorno dopo, con un gruppo di sei fedelissimi e in assenza dei suoi nove oppositori, ha rivoluzionato il Supremo Consiglio del Rito Scozzese Antico e accettato (Rsaa).
Al posto dei nove dissidenti con grado 33 (il massimo riconosciuto dal Rsaa), il Gran Maestro e Sovrano Gran Commendatore Binni ha nominato ventinove fratelli e si è garantito il controllo del consiglio convalidando la decisione il 14 gennaio 2017.
Per capire l’importanza dell’operazione, bisogna aggiungere che il Rito Scozzese è l’élite dell’iniziazione massonica. Oltre a essere il più praticato a livello internazionale, consente di proseguire il percorso iniziatico al di là dei tre gradi di apprendista, compagno e maestro previsti dall’ordinamento.
Le conseguenze del colpo di mano del 17 dicembre sono state drammatiche per l’obbedienza di palazzo Vitelleschi, splendida dimora al centro di Roma.
Gli esclusi hanno protestato invano contro Binni, che in audizione davanti all’Antimafia si è vantato di governare l’obbedienza con le maniere forti.
Uno scambio incrociato di Tavole d’accusa ha portato alla secessione di circa 600 fratelli che hanno seguito l’ex Gran Maestro degli Alam Luigi Pruneti verso una nuova obbedienza. Il 18 febbraio Pruneti e il fiorentino Riccardo Cecioni sono stati espulsi da Binni. Per usare la terminologia esoterica, sono stati bruciati fra le colonne del Tempio, nel rogo simbolico che rappresenta la massima punizione della giustizia massonica, in quanto colpevoli di spergiuro e tradimento.
Circa un migliaio di fratelli si sono messi in sonno (autosospensione). Altri si stanno rivolgendo (stanno bussando, in gergo) ad altre obbedienze.
Chi ha deciso di rimanere combatte la battaglia dall’interno sotto la guida di Sergio Ciannella, avvocato che ha il titolo di Venerabile Gran Priore del Supremo Consiglio. In sostanza, è il numero tre degli Alam schierato insieme al suo gruppo contro il numero uno, Binni, e il suo vice, Luciano Romoli, ex avversario di Binni diventato il suo delfino e autore di una strategia di riavvicinamento al Vaticano che non tutti hanno apprezzato all’interno dell’obbedienza.
Ancora meno è stato apprezzato l’atteggiamento di Binni davanti all’Antimafia, il 25 gennaio 2017, quando il Gran Maestro ha negato qualunque infiltrazione indicando ai parlamentari il problema delle 92 obbedienze (non logge, quindi, ma intere organizzazioni) nella sola Arezzo e aggiungendo di non essere amato né in Calabria, né in Sicilia. In verità, Binni sembra poco amato anche altrove.
«Non vogliamo sentire parlare di Vaticano, di Bilderberg e di altri poteri forti», dice il napoletano Ciannella. «Siamo figli dei patrioti dell’Ottocento e vogliamo continuare nell’alveo della tradizione senza uscire dall’obbedienza. È Binni che deve uscire. Il suo comportamento davanti all’Antimafia ha suscitato indignazione fra gli Alam in Piemonte, in Lombardia, in Toscana. Il Gran Maestro ha scaricato i fratelli siciliani e calabresi in modo indiscriminato e poi si è messo al riparo dicendo che non li controlla. Si è dimenticato di dire che gli affiliati da lui sospesi sono stati reintegrati con sentenze della magistratura ordinaria. Molti di noi hanno invece apprezzato l’atteggiamento di Stefano Bisi del Goi a difesa della privacy di chi è iscritto a un’associazione non riconosciuta prevista dalla Costituzione».
La gestione di Binni è stata contestata anche di recente durante una riunione con circa 200 fratelli piemontesi a Torino. Il Gran Maestro ha replicato con piglio autocratico alle domande riguardanti la questione del Supremo consiglio e certi presunti favoritismi come quello verso una giovanissima affiliata. La sorella è stata promossa di tre gradi in un colpo solo all’interno del Rito scozzese antico e accettato per opera di un “motu proprio” del Gran Maestro. Eppure proprio Binni sottolinea nel suo programma per la gran maestranza che “occorre ostacolare con ogni dovuta fermezza la corsa ai gradi”. A chi gli ha fatto notare l’incongruenza fra teoria e prassi Binni ha replicato ammettendo a suo modo l’errore: avrebbe dovuto avanzare di quattro gradi invece che di tre la giovane sorella. Secondo fonti investigative, c’era anche lei oltre a Binni a palazzo Vitelleschi la notte in cui sono stati sequestrati gli elenchi.
«Siamo arrivati al punto», dice il membro di una loggia della Toscana meridionale, «che un fratello promosso dal terzo al grado, un passaggio molto importante, ci ha telefonato per rinunciare alla cerimonia».
Consultato dall’Espresso, Binni ha affidato a un portavoce il suo desiderio di non rilasciare commenti sui dissidi interni degli Alam. Presto dovrà comunque farlo. Il conflitto sul colpo di mano del 17 dicembre scorso è stato portato a conoscenza della magistratura ordinaria con una citazione al Tribunale di Roma mirata a ottenere l’annullamento delle sospensioni deliberate da Binni. Il verdetto dovrebbe arrivare entro metà giugno. Prima, il 20 aprile, si riunirà l’Alta Corte di Giustizia massonica convocata dal gruppo di Ciannella contro Binni e Romoli. In seguito, si terrà il processo interno a parti invertite.
Già nel 1998, a Bologna, c’era stato uno scontro finito davanti al tribunale ordinario fra il Maestro Venerabile della loggia Carducci Vincenzo Maria Santoro, notaio, e l’allora numero uno dell’obbedienza, il commercialista Renzo Canova, che aveva espulso Santoro. Canova era difeso dall’avvocato Binni. Ma la situazione di oggi è molto più grave.
Tesoriere vs Gran Maestro
La crisi degli Alam è una copia della scissione che colpì il Goi nel 1993, quando il numero uno di allora, Giuliano Di Bernardo, decise di abbandonare l’obbedienza a seguito dell’inchiesta di Cordova. Di Bernardo fondò la Gran Loggia Regolare d’Italia portandosi dietro l’ambitissimo riconoscimento della Gran Loggia d’Inghilterra.
Al Goi non la presero bene e bruciarono materialmente i ritratti del Gran Maestro scissionista nel tempio.
Il Grande Oriente d’Italia (23 mila iscritti in 805 logge) è l’obbedienza che più si è scontrata con l’Antimafia.
Per certi aspetti il braccio di ferro con la commissione ha puntellato sul fronte interno il numero uno del Goi. Nelle sue audizioni Stefano Bisi ha sempre tenuto una posizione antagonistica sulla consegna degli elenchi.
Molti fratelli hanno apprezzato e, anche se Bisi non conferma, molti transfughi della Gran Loggia degli Alam stanno bussando a Villa del Vascello, il lussuoso palazzo al Gianicolo che ha sostituito come sede del Goi palazzo Giustiniani, acquisito dal Senato della Repubblica.
Con i parlamentari lo scontro continua a salire di livello. Il 17 marzo il Goi ha presentato alla Commissione un’istanza di revoca in autotutela contro il sequestro degli elenchi avvenuto il primo giorno di marzo nella sede dell’obbedienza. Non avendo ottenuto risposta, il 31 marzo il collegio difensivo del Goi si è rivolto alla magistratura di Roma «con una richiesta di verifica sulle liceità dei comportamenti e degli atti adottati dalla Commissione e dai suoi componenti».
Bisi si è difeso dagli attacchi dell’Antimafia con lo stesso vigore che ha dimostrato nei confronti di don Luigi Ciotti, il fondatore di Libera che ha messo in relazione stretta ’ndrangheta e massoneria sulla scia delle inchieste della Procura di Reggio Calabria.
La polemica e i continui battibecchi fra la presidente Bindi e il Gran Maestro Bisi, entrambi senesi, hanno animato le audizioni e hanno fatto passare in secondo ordine i contrasti sul fronte interno della maggiore fratellanza italiana.
C’è una richiesta di dimissioni del Gran Maestro avanzata da parte di un dirigente di alto livello del Goi, il Gran Tesoriere Giovanni Esposito, commercialista napoletano di 49 anni. Esposito ha chiesto il passo indietro di Bisi in relazione al processo per ricettazione che coinvolge il leader del Goi a margine delle vicende del Mps.
L’udienza preliminare dove si doveva decidere sul rinvio a giudizio di Bisi chiesto dalla Procura di Siena è slittata dal 16 febbraio a giovedì 6 aprile, quando questo numero dell’Espresso era in stampa. Ma anche in caso di rinvio a giudizio, Bisi resterà al suo posto a Villa del Vascello. Non è detto che lo stesso capiti a Esposito sul quale pende una tavola d’accusa massonica per la sua presa di posizione contro il Gran Maestro.
«Non mi sembra il caso», dice Bisi, «di soffermarsi sui processi disciplinari interni. Nella nostra comunione in questo momento ci si occupa di altro. In Calabria, Sicilia o Umbria, siamo tutti molto coesi in difesa del gruppo. Se fratelli di altre obbedienze come gli Alam o la Gran Loggia Regolare hanno apprezzato il nostro atteggiamento, non può che farmi piacere soprattutto in rapporto a come si sono comportati i loro Gran maestri davanti al presidente Bindi».
La stoccata non troppo fraterna è riferita all’apparente disponibilità di Binni e di Venzi a consegnare gli elenchi alla Commissione dietro un semplice ordine di presentazione. Venzi, in particolare, ha dichiarato nell’audizione del 24 gennaio che la sua obbedienza ha l’abitudine di consegnare due volte all’anno gli elenchi al ministero dell’Interno, mentre le liste locali vengono recapitate alla Digos, ai carabinieri e alle prefetture delle varie province.
In realtà né Binni né Venzi hanno rispettato la data ultimativa di consegna chiesta dalla Commissione (8 febbraio) e hanno consegnato le liste solo con l’intervento della Guardia di finanza.
Riti paralleli
Fra gli elementi di scontento all’interno del Goi non c’è soltanto la vicenda personale del Gran Maestro. Oggi come ieri la massoneria vive di un contrasto fra la tendenza esoterica e l’ambizione di entrare in un circuito privilegiato che garantisce relazioni di potere e affari più o meno legittime.
Il luogo dove si coltivano questi rapporti non è tanto la loggia, quanto i riti che si affiancano alla libera muratoria diventando a volte realtà incontrollabili. È il caso dell’iniziazione descritta dal collaboratore di giustizia calabrese Cosimo Virgiglio, che ha raccontato al pm reggino Giuseppe Lombardo di essere stato sottoposto a un rito detto “penta”, spogliato e chiuso per sette ore in una cella con uno scheletro.
«I riti vanno distinti dall’Ordine iniziatico», dice un membro pugliese del Goi e del Rito simbolico italiano dietro garanzia di anonimato. «La massoneria prevede solo i primi tre gradi, che peraltro non vanno considerati in modo gerarchico come fanno i più, e finisce qui. I riti sono associazioni satellite e accessorie alla massoneria, autonome ma non indipendenti, che hanno il ruolo di approfondire determinati aspetti della massoneria con una chiave di lettura propria. Questa chiave è l’esoterismo iniziatico, che può essere di origine cavalleresca, come nel caso del Rsaa o del rito di York, ovvero egizio nel caso di Memphis e Misraim. Il Rito Scozzese si picca di fornire una formazione completa dell’adepto ma in realtà in Italia dietro la facciata spiritualistica si nasconde una vera e propria scuola di potere che dal dopoguerra ha determinato la politica del Goi.
I calabresi che tengono in vita Bisi sono patologicamente fissati con l’appartenenza e sono quasi tutti nel Rsaa. Fanno favori a tutti i livelli e affari solo agli alti livelli e non mi riferisco all’Italia ma al mondo intero. Va ricordato che il Rito scozzese è nato negli Stati Uniti e ha due case madri, Washington e Boston. La nostra disgrazia fu che nel dopoguerra il Rsaa americano intervenne pesantemente in Italia. Per fare decollare il movimento le logge dovettero subire l’imposizione di gente come Giovanni Alliata di Monreale nel Goi o Giuseppe Pièche fra gli Alam, vale a dire l’estrema destra, perché si era in clima di guerra fredda. L’unico che usò il Rsaa senza esserne usato fu Gelli».
Oggi il Sovrano Gran Commendatore del Rito Scozzese nel Grande Oriente è un imprenditore con mille interessi in Italia e all’estero come Leo Taroni.
Ravennate, 69 anni, costruttore, immobiliarista e commerciante, Taroni è stato nominato alla guida del rito più prestigioso nel dicembre del 2015 e presiede la confederazione europea dei Supremi consigli.
Il Sovrano Gran Commendatore è azionista di minoranza di Forza Rossa, concessionaria della Ferrari e della Lotus in Romania, Serbia, Montenegro e Moldova. La maggioranza di Forza Rossa appartiene a Ion Bazac, ministro socialdemocratico della Sanità nel 2008 e 2009 con il governo guidato dal liberaldemocratico Emil Boc.
Taroni è reduce da una lite con un imprenditore reggiano per l’acquisto di una Ferrari FXX K da 2,2 milioni di euro. Dopo avere rischiato di perdere la concessione con Maranello, il numero uno del Rsaa versione Grande Oriente, ha chiuso la faccenda con poco danno e una transazione. «Nessuno ci ha rimesso nulla», ha dichiarato Taroni al Corriere della Sera. «Sono stati restituiti i soldi».
Tutto è bene quel che finisce bene. Ma se si trattava di dare della massoneria un’idea diversa da una rete di relazioni a fini affaristici, è un’occasione persa.
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Re: Diario della caduta di un regime.
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L’Italia sogna l’uomo forte, ma ha soltanto leader deboli
Scritto il 04/2/17 • nella Categoria: idee Condividi
«Così, fra i cittadini è cresciuto il distacco dalla dimensione pubblica», scrive Diamanti su “Repubblica”.
«Al “senso civico” è subentrato il “senso cinico”».
Mentre, per citare Bauman, si è diffusa «la solitudine del cittadino globale».
Ed è così che «la prospettiva di “un Uomo Forte al governo” è divenuta tanto popolare.
Che non significa populista.
Ma lo può diventare, se non trova risposta nei partiti». (IL : Come se ne esce?? ........DI ERDING-ndt-)
A quel punto, «i cittadini restano soli», davanti ai loro monitor: «Dialogano, interagiscono e reagiscono con il mondo soprattutto attraverso la rete. Mediante i Pc, i tablet e, soprattutto, gli smartphone. Basta guardarsi intorno, nei luoghi pubblici, per trovarsi circondati da persone che camminano oppure stanno ferme, ma con gli occhi fissi sullo smartphone, mentre le dita battono sui tasti». Una “folla solitaria”, per echeggiare il noto saggio di David Riesman. «“Affollata” di persone che sono sempre in comunicazione con gli altri, con il mondo, ma sono sempre sole. Meglio non stupirsi, allora, se cresce la domanda di un Uomo Forte. “Autorevole”, non “autoritario”. Un “leader”, non un “dittatore”». Già, perché «questa società è allergica ai vincoli e alle regole: figurarsi se accetterebbe figure troppo “forti”. Basta vedere che fine ha fatto Silvio Berlusconi, o le difficoltà che incontra Matteo Renzi».
Fino a pochi mesi fa, infatti, si marciava verso un bicameralismo “imperfetto”, con un Senato ridimensionato. E una legge elettorale a doppio turno, «a sostegno di una democrazia maggioritaria». Tutto a monte: prima la bocciatura imposta dal referendum, che ha confermato l’attuale Senato e dunque il bicameralismo classico. Poi la sentenza della Corte Costituzionale, che ha emendato l’Italicum, dichiarando illegittimo il ballottaggio: se per vincere bisogna ottenere il 40% dei voti, l’Italia resterà senza maggioranze né leadership precise, annota Diamanti sempre su “Repubblica”. Se Renzi è il vero sconfitto dal referendum, i vincitori sono frammentati e incompatibili tra loro. «E in una competizione proporzionale, in un Parlamento con due Camere senza maggioranze chiare e omogenee, la minoranza renziana rischia di risultare maggioritaria», dal momento che «non si vede un partito in grado, da solo, di superare il 40% dei voti al primo turno».
Un ulteriore mutamento degli ultimi mesi è determinato dall’appannarsi della prospettiva “personale”. Perché i sistemi elettorali di Camera e Senato, oggi, favoriscono semmai il ritorno dei partiti, come ha suggerito con qualche ironia Giuliano Ferrara, intervistato dall’“Unità”. «D’altra parte – aggiunge Diamanti – gli “uomini forti” oggi vengono evocati e invocati dagli italiani perché non ci sono. E perché i partiti, gli attori e i canali della rappresentanza, sono sempre più deboli, lontani dalla società e dal territorio». Il Pd, ad esempio, ha visto dimezzarsi i suoi iscritti negli ultimi tre anni: erano 76.000 nel 2013, oggi sono appena 37.000. Ma non è solo un problema italiano: la sinistra “riformista” è in grande difficoltà in tutta Europa, come ha rammentato Marc Lazar, in un’intervista su “Le Monde”. In Francia, in vista delle presidenziali, il Ps non è mai apparso tanto debole, stretto fra la sinistra di Mélenchon e il centro di Macron. Ma anche altrove: in Germania, in Spagna, in Gran Bretagna. E perché? Diamanti qui non lo spiega, ma la risposta sta emergendo in modo plateale: cooptata dall’élite neoliberista e privatizzatrice, l’ex “sinistra riformista” ha presentato ai cittadini ricette inevitabilmente “deludenti”, impopolari, che hanno gonfiato le fila dei cosiddetti “populisti”.
In Italia, i personaggi teoricamente accreditati come uomini-contro sono Grillo e Salvini, il primo a capo di un “non-partito”, il secondo alla guida di una Lega che ieri era «il soggetto politico più simile ai tradizionali partiti di massa», mentre ora «si è a sua volta personalizzata», inseguendo con fatica «la prospettiva di una destra lepenista-nazionale», incarnata in Francia dall’unica figura “forte” sulla scena, Marine Le Pen, contraltare perfetto dell’altra lady di ferro europea, Angela Merkel: più che l’Uomo Forte, oggi, la politica europea propone la Donna Forte. E in Italia? «Dobbiamo fare i conti con partiti ipotetici e non-partiti», conclude Diamanti. Partiti «dis-organizzati e poco radicati: anzi, s-radicati nella società e sul territorio». E così, «mentre si cerca – e insegue – un Uomo Forte, incontriamo leader deboli, oppure indeboliti». Perché la forza del leader «sta nella capacità di dare volto e voce ai cittadini», che sono «in cerca di valori, ma anche di persone in cui riconoscersi: per non sentirsi deboli, e disorientati». Si guarda agli Usa? «Da noi, però, non c’è un Trump», comunque lo si valuti, «ma solo pallide imitazioni. Più che popolari: populiste». Sicchè, chiosa Diamanti, «due mesi dopo il referendum, tutto sembra cambiato. E oggi marciamo sicuri. Verso il passato».
Da Trump a Putin, l’Uomo Forte torna di moda. Niente a che vedere con i grandi leader del passato, i giganti della storia del secondo ‘900 – Mao e Fidel, i Kennedy, Gorbaciov. In Italia ogni tanto qualche intellettuale rimpiange personaggi come Adriano Olivetti ed Enrico Mattei, leader identitari come Berlinguer, statisti spericolati come Craxi. Poi vennero Bossi e Berlusconi. Dopo la meteora Renzi, oggi siamo tornati al modello Gentiloni, «un politico impopulista, abile a mediare e a negoziare, lontano dall’icona del Capo», osserva Ilvo Diamanti, che segnala quanto sia diffusa, fra i cittadini, la domanda di un “uomo forte”. Dal lontano 2004, i sondaggi Demos ricostruiscono la tendenza di questo orientamento, mai così estesa: 8 italiani su 10. «Significa, praticamente, (quasi) tutti i cittadini». Un segnale inquietante? Non proprio: «L’Uomo Forte, che ottiene tanti consensi fra gli italiani, non è un nuovo Mussolini, un Duce. Non manifesta una richiesta di “autoritarismo”. Piuttosto: di “autorità”. Cioè: di una leadership dotata di legittimità». Domanda che si è pian piano “personalizzata”, concentrata sulle singole persone, dopo che i partiti hanno perduto i legami con la società, gestendo istituzioni sempre più “lontane”, burocrazie anonime e minacciose come quella dell’Ue.
«Così, fra i cittadini è cresciuto il distacco dalla dimensione pubblica», scrive Diamanti su “Repubblica”. «Al “senso civico” è subentrato il “senso cinico”». Mentre, per citare Bauman, si è diffusa «la solitudine del cittadino globale». Ed è così che «la Ilvo Diamantiprospettiva di “un Uomo Forte al governo” è divenuta tanto popolare. Che non significa populista. Ma lo può diventare, se non trova risposta nei partiti». A quel punto, «i cittadini restano soli», davanti ai loro monitor: «Dialogano, interagiscono e reagiscono con il mondo soprattutto attraverso la rete. Mediante i Pc, i tablet e, soprattutto, gli smartphone. Basta guardarsi intorno, nei luoghi pubblici, per trovarsi circondati da persone che camminano oppure stanno ferme, ma con gli occhi fissi sullo smartphone, mentre le dita battono sui tasti». Una “folla solitaria”, per echeggiare il noto saggio di David Riesman. «“Affollata” di persone che sono sempre in comunicazione con gli altri, con il mondo, ma sono sempre sole. Meglio non stupirsi, allora, se cresce la domanda di un Uomo Forte. “Autorevole”, non “autoritario”. Un “leader”, non un “dittatore”». Già, perché «questa società è allergica ai vincoli e alle regole: figurarsi se accetterebbe figure troppo “forti”. Basta vedere che fine ha fatto Silvio Berlusconi, o le difficoltà che incontra Matteo Renzi».
Fino a pochi mesi fa, infatti, si marciava verso un bicameralismo “imperfetto”, con un Senato ridimensionato. E una legge elettorale a doppio turno, «a sostegno di una democrazia maggioritaria». Tutto a monte: prima la bocciatura imposta dal referendum, che ha confermato l’attuale Senato e dunque il bicameralismo classico. Poi la sentenza della Corte Costituzionale, che ha emendato l’Italicum, dichiarando illegittimo il ballottaggio: se per vincere bisogna ottenere il 40% dei voti, l’Italia resterà senza maggioranze né leadership precise, annota Diamanti sempre su “Repubblica”. Se Renzi è il vero sconfitto dal referendum, i vincitori sono frammentati e incompatibili tra loro. «E in una competizione proporzionale, in un Parlamento con Renzidue Camere senza maggioranze chiare e omogenee, la minoranza renziana rischia di risultare maggioritaria», dal momento che «non si vede un partito in grado, da solo, di superare il 40% dei voti al primo turno».
Un ulteriore mutamento degli ultimi mesi è determinato dall’appannarsi della prospettiva “personale”. Perché i sistemi elettorali di Camera e Senato, oggi, favoriscono semmai il ritorno dei partiti, come ha suggerito con qualche ironia Giuliano Ferrara, intervistato dall’“Unità”. «D’altra parte – aggiunge Diamanti – gli “uomini forti” oggi vengono evocati e invocati dagli italiani perché non ci sono. E perché i partiti, gli attori e i canali della rappresentanza, sono sempre più deboli, lontani dalla società e dal territorio». Il Pd, ad esempio, ha visto dimezzarsi i suoi iscritti negli ultimi tre anni: erano 76.000 nel 2013, oggi sono appena 37.000. Ma non è solo un problema italiano: la sinistra “riformista” è in grande difficoltà in tutta Europa, come ha rammentato Marc Lazar, in un’intervista su “Le Monde”. In Francia, in vista delle presidenziali, il Ps non è mai apparso tanto debole, stretto fra la sinistra di Mélenchon e il centro di Macron. Ma anche altrove: in Germania, in Spagna, in Gran Bretagna. E perché? Diamanti qui non lo spiega, ma la risposta sta emergendo in modo plateale: cooptata dall’élite neoliberista e privatizzatrice, l’ex “sinistra Marine Le Penriformista” ha presentato ai cittadini ricette inevitabilmente “deludenti”, impopolari, che hanno gonfiato le fila dei cosiddetti “populisti”.
In Italia, i personaggi teoricamente accreditati come uomini-contro sono Grillo e Salvini, il primo a capo di un “non-partito”, il secondo alla guida di una Lega che ieri era «il soggetto politico più simile ai tradizionali partiti di massa», mentre ora «si è a sua volta personalizzata», inseguendo con fatica «la prospettiva di una destra lepenista-nazionale», incarnata in Francia dall’unica figura “forte” sulla scena, Marine Le Pen, contraltare perfetto dell’altra lady di ferro europea, Angela Merkel: più che l’Uomo Forte, oggi, la politica europea propone la Donna Forte. E in Italia? «Dobbiamo fare i conti con partiti ipotetici e non-partiti», conclude Diamanti. Partiti «dis-organizzati e poco radicati: anzi, s-radicati nella società e sul territorio». E così, «mentre si cerca – e insegue – un Uomo Forte, incontriamo leader deboli, oppure indeboliti». Perché la forza del leader «sta nella capacità di dare volto e voce ai cittadini», che sono «in cerca di valori, ma anche di persone in cui riconoscersi: per non sentirsi deboli, e disorientati». Si guarda agli Usa? «Da noi, però, non c’è un Trump», comunque lo si valuti, «ma solo pallide imitazioni. Più che popolari: populiste». Sicchè, chiosa Diamanti, «due mesi dopo il referendum, tutto sembra cambiato. E oggi marciamo sicuri. Verso il passato».
Recensioni
segnalazioni.
L’Italia sogna l’uomo forte, ma ha soltanto leader deboli
Scritto il 04/2/17 • nella Categoria: idee Condividi
«Così, fra i cittadini è cresciuto il distacco dalla dimensione pubblica», scrive Diamanti su “Repubblica”.
«Al “senso civico” è subentrato il “senso cinico”».
Mentre, per citare Bauman, si è diffusa «la solitudine del cittadino globale».
Ed è così che «la prospettiva di “un Uomo Forte al governo” è divenuta tanto popolare.
Che non significa populista.
Ma lo può diventare, se non trova risposta nei partiti». (IL : Come se ne esce?? ........DI ERDING-ndt-)
A quel punto, «i cittadini restano soli», davanti ai loro monitor: «Dialogano, interagiscono e reagiscono con il mondo soprattutto attraverso la rete. Mediante i Pc, i tablet e, soprattutto, gli smartphone. Basta guardarsi intorno, nei luoghi pubblici, per trovarsi circondati da persone che camminano oppure stanno ferme, ma con gli occhi fissi sullo smartphone, mentre le dita battono sui tasti». Una “folla solitaria”, per echeggiare il noto saggio di David Riesman. «“Affollata” di persone che sono sempre in comunicazione con gli altri, con il mondo, ma sono sempre sole. Meglio non stupirsi, allora, se cresce la domanda di un Uomo Forte. “Autorevole”, non “autoritario”. Un “leader”, non un “dittatore”». Già, perché «questa società è allergica ai vincoli e alle regole: figurarsi se accetterebbe figure troppo “forti”. Basta vedere che fine ha fatto Silvio Berlusconi, o le difficoltà che incontra Matteo Renzi».
Fino a pochi mesi fa, infatti, si marciava verso un bicameralismo “imperfetto”, con un Senato ridimensionato. E una legge elettorale a doppio turno, «a sostegno di una democrazia maggioritaria». Tutto a monte: prima la bocciatura imposta dal referendum, che ha confermato l’attuale Senato e dunque il bicameralismo classico. Poi la sentenza della Corte Costituzionale, che ha emendato l’Italicum, dichiarando illegittimo il ballottaggio: se per vincere bisogna ottenere il 40% dei voti, l’Italia resterà senza maggioranze né leadership precise, annota Diamanti sempre su “Repubblica”. Se Renzi è il vero sconfitto dal referendum, i vincitori sono frammentati e incompatibili tra loro. «E in una competizione proporzionale, in un Parlamento con due Camere senza maggioranze chiare e omogenee, la minoranza renziana rischia di risultare maggioritaria», dal momento che «non si vede un partito in grado, da solo, di superare il 40% dei voti al primo turno».
Un ulteriore mutamento degli ultimi mesi è determinato dall’appannarsi della prospettiva “personale”. Perché i sistemi elettorali di Camera e Senato, oggi, favoriscono semmai il ritorno dei partiti, come ha suggerito con qualche ironia Giuliano Ferrara, intervistato dall’“Unità”. «D’altra parte – aggiunge Diamanti – gli “uomini forti” oggi vengono evocati e invocati dagli italiani perché non ci sono. E perché i partiti, gli attori e i canali della rappresentanza, sono sempre più deboli, lontani dalla società e dal territorio». Il Pd, ad esempio, ha visto dimezzarsi i suoi iscritti negli ultimi tre anni: erano 76.000 nel 2013, oggi sono appena 37.000. Ma non è solo un problema italiano: la sinistra “riformista” è in grande difficoltà in tutta Europa, come ha rammentato Marc Lazar, in un’intervista su “Le Monde”. In Francia, in vista delle presidenziali, il Ps non è mai apparso tanto debole, stretto fra la sinistra di Mélenchon e il centro di Macron. Ma anche altrove: in Germania, in Spagna, in Gran Bretagna. E perché? Diamanti qui non lo spiega, ma la risposta sta emergendo in modo plateale: cooptata dall’élite neoliberista e privatizzatrice, l’ex “sinistra riformista” ha presentato ai cittadini ricette inevitabilmente “deludenti”, impopolari, che hanno gonfiato le fila dei cosiddetti “populisti”.
In Italia, i personaggi teoricamente accreditati come uomini-contro sono Grillo e Salvini, il primo a capo di un “non-partito”, il secondo alla guida di una Lega che ieri era «il soggetto politico più simile ai tradizionali partiti di massa», mentre ora «si è a sua volta personalizzata», inseguendo con fatica «la prospettiva di una destra lepenista-nazionale», incarnata in Francia dall’unica figura “forte” sulla scena, Marine Le Pen, contraltare perfetto dell’altra lady di ferro europea, Angela Merkel: più che l’Uomo Forte, oggi, la politica europea propone la Donna Forte. E in Italia? «Dobbiamo fare i conti con partiti ipotetici e non-partiti», conclude Diamanti. Partiti «dis-organizzati e poco radicati: anzi, s-radicati nella società e sul territorio». E così, «mentre si cerca – e insegue – un Uomo Forte, incontriamo leader deboli, oppure indeboliti». Perché la forza del leader «sta nella capacità di dare volto e voce ai cittadini», che sono «in cerca di valori, ma anche di persone in cui riconoscersi: per non sentirsi deboli, e disorientati». Si guarda agli Usa? «Da noi, però, non c’è un Trump», comunque lo si valuti, «ma solo pallide imitazioni. Più che popolari: populiste». Sicchè, chiosa Diamanti, «due mesi dopo il referendum, tutto sembra cambiato. E oggi marciamo sicuri. Verso il passato».
Da Trump a Putin, l’Uomo Forte torna di moda. Niente a che vedere con i grandi leader del passato, i giganti della storia del secondo ‘900 – Mao e Fidel, i Kennedy, Gorbaciov. In Italia ogni tanto qualche intellettuale rimpiange personaggi come Adriano Olivetti ed Enrico Mattei, leader identitari come Berlinguer, statisti spericolati come Craxi. Poi vennero Bossi e Berlusconi. Dopo la meteora Renzi, oggi siamo tornati al modello Gentiloni, «un politico impopulista, abile a mediare e a negoziare, lontano dall’icona del Capo», osserva Ilvo Diamanti, che segnala quanto sia diffusa, fra i cittadini, la domanda di un “uomo forte”. Dal lontano 2004, i sondaggi Demos ricostruiscono la tendenza di questo orientamento, mai così estesa: 8 italiani su 10. «Significa, praticamente, (quasi) tutti i cittadini». Un segnale inquietante? Non proprio: «L’Uomo Forte, che ottiene tanti consensi fra gli italiani, non è un nuovo Mussolini, un Duce. Non manifesta una richiesta di “autoritarismo”. Piuttosto: di “autorità”. Cioè: di una leadership dotata di legittimità». Domanda che si è pian piano “personalizzata”, concentrata sulle singole persone, dopo che i partiti hanno perduto i legami con la società, gestendo istituzioni sempre più “lontane”, burocrazie anonime e minacciose come quella dell’Ue.
«Così, fra i cittadini è cresciuto il distacco dalla dimensione pubblica», scrive Diamanti su “Repubblica”. «Al “senso civico” è subentrato il “senso cinico”». Mentre, per citare Bauman, si è diffusa «la solitudine del cittadino globale». Ed è così che «la Ilvo Diamantiprospettiva di “un Uomo Forte al governo” è divenuta tanto popolare. Che non significa populista. Ma lo può diventare, se non trova risposta nei partiti». A quel punto, «i cittadini restano soli», davanti ai loro monitor: «Dialogano, interagiscono e reagiscono con il mondo soprattutto attraverso la rete. Mediante i Pc, i tablet e, soprattutto, gli smartphone. Basta guardarsi intorno, nei luoghi pubblici, per trovarsi circondati da persone che camminano oppure stanno ferme, ma con gli occhi fissi sullo smartphone, mentre le dita battono sui tasti». Una “folla solitaria”, per echeggiare il noto saggio di David Riesman. «“Affollata” di persone che sono sempre in comunicazione con gli altri, con il mondo, ma sono sempre sole. Meglio non stupirsi, allora, se cresce la domanda di un Uomo Forte. “Autorevole”, non “autoritario”. Un “leader”, non un “dittatore”». Già, perché «questa società è allergica ai vincoli e alle regole: figurarsi se accetterebbe figure troppo “forti”. Basta vedere che fine ha fatto Silvio Berlusconi, o le difficoltà che incontra Matteo Renzi».
Fino a pochi mesi fa, infatti, si marciava verso un bicameralismo “imperfetto”, con un Senato ridimensionato. E una legge elettorale a doppio turno, «a sostegno di una democrazia maggioritaria». Tutto a monte: prima la bocciatura imposta dal referendum, che ha confermato l’attuale Senato e dunque il bicameralismo classico. Poi la sentenza della Corte Costituzionale, che ha emendato l’Italicum, dichiarando illegittimo il ballottaggio: se per vincere bisogna ottenere il 40% dei voti, l’Italia resterà senza maggioranze né leadership precise, annota Diamanti sempre su “Repubblica”. Se Renzi è il vero sconfitto dal referendum, i vincitori sono frammentati e incompatibili tra loro. «E in una competizione proporzionale, in un Parlamento con Renzidue Camere senza maggioranze chiare e omogenee, la minoranza renziana rischia di risultare maggioritaria», dal momento che «non si vede un partito in grado, da solo, di superare il 40% dei voti al primo turno».
Un ulteriore mutamento degli ultimi mesi è determinato dall’appannarsi della prospettiva “personale”. Perché i sistemi elettorali di Camera e Senato, oggi, favoriscono semmai il ritorno dei partiti, come ha suggerito con qualche ironia Giuliano Ferrara, intervistato dall’“Unità”. «D’altra parte – aggiunge Diamanti – gli “uomini forti” oggi vengono evocati e invocati dagli italiani perché non ci sono. E perché i partiti, gli attori e i canali della rappresentanza, sono sempre più deboli, lontani dalla società e dal territorio». Il Pd, ad esempio, ha visto dimezzarsi i suoi iscritti negli ultimi tre anni: erano 76.000 nel 2013, oggi sono appena 37.000. Ma non è solo un problema italiano: la sinistra “riformista” è in grande difficoltà in tutta Europa, come ha rammentato Marc Lazar, in un’intervista su “Le Monde”. In Francia, in vista delle presidenziali, il Ps non è mai apparso tanto debole, stretto fra la sinistra di Mélenchon e il centro di Macron. Ma anche altrove: in Germania, in Spagna, in Gran Bretagna. E perché? Diamanti qui non lo spiega, ma la risposta sta emergendo in modo plateale: cooptata dall’élite neoliberista e privatizzatrice, l’ex “sinistra Marine Le Penriformista” ha presentato ai cittadini ricette inevitabilmente “deludenti”, impopolari, che hanno gonfiato le fila dei cosiddetti “populisti”.
In Italia, i personaggi teoricamente accreditati come uomini-contro sono Grillo e Salvini, il primo a capo di un “non-partito”, il secondo alla guida di una Lega che ieri era «il soggetto politico più simile ai tradizionali partiti di massa», mentre ora «si è a sua volta personalizzata», inseguendo con fatica «la prospettiva di una destra lepenista-nazionale», incarnata in Francia dall’unica figura “forte” sulla scena, Marine Le Pen, contraltare perfetto dell’altra lady di ferro europea, Angela Merkel: più che l’Uomo Forte, oggi, la politica europea propone la Donna Forte. E in Italia? «Dobbiamo fare i conti con partiti ipotetici e non-partiti», conclude Diamanti. Partiti «dis-organizzati e poco radicati: anzi, s-radicati nella società e sul territorio». E così, «mentre si cerca – e insegue – un Uomo Forte, incontriamo leader deboli, oppure indeboliti». Perché la forza del leader «sta nella capacità di dare volto e voce ai cittadini», che sono «in cerca di valori, ma anche di persone in cui riconoscersi: per non sentirsi deboli, e disorientati». Si guarda agli Usa? «Da noi, però, non c’è un Trump», comunque lo si valuti, «ma solo pallide imitazioni. Più che popolari: populiste». Sicchè, chiosa Diamanti, «due mesi dopo il referendum, tutto sembra cambiato. E oggi marciamo sicuri. Verso il passato».
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Re: Diario della caduta di un regime.
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Se l’Italia cambia padrone, qualcuno la sta “sovragestendo”
Scritto il 04/3/17 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
«Matteo Renzi è un politico finito. Ha deluso tutti, non ha mai rispettato la parola data: a Bersani, Letta, Berlusconi». Ora ha anche tradito l’impegno preso con gli italiani, a cui aveva promesso di sparire dalla circolazione in caso di sconfitta al referendum. Che il “rottamatore” fosse al capolinea lo diceva, prima ancora del 4 dicembre, l’avvocato Gianfranco Carpeoro, autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, che illumina oscuri retroscena del potere italiano, «sovragestito dalla P1», struttura-ombra (mai denunciata da nessun altro) che sarebbe il vero “dominus” delle trame di palazzo, attraverso personaggi come il politologo americano Michael Ledeen, che Carpeoro presenta come esponente di vertice della super-massoneria reazionaria, anche affiliato al B’nai B’rith, cellula massonica super-segreta controllata dal Mossad. Per Carpeoro, Ledeen avrebbe “gestito” «prima Craxi e poi Di Pietro, quindi Renzi e contemporaneamente il grillino Di Maio». La tesi dell’avvocato: «Non sono le persone a fare progetti di potere, è il potere a fare progetti sulle persone».
Cambiano i musicisi, non la musica. Renzi? «Pur dicendosi “di sinistra” ha bussato per anni, inutilmente, alle porte della super-massoneria conservatrice», afferma Gioele Magaldi, autore del libro “Massoni, società a responsabilità illimitata”. Non gli è stato aperto: «Persino Napolitano si è rifiutato di fargli da garante». Ora, sembra arrivato l’avviso di sfratto: per via giudiziaria, tanto per cambiare. «Via Renzi, è già pronto Di Maio», diceva Carpeoro, mesi fa. Alla luce degli ultimi sviluppi, in effetti, suona meno “strano” l’improvviso voltafaccia di Grillo al Parlamento Europeo, con il rocambolesco abbandono di Farage dopo la vittoria sulla Brexit per tentare di approdare al gruppo centrista pro-euro, in cui milita Mario Monti. Come se il capo dei 5 Stelle avesse voluto inviare un segnale chiarissimo di “affidabilità”, rispetto al vero potere che gestisce l’Europa, l’economia, la finanza. Altro dettaglio, fondamentale: nel “MoVimento”, chi dissente è perduto: condannato alla pubblica esecrazione, e persino – se cambia casacca – invitato a pagare una penale.
Impossibile coltivare idee diverse da quelle del Capo: è dunque un esercito di terracotta, quello che domani – tramontato Gentiloni – potrebbe prendere in mano il governo del paese? Tiene ancora banco il refrain dell’“uno vale uno”, ma – beninteso – ammesso che sia allineato con l’unico, vero Numero Uno. In libri come “Il golpe inglese”, scritto con Mario Josè Cereghino, il giornalista Mario Fasanella sostiene che l’Italia sia sempre stata “sovragestita” da poteri esterni, stranieri, economici e finanziari. Lo stesso Jobs Act, rivela Paolo Barnard, è stato scritto – due anni prima dell’adozione, da parte di Renzi – dalla potentissima “Business Europe”, think-tank che “detta le leggi” alla Commissione Europea. L’Italia politica è nel caos: il Pd si spappola, Renzi è sotto attacco (il padre indagato, nell’inchiesta che sta coinvolgendo il ministro Lotti e altri renziani) e i 5 Stelle che serrano i ranghi, dichirando guerra al dissenso interno: come se si stesse avvicinando una grande burrasca (le elezioni francesi, la Le Pen, l’euro che vacilla insieme all’Ue). Serviranno “soldati”, addestrati a obbedire? E nel caso, a chi? Chi sta “sovragestendo”, oggi, la palude italiana?
«Renzi finirà asfaltato dai No, e il suo successore lo stabilirà il Vaticano», disse, mesi prima del referendum, il “profeta” Rino Formica, già ministro socialista nella Prima Repubblica. Bingo: Paolo Gentiloni è discendente della famiglia dei conti Gentiloni Silveri, “nobili di Filottrano, Cingoli e Macerata”, storicamente al servizio della Santa Sede. Dai media mainstream, sempre lontani anni luce dalle “fake news” (leggasi: notizie scomode) contro cui si sta abbattendo l’offensiva di Laura Boldrini (una legge speciale per imbavagliare il web, come se già non esistessero leggi a tutela dei cittadini diffamati), è impossibile ricavare analisi di scenario, oltre alla piccola agenda tattica di partiti e leader. Chi sta “sovragestendo” il paese, oggi, a parte il Vaticano che sicuramente “apprezza” Gentiloni? Carpeoro è pessimista: «Non emerge un piano-B che contesti l’attuale sistema, in base al quale, perché noi si stia meglio, qualcuno deve per forza stare peggio». Unico spiraglio: «La base elettorale dei 5 Stelle, animata da forti motivazioni etiche».
Più ottimista invece Magaldi, che dopo aver segnalato (mai smentito da nessuno) la presenza di D’Alema, Napolitano, Monti e Padoan nella super-massoneria oligarchica, responsabile della globalizzazione antidemocratica, privatizzatrice e mercantilista, oggi scommette sul collasso del Pd, che «darebbe fiato a nuove istanze progressiste e democratiche finalmente autentiche», archiviata la “finta sinistra” che ha svenduto il paese ai potentati economici stranieri precipitando l’Italia in questa crisi senza fine. Troppo ottimista, Magaldi? Da più parti si fa notare il ritorno della “giustizia a orologeria” denunciata per anni da Berlusconi: l’inchiesta che lambisce Renzi coincide alla perfezione con il calendario della condanna in primo grado dell’alleato Verdini. Sembra un messaggio all’ex premier, mai accolto nel “salotto buono” in cui siedono molti altri italiani, da Mario Draghi a Emma Marcegaglia. Il caos cresce, e del Piano-B (restituire sovranità finanziaria a un governo finalmente eletto, autorizzato a investire denaro pubblico per produrre occupazione) non c’è neppure l’ombra.
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Se l’Italia cambia padrone, qualcuno la sta “sovragestendo”
Scritto il 04/3/17 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
«Matteo Renzi è un politico finito. Ha deluso tutti, non ha mai rispettato la parola data: a Bersani, Letta, Berlusconi». Ora ha anche tradito l’impegno preso con gli italiani, a cui aveva promesso di sparire dalla circolazione in caso di sconfitta al referendum. Che il “rottamatore” fosse al capolinea lo diceva, prima ancora del 4 dicembre, l’avvocato Gianfranco Carpeoro, autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, che illumina oscuri retroscena del potere italiano, «sovragestito dalla P1», struttura-ombra (mai denunciata da nessun altro) che sarebbe il vero “dominus” delle trame di palazzo, attraverso personaggi come il politologo americano Michael Ledeen, che Carpeoro presenta come esponente di vertice della super-massoneria reazionaria, anche affiliato al B’nai B’rith, cellula massonica super-segreta controllata dal Mossad. Per Carpeoro, Ledeen avrebbe “gestito” «prima Craxi e poi Di Pietro, quindi Renzi e contemporaneamente il grillino Di Maio». La tesi dell’avvocato: «Non sono le persone a fare progetti di potere, è il potere a fare progetti sulle persone».
Cambiano i musicisi, non la musica. Renzi? «Pur dicendosi “di sinistra” ha bussato per anni, inutilmente, alle porte della super-massoneria conservatrice», afferma Gioele Magaldi, autore del libro “Massoni, società a responsabilità illimitata”. Non gli è stato aperto: «Persino Napolitano si è rifiutato di fargli da garante». Ora, sembra arrivato l’avviso di sfratto: per via giudiziaria, tanto per cambiare. «Via Renzi, è già pronto Di Maio», diceva Carpeoro, mesi fa. Alla luce degli ultimi sviluppi, in effetti, suona meno “strano” l’improvviso voltafaccia di Grillo al Parlamento Europeo, con il rocambolesco abbandono di Farage dopo la vittoria sulla Brexit per tentare di approdare al gruppo centrista pro-euro, in cui milita Mario Monti. Come se il capo dei 5 Stelle avesse voluto inviare un segnale chiarissimo di “affidabilità”, rispetto al vero potere che gestisce l’Europa, l’economia, la finanza. Altro dettaglio, fondamentale: nel “MoVimento”, chi dissente è perduto: condannato alla pubblica esecrazione, e persino – se cambia casacca – invitato a pagare una penale.
Impossibile coltivare idee diverse da quelle del Capo: è dunque un esercito di terracotta, quello che domani – tramontato Gentiloni – potrebbe prendere in mano il governo del paese? Tiene ancora banco il refrain dell’“uno vale uno”, ma – beninteso – ammesso che sia allineato con l’unico, vero Numero Uno. In libri come “Il golpe inglese”, scritto con Mario Josè Cereghino, il giornalista Mario Fasanella sostiene che l’Italia sia sempre stata “sovragestita” da poteri esterni, stranieri, economici e finanziari. Lo stesso Jobs Act, rivela Paolo Barnard, è stato scritto – due anni prima dell’adozione, da parte di Renzi – dalla potentissima “Business Europe”, think-tank che “detta le leggi” alla Commissione Europea. L’Italia politica è nel caos: il Pd si spappola, Renzi è sotto attacco (il padre indagato, nell’inchiesta che sta coinvolgendo il ministro Lotti e altri renziani) e i 5 Stelle che serrano i ranghi, dichirando guerra al dissenso interno: come se si stesse avvicinando una grande burrasca (le elezioni francesi, la Le Pen, l’euro che vacilla insieme all’Ue). Serviranno “soldati”, addestrati a obbedire? E nel caso, a chi? Chi sta “sovragestendo”, oggi, la palude italiana?
«Renzi finirà asfaltato dai No, e il suo successore lo stabilirà il Vaticano», disse, mesi prima del referendum, il “profeta” Rino Formica, già ministro socialista nella Prima Repubblica. Bingo: Paolo Gentiloni è discendente della famiglia dei conti Gentiloni Silveri, “nobili di Filottrano, Cingoli e Macerata”, storicamente al servizio della Santa Sede. Dai media mainstream, sempre lontani anni luce dalle “fake news” (leggasi: notizie scomode) contro cui si sta abbattendo l’offensiva di Laura Boldrini (una legge speciale per imbavagliare il web, come se già non esistessero leggi a tutela dei cittadini diffamati), è impossibile ricavare analisi di scenario, oltre alla piccola agenda tattica di partiti e leader. Chi sta “sovragestendo” il paese, oggi, a parte il Vaticano che sicuramente “apprezza” Gentiloni? Carpeoro è pessimista: «Non emerge un piano-B che contesti l’attuale sistema, in base al quale, perché noi si stia meglio, qualcuno deve per forza stare peggio». Unico spiraglio: «La base elettorale dei 5 Stelle, animata da forti motivazioni etiche».
Più ottimista invece Magaldi, che dopo aver segnalato (mai smentito da nessuno) la presenza di D’Alema, Napolitano, Monti e Padoan nella super-massoneria oligarchica, responsabile della globalizzazione antidemocratica, privatizzatrice e mercantilista, oggi scommette sul collasso del Pd, che «darebbe fiato a nuove istanze progressiste e democratiche finalmente autentiche», archiviata la “finta sinistra” che ha svenduto il paese ai potentati economici stranieri precipitando l’Italia in questa crisi senza fine. Troppo ottimista, Magaldi? Da più parti si fa notare il ritorno della “giustizia a orologeria” denunciata per anni da Berlusconi: l’inchiesta che lambisce Renzi coincide alla perfezione con il calendario della condanna in primo grado dell’alleato Verdini. Sembra un messaggio all’ex premier, mai accolto nel “salotto buono” in cui siedono molti altri italiani, da Mario Draghi a Emma Marcegaglia. Il caos cresce, e del Piano-B (restituire sovranità finanziaria a un governo finalmente eletto, autorizzato a investire denaro pubblico per produrre occupazione) non c’è neppure l’ombra.
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Re: Diario della caduta di un regime.
UncleTom ha scritto:MENTRE IL MONDO STA ANDANDO A RAMENGO, NEL BEL PAESE SPUNTANO LE SCIE COMICHE, TANTO PER ESSERE FEDELI ALLA TRAGICOMMEDIA ALL’ITALIANA.
Dall’Espresso oggi in edicola.
PRIMA PAGINA Le mosse del Cavaliere
Caimano
is back
Unire il centrodestra
Ma anche proporsi
Come indispensabile
alleato del Pd. Con
due schemi di gioco
Berlusconi prepara il
suo ennesimo ritorno
di Marco Damilano
CONTINUA
Ecco come Silvio Berlusconi prepara il suo grande ritorno
L'ex Cavaliere punta a unire il centrodestra, ma anche a proporsi come indispensabile alleato del Pd. Questi sono gli schemi di gioco con cui cerca di riaccreditarsi verso l'establishment. E di apparire come l'uomo della stabilità
di Marco Damilano
11 aprile 2017
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Ecco come Silvio Berlusconi prepara il suo grande ritorno
Berlusconi con un agnello adottato (dal profilo Facebook di Michela Brambilla)
Rinasco, rinasco... Silvio Berlusconi aveva cominciato in politica citando “Rio Bo” di Aldo Palazzeschi alla radio, ma oggi potrebbe ripetere i versi di Guido Gozzano, «il cùcu dell’ore che canta rinasco rinasco del mille ottocento cinquanta».
La data della rinascita dell’ex Cavaliere è già fissata: duemiladiciotto.
Per quella data, come si sa, Berlusconi si aspetta che gli venga restituito l’onore politico, ovvero la possibilità di ricandidarsi in Parlamento che oggi gli è vietata ai sensi della legge Severino, dopo la condanna del 2013 per frode fiscale.
In attesa del pronunciamento della corte di Strasburgo l’ex premier si gode l’improvvisa centralità riconquistata. Il primo segnale mesi fa, durante le feste di Natale, in occasione degli auguri del Capo dello Stato alle alte cariche repubblicane, quando Berlusconi apparve all’improvviso nei corridoi del Quirinale scortato da Gianni Letta e si inserì in un colloquio tra Sergio Mattarella e Paolo Gentiloni.
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