Renzi

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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L'IMBECILLE FELICE DI ESSERE IMBECILLE ANCHE A PASQUA E' ALL'OPERA.
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SMS. PER LUCFIG


E’ COSI’ VULNERABILE IL FORUM, CHE UN NORMALE IMBECILLE CHE GODE A NON FARTI SCRIVERE, POSSA OPERARE TRANQUILLAMENTE?????
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Re: Renzi

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15 apr 2017 17:30

1. ALT! LA STORIA DEL CRONISTA MINACCIATO DALLA SCORTA DI RENZI RACCONTATA DA ANDREA CANGINI, DIRETTORE DI 'QUOTIDIANO NAZIONALE' E' STATA RIVELATA DA BELPIETRO IN UN LIBRO
2. IL GIORNALISTA ERA MARCO GALLUZZO DEL ''CORRIERE DELLA SERA'', CHE AVEVA PRESO UNA STANZA NELLO STESSO ALBERGO DI FORTE DEI MARMI IN CUI SVACANZAVA L'ALLORA PREMIER
3. MENTRE IL SUO AGENTE (DEI SERVIZI, SECONDO CANGINI) INTIMIDIVA IL CRONISTA, RENZI INVIAVA SMS INFUOCATI A DE BORTOLI, ALLORA DIRETTORE DEL 'CORRIERE'. ECCO COSA RISPOSE
4. COME MAI LA STORIA DI QUESTA PREPOTENZA NON USCI' PRIMA? ERAVAMO NEL 2014, L'ESTATE DEL 40% ALLE EUROPEE E DI MASSIMO POTERE RENZIANO. TOCCARE IL DUCETTO ERA PROIBITO









1. IL DIRETTORE DEL 'QUOTIDIANO NAZIONALE' SGANCIA UNA BOMBA SU RENZI: 'LE MINACCE A UN GIORNALISTA DA PARTE DI UN UOMO DELLA SCORTA'



http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 145896.htm





2. DE BORTOLI AVEVA RACCONTATO L'EPISODIO A BELPIETRO, CHE CITA PERSINO GLI SMS INVIATI DA RENZI

Estratto dal libro ''I segreti di Renzi'' di Maurizio Belpietro con Giacomo Amadori e Francesco Borgonovo, edito da Sperling & Kupfer (2016)

C'è anche un altro episodio di cui è protagonista, suo malgrado, un giornalista del Corriere della Sera. Il quotidiano di via Solferino, all'epoca ancora diretto da Ferruccio de Bortoli, una volta appreso che il premier sta trascorrendo le ferie all'hotel Villa Roma Imperiale del Forte, decide di inviare sul posto Marco Galluzzo, che prende una stanza nello stesso albergo.

Quando Renzi lo viene a sapere, va su tutte le furie e manda uno dei suoi sms di fuoco a de Bortoli, che in quel momento si trova a sua volta in vacanza. Secondo il premier, la presenza di un cronista del Corriere nel suo albergo rappresenta una violazione della privacy. A quanto pare, finché si tratta di centinaia di servizi di giornali e televisioni che fanno spot, tutto va bene. Ma quando i media vogliono andare un po' oltre e fare il loro mestiere al di là della propaganda, a Matteo non va giù.


Dopo l' sms del presidente del Consiglio, Ferruccio de Bortoli telefona in redazione per chiedere delucidazioni. Viene a sapere che Galluzzo è a Forte dei Marmi e decide di chiamarlo. Ed è a quel punto che il giornalista gli racconta un fatto piuttosto spiacevole. A quanto pare, il capo scorta di Renzi lo aveva avvicinato per dirgli: noi sappiamo tutto di te, anche la tua vita privata, stai attento.


Un ottimo modo per gestire i rapporti con la stampa, non c'è che dire: intimidire i cronisti sgraditi. Ormai in Italia siamo abituati a tutto, e un episodio del genere rischia di passare come una cosa di poco conto. Ma in un altro Paese un fatto simile susciterebbe uno scandalo. Qui ci troviamo davanti a un cronista di uno dei maggiori quotidiani italiani che fa il suo mestiere, non a un ficcanaso che vuole rovistare sotto le lenzuola di qualcuno. E nessuno può sognarsi di minacciarlo o di fargli pressioni di questo tipo.


Ma, a quanto pare, il presidente del Consiglio ha un'idea diversa della libertà di stampa. Ed è indicativo, a questo proposito, l'atteggiamento tenuto da Renzi dopo !'intimidazione del suo capo scorta ai danni dell'inviato del Corriere.


Il direttore de Bortoli non è rimasto in silenzio, anzi, ha fatto presente al premier che gli inviati dei giornali non si minacciano. Risposta di Matteo, via sms: «Vabbè, vabbè». Come a dire: che vuoi che sia, si tratta di ordinaria amministrazione. Silenzio e docce gelate: il trattamento Renzi per i giornalisti.


IL TUO PLAGIO È COME UN ROCK - ED SHEERAN COSTRETTO A RISARCIRE DUE OSCURI MUSICISTI CHE HANNO IMPUGNATO LA SUA HIT ''THINKING OUT LOUD'' (VIDEO). IL TIMIDO CANTAUTORE AVEVA GIÀ DOVUTO SBORSARE UNA BELLA SOMMA AGLI EREDI DI MARVIN GAYE. MA TRA YOUTUBE, PARENTI AVIDI E AVVOCATI SVEGLI, LE CAUSE SONO MIGLIAIA. IL POP HA FINITO GLI ACCORDI?


15 apr 18:48
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Re: Renzi

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"Vi spiego perché il Pd di Matteo Renzi è la nuova Forza Italia"
"Non c'è in Italia un'idea politica, c'è solo l'accoglimento acritico delle pulsioni. Ma l’assenza di politica fa male a un paese". Parla Carlo Galli, uno dei maggiori politologi italiani
di Marco Pacini

13 aprile 2017
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Che cosa c’è dietro, sotto, o almeno di fianco a un “ciaone”, uno scambio di tweet che occupa una pagina di giornale, una scissione, una micro scissione, una ricomposizione, una passerella leopolda, le primarie, le comunarie, o un nuovo (chissà mai) predellino...? Nulla o quasi. Al massimo il fantasma della politica, o la politichetta a corta gittata.

Dalla messa in soffitta delle ideologie a quella delle idee e in definitiva del pensiero il passo è stato breve. Il processo di svuotamento rapido, inesorabile, incontrovertibile, agli occhi della scienza politica. Carlo Galli, uno dei maggiori politologi italiani, ha voluto portarlo dentro, il suo sguardo. Nel partito, nell’aula parlamentare. Eletto nelle file del Pd nel 2013 si avvia alla conclusione della sua «prima e ultima» esperienza “dentro” la politica, come indipendente nel gruppo degli scissionisti Pd, dopo un rapido transito in Sinistra italiana.

Oggi, dopo una lunga attività accademica e una produzione scientifica di primo livello, ha consegnato la testimonianza del “divorzio” a un testo in cui la dottrina fa posto anche al racconto personale, autobiografico. Il titolo è “Democrazia senza popolo” (Feltrinelli). Ma sarebbe potuto essere “Politica senza pensiero”. Perché è questo il divorzio che Galli racconta: «La politica non solo non ha più un pensiero che la sorregga e la guidi. Ma ogni pensiero è deliberatamente escluso. La politica è navigare a vista, portare a casa qualcosa per sé e per il proprio gruppo».


Deluso? «No, non proprio deluso perché non mi ero mai illuso; mi porto dentro un grande senso di spaesamento. Ma ho imparato molto ai miei fini. Soprattutto dal punto di vista del comportamento antropologico». Già la politica oggi è antropologia, o psicologia. «È un modo di stare al mondo».

Le categorie del politico vanno allora forse cercate altrove. Nella “stasi frenetica” delle società tardomoderne, come sembra suggerire la più attenta sociologia, per esempio. E uno dei segni più evidenti di questa stasi “stasi frenetica” è l’avanzare di una
politica che, una volta preso congedo dai programmi e dai progetti di lungo respiro, trova la propria “mission” nell’accelerazione verso traguardi non suoi, nella contrazione dei processi decisionali dove il “come” oscura il “che cosa”. Nel “non c’è tempo da perdere”, senza ben sapere per il raggiungimento di quale obiettivo politico. Non perdere il passo con il mutamento è l’imperativo che già denuncia una resa, la riduzione della politica a rincorsa di un “mutamento” di cui si sono perse le redini. La legittimazione che diventa accelerazione, contrazione.

«Mentre la politica ha bisogno di un orizzonte di pensiero, di un tempo del pensiero. Tra chi fa politica oggi tutto questo non c’è», constata Galli, «Quello che è completamente assente è l’attitudine e capire da dove vengono i problemi, che è l’unica via per affrontarli. Per questo vediamo un amalgama indistinto privo di progettualità. Non c’è in Italia un’idea politica c’è solo l’accoglimento acritico delle pulsioni. Ma l’assenza di politica fa male a un paese».


«E i cittadini lo sanno, forse in modo inconsapevole o inconscio, che è necessaria la politica per cambiare le cose», prosegue il professore. «Ma senza un’analisi, un pensiero, le cose non si cambiano. E i cittadini lo vogliono. Chiedono una riflessione rispetto alla chiacchiera. Chiedono un ripensamento radicale... se questo ci fosse calerebbe il vento di quello che chiamiamo populismo».

Verrebbe da dire, con Gaber, che “è evidente che la gente è poco seria quando parla di sinistra o destra”, se non fosse che - come sottolinea Carlo Calli - «l’assenza di scontro 
di idee, di opzioni politiche alternative, è una pessima cosa per il futuro, perché apre il ventre del Paese a pulsioni irrazionaliste». Che sarebbe serio, riparlarne, insomma 
di destra e sinistra.

Eppure anche il politologo bolognese che nel 2010 aveva dato alle stampe “Perché ancora sinistra e destra”, stila una diagnosi netta: «Sinistra e destra oggi non esistono e il Pd renziano si può considerare a tutti gli effetti di centrodestra, perfettamente omogeneo a Forza Italia». La divisione resiste solo sui temi etici e dei diritti individuali. E in qualche modo è pre-politica.

Ma lo riscriverebbe oggi, Galli, sotto questa cappa dal colore indistinto, un libro come “Perché ancora destra e sinistra”? La risposta è affermativa, perché forse aiuterebbe a disseppellire una contrapposizione autenticamente politica, dai detriti 
di un’altra: sistema-antisistema. Una contrapposizione - secondo Galli - che si gioca spesso con carte truccate, 
«dato che, per restare al caso italiano, il Movimento 5Stelle non è antisistema, ma anticasta, e sono due cose diverse». 
«I grillini non hanno né la cultura né la voglia di analizzare 
le cose, il sistema», conclude. «L’essenza del loro pensiero politico è semplice: “la politica è facile “. Ma non è vero. 
E di anti-sistema in Italia c’è solo la Lega o frange dell’estrema sinistra».

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Re: Renzi

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19 apr 2017 19:47

IL BUCO NERO DELLE "NON-NEWS"

- GUIDO RAMPOLDI: ‘CHE COSA È IN GIOCO NELLO SCONTRO RENZI-‘REPORT’? NON SOLO PESSINA-L'UNITÀ: FATTI CHE ALTROVE FAREBBERO DISCUTERE, IN ITALIA SONO OMESSI. L' INFORMAZIONE È PARTE DEL CAPITALISMO DI RELAZIONE CHE RENZI VOLEVA SCARDINARE E DI CUI INVECE APPROFITTA’



http://www.dagospia.com/rubrica-2/media ... 146149.htm









Guido Rampoldi per ‘il Fatto Quotidiano’



STAINO RENZI
STAINO RENZI


Che cosa è davvero in gioco nello scontro che oppone Renzi al Fatto e a Report? La verità circa ricostruzioni per le quali l' ex premier si ritiene calunniato o molto di più? Se alziamo lo sguardo dalle faccende legate al salvataggio dell' Unità scopriamo che la questione non è le fake news, le notizie fabbricate manipolando gli eventi, ma le non-news, gli eventi che non diventano notizia.



Si può essere in disaccordo con quello che scrive il Fatto (capita anche a me), ma non si può negare che nessun giornale dia altrettanto rilievo alle metamorfosi in corso nel sistema dei media. Perché vicende che altrove farebbero discutere in Italia sono minimizzate, la loro sostanza omessa? A indagare si scopre che le non-news funzionano come l' interdetto in alcune scienze umane: gridano ciò che vorrebbero silenziosamente rimuovere. Ecco alcuni esempi recenti.



bersani renzi
bersani renzi


A) Secondo quanto afferma Pier Luigi Bersani nel dicembre scorso, Renzi e il suo governo hanno goduto di buona stampa perché "alcuni soggetti economici di comando, finanziari e dell' informazione, avevano bisogno di aggiustare le cose loro". I giornali non riprendono questa affermazione, è una non-news; e nessuno indaga su quell'"aggiustare le cose loro". Eppure non è marginale sapere se in Italia la funzione critica svolta dall' informazione possa essere regolata in modo di escludere dal suo raggio alcuni sistemi di potere, per primo il governo.



È possibile limitare in segreto un elemento costitutivo della democrazia liberale? L' ipotesi non è inverosimile. Come ricerche confermano (Stefano Feltri sul Fatto, 30 marzo), i media possono fabbricare consenso durevole e cospicuo, un bene assai pregiato dalla politica. E se il consenso può essere fabbricato come una merce, allora come una merce potrà essere venduto e scambiato.



vincino vignette 2
vincino vignette 2


B) L' Unità ha pochi lettori ma valore simbolico e udienza tra i quadri del Pd. Il vertice del partito ha cercato, trovandoli, imprenditori e banche disponibili a salvarla. Ma chi compra e chi finanzia un' impresa che accumula perdite e non controlla neppure il proprio sito? "Io ai filantropi non credo", risponde uno che è stato nella partita, l' imprenditore Guido Veneziani, quando il Fatto gli chiede se chi ha rilevato l' Unità si aspettasse favori dal Pd. In tema Report collega alcuni appalti con l' ingresso di un costruttore nella proprietà (il costruttore smentisce). Alla trasmissione segue un frastuono di dichiarazioni sdegnate sul dilagare delle fake news.



sigfrido ranucci l unita
sigfrido ranucci l unita


Tra gli sgomenti anche Franco Siddi, personaggio dalla spettacolare curvatura: già segretario della Fnsi, il mesto sindacato dei giornalisti, entra nel cda Rai in quota Renzi e diventa presidente di Confindustria radio-televisioni, un interessante combinato di interessi politici e privati. Sergio Staino spiega l' interessamento di imprenditori all' Unità, di cui è stato fino a ieri direttore, con "l' attenzione e la simpatia" con la quale le industrie che operano all' estero guardavano al governo Renzi. Per esprimere "attenzione e simpatia" basta una email: oppure occorre molto di più? Il dubbio non sfiora i media, che liquidano la vicenda nei termini innocui della polemica.



matteo renzi francesco bonifazi
matteo renzi francesco bonifazi


C) Perché anche ottime imprese ritengano prudente mostrare simpatia verso il governo per ottenere quel che altrove è assicurato dal merito, è cosa che potrebbero spiegare gli stessi imprenditori, magari attraverso il loro quotidiano, il Sole 24 Ore. Simpatizzare aiuta a ottenere linee di credito, vantaggi competitivi, la protezione che dovrebbe garantire la giustizia civile se non fosse disastrata?



massimo pessina
massimo pessina


Sul tema, il giornale della Confindustria non offre molto più di esortazioni alla competizione corretta e trasparente, certo lodevoli ma meno efficaci da quando la società editrice è oggetto di un' inchiesta per falsi contabili e vendite gonfiate. Sui suoi guai l' informazione sorvola, non-news, anche perché in tema di vendite gonfiate altri sarebbero in difetto. In ogni caso, il doppio standard pare la regola di tanti gruppi editoriali, restii ad applicare in casa propria i principi etici che proclamano alto e forte.



Se mettiamo insieme tutto questo, appare quel che le non-news indirettamente rivelano: il modello italiano ha configurazione diversa da quella di una democrazia liberale classica. Semmai è un capitalismo di relazione, sistema dato per morto due anni fa proprio da Renzi con uno dei suoi annunci menagramo: "Il sistema che poneva la relazione come elemento chiave di un Paese in cui giornali, banche, imprese, fondazioni bancarie, partiti politici hanno pensato che si potesse andare avanti tutti insieme dialogando e discutendo, è morto".



Però nella frase successiva il cadavere respirava ancora: "Se non muore quel sistema muore l' Italia". Il sistema non è morto, non essendo venuti meno i fattori strutturali che lo sostengono. Inoltre si salda perfettamente con la cultura che divide il mondo in chi ha 'le conoscenze' e chi non le ha. Il suo motto era già nell' ex-ergo di un romanzo di Balzac: "Merito, talento? Puah. Iscrivetevi a una consorteria".



È stata soprattutto questa mentalità - trasversale a classi e partiti - a condurre al dissesto la Grecia. Malgrado il precedente di pessimo auspicio e le ristrettezze causate dall' analogo debito italiano, il nostro capitalismo di relazione ha ancora un futuro. Molto potrebbero giovargli le sante alleanze in costruzione per fermare Grillo: intrecceranno una vastità di interessi pubblici e privati, e con quelli i media sottostanti (a scanso di equivoci: non voto M5S , sono un liberal ultra-europeista).

l unita
l unita




L' invisibilità del sistema aumenterebbe, e così i baratti fondati sulla fabbricazione del consenso. Si consoliderebbe, tra l' altro, la tendenza a identificare la politica estera con gli interessi di alcune grandi imprese (un esempio è il tetragono silenzio dei media sulle lodi di Renzi al Pinochet egiziano, al-Sisi, motivate anche dal desiderio di promuovere gli affari).



In ogni caso, le propensioni ancillari del nostro giornalismo sembrano destinate a crescere al ritmo col quale si va ingrossando, in quei luoghi infelicissimi che ormai sono le redazioni, la filiera dei funzionari del capitalismo di relazione. Questo non cambierà la vita a tanti giornalisti bravi e limpidi, purché si tengano alla larga dalle non-news potranno continuare a occuparsi delle loro cose: però nei ranghi di una professione sempre più screditata. Conviene accettare in silenzio questo declino? Non è più onorevole, più appassionante, più sano, alzare la testa e discutere di cosa sia diventato questo mestiere nel tempo dell' informazione-merce?
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