La Terza Guerra Mondiale
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Re: La Terza Guerra Mondiale
Gli Stati Uniti avvertono la Nord Corea: "La pazienza strategica è finita"
Ieri l'ennesimo test missilistico di Kim Jong-un. Gli Stati Uniti sono pronti alla guerra. Pence in visita a Seul: "Tutte le opzioni sono sul tavolo"
Sergio Rame - Lun, 17/04/2017 - 10:02
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La tensione tra gli Stati Uniti e la Corea del Nord è alle stelle. Ieri, dopo aver fatto sfilare in occasione della "Giornata del Sole" un nuovo missile intercontinentale alimentato a combustibile solido, un tipo di progettazione che la renderebbe più veloce da caricare e in grado di mantenersi pronta all'utilizzo per un periodo di tempo più lungo rispetto a quelle alimentate con propellente liquido, Kim Jong-un ha effettuato un nuovo test missilistico.
Che fortunatamente è fallito. Ma la misura potrebbe essere presto colma.
Oggi il vicepresidente degli Stati Uniti, Mike Pence, ha visitato la zona demilitarizzata (DMZ) che separa le due Coree in un momento di massima tensione con il Nord a causa dei test militari ripetuti da Kim Jong-un. E, a pochi metri dal confine con la Corea del Nord, ha nuovamente sottolineato l'importanza dell'alleanza tra Washington e Seul e la "determinazione del popolo e del presidente americano" a risolvere la situazione "con mezzi pacifici, attraverso negoziati". Ma il numero due di Donald Trump ha anche rimarcato che la "la pazienza strategica" degli Stati Uniti è esaurita e che "tutte le opzioni sono sul tavolo" per raggiungere la denuclearizzazione della penisola coreana, ventilando nuovamente che la via militare è una possibilità se Pyongyang dovesse tirare troppo la corda.
Pence si è poi spostato a Seul, a circa 50 chilometri a sud della zona demilitarizzata, una striscia di quattro chilometri di larghezza che corre lungo il confine tra i due Paesi, che sono tecnicamente in guerra da oltre 65 anni, e l'unico punto in cui le truppe del Nord e del Sud sono faccia a faccia. Poche ore prima dell'arrivo del vicepresidente americano, la Corea del Nord aveva tentato senza successo di lanciare un missile balistico che è esploso dopo il lancio. A seguito del lancio di un altro missile, effettuato il 5 aprile, il Pentagono ha deciso di inviare verso la penisola la portaerei nucleare USS Carl Vinson e il suo gruppo d'attacco. Il numero due dell'amministrazione Trump incontrerà oggi il presidente facente funzioni della Corea del Sud, Hwang Kyo-Ahn, reggente dopo la destituzione della presidente Park Geun-hye. I due dovrebbero discutere di come spingere Pyongyang ad abbandonare i suoi programmi nucleari e missilistici attraverso una maggiore pressione diplomatica e un inasprimento delle sanzioni.
A questo scenario di grande tensione si aggiunge la possibilità che il regime di Kim Jong-un decida di fare un test atomico, dato che i movimenti nell'area indicano che tutto sarebbe pronto nella base nucleare nordcoreana. Un'azione che potrebbe produrre un'esclation nelle relazioni tra i due Paesi.
Ieri l'ennesimo test missilistico di Kim Jong-un. Gli Stati Uniti sono pronti alla guerra. Pence in visita a Seul: "Tutte le opzioni sono sul tavolo"
Sergio Rame - Lun, 17/04/2017 - 10:02
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La tensione tra gli Stati Uniti e la Corea del Nord è alle stelle. Ieri, dopo aver fatto sfilare in occasione della "Giornata del Sole" un nuovo missile intercontinentale alimentato a combustibile solido, un tipo di progettazione che la renderebbe più veloce da caricare e in grado di mantenersi pronta all'utilizzo per un periodo di tempo più lungo rispetto a quelle alimentate con propellente liquido, Kim Jong-un ha effettuato un nuovo test missilistico.
Che fortunatamente è fallito. Ma la misura potrebbe essere presto colma.
Oggi il vicepresidente degli Stati Uniti, Mike Pence, ha visitato la zona demilitarizzata (DMZ) che separa le due Coree in un momento di massima tensione con il Nord a causa dei test militari ripetuti da Kim Jong-un. E, a pochi metri dal confine con la Corea del Nord, ha nuovamente sottolineato l'importanza dell'alleanza tra Washington e Seul e la "determinazione del popolo e del presidente americano" a risolvere la situazione "con mezzi pacifici, attraverso negoziati". Ma il numero due di Donald Trump ha anche rimarcato che la "la pazienza strategica" degli Stati Uniti è esaurita e che "tutte le opzioni sono sul tavolo" per raggiungere la denuclearizzazione della penisola coreana, ventilando nuovamente che la via militare è una possibilità se Pyongyang dovesse tirare troppo la corda.
Pence si è poi spostato a Seul, a circa 50 chilometri a sud della zona demilitarizzata, una striscia di quattro chilometri di larghezza che corre lungo il confine tra i due Paesi, che sono tecnicamente in guerra da oltre 65 anni, e l'unico punto in cui le truppe del Nord e del Sud sono faccia a faccia. Poche ore prima dell'arrivo del vicepresidente americano, la Corea del Nord aveva tentato senza successo di lanciare un missile balistico che è esploso dopo il lancio. A seguito del lancio di un altro missile, effettuato il 5 aprile, il Pentagono ha deciso di inviare verso la penisola la portaerei nucleare USS Carl Vinson e il suo gruppo d'attacco. Il numero due dell'amministrazione Trump incontrerà oggi il presidente facente funzioni della Corea del Sud, Hwang Kyo-Ahn, reggente dopo la destituzione della presidente Park Geun-hye. I due dovrebbero discutere di come spingere Pyongyang ad abbandonare i suoi programmi nucleari e missilistici attraverso una maggiore pressione diplomatica e un inasprimento delle sanzioni.
A questo scenario di grande tensione si aggiunge la possibilità che il regime di Kim Jong-un decida di fare un test atomico, dato che i movimenti nell'area indicano che tutto sarebbe pronto nella base nucleare nordcoreana. Un'azione che potrebbe produrre un'esclation nelle relazioni tra i due Paesi.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
Nel L'Espresso ieri in edicola possiamo leggere questo intervento di Gigi Riva:
Mondo
Perché nessuno crede più alle Nazioni Unite
L'attacco di Trump alla Siria è stato deciso senza consultare l'Onu. E non c'è da stupirsi, perché questa organizzazione è ormai percepita come un oggetto di antiquariato. Anche per via delle gravi colpe del suo passato recente
di Gigi Riva
17 aprile 2017
Per dire della ormai conclamata irrilevanza, stavolta nessuno ha sprecato fiato e perso tempo per emanare il solito comunicato in cui si depreca che Donald Trump abbia bombardato la Siria “senza attendere il consenso” e senza agire sotto “l’egida” delle Nazioni Unite. Solo un timido accenno al fatto che, se vorrà rifarlo, sarebbe bene che passasse dal Consiglio di sicurezza. L’Occidente intero plaude, qualcuno tira un sospiro di sollievo per non essere stato costretto ad agire e il cowboy ha tolto le castagne dal fuoco, la Russia avanza una protesta di prammatica. E António Guterres, il nuovo segretario generale portoghese in carica dal primo gennaio scorso (alzi la mano chi lo conosce), nemmeno si prova a ricordare agli americani che esisterebbe, in teoria, proprio a New York un organismo sorto per dirimere i conflitti tra gli Stati. E dare o meno il beneplacito per punire eventuali discoli.
Ci fu un tempo in cui le Nazioni Unite, pur impacciate a causa del diritto di veto per i Paesi vincitori della Seconda guerra mondiale, emanavano fascino e prestigio. Partecipare alle missioni dei caschi blu era un onore. Quando ha cominciato a sgretolarsi l’ordine sancito a Yalta, con esso è andato metaforicamente in frantumi anche il Palazzo di Vetro. Caduto il Muro di Berlino, l’Onu è dapprima morta a Sarajevo nell’incapacità e addirittura nell’ignavia dei suoi soldati che non hanno saputo fermare il massacro in città che avevano pomposamente dichiarato “protette”. Poi è rimorta e rimuore ogni volta che qualcuno tenta una disperata rianimazione con la respirazione bocca a bocca.
L’ultimo colpo fatale, e più vigliacco perché si accaniva contro un corpo già morto, l’ha inferto George Bush il figlio quando si è armato ed è partito con la sua coalizione dei volenterosi per il deserto iracheno dopo che non era riuscito a convincere le Nazioni Unite a firmargli quel benedetto lasciapassare per usarlo come una foglia di fico. Caduta la foglia, è rimasto nudo il concetto di legalità da ricercare quando si tratta di usare le armi per risolvere i contenziosi tra gli Stati. Qualcuno per riflesso condizionato e finzione ipocrita va ancora a New York a presentare domandina per poter bombardare (Sarkozy e Cameron con la Libia), salvo affrettarsi a passare ai fatti e interpretare in modo estensivo l’ok ricevuto.
In tempo di populismo maturo, col ritorno prepotente dell’idea di Stato nazione e di sovranità, la conseguenza è la svalutazione di ogni organismo internazionale in grado di mettere lacci e laccioli a leader che accettano un giudizio solo dal “loro” popolo. L’Onu? Un oggetto di antiquariato.
Tag
Onu
Ue
Siria
Donald Trump
© Riproduzione riservata 17 aprile 2017
http://espresso.repubblica.it/plus/arti ... e-1.299648
Mondo
Perché nessuno crede più alle Nazioni Unite
L'attacco di Trump alla Siria è stato deciso senza consultare l'Onu. E non c'è da stupirsi, perché questa organizzazione è ormai percepita come un oggetto di antiquariato. Anche per via delle gravi colpe del suo passato recente
di Gigi Riva
17 aprile 2017
Per dire della ormai conclamata irrilevanza, stavolta nessuno ha sprecato fiato e perso tempo per emanare il solito comunicato in cui si depreca che Donald Trump abbia bombardato la Siria “senza attendere il consenso” e senza agire sotto “l’egida” delle Nazioni Unite. Solo un timido accenno al fatto che, se vorrà rifarlo, sarebbe bene che passasse dal Consiglio di sicurezza. L’Occidente intero plaude, qualcuno tira un sospiro di sollievo per non essere stato costretto ad agire e il cowboy ha tolto le castagne dal fuoco, la Russia avanza una protesta di prammatica. E António Guterres, il nuovo segretario generale portoghese in carica dal primo gennaio scorso (alzi la mano chi lo conosce), nemmeno si prova a ricordare agli americani che esisterebbe, in teoria, proprio a New York un organismo sorto per dirimere i conflitti tra gli Stati. E dare o meno il beneplacito per punire eventuali discoli.
Ci fu un tempo in cui le Nazioni Unite, pur impacciate a causa del diritto di veto per i Paesi vincitori della Seconda guerra mondiale, emanavano fascino e prestigio. Partecipare alle missioni dei caschi blu era un onore. Quando ha cominciato a sgretolarsi l’ordine sancito a Yalta, con esso è andato metaforicamente in frantumi anche il Palazzo di Vetro. Caduto il Muro di Berlino, l’Onu è dapprima morta a Sarajevo nell’incapacità e addirittura nell’ignavia dei suoi soldati che non hanno saputo fermare il massacro in città che avevano pomposamente dichiarato “protette”. Poi è rimorta e rimuore ogni volta che qualcuno tenta una disperata rianimazione con la respirazione bocca a bocca.
L’ultimo colpo fatale, e più vigliacco perché si accaniva contro un corpo già morto, l’ha inferto George Bush il figlio quando si è armato ed è partito con la sua coalizione dei volenterosi per il deserto iracheno dopo che non era riuscito a convincere le Nazioni Unite a firmargli quel benedetto lasciapassare per usarlo come una foglia di fico. Caduta la foglia, è rimasto nudo il concetto di legalità da ricercare quando si tratta di usare le armi per risolvere i contenziosi tra gli Stati. Qualcuno per riflesso condizionato e finzione ipocrita va ancora a New York a presentare domandina per poter bombardare (Sarkozy e Cameron con la Libia), salvo affrettarsi a passare ai fatti e interpretare in modo estensivo l’ok ricevuto.
In tempo di populismo maturo, col ritorno prepotente dell’idea di Stato nazione e di sovranità, la conseguenza è la svalutazione di ogni organismo internazionale in grado di mettere lacci e laccioli a leader che accettano un giudizio solo dal “loro” popolo. L’Onu? Un oggetto di antiquariato.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
QUAL'E' IL LIMITE DELLA GUERRA DELLE PAROLE???????????????????????????????????????????????????????????????????????
La Nord Corea sfida Trump:
"Guerra nucleare improvvisa"
Trump spera in una soluzione pacifica. Ma Pence avverte Kim Jong-un: "La pazienza è finita". Pechino: "Moderazione"
di Sergio Rame
23 minuti fa
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La Nord Corea sfida Trump:
"Guerra nucleare improvvisa"
Trump spera in una soluzione pacifica. Ma Pence avverte Kim Jong-un: "La pazienza è finita". Pechino: "Moderazione"
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Re: La Terza Guerra Mondiale
UncleTom ha scritto:QUAL'E' IL LIMITE DELLA GUERRA DELLE PAROLE???????????????????????????????????????????????????????????????????????
La Nord Corea sfida Trump:
"Guerra nucleare improvvisa"
Trump spera in una soluzione pacifica. Ma Pence avverte Kim Jong-un: "La pazienza è finita". Pechino: "Moderazione"
di Sergio Rame
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Gli Stati Uniti: "La pazienza è finita". La Nord Corea: "Rischio guerra nucleare improvvisa"
Ieri l'ennesimo test missilistico di Kim Jong-un. Gli Stati Uniti sono pronti alla guerra. Pence in visita a Seul: "Tutte le opzioni sono sul tavolo"
Sergio Rame - Lun, 17/04/2017 - 18:18
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La tensione tra gli Stati Uniti e la Corea del Nord è alle stelle. Ieri, dopo aver fatto sfilare in occasione della "Giornata del Sole" un nuovo missile intercontinentale alimentato a combustibile solido, un tipo di progettazione che la renderebbe più veloce da caricare e in grado di mantenersi pronta all'utilizzo per un periodo di tempo più lungo rispetto a quelle alimentate con propellente liquido, Kim Jong-un ha effettuato un nuovo test missilistico.
Che fortunatamente è fallito. Ma la misura potrebbe essere presto colma.
Oggi il vicepresidente degli Stati Uniti, Mike Pence, ha visitato la zona demilitarizzata (DMZ) che separa le due Coree in un momento di massima tensione con il Nord a causa dei test militari ripetuti da Kim Jong-un. E, a pochi metri dal confine con la Corea del Nord, ha nuovamente sottolineato l'importanza dell'alleanza tra Washington e Seul e la "determinazione del popolo e del presidente americano" a risolvere la situazione "con mezzi pacifici, attraverso negoziati". Ma il numero due di Donald Trump ha anche rimarcato che la "la pazienza strategica" degli Stati Uniti è esaurita e che "tutte le opzioni sono sul tavolo" per raggiungere la denuclearizzazione della penisola coreana, ventilando nuovamente che la via militare è una possibilità se Pyongyang dovesse tirare troppo la corda.
Pence si è poi spostato a Seul, a circa 50 chilometri a sud della zona demilitarizzata, una striscia di quattro chilometri di larghezza che corre lungo il confine tra i due Paesi, che sono tecnicamente in guerra da oltre 65 anni, e l'unico punto in cui le truppe del Nord e del Sud sono faccia a faccia. Poche ore prima dell'arrivo del vicepresidente americano, la Corea del Nord aveva tentato senza successo di lanciare un missile balistico che è esploso dopo il lancio. A seguito del lancio di un altro missile, effettuato il 5 aprile, il Pentagono ha deciso di inviare verso la penisola la portaerei nucleare USS Carl Vinson e il suo gruppo d'attacco. "Spero che sia possibile una soluzione pacifica - ha, però, commentato Trump alla Cnn - Pyongyang deve comportarsi bene". Anche il governo cinese ha invitato alla "moderazione".
Ma, a questo scenario di grande tensione, si aggiunge la possibilità che il regime di Kim Jong-un decida di fare un test atomico, dato che i movimenti nell'area indicano che tutto sarebbe pronto nella base nucleare nordcoreana. Un'azione che potrebbe produrre un'esclation nelle relazioni tra i due Paesi. La risposta all'ultimatum di Pence non si è fatta attendere. "Una guerra nucleare potrebbe scoppiare da un momento all'altro nella penisola coreana - ha detto l'ambasciatore nordcoreano all'Onu, Kim In Ryong, parlando con i giornalisti al Palazzo di Vetro - gli Stati Uniti stanno disturbando la pace e la stabilità globale, insistendo in una logica da gangster".
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Re: La Terza Guerra Mondiale
IN TUTTE LE TRAGEDIE, C'E' UNA PARTE COMICA.
DI 60 MILIONI DI ITALIANI CHI POTEVA RIMANERE BLOCCATO A PYONGYANG ALLA VIGILIA DI UNA POSSIBILE GUERRA NUCLEARE????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????
SIIIIII, LUI,PROPRIO LUI L'IMMARCESCIBILE ANTONIO RAZZI
Nord Corea, volo posticipato Antonio Razzi bloccato a Pyongyang Con lui i giornalisti di Nemo
1/26
Corriere della Sera
Paolo Decrestina
5 ore fa
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© Fornito da RCS MediaGroup S.p.A.
Il viaggio di Pasqua a Pyongyang di Antonio Razzi si chiude con un imprevisto. Il Senatore di Forza Italia infatti è bloccato nella capitale della Nord Corea e non può tornare in Italia dopo che la compagnia di bandiera Air Koryo ha posticipato il volo in partenza per Pechino. Era previsto lunedì mattina ma al momento è ancora bloccato in Corea in attesa che la situazione si sblocchi.
Razzi è a Pyongyang insieme a una troupe di Nemo, il programma di Rai 2 prodotto da Fremantle, tra cui Nello Trocchia, inviato della trasmissione, e al senatore Bartolomeo Pepe. Razzi, prima di partire, aveva spiegato che andava in Corea in seguito a un invito formale ricevuto dal regime «per la Festa del Sole, per i 105 anni di Kim Il Sung, il nonno di Kim Jong-un. Sicuramente incontrerò il presidente della Repubblica».
DI 60 MILIONI DI ITALIANI CHI POTEVA RIMANERE BLOCCATO A PYONGYANG ALLA VIGILIA DI UNA POSSIBILE GUERRA NUCLEARE????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????
SIIIIII, LUI,PROPRIO LUI L'IMMARCESCIBILE ANTONIO RAZZI
Nord Corea, volo posticipato Antonio Razzi bloccato a Pyongyang Con lui i giornalisti di Nemo
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Il viaggio di Pasqua a Pyongyang di Antonio Razzi si chiude con un imprevisto. Il Senatore di Forza Italia infatti è bloccato nella capitale della Nord Corea e non può tornare in Italia dopo che la compagnia di bandiera Air Koryo ha posticipato il volo in partenza per Pechino. Era previsto lunedì mattina ma al momento è ancora bloccato in Corea in attesa che la situazione si sblocchi.
Razzi è a Pyongyang insieme a una troupe di Nemo, il programma di Rai 2 prodotto da Fremantle, tra cui Nello Trocchia, inviato della trasmissione, e al senatore Bartolomeo Pepe. Razzi, prima di partire, aveva spiegato che andava in Corea in seguito a un invito formale ricevuto dal regime «per la Festa del Sole, per i 105 anni di Kim Il Sung, il nonno di Kim Jong-un. Sicuramente incontrerò il presidente della Repubblica».
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Re: La Terza Guerra Mondiale
LA DOMANDA CHE IN QUESTE ORE DRAMMATICHE L’UMANITA’ SI PONE E’:
“RIUSCIRA’ L’INTREPIDO SENATORE DI FARSA ITALIA A FERMARE LA GUERRA NUCLEARE????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????”
“RIUSCIRA’ L’INTREPIDO SENATORE DI FARSA ITALIA A FERMARE LA GUERRA NUCLEARE????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????”
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Re: La Terza Guerra Mondiale
QUAL'E' IL LIMITE DELLA GUERRA DELLE PAROLE???????????????????????????????????????????????????????????????????????
“Rischio di guerra nucleare in ogni momento”
La Corea del Nord minaccia gli Usa: “Gangster”
I toni salgono nonostante la richiesta di moderazione arrivata dalla Cina. L’ambasciatore di Pyongyang
all’Onu: “Washington disturba la pace”. Il vicepresidente Pence in visita a Seul: “Pazienza finita”
Mondo
Non si placano le tensioni tra Usa e Corea del Nord. Nel giorno in cui il vicepresidente degli Stati Uniti, Mike Pence, visita la zona demilitarizzata che separa le due Coree l’ambasciatore di Pyongyang all’Onu, Kim In Ryong lancia l’ennesimo allarme: “Una guerra nucleare potrebbe scoppiare da un momento all’altro nella penisola coreana. Gli Stati Uniti stanno disturbando la pace e la stabilità globale, insistendo in una logica da gangster”. Pyongyang “prenderà contromisure più pesanti” a qualsiasi tipo di attacco preventivo da parte degli statunitensi
di F. Q.
Corea del Nord, l’ambasciatore all’Onu:
Guerra nucleare da un momento all’altro”. Pence: “Pazienza finita”
Corea del Nord, l’ambasciatore all’Onu: “Guerra nucleare da un momento all’altro”. Pence: “Pazienza finita”
Mondo
Non si placano le tensioni tra Usa e Corea del Nord. Nel giorno in cui il vicepresidente degli Stati Uniti, Mike Pence, visita la zona demilitarizzata (DMZ) che separa le due Coree l’ambasciatore di Pyongyang all’Onu, Kim In Ryong lancia l'ennesimo allarme. Cina, Russia e Giappone premono per soluzioni pacifiche. "Non credo vedrete linee rosse sulla Corea del Nord" ha poi detto Sean Spicer, il portavoce della Casa Bianca, nel suo briefing quotidiano aggiungendo che il presidente terrà per sé le sue intenzioni e che gli Usa continueranno a lavorare con la Cina sul caso della Corea del nord
di F. Q. | 17 aprile 2017
commenti (115)
2,3 mila
Più informazioni su: Cina, Corea del Nord, Donald Trump, Kim Jong-un, Nucleare, Russia, Usa
Non si placano le tensioni tra Usa e Corea del Nord. Nel giorno in cui il vicepresidente degli Stati Uniti, Mike Pence, visita la zona demilitarizzata (DMZ) che separa le due Coree l’ambasciatore di Pyongyang all’Onu, Kim In Ryong lancia l’ennesimo allarme: “Una guerra nucleare potrebbe scoppiare da un momento all’altro nella penisola coreana. Gli Stati Uniti – dice il diplomatico parlando con i giornalisti al Palazzo di Vetro – stanno disturbando la pace e la stabilità globale, insistendo in una logica da gangster”. Pyongyang “prenderà contromisure più pesanti” e gli Usa saranno ritenuti responsabili per le loro azioni prosegue l’ambasciatore sottolineando poi che i test sui missili “fanno parte del normale percorso per sviluppare capacità di autodifesa“. “Condurremo altri testi missilistici su base settimanale, mensile e annuale” rimarca alla Bbc il viceministro nordcoreano degli Esteri Han Song-Ryol. Sarà “guerra a tutto campo” se gli Usa saranno “saranno così spericolati da usare mezzi militari”.
Trump e la sottile linea rossa
“Spero che sia possibile una soluzione pacifica – aveva dichiarato poco prima il presidente degli Stati Uniti Donald Trump alla Cnn – La Corea del Nord deve comportarsi bene”. “Non credo vedrete linee rosse sulla Corea del Nord” ha poi detto Sean Spicer, il portavoce della Casa Bianca, nel suo briefing quotidiano aggiungendo che il presidente terrà per sé le sue intenzioni e che gli Usa continueranno a lavorare con la Cina sul caso della Corea del nord.
Pence da Seoul: “Tutte le opzioni sono sul tavolo”
Dall’altra parte del mondo, a pochi metri dal confine con la Corea del Nord, il numero due della Casa Bianca Mike Pence ha nuovamente sottolineato l’importanza dell’alleanza tra Washington e Seul e la “determinazione del popolo e del presidente americano” a risolvere la situazione “con mezzi pacifici, attraverso negoziati”. Anche se il vice di Trump ha anche rimarcato che “la pazienza strategica” degli Stati Uniti è esaurita e che “tutte le opzioni sono sul tavolo” per raggiungere la denuclearizzazione della penisola coreana, ventilando nuovamente che la via militare è una possibilità se Pyongyang tira troppo la corda. ”
Pence si è poi spostato a Seul, a circa 50 chilometri a sud del DMZ, una striscia di quattro chilometri di larghezza che corre lungo il confine tra i due Paesi, che sono tecnicamente in guerra da oltre 65 anni, e l’unico punto in cui le truppe del Nord e del Sud sono faccia a faccia. Poche ore prima dell’arrivo del vicepresidente Usa, la Corea del Nord ha tentato senza successo di lanciare un missile balistico che è esploso dopo il lancio. A seguito del lancio di un altro missile, effettuato il 5 aprile, il Pentagono ha deciso di inviare verso la penisola la portaerei nucleare USS Carl Vinson e il suo gruppo d’attacco. A questo scenario di grande tensione si aggiunge la possibilità che il regime di Kim Jong-un decida di fare un test atomico, dato che i movimenti nell’area indicano che tutto sarebbe pronto nella base nucleare nordcoreana. Un’azione che potrebbe produrre un’esclation nelle relazioni tra i due Paesi.
Cina, Russia e Giappone premono per soluzioni pacifiche
Mosca non può accettare le “sconsiderate azioni nucleari” della Corea del Nord, ma spera che gli Stati Uniti non intraprenderanno azioni unilaterali contro Pyongyang dichiara il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, chiedendo a tutti di non rispondere alle mosse della Corea del Nord con azioni che “violino la legge internazionale”. Di fronte a una “situazione molto delicata e pericolosa”, la Cina esorta tutte le parti coinvolte a dare prova di moderazione astenendosi da provocazioni. Il portavoce del ministero degli Esteri Lu Kang afferma che bisogna ridurre le tensioni al fine di “tornare al tavolo negoziale e risolvere i problemi con mezzi pacifici”. Pechino vuole far ripartire il dialogo multilaterale (di cui fanno parte Cina, le due Coree, Usa, Russia e Giappone), in stallo da dicembre 2008.
Anche il premier giapponese Shinzo Abe sottolinea l’esigenza di anteporre le trattative diplomatiche e fare pressione sulla Corea del Nord, prima di pensare a ricorrere all’uso della forza. Davanti alla Commissione parlamentare della Dieta Abe ha ricordato che “malgrado Pyongyang abbia scelto di mostrare i muscoli e il proprio arsenale militare, è importante continuare a proteggere la pace tramite gli sforzi diplomatici e aumentare le sollecitazioni per un maggior dialogo”. Il premier nipponico – che nei scorsi giorni aveva sostenuto le dichiarazioni del presidente Usa Donald Trump riferendosi a ‘tutte le opzioni sono sul tavolo, inclusa quella militare’ – ha ribadito che il Giappone lavorerà in accordo con Cina e Russia insieme a Stati Uniti e Corea del Sud, per fare pressione su Pyongyang e un auspicato ritorno alla calma. Abe ha anche detto che il governo di Tokyo sta valutando diversi piani contingenti che potrebbero riguardare un afflusso di rifugiati nel caso di una escalation militare della penisola coreana, e le contromisure per un’eventuale evacuazione e messa in sicurezza dei cittadini giapponesi dalla Corea del Sud, stimati in circa 60mila. Intanto, dopo la visita a Seul, il vicepresidente Usa Mike Pence sarà a Tokyo da domani con l’obiettivo di rafforzare l’alleanza strategica nella regione Asia Pacifico.
di F. Q. | 17 aprile 2017
“Rischio di guerra nucleare in ogni momento”
La Corea del Nord minaccia gli Usa: “Gangster”
I toni salgono nonostante la richiesta di moderazione arrivata dalla Cina. L’ambasciatore di Pyongyang
all’Onu: “Washington disturba la pace”. Il vicepresidente Pence in visita a Seul: “Pazienza finita”
Mondo
Non si placano le tensioni tra Usa e Corea del Nord. Nel giorno in cui il vicepresidente degli Stati Uniti, Mike Pence, visita la zona demilitarizzata che separa le due Coree l’ambasciatore di Pyongyang all’Onu, Kim In Ryong lancia l’ennesimo allarme: “Una guerra nucleare potrebbe scoppiare da un momento all’altro nella penisola coreana. Gli Stati Uniti stanno disturbando la pace e la stabilità globale, insistendo in una logica da gangster”. Pyongyang “prenderà contromisure più pesanti” a qualsiasi tipo di attacco preventivo da parte degli statunitensi
di F. Q.
Corea del Nord, l’ambasciatore all’Onu:
Guerra nucleare da un momento all’altro”. Pence: “Pazienza finita”
Corea del Nord, l’ambasciatore all’Onu: “Guerra nucleare da un momento all’altro”. Pence: “Pazienza finita”
Mondo
Non si placano le tensioni tra Usa e Corea del Nord. Nel giorno in cui il vicepresidente degli Stati Uniti, Mike Pence, visita la zona demilitarizzata (DMZ) che separa le due Coree l’ambasciatore di Pyongyang all’Onu, Kim In Ryong lancia l'ennesimo allarme. Cina, Russia e Giappone premono per soluzioni pacifiche. "Non credo vedrete linee rosse sulla Corea del Nord" ha poi detto Sean Spicer, il portavoce della Casa Bianca, nel suo briefing quotidiano aggiungendo che il presidente terrà per sé le sue intenzioni e che gli Usa continueranno a lavorare con la Cina sul caso della Corea del nord
di F. Q. | 17 aprile 2017
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2,3 mila
Più informazioni su: Cina, Corea del Nord, Donald Trump, Kim Jong-un, Nucleare, Russia, Usa
Non si placano le tensioni tra Usa e Corea del Nord. Nel giorno in cui il vicepresidente degli Stati Uniti, Mike Pence, visita la zona demilitarizzata (DMZ) che separa le due Coree l’ambasciatore di Pyongyang all’Onu, Kim In Ryong lancia l’ennesimo allarme: “Una guerra nucleare potrebbe scoppiare da un momento all’altro nella penisola coreana. Gli Stati Uniti – dice il diplomatico parlando con i giornalisti al Palazzo di Vetro – stanno disturbando la pace e la stabilità globale, insistendo in una logica da gangster”. Pyongyang “prenderà contromisure più pesanti” e gli Usa saranno ritenuti responsabili per le loro azioni prosegue l’ambasciatore sottolineando poi che i test sui missili “fanno parte del normale percorso per sviluppare capacità di autodifesa“. “Condurremo altri testi missilistici su base settimanale, mensile e annuale” rimarca alla Bbc il viceministro nordcoreano degli Esteri Han Song-Ryol. Sarà “guerra a tutto campo” se gli Usa saranno “saranno così spericolati da usare mezzi militari”.
Trump e la sottile linea rossa
“Spero che sia possibile una soluzione pacifica – aveva dichiarato poco prima il presidente degli Stati Uniti Donald Trump alla Cnn – La Corea del Nord deve comportarsi bene”. “Non credo vedrete linee rosse sulla Corea del Nord” ha poi detto Sean Spicer, il portavoce della Casa Bianca, nel suo briefing quotidiano aggiungendo che il presidente terrà per sé le sue intenzioni e che gli Usa continueranno a lavorare con la Cina sul caso della Corea del nord.
Pence da Seoul: “Tutte le opzioni sono sul tavolo”
Dall’altra parte del mondo, a pochi metri dal confine con la Corea del Nord, il numero due della Casa Bianca Mike Pence ha nuovamente sottolineato l’importanza dell’alleanza tra Washington e Seul e la “determinazione del popolo e del presidente americano” a risolvere la situazione “con mezzi pacifici, attraverso negoziati”. Anche se il vice di Trump ha anche rimarcato che “la pazienza strategica” degli Stati Uniti è esaurita e che “tutte le opzioni sono sul tavolo” per raggiungere la denuclearizzazione della penisola coreana, ventilando nuovamente che la via militare è una possibilità se Pyongyang tira troppo la corda. ”
Pence si è poi spostato a Seul, a circa 50 chilometri a sud del DMZ, una striscia di quattro chilometri di larghezza che corre lungo il confine tra i due Paesi, che sono tecnicamente in guerra da oltre 65 anni, e l’unico punto in cui le truppe del Nord e del Sud sono faccia a faccia. Poche ore prima dell’arrivo del vicepresidente Usa, la Corea del Nord ha tentato senza successo di lanciare un missile balistico che è esploso dopo il lancio. A seguito del lancio di un altro missile, effettuato il 5 aprile, il Pentagono ha deciso di inviare verso la penisola la portaerei nucleare USS Carl Vinson e il suo gruppo d’attacco. A questo scenario di grande tensione si aggiunge la possibilità che il regime di Kim Jong-un decida di fare un test atomico, dato che i movimenti nell’area indicano che tutto sarebbe pronto nella base nucleare nordcoreana. Un’azione che potrebbe produrre un’esclation nelle relazioni tra i due Paesi.
Cina, Russia e Giappone premono per soluzioni pacifiche
Mosca non può accettare le “sconsiderate azioni nucleari” della Corea del Nord, ma spera che gli Stati Uniti non intraprenderanno azioni unilaterali contro Pyongyang dichiara il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, chiedendo a tutti di non rispondere alle mosse della Corea del Nord con azioni che “violino la legge internazionale”. Di fronte a una “situazione molto delicata e pericolosa”, la Cina esorta tutte le parti coinvolte a dare prova di moderazione astenendosi da provocazioni. Il portavoce del ministero degli Esteri Lu Kang afferma che bisogna ridurre le tensioni al fine di “tornare al tavolo negoziale e risolvere i problemi con mezzi pacifici”. Pechino vuole far ripartire il dialogo multilaterale (di cui fanno parte Cina, le due Coree, Usa, Russia e Giappone), in stallo da dicembre 2008.
Anche il premier giapponese Shinzo Abe sottolinea l’esigenza di anteporre le trattative diplomatiche e fare pressione sulla Corea del Nord, prima di pensare a ricorrere all’uso della forza. Davanti alla Commissione parlamentare della Dieta Abe ha ricordato che “malgrado Pyongyang abbia scelto di mostrare i muscoli e il proprio arsenale militare, è importante continuare a proteggere la pace tramite gli sforzi diplomatici e aumentare le sollecitazioni per un maggior dialogo”. Il premier nipponico – che nei scorsi giorni aveva sostenuto le dichiarazioni del presidente Usa Donald Trump riferendosi a ‘tutte le opzioni sono sul tavolo, inclusa quella militare’ – ha ribadito che il Giappone lavorerà in accordo con Cina e Russia insieme a Stati Uniti e Corea del Sud, per fare pressione su Pyongyang e un auspicato ritorno alla calma. Abe ha anche detto che il governo di Tokyo sta valutando diversi piani contingenti che potrebbero riguardare un afflusso di rifugiati nel caso di una escalation militare della penisola coreana, e le contromisure per un’eventuale evacuazione e messa in sicurezza dei cittadini giapponesi dalla Corea del Sud, stimati in circa 60mila. Intanto, dopo la visita a Seul, il vicepresidente Usa Mike Pence sarà a Tokyo da domani con l’obiettivo di rafforzare l’alleanza strategica nella regione Asia Pacifico.
di F. Q. | 17 aprile 2017
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Re: La Terza Guerra Mondiale
Tutto questo perché gli USA hanno un disperato bisogno di una guerra regionale su vasta scala per cercare di risolvere i loro ormai mastodontici problemi economici scaricandoli come sempre sugli altri, ci hanno provato a coinvolgere la Russia con l'Ucraina e la Siria senza successo visto che i russi non hanno premuto il grilletto e hanno fatto capire che in caso di scambio di "confettini" nucleari rimarrebbe ben poco del Nord America e dell'Eurasia. Allora l'obiettivo si è spostato sulla Corea del Nord pensando che i coreani non possano arrivare a colpire gli USA, se poi colpiscono i sudcoreani o i giapponesi gli yankee prendono due piccioni con una fava. Ma qualcuno sta cominciando a ragionare che forse qualche bombetta potrebbe arrivare anche sulla costa pacifica degli USA (non sappiamo con precisione che tipo di missili i cinesi/russi possano aver dato ai nordcoreani) e allora chi glielo racconta poi ai contribuenti yankee che le loro tasse sono servite solo a beccarsi una bomba H sulla testa?
Sarebbe meglio che chi ha speculato finanziariamente negli ultimi 20 anni (il famoso 1%) perdesse finalmente tutti i suoi soldi e si togliesse dalle scatole lasciando al 99% la possibilità di scegliere di vivere in un mondo più pacifico e meno diseguale.
Sarebbe meglio che chi ha speculato finanziariamente negli ultimi 20 anni (il famoso 1%) perdesse finalmente tutti i suoi soldi e si togliesse dalle scatole lasciando al 99% la possibilità di scegliere di vivere in un mondo più pacifico e meno diseguale.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
UHE!!!!!......ma che bella jurnata!!!!!
Se non nucleare, ci sarà un patatrak convenzionale?????????????????????????????????????
E' per questo motivo che domani Gentilò va a prendere ordini?
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Guerra nel Pacifico: l’export dell’Asia non vuole più i dollari
Scritto il 19/4/17 • nella Categoria: idee Condividi
I maggiori paesi asiatici si sono stancati di accettare “carta straccia” in cambio di merci, e stanno abbandonando il dollaro: per questo, stavolta, il rischio di guerra – nel Pacifico – è vicinissimo. Lo sostiene un analista economico come Alberto Micalizzi, allarmato dalla «necessità impellente» dell’America di sostenere la propria economia basata sul debito estero. «Qui non stiamo parlando di interessi strategici di natura politica, di giochi sul prezzo delle materie prime, di pipeline di gas o petrolio o di tatticismi di altro tipo. Stiamo parlando del fatto che gli Usa iniziano a incontrare difficoltà nel finanziare i circa 500 miliardi di dollari di deficit annuo generati dalla bilancia commerciale, cronicamente in passivo perché consumano più di quanto producono e qualcuno deve accettare di rifornirli in cambio di dollari». Tutto questo, sottolinea Micalizzi, sorregge da decenni il tenore di vita degli statunitensi. E la metà del debito estero Usa – precisamente 2.632 miliardi di dollari – è contratto verso quattro paesi dell’estremo oriente». Cina, Giappone, Taiwan e Hong Kong: sono i principali esportatori di merci verso gli Usa, «cioè quelli che finora hanno retto il gioco del disavanzo commerciale» che tiene in piedi l’asimmetrica economia statunitense. Il problema? I fornitori asiatici ci stanno “ripensando”.
Quella montagna colossale di debito, scrive Micalizzi nel suo blog, in un post ripreso da “Megachip”, è raddoppiata dal 2007 ad oggi «per effetto dei contributi federali al salvataggio dei colossi bancari e assicurativi travolti dalla crisi dei subprime e per effetto del “quantitative easing” con il quale la Fed ha creato la più grande bolla speculativa della storia». Secondo Micalizzi, si tratta di una bolla monetaria «che ha un potenziale distruttivo molto maggiore della bolla tecnologica del 2000 e di quella immobiliare del 2007». Fino al 2013, continua l’analista, «gli Usa sono riusciti a ribaltare lo sforzo sui propri partner commerciali», in primis Cina e Giappone: basti pensare che, dei 741 miliardi di dollari di deficit commerciale dell’ultimo anno, ben 344 miliardi rappresentano il deficit sostenuto dalla Cina. «Ed ecco l’evento scatenante: dal 2016 la Cina ha iniziato a diminuire con maggiore convinzione le giacenze di obbligazioni Usa: a fine 2016 siamo a -270 miliardi dal picco del 2013». Un trend che si è accelerato a fine 2016, «tanto che il Giappone ha scavalcato la Cina come quantità assoluta di detenzione di obbligazioni americane».
Parlano i numeri: il Giappone detiene obbligazioni americane per un valore di 1.130 miliardi contro i 1.120 della Cina. E insieme, Cina e Giappone detengono oggi il 38,1% del debito estero Usa. In più, lo stesso Giappone sta cercando di diminuire l’esposizione in dollari. Ufficialmente, continua Micalizzi, la scusa addotta per “fuggire” dal dollaro sta nell’aumento dei tassi Usa, che fa diminuire il prezzo delle obbligazioni provocando perdite in conto capitale. «Ma in realtà, sebbene sia innegabile l’effetto deprezzamento, la posta in gioco è più alta e consiste nella stessa crisi di credibilità del dollaro, la cui quantità in circolazione è da molti considerata pericolosamente alta e ormai fuori controllo, soprattutto perché detenuta in gran parte da Stati e soggetti extra-territoriali». Questa circostanza ha portato il noto guru americano Doug Casey, l’uomo che «ha predetto tutte le principali crisi degli ultimi 25 anni», a rivelare che la Fed «starebbe preparando addirittura la sostituzione del dollaro con una valuta “block-chain” sul modello del bit-coin», cioè una moneta «completamente elettronica».
Dunque, «la Cina sta cercando di uscire dalla sfera valutaria del dollaro». E lo sta facendo «dopo che per anni ha diversificato le proprie esportazioni, creando nel mondo mercati di sbocco alternativi che oggi possono sopportare l’assorbimento di quelle merci che evidentemente i cinesi non sono più disposti a cedere agli Usa semplicemente perché non vogliono più essere pagati in dollari». Ecco perché il problema diventa immediatamente geopolitico nella sua versione peggiore, quella bellica. La Corea del Nord, scrive Micalizzi, «si trova nel crocevia tra Cina, Giappone e sud-est asiatico (e Russia), cioè precisamente il serbatoio di merci che rischiano di prendere altre direzioni». Va anche considerato che «la Cina potrebbe fare da apripista per altri paesi limitrofi, dischiudendo anche ad essi nuovi mercati di sbocco alternativi a quello americano». Ci siamo: «Ecco quindi la miscela esplosiva: la necessità per l’America di difendere i “cassonetti della spazzatura” dove collocare dollari in cambio di merci».
Micalizzi teme l’arrivo imminente di una “guerra pesante”, perché quella in gestazione nel Pacifico «non riguarda obiettivi tattici come avvenne in Iraq», ma obiettivi strategici e decisamente vitali per la superopotenza Usa. Il piano di Washington? Creare le condizioni «per una sorta di “piano Marshall”, cioè una gigantesca operazione di indebitamento spacciata come aiuto alla ricostruzione post-bellica, ma che in realtà costituisca l’embrione di un nuovo mercato di sbocco per le proprie obbligazioni». Secondo l’analista, sarebbe «l’unico modo per continuare a finanziare il deficit commerciale collocando dollari ed obbligazioni che il “libero” mercato sta dimostrando di non gradire più». Allarme rosso: «Mi spaventa il fatto che “la bocca” è grande, e la sola Corea del Nord non riuscirebbe a “sfamare” che una minima parte del fabbisogno di indebitamento. Ecco perché temo che si tratti dell’innesco, più che della vera deflagrazione». Una guerra-lampo contro la Corea del Nord per poi estendere il conflitto all’intera regione? «Questa volta vorrei tanto sbagliarmi», conclude l’analista.
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I maggiori paesi asiatici si sono stancati di accettare “carta straccia” in cambio di merci, e stanno abbandonando il dollaro: per questo, stavolta, il rischio di guerra – nel Pacifico – è vicinissimo. Lo sostiene un analista economico come Alberto Micalizzi, allarmato dalla «necessità impellente» dell’America di sostenere la propria economia basata sul debito estero. «Qui non stiamo parlando di interessi strategici di natura politica, di giochi sul prezzo delle materie prime, di pipeline di gas o petrolio o di tatticismi di altro tipo. Stiamo parlando del fatto che gli Usa iniziano a incontrare difficoltà nel finanziare i circa 500 miliardi di dollari di deficit annuo generati dalla bilancia commerciale, cronicamente in passivo perché consumano più di quanto producono e qualcuno deve accettare di rifornirli in cambio di dollari». Tutto questo, sottolinea Micalizzi, sorregge da decenni il tenore di vita degli statunitensi. E la metà del debito estero Usa – precisamente 2.632 miliardi di dollari – è contratto verso quattro paesi dell’estremo oriente». Cina, Giappone, Taiwan e Hong Kong: sono i principali esportatori di merci verso gli Usa, «cioè quelli che finora hanno retto il gioco del disavanzo commerciale» che tiene in piedi l’asimmetrica economia statunitense. Il problema? I fornitori asiatici ci stanno “ripensando”.
Quella montagna colossale di debito, scrive Micalizzi nel suo blog, in un post ripreso da “Megachip”, è raddoppiata dal 2007 ad oggi «per effetto dei contributi federali al salvataggio dei colossi bancari e assicurativi travolti dalla crisi dei subprime e per effetto del “quantitative easing” con il quale la Fed ha creato la più grande bolla speculativa della storia». Secondo Micalizzi, si tratta di una bolla monetaria «che ha un potenziale distruttivo molto maggiore della bolla tecnologica del 2000 e di quella immobiliare del 2007». Fino al 2013, continua l’analista, «gli Usa sono riusciti a ribaltare lo sforzo sui propri partner commerciali», in primis Cina e Giappone: basti pensare che, dei 741 miliardi di dollari di deficit commerciale dell’ultimo anno, ben 344 miliardi rappresentano il deficit sostenuto dalla Cina. «Ed ecco l’evento scatenante: dal 2016 la Cina ha iniziato a diminuire con maggiore convinzione le giacenze di obbligazioni Usa: a fine 2016 siamo a -270 miliardi dal picco del 2013». Un trend che si è accelerato a fine 2016, «tanto che il Giappone ha scavalcato la Cina come quantità assoluta di detenzione di obbligazioni americane».
Parlano i numeri: il Giappone detiene obbligazioni americane per un valore di 1.130 miliardi contro i 1.120 della Cina. E insieme, Cina e Giappone detengono oggi il 38,1% del debito estero Usa. In più, lo stesso Giappone sta cercando di diminuire l’esposizione in dollari. Ufficialmente, continua Micalizzi, la scusa addotta per “fuggire” dal dollaro sta nell’aumento dei tassi Usa, che fa diminuire il prezzo delle obbligazioni provocando perdite in conto capitale. «Ma in realtà, sebbene sia innegabile l’effetto deprezzamento, la posta in gioco è più alta e consiste nella stessa crisi di credibilità del dollaro, la cui quantità in circolazione è da molti considerata pericolosamente alta e ormai fuori controllo, soprattutto perché detenuta in gran parte da Stati e soggetti extra-territoriali». Questa circostanza ha portato il noto guru americano Doug Casey, l’uomo che «ha predetto tutte le principali crisi degli ultimi 25 anni», a rivelare che la Fed «starebbe preparando addirittura la sostituzione del dollaro con una valuta “block-chain” sul modello del bit-coin», cioè una moneta «completamente elettronica».
Dunque, «la Cina sta cercando di uscire dalla sfera valutaria del dollaro». E lo sta facendo «dopo che per anni ha diversificato le proprie esportazioni, creando nel mondo mercati di sbocco alternativi che oggi possono sopportare l’assorbimento di quelle merci che evidentemente i cinesi non sono più disposti a cedere agli Usa semplicemente perché non vogliono più essere pagati in dollari». Ecco perché il problema diventa immediatamente geopolitico nella sua versione peggiore, quella bellica. La Corea del Nord, scrive Micalizzi, «si trova nel crocevia tra Cina, Giappone e sud-est asiatico (e Russia), cioè precisamente il serbatoio di merci che rischiano di prendere altre direzioni». Va anche considerato che «la Cina potrebbe fare da apripista per altri paesi limitrofi, dischiudendo anche ad essi nuovi mercati di sbocco alternativi a quello americano». Ci siamo: «Ecco quindi la miscela esplosiva: la necessità per l’America di difendere i “cassonetti della spazzatura” dove collocare dollari in cambio di merci».
Micalizzi teme l’arrivo imminente di una “guerra pesante”, perché quella in gestazione nel Pacifico «non riguarda obiettivi tattici come avvenne in Iraq», ma obiettivi strategici e decisamente vitali per la superopotenza Usa. Il piano di Washington? Creare le condizioni «per una sorta di “piano Marshall”, cioè una gigantesca operazione di indebitamento spacciata come aiuto alla ricostruzione post-bellica, ma che in realtà costituisca l’embrione di un nuovo mercato di sbocco per le proprie obbligazioni». Secondo l’analista, sarebbe «l’unico modo per continuare a finanziare il deficit commerciale collocando dollari ed obbligazioni che il “libero” mercato sta dimostrando di non gradire più». Allarme rosso: «Mi spaventa il fatto che “la bocca” è grande, e la sola Corea del Nord non riuscirebbe a “sfamare” che una minima parte del fabbisogno di indebitamento. Ecco perché temo che si tratti dell’innesco, più che della vera deflagrazione». Una guerra-lampo contro la Corea del Nord per poi estendere il conflitto all’intera regione? «Questa volta vorrei tanto sbagliarmi», conclude l’analista.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
Tanto per rimanere sul tema.
Dalla rete:
MONDO
20:33 22.03.2017(aggiornato 22:23 22.03.2017) URL abbreviato
265015971
In base agli ultimi dati economici provenienti da Mosca, Putin non si fida molto di Donald Trump. Lo scrive Holger Zschäpitz sul “Die Welt”.
A febbraio la Banca Centrale russa ha aumentato le sue riserve d'oro di ulteriori 9,3 tonnellate, portando il totale di oro in Russia a oltre 1.650 tonnellate: il massimo dal crollo dell'Unione Sovietica.
Molti esperti dopo la vittoria di Donald Trump negli Stati Uniti Trump si sono chiesti se Putin continuerà a ridurre la dipendenza economica della Russia dagli USA. "Ma gli ultimi dati fugano ogni dubbio: dal novembre dello scorso anno le riserve d'oro della Russia sono aumentate di 72 tonnellate", scrive Zschäpitz.
"Putin acquista oro perché, secondo i suoi calcoli, in futuro la credibilità del dollaro crollerà e il dollaro sarà usato come arma contro la Russia — sostiene il consulente politico e scrittore James Rickards — e l'oro è un importante investimento per scongiurare che ciò accada".
La Russia ha cominciato ad acquistare oro già nel 2007-2008, durante la presidenza di George W. Bush, e ha continuato nell'era Obama (2009-2016). È interessante notare che il volume degli acquisti di oro è aumentato notevolmente dall'inizio della crisi in Ucraina. "E non è questione di ideologia, ma un piano strategico", dice Rickards.
Dietro l'acquisto di oro si cela l'intenzione — sempre più palese — di Mosca di sbarazzarsi del debito con gli USA. Secondo Bloomberg, dal 2014, Putin ha venduto oltre 60 miliardi di dollari di titoli americani, tenendosene 86 miliardi. Se in precedenza il Cremlino è stato uno dei maggiori creditori degli Stati Uniti, Mosca ora non rientra neppure tra i primi dieci della lista. Ad esempio, Irlanda, Svizzera o Brasile hanno più titoli di debito degli USA rispetto alla Russia.
Dalla rete:
MONDO
20:33 22.03.2017(aggiornato 22:23 22.03.2017) URL abbreviato
265015971
In base agli ultimi dati economici provenienti da Mosca, Putin non si fida molto di Donald Trump. Lo scrive Holger Zschäpitz sul “Die Welt”.
A febbraio la Banca Centrale russa ha aumentato le sue riserve d'oro di ulteriori 9,3 tonnellate, portando il totale di oro in Russia a oltre 1.650 tonnellate: il massimo dal crollo dell'Unione Sovietica.
Molti esperti dopo la vittoria di Donald Trump negli Stati Uniti Trump si sono chiesti se Putin continuerà a ridurre la dipendenza economica della Russia dagli USA. "Ma gli ultimi dati fugano ogni dubbio: dal novembre dello scorso anno le riserve d'oro della Russia sono aumentate di 72 tonnellate", scrive Zschäpitz.
"Putin acquista oro perché, secondo i suoi calcoli, in futuro la credibilità del dollaro crollerà e il dollaro sarà usato come arma contro la Russia — sostiene il consulente politico e scrittore James Rickards — e l'oro è un importante investimento per scongiurare che ciò accada".
La Russia ha cominciato ad acquistare oro già nel 2007-2008, durante la presidenza di George W. Bush, e ha continuato nell'era Obama (2009-2016). È interessante notare che il volume degli acquisti di oro è aumentato notevolmente dall'inizio della crisi in Ucraina. "E non è questione di ideologia, ma un piano strategico", dice Rickards.
Dietro l'acquisto di oro si cela l'intenzione — sempre più palese — di Mosca di sbarazzarsi del debito con gli USA. Secondo Bloomberg, dal 2014, Putin ha venduto oltre 60 miliardi di dollari di titoli americani, tenendosene 86 miliardi. Se in precedenza il Cremlino è stato uno dei maggiori creditori degli Stati Uniti, Mosca ora non rientra neppure tra i primi dieci della lista. Ad esempio, Irlanda, Svizzera o Brasile hanno più titoli di debito degli USA rispetto alla Russia.
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