La Terza Guerra Mondiale
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Re: La Terza Guerra Mondiale
Onu: “Nessuna certezza su Idlib”
Apr 22, 2017/
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Mauro Indelicato
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Nelle scorse ore, presso il Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite si è tenuta una conferenza stampa da parte della Commissione ONU sulla Siria nella quale si è fatto riferimento ai primi report sui fatti dello scorso 4 aprile quando, presso il villaggio di Khan Shaykhun, nella provincia siriana di Idlib, un bombardamento ha provocato l’uccisione di decine di civili.
L’incursione aerea in questione, è divenuta tristemente famosa per via del presunto attacco con il gas sarin o con altri armi chimiche, che il cosiddetto ‘Osservatorio siriano dei diritti umani’ ha attribuito alle forze del governo di Damasco; durante l’incontro con i giornalisti, il presidente della Commissione, Paulo Sergio Pinheiro, non ha confermato la versione dei fatti ricostruita subito dopo il bombardamento, ma ha anche dichiarato che al momento si stanno seguendo diverse piste per giungere all’esatta ricostruzione della dinamica. La difficoltà maggiore, è data al momento dal mancato invio dell’ONU di ispettori ed esperti a Khan Shaykhun.
Elementi non sufficienti per accertare la verità
Presso il canale Twitter del Consiglio sulla Siria delle Nazioni Unite, vi è il video della conferenza tenuta al Palazzo di Vetro; in un primo momento, la traduzione si è prestata ad un’interpretazione differente del discorso di Paulo Sergio Pinheiro: il numero uno del consiglio ONU sulla Siria infatti, aveva fatto riferimento alla circostanza secondo cui gran parte delle vittime sono decedute a causa di armi convenzionali. La posizione delle Nazioni Unite quindi, sembrava quindi scagionare del tutto le forze di Assad; in realtà però, il discorso era riferito all’intero contesto della guerra in Siria, in cui per l’appunto la gran parte degli episodi che hanno provato vittime è stata causata da attacchi con armi convenzionali. Sul singolo episodio di Idlib del 4 aprile invece, sussistono pochi dettagli: l’ONU non ha inviato ispettori in zona ed al momento il report si basa unicamente su fonti indirette, prese dai luoghi dell’accaduto i quali, dal 2012, sono in mano alle forze islamiste.
Questo rapporto delle Commissione delle Nazioni Unite è arrivato dopo circa venti giorni dai fatti di sangue avvenuti a Khan Shaykun; l’intervento dell’ONU, nelle scorse ore, era stato richiesto dallo stesso governo di Bashar Al Assad e dalla Russia, che sostiene politicamente e militarmente il presidente siriano. Secondo Damasco, il bombardamento con armi chimiche è stato inventato dall’opposizione per dare pretesto all’occidente ed agli USA in primis di intervenire militarmente in Siria; da Mosca, è stato lo stesso Vladimir Putin, lo scorso 11 aprile, a bollare come ‘fake news’ la ricostruzione fornita dall’Osservatorio siriano dei diritti umani sui gravi fatti di Khan Shaykhun e dal Cremlino, nelle ore immediatamente successive al bombardamento, si parlava di un’incursione convenzionale che ha colpito depositi di armi chimiche in mano ai ribelli presenti ad Idlib.
Lavrov: “Atteggiamento USA inquietante”
“La Commissione non ha ancora escluso alcuna versione riguardante le cause del rilascio di questo agente chimico e continua a seguire diverse piste”, si è quindi conclusa così la conferenza di Pinheiro tenuta assieme alla sua collaboratrice, Karen Abuzayd. Al momento però, non appare imminente un’indagine con esperti da inviare sul campo da parte dell’ONU e questo ha ricevuto le critiche da parte del governo russo e di quello siriano.
Lavrov, in una dichiarazione rilasciata dal Palazzo di Vetro, ha definito ‘inquietante’ l’atteggiamento degli USA e degli alleati occidentali i quali, secondo il capo della diplomazia del Cremlino, si oppongono all’invio di ispettori in grado di appurare la fonte da cui è stato sprigionato il gas sarin nel villaggio di Idlib colpito dalle incursioni aeree del 4 aprile; il riferimento di Lavrov era alla bocciatura, in sede di consiglio esecutivo dell’Organizzazione per il Divieto delle Armi Chimiche, della proposta di Russia ed Iran di un invio di una missione ufficiale delle Nazioni Unite nella cittadina di Khan Shaykhun. Tale bocciatura, è arrivata per l’appunto grazie al no, tra gli altri, di USA e Gran Bretagna. Dal canto suo, Assad da Damasco, in un’intervista rilasciata nelle scorse ore, si dichiara disponibile a far entrare gli ispettori ONU accusando le potenze occidentali di aver strumentalizzato le vittime dell’attacco del 4 aprile per giustificare un intervento armato.
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Nelle scorse ore, presso il Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite si è tenuta una conferenza stampa da parte della Commissione ONU sulla Siria nella quale si è fatto riferimento ai primi report sui fatti dello scorso 4 aprile quando, presso il villaggio di Khan Shaykhun, nella provincia siriana di Idlib, un bombardamento ha provocato l’uccisione di decine di civili.
L’incursione aerea in questione, è divenuta tristemente famosa per via del presunto attacco con il gas sarin o con altri armi chimiche, che il cosiddetto ‘Osservatorio siriano dei diritti umani’ ha attribuito alle forze del governo di Damasco; durante l’incontro con i giornalisti, il presidente della Commissione, Paulo Sergio Pinheiro, non ha confermato la versione dei fatti ricostruita subito dopo il bombardamento, ma ha anche dichiarato che al momento si stanno seguendo diverse piste per giungere all’esatta ricostruzione della dinamica. La difficoltà maggiore, è data al momento dal mancato invio dell’ONU di ispettori ed esperti a Khan Shaykhun.
Elementi non sufficienti per accertare la verità
Presso il canale Twitter del Consiglio sulla Siria delle Nazioni Unite, vi è il video della conferenza tenuta al Palazzo di Vetro; in un primo momento, la traduzione si è prestata ad un’interpretazione differente del discorso di Paulo Sergio Pinheiro: il numero uno del consiglio ONU sulla Siria infatti, aveva fatto riferimento alla circostanza secondo cui gran parte delle vittime sono decedute a causa di armi convenzionali. La posizione delle Nazioni Unite quindi, sembrava quindi scagionare del tutto le forze di Assad; in realtà però, il discorso era riferito all’intero contesto della guerra in Siria, in cui per l’appunto la gran parte degli episodi che hanno provato vittime è stata causata da attacchi con armi convenzionali. Sul singolo episodio di Idlib del 4 aprile invece, sussistono pochi dettagli: l’ONU non ha inviato ispettori in zona ed al momento il report si basa unicamente su fonti indirette, prese dai luoghi dell’accaduto i quali, dal 2012, sono in mano alle forze islamiste.
Questo rapporto delle Commissione delle Nazioni Unite è arrivato dopo circa venti giorni dai fatti di sangue avvenuti a Khan Shaykun; l’intervento dell’ONU, nelle scorse ore, era stato richiesto dallo stesso governo di Bashar Al Assad e dalla Russia, che sostiene politicamente e militarmente il presidente siriano. Secondo Damasco, il bombardamento con armi chimiche è stato inventato dall’opposizione per dare pretesto all’occidente ed agli USA in primis di intervenire militarmente in Siria; da Mosca, è stato lo stesso Vladimir Putin, lo scorso 11 aprile, a bollare come ‘fake news’ la ricostruzione fornita dall’Osservatorio siriano dei diritti umani sui gravi fatti di Khan Shaykhun e dal Cremlino, nelle ore immediatamente successive al bombardamento, si parlava di un’incursione convenzionale che ha colpito depositi di armi chimiche in mano ai ribelli presenti ad Idlib.
Lavrov: “Atteggiamento USA inquietante”
“La Commissione non ha ancora escluso alcuna versione riguardante le cause del rilascio di questo agente chimico e continua a seguire diverse piste”, si è quindi conclusa così la conferenza di Pinheiro tenuta assieme alla sua collaboratrice, Karen Abuzayd. Al momento però, non appare imminente un’indagine con esperti da inviare sul campo da parte dell’ONU e questo ha ricevuto le critiche da parte del governo russo e di quello siriano.
Lavrov, in una dichiarazione rilasciata dal Palazzo di Vetro, ha definito ‘inquietante’ l’atteggiamento degli USA e degli alleati occidentali i quali, secondo il capo della diplomazia del Cremlino, si oppongono all’invio di ispettori in grado di appurare la fonte da cui è stato sprigionato il gas sarin nel villaggio di Idlib colpito dalle incursioni aeree del 4 aprile; il riferimento di Lavrov era alla bocciatura, in sede di consiglio esecutivo dell’Organizzazione per il Divieto delle Armi Chimiche, della proposta di Russia ed Iran di un invio di una missione ufficiale delle Nazioni Unite nella cittadina di Khan Shaykhun. Tale bocciatura, è arrivata per l’appunto grazie al no, tra gli altri, di USA e Gran Bretagna. Dal canto suo, Assad da Damasco, in un’intervista rilasciata nelle scorse ore, si dichiara disponibile a far entrare gli ispettori ONU accusando le potenze occidentali di aver strumentalizzato le vittime dell’attacco del 4 aprile per giustificare un intervento armato.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
PRESO ATTO CHE STANNO IMPEDENDO IL COPIA INCOLLA, PER IL MOMENTO LEGGETEVI QUESTO ARTICOLO
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/04 ... p/3526056/
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/04 ... p/3526056/
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Re: La Terza Guerra Mondiale
Una settimana dopo Pasqua, ritorna in primo piano il gioco tra il topo e il gatto, sul quadrante dell’Estremo
Oriente.
E’evidente che Ciccio Kim spari cazzate.
Ma quanto può durare questo gioco osè tra il topo e il gatto???
La Corea del Nord provoca ancora gli Usa: "Possiamo affondare la portaerei"
Un'altra provocazione da parte della Corea del Nord. Pyongyang si dice pronta ad affondare la portaerei Usa Carl Vinson
Luca Romano - Dom, 23/04/2017 - 10:50
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Un'altra provocazione da parte della Corea del Nord. Pyongyang si dice pronta ad affondare la portaerei Usa Carl Vinson per dimostrare la sua forza militare.
"Le nostre forze rivoluzionarie sono pronte ad affondare la portaerei Usa a propulsione nucleare con un solo colpo", recita il Rodong Sinmun, cioè il quotidiano del Partito dei lavoratori al potere in Corea del Nord. Il giornale paragona la portaerei Usa a un "gigantesco animale" e afferma che un colpo sarebbe "un vero esempio per dimostrare la nostra forza militare".
Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha ordinato l'invio della USS Carl Vinson verso la penisola di Corea in risposta alle crescenti tensioni relative ai test missilistici e nucleari di Pyongyang, nonché alle minacce della Corea del Nord di attaccare gli Usa e i loro alleati asiatici. Washington, tuttavia, non ha precisato dove esattamente il gruppo di attacco della Carl Vinson si trovi. Ieri il vice presidente Usa, Mike Pence, ha annunciato che la portaerei arriverà "a giorni", ma non ha fornito altri dettagli. Martedì in Corea del Nord si celebrerà l'85esimo anniversario della fondazione dell'esercito e in passato il Paese ha fatto coincidere test di armamenti proprio con importanti anniversari. Infine a far crescere la tensione ci sono le parole di un portavoce della commissione nazionale nord-coreana: "La Repubblica Democratica Popolare di Corea non rimarrà mai un osservatore passivo alle mosse degli Stati Uniti di provocare una guerra biochimica, ma terminerà lo stallo con gli Stati Uniti, l’impero dei mali, spazzandoli via dal faccia della terra".
Oriente.
E’evidente che Ciccio Kim spari cazzate.
Ma quanto può durare questo gioco osè tra il topo e il gatto???
La Corea del Nord provoca ancora gli Usa: "Possiamo affondare la portaerei"
Un'altra provocazione da parte della Corea del Nord. Pyongyang si dice pronta ad affondare la portaerei Usa Carl Vinson
Luca Romano - Dom, 23/04/2017 - 10:50
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Un'altra provocazione da parte della Corea del Nord. Pyongyang si dice pronta ad affondare la portaerei Usa Carl Vinson per dimostrare la sua forza militare.
"Le nostre forze rivoluzionarie sono pronte ad affondare la portaerei Usa a propulsione nucleare con un solo colpo", recita il Rodong Sinmun, cioè il quotidiano del Partito dei lavoratori al potere in Corea del Nord. Il giornale paragona la portaerei Usa a un "gigantesco animale" e afferma che un colpo sarebbe "un vero esempio per dimostrare la nostra forza militare".
Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha ordinato l'invio della USS Carl Vinson verso la penisola di Corea in risposta alle crescenti tensioni relative ai test missilistici e nucleari di Pyongyang, nonché alle minacce della Corea del Nord di attaccare gli Usa e i loro alleati asiatici. Washington, tuttavia, non ha precisato dove esattamente il gruppo di attacco della Carl Vinson si trovi. Ieri il vice presidente Usa, Mike Pence, ha annunciato che la portaerei arriverà "a giorni", ma non ha fornito altri dettagli. Martedì in Corea del Nord si celebrerà l'85esimo anniversario della fondazione dell'esercito e in passato il Paese ha fatto coincidere test di armamenti proprio con importanti anniversari. Infine a far crescere la tensione ci sono le parole di un portavoce della commissione nazionale nord-coreana: "La Repubblica Democratica Popolare di Corea non rimarrà mai un osservatore passivo alle mosse degli Stati Uniti di provocare una guerra biochimica, ma terminerà lo stallo con gli Stati Uniti, l’impero dei mali, spazzandoli via dal faccia della terra".
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Re: La Terza Guerra Mondiale
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Ma la Corea del Nord potrebbe davvero affondare la portaerei Usa?
Un attacco missilistico della Corea del Nord avrebbe scarse probabilità di successo, un raid aereo non avrebbe scampo. I sottomarini rappresentano una minaccia reale per la portaerei USS Vinson
Franco Iacch - Mar, 25/04/2017 - 12:40
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E’ questa la prima domanda che gli analisti ed i militari americani si pongono ogni volta che scoppia una crisi internazionale. Le portaerei rappresentano un’essenziale piattaforma nello scacchiare geopolitico della proiezione globale americana. Agendo da acque internazionali, gli USA proiettano la propria potenza senza alcun tipo di autorizzazione. Tale principio andrebbe certamente rivisto qualora scoppiasse un conflitto con le superpotenze che hanno specificatamente sviluppato asset carrier killer. Il riferimento al DF-21D cinese o al russo SS-N-19 Shipwreck, ad esempio, non è casuale. Un contesto ipersonico, riscriverà nuovamente la strategia anti-accesso e negazione d’area (si cercano alternative dottrinali alla definizione strategica A2/AD ritenuta ormai superata).
La portaerei USS Carl Vinson CVN-70, qualora scoppiasse un conflitto con la Corea del Nord, potrebbe essere colpita, danneggiata o addirittura affondata?
Negli Stati Uniti si stanno svolgendo svariati wargame per ipotizzare tutti i possibili scenari. Così come abbiamo detto in precedenza, un conflitto con la Corea del Nord è un’opzione abbastanza remota poiché si tramuterebbe in nucleare in pochissimi istanti. Soffermiamoci, però, sulla esclusiva capacità di sopravvivenza del vettore Usa, definito uno “sporco animale” dalla retorica di Pyongyang. Secondo gli analisti americani, la Corea del Nord non riuscirebbe ad affondare la USS Carl Vinson classe Nimitz. Escludiamo volutamente l’opzione nucleare.
Sappiamo che il Gruppo da Battaglia della USS Carl Vinson è rotta verso la penisola coreana. La Vinson è scortata dall’incrociatore lanciamissili classe Ticonderoga USS Lake Champlain CG-57 e dalle cacciatorpediniere classe Arleigh A. Burke USS Wayne E. Meyer DDG-108 e USS Michael Murphy DDG-112 (dedicata al Seal Michael Murphy, Medaglia d’Onore). Due cacciatorpediniere giapponesi classe Atago, la JS Ashigara DDG-178 e la capofila DDG-177 Atago si sono unite al Carrier Battle Group, gruppo da battaglia e supporto a difesa del vettore. Due i sottomarini d’attacco a protezione della Vinson.
Missili antinave: scarsissime possibilità di successo
E’ senza dubbio il modo migliore per affondare una portaerei. Il 15 aprile scorso, durante la maestosa parata per il Giorno del Sole, la più importante festa nazionale della Corea del Nord, Pyongyang ha mostrato una copia del missile Kh-35. Svelato nel 2014, è la copia indigena del missile antinave subsonico russo Zvezda Kh-35U, che equipaggia il sistema di difesa costiera GRAU 3K60 Bal, designato dalla NATO come SSC-6 Sennight. In servizio con le Forze armate russe dal 2008, è in grado di colpire obiettivi situati fino a 120 km di distanza e di lanciare l’intera salva di 32 missili con un intervallo massimo di tre secondi. La salva di 32 missili, schierati su quattro lanciatori collegati in rete, è considerata efficace per distruggere un completo gruppo navale statunitense. I sistemi Bal sono operativi a difesa della Flotta del Baltico, tuttavia la copia nord coreana non è ritenuta alla stregua di quella russa per autonomia e sistemi primari.
Le varianti nordcoreane dello Styx di fattura sovietica sono ritenute alla mercé delle contromisure elettroniche e difensive del Gruppo da Battaglia, sebbene un tale scenario non sia mai stato realmente testato. Il programma KN-17, infine, è ad uno stato embrionale. Il problema principale per tali asset è determinato dal limitato raggio dei radar terrestri. L’episodio della posizione della Vinson orchestrato ad arte ha dimostrato (se mai ce ne fosse bisogno), che il Nord non ha una capacità di identificazione e discriminazione della minaccia esterna che gli assicurerebbe, invece, una rete satellitare. Quest’ultima è ritenuta fuori dalla portata della tecnologia del regime.
Raid aereo: nessuna possibilità di successo
E’ quello più improbabile, poiché l'intera capacità aerea della Corea del Nord non può competere con quella imbarcata sul vettore statunitense e con la schermatura del Gruppo da Battaglia. Anche se una flotta di quaranta velivoli tra quelli ritenuti in grado di alzarsi in volo, si dirigesse contro la Vinson, si tramuterebbe con una certezza quasi assoluta in una missione senza ritorno. Sarebbe certamente rilevata ed ingaggiata dalle squadriglie CAP della Vinson.
Probabilmente nessuno dei MiG-29 e Su-25, le piattaforme più moderne ritenute in grado di volare, ritornerebbe in Corea del Nord. Il loro impiego a supporto delle truppe terrestri, sarebbe ben più utile. Se, infine, uno o più MiG-29/Su-25 riuscissero a superare sia la difesa aerea Aegis che i caccia F/A-18 e lanciare un qualche tipo di sistema d’arma contro la portaerei, non riuscirebbero ad affondare il vettore da centomila tonnellate. Il Pentagono non ritiene reale una minaccia missilistica antinave a causa della tecnologia Air Launched Cruise Missile non ancora sviluppata. Un missile da crociera antinave vola vicino al livello del mare al fine di evitare il rilevamento. Questo profilo di volo rende i missili difficili da intercettare anche per la velocità finale di impatto. Anche se esistessero, non sarebbero paragonabili ai sistemi russi o cinesi.
Sottomarini: esito incerto
I sottomarini sono la nemesi delle portaerei. Portiamo alcuni esempi.
Nel corso della seconda guerra mondiale, non meno di diciassette portaerei furono affondate dai sottomarini, otto da quelli americani. Tuttavia l'episodio storico che viene sempre ricordato non è quello della seconda guerra mondiale, ma della guerra delle Falkland. Questo breve, ma aspro conflitto nei primi anni ‘80, ad esempio, ha poi avuto un impatto fuori misura sullo sviluppo navale della strategia cinese (ancora oggi presente nei testi accademici di riferimento). Quell’episodio dimostrò l’efficacia delle tattiche adottate dal sottomarino nucleare britannico HMS Conqueror che, senza mai essere stato rilevato, riuscì ad affondare l’incrociatore leggero General Belgrano. Ovviamente la Marina argentina non può essere paragonata alla US Navy.
Nel marzo del 2015 emerse per pochissime ore sulla rete un rapporto a cura del Ministero della Difesa francese sulle esercitazioni COMPTUEX 2015 tra il Gruppo di Battaglia della portaerei Theodore Roosevelt ed il sottomarino classe Rubis S-602 Safir. Il resoconto di quelle esercitazioni sono state ritenute scioccanti per il semplice motivo che un solo sottomarino riuscì ad affondare la metà delle navi americane, portaerei compresa. Il rapporto è stato immediatamente dal Ministero della Difesa francese, ma non sfuggì ai media cinesi che analizzarono l’episodio in un approfondimento dal titolo “A Single Nuclear Submarine Sinks Half of an Aircraft Carrier Battle Group”.
“Il Gruppo da Battaglia di una Portaerei è un sistema armonizzato composto da una difesa multilivello ed altamente efficiente. Eppure, il rapporto francese (quindi con un ragionevole grado di credibilità) dimostra le capacità dei sottomarini nucleari nella Modern Warfare navale. A parità di formazione (quindi molto elevata) sono proprio i sistemi d’arma a fare la differenza. I sottomarini nucleari d’attacco classe Rubis, sono tra i più piccoli del mondo. I classe Los Angeles, per fare un confronto, sono grandi tre volte tanto. La potenza navale degli Stati Uniti non ha eguali nel mondo, ma il nostro obiettivo è quello di sfruttare le crepe della loro (non sempre) impenetrabile armatura”.
Ovviamente ci sono altri fattori da considerare. La rilevazione aerea è efficace in alcuni contesti operativi, ma non per tutti. Le enormi dimensioni di un Gruppo da Battaglia USA rappresentano un facile obiettivo anche alle lunghe distanze, mentre i sistemi antisom sono controproducenti in quanto inquinano l’ambiente acustico quando non si affonda il sottomarino al primo colpo.
La Corea del Nord non possiede i sottomarini francesi e non è la Cina, ma è una minaccia da non sottovalutare.
Pyongyang dovrebbe possedere circa 70 sottomarini di diverse dimensioni. Secondo le informazioni ufficiali, la flotta dovrebbe essere composta da venti battelli classe Romeo, quaranta classe Sang-O/II e dieci mini sottomarini classe Yono. Soltanto una manciata sarebbero stati riconvertiti per la tecnologia SLBM. Il Pentagono ritiene operativi 40 sottomarini. Abbiamo già analizzato le caratteristiche dei sottomarini della Corea del Nord, quindi soffermiamoci sul reale successo di un attacco.
Sintetizzando al massimo: i sottomarini della Corea del Nord, ritenuti rumorosi quindi rilevabili, dovrebbero avvicinarsi al vettore, sfuggire alla rete di rilevamento ed attendere in silenzio il momento per lanciare i siluri, 35 miglia al massimo. Da non dimenticare che portaerei e Gruppo da Battaglia sono in costante movimento. Sarebbe opportuno rilevare che nessuna portaerei è stata mai colpita da un siluro moderno.
Conosciamo parzialmente i test sulla USS America, ma nessuno sa come si comporterebbe un vettore classe Nimitz se venisse colpito. In linea teorica, un gruppo di difesa ha il compito di impedire ai sottomarini nemici di assumere una posizione d’attacco entro le schermo utile. Molteplici i sistemi sviluppati per la rilevazione acustica dei sottomarini nemici, ma un attacco a branco (il riferimento alla Rudeltaktik è voluto) rappresenta una minaccia reale contro una qualsiasi formazione di superficie. Sebbene esistano dei sistemi specificatamente progettati per confondere il sistema di guida dei siluri, ancora oggi l’opzione migliore è quella di impedire alle piattaforme nemiche di avvicinarsi abbastanza per lanciare in modo affidabile i siluri.
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Ma la Corea del Nord potrebbe davvero affondare la portaerei Usa?
Un attacco missilistico della Corea del Nord avrebbe scarse probabilità di successo, un raid aereo non avrebbe scampo. I sottomarini rappresentano una minaccia reale per la portaerei USS Vinson
Franco Iacch - Mar, 25/04/2017 - 12:40
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E’ questa la prima domanda che gli analisti ed i militari americani si pongono ogni volta che scoppia una crisi internazionale. Le portaerei rappresentano un’essenziale piattaforma nello scacchiare geopolitico della proiezione globale americana. Agendo da acque internazionali, gli USA proiettano la propria potenza senza alcun tipo di autorizzazione. Tale principio andrebbe certamente rivisto qualora scoppiasse un conflitto con le superpotenze che hanno specificatamente sviluppato asset carrier killer. Il riferimento al DF-21D cinese o al russo SS-N-19 Shipwreck, ad esempio, non è casuale. Un contesto ipersonico, riscriverà nuovamente la strategia anti-accesso e negazione d’area (si cercano alternative dottrinali alla definizione strategica A2/AD ritenuta ormai superata).
La portaerei USS Carl Vinson CVN-70, qualora scoppiasse un conflitto con la Corea del Nord, potrebbe essere colpita, danneggiata o addirittura affondata?
Negli Stati Uniti si stanno svolgendo svariati wargame per ipotizzare tutti i possibili scenari. Così come abbiamo detto in precedenza, un conflitto con la Corea del Nord è un’opzione abbastanza remota poiché si tramuterebbe in nucleare in pochissimi istanti. Soffermiamoci, però, sulla esclusiva capacità di sopravvivenza del vettore Usa, definito uno “sporco animale” dalla retorica di Pyongyang. Secondo gli analisti americani, la Corea del Nord non riuscirebbe ad affondare la USS Carl Vinson classe Nimitz. Escludiamo volutamente l’opzione nucleare.
Sappiamo che il Gruppo da Battaglia della USS Carl Vinson è rotta verso la penisola coreana. La Vinson è scortata dall’incrociatore lanciamissili classe Ticonderoga USS Lake Champlain CG-57 e dalle cacciatorpediniere classe Arleigh A. Burke USS Wayne E. Meyer DDG-108 e USS Michael Murphy DDG-112 (dedicata al Seal Michael Murphy, Medaglia d’Onore). Due cacciatorpediniere giapponesi classe Atago, la JS Ashigara DDG-178 e la capofila DDG-177 Atago si sono unite al Carrier Battle Group, gruppo da battaglia e supporto a difesa del vettore. Due i sottomarini d’attacco a protezione della Vinson.
Missili antinave: scarsissime possibilità di successo
E’ senza dubbio il modo migliore per affondare una portaerei. Il 15 aprile scorso, durante la maestosa parata per il Giorno del Sole, la più importante festa nazionale della Corea del Nord, Pyongyang ha mostrato una copia del missile Kh-35. Svelato nel 2014, è la copia indigena del missile antinave subsonico russo Zvezda Kh-35U, che equipaggia il sistema di difesa costiera GRAU 3K60 Bal, designato dalla NATO come SSC-6 Sennight. In servizio con le Forze armate russe dal 2008, è in grado di colpire obiettivi situati fino a 120 km di distanza e di lanciare l’intera salva di 32 missili con un intervallo massimo di tre secondi. La salva di 32 missili, schierati su quattro lanciatori collegati in rete, è considerata efficace per distruggere un completo gruppo navale statunitense. I sistemi Bal sono operativi a difesa della Flotta del Baltico, tuttavia la copia nord coreana non è ritenuta alla stregua di quella russa per autonomia e sistemi primari.
Le varianti nordcoreane dello Styx di fattura sovietica sono ritenute alla mercé delle contromisure elettroniche e difensive del Gruppo da Battaglia, sebbene un tale scenario non sia mai stato realmente testato. Il programma KN-17, infine, è ad uno stato embrionale. Il problema principale per tali asset è determinato dal limitato raggio dei radar terrestri. L’episodio della posizione della Vinson orchestrato ad arte ha dimostrato (se mai ce ne fosse bisogno), che il Nord non ha una capacità di identificazione e discriminazione della minaccia esterna che gli assicurerebbe, invece, una rete satellitare. Quest’ultima è ritenuta fuori dalla portata della tecnologia del regime.
Raid aereo: nessuna possibilità di successo
E’ quello più improbabile, poiché l'intera capacità aerea della Corea del Nord non può competere con quella imbarcata sul vettore statunitense e con la schermatura del Gruppo da Battaglia. Anche se una flotta di quaranta velivoli tra quelli ritenuti in grado di alzarsi in volo, si dirigesse contro la Vinson, si tramuterebbe con una certezza quasi assoluta in una missione senza ritorno. Sarebbe certamente rilevata ed ingaggiata dalle squadriglie CAP della Vinson.
Probabilmente nessuno dei MiG-29 e Su-25, le piattaforme più moderne ritenute in grado di volare, ritornerebbe in Corea del Nord. Il loro impiego a supporto delle truppe terrestri, sarebbe ben più utile. Se, infine, uno o più MiG-29/Su-25 riuscissero a superare sia la difesa aerea Aegis che i caccia F/A-18 e lanciare un qualche tipo di sistema d’arma contro la portaerei, non riuscirebbero ad affondare il vettore da centomila tonnellate. Il Pentagono non ritiene reale una minaccia missilistica antinave a causa della tecnologia Air Launched Cruise Missile non ancora sviluppata. Un missile da crociera antinave vola vicino al livello del mare al fine di evitare il rilevamento. Questo profilo di volo rende i missili difficili da intercettare anche per la velocità finale di impatto. Anche se esistessero, non sarebbero paragonabili ai sistemi russi o cinesi.
Sottomarini: esito incerto
I sottomarini sono la nemesi delle portaerei. Portiamo alcuni esempi.
Nel corso della seconda guerra mondiale, non meno di diciassette portaerei furono affondate dai sottomarini, otto da quelli americani. Tuttavia l'episodio storico che viene sempre ricordato non è quello della seconda guerra mondiale, ma della guerra delle Falkland. Questo breve, ma aspro conflitto nei primi anni ‘80, ad esempio, ha poi avuto un impatto fuori misura sullo sviluppo navale della strategia cinese (ancora oggi presente nei testi accademici di riferimento). Quell’episodio dimostrò l’efficacia delle tattiche adottate dal sottomarino nucleare britannico HMS Conqueror che, senza mai essere stato rilevato, riuscì ad affondare l’incrociatore leggero General Belgrano. Ovviamente la Marina argentina non può essere paragonata alla US Navy.
Nel marzo del 2015 emerse per pochissime ore sulla rete un rapporto a cura del Ministero della Difesa francese sulle esercitazioni COMPTUEX 2015 tra il Gruppo di Battaglia della portaerei Theodore Roosevelt ed il sottomarino classe Rubis S-602 Safir. Il resoconto di quelle esercitazioni sono state ritenute scioccanti per il semplice motivo che un solo sottomarino riuscì ad affondare la metà delle navi americane, portaerei compresa. Il rapporto è stato immediatamente dal Ministero della Difesa francese, ma non sfuggì ai media cinesi che analizzarono l’episodio in un approfondimento dal titolo “A Single Nuclear Submarine Sinks Half of an Aircraft Carrier Battle Group”.
“Il Gruppo da Battaglia di una Portaerei è un sistema armonizzato composto da una difesa multilivello ed altamente efficiente. Eppure, il rapporto francese (quindi con un ragionevole grado di credibilità) dimostra le capacità dei sottomarini nucleari nella Modern Warfare navale. A parità di formazione (quindi molto elevata) sono proprio i sistemi d’arma a fare la differenza. I sottomarini nucleari d’attacco classe Rubis, sono tra i più piccoli del mondo. I classe Los Angeles, per fare un confronto, sono grandi tre volte tanto. La potenza navale degli Stati Uniti non ha eguali nel mondo, ma il nostro obiettivo è quello di sfruttare le crepe della loro (non sempre) impenetrabile armatura”.
Ovviamente ci sono altri fattori da considerare. La rilevazione aerea è efficace in alcuni contesti operativi, ma non per tutti. Le enormi dimensioni di un Gruppo da Battaglia USA rappresentano un facile obiettivo anche alle lunghe distanze, mentre i sistemi antisom sono controproducenti in quanto inquinano l’ambiente acustico quando non si affonda il sottomarino al primo colpo.
La Corea del Nord non possiede i sottomarini francesi e non è la Cina, ma è una minaccia da non sottovalutare.
Pyongyang dovrebbe possedere circa 70 sottomarini di diverse dimensioni. Secondo le informazioni ufficiali, la flotta dovrebbe essere composta da venti battelli classe Romeo, quaranta classe Sang-O/II e dieci mini sottomarini classe Yono. Soltanto una manciata sarebbero stati riconvertiti per la tecnologia SLBM. Il Pentagono ritiene operativi 40 sottomarini. Abbiamo già analizzato le caratteristiche dei sottomarini della Corea del Nord, quindi soffermiamoci sul reale successo di un attacco.
Sintetizzando al massimo: i sottomarini della Corea del Nord, ritenuti rumorosi quindi rilevabili, dovrebbero avvicinarsi al vettore, sfuggire alla rete di rilevamento ed attendere in silenzio il momento per lanciare i siluri, 35 miglia al massimo. Da non dimenticare che portaerei e Gruppo da Battaglia sono in costante movimento. Sarebbe opportuno rilevare che nessuna portaerei è stata mai colpita da un siluro moderno.
Conosciamo parzialmente i test sulla USS America, ma nessuno sa come si comporterebbe un vettore classe Nimitz se venisse colpito. In linea teorica, un gruppo di difesa ha il compito di impedire ai sottomarini nemici di assumere una posizione d’attacco entro le schermo utile. Molteplici i sistemi sviluppati per la rilevazione acustica dei sottomarini nemici, ma un attacco a branco (il riferimento alla Rudeltaktik è voluto) rappresenta una minaccia reale contro una qualsiasi formazione di superficie. Sebbene esistano dei sistemi specificatamente progettati per confondere il sistema di guida dei siluri, ancora oggi l’opzione migliore è quella di impedire alle piattaforme nemiche di avvicinarsi abbastanza per lanciare in modo affidabile i siluri.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
Nord Corea, Trump alza il tiro e invia il sottomarino nucleare
Per gli 85 anni dell'esercito, Pyongyang fa esercitazioni con cannoni a lunga gittata. Ma Trump risponde a tono e invia in Corea del Sud il sottomarino "Uss Michigan"
Sergio Rame - Mar, 25/04/2017 - 08:10
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Nuova dimostrazione di forza del presidente americano Donald Trump con la Corea del Nord.
Dopo la portaerei Carl Vinson, gli Stati Uniti hanno inviato nei mari coreani anche il sommergibile nucleare "Uss Michigan", dotato di missili tattici e con sofisticate capacità di comunicazione. Una mossa che non arriva a caso nel giorno delle celebrazioni per gli 85 anni dell'esercito popolare di Pyongyang.
Nei giorni scorsi Trump aveva preannunciato l'invio di una "Armada" nella regione. E oggi un sottomarino nucleare, il sommergibile "USS Michigan" è arrivato in Corea del Sud per quella che, a quanto riporta la Cnn, un funzionario della Difesa americana descrive come una "dimostrazione di forza nelle tensioni tra Stati Uniti e Corea del Nord". La Naval Forces Corea ha smorzato i toni definendo l'arrivo del Michigan come "una visita di routine" utile a sottolineare l'alleanza tra Stati Uniti e la Marina della Corea del Sud. Ma la presenza del sottomarino nella regione, anche se non se ne prevede la partecipazione a esercitazioni, è destinata a mandare un messaggio forte a Pyongyang, in special modo dopo le dichiarazioni diTrump che annunciavano l'invio di una potente "Armada" con tanto di sottomarini nucleari.
Il sottomarino sbarca nella città portuale di Busan proprio nel giorno in cui la Corea del Nord celebra il 85° anniversario della fondazione dell'Esercito Popolare della Corea del Nord. Nelle vicinanze della città orientale di Wonsan il dittatore Kim Jong-un ha dato il via a esercitazioni di artiglieria con proiettili da combattimento e non a salve. Secondo fonti del governo sudcoreano, citate dall'agenzia Yonhap, il leader di Pyongyang avrebbe assistito in prima persona alle manovre in cui sono stati impiegati cannoni a lunga gittata.
Per gli 85 anni dell'esercito, Pyongyang fa esercitazioni con cannoni a lunga gittata. Ma Trump risponde a tono e invia in Corea del Sud il sottomarino "Uss Michigan"
Sergio Rame - Mar, 25/04/2017 - 08:10
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Nuova dimostrazione di forza del presidente americano Donald Trump con la Corea del Nord.
Dopo la portaerei Carl Vinson, gli Stati Uniti hanno inviato nei mari coreani anche il sommergibile nucleare "Uss Michigan", dotato di missili tattici e con sofisticate capacità di comunicazione. Una mossa che non arriva a caso nel giorno delle celebrazioni per gli 85 anni dell'esercito popolare di Pyongyang.
Nei giorni scorsi Trump aveva preannunciato l'invio di una "Armada" nella regione. E oggi un sottomarino nucleare, il sommergibile "USS Michigan" è arrivato in Corea del Sud per quella che, a quanto riporta la Cnn, un funzionario della Difesa americana descrive come una "dimostrazione di forza nelle tensioni tra Stati Uniti e Corea del Nord". La Naval Forces Corea ha smorzato i toni definendo l'arrivo del Michigan come "una visita di routine" utile a sottolineare l'alleanza tra Stati Uniti e la Marina della Corea del Sud. Ma la presenza del sottomarino nella regione, anche se non se ne prevede la partecipazione a esercitazioni, è destinata a mandare un messaggio forte a Pyongyang, in special modo dopo le dichiarazioni diTrump che annunciavano l'invio di una potente "Armada" con tanto di sottomarini nucleari.
Il sottomarino sbarca nella città portuale di Busan proprio nel giorno in cui la Corea del Nord celebra il 85° anniversario della fondazione dell'Esercito Popolare della Corea del Nord. Nelle vicinanze della città orientale di Wonsan il dittatore Kim Jong-un ha dato il via a esercitazioni di artiglieria con proiettili da combattimento e non a salve. Secondo fonti del governo sudcoreano, citate dall'agenzia Yonhap, il leader di Pyongyang avrebbe assistito in prima persona alle manovre in cui sono stati impiegati cannoni a lunga gittata.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
IL GIOCO DEL GATTO E DEL TOPO SI STA SPINGENDO OLTRE IL RAGIONEVOLE
“Attacco in Corea sarebbe devastante”
Apr 26, 2017
33 Commenti
Punti di vista
Roberto Vivaldelli
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Isolazionista o interventista? Dopo il ridimensionamento del “guru” Steve Bannon, la strategia geopolitica del presidente statunitense Donald Trump appare contraddittoria e per certi versi enigmatica, indecifrabile, potenzialmente imprevedibile. Ha ceduto alle pressioni del “Deep State” e dell’apparato da lui tanto osteggiato in passato oppure fa parte di una tattica più ampia della sua amministrazione? L’attacco missilistico alla base siriana di Sharyat – azione dimostrativa o meno – ha segnato un possibile punto di svolta rispetto alle promesse di una politica estera meno «aggressiva», dettata anche da una visione più mercantilistica? La prova di forza e le tensioni con la Corea del Nord, sull’onda di un eventuale «attacco preventivo», lasciano spazio a molti dubbi e a diverse interpretazioni dell’attuale geo-strategia USA. E il futuro è altrettanto incerto.
Ne abbiamo parlato con Philip Giraldi, ex ufficiale militare della CIA ed esperto in materia di antiterrorismo. Analista e commentatore, è noto per essersi opposto, con altri ex ufficiali e il “Veteran Intelligence Professionals for Sanity (VIPS)”, alla guerra contro l’Iraq del 2003, evidenziando come le prove contro Saddam Hussein fornite all’epoca dall’Intelligence fossero del tutto carenti e insufficienti. Giraldi è inoltre direttore esecutivo del «Council for the National Interest», think tank che si occupa di questioni mediorientali e relazioni internazionali.
Dottor Giraldi, iniziamo con la Corea del Nord. A suo parere, quali conseguenze potrebbe avere un attacco statunitense contro il Paese asiatico? Quali sono le vere intenzioni di Donald Trump? Sta solamente mostrando i muscoli? O altro?
Un attacco avrebbe gravi conseguenze per la Corea del Sud e forse anche il Giappone. Potrebbe innescare una guerra regionale che sarebbe devastante, in particolare per Seul, che sarebbe sotto il tiro dell’artiglieria della Corea del Nord. Sono preoccupato per il fatto che Donald Trump creda che un attacco preventivo contro la Corea del Nord possa avere successo. L’attacco missilistico in Siria e il MOAB in Afghanistan suggeriscono una cosa: il presidente sarà molto aggressivo.
Parliamo dell’attacco missilistico alla base siriana di Sharyat . Qual è il significato di questo uso della forza? Azione dimostrativa, come hanno suggerito più esperti? Chi era il vero destinatario di tale azione?
Il destinatario era l’opinione pubblica negli Stati Uniti, la quale chiede azioni contro la Siria, ancora confusa dal caso Russiagate. Trump, con un attacco scorretto, ha dimostrato di essere “duro” contro la Siria e di essere disposto a punire la Russia. A mio parere la decisione di attaccare la Siria è stata fatta da Trump per motivi politici, e non dai generali che lo consigliano.
Dopo aver messo da parte Steve Bannon, Donald Trump ha davvero ceduto al “Deep State”? Durante la campagna elettorale ha promesso un’America più isolazionista rispetto a Obama e Bush.
Sì. È il vero fallimento del mandato di Trump. O stava mentendo sulle sue intenzioni in Medio Oriente e nei confronti della Russia, oppure è è cambiato da quando ha assunto l’incarico. In entrambi i casi rappresenta una grande delusione per molti che hanno votato per lui.
Trump ora ha un consenso interno che prima mancava? Hillary Clinton e i «neocon» plaudono alle sue ultime mosse, così come certa stampa che prima si era opposta a lui con tutte le forze.
Sì, ma questo è temporaneo e le valutazioni favorevoli sono già finite. Se vuole continuare a fare la guerra per mantenere la popolarità, questo è molto, molto pericoloso. Ecco perché le sue recenti mosse contro la Corea del Nord e l’Iran dovranno essere monitorate da vicino.
Com’è maturato questo cambiamento di Trump verso la politica estera? Lei che idea si è fatto?
Vorrei sapere la risposta, ma il mio sospetto è che sia stato sedotto da tutto il potere che controlla. Ogni presidente attraversa questa fase – sia Obama che Bush correvano per la presidenza come candidati per la pace e si sono rivelati ben altro.
E’ ancora possibile una nuova distensione con la Russia? O, come affermato dal presidente russo Vladimir Putin, con Trump le relazioni tra i due Paesi sono peggiorate?
E’ possibile, ma richiederà l’ennesima «giravolta» da parte del presidente. Non credo che una distensione possa accadere ora dopo le parole dure di Tillerson e Haley dirette alla Russia.
Quali sono le intenzioni degli USA verso l’Iran?
Pessime. Trump sta attualmente valutando l’accordo con l’Iran, probabilmente rifiuterà di revocare alcune sanzioni in esso contenute e probabilmente ne chiederà altre. Non si capisce cosa stia facendo, ma è controllato dalle lobby, da Israele e dagli «intransigenti» del Congresso.
Il futuro del presidente siriano Bashar al-Assad è segnato? Oppure la Russia e l’Iran si opporranno all’ennesimo «Regime Change»?
Assad rimarrà. Trump non ha gli strumenti a portata di mano per rimuoverlo e la guerra sta volgendo a favore del presidente siriano.
Gli Stati Uniti hanno lanciato un missile MOAB in Afghanistan. Altra azione dimostrativa?
Sì. Per avvisare la Corea del Nord e l’Iran di ciò che siamo capaci di fare.
“Attacco in Corea sarebbe devastante”
Apr 26, 2017
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Isolazionista o interventista? Dopo il ridimensionamento del “guru” Steve Bannon, la strategia geopolitica del presidente statunitense Donald Trump appare contraddittoria e per certi versi enigmatica, indecifrabile, potenzialmente imprevedibile. Ha ceduto alle pressioni del “Deep State” e dell’apparato da lui tanto osteggiato in passato oppure fa parte di una tattica più ampia della sua amministrazione? L’attacco missilistico alla base siriana di Sharyat – azione dimostrativa o meno – ha segnato un possibile punto di svolta rispetto alle promesse di una politica estera meno «aggressiva», dettata anche da una visione più mercantilistica? La prova di forza e le tensioni con la Corea del Nord, sull’onda di un eventuale «attacco preventivo», lasciano spazio a molti dubbi e a diverse interpretazioni dell’attuale geo-strategia USA. E il futuro è altrettanto incerto.
Ne abbiamo parlato con Philip Giraldi, ex ufficiale militare della CIA ed esperto in materia di antiterrorismo. Analista e commentatore, è noto per essersi opposto, con altri ex ufficiali e il “Veteran Intelligence Professionals for Sanity (VIPS)”, alla guerra contro l’Iraq del 2003, evidenziando come le prove contro Saddam Hussein fornite all’epoca dall’Intelligence fossero del tutto carenti e insufficienti. Giraldi è inoltre direttore esecutivo del «Council for the National Interest», think tank che si occupa di questioni mediorientali e relazioni internazionali.
Dottor Giraldi, iniziamo con la Corea del Nord. A suo parere, quali conseguenze potrebbe avere un attacco statunitense contro il Paese asiatico? Quali sono le vere intenzioni di Donald Trump? Sta solamente mostrando i muscoli? O altro?
Un attacco avrebbe gravi conseguenze per la Corea del Sud e forse anche il Giappone. Potrebbe innescare una guerra regionale che sarebbe devastante, in particolare per Seul, che sarebbe sotto il tiro dell’artiglieria della Corea del Nord. Sono preoccupato per il fatto che Donald Trump creda che un attacco preventivo contro la Corea del Nord possa avere successo. L’attacco missilistico in Siria e il MOAB in Afghanistan suggeriscono una cosa: il presidente sarà molto aggressivo.
Parliamo dell’attacco missilistico alla base siriana di Sharyat . Qual è il significato di questo uso della forza? Azione dimostrativa, come hanno suggerito più esperti? Chi era il vero destinatario di tale azione?
Il destinatario era l’opinione pubblica negli Stati Uniti, la quale chiede azioni contro la Siria, ancora confusa dal caso Russiagate. Trump, con un attacco scorretto, ha dimostrato di essere “duro” contro la Siria e di essere disposto a punire la Russia. A mio parere la decisione di attaccare la Siria è stata fatta da Trump per motivi politici, e non dai generali che lo consigliano.
Dopo aver messo da parte Steve Bannon, Donald Trump ha davvero ceduto al “Deep State”? Durante la campagna elettorale ha promesso un’America più isolazionista rispetto a Obama e Bush.
Sì. È il vero fallimento del mandato di Trump. O stava mentendo sulle sue intenzioni in Medio Oriente e nei confronti della Russia, oppure è è cambiato da quando ha assunto l’incarico. In entrambi i casi rappresenta una grande delusione per molti che hanno votato per lui.
Trump ora ha un consenso interno che prima mancava? Hillary Clinton e i «neocon» plaudono alle sue ultime mosse, così come certa stampa che prima si era opposta a lui con tutte le forze.
Sì, ma questo è temporaneo e le valutazioni favorevoli sono già finite. Se vuole continuare a fare la guerra per mantenere la popolarità, questo è molto, molto pericoloso. Ecco perché le sue recenti mosse contro la Corea del Nord e l’Iran dovranno essere monitorate da vicino.
Com’è maturato questo cambiamento di Trump verso la politica estera? Lei che idea si è fatto?
Vorrei sapere la risposta, ma il mio sospetto è che sia stato sedotto da tutto il potere che controlla. Ogni presidente attraversa questa fase – sia Obama che Bush correvano per la presidenza come candidati per la pace e si sono rivelati ben altro.
E’ ancora possibile una nuova distensione con la Russia? O, come affermato dal presidente russo Vladimir Putin, con Trump le relazioni tra i due Paesi sono peggiorate?
E’ possibile, ma richiederà l’ennesima «giravolta» da parte del presidente. Non credo che una distensione possa accadere ora dopo le parole dure di Tillerson e Haley dirette alla Russia.
Quali sono le intenzioni degli USA verso l’Iran?
Pessime. Trump sta attualmente valutando l’accordo con l’Iran, probabilmente rifiuterà di revocare alcune sanzioni in esso contenute e probabilmente ne chiederà altre. Non si capisce cosa stia facendo, ma è controllato dalle lobby, da Israele e dagli «intransigenti» del Congresso.
Il futuro del presidente siriano Bashar al-Assad è segnato? Oppure la Russia e l’Iran si opporranno all’ennesimo «Regime Change»?
Assad rimarrà. Trump non ha gli strumenti a portata di mano per rimuoverlo e la guerra sta volgendo a favore del presidente siriano.
Gli Stati Uniti hanno lanciato un missile MOAB in Afghanistan. Altra azione dimostrativa?
Sì. Per avvisare la Corea del Nord e l’Iran di ciò che siamo capaci di fare.
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Re: La Terza Guerra Mondiale
La Francia prepara l'attacco
Relazione finale sugli "attacchi chimici" in Siria. Hollande suona il tamburo di guerra per il probabile presidente Macron
Relazione finale sugli "attacchi chimici" in Siria. Hollande suona il tamburo di guerra per il probabile presidente Macron
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Re: La Terza Guerra Mondiale
UncleTom ha scritto:La Francia prepara l'attacco
Relazione finale sugli "attacchi chimici" in Siria. Hollande suona il tamburo di guerra per il probabile presidente Macron
27
apr 17
Come la Francia prepara l’attacco alla Siria
eliseoELISEO: UN CONSIGLIO DI GUERRA
Ieri mattina all’Eliseo, il Presidente della Repubblica Hollande ha riunito il Consiglio di Difesa e di Sicurezza Nazionale l’organo supremo che sovrintende le decisioni militari e di intervento all’estero, le operazioni di intelligence, le questioni di sicurezza strategica e di lotta al terrorismo. C’erano i ministri più importanti del governo i vertici delle Forze Armate e dei Servizi Segreti.
Oggetto della riunione, la Évaluation Nationale, la relazione finale del Governo sul “presunto attacco chimico” a Khan Sheikhoun, in Siria, il 4 Aprile scorso.
La relazione di sei pagine, ha individuato nel regime siriano il responsabile della strage chimica. Ma qualcosa, anzi molto, non torna. Vediamo perché.
Gli elementi portati per provare l’accusa sono sostanzialmente tre:
1) Il tipo di Gas usato
2) Il processo di produzione
3) Il modo in cui è stato utilizzato
UN SARIN PARTICOLARE
Scrive il Governo di Parigi: “le analisi effettuate dagli esperti francesi sui campioni ambientali raccolti in uno dei punti d’impatto dell’attacco chimico (…) rivelano la presenza di Sarin”, o meglio “di un prodotto secondario specifico, il DIMP (Diisopropil metilfosfonato)“.
Non solo, ma anche l’analisi biomedica “su un campione di sangue preso in Siria da una delle vittime dell’attacco di Khan Sheikhoun”, mostra esposizione al Sarin.
Quindi prima conclusione: “la Francia conferma in modo indipendente e categorico che il Sarin è stato utilizzato il 4 aprile”.
Non un Sarin qualunque, ma specifico (il DIMP) che secondo l’intelligence francese, è quello “sviluppato dal SSRC (il Centro Studi e Ricerche Scientifiche di Damasco) e impiegato dalle Forze Armate siriane”; lo stesso Sarin “utilizzato con certezza dal regime siriano durante il l’attacco di Saraqib il 29 aprile 2013″.
PRIMA QUESTIONE
Chi ha raccolto i campioni ambientali nel luogo del bombardamento ed il campione di sangue sulla vittima? Gli stessi francesi? Se si, come mai i francesi hanno avuto accesso ad una zona controllata dai ribelli di Al Qaeda? Se no, chi li ha raccolti e dati all’intelligence di Parigi? E come sono stati raccolti, e come sono stati consegnati? E quale certezza c’è che questi campioni provengano esattamente da quel luogo e che non siano stati in alcun modo inquinati o manipolati?
Le domande sono fondamentali per capire la fondatezza di questo atto di accusa francese al regime di Assad. Così come è fondamentale ricordare cosa avvenne a Saraqib nel 2013.
COSA AVVENNE A SARAQIB?
Saraqib è una città del nord della Siria nella stessa provincia di Idlib dove sorge Khan Sheikhoun; città in mano ai ribelli anti-Assad, nel 2013 fu obiettivo di un presunto attacco chimico; un attacco chimico assai strano, secondo il Rapporto delle Nazioni Unite, perché produsse una sola vittima e perché le indagini si basarono sulla testimonianza di un’unica “fonte vicina all’opposizione” che avrebbe visto “un elicottero passare sopra la parte occidentale della città, volando da nord a sud e abbandonando degli oggetti in tre posizioni diverse”. Da questi oggetti, si legge nel rapporto, uscì “un fumo bianco”. Uno di questi oggetti, caduto nel cortile di una casa privata intossicò una donna di 52 anni (che fu poi la vittima), sua suocera e poi altri membri della famiglia.
Nel rapporto delle stesse Nazioni Unite a p. 38 si legge: “sulla base delle informazioni raccolte dalla Missione delle Nazioni Unite dalla fonte vicina alla Opposizione, l’incidente di Saraqib era atipico per un evento che prevedeva un uso presunto di sostanze chimiche”. In effetti un bombardamento chimico con un solo morto e con un solo testimone oculare, qualche riserva la concede.
I feriti furono prima ricoverati in un ospedale siriano e poi, a fronte di chiari segni di intossicazione, trasferiti in Turchia dove la donna è morta.
L’autopsia sul corpo della donna fu fatta dagli esperti delle Nazioni Unite che però registrarono che il corpo aveva già subito una parziale autopsia dai medici turchi.
Nel frattempo i Servizi francesi recuperarono i resti di una “granata inesplosa” sul terreno, effettuarono il campionamento della sostanza chimica, analizzarono e scoprirono che si trattava di Sarin; infine consegnarono i risultati alla Commissione Onu che avrebbe “confermato l’analisi nel dicembre 2013″.
LA MEZZA BUGIA FRAOPCW reports advance in removing Syria chemical armsNCESE
Ma in realtà non è andata proprio come dice il governo francese; le Nazioni Unite hanno solo confermato che le analisi conclusive sui campioni raccolti dai francesi nel 2013 erano conformi ai risultati. Ma non hanno potuto confermare che quei campioni fossero originali.
E infatti nella relazione gli esperti dell’ONU dicono “che in assenza di informazioni dirette” su come sono entrati in possesso dei campioni e della “catena di controllo di come è avvenuto il campionamento e il trasporto dei campioni ottenuti”, non si poteva “stabilire un collegamento diretto tra il presunto evento, la presunta località e il decesso della donna”. Un modo elegante per dire che quei campioni potevano essere stati alterati o sostituiti.
Esattamente come questi portati oggi dal Governo francese come prova che i siriani hanno utilizzato lo stesso Sarin anche a Khan Shaykur. Per questo le domande che abbiamo posto prima sono fondamentali per capire la differenza tra una prova ed un teorema.
ULTERIORE ANALISI
La relazione del governo francese presentata ieri dal Ministro degli Esteri Ayrault continua escludendo una serie di ipotesi:
1) Che l’attacco chimico possa essere avvenuto ad opera dei gruppi armati dei ribelli perché “a conoscenza dei servizi francesi, nessuno di questi gruppi ha la capacità di impiegare un agente neurotossico o le capacità aeree richieste”.
2) Che si sia trattata di una messa in scena o di una manipolazione dell’opposizione “perché il massiccio afflusso in un tempo molto limitato verso gli ospedali in Siria e in Turchia e il contemporaneo, massiccio caricamento di video che mostrano sintomi di utilizzo di agenti neurotossici” lo escludono.
Ma in realtà nessuna di queste ipotesi è mai stata avanzata dalle autorità siriane che hanno sostenuto semmai che la strage chimica provata possa essere stata causata o da Sarin conservato in magazzini di stoccaggio dei ribelli.
E IL REPORT DELLA CIA?
Nella relazione del governo francese non si fa alcun riferimento al rapporto della Cia con il quale la Casa Bianca ha legittimato il bombardamento in Siria. Perché?
Forse perché quel rapporto, come abbiamo dimostrato qui, è falso? Ma se è falso perché il governo francese ha appoggiato un bombardamento americano basato sulle prove di quel documento? E se invece è vero, perché il governo francese non lo cita come ulteriore supporto alle proprie conclusioni, visto che anche quello conferma un presunto bombardamento siriano con Sarin?
ARMI CHIMICHE PERCHÈ
Nella sua relazione l’Eliseo conferma che dal 23 marzo, le forze siriane, i reparti speciali iraniani e Hezbollah con il supporto dell’aviazione russa, avevano lanciato la controffensiva sul fronte di Hama; ed il 2 Aprile, cioè due giorni prima del presunto attacco chimico, Damasco aveva riconquistato quasi completamente i territori perduti a marzo.
Non solo ma nella relazione si conferma che “i servizi francesi valutano che solo Bashar al-Assad e alcuni dei membri più influenti del suo cerchio interno sono autorizzati a dare l’ordine di utilizzare armi chimiche”.
Ma allora, se può essere esclusa una falla nella catena di comando (ad esempio un generale che ordina l’attacco chimico all’insaputa dello Stato Maggiore e del Governo siriano), perché Assad in persona avrebbe ordinato un attacco chimico 100 km più a nord della linea del fronte, in una zona non interessata ai combattimenti, nel momento in cui stava cedendo il fronte dei ribelli, ben sapendo che l’attacco avrebbe bloccato la sua offensiva e scatenato l’opinione pubblica internazionale contro di lui, rimettendo in discussione la sua permanenza al potere (cosa che aveva ottenuto da Trump in persona)?
Non sembra avere senso, e forse non ne ha.
macron siriaTAMBURI DI GUERRA
La relazione di Parigi esce due giorni dopo la vittoria elettorale di Macron che sembra prevedere la sua conquista dell’Eliseo. E come abbiamo spiegato qui, Macron è il candidato dell’élite globalista, del potere tecno-finanziario, quello che alimenta il Partito della Guerra umanitaria in Occidente.
E chi meglio di un Presidente vincente, legittimato dal voto popolare, espressione dell’élite che determina i processi globali, osannato dai media, può avere le credenziali per portare la Francia in guerra e attuare il piano di neutralizzazione della Siria da anni perseguito?
D’altro canto il blog di Piccole Note, ieri proprio qui su Il Giornale, ha messo in risalto come Macron abbia già anticipato l’intenzione di un attacco militare alla Siria, con o senza autorizzazione Onu, “per neutralizzare le capacità chimiche del regime di Assad”. Quindi basta solo dimostrare tempestivamente che Assad queste capacità chimiche le ha e le usa, e il gioco è fatto.
In Libia furono i servizi francesi a costruire a tavolino le prove false dei presunti crimini commessi da Gheddafi, quando invece erano i ribelli jihadisti finanziati da Parigi Washington e Londra, a violarli. Ed in Libia fu la Francia ad aprire l’operazione militare che portò al regime change a Tripoli, voluto da Sarkozy e dalla Clinton e poi attuato dalla Nato.
Questa relazione del Governo francese sembra più che altro un tamburo di guerra che è iniziato a suonare per il probabile nuovo Presidente Macron.
La guerre umanitarie non salvano nessuna umanità ma aiutano ridisegnare il nuovo ordine internazionale salvando gli interessi dell’élite mondialista; e Macron sembra essere il perfetto garante di questi interessi.
Su Twitter: @GiampaoloRossi
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Re: La Terza Guerra Mondiale
Dal Corriere della Sera.
l’analisi
Milano, 27 aprile 2017 - 08:11
Scoppierà la guerra tra Corea del Nord e Usa?
Quanto è pericoloso il regime di Kim Jong-un? A cosa punta la Casa Bianca? La crisi tra Washington e Pyongyang spiegata in 8 punti
di Guido Olimpio e Guido Santevecchi
A-A+
Scheda 1 di 9
1.
Quanto è pericolosa la Corea del Nord?
Per l’intelligence occidentale il regime ha costruito un arsenale con almeno 20 bombe nucleari. Pyongyang, che ha fatto esplodere due atomiche sotterranee nel 2016, sostiene di aver acquisito la tecnologia per «miniaturizzare» le testate e montarle su un missile. Il timore degli esperti americani è che possa arrivare a produrre 6-7 ordigni a distanza ravvicinata. Il progetto che preoccupa di più è quello di un missile balistico intercontinentale (ICBM nel linguaggio militare) per poter minacciare le città degli Stati Uniti. Ma quelle della Corea del Sud e del Giappone sono già nel suo raggio d’azione.
2.
Può scoppiare un conflitto?
Gli esperti sono chiari: nessuno lo vuole, ma potrebbe iniziare per un azzardo o perché qualcuno compie uno stupido errore. Con la concentrazione di forze e manovre militari - purtroppo - basta poco. E non va dimenticato che la Nord Corea in passato ha compiuto atti di guerra affondando una corvetta del Sud o prendendo di mira con i cannoni un’isola nemica. Le retorica non è meno pericolosa. «Se tu fai questo io faccio quello» è una formula che può incastrare i protagonisti in una catena a reazione. Molti pensano ai pericoli di un conflitto nucleare, ma va considerato un altro scenario: il regime dispone di centinaia di pezzi d’artiglieria, molti ben protetti, con i quali è in grado di minacciare un’ampia fascia del Sud, compresi i sobborghi settentrionali di Seul. E aggiungiamo anche che la retorica, spesso eccessiva, non aiuta.
3.
Che cosa vuole la Nord Corea?
Con la sua corsa alle armi nucleari e missilistiche il regime di Kim Jong-un vuole anzitutto far sapere al mondo di avere una «polizza di assicurazione» che potrebbe costare milioni di morti in caso di guerra. Uno scontro «limitato» alla penisola coreana, già ora, secondo gli analisti Usa farebbe fino a un milione di morti nell’area di Seul. La propaganda di regime continua a ripetere che se l’Occidente pensa di riservare al leader la stessa sorte di Saddam o Gheddafi si sbaglia di grosso.
4
A cosa punta la Casa Bianca?
Per ora privilegia i canali diplomatici, ma tiene pronta l’opzione militare in caso di provocazioni gravi. In queste settimane i consiglieri di Trump hanno valutato diverse ipotesi: dal riconoscimento della Nord Corea come «Stato nucleare» e avvio di un dialogo, all’attacco preventivo sulle basi affidato a missili di crociera e bombardieri strategici. L’ammiraglio Harry Harris, responsabile del Comando del Pacifico, ha affermato l’intento non è di umiliare Kim ma di riportarlo alla ragione. Da qui lo show di potenza e la speranza che Pechino trovi una breccia. Un messaggio ribadito dai segretari alla Difesa e di Stato dopo l’incontro con il Senato: A. Pressioni internazionali per tornare al negoziato. B. Inasprimento delle sanzioni. C. Difesa della sicurezza Usa e degli alleati.
5.
Che cosa può fare la Cina?
Pechino è l’unico alleato potente al fianco di Pyongyang. Non vuole che il piccolo Paese al suo confine settentrionale crolli per non vedere gli americani avanzare dal 38° parallelo fino alla propria frontiera. Ma teme anche l’imprevedibilità di Kim Jong-un (il presidente Xi Jinping non lo ha mai voluto incontrare). Insiste per la ripresa dei colloqui a sei tra Usa, Cina, Russia, Giappone, e due Coree. I colloqui si sono bloccati nel 2009 su decisione nordcoreana. La Cina dice che le sanzioni non possono essere il fine, ma il mezzo per riprendere il negoziato. La mediazione di Pechino è comunque è decisiva. Il governo ha lasciato trapelare sui media critiche a Kim, un quotidiano ha persino scritto che non si oppone ad uno strike punitivo statunitense, però vuole evitare una conflagrazione dagli sviluppi imprevedibili.
6.
Quali sono le condizioni dell’economia nordcoreana?
Pyongyang non pubblica dati. Secondo l’annuario della Cia il suo Pil reale sarebbe di 28 miliardi di dollari all’anno, 40 miliardi aggiustato con il criterio della Parità di potere d’acquisto. Il Pil della Sud Corea (50 milioni di abitanti) invece vale oltre 1.370 miliardi di dollari. Le sanzioni hanno inciso sulla Nord Corea: Pechino ha appena bloccato l’import di carbone, che fornisce al regime il 40% della sua valuta estera. Nell’ultima settimana il prezzo del carburante a Pyongyang è cresciuto dell’83% e questo ha causato lunghe code ai distributori, anche per un paese dove le auto non sono così numerose. Il rialzo sarebbe legato anche a voci che sostengono che la Cina potrebbe bloccare l’export di greggio verso la Corea del Nord.
7.
Quanti sono i nordcoreani?
«Un popolo felice» di 25 milioni di persone secondo i dati ufficiali. Di questi, 2,8 milioni vivono nella capitale Pyongyang, città ordinata e con poco traffico, dotata di una metropolitana scavata cento metri sotto il livello del suolo per essere usata anche come rifugio antiatomico in caso di necessità. Gli abitanti ammessi a risiedere a Pyongyang sono selezionati in base alla lealtà: Kim Jong-un non vuole correre pericoli durante le adunate oceaniche.
8.
Che cosa dicono i fuggiaschi della Nord Corea?
Da quando è al potere Kim Jong-un (dicembre 2011) il numero dei fuggiaschi è diminuito, per effetto di controlli più serrati. Ultimamente sono scappate una ventina di cameriere di ristoranti nordcoreani all’estero, che hanno poco da raccontare. Ma ha tradito e si è rifugiato a Seul anche l’ex numero due dell’ambasciata a Londra, Thae Yong-ho. E ha detto: «Il regime impedisce che dall’esterno arrivino informazioni, la gente non conosce il mondo di fuori, non sa che si può vivere in un modo diverso, libero».
http://www.corriere.it/esteri/cards/sco ... last.shtml
l’analisi
Milano, 27 aprile 2017 - 08:11
Scoppierà la guerra tra Corea del Nord e Usa?
Quanto è pericoloso il regime di Kim Jong-un? A cosa punta la Casa Bianca? La crisi tra Washington e Pyongyang spiegata in 8 punti
di Guido Olimpio e Guido Santevecchi
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Scheda 1 di 9
1.
Quanto è pericolosa la Corea del Nord?
Per l’intelligence occidentale il regime ha costruito un arsenale con almeno 20 bombe nucleari. Pyongyang, che ha fatto esplodere due atomiche sotterranee nel 2016, sostiene di aver acquisito la tecnologia per «miniaturizzare» le testate e montarle su un missile. Il timore degli esperti americani è che possa arrivare a produrre 6-7 ordigni a distanza ravvicinata. Il progetto che preoccupa di più è quello di un missile balistico intercontinentale (ICBM nel linguaggio militare) per poter minacciare le città degli Stati Uniti. Ma quelle della Corea del Sud e del Giappone sono già nel suo raggio d’azione.
2.
Può scoppiare un conflitto?
Gli esperti sono chiari: nessuno lo vuole, ma potrebbe iniziare per un azzardo o perché qualcuno compie uno stupido errore. Con la concentrazione di forze e manovre militari - purtroppo - basta poco. E non va dimenticato che la Nord Corea in passato ha compiuto atti di guerra affondando una corvetta del Sud o prendendo di mira con i cannoni un’isola nemica. Le retorica non è meno pericolosa. «Se tu fai questo io faccio quello» è una formula che può incastrare i protagonisti in una catena a reazione. Molti pensano ai pericoli di un conflitto nucleare, ma va considerato un altro scenario: il regime dispone di centinaia di pezzi d’artiglieria, molti ben protetti, con i quali è in grado di minacciare un’ampia fascia del Sud, compresi i sobborghi settentrionali di Seul. E aggiungiamo anche che la retorica, spesso eccessiva, non aiuta.
3.
Che cosa vuole la Nord Corea?
Con la sua corsa alle armi nucleari e missilistiche il regime di Kim Jong-un vuole anzitutto far sapere al mondo di avere una «polizza di assicurazione» che potrebbe costare milioni di morti in caso di guerra. Uno scontro «limitato» alla penisola coreana, già ora, secondo gli analisti Usa farebbe fino a un milione di morti nell’area di Seul. La propaganda di regime continua a ripetere che se l’Occidente pensa di riservare al leader la stessa sorte di Saddam o Gheddafi si sbaglia di grosso.
4
A cosa punta la Casa Bianca?
Per ora privilegia i canali diplomatici, ma tiene pronta l’opzione militare in caso di provocazioni gravi. In queste settimane i consiglieri di Trump hanno valutato diverse ipotesi: dal riconoscimento della Nord Corea come «Stato nucleare» e avvio di un dialogo, all’attacco preventivo sulle basi affidato a missili di crociera e bombardieri strategici. L’ammiraglio Harry Harris, responsabile del Comando del Pacifico, ha affermato l’intento non è di umiliare Kim ma di riportarlo alla ragione. Da qui lo show di potenza e la speranza che Pechino trovi una breccia. Un messaggio ribadito dai segretari alla Difesa e di Stato dopo l’incontro con il Senato: A. Pressioni internazionali per tornare al negoziato. B. Inasprimento delle sanzioni. C. Difesa della sicurezza Usa e degli alleati.
5.
Che cosa può fare la Cina?
Pechino è l’unico alleato potente al fianco di Pyongyang. Non vuole che il piccolo Paese al suo confine settentrionale crolli per non vedere gli americani avanzare dal 38° parallelo fino alla propria frontiera. Ma teme anche l’imprevedibilità di Kim Jong-un (il presidente Xi Jinping non lo ha mai voluto incontrare). Insiste per la ripresa dei colloqui a sei tra Usa, Cina, Russia, Giappone, e due Coree. I colloqui si sono bloccati nel 2009 su decisione nordcoreana. La Cina dice che le sanzioni non possono essere il fine, ma il mezzo per riprendere il negoziato. La mediazione di Pechino è comunque è decisiva. Il governo ha lasciato trapelare sui media critiche a Kim, un quotidiano ha persino scritto che non si oppone ad uno strike punitivo statunitense, però vuole evitare una conflagrazione dagli sviluppi imprevedibili.
6.
Quali sono le condizioni dell’economia nordcoreana?
Pyongyang non pubblica dati. Secondo l’annuario della Cia il suo Pil reale sarebbe di 28 miliardi di dollari all’anno, 40 miliardi aggiustato con il criterio della Parità di potere d’acquisto. Il Pil della Sud Corea (50 milioni di abitanti) invece vale oltre 1.370 miliardi di dollari. Le sanzioni hanno inciso sulla Nord Corea: Pechino ha appena bloccato l’import di carbone, che fornisce al regime il 40% della sua valuta estera. Nell’ultima settimana il prezzo del carburante a Pyongyang è cresciuto dell’83% e questo ha causato lunghe code ai distributori, anche per un paese dove le auto non sono così numerose. Il rialzo sarebbe legato anche a voci che sostengono che la Cina potrebbe bloccare l’export di greggio verso la Corea del Nord.
7.
Quanti sono i nordcoreani?
«Un popolo felice» di 25 milioni di persone secondo i dati ufficiali. Di questi, 2,8 milioni vivono nella capitale Pyongyang, città ordinata e con poco traffico, dotata di una metropolitana scavata cento metri sotto il livello del suolo per essere usata anche come rifugio antiatomico in caso di necessità. Gli abitanti ammessi a risiedere a Pyongyang sono selezionati in base alla lealtà: Kim Jong-un non vuole correre pericoli durante le adunate oceaniche.
8.
Che cosa dicono i fuggiaschi della Nord Corea?
Da quando è al potere Kim Jong-un (dicembre 2011) il numero dei fuggiaschi è diminuito, per effetto di controlli più serrati. Ultimamente sono scappate una ventina di cameriere di ristoranti nordcoreani all’estero, che hanno poco da raccontare. Ma ha tradito e si è rifugiato a Seul anche l’ex numero due dell’ambasciata a Londra, Thae Yong-ho. E ha detto: «Il regime impedisce che dall’esterno arrivino informazioni, la gente non conosce il mondo di fuori, non sa che si può vivere in un modo diverso, libero».
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Re: La Terza Guerra Mondiale
...VALUTATE VOI IN CHE MANI E' IL NOSTRO DESTINO.....
Trump: «Con Kim guerra possibile. Seul? Ci paghi la difesa antimissile La presidenza? Pensavo più facile>>
1/40
Corriere della Sera
Davide Casati
Un'ora fa
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Stefano Fiore ai tempi della Lazio. AP
Nei suoi primi cento giorni da presidente, Donald Trump ha abituato il pianeta a una serie di imprevedibili cambiamenti di direzione. Ma il mutamento di toni assunto nel corso dell’intervista concessa all’agenzia di stampa Reuters, nel bel mezzo di una , ha lasciato senza parole le autorità di Seul, uno degli storici alleati di Washington.
«Possibile un conflitto con Pyongyang»
«C’è la possibilità che si arrivi a un enorme, enorme conflitto con la Corea del Nord. Certo che c’è», ha spiegato Trump, parlando nello Studio Ovale, prima di precisare che la speranza della sua amministrazione è quella di «risolvere le cose per via diplomatica, anche se è molto complicato». In quest’ottica, il presidente americano ha lodato il suo omologo Xi Jinping — «un uomo buono, che ho potuto conoscere bene: ama la Cina e il popolo cinese» — per il suo ruolo: «So che vorrebbe fare qualcosa, forse è possibile che non possa farlo. Ma sta facendo tutto ciò che è in suo potere» per aiutare a risolvere la situazione. (Nelle stesse ore, in una intervista a Fox News, il segretario di Stato Rex Tillerson ha precisato che la Cina gli ha fatto sapere di essere pronta a imporre sanzioni economiche su Pyongyang nel caso di nuovi test nucleari).
Scoppierà la guerra tra Corea del Nord e Usa?
«Kim? È giovane. E Seul paghi la difesa antimissile»
In commenti che hanno però causato molta sorpresa, Trump è però parso comprensivo nei confronti del leader nordcoreano («Ha 27 anni, suo padre muore, lui prende le redini del regime. Dite quel che volete, ma non è semplice, specie a quell’età. Non lo dico per dargli credito, spero che si dimostri razionale»), per poi affondare il colpo sulla Corea del Sud, tradizionale alleato degli Stati Uniti. Il presidente americano ha detto che intende far pagare a Seul il sistema antimissile Thaad, che gli Stati Uniti hanno schierato a difesa della Corea del Sud dalle minacce di Kim. La spesa sarebbe pari a un miliardo di dollari. «Ho informato la COrea del Sud che sarebbe appropriato che pagassero per quel sistema. È fenomenale, abbatte i missili mentre sono in cielo», ha detto Trump. Nel corso della stessa intervista, Trump ha anche detto di intendere «rivedere o cancellare» l’«orribile» accordo di libero scambio tra gli Stati Uniti e la Corea del Sud. «Quando annuncerò ufficialmente questa mossa? Molto presto. Lo sto annunciando ora», ha detto.
«Nessuna richiesta ufficiale»
Le reazioni di Seul — registrate dalla stessa agenzia Reuters — sono state all’insegna dello stupore e della cautela. Uno dei principali consiglieri per la politica estera di Moon Jae-in, favorito alla presidenza della Corea del Sud, ha spiegato che quella che Seul acquisti il Thaad è una «opzione impossibile». Anche un ex membro dell Dipartimento di Stato americano, interpellato da Reuters, ha bollato l’ipotesi come impossibile: «Non vogliamo vendere quel sistema. Vogliamo tenercelo, avere il diritto di usarlo e di metterlo dove occorre». Quanto alla possibilità di cancellazione dell’accordo di libero scambio, un esponente del ministero delle Finanze di Seul, che ha chiesto di mantenere l’anonimato, ha detto a Reuters che «le parole e la politica effettiva sono cose diverse. Non abbiamo ancora ricevuto alcuna richiesta. Aspettiamo e vediamo». La Borsa di Seul ha però reagito immediatamente alle parole di Trump, virando in territorio negativo.
«Israele e i palestinesi? Non c’è ragione per cui non ci sia pace»
Nel corso dell’intervista, Trump ha affrontato altri temi di politica estera, reiterando le accuse mosse all’Arabia Saudita in campagna elettorale di non pagare quanto dovuto per la difesa ottenuta da parte degli Stati Uniti («Francamente, non ci stanno trattando in modo corretto. Stiamo perdendo un mucchio di soldi per difendere il regno»), la volontà di sconfiggere Isis (senza fornire dettagli strategici, ma limitandosi a dire: «Devo dire che ci sarà una fine. E quella fine sarà la loro umiliazione. Ci sarà una fine»), quella di vedere un esito pacifico al conflitto israelo-palestinese («Voglio vedere la pace tra Israele e i palestinesi. Non c’è ragione perché non ci sia pace — non c’è alcuna ragione»). Non ha risposto a una domanda sulla possibilità che gli Stati Uniti riconoscano Gerusalemme come capitale di Israele (il che segnerebbe un significativo cambiamento politico per gli Stati Uniti: «Chiedetemelo tra un mese», ha risposto Trump»).
«Fare il presidente? Pensavo più facile»
Soffermandosi sulla sua vita, e sul cambiamento intercorso dal giorno della sua elezione, il 9 novembre, Trump ha anche detto che amava la sua vita precedente: «In questo lavoro c’è più lavoro di quanto ne facessi prima. Pensavo che sarebbe stato più facile», ha confessato. Il presidente — che, nota Reuters, «ha ancora l’elezione nella sua mente: mentre stava parlando del presidente cinese, s’è fermato e ha passato ai tre giornalisti nello Studio Ovale le mappe con i risultati elettorali, dicendo «Sono buoni numeri, no? Il colore rosso, ovviamente, rappresenta noi» — ha poi detto di avere nostalgia di quando poteva guidare. «Qui hai così tanta protezione intorno che non puoi andare da nessuna parte».
http://www.msn.com/it-it/notizie/mondo/ ... spartandhp
Trump: «Con Kim guerra possibile. Seul? Ci paghi la difesa antimissile La presidenza? Pensavo più facile>>
1/40
Corriere della Sera
Davide Casati
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Stefano Fiore ai tempi della Lazio. AP
Nei suoi primi cento giorni da presidente, Donald Trump ha abituato il pianeta a una serie di imprevedibili cambiamenti di direzione. Ma il mutamento di toni assunto nel corso dell’intervista concessa all’agenzia di stampa Reuters, nel bel mezzo di una , ha lasciato senza parole le autorità di Seul, uno degli storici alleati di Washington.
«Possibile un conflitto con Pyongyang»
«C’è la possibilità che si arrivi a un enorme, enorme conflitto con la Corea del Nord. Certo che c’è», ha spiegato Trump, parlando nello Studio Ovale, prima di precisare che la speranza della sua amministrazione è quella di «risolvere le cose per via diplomatica, anche se è molto complicato». In quest’ottica, il presidente americano ha lodato il suo omologo Xi Jinping — «un uomo buono, che ho potuto conoscere bene: ama la Cina e il popolo cinese» — per il suo ruolo: «So che vorrebbe fare qualcosa, forse è possibile che non possa farlo. Ma sta facendo tutto ciò che è in suo potere» per aiutare a risolvere la situazione. (Nelle stesse ore, in una intervista a Fox News, il segretario di Stato Rex Tillerson ha precisato che la Cina gli ha fatto sapere di essere pronta a imporre sanzioni economiche su Pyongyang nel caso di nuovi test nucleari).
Scoppierà la guerra tra Corea del Nord e Usa?
«Kim? È giovane. E Seul paghi la difesa antimissile»
In commenti che hanno però causato molta sorpresa, Trump è però parso comprensivo nei confronti del leader nordcoreano («Ha 27 anni, suo padre muore, lui prende le redini del regime. Dite quel che volete, ma non è semplice, specie a quell’età. Non lo dico per dargli credito, spero che si dimostri razionale»), per poi affondare il colpo sulla Corea del Sud, tradizionale alleato degli Stati Uniti. Il presidente americano ha detto che intende far pagare a Seul il sistema antimissile Thaad, che gli Stati Uniti hanno schierato a difesa della Corea del Sud dalle minacce di Kim. La spesa sarebbe pari a un miliardo di dollari. «Ho informato la COrea del Sud che sarebbe appropriato che pagassero per quel sistema. È fenomenale, abbatte i missili mentre sono in cielo», ha detto Trump. Nel corso della stessa intervista, Trump ha anche detto di intendere «rivedere o cancellare» l’«orribile» accordo di libero scambio tra gli Stati Uniti e la Corea del Sud. «Quando annuncerò ufficialmente questa mossa? Molto presto. Lo sto annunciando ora», ha detto.
«Nessuna richiesta ufficiale»
Le reazioni di Seul — registrate dalla stessa agenzia Reuters — sono state all’insegna dello stupore e della cautela. Uno dei principali consiglieri per la politica estera di Moon Jae-in, favorito alla presidenza della Corea del Sud, ha spiegato che quella che Seul acquisti il Thaad è una «opzione impossibile». Anche un ex membro dell Dipartimento di Stato americano, interpellato da Reuters, ha bollato l’ipotesi come impossibile: «Non vogliamo vendere quel sistema. Vogliamo tenercelo, avere il diritto di usarlo e di metterlo dove occorre». Quanto alla possibilità di cancellazione dell’accordo di libero scambio, un esponente del ministero delle Finanze di Seul, che ha chiesto di mantenere l’anonimato, ha detto a Reuters che «le parole e la politica effettiva sono cose diverse. Non abbiamo ancora ricevuto alcuna richiesta. Aspettiamo e vediamo». La Borsa di Seul ha però reagito immediatamente alle parole di Trump, virando in territorio negativo.
«Israele e i palestinesi? Non c’è ragione per cui non ci sia pace»
Nel corso dell’intervista, Trump ha affrontato altri temi di politica estera, reiterando le accuse mosse all’Arabia Saudita in campagna elettorale di non pagare quanto dovuto per la difesa ottenuta da parte degli Stati Uniti («Francamente, non ci stanno trattando in modo corretto. Stiamo perdendo un mucchio di soldi per difendere il regno»), la volontà di sconfiggere Isis (senza fornire dettagli strategici, ma limitandosi a dire: «Devo dire che ci sarà una fine. E quella fine sarà la loro umiliazione. Ci sarà una fine»), quella di vedere un esito pacifico al conflitto israelo-palestinese («Voglio vedere la pace tra Israele e i palestinesi. Non c’è ragione perché non ci sia pace — non c’è alcuna ragione»). Non ha risposto a una domanda sulla possibilità che gli Stati Uniti riconoscano Gerusalemme come capitale di Israele (il che segnerebbe un significativo cambiamento politico per gli Stati Uniti: «Chiedetemelo tra un mese», ha risposto Trump»).
«Fare il presidente? Pensavo più facile»
Soffermandosi sulla sua vita, e sul cambiamento intercorso dal giorno della sua elezione, il 9 novembre, Trump ha anche detto che amava la sua vita precedente: «In questo lavoro c’è più lavoro di quanto ne facessi prima. Pensavo che sarebbe stato più facile», ha confessato. Il presidente — che, nota Reuters, «ha ancora l’elezione nella sua mente: mentre stava parlando del presidente cinese, s’è fermato e ha passato ai tre giornalisti nello Studio Ovale le mappe con i risultati elettorali, dicendo «Sono buoni numeri, no? Il colore rosso, ovviamente, rappresenta noi» — ha poi detto di avere nostalgia di quando poteva guidare. «Qui hai così tanta protezione intorno che non puoi andare da nessuna parte».
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