Gentiloni
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Re: Gentiloni
.....MESSAGGIO ALLA ZATTERA DI SUGHERO PILOTATA DAR SOR CONTE PAOLO.............
...IN MATERIA DI TAZZE....
Tasse sul lavoro, Ocse: “Italia al terzo posto tra 35 Paesi per peso fisco su famiglie monoreddito con due figli”
Pressione fiscale record sul lavoro: Italia quinta al mondo
Dodici punti sopra la media Ocse. È questo il dato preoccupante che riguarda l'Italia sul fronte della pressione fiscale sui lavoratori
Franco Grilli - Mar, 11/04/2017 - 13:06
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Dodici punti sopra la media Ocse. È questo il dato preoccupante che riguarda l'Italia sul fronte della pressione fiscale sui lavoratori.
...IN MATERIA DI TAZZE....
Tasse sul lavoro, Ocse: “Italia al terzo posto tra 35 Paesi per peso fisco su famiglie monoreddito con due figli”
Pressione fiscale record sul lavoro: Italia quinta al mondo
Dodici punti sopra la media Ocse. È questo il dato preoccupante che riguarda l'Italia sul fronte della pressione fiscale sui lavoratori
Franco Grilli - Mar, 11/04/2017 - 13:06
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Dodici punti sopra la media Ocse. È questo il dato preoccupante che riguarda l'Italia sul fronte della pressione fiscale sui lavoratori.
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Re: Gentiloni
....GENTILO',.....BATTAGLIO', ......SIGNORSI',......
A WASHINGTON “L’alleanza con gli Usa un dovere politico”
Gentiloni da Trump “offre” la Penisola:
“Un ruolo per la Libia e il Mediterraneo”
IL PRIMO CONFRONTO Gentilo -
ni-Trump avrà luogo oggi: al centro
del dibattito ci sarà l’alleanza italo-americana,
che il presidente degli Stati Uniti
ha definito “un dovere politico per
contenere i conflitti e gestire la crisi". Il
primo ministro italiano punterà sulla centralità
dell’Italia nella gestione dei migranti,
soprattutto riguardo alla questione
Libia, ma in generale in tutto il Mediteranno,
teatro degli scontri di Iraq, Afghanistan
e Siria. “La stabilità del Mare
Nostrum - ha spiegato Gentiloni - è cruciale
anche per la lotta all’Isis”, un tema vicino
all’Amministrazione Usa. L’unica soluzione
possibile per il premier italiano è
un negoziato multilaterale: “È un’illusione
pensare i destini dell’Ue separati dalle crisi
del Nord Africa e Medio Oriente. Il migra -
tion compact deve essere confermato”, ha
concluso. L’Italia intende rinnovare l’ami -
cizia con l’America anche nell’era Trump
DA F.Q.
A WASHINGTON “L’alleanza con gli Usa un dovere politico”
Gentiloni da Trump “offre” la Penisola:
“Un ruolo per la Libia e il Mediterraneo”
IL PRIMO CONFRONTO Gentilo -
ni-Trump avrà luogo oggi: al centro
del dibattito ci sarà l’alleanza italo-americana,
che il presidente degli Stati Uniti
ha definito “un dovere politico per
contenere i conflitti e gestire la crisi". Il
primo ministro italiano punterà sulla centralità
dell’Italia nella gestione dei migranti,
soprattutto riguardo alla questione
Libia, ma in generale in tutto il Mediteranno,
teatro degli scontri di Iraq, Afghanistan
e Siria. “La stabilità del Mare
Nostrum - ha spiegato Gentiloni - è cruciale
anche per la lotta all’Isis”, un tema vicino
all’Amministrazione Usa. L’unica soluzione
possibile per il premier italiano è
un negoziato multilaterale: “È un’illusione
pensare i destini dell’Ue separati dalle crisi
del Nord Africa e Medio Oriente. Il migra -
tion compact deve essere confermato”, ha
concluso. L’Italia intende rinnovare l’ami -
cizia con l’America anche nell’era Trump
DA F.Q.
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Re: Gentiloni
CHE IE TOCCA FA’ PE’ CAMPA’ AR SOR CONTE PAOLO
PRIMA PAGINA | IL FATTO QUOTIDIANO | Martedì 25 Aprile 2017
SIAMO PRIMI +10% nell’acquisto di armamenti
Armi, Italia record
E Trump ordina:
più soldi alla Nato
p Con un investimento di oltre 25 miliardi per il 2016, il nostro Paese svetta nella classifica redatta dall’i stituto Sipri di Stoccolma davanti a Russia (+5,9%), Cina (+5,4) e Stati Uniti (+1,7%). Frattanto il presidente statunitense dice che il premier Gentiloni farà il suo dovere per adeguare il nostro finanziamento a l l’Alleanza Nord Atlantica
GRAMAGLIA E PIOVESANA A PAG. 9
PRIMA PAGINA | IL FATTO QUOTIDIANO | Martedì 25 Aprile 2017
SIAMO PRIMI +10% nell’acquisto di armamenti
Armi, Italia record
E Trump ordina:
più soldi alla Nato
p Con un investimento di oltre 25 miliardi per il 2016, il nostro Paese svetta nella classifica redatta dall’i stituto Sipri di Stoccolma davanti a Russia (+5,9%), Cina (+5,4) e Stati Uniti (+1,7%). Frattanto il presidente statunitense dice che il premier Gentiloni farà il suo dovere per adeguare il nostro finanziamento a l l’Alleanza Nord Atlantica
GRAMAGLIA E PIOVESANA A PAG. 9
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Re: Gentiloni
.....BATTAGLIO', ....GENTILO',..........GNORSI',......
Trump e la Nato:<<Ho chiesto all'Italia di pagare di più. E l'Italia pagherà>>
Al solito, il solito imbecille ha bloccato il copia-incolla, leggete qui l'articolo
http://www.msn.com/it-it/notizie/mondo/ ... spartandhp
Trump e la Nato:<<Ho chiesto all'Italia di pagare di più. E l'Italia pagherà>>
Al solito, il solito imbecille ha bloccato il copia-incolla, leggete qui l'articolo
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Re: Gentiloni
Er sor conte Paolo si è trasformato in un mago e ha adottato il metodo della fata “Smemorina”, per tirare a campare?????
Salagadula megicabula bibbidi-bobbidi-bu
Fa la magia tutto quel che vuoi tu
Bibbidi-bobbidi-bu
Salagadula megicabula bibbidi-bobbidi-bu
Se le pronunci che avviene laggiù?
Bibbidi-bobbidi-bu
Salagadula megicabula bibbidi-bobbidi-bu
Fa la magia tutto quel che vuoi tu
Bibbidi-bobbidi-bu
Deve affrontare il caso Ali Taglia e non ha i soldi. Tanto che Calenda greca vuole chiedere un prestito alla Ue.
Deve salvare le banche e non ha soldi.
A Trumpone ha detto si per l’aumento del costo della Nato.
Ma dove va a trovare i soldi?
Salagadula megicabula bibbidi-bobbidi-bu
Fa la magia tutto quel che vuoi tu
Bibbidi-bobbidi-bu
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Se le pronunci che avviene laggiù?
Bibbidi-bobbidi-bu
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Deve affrontare il caso Ali Taglia e non ha i soldi. Tanto che Calenda greca vuole chiedere un prestito alla Ue.
Deve salvare le banche e non ha soldi.
A Trumpone ha detto si per l’aumento del costo della Nato.
Ma dove va a trovare i soldi?
Salagadula megicabula bibbidi-bobbidi-bu
Fa la magia tutto quel che vuoi tu
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Re: Gentiloni
Trump e la Nato: «Ho chiesto all’Italia di pagare di più. E l’Italia pagherà»
13/38
Corriere della Sera
3 giorni fa
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© Fornito da RCS MediaGroup S.p.A.
Secondo il presidente americano Donald Trump, l’Italia è pronta a pagare di più per mantenere attiva la Nato. Il capo della Casa Bianca lo ha detto in un’intervista rilasciata all’agenzia Associated press. «Con il primo ministro italiano — dice Trump in un passaggio del colloquio — ieri stavamo scherzando. ‘Avanti,, devi pagare di più’. E lui pagherà”. L’intervistatore chiede conferma dell’affermazione e Trump risponde: «Sta per concludere. Ma nessuno me ha mai posto il problema; nessuno aveva mai chiesto a lui di pagare di più. Ora siamo in un tipo diverso di presidenza».
La Nato obsoleta
L’intervista voleva tracciare il bilancio dei primi cento giorni di presidente di The Donald. Venendo a parlare della Nato, il presidente dopo aver ammesso che quando a gennaio definì l’Alleanza Atlantica «obsoleta» non sapeva granchè della Nato «mentre adesso conosco molto di più», fa riferimento alla questione del contributo finanziario alla macchina militare da parte dei paesi europei. In quel frangente fa diretto riferimento all’incontro con Gentiloni . Da Palazzo Chigi per il momento non è giunta nessuna conferma nè smentita alle parole che Trump ha attribuito a Gentiloni. Sul fatto che l’Alleanza sia ormai superato, il capo della Casa Bianca ha poi specificato: «La ragione è che essa non è concentrata sul terrorismo; quando la Nato venne istituita, quel problema non esisteva; poi dissi che era obsoleta perché i paesi membri non pagavano. Avevo ragione su entrambi i punti».
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Corriere della Sera
3 giorni fa
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Secondo il presidente americano Donald Trump, l’Italia è pronta a pagare di più per mantenere attiva la Nato. Il capo della Casa Bianca lo ha detto in un’intervista rilasciata all’agenzia Associated press. «Con il primo ministro italiano — dice Trump in un passaggio del colloquio — ieri stavamo scherzando. ‘Avanti,, devi pagare di più’. E lui pagherà”. L’intervistatore chiede conferma dell’affermazione e Trump risponde: «Sta per concludere. Ma nessuno me ha mai posto il problema; nessuno aveva mai chiesto a lui di pagare di più. Ora siamo in un tipo diverso di presidenza».
La Nato obsoleta
L’intervista voleva tracciare il bilancio dei primi cento giorni di presidente di The Donald. Venendo a parlare della Nato, il presidente dopo aver ammesso che quando a gennaio definì l’Alleanza Atlantica «obsoleta» non sapeva granchè della Nato «mentre adesso conosco molto di più», fa riferimento alla questione del contributo finanziario alla macchina militare da parte dei paesi europei. In quel frangente fa diretto riferimento all’incontro con Gentiloni . Da Palazzo Chigi per il momento non è giunta nessuna conferma nè smentita alle parole che Trump ha attribuito a Gentiloni. Sul fatto che l’Alleanza sia ormai superato, il capo della Casa Bianca ha poi specificato: «La ragione è che essa non è concentrata sul terrorismo; quando la Nato venne istituita, quel problema non esisteva; poi dissi che era obsoleta perché i paesi membri non pagavano. Avevo ragione su entrambi i punti».
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Re: Gentiloni
"L'TALIA NON C'E' PIU"
Di Giampaolo Pansa
........La mia opinione è che un tempo l'Italia fosse migliore di questa del 2017. Oggi siamo un paese allo sbando.........
29 apr 2017 12:12
MI GIRANO I GENTILONI
- ORLANDO S’INCAZZA PER LA SCELTA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DI PARTECIPARE ALLA CHIUSURA DELLA CAMPAGNA ELETTORALE DI RENZI
- IL MINISTRO ROSICA: “SPIACE CONSTATARE CHE GENTILONI NON SI SIA POTUTO SOTTRARRE: DOVREBBE ESSERE SUPER PARTES…”
Alessandro Trocino per il “Corriere della Sera”
Matteo Orfini, reggente del partito e sostenitore di Matteo Renzi, fissa il paletto: «Se vota più di un milione di persone, siamo soddisfatti». La vera affluenza si scoprirà domenica sera, quando si chiuderanno le urne per le primarie del Partito democratico. Ieri i tre sfidanti - Matteo Renzi, Andrea Orlando e Michele Emiliano - intanto, hanno iniziato a chiudere la loro campagna. E il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha scelto di partecipare alla manifestazione romana finale dell' ex segretario (sia pure in sua assenza, presente Roberto Giachetti).
Il premier suggella il patto con Renzi. E esordisce così: «Sono un po' emozionato, sono 4-5 mesi che non partecipo ad una riunione politica». Poi lancia un appello alla partecipazione, rilanciando il ruolo delle consultazioni di partito: «Mi auguro che tutti vadano a votare. Ho sentito ragionamenti sul logoramento delle primarie ma è una conquista preziosa».
Gentiloni aggiunge: «Il mio contributo sarà quello di continuare a sostenere il Pd, mi auguro a guida di Matteo, e di cercare di portare anche la comunità del Pd nelle condizioni migliori possibili fino alle prove elettorali, quando ci saranno». Non proprio subito: «Io considererò la mia missione compiuta quando riusciremo a completare questo lavoro con un alto tasso di riforme».
Partecipazione, quella di Gentiloni, che non piace affatto agli sfidanti, come dimostrano le parole di Andrea Martella, sostenitore di Orlando: «Il rush finale per Renzi è stato fatto dal governo invece che dal comitato elettorale. Spiace constatare che anche Gentiloni non si sia potuto sottrarre. Spiace perché il premier dovrebbe essere super partes ». Salta a dopo le primarie, invece, il previsto incontro di stamattina a Caserta con il ministro Dario Franceschini.
Renzi ieri ha fatto una trasferta anche a Bruxelles. In volo si è improvvisato controllore, con tanto di microfono e battuta sull' Alitalia: «L' aereo arriverà in anticipo perché Alitalia funziona, alla faccia di quelli che ne parlano male». In Belgio Renzi lancia cinque proposte per la Ue», con lo slogan: «Europa sì, ma non così».
E mentre la mamma di Emiliano si preoccupa per il figlio infortunato dopo il passo di danza («mi fa preoccupare, non si cura»), il presidente della Puglia contesta un congresso «fatto con rito abbreviato, quasi clandestino» e vede nero nel futuro post primarie: «Renzi perderà le elezioni e ha già deciso, dopo il voto, di allearsi con Berlusconi». Sulle alleanze Emiliano la pensa come Orlando. Che spiega: «Se vince Renzi farà l' alleanza con Berlusconi, se vinco io si costruirà un nuovo centrosinistra». Lo stesso obiettivo a cui punta l' ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia.
La vittoria di Renzi è data per probabile ma Orlando avverte: «In Francia i sondaggisti hanno sbagliato le previsioni.Di scontato non c' è niente». E a proposito di sondaggi, Emiliano dà un' interpretazione maliziosa sulle cifre girate in questi giorni: «I sondaggi sono stati diffusi appositamente per scoraggiare la gente». Basterebbero, dice, «che 200-300 mila persone in più del previsto andassero a votare per me per cambiare la storia del Pd e del Paese».
Si attende l' esito delle primarie anche per capire come si uscirà dallo stallo sulla legge elettorale. Ma proprio domenica l' Unità non sarà in edicola: in serata l' assemblea dei redattori del quotidiano di riferimento del Pd ha annunciato la protesta: «Non seguiremo la giornata dopo l' ennesima provocazione dell' azienda»
Di Giampaolo Pansa
........La mia opinione è che un tempo l'Italia fosse migliore di questa del 2017. Oggi siamo un paese allo sbando.........
29 apr 2017 12:12
MI GIRANO I GENTILONI
- ORLANDO S’INCAZZA PER LA SCELTA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DI PARTECIPARE ALLA CHIUSURA DELLA CAMPAGNA ELETTORALE DI RENZI
- IL MINISTRO ROSICA: “SPIACE CONSTATARE CHE GENTILONI NON SI SIA POTUTO SOTTRARRE: DOVREBBE ESSERE SUPER PARTES…”
Alessandro Trocino per il “Corriere della Sera”
Matteo Orfini, reggente del partito e sostenitore di Matteo Renzi, fissa il paletto: «Se vota più di un milione di persone, siamo soddisfatti». La vera affluenza si scoprirà domenica sera, quando si chiuderanno le urne per le primarie del Partito democratico. Ieri i tre sfidanti - Matteo Renzi, Andrea Orlando e Michele Emiliano - intanto, hanno iniziato a chiudere la loro campagna. E il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha scelto di partecipare alla manifestazione romana finale dell' ex segretario (sia pure in sua assenza, presente Roberto Giachetti).
Il premier suggella il patto con Renzi. E esordisce così: «Sono un po' emozionato, sono 4-5 mesi che non partecipo ad una riunione politica». Poi lancia un appello alla partecipazione, rilanciando il ruolo delle consultazioni di partito: «Mi auguro che tutti vadano a votare. Ho sentito ragionamenti sul logoramento delle primarie ma è una conquista preziosa».
Gentiloni aggiunge: «Il mio contributo sarà quello di continuare a sostenere il Pd, mi auguro a guida di Matteo, e di cercare di portare anche la comunità del Pd nelle condizioni migliori possibili fino alle prove elettorali, quando ci saranno». Non proprio subito: «Io considererò la mia missione compiuta quando riusciremo a completare questo lavoro con un alto tasso di riforme».
Partecipazione, quella di Gentiloni, che non piace affatto agli sfidanti, come dimostrano le parole di Andrea Martella, sostenitore di Orlando: «Il rush finale per Renzi è stato fatto dal governo invece che dal comitato elettorale. Spiace constatare che anche Gentiloni non si sia potuto sottrarre. Spiace perché il premier dovrebbe essere super partes ». Salta a dopo le primarie, invece, il previsto incontro di stamattina a Caserta con il ministro Dario Franceschini.
Renzi ieri ha fatto una trasferta anche a Bruxelles. In volo si è improvvisato controllore, con tanto di microfono e battuta sull' Alitalia: «L' aereo arriverà in anticipo perché Alitalia funziona, alla faccia di quelli che ne parlano male». In Belgio Renzi lancia cinque proposte per la Ue», con lo slogan: «Europa sì, ma non così».
E mentre la mamma di Emiliano si preoccupa per il figlio infortunato dopo il passo di danza («mi fa preoccupare, non si cura»), il presidente della Puglia contesta un congresso «fatto con rito abbreviato, quasi clandestino» e vede nero nel futuro post primarie: «Renzi perderà le elezioni e ha già deciso, dopo il voto, di allearsi con Berlusconi». Sulle alleanze Emiliano la pensa come Orlando. Che spiega: «Se vince Renzi farà l' alleanza con Berlusconi, se vinco io si costruirà un nuovo centrosinistra». Lo stesso obiettivo a cui punta l' ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia.
La vittoria di Renzi è data per probabile ma Orlando avverte: «In Francia i sondaggisti hanno sbagliato le previsioni.Di scontato non c' è niente». E a proposito di sondaggi, Emiliano dà un' interpretazione maliziosa sulle cifre girate in questi giorni: «I sondaggi sono stati diffusi appositamente per scoraggiare la gente». Basterebbero, dice, «che 200-300 mila persone in più del previsto andassero a votare per me per cambiare la storia del Pd e del Paese».
Si attende l' esito delle primarie anche per capire come si uscirà dallo stallo sulla legge elettorale. Ma proprio domenica l' Unità non sarà in edicola: in serata l' assemblea dei redattori del quotidiano di riferimento del Pd ha annunciato la protesta: «Non seguiremo la giornata dopo l' ennesima provocazione dell' azienda»
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Re: Gentiloni
Adesso il governo ha i giorni contati
La vittoria di Renzi è un avviso di sfratto al premier. Ora si apre la corsa alle urne nonostante il freno di Mattarella
Anna Maria Greco - Lun, 01/05/2017 - 08:18
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Roma E ora, che farà Matteo Renzi di tutti questi voti presi alle primarie del Pd? Che fosse il vincitore della consultazione dei gazebo e venisse riconfermato segretario del popolo dem era scontato, ma che ottenesse una percentuale così alta di preferenze proprio no.
Adesso può riprendersi il partito, mettendo la museruola alle opposizioni interne, ma il punto è che ripercussioni avrà questo suo successo sul governo Gentiloni.
Se il leader avesse vinto di misura o non avesse sfondato così clamorosamente, il suo amico di Palazzo Chigi certo si sentirebbe più al sicuro. Ma con più del 70 per cento dei consensi in tasca, con un'alta affluenza alle urne che lo premia raddoppiando quel milione che aveva indicato come un buon obiettivo, può prevalere l'ambizione di Renzi di riprendere al più presto e da una posizione di massima forza il suo ruolo di premier.
Il peso della vittoria, a questo punto, può già essere letto come un sonoro «ciaone» al governo Gentiloni. Perché Matteo dovrebbe aspettare pazientemente il suo turno e non cavalcare l'onda del successo alle primarie?
Ieri sera il premier si è congratulato con il neosegretario per telefono mentre era in viaggio per il Kuwait. Dario Franceschini garantisce: «Il fatto che ci sia una leadership forte è un elemento positivo anche per il governo». Lorenzo Guerini esclude elezioni anticipate: «Renzi è stato chiaro: il sostegno al governo è forte». Anche il ministro Maurizio Martina, che con Renzi si è presentato in tandem, assicura che il governo non è in pericolo.
Eppure, si sa che il leader Pd pensa sempre ad un voto in autunno, comunque prima della fine dell'anno, per essere finalmente legittimato dalle urne.
Certo, molto dipende dalla possibilità di realizzare il suo sogno, malgrado gli appelli frenanti del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e i tempi lunghi del parlamento che, senza nessuna voglia, deve trovare un accordo tra politico sul nuovo sistema di voto.
Gentiloni, insomma, deve sentirsi più precario. Anche se il suo sarebbe il terzo governo guidato da un esponente dem, in questa legislatura, che il Pd stesso fa cadere. Renzi potrebbe, anche per questo, decidere di sostenere l'attuale esecutivo, garantirgli maggiore stabilità e aiutarlo a portare a casa le cose che ha promesso di fare. Il premier gli è stato al fianco in questa campagna elettorale, si è esposto in prima persona, sfidando anche le critiche e, pure dal punto di vista umano, stavolta sarebbe più difficile usare la formula lettiana dello «stai sereno», per farlo fuori.
Dall'altra parte, però, c'è la volontà di Renzi di dettare l'agenda di governo, con le preoccupazioni per una manovra economica che non sia dettata dall'Europa, ma che sia frutto di un governo forte, davvero capace di opporsi al Bruxelles.
E poi, il protagonismo caratteriale di Matteo è più difficile da imbrigliare ora che si è preso la sua rivincita nei confronti degli antagonisti Andrea Orlando e Michele Emiliano, dei fuoriusciti dal partito che l'hanno contestato fino alla scissione e di quelli che gli hanno inflitto la bocciatura della sua riforma costituzionale.
La tentazione di fare sentire a tutti che di nuovo il capo è lui, insomma, dev'essere forte in queste ore. Sul treno dalla Toscana a Roma Renzi già festeggia la vittoria, dice che ha «ripreso il trolley» e vuole «andare avanti, insieme». I seggi si sono appena chiusi e lui su Facebook scrive agli elettori: «Prima di tutto vi devo un gigantesco grazie». Stavolta Matteo ha vinto con uno stile diverso, più pacato del passato, non ha attaccato troppo Orlando ed Emiliano ed ora li vuole riportare sotto la sua ala. Ma la tentazione della vendetta, di far vedere che è sempre il migliore degli altri è difficile da reprimere. E a Paolo, l'inquilino di Palazzo Chigi, potrebbe allora mostrare la sua vecchia faccia. Quella dell'asfaltatore.
La vittoria di Renzi è un avviso di sfratto al premier. Ora si apre la corsa alle urne nonostante il freno di Mattarella
Anna Maria Greco - Lun, 01/05/2017 - 08:18
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Roma E ora, che farà Matteo Renzi di tutti questi voti presi alle primarie del Pd? Che fosse il vincitore della consultazione dei gazebo e venisse riconfermato segretario del popolo dem era scontato, ma che ottenesse una percentuale così alta di preferenze proprio no.
Adesso può riprendersi il partito, mettendo la museruola alle opposizioni interne, ma il punto è che ripercussioni avrà questo suo successo sul governo Gentiloni.
Se il leader avesse vinto di misura o non avesse sfondato così clamorosamente, il suo amico di Palazzo Chigi certo si sentirebbe più al sicuro. Ma con più del 70 per cento dei consensi in tasca, con un'alta affluenza alle urne che lo premia raddoppiando quel milione che aveva indicato come un buon obiettivo, può prevalere l'ambizione di Renzi di riprendere al più presto e da una posizione di massima forza il suo ruolo di premier.
Il peso della vittoria, a questo punto, può già essere letto come un sonoro «ciaone» al governo Gentiloni. Perché Matteo dovrebbe aspettare pazientemente il suo turno e non cavalcare l'onda del successo alle primarie?
Ieri sera il premier si è congratulato con il neosegretario per telefono mentre era in viaggio per il Kuwait. Dario Franceschini garantisce: «Il fatto che ci sia una leadership forte è un elemento positivo anche per il governo». Lorenzo Guerini esclude elezioni anticipate: «Renzi è stato chiaro: il sostegno al governo è forte». Anche il ministro Maurizio Martina, che con Renzi si è presentato in tandem, assicura che il governo non è in pericolo.
Eppure, si sa che il leader Pd pensa sempre ad un voto in autunno, comunque prima della fine dell'anno, per essere finalmente legittimato dalle urne.
Certo, molto dipende dalla possibilità di realizzare il suo sogno, malgrado gli appelli frenanti del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e i tempi lunghi del parlamento che, senza nessuna voglia, deve trovare un accordo tra politico sul nuovo sistema di voto.
Gentiloni, insomma, deve sentirsi più precario. Anche se il suo sarebbe il terzo governo guidato da un esponente dem, in questa legislatura, che il Pd stesso fa cadere. Renzi potrebbe, anche per questo, decidere di sostenere l'attuale esecutivo, garantirgli maggiore stabilità e aiutarlo a portare a casa le cose che ha promesso di fare. Il premier gli è stato al fianco in questa campagna elettorale, si è esposto in prima persona, sfidando anche le critiche e, pure dal punto di vista umano, stavolta sarebbe più difficile usare la formula lettiana dello «stai sereno», per farlo fuori.
Dall'altra parte, però, c'è la volontà di Renzi di dettare l'agenda di governo, con le preoccupazioni per una manovra economica che non sia dettata dall'Europa, ma che sia frutto di un governo forte, davvero capace di opporsi al Bruxelles.
E poi, il protagonismo caratteriale di Matteo è più difficile da imbrigliare ora che si è preso la sua rivincita nei confronti degli antagonisti Andrea Orlando e Michele Emiliano, dei fuoriusciti dal partito che l'hanno contestato fino alla scissione e di quelli che gli hanno inflitto la bocciatura della sua riforma costituzionale.
La tentazione di fare sentire a tutti che di nuovo il capo è lui, insomma, dev'essere forte in queste ore. Sul treno dalla Toscana a Roma Renzi già festeggia la vittoria, dice che ha «ripreso il trolley» e vuole «andare avanti, insieme». I seggi si sono appena chiusi e lui su Facebook scrive agli elettori: «Prima di tutto vi devo un gigantesco grazie». Stavolta Matteo ha vinto con uno stile diverso, più pacato del passato, non ha attaccato troppo Orlando ed Emiliano ed ora li vuole riportare sotto la sua ala. Ma la tentazione della vendetta, di far vedere che è sempre il migliore degli altri è difficile da reprimere. E a Paolo, l'inquilino di Palazzo Chigi, potrebbe allora mostrare la sua vecchia faccia. Quella dell'asfaltatore.
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Re: Gentiloni
Nuova incoronazione in un Pd senza avversari
E adesso Renzi può decidere la fine del governo
Primarie, quasi 2 milioni di voti. Ex premier oltre il 70%. Emiliano: “Guerra se rifarà gli stessi errori”
Tutto secondo copione: successo serve a dimenticare il referendum. E ora si parla del futuro di Gentiloni
Politica
Il primo a confermare – finalmente – il vero senso delle quinte primarie della storia del Pd è Dario Franceschini. “Il popolo restituisce a Renzi una leadership forte”, dichiara il ministro quando non ci sono ancora né dati ufficiali sull’affluenza e nemmeno sulle proporzioni della vittoria dell’ex premier. È un fatto, però, che le primarie più anonime di sempre siano state per Renzi soltanto quello che lo stesso ex premier voleva che fossero: una nuova legittimazione popolare, utile soltanto ad archiviare la batosta del referendum
di Giuseppe Pipitone
A EMILIA'...... NON FACCE RIDE........NA' VORTA DICHEVENO: MA DATTI ALL'IPPICA......
Emiliano: “Guerra se rifarà gli stessi errori”
E adesso Renzi può decidere la fine del governo
Primarie, quasi 2 milioni di voti. Ex premier oltre il 70%. Emiliano: “Guerra se rifarà gli stessi errori”
Tutto secondo copione: successo serve a dimenticare il referendum. E ora si parla del futuro di Gentiloni
Politica
Il primo a confermare – finalmente – il vero senso delle quinte primarie della storia del Pd è Dario Franceschini. “Il popolo restituisce a Renzi una leadership forte”, dichiara il ministro quando non ci sono ancora né dati ufficiali sull’affluenza e nemmeno sulle proporzioni della vittoria dell’ex premier. È un fatto, però, che le primarie più anonime di sempre siano state per Renzi soltanto quello che lo stesso ex premier voleva che fossero: una nuova legittimazione popolare, utile soltanto ad archiviare la batosta del referendum
di Giuseppe Pipitone
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Emiliano: “Guerra se rifarà gli stessi errori”
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Re: Gentiloni
Scenari
Gentiloni stai sereno: ecco il piano di Matteo Renzi per tornare al potere
Vinte le primarie del Pd, l'ex premier già programma di archiviare l'attuale governo e riprendersi Palazzo Chigi. Ecco quali saranno le sue prossime mosse, tra legge elettorale e scelta dei fedelissimi
di Marco Damilano
30 aprile 2017
32
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Cinque mesi sono pochi per il calendario, infiniti per la politica italiana, chiusa tra un premier e l’altro, tra un referendum e un’elezione primaria, in un clima di sospensione quasi irreale. Paolo Gentiloni giurò da presidente del Consiglio nelle mani, come si dice, del capo dello Stato Sergio Mattarella alle otto di sera del 12 dicembre 2016, in punta di piedi, quasi per non disturbare. «In un clima malinconico», testimoniò la ministra Marianna Madia, e con lei tutti i presenti.
E ora, a cinque mesi da quella cerimonia più mesta che felice, sta per partire il conto alla rovescia. È stato un voto a causare la nascita del governo, il no al referendum costituzionale del 4 dicembre che spinse Matteo Renzi a lasciare Palazzo Chigi, sarà un altro voto a determinarne la caduta, le primarie del 30 aprile per eleggere il nuovo segretario del Pd: dopo Renzi, Renzi . E dopo le primarie una nuova campagna elettorale per tornare al voto in tempi rapidi. La legislatura è finita, cala il sipario, game over.
Il primo a esserne consapevole è Gentiloni che vive i giorni più difficili del suo breve governo, se si esclude il dramma del terremoto di gennaio con i morti di Rigopiano, mentre il premier era di fatto ancora convalescente dopo l’intervento di angioplastica. La polemica sui conti pubblici attorno al ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, accesa nella maggioranza e dal candidato alla segreteria Renzi. La manina che ha riscritto nelle stanze del Consiglio dei ministri la norma che assegna pieni poteri all’autorità anti-corruzione di Raffaele Cantone. E poi il massiccio no dei lavoratori dell’Alitalia al piano di salvataggio dell’azienda, su cui la squadra ministeriale si era schierata in blocco. I ministri Graziano Delrio, Carlo Calenda, Giuliano Poletti e il numero uno in prima persona: «Se non passa l’intesa, l’Alitalia non sopravviverà», aveva avvertito Gentiloni alla vigilia del voto dei dipendenti. Anche lui ha trovato il suo referendum perduto.
E ora il governo formato in quarantott’ore anche per salvare con un provvedimento di emergenza il Monte dei Paschi di Siena con l’intervento pubblico si ritrova a dover affrontare la crisi aziendale più grave della compagnia di bandiera dopo il 2008, quella che fotografa in blocco il declino italiano: il fallimento complessivo di partiti, sindacati, capitalismo di Stato e capitalismo privato.
Per Gentiloni è la prima vera sconfitta politica. Il no dei lavoratori dell’Alitalia è lo specchio di un paese infuriato. Per il rientrante segretario del Pd Matteo Renzi, l’azionista di maggioranza del governo, l’ennesima dimostrazione che bisogna tornare al voto il prima possibile, per intercettare il vento favorevole che arriva dall’Europa, dalla Francia in particolare. Il 2017 come anno della rivincita elettorale, dopo l’orribile 2016 della Brexit, di Donald Trump e del referendum italiano. Per l’ex premier l’occasione da non perdere per continuare a coltivare il sogno del ritorno a Palazzo Chigi.
Nei piani di Renzi ci sono alcune date: la prima o la seconda domenica di ottobre. Votare per il Parlamento italiano subito dopo le elezioni in Germania, con una campagna elettorale breve, nel mese di settembre, appena terminate le vacanze estive. Con una legge elettorale appena ritoccata rispetto alle due attualmente in vigore (proporzionale con premio per la lista che supera il 40 per cento e sbarramento del tre per cento per i partiti piccoli alla Camera, proporzionale senza premio e con sbarramento dell’otto per cento al Senato), ma senza stravolgimenti. Con un intervento legislativo del governo, un decreto per fare un’armonizzazione minima delle due leggi elettorali, l’ultimo atto firmato da Gentiloni prima di tornare a votare.
È questa l’agenda di Renzi per il dopo-primarie, da far scattare un istante dopo la chiusura dei gazebo e la riconferma a segretario del Pd. Una road map che spiega il silenziatore imposto alla campagna per la corsa alla guida del partito. Un solo faccia a faccia in tv con gli altri candidati Andrea Orlando e Michele Emiliano, pochissimi grandi eventi, nessun personaggio nuovo da mettere in campo, una gara spenta con un vincitore annunciato. Più che la partecipazione, il numero dei votanti, conta per Renzi il bottino di voti incassato. Sono quelli a garantire al leader un’assemblea di delegati e di conseguenza gli eletti in direzione totalmente fedeli, senza possibilità per le altre correnti del Pd di incidere: né quelle di minoranza (Orlando, Emiliano), né quelle che sono rimaste in maggioranza per condizionare l’ex premier, come immaginavano di fare il ministro Dario Franceschini, o l’ex bersaniano Maurizio Martina o gli ex giovani turchi di Matteo Orfini.
L'ex premier ritorna segretario dei democratici con percentuali oltre le previsioni. Ma non scioglie i nodi di domani: legge elettorale, alleanze, durata del governo Gentiloni
Le correnti si sono date da fare per ridisegnare i loro pesi interni, in vista del congresso, ma con risultati impercettibili. Perché nei piani dell’ex premier il Pd uscito dalle primarie dovrà essere ancora più renziano di prima. La premessa per disegnare, nella prossima legislatura, un gruppo parlamentare interamente fedele al leader. Modello Theresa May, la premier inglese che ha spinto per elezioni anticipate l’8 giugno, dopo averle escluse per mesi: il voto era previsto per il 2020, ma i sondaggi favorevoli ai Tories hanno portato la lady di ferro di Downing Street a cambiare idea, per poter contare nei prossimi anni su una maggioranza alla Camera dei Comuni tutta pro-Brexit. Oppure modello Macron : in caso di vittoria al ballottaggio del 7 maggio, il nuovo presidente francese sarà chiamato a vincere le elezioni legislative per l’Assemblea nazionale, se non vuole diventare immediatamente un’anatra zoppa, candidando uomini e donne nel movimento che finora esprime poco più delle sue iniziali: Em, che sta per En Marche e per Emmanuel Macron.
Renzi non ha i poteri né del premier inglese né del presidente francese: non può decidere lui quando arriva il momento di sciogliere le Camere, tocca a Mattarella. Ma ha la stessa ambizione, nel prossimo Parlamento deputati e senatori andranno scelti con il criterio della fedeltà assoluta. Per questo conta vincere le primarie con un risultato sopra il 60 per cento. La rivincita del 4 dicembre 2016, la fine della quaresima per la sconfitta referendaria. E la preparazione della campagna elettorale successiva, con il Pd sempre più Pdr, il partito di Renzi.
Tra questo progetto e il momento del voto c’è Paolo Gentiloni. Amico di Renzi, leale e attento a non creare problemi di rivalità personale con il predecessore, si è fatto vedere con discrezione nelle riunioni di partito, è andato a votare da semplice iscritto del Pd nel suo circolo nella prima fase congressuale, quella che coinvolge solo chi ha la tessera. Eppure il suo governo nato come provvisorio, invernale e non balneare ma soltanto per questioni di stagioni, pensato per accompagnare il Paese a una dignitosa fine di legislatura, in questi cinque mesi ha sfornato un’impressionante catena di nomine ai vertici delle società controllate dallo Stato, Eni, Enel, Finmeccanica-Leonardo, Terna, Poste, ha gestito la nazionalizzazione di fatto del Monte dei Paschi di Siena e nei prossimi mesi è atteso a un altro appuntamento delicato come la nomina del governatore di Banca d’Italia al posto di Ignazio Visco, in scadenza di mandato in autunno e riconfermabile per altri sei anni su indicazione del governo.
Finito? No, perché spetta a Palazzo Chigi, alla prudente regia gentiloniana, decidere il destino della Rai, con il direttore generale Antonio Campo Dall’Orto nominato da Renzi con una legge che gli garantiva pieni poteri finito sotto il tiro incrociato dei consiglieri di amministrazione più vicini al Pd e a Renzi e del portavoce dell’ex premier Michele Anzaldi: a fianco di Gentiloni, su questa materia da lui ben conosciuta, c’è Nino Rizzo Nervo, uomo che conosce l’azienda di viale Mazzini in ogni angolo, oggi vice-segretario generale di Palazzo Chigi, tessitore di mediazioni sulla convenzione Stato-Rai e sui tetti di compenso alle star della tv pubblica.
In più, tra qualche settimana Gentiloni ospiterà a Taormina il vertice G7 con tanti grandi esordienti, da Trump alla May al neo-eletto presidente francese. C’è il pacchetto sicurezza, con la difficile trattativa con gli Usa sulle spese militari da destinare alla Nato e la rivendicazione di un ruolo da protagonista per l’Italia in Libia. Se l’attuale governo arrivasse ad approvare la legge di Bilancio in autunno condizionerebbe tutta la politica economica dei prossimi anni, nel rapporto con la nuova Europa uscita dalle elezioni in Francia e Germania.
E poi c’è la delicatissima partita dell’Alitalia , su cui in passato si sono combattute campagne elettorali. Nel 2008 la difesa dell’italianità della compagnia di bandiera fu sventolata da Silvio Berlusconi contro il governo Prodi che aveva dato il via libero all’operazione acquisto di Air France. Oggi il destino dell’Alitalia divide governo e partito, con il ministro Calenda deciso a escludere qualsiasi ipotesi di nazionalizzazione («per l’Europa non possiamo, come governo non vogliamo») e gli uomini di Renzi che spingono per non mollare i lavoratori e evitare di mettere in moto la procedura di liquidazione. In mezzo c’è Gentiloni, deluso per il no al referendum, contrario alla nazionalizzazione o all’ intervento della Cassa depositi e prestiti ma chiamato a evitare un’ondata di licenziamenti alla vigilia della campagna elettorale. Anche in questo caso, nonostante la prudenza caratteriale di Gentiloni, non potrebbe esserci distanza più evidente con Renzi e con le sue esigenze di consenso.
Alitalia, Rai, Banca d’Italia, banche, vertice G7, manovra di bilancio: l’agenda del governo provvisorio fa impressione, ridisegna i rapporti di forza e di potere dei prossimi anni. In una situazione di vuoto politico. Come in un laboratorio di fisica, il governo si muove nel deserto del Parlamento e dei partiti, senza condizionamenti apparenti, senza influenze esterne, senza maggioranze e opposizioni perché tutti sembrano distratti, con lo sguardo voltato altrove.
Renzi guarda ai risultati delle primarie e ai prossimi rapporti di forza dentro il Pd, la premessa del suo futuro potere. Il Movimento 5 Stelle si muove per trasformarsi a fatica in una forza di governo, in un interlocutore credibile di un pezzo di establishment ed è sempre più manifesto il ruolo di guida esercitato da Davide Casaleggio: dopo il meeting di Ivrea per commemorare il padre Gianroberto a un anno dalla scomparsa, tra imprenditori, giornalisti, ricercatori, professionisti del web, ecco il sorprendente pubblico del 28 aprile a Roma tra Casaleggio junior e il ministro Calenda all’Internet day organizzato dall’agenzia Agi di proprietà dell’Eni: due personaggi molto diversi ma entrambi in odore di discesa in campo in politica.
Il centrodestra è interamente concentrato sul suo futuro, con Berlusconi che attende i risultati della Francia per decretare la fine della spinta propulsiva del lepenismo di Matteo Salvini e di Giorgia Meloni anche in Italia. E neppure dagli scissionisti del Pd sono finora arrivati problemi nei confronti del governo: agli uomini di Pier Luigi Bersani serve tempo per organizzare un partito, meglio ritardare il voto. E a sinistra bisogna sciogliere l’incognita di Giuliano Pisapia che da mesi prova a stanare Renzi sulle alleanze e sulle coalizioni, cerca di spingere l’ex premier ad abbandonare l’idea di correre alle elezioni chiedendo il voto solo per il suo partito. I centristi di Angelino Alfano, poi, sono i principali beneficiari di una legislatura passata tutta al governo nei ministeri più importanti senza contare di un consenso nel Paese pari a tanto peso politico. Anche loro non hanno nessun interesse ad accelerare verso il voto anticipato.
Il risultato è che, con tutte queste distrazioni, il governo Gentiloni ha finora potuto muoversi nel vuoto della politica, senza timore di agguati parlamentari e di diktat politici. Cinque mesi di autentico funambolismo, Gentiloni come Philippe Petit, il francese che attraversò su un filo le Torri Gemelle di New York. Le acrobazie stanno per finire, il filo sta per essere spezzato. E la cesura arriverà proprio dal suo partito, dall’amico Matteo.
La data di scadenza è stata il 30 aprile, le primarie del Pd. Renzi redivivo si prepara a dichiarare la fine della legislatura, tra mille ringraziamenti per Paolo che dovrà restare sereno perché se tutto va bene entrerà a pieno titolo nel ristretto gruppo delle riserve della Repubblica. Non ci sarà nessun attacco al governo, semmai la polemica di Renzi si abbatterà sul Parlamento e sui parlamentari, saranno dipinti come inconcludenti e desiderosi di tirare a campare fino a settembre per la conquista del vitalizio differito, trasformati nel simbolo dell’immobilismo e della palude che Renzi si propone di spezzare.
Per farlo però bisogna passare rapidamente alla fase finale della legislatura: fissare una scadenza per il governo e fissare il calendario che porta al voto autunnale. Gli uomini del leader sperano che anche il Quirinale, a questo punto, si adegui. Il presidente Mattarella dovrà riconoscere che nonostante i suoi appelli non c’è nessuna possibilità di fare una legge elettorale migliore dell’attuale, si vedrà nella prossima legislatura. A meno che il neo-segretario del Pd non trovi una soluzione a sorpresa. E che il funambolo di Palazzo Chigi faccia un altro gioco di prestigio, per continuare.
Gentiloni stai sereno: ecco il piano di Matteo Renzi per tornare al potere
Vinte le primarie del Pd, l'ex premier già programma di archiviare l'attuale governo e riprendersi Palazzo Chigi. Ecco quali saranno le sue prossime mosse, tra legge elettorale e scelta dei fedelissimi
di Marco Damilano
30 aprile 2017
32
Cinque mesi sono pochi per il calendario, infiniti per la politica italiana, chiusa tra un premier e l’altro, tra un referendum e un’elezione primaria, in un clima di sospensione quasi irreale. Paolo Gentiloni giurò da presidente del Consiglio nelle mani, come si dice, del capo dello Stato Sergio Mattarella alle otto di sera del 12 dicembre 2016, in punta di piedi, quasi per non disturbare. «In un clima malinconico», testimoniò la ministra Marianna Madia, e con lei tutti i presenti.
E ora, a cinque mesi da quella cerimonia più mesta che felice, sta per partire il conto alla rovescia. È stato un voto a causare la nascita del governo, il no al referendum costituzionale del 4 dicembre che spinse Matteo Renzi a lasciare Palazzo Chigi, sarà un altro voto a determinarne la caduta, le primarie del 30 aprile per eleggere il nuovo segretario del Pd: dopo Renzi, Renzi . E dopo le primarie una nuova campagna elettorale per tornare al voto in tempi rapidi. La legislatura è finita, cala il sipario, game over.
Il primo a esserne consapevole è Gentiloni che vive i giorni più difficili del suo breve governo, se si esclude il dramma del terremoto di gennaio con i morti di Rigopiano, mentre il premier era di fatto ancora convalescente dopo l’intervento di angioplastica. La polemica sui conti pubblici attorno al ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, accesa nella maggioranza e dal candidato alla segreteria Renzi. La manina che ha riscritto nelle stanze del Consiglio dei ministri la norma che assegna pieni poteri all’autorità anti-corruzione di Raffaele Cantone. E poi il massiccio no dei lavoratori dell’Alitalia al piano di salvataggio dell’azienda, su cui la squadra ministeriale si era schierata in blocco. I ministri Graziano Delrio, Carlo Calenda, Giuliano Poletti e il numero uno in prima persona: «Se non passa l’intesa, l’Alitalia non sopravviverà», aveva avvertito Gentiloni alla vigilia del voto dei dipendenti. Anche lui ha trovato il suo referendum perduto.
E ora il governo formato in quarantott’ore anche per salvare con un provvedimento di emergenza il Monte dei Paschi di Siena con l’intervento pubblico si ritrova a dover affrontare la crisi aziendale più grave della compagnia di bandiera dopo il 2008, quella che fotografa in blocco il declino italiano: il fallimento complessivo di partiti, sindacati, capitalismo di Stato e capitalismo privato.
Per Gentiloni è la prima vera sconfitta politica. Il no dei lavoratori dell’Alitalia è lo specchio di un paese infuriato. Per il rientrante segretario del Pd Matteo Renzi, l’azionista di maggioranza del governo, l’ennesima dimostrazione che bisogna tornare al voto il prima possibile, per intercettare il vento favorevole che arriva dall’Europa, dalla Francia in particolare. Il 2017 come anno della rivincita elettorale, dopo l’orribile 2016 della Brexit, di Donald Trump e del referendum italiano. Per l’ex premier l’occasione da non perdere per continuare a coltivare il sogno del ritorno a Palazzo Chigi.
Nei piani di Renzi ci sono alcune date: la prima o la seconda domenica di ottobre. Votare per il Parlamento italiano subito dopo le elezioni in Germania, con una campagna elettorale breve, nel mese di settembre, appena terminate le vacanze estive. Con una legge elettorale appena ritoccata rispetto alle due attualmente in vigore (proporzionale con premio per la lista che supera il 40 per cento e sbarramento del tre per cento per i partiti piccoli alla Camera, proporzionale senza premio e con sbarramento dell’otto per cento al Senato), ma senza stravolgimenti. Con un intervento legislativo del governo, un decreto per fare un’armonizzazione minima delle due leggi elettorali, l’ultimo atto firmato da Gentiloni prima di tornare a votare.
È questa l’agenda di Renzi per il dopo-primarie, da far scattare un istante dopo la chiusura dei gazebo e la riconferma a segretario del Pd. Una road map che spiega il silenziatore imposto alla campagna per la corsa alla guida del partito. Un solo faccia a faccia in tv con gli altri candidati Andrea Orlando e Michele Emiliano, pochissimi grandi eventi, nessun personaggio nuovo da mettere in campo, una gara spenta con un vincitore annunciato. Più che la partecipazione, il numero dei votanti, conta per Renzi il bottino di voti incassato. Sono quelli a garantire al leader un’assemblea di delegati e di conseguenza gli eletti in direzione totalmente fedeli, senza possibilità per le altre correnti del Pd di incidere: né quelle di minoranza (Orlando, Emiliano), né quelle che sono rimaste in maggioranza per condizionare l’ex premier, come immaginavano di fare il ministro Dario Franceschini, o l’ex bersaniano Maurizio Martina o gli ex giovani turchi di Matteo Orfini.
L'ex premier ritorna segretario dei democratici con percentuali oltre le previsioni. Ma non scioglie i nodi di domani: legge elettorale, alleanze, durata del governo Gentiloni
Le correnti si sono date da fare per ridisegnare i loro pesi interni, in vista del congresso, ma con risultati impercettibili. Perché nei piani dell’ex premier il Pd uscito dalle primarie dovrà essere ancora più renziano di prima. La premessa per disegnare, nella prossima legislatura, un gruppo parlamentare interamente fedele al leader. Modello Theresa May, la premier inglese che ha spinto per elezioni anticipate l’8 giugno, dopo averle escluse per mesi: il voto era previsto per il 2020, ma i sondaggi favorevoli ai Tories hanno portato la lady di ferro di Downing Street a cambiare idea, per poter contare nei prossimi anni su una maggioranza alla Camera dei Comuni tutta pro-Brexit. Oppure modello Macron : in caso di vittoria al ballottaggio del 7 maggio, il nuovo presidente francese sarà chiamato a vincere le elezioni legislative per l’Assemblea nazionale, se non vuole diventare immediatamente un’anatra zoppa, candidando uomini e donne nel movimento che finora esprime poco più delle sue iniziali: Em, che sta per En Marche e per Emmanuel Macron.
Renzi non ha i poteri né del premier inglese né del presidente francese: non può decidere lui quando arriva il momento di sciogliere le Camere, tocca a Mattarella. Ma ha la stessa ambizione, nel prossimo Parlamento deputati e senatori andranno scelti con il criterio della fedeltà assoluta. Per questo conta vincere le primarie con un risultato sopra il 60 per cento. La rivincita del 4 dicembre 2016, la fine della quaresima per la sconfitta referendaria. E la preparazione della campagna elettorale successiva, con il Pd sempre più Pdr, il partito di Renzi.
Tra questo progetto e il momento del voto c’è Paolo Gentiloni. Amico di Renzi, leale e attento a non creare problemi di rivalità personale con il predecessore, si è fatto vedere con discrezione nelle riunioni di partito, è andato a votare da semplice iscritto del Pd nel suo circolo nella prima fase congressuale, quella che coinvolge solo chi ha la tessera. Eppure il suo governo nato come provvisorio, invernale e non balneare ma soltanto per questioni di stagioni, pensato per accompagnare il Paese a una dignitosa fine di legislatura, in questi cinque mesi ha sfornato un’impressionante catena di nomine ai vertici delle società controllate dallo Stato, Eni, Enel, Finmeccanica-Leonardo, Terna, Poste, ha gestito la nazionalizzazione di fatto del Monte dei Paschi di Siena e nei prossimi mesi è atteso a un altro appuntamento delicato come la nomina del governatore di Banca d’Italia al posto di Ignazio Visco, in scadenza di mandato in autunno e riconfermabile per altri sei anni su indicazione del governo.
Finito? No, perché spetta a Palazzo Chigi, alla prudente regia gentiloniana, decidere il destino della Rai, con il direttore generale Antonio Campo Dall’Orto nominato da Renzi con una legge che gli garantiva pieni poteri finito sotto il tiro incrociato dei consiglieri di amministrazione più vicini al Pd e a Renzi e del portavoce dell’ex premier Michele Anzaldi: a fianco di Gentiloni, su questa materia da lui ben conosciuta, c’è Nino Rizzo Nervo, uomo che conosce l’azienda di viale Mazzini in ogni angolo, oggi vice-segretario generale di Palazzo Chigi, tessitore di mediazioni sulla convenzione Stato-Rai e sui tetti di compenso alle star della tv pubblica.
In più, tra qualche settimana Gentiloni ospiterà a Taormina il vertice G7 con tanti grandi esordienti, da Trump alla May al neo-eletto presidente francese. C’è il pacchetto sicurezza, con la difficile trattativa con gli Usa sulle spese militari da destinare alla Nato e la rivendicazione di un ruolo da protagonista per l’Italia in Libia. Se l’attuale governo arrivasse ad approvare la legge di Bilancio in autunno condizionerebbe tutta la politica economica dei prossimi anni, nel rapporto con la nuova Europa uscita dalle elezioni in Francia e Germania.
E poi c’è la delicatissima partita dell’Alitalia , su cui in passato si sono combattute campagne elettorali. Nel 2008 la difesa dell’italianità della compagnia di bandiera fu sventolata da Silvio Berlusconi contro il governo Prodi che aveva dato il via libero all’operazione acquisto di Air France. Oggi il destino dell’Alitalia divide governo e partito, con il ministro Calenda deciso a escludere qualsiasi ipotesi di nazionalizzazione («per l’Europa non possiamo, come governo non vogliamo») e gli uomini di Renzi che spingono per non mollare i lavoratori e evitare di mettere in moto la procedura di liquidazione. In mezzo c’è Gentiloni, deluso per il no al referendum, contrario alla nazionalizzazione o all’ intervento della Cassa depositi e prestiti ma chiamato a evitare un’ondata di licenziamenti alla vigilia della campagna elettorale. Anche in questo caso, nonostante la prudenza caratteriale di Gentiloni, non potrebbe esserci distanza più evidente con Renzi e con le sue esigenze di consenso.
Alitalia, Rai, Banca d’Italia, banche, vertice G7, manovra di bilancio: l’agenda del governo provvisorio fa impressione, ridisegna i rapporti di forza e di potere dei prossimi anni. In una situazione di vuoto politico. Come in un laboratorio di fisica, il governo si muove nel deserto del Parlamento e dei partiti, senza condizionamenti apparenti, senza influenze esterne, senza maggioranze e opposizioni perché tutti sembrano distratti, con lo sguardo voltato altrove.
Renzi guarda ai risultati delle primarie e ai prossimi rapporti di forza dentro il Pd, la premessa del suo futuro potere. Il Movimento 5 Stelle si muove per trasformarsi a fatica in una forza di governo, in un interlocutore credibile di un pezzo di establishment ed è sempre più manifesto il ruolo di guida esercitato da Davide Casaleggio: dopo il meeting di Ivrea per commemorare il padre Gianroberto a un anno dalla scomparsa, tra imprenditori, giornalisti, ricercatori, professionisti del web, ecco il sorprendente pubblico del 28 aprile a Roma tra Casaleggio junior e il ministro Calenda all’Internet day organizzato dall’agenzia Agi di proprietà dell’Eni: due personaggi molto diversi ma entrambi in odore di discesa in campo in politica.
Il centrodestra è interamente concentrato sul suo futuro, con Berlusconi che attende i risultati della Francia per decretare la fine della spinta propulsiva del lepenismo di Matteo Salvini e di Giorgia Meloni anche in Italia. E neppure dagli scissionisti del Pd sono finora arrivati problemi nei confronti del governo: agli uomini di Pier Luigi Bersani serve tempo per organizzare un partito, meglio ritardare il voto. E a sinistra bisogna sciogliere l’incognita di Giuliano Pisapia che da mesi prova a stanare Renzi sulle alleanze e sulle coalizioni, cerca di spingere l’ex premier ad abbandonare l’idea di correre alle elezioni chiedendo il voto solo per il suo partito. I centristi di Angelino Alfano, poi, sono i principali beneficiari di una legislatura passata tutta al governo nei ministeri più importanti senza contare di un consenso nel Paese pari a tanto peso politico. Anche loro non hanno nessun interesse ad accelerare verso il voto anticipato.
Il risultato è che, con tutte queste distrazioni, il governo Gentiloni ha finora potuto muoversi nel vuoto della politica, senza timore di agguati parlamentari e di diktat politici. Cinque mesi di autentico funambolismo, Gentiloni come Philippe Petit, il francese che attraversò su un filo le Torri Gemelle di New York. Le acrobazie stanno per finire, il filo sta per essere spezzato. E la cesura arriverà proprio dal suo partito, dall’amico Matteo.
La data di scadenza è stata il 30 aprile, le primarie del Pd. Renzi redivivo si prepara a dichiarare la fine della legislatura, tra mille ringraziamenti per Paolo che dovrà restare sereno perché se tutto va bene entrerà a pieno titolo nel ristretto gruppo delle riserve della Repubblica. Non ci sarà nessun attacco al governo, semmai la polemica di Renzi si abbatterà sul Parlamento e sui parlamentari, saranno dipinti come inconcludenti e desiderosi di tirare a campare fino a settembre per la conquista del vitalizio differito, trasformati nel simbolo dell’immobilismo e della palude che Renzi si propone di spezzare.
Per farlo però bisogna passare rapidamente alla fase finale della legislatura: fissare una scadenza per il governo e fissare il calendario che porta al voto autunnale. Gli uomini del leader sperano che anche il Quirinale, a questo punto, si adegui. Il presidente Mattarella dovrà riconoscere che nonostante i suoi appelli non c’è nessuna possibilità di fare una legge elettorale migliore dell’attuale, si vedrà nella prossima legislatura. A meno che il neo-segretario del Pd non trovi una soluzione a sorpresa. E che il funambolo di Palazzo Chigi faccia un altro gioco di prestigio, per continuare.
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