Diario della caduta di un regime.

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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UncleTom
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Re: Diario della caduta di un regime.

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Un argomento di grande attualità.



IL SISTEMA DELLA CORRUZIONE
Piercamillo Davigo


Editori Laterza
Prima edizione.
Finito di stampare nel febbraio 2017



Capitolo II – Pagina 12
Perché fu abattuto un sistema politico.



……La carriera politica si fa mostrando di avere un seguito, e siccome spesso questo seguito non c’è, ecco che lo si inventa.

Ma il problema è che un politico perbene, per ottenere cariche nel partito deve convincere iscritti a votare per lui, un farabutto, invece inventa iscritti che non esistono, con il risultato che finirà sempre per battere il politico onesto, perché se questi ha convinto mille elettori il disonesto creerà mille e cento tessere e vincerà sempre.

CONTINUA
UncleTom
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Re: Diario della caduta di un regime.

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…..SIAMO PROPRIO MESSI MALE……


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Gilioli: tutti i nemici della libertà di stampa (inclusi noi, pigri)
Scritto il 01/5/17 • nella Categoria: idee Condividi


«Esistono molti modi diversi per bruciare un libro: e il mondo è pieno di gente che corre su e giù con i fiammiferi accesi» (Ray Bradbury).

I nemici della libertà di stampa sono moltissimi, sapete?

Molti di più di quanti ne conosca la nostra filosofia – o la nostra fede politica.

I nemici della libertà di stampa sono i mafiosi, certo, ma a volte pure i magistrati, gli uomini in divisa e ogni tanto perfino quelli in tonaca porporata.

I nemici della libertà di stampa sono quelli che vogliono imporre leggi speciali e diverse a seconda che un contenuto sia su carta o sul web.

I nemici della libertà della stampa sono le corporation del web che censurano contenuti facendo prevalere le loro private e arbitrarie policy sulle Costituzioni delle democrazie.

I nemici della libertà di stampa sono i paradisi fiscali che nascondono gelosamente patrimoni e reati, lontanissimi da ogni trasparenza, da ogni diritto di sapere la verità sui potenti del mondo.

I nemici della libertà della stampa sono i politici di tutti i partiti – tutti, tutti, tutti – che telefonano ai direttori e agli editori.

I nemici della libertà della stampa sono i politici che danno una notizia a un cronista oggi in cambio di un favore a lui o alla sua parte domani.

I nemici della libertà di stampa sono i politici che vogliono un tribunale per decidere quali news sono fake e quali no, che questo tribunale sia l’Agcom o una giuria popolare.

I nemici della libertà di stampa sono i politici, gli imprenditori e i potenti in genere che mandano le “diffide alla pubblicazione”, ogni giorno una diversa, se volete ci faccio una Treccani.

I nemici della libertà di stampa sono i politici, gli imprenditori e i potenti in genere che minacciano, annunciano o fanno querele temerarie o infondate – più del 90 per cento delle querele intentate contro i giornalisti alla fine sono tali.

I nemici della libertà di stampa sono i politici, gli imprenditori e i potenti in genere che minacciano, annunciano o fanno cause civili altrettanto temerarie o infondate, e per fermarli basterebbe imporre loro di pagare la cifra che hanno chiesto, se alla fine risulta che hanno torto.

I nemici della libertà di stampa sono gli editori che non coprono legalmente chi scrive sui loro giornali, assunto o precario che sia.

I nemici della libertà di stampa sono gli editori che non pagano i giornalisti e non si accorgono che così ammettono che i loro contenuti hanno valore zero, e poi pretendono di vendere dei contenuti che loro stessi reputano a valore zero.

I nemici della libertà di stampa sono gli editori che hanno interessi fuori dall’editoria e usano i loro giornali per le proprie aziende.

I nemici della libertà di stampa sono gli editori che nella loro veste di imprenditori individuano la soluzione politica o il partito politico più conveniente ai loro interessi e indirizzano la loro testata in quella direzione.

I nemici della libertà di stampa sono gli inserzionisti che con la forza dei loro soldi ricattano e mettono a tacere ogni notizia a loro sgradita.

I nemici della libertà di stampa sono i giornalisti che per carriera, timore, convenienza o reverenza si adeguano al potente di turno o semplicemente hanno paura ad andare contromano rispetto al loro ambiente.

I nemici della libertà di stampa sono i giornalisti che di fronte a un dato di realtà contrario ai loro pregiudizi o alla loro visione delle cose, invece di rifletterci lo ignorano, lo sminuiscono, lo negano.

I nemici della libertà di stampa sono i giornalisti che non frequentano autobus, bar, mercatini e marciapiedi ma salotti, corridoi damascati e poltrone in pelle di gente potente.

I nemici della libertà di stampa sono i giornalisti che non si fanno domande, che non sono curiosi, che non sono autocritici, che sono pigri.

I nemici della libertà di stampa sono i lettori (utenti, ascoltatori, spettatori etc) che non si fanno domande, che non sono curiosi, che non sono autocritici, che sono pigri.

I nemici della libertà di stampa sono i lettori (utenti, ascoltatori, spettatori etc) che vanno sempre in cerca della conferma del proprio pregiudizio, e i giornalisti che glielo offrono su un piatto d’argento, in una spirale senza fine verso il peggio.

I nemici della libertà di stampa siete voi che quando un’inchiesta giornalistica tocca un politico che odiate è oro colato, quando tocca un politico che amate invece è spazzatura, gossip, complotto e manovra.

I nemici della libertà di stampa sono tutti quelli che – giornalisti, editori, lettori, utenti – si convincono di ciò che a loro conviene e così credono di aver salvato la buona fede, l’onestà intellettuale.

I nemici della libertà sono questi e molti e moltissimi altri. Ognuno guardi a se stesso, e ai suoi amici piuttosto che ai suoi avversari, se la libertà di stampa gli è davvero più amica di ogni altra cosa.
(Alessandro Gilioli, “I nemici della libertà di stampa”, da “L’Espresso” del 27 aprile 2017).
UncleTom
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Re: Diario della caduta di un regime.

Messaggio da UncleTom »

Nel censimento del 2011 gli italiani erano 59,5 milioni.
Mi rifiuto di pensare che almeno una volta nella vita, questi quasi 60 milioni di italiani non abbiano sentito questa favola:


Cappuccetto Rosso, fiaba di Charles Perrault
C’era una volta una bambina che viveva con la mamma in una casetta al margine del bosco: questa bambina si chiamava Cappuccetto Rosso perché la mamma le aveva fatto una mantellina con un cappuccio rosso, che la bambina portava sempre perché le piaceva molto.
Cappuccetto Rosso aveva una nonna, molto vecchia, che abitava in una casetta al di là del bosco e che un giorno si ammalò. La mamma pensò di mandare Cappuccetto Rosso a portarle delle focaccine, un po’ di burro e della marmellata.
Prima di partire, la bambina promise alla mamma di non fermarsi nel bosco per nessun motivo, di non parlare con nessuno e di camminare dritta verso la casa della nonna.
Cappuccetto Rosso uscì di casa e si avviò ma, quando fu nel bosco, si lasciò distrarre dai fiori, dagli animaletti e si fermò a giocare.
Il lupo, che abitava nel bosco, vide la bambina e si mise a chiacchierare con lei amabilmente.
Venne così a sapere dove stava andando e le consigliò la strada più lunga, in modo da poter arrivare per primo a casa della nonna.
Quando arrivò, si fece aprire la porta facendo una vocina come quella di Cappuccetto Rosso, entrò, si mangiò la nonna in un boccone e si mise a letto, sotto le coperte, ad aspettare la bambina per mangiare anche lei.
Cappuccetto Rosso arrivò, guardò quella che credeva essere la nonna e disse: “Nonnina, che occhi grandi hai!” e il lupo rispose: “È per guardarti meglio”.
“E che orecchie grandi hai!”.
“È per sentirti meglio”.
“E che bocca grande hai!”.
“È per mangiarti meglio!!!” e il lupo saltò fuori dal letto e se la mangiò.
Un cacciatore, che passava lì vicino, sentì le grida di Cappuccetto Rosso, corse dentro la casetta, vide il lupo che dormiva profondamente con la pancia gonfia e gliela tagliò con un coltello.
Cappuccetto Rosso e la nonna saltarono fuori, facendo grandi feste al coraggioso cacciatore.


Allora la domanda sorge spontanea:
“PERCHE’ ALLORA I TRICOLORI FANNO FINTA DI NON SAPERE CHI SI NASCONDE DIETRO I LUPI IN CAMICIA NERA, CHE CERCANO DI FAR CREDERE DI ESSERE DEI MODERATI, PER “MANGIAR” MEGLIO GLI ABITANTI DELLO STIVALONE???”



Chi può meravigliarsi dei pm di Milano???
Se non loro, le camicie nere travestite da moderati.


La mano pesante dei pm
su chi fa il saluto romano

Linea dura della procura di Milano nei confronti dell'ultradestra. Adesso i militanti rischiano pene molto più severe
di Luca Fazzo
42 minuti fa
0
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Re: Diario della caduta di un regime.

Messaggio da UncleTom »

Sui quotidiani di stamani abbiamo letto:

Anziano spinto dalla scogliera, forse una bravata finita male
Sentiti in caserma due giovani di 17 anni


ad oggi in rete:

Cronaca Nera | Di F. Q.
Cagliari, uccide la vicina di
casa: “Il suo pappagallo mi
prendeva a parolacce”[/
b]

La cosa più sorprendente è comunque l’accettazione passiva degli italiani di fronte a questi misfatti di cronaca nera.

Siamo all’interno di una società non fallita, ma superfallita.

Una società che ha smarrito completamente l’appartenenza al genere umano.

La vita umana non vale più un emerito caXXo.
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Re: Diario della caduta di un regime.

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TUTTI I SITI SONO ACCESSIBILI TRANNE UNO.
COSA NON DOBBIAMO SAPERE DI COSI' TANTO GRAVE????????



Aggiornato alle 16:11 di Domenica 7 Maggio 2017
Direttore testata online: Peter Gomez

Temi del Giorno
• Boko Haram •
• Chiara Ferragni •
• Elezioni Francia •
• Ong •
• PD •
• Sondaggi Elettorali
http://www.ilfattoquotidiano.it/?refresh_ce

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Dagospia

• Media e tv
• Politica
• Business
• Cafonal
• Cronache
• Sport

http://www.dagospia.com/?refresh_ce


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IL VERTICE
Assemblea Pd, Renzi torna segretario Foto
«Legge elettorale? Chiedete a chi ha votato No al referendum». Orlando attacca |Live
http://www.corriere.it/index.shtml?refresh_ce
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PERCHE’ IN QUESTO MOMENTO LA BANDA “HACKER” MI STA BLOCCANDO L’ACCESSO AL SITO DEL GIORNALE.IT?????

http://192.168.0.1/index.html#login
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Re: Diario della caduta di un regime.

Messaggio da UncleTom »

La crisi della “Prima Repubblica” (1992-1993)
Per quanto enorme, lo scandalo di Tangentopoli non determinò da solo la crisi della “Prima Repubblica” e la dissoluzione del sistema partitocratico. Vari altri fattori concorsero, a cavallo fra gli anni Ottanta e Novanta, a liquidare l'assetto che aveva presieduto – nel bene e nel male – alla politica italiana a partire dal dopoguerra. Innanzitutto il sistema mostrava già segni di logoramento per l'effetto cumulativo dei molti scandali che avevano scosso l'opinione pubblica già dagli anni Settanta: da questo punto di vista, l'ingresso dei socialisti nella “stanza dei bottoni” non aveva affatto rappresentato un momento di rinnovamento, ma semplicemente il loro pieno coinvolgimento nelle commistioni tra affarismo e politica. Il crollo del comunismo nel 1989 aveva poi segnato un punto di svolta anche per l'Italia. Non solo esso apriva una nuova e sofferta fase di ripensamento della propria identità per il PCI, che verrà solo parzialmente conclusa con la ridenominazione in PDS e la scissione di Rifondazione Comunista, ma faceva venir meno quelle superiori esigenze della guerra fredda che avevano fino a quel momento garantito il funzionamento di una democrazia senza alternanza e la coesione dei cattolici in un unico partito, per quanto fortemente differenziato al suo interno. I segni di sfaldamento furono colti dal presidente della repubblica Francesco Cossiga e dal democristiano Mario Segni, che portarono avanti, in modi molto diversi, una battaglia contro un sistema dei partiti che non sembrava affatto intenzionato a riformarsi autonomamente. Così le quasi continue “esternazioni” del presidente e il ricorso allo strumento del referendum abrogativo – già impiegato con successo dai radicali per obbligare la politica a imboccare strade che avrebbe preferito non prendere – conversero in un indebolimento della partitocrazia. Proprio mentre questa era avvitata in sempre più difficili riproposizioni della formula del pentapartito e pareva non saper cogliere la crescente insofferenza dell'opinione pubblica, esplose Tangentopoli. Le indagini dimostrarono l'esistenza di un meccanismo unico della corruzione che coinvolgeva su più livelli politici e imprenditori e attraverso cui i partiti finanziavano la loro organizzazione; indagini che, se coinvolgevano praticamente tutti gli schieramenti, colpirono in particolare la Democrazia Cristiana e il Partito socialista proprio per la loro centralità nel sistema del potere in Italia. Nel momento in cui questo meccanismo della corruzione non fu più sostenibile economicamente, esso crollò come le tessere del domino di fronte a una società civile che, anche per assolvere se stessa dall'aver per lo meno ampiamente tollerato clientelismo e malaffare, tese a fare dei magistrati inquirenti i propri eroi e a trovare nel pubblico spettacolo dei potenti che cadevano nella polvere una soddisfazione che andava oltre il senso di giustizia. I tentativi di Craxi di chiamare tutta la classe politica alla “correità” – e dunque a una assoluzione di fatto – caddero nel vuoto, così come il tentativo di trasformare il finanziamento illecito ai partiti in reato civile fallì a furor di popolo. Questa fase delicatissima per l'Italia, che vedeva il proprio sistema politico disintegrarsi e che attraversava una congiuntura economica particolarmente delicata a causa delle cattive condizioni della finanza pubblica e degli appuntamenti con la moneta unica europea, fu resa drammatica dalla strategia stragista messa in atto dalla mafia nel 1992-93. Mentre si archiviava parzialmente il sistema elettorale proporzionale e si creava un enorme vuoto al centro dell'arco politico con la scomparsa dei protagonisti del pentapartito, il risanamento finanziario veniva gestito da un governo “tecnico” la cui legittimità pareva venire più dalla presidenza della repubblica che da un parlamento svilito agli occhi dell'opinione pubblica da una grande quantità d'inquisiti fra le sue fila.


• Tangentopoli
Il 17 febbraio 1992 veniva colto in flagranza di reato, con una tangente di 7 milioni di lire, il presidente del Pio Albergo Trivulzio di Milano, il socialista Mario Chiesa. La... >>
Il crollo dei partiti tradizionali
La fine del comunismo nell'Europa orientale diede uno scossone al sistema dei partiti: da un lato portava a maturazione la crisi d'identità del PCI, dall'altro non permetteva pi... >>
L'offensiva della criminalità organizzata
Il tramonto della “Prima Repubblica” fu segnato da un violento attacco della criminalità organizzata contro lo stato. Negli anni precedenti essa si era rafforzata e fatta più ag... >>
Il governo Ciampi e il referendum elettorale del 1993
Il 1993 fu di fatto l'anno in cui venne liquidata la “Prima Repubblica” e si crearono le premesse di una diversa, ma non meno travagliata, fase della storia d'Italia. Il 18 e 19... >>


http://www.150storiaditalia.it/it/perco ... epubblica/
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Re: Diario della caduta di un regime.

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FINE DELLA SECONDA REPUBBLICA


Come nella Prima Repubblica, il crollo dei partiti tradizionali si è puntualmente verificato.

Il Pd è letteralmente allo sfascio malgrado l’agitazione forsennata del suo leader Pinocchio Mussoloni, fortemente intenzionato a risalire in sella dopo essere stato disarcionato dagli italiani il 4 dicembre 2016.

Arnaldo Forlani che aveva manifestato bava alla bocca durante il suo interrogatorio al Tribunale di Milano, ha dimostrato maggiore dignità, togliendosi dal circuito politico.

A differenza di Pinocchio Mussoloni che con un comportamento decisamente infantile, prima ha dichiarato che se perdeva il referendum si ritirava dalla politica, e poi ce lo ritroviamo bello bello ancora oggi, come se quelle parole non le avesse pronunciate lui.

La corruzione all’interno del tessuto sociale italiano è diffusissimo e ai massimi livelli.




IlFattoQuotidiano.it / Cronaca



Corruzione sui farmaci per la terapia del dolore: “Sperimentazioni cliniche su pazienti ignari”. 19 arresti in tutta Italia

Ai domiciliari Guido Fanelli, già consulente del ministero. Dalle prime ore della mattinata, oltre 200 carabinieri del Comando per la Tutela della Salute e dei Comandi Provinciali di Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto, Toscana, Umbria e Lazio stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip presso il Tribunale di Parma
Cronaca

di F. Q. | 8 maggio 2017

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 2,6 mila

Più informazioni su: Case Farmaceutiche, Farmaci, Sanità


Il business illecito sulla terapia del dolore è racchiuso in un nome: operazione Pasimafi. Così aveva chiamato il suo yacht il professor Guido Fanelli, che per gli inquirenti è il perno dell’associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, ma per gli addetti ai lavori è uno dei principali luminari italiani in materia. Nelle strutture di cui era responsabile venivano svolte sperimentazioni cliniche illegittime su pazienti ignari, a spese del sistema sanitario nazionale. Lo scopo era promuovere e divulgare i prodotti farmaceutici delle ditte ‘amiche’ (con la collaborazione di un dirigente del ministero della Salute) e in cambio il professore riceveva denaro e altri benefit, tra cui appunto lo yacht Pasimafi. Oggi il professore è finito ai domiciliari al pari di altre 18 persone (tra manager di case farmaceutiche, medici e imprenditori) nell’ambito dell’operazione in cui sono indagate anche 75 persone e 17 case farmaceutiche. 52, inoltre, le perquisizioni effettuate in sette regioni d’Italia (Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto, Toscana, Umbria e Lazio) da oltre 200 carabinieri del Comando per la Tutela della Salute e dei locali Comandi Provinciali, che hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip presso il Tribunale di Parma. Minimo comune denominatore è il settore della commercializzazione e della promozione di farmaci e di dispositivi medici.


IL RUOLO DI FANELLI, DA LUMINARE A “DOMINUS DELLA CORRUTTELA”

Per chi indaga – come detto – Guido Fanelli è il dominus del sistema. Fino a poche ore fa era conosciuto in quanto punto di riferimento in Italia per le terapie del dolore, ordinario di Anestesia e Rianimazione all’università di Parma, già componente della Commissione Programmazione e presidente della Commissione Terapia del Dolore e Cure Palliative del Ministero del Lavoro, della Salute, delle Politiche Sociali e relatore del Piano oncologico nazionale del 2008. Secondo gli inquirenti, il professore avrebbe favorito i colossi farmaceutici attraverso l’attività di sperimentazione e in cambio avrebbe ricevuto – attraverso società di comodo costituite ad hoc – denaro, beni immobili e anche uno yacht, il Pasimafi V. Che, appunto, ha dato il nome all’operazione in cui sono coinvolte ben 17 case farmaceutiche. Sono state avviate le procedure per l’emissione di misure interdittive nei confronti di 5 persone, tra cui un dirigente del ministero della Sanità. Secondo gli investigatori non solo Fanelli era consapevole delle sperimentazioni illegittime (ma a quanto pare non dannose) sugli ignari pazienti a spesa del sistema sanitario nazionale, ma anche i congressi medici organizzati direttamente o indirettamente dallo stesso professore erano di fatto pilotati e sostenuti economicamente da gruppi di operatori del settore (imprese farmaceutiche, produttori di dispositivi, informatori farmaceutici) interessati ad acquisire quote di mercato. Il flusso di denaro in entrata era coperto da attività commerciali fittizie, grazie a prestanome e documenti falsi. I reati contestati agli indagati sono associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e al riciclaggio, abuso d’ufficio, peculato, truffa aggravata e trasferimento fraudolento di valori. In tal senso, fa sapere il Nas di Parma, è in corso anche “il sequestro preventivo di due società di comodo allestite per il riciclaggio del provento delle attività illecite ed il sequestro, ai fini della confisca, di quasi mezzo milione d’euro” ritenuto profitto “per la commissione del reato di corruzione“.


IL MODUS OPERANDI DEL PROFESSOR FANELLI
Per quanto riguarda il modus operandi con cui Fanelli incassava i benefit delle case farmaceutiche, i carabinieri hanno scritto che “per mascherare l’afflusso di denaro a titolo di retribuzione per i proventi illeciti assicurati all’industria – si legge in una nota dei Nas – venivano allestite una serie di attività commerciali fittizie le quali, attraverso prestanomi non direttamente riconducibili al medico ma dallo stesso controllate, erano in grado di incamerare e monetizzare le somme elargite dalle ditte, attraverso l’emissione di documentazione fittizia, reinvestondole nella gestione in beni di ingente valore (autovetture, yacht, appartamenti, eccetera) ovvero stornarle su conti esteri protetti, in modo da rendere estremamente difficoltosa l’identificazione e la provenienza dei flussi di danaro”. Ed è in questo quadro che emerge il caso dello yacht Pasimafi V, “il quale, seppur intestato a una delle suddette società di comodo, manteneva a carico delle ditte coinvolte nel sodalizio criminale in disamina la gestione degli oneri di manutenzione e implementazione tecnologica con acquisto diretto della strumentazione di bordo“.

I NOMI DEGLI ARRESTATI E DELLE AZIENDE FARMACEUTICHE COINVOLTE
Lungo l’elenco distribuito dagli inquirenti in conferenza stampa: Alteco Medical ab, Spindial Spa; Ibsa Institute Biochimique; Ibsa Farmaceutici Italia Srl; Mundipharma Pharmaceuticals Srl; Grunenthal Italia S.r.l; Grunenthal; L.Molteni & C.; Aziende chimiche riunite Angelini Francesco Spa; Teleflex Medical; Prostrakan S.r.l., (ora Kyowa Kirin S.r.l.); St. Jude Medical Italia S.p.a.; Advanced Medical System Group S.r.l. e Medinat S.r.l. Coinvolti anche, per quanto riguarda l’informazione ai medici, Value Relations S.r.l ; Emphasis Srl e Fedra congressi di Raffaella Greco e C. S.a.s.. Oltre a Guido Fanelli, sono finite ai domiciliari altre 18 persone: si tratta del commercialista Giulio Corno, del dirigente medico Massimo Allegri e degli imprenditori Giovanni Capasso, Dario Concari, Ugo Grondelli, Marcello Grondelli, Enzo Lucherini, Giuseppe Vannucci, Marco Filippini, Riccardo Cerbai, Alberto Grua, Thilo Karl Stadler, Fabio De Luca, Paolo carlo Crippa e Noher Ivan Ias Boninsegni (tutti rappresentanti – con vari ruoli – delle società farmaceutiche coinvolte).

OSPEDALE PARMA SOSPENDE I MEDICI COINVOLTI
Non si è fatta attendere la reazione dell’Azienda ospedaliera della città emiliana, che ha avviato la sospensione dei sanitari coinvolti nell’operazione Pasimafi. E’ quanto si legge in una nota secondo cui i provvedimenti hanno natura d’urgenza in considerazione del quadro accusatorio disegnato dalla Procura. A seguito dell’indagine, si legge, “la Direzione dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria comunica di aver avviato tutte le procedure per sospendere i sanitari coinvolti, Guido Fanelli e Massimo Allegri, dall’attività assistenziale con conseguente sospensione dello stipendio“. Quindi, viene puntualizzato, “al fine di garantire la continuità di cura e il funzionamento del reparto ha affidato la direzione dell’Unità Operativa 2/a anestesia, rianimazione e terapia antalgica al dottor Maurizio Leccabue. La direzione aziendale – chiosa la nota – attende fiduciosa la conclusione dell’indagine e si riserva in futuro di valutare la possibilità di dichiararsi parte lesa in un eventuale procedimento”. Presa di posizione simile è quella della società di ricerca farmaceutica Grunenthal Italia Srl, che ha dichiarato la propria “totale estraneità ai fatti riportati dagli organi di stampa”. “Avendo piena fiducia nell’azione accertativa della magistratura – è scritto nella nota dell’azienda – la società resta a totale disposizione degli inquirenti per fornire ogni chiarimento fosse necessario”.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05 ... a/3569775/

CONTINUA
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Re: Diario della caduta di un regime.

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E' QUESTA LA BOMBA CHE FARA' SALTARE IN ARIA LA SECONDA REPUBBLICA?????








Aggiornato alle 21:43 di Martedì 9 Maggio 2017

Direttore testata online: Peter Gomez



Il fatto quotidiano



“Boschi chiese a Unicredit di comprare Etruria”
Lei: “Falso, solo fango”. L’ex ad Ghizzoni tace




La rivelazione nel libro di Ferruccio De Bortoli: “Nel 2015 si rivolse all’ad”. Ministra: “Mai chiesto niente
Si parla di Arezzo per coprire i problemi a Roma e Palermo”. M5s e Lega: “Si dimetta”. Mdp: “Spieghi”





Politica
Maria Elena Boschi chiese a Unicredit di comprare Banca Etruria. Lo sostiene l’ex direttore del Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli, nel suo ultimo libro “Poteri forti (o quasi). Memorie di oltre quarant’anni di giornalismo”. “L’allora ministra delle Riforme, nel 2015, non ebbe problemi a rivolgersi direttamente all’amministratore delegato”, scrive l’ex numero uno di via Solferino. Le anticipazioni del libro hanno immediatamente incendiato il dibattito. “Lo vedete adesso il conflitto di interessi?”, scrivono su Facebook, in un post identico, i deputati M5s Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio. “La Boschi dovrebbe dimettersi all’istante dopo aver chiesto scusa agli italiani
di F. Q.
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Re: Diario della caduta di un regime.

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SE LA “BANDA HACKER” E’ ATTIVA DI NOTTE ALLE ORE 04,08 E 04,20 SIGNIFICA CHE LA SITUAZIONE E’ GRAVE

QUELLO CHE HO POTUTO COPIARE E’ LEGGIBILE SOTTO.

IN SEDICI ANNI DI PRESENZA SUI FORUM NON ERA MAI SUCCESSO




“La Boschi chiese a Unicredit
di salvare la banca di papà”


NELLA BUFERA
Nel nuovo libro L’ex direttore
del Corriere De Bortoli rivela
le richieste all’a m m i n i s t ra t o re
Ghizzoni. Lui non smentisce,
fonti vicine all’istituto:
”Nessuna pressione politica”


» GIORGIO MELETTI

La bomba arriva a pagina 209 di Poteri forti (o quasi), lasciata cadere quasi distrattamente, liquidata in poche righe. Ma Ferruccio de Bortoli, alla guida del Corriere della Sera per dodici anni e del Sole 24 Ore per cinque, si caratterizza rispetto ad altri direttori della sua generazione per i robusti cromosomi da giornalista economico. E quindi sa tutte le sfumature della rivelazione contenuta nelle righe che riportiamo integralmente. DOPO AVER RICORDATO g li incontri di Pier Luigi Boschi con il massone Flavio Carboni, per chiedergli di interessarsi ai destini di Banca Etruria di cui il padre di Maria Elena era vicepresidente, De Bortoli prosegue: “L’allora ministra delle Riforme, nel 2015, non ebbe problemi a rivolgersi direttamente all’amministratore delegato di Unicredit. Maria Elena Boschi chiese quindi a Federico Ghizzoni di valutare una possibile acquisizione di Banca Etruria. La domanda era inusuale da parte di un membro del governo all’am - ministratore delegato di una banca quotata. Ghizzoni, comunque, incaricò un suo collaboratore di fare le opportune valutazioni patrimoniali, poi decise di lasciar perdere”. Ieri Ghizzoni è rimasto in un rigoroso silenzio interpretabile – a fronte delle rabbiose smentite dell’interessata –come conferma del racconto di De Bortoli. Anche Unicredit ha evitato commenti. Alle voci circolate con insistenza secondo cui, dietro a quel “chiese a Ghizzoni”, si lascerebbe intendere un intenso pressing sul numero uno di Unicredit, fonti vicine alla banca hanno fatto sapere che “Un icre dit non ha subito pressioni politiche per l’esame di dossier bancari compreso quello in questione”. Che cosa è successo, dunque? Il racconto di De Bortoli è, nella sua asciuttezza, preciso. Nei momenti di difficoltà di una banca è normale che i vertici del sistema, cioè il governo e la Banca d’Italia, chiedano riservatamente a un istituto più grande e più sano di intervenire per salvare la banca in crisi. Lo fanno di regola (non sempre) seguendo uno specifico galateo istituzionale. Le moral suasion emergenziali vengono fatte, con formale delicatezza, dal ministro dell’Economia e dal governa

Il resto dell'articolo lo potrete leggere a pagina 2 del:
| IL FATTO QUOTIDIANO | 10 maggio 2017
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Re: Diario della caduta di un regime.

Messaggio da UncleTom »

COME AGISCE LA "BANDA HACKER"


Non potendo disporre notizie dal Fatto Quotidiano, ho digitato "La Stampa.it"

ed è uscito invece:



http://www.gazzetta.it/?refresh_ce-cp



VOI NON DOVETE SAPERE LE NOTIZIE SU MADONNA BOSCHI E PINOCCHIO MUSSOLONI
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