Diario della caduta di un regime.

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UncleTom
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Re: Diario della caduta di un regime.

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GLI SRUMPTRUPPEN LAVORANO ANCHE DI NOTTE PER LA PROPAGANDA SUL LORO SITO UFFICIALE.
http://www.ilgiornale.it/?refresh_cens



35 minuti fa (in questo momento sono le ore 02,53)
1026


Sicilia, favori agli armatori:
indagato governatore Crocetta


Luca Romano
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Re: Diario della caduta di un regime.

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UncleTom ha scritto:GLI SRUMPTRUPPEN LAVORANO ANCHE DI NOTTE PER LA PROPAGANDA SUL LORO SITO UFFICIALE.
http://www.ilgiornale.it/?refresh_cens



35 minuti fa (in questo momento sono le ore 02,53)
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Sicilia, favori agli armatori:
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Luca Romano







MI VIENE IL FORTE SOSPETTO CHE GLI STRUMPTRUPPEN SEGUANO QUESTO FORUM, PERCHE' DOPO LA PUBBLICAZIONE, ALLE 03.05, C'ERA UN AGGIUSTAMENTO DI DATI:



5 ore fa
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Sicilia, favori agli armatori:
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Luca Romano
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Re: Diario della caduta di un regime.

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LA GUERRA CIVILE E’ COMINCIATA

PER IL MOMENTO LA SI COMBATTE SUI QUOTIDIANI IN ATTESA DI PASSARE ALLE VIE DI FATTO

IL CAMERATA LITTORIO FELTRI, PUBBLICA SUL SUO GIORNALE IN BELLA EVIDENZA:




Manifestazione per avere più immigrati
Sfilano per i delinquenti
Capeggiati dal sindaco Sala, politici, intellettuali e cabarettisti oggi marciano su Milano con gli slogan «Senza muri»
e «Nessuno è illegale». Scafisti, Ong inquisite e chi specula sulla disperazione di chi sbarca ringraziano il corteo

L’italo-tunisino che ha accoltellato i militari in stazione è sotto inchiesta per terrorismo


USANO GLI STESSI SLOGAN PER CREARE ODIO E RICERCARE DI PRENDERSI IL POTERE COME AVEVA INSEGNATO A SUO TEMPO, PROPRIO A MILANO BENITO MUSSOLINI.

CHE LA MARCIA SIA INOPPORTUNA, MA FATTA SOLO PER ACQUISTARE VISIBILITA’ PER ACCHIAPPARE VOTI, E’ UN CONTO.

SOSTENERE CHE TUTTI GLI IMMIGRATI SONO DELINQUENTI, APPARTIENE SOLO A QUELLA MENTALITA’ BACATA DEI FASCISTI DI FATTO.

INCAPACI DI RISOLVERE I PROBLEMI NEL LUOGO DEPUTATO, IL PARLAMENTO, I NUOVI CAMERATI CERCANO DI AIZZARE LA PIAZZA, PROPRIO COME AVEVA FATTO BENITO MUSSOLINI PRIMA DELLA MARCIA SU ROMA.



LA STORIA SI RIPETE. NON ABBIAMO IMPARATO NIENTE.
UncleTom
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Re: Diario della caduta di un regime.

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UncleTom ha scritto:LA GUERRA CIVILE E’ COMINCIATA

PER IL MOMENTO LA SI COMBATTE SUI QUOTIDIANI IN ATTESA DI PASSARE ALLE VIE DI FATTO

IL CAMERATA LITTORIO FELTRI, PUBBLICA SUL SUO GIORNALE IN BELLA EVIDENZA:




Manifestazione per avere più immigrati
Sfilano per i delinquenti
Capeggiati dal sindaco Sala, politici, intellettuali e cabarettisti oggi marciano su Milano con gli slogan «Senza muri»
e «Nessuno è illegale». Scafisti, Ong inquisite e chi specula sulla disperazione di chi sbarca ringraziano il corteo

L’italo-tunisino che ha accoltellato i militari in stazione è sotto inchiesta per terrorismo


USANO GLI STESSI SLOGAN PER CREARE ODIO E RICERCARE DI PRENDERSI IL POTERE COME AVEVA INSEGNATO A SUO TEMPO, PROPRIO A MILANO BENITO MUSSOLINI.

CHE LA MARCIA SIA INOPPORTUNA, MA FATTA SOLO PER ACQUISTARE VISIBILITA’ PER ACCHIAPPARE VOTI, E’ UN CONTO.

SOSTENERE CHE TUTTI GLI IMMIGRATI SONO DELINQUENTI, APPARTIENE SOLO A QUELLA MENTALITA’ BACATA DEI FASCISTI DI FATTO.

INCAPACI DI RISOLVERE I PROBLEMI NEL LUOGO DEPUTATO, IL PARLAMENTO, I NUOVI CAMERATI CERCANO DI AIZZARE LA PIAZZA, PROPRIO COME AVEVA FATTO BENITO MUSSOLINI PRIMA DELLA MARCIA SU ROMA.



LA STORIA SI RIPETE. NON ABBIAMO IMPARATO NIENTE.



di PIETRO SENALDI
Oggi il fior fiore dell’intellighenzia politica, intellettuale, e anche cabarettistica lombarda accampata un po’ più a sinistra del Pd, scende in piazza per manifestare a favore dell’immigrazione sotto gli slogan «senza muri», per i moderati e «nessuno è illegale», per i più estremisti. L’iniziativa, della quale, diciamolo senza mezze misure, non sentivamo affatto il bisogno, è la fotocopia del corteo organizzato qualche settimana fa dalla città grillina di Barcellona, Spagna, un Paese dove la polizia spara a chi tenta di varcare illegalmente il confine. Di questa manifestazione non condividiamo nulla, non ci riconosciamo nei principi ispiratori e ne temiamo gli effetti pratici. Chi sfila è convinto che tutti gli uomini siano uguali e vadano accolti indistintamente ovunque decidano di piazzare le tende, a prescindere dalle condizioni e dalle opinioni a riguardo dei cittadini sulle cui spalle si carica l’onere di ospitarli (...) segue a pagina 3


(...)e delle reali capacità e necessità di accoglienza dell’Italia. Sono idea li nobilima difficilmente declinabili nella vita di tutti i giorni e in contraddizione con la natura umana. Tutti gli uomini sono uguali forse davanti a Dio, se esiste, che però distribuisce loro carte molto diverse quandoli chiama al mondo, sia quanto a ricchezza materiale sia quanto a opportunità e talenti. Ma per ciascuno di noi, nel proprio intimo, gli uomini non sono affatto uguali. Ognuno ha una propria precisa gerarchia concentrica delle personea cui tiene emano amano che sia llargala cerchia, meno siamo dispostia dare agli altri del nostro tempo, del nostro amore, dei nostri soldi, della nostra tolleranza. Ognuno di noi ha un muro che lo separa dal resto dell’umanità, più o meno alto a seconda di quanto l’altro ci vada a genio, abbia in comune con noi o, più prosaicamente, ci serva. Questo muro può non esistere nei confronti dei figli, del compagno di vita, dei genitori, dei fratelli e dipochissimealtre persone se proprio uno è in odore di santità, ma verso tutti gli altri c’è. Fra Dio e l’uomo si pone lo Stato.Quello comunista,nazista, totalitario, impone la propria volontà dall’alto, ergendosi a divinità. Quello democratico,l iberale,amico, vicino e rappresentativo delle esigenzee dellevolontà deicittadini, nel quale ambiremmo vivere, si pone al loro servizio e nel farlo sceglie, li privilegia di fronte al resto dell’umanità, riconoscendoloro diritti in cambio delle tasse che pretende e del rispetto delle regole che impone. Chi vuole amare tutti, in realtà non ama nessuno e chi vuole aiutare tutti non riesce a rendersiutile neppure a se stesso. Gliitaliani,che sono natiin questo Paese e da tutta la vita lo subiscono e contribuiscono a trascinarlo avanti, è giusto che abbiano uno status diverso rispetto a chi sbarca oggi, e così i loro figli. Per sessant’anni i cittadini di mezza Italia hanno rinunciato a livelli di ricchezzapariallaBavieraealLussemburgo per finanziare le varie Casse del Mezzogiorno e dare una mano ai loro compatrioti in difficoltà e ora la retorica buonista vuole convincerli che agli occhi dello Stato un calabrese e uno che arriva dalMali sono uguali. La cittadinanza e i diritti si conquistano nel tempo, adeguandosi ai costumi e alle leggi di chi ci ospita, non vengono regalati indiscriminatamente. Così avviene in tutto il mondo e così dovrebbe avvenire anche da noi.Non si tratta di egoismo, tantomeno di razzismo, ma diequità socialee rispettodeicittadini. «Nientemuri»e «Nessunoèillegale» sono sloganvuoti,perchécome ha dimostrato la cronaca si prestanoa essere strumentalizzati da associazioni criminali che incentivano l’immigrazione per approfittare e lucrare sulla disperazione di chi arriva. Signori per cui l’emergenzaèunafonteinsostituibile di affari che consente loro di ricevere soldi dallo Stato rifilando «cibo per maiali», così ha scritto il pm,aiprofughideiqualisidovrebbero curare, anziché costringerlia dormire ammassati per terra. Non vogliamo mettere in dubbio l’onestàintellettualeela buonavolontà di chi scende in piazza oggi, ma non possiamo non sottolineare come il corteo sarà benedetto da scafisti,Organizzazioninon governative incriminate, vincitori di appalti pilotati e sfruttatori di vario genere. Come non possiamo non denunciare la pericolosa genericità degli slogan.Un Paesein crisie arretrato comel’Italia, ormai sull’orlo dell’esplosione di una bomba sociale, non può permettersi di aprire all’immigrazione indiscriminata quando altre nazioni, più ricchee progredite,da sempreapplicano una rigorosa selezione degli arrivi a seconda delle necessità economiche.Questaèl’unicapossibile strada pergestirel’emergenza umanitaria che, poiché nel mondo ci sono almeno tre miliardi di persone che vivono in aree disagiate, andrebbe combattuta migliorando le condizioni di vita nei luoghi di partenza, non invocando una transumanza di massa. Così andrebbero spesi i soldi chelo Statogiraachigestisceicentri di raccolta profughi, lager denunciati anche da Bergoglio. Le sentenze di questa settimana, che stabiliscono che chi arriva in Italia deve rinunciare ai propri usi e costumi se violano le nostre leggie cheèparticolarmente odioso il reato compiuto da chi approfitta della carità di chi lo accoglie sono forse un segno che qualcosa sta cambiando.Mala piazzaideologicadioggisembra sordaallevoci del buonsenso. E a Milano sfilano, sorridenti ed emblematici,all’indomanidell’accoltellamento alla Stazione Centrale di tre agenti da parte di un nordafricano pregiudicato, quanti avevano condannato il blitz di dieci giorni fa della polizia contro quel crogiolo a cielo aperto di criminali importati che è diventata l’area di fronte allo scalo ferroviariomeneghino. Si dirà che l’accoltellatore in realtà è italiano, visto che è immigrato di seconda generazione, ma è solo la riprova che l’integrazione è una chimera, visto che si è scoperto che il ragazzo è un fan dell’Isis. Le banlieueparigine non sono mai state così vicine a Milano. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Re: Diario della caduta di un regime.

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L’articolo 1 della Costituzione deve essere riscritto:


« L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. »
(Articolo 1 della Costituzione italiana)




« L’Italia è una Democratura, fondata sul bunga-bunga.





21 mag 2017 13:33
SILVIO ALLATTA GLI AGNELLI MA RESTA UN CAIMANO - MENTRE LANCIA IL 'MOVIMENTO ANIMALISTA', BERLUSCONI SI ACCORDA CON RENZI: ELEZIONI A OTTOBRE, SUBITO DOPO IL VOTO TEDESCO DEL 24 SETTEMBRE, MA CON IL PROPORZIONALE. LA PROPOSTA IN BALLO ORA È MORTIFERA PER FORZA ITALIA, E ASPETTARE LA SENTENZA DI STRASBURGO POTREBBE ESSERE UN BOOMERANG
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Re: Diario della caduta di un regime.

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UncleTom ha scritto:L’articolo 1 della Costituzione deve essere riscritto:


« L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. »
(Articolo 1 della Costituzione italiana)




« L’Italia è una Democratura, fondata sul bunga-bunga.





21 mag 2017 13:33
SILVIO ALLATTA GLI AGNELLI MA RESTA UN CAIMANO - MENTRE LANCIA IL 'MOVIMENTO ANIMALISTA', BERLUSCONI SI ACCORDA CON RENZI: ELEZIONI A OTTOBRE, SUBITO DOPO IL VOTO TEDESCO DEL 24 SETTEMBRE, MA CON IL PROPORZIONALE. LA PROPOSTA IN BALLO ORA È MORTIFERA PER FORZA ITALIA, E ASPETTARE LA SENTENZA DI STRASBURGO POTREBBE ESSERE UN BOOMERANG







1. TRA RENZI E BERLUSCONI L' IPOTESI DEL BARATTO: ELEZIONI IN OTTOBRE, MA CON IL PROPORZIONALE

Ugo Magri per ''la Stampa''



La sensazione che qualcosa stia cambiando l' ha avuta un vecchio e sincero amico di Berlusconi, quando gli ha chiesto: «Ma secondo te, è più probabile che la Corte di Strasburgo ti dia ragione prima delle prossime elezioni, facendoti questo immenso regalo, o semmai che ti salvino all' indomani del voto, quando tu non potresti più sfruttare il verdetto favorevole in campagna elettorale?».

«Più facile dopo», ha risposto quasi d' istinto il Cav. «Ecco, appunto», ha sospirato l' amico. E sono rimasti lì tutti e due pensierosi.


L' ora del dilemma

L' aneddoto descrive bene il dubbio in cui si sta struggendo il mondo berlusconiano: se davvero abbia senso resistere a tutti i costi, e fare muro contro le urne, nella speranza che la sentenza europea arrivi prima del voto. Ci sarebbero dei pro e contro.

Qualora la Grand Chambre stabilisse che fu un abuso cacciarlo dal Parlamento, certamente Silvio si presenterebbe all' Italia come vittima dei giudici, dei «comunisti» eccetera, e nessuno sa recitare quella parte meglio di lui; dunque gli converrebbe aspettare il verdetto.


Ma se per sua disgrazia la Corte stabilisse che fu sacrosanto dichiararlo decaduto e incandidabile, beh, sai che figuraccia. Per cui i più ansiosi tra i "berluscones" guardano come un oracolo all' avvocato Niccolò Ghedini. Il quale attende notizie dal team di avvocati internazionali che, interpellati su come finirà a Strasburgo, rispondono tipo Sibilla Cumana: potrebbe andare bene, ma anche no. Meglio non puntarci troppo. Il risultato? Berlusconi e i suoi non demonizzano più l' ipotesi di votare prima della sentenza europea, attesa in autunno. A questa novità, da qualche giorno se n' è aggiunta un' altra, che tocca la riforma elettorale.


Il «Piano B»

Gli strateghi del Cav sono tutti convinti che la proposta Pd, metà maggioritaria e metà proporzionale, sarebbe mortifera per un partito come Forza Italia. Finora l' assalto renziano è stato respinto, ma solo perché alla Camera il capogruppo «azzurro» Renato Brunetta è riuscito a fare fronte comune con Mdp e Cinquestelle. Però urge un «Piano B». Ecco affacciarsi l' idea che, per non correre il rischio di ritrovarsi una legge elettorale pessima, forse sarebbe meglio votare in fretta, con il sistema proporzionale ritagliato dalla Consulta.


Mentre questi interrogativi si moltiplicano, è tutto un viavai di personaggi mai venuti allo scoperto, che trovano udienza tanto ad Arcore quanto a Rignano sull' Arno.


Stanno tentando di convincere Berlusconi che Renzi, in fondo, delle alchimie sulla legge elettorale non è minimamente appassionato. A Matteo interessa solo cogliere l' attimo giusto per battere i Cinquestelle; e quella finestra di opportunità potrebbe aprirsi all' indomani delle elezioni in Germania, fissate il 24 settembre prossimo.



Ecco insomma rispuntare l' ipotesi del baratto, già circolata mesi fa: voto in ottobre, come piacerebbe a Renzi, in cambio della garanzia che si andrebbe alle urne col sistema proporzionale, secondo i desideri del Cav. Il quale proprio ieri, presentando il movimento animalista della Brambilla, ha definito per la prima volta «possibili» le elezioni in autunno, sebbene lui le preferisca a naturale scadenza: «La cosa più importante è che si arrivi a una legge elettorale condivisa». E si è speso in difesa tanto di papà Renzi, quanto della famiglia Boschi: «Sono assolutamente contrario a tutto ciò che sta accadendo, con me hanno usato tutti questi strumenti».

Ultimo indizio che qualcosa sta maturando: dopo anni di catalessi, Forza Italia di colpo ha ricominciato la campagna acquisti tra gli alfaniani, ventre molle della maggioranza in Senato. Per dare una mano a Renzi, casomai ci fosse da staccare la spina alla XVII legislatura? Chissà.




2. INTERVISTA A BERLUSCONI

Barbara Jerkov per ''Il Messaggero''




Dalla Francia di Macron alla Germania che vede Merkel avvicinarsi a un nuovo mandato, un nuovo vento moderato si aggira per l’Europa presidente Berlusconi?

«Non paragonerei quello che è successo in Francia con quello che sta accadendo in Germania: Macron è un uomo di formazione tecnocratica e pragmatica, che ha vinto grazie alla crisi dei partiti tradizionali.

Questa crisi è stata causata a sua volta da tre fattori: il bilancio non positivo della presidenza Hollande, che ha penalizzato il Partito Socialista, l’intervento della magistratura in campagna elettorale, che ha azzoppato il favoritissimo candidato dei repubblicani, e il peso anomalo della destra populista della signora Le Pen, che ha saputo intercettare molte delle ragioni di malcontento diffuse nella società francese, determinando una imponente flusso di voti a suo favore senza avere alcuna prospettiva di successo e di governo.


La signora Merkel invece è espressione della più grande e consolidata tradizione politica tedesca ed europea, quella cristiana e liberale che si raccoglie nel Partito Popolare Europeo. La sua stessa presenza, la sua autorevolezza e credibilità stanno ridimensionando in Germania, in tutte le elezioni parziali, i partiti anti-sistema, di destra e di sinistra, ma - ciò che più conta - risultano vincenti nel confronti della sinistra guidata dal signor Schulz.


Un elemento in comune fra i due paesi però certamente esiste: la sinistra vince dove l’alternativa è la destra populista e identitaria, perde dove esiste un’alternativa credibile moderata, cristiana e liberale. E’ il ruolo che intendiamo svolgere in Italia, coerentemente con la nostra collocazione nel Ppe».

I candidati anti-sistema, dopo l’exploit di Trump, hanno già esaurito la loro spinta elettorale?

«Pensarlo sarebbe un’illusione pericolosa per le classi dirigenti europee: i motivi di malcontento verso la politica sono molti, diffusi e ben fondati in tutta l’Europa e in particolare in Italia. La risposta può essere un profondo e radicale rinnovamento della politica, nei volti e nei metodi, oppure l’illusione delle classi dirigenti di arroccarsi nella gestione del potere, come avviene in Italia e non solo. Se prevarrà questo secondo atteggiamento, allora la democrazia liberale sarà condannata ad una profonda crisi, dagli esiti imprevedibili».



Quale valutazione dà, venendo al nostro Paese, del fenomeno M5S?

«Un caso di scuola di risposta sbagliata a problemi giustissimi. Grillo e Casaleggio sono stati molto bravi, dei veri professionisti: hanno individuato correttamente un malessere diffusissimo, hanno inventato un linguaggio e soprattutto dei metodi nuovi per diffonderlo, sono abili nelle tattiche parlamentari e televisive. Però quando sono chiamati alla prova del governo, come a Roma, falliscono clamorosamente.



Più in generale, non hanno una proposta di governo credibile per una società complessa come la nostra. Il loro pauperismo e il loro giustizialismo emergono chiaramente nelle loro proposte come ad esempio quella di una imposta di successione (che noi avevamo completamente abrogato) al 50%. I grillini fanno finta di avvicinare i cittadini alla politica, di coinvolgerli nei processi decisionali. Nella realtà accade esattamente il contrario, con Grillo, loro unico leader e decisore, svuotano di significato gli strumenti della democrazia».


Passando alla legge elettorale, un singolare asse Renzi-Salvini ha terremotato le trattative in corso. Lei come valuta questo sistema misto maggioritario/proporzionale che propongono?

«Non è un sistema misto, è un sistema confuso e pericoloso. Se venisse adottato, dalle elezioni potrebbero uscire una maggioranza casuale, che sarebbe comunque espressione di una minoranza dei cittadini, o anche due maggioranza diverse fra Camera e Senato. Mi sembra un tentativo di forzatura da parte del PD, del tutto sorprendente anche rispetto alle indicazioni del Capo dello Stato per una legge elettorale condivisa».


Forza Italia rischia di essere messa ai margini da questa trattativa: intende riattivare il canale di dialogo che in passato ha avuto con Renzi? Con quale proposta, nel caso?

«Il problema non è Forza Italia: questa proposta, che non ha la maggioranza in Senato, così com’è spacca il paese su un tema che invece dovrebbe unire, come le regole elettorali. Forza Italia ragiona come sempre nell’interesse complessivo, che in queste materie non può essere ricondotto a piccoli calcoli di convenienza immediata. Io spero e credo che si potrà tornare a ragionare con il Pd, anche perché i numeri parlamentari lo rendono necessario.


Quello che è certo, comunque, è che questa proposta non è una buona base di partenza. Il sistema tedesco, quello vero, che noi chiedevamo, è uno dei due grandi sistemi possibili, accanto al semipresidenzialismo alla francese. L’unico che funziona davvero in Europa nei paesi in cui non è prevista l’elezione diretta del Presidente. La Germania ne ha avuto settant’anni di stabilità, di bipolarismo, di democrazia consolidata ed efficiente. Dalla catastrofe della guerra è diventata il paese leader in Europa. Significa che il suo sistema istituzionale, il suo modo di scegliere chi governa, funziona piuttosto bene, mi pare».



Ma se non si trova nessun accordo, le sembra reale l’ipotesi di apportare le correzioni necessarie per decreto e votare in autunno?

«Un decreto che cambia la legge elettorale sarebbe davvero senza precedenti. Ho l’impressione che senza un accordo il momento in cui sarà possibile ridare finalmente la parola agli italiani si allontanerebbe sensibilmente».



Ora anche il Pd parla di cambiare la legge sulle intercettazioni. Un tema in più su cui aprire un confronto?

«Questo potrebbe far sorridere, con qualche amarezza, pensando a come le intercettazioni sono state usate contro di me, la mia famiglia, i miei amici, i miei ospiti, per costruire vergognosi quando inconsistenti scandali mediatico-giudiziari. A quell’epoca, ogni utilizzo criminale delle intercettazioni veniva difeso come espressione della libertà di stampa. Ma io non sono a caccia di rivalse, e il fatto che oggi le intercettazioni colpiscano i vertici del Pd, o comunque siano fatte uscire ad arte per logiche interne a quel partito, non rende la cosa meno vergognosa.


Quindi ben venga il ravvedimento del PD, anche se interessato. In generale, io non sono mai per usare contro i miei avversari gli stessi metodi che loro hanno usato contro di me, e quindi non ho esitazioni a definire riprovevole la campagna scandalistica della quale sono vittime Renzi e la Boschi. Sono avversari, ma noi vogliamo sconfiggerli sul piano delle idee, dei programmi, della capacità di governo, non usando questi metodi che ci ripugnano».



Venendo al centrodestra, Presidente, le primarie della Lega hanno creato parecchie tensioni tanto da far dire a Bossi che con Salvini la Lega è finita. Condivide questo giudizio?

«Non è nel mio stile intervenire nelle vicende interne di partiti amici ed alleati. Salvini ha voluto una consultazione fra i suoi iscritti che ha confermato la maggioranza della sua linea nel partito leghista, cosa della quale peraltro nessuno dubitava. Bossi è la storia della Lega, senza di lui la Lega non esisterebbe, e senza la sua capacità di visione la questione settentrionale non sarebbe mai stata posta seriamente».


Il centrodestra unito è un valore, si sente ripetere sempre più spesso. Ma unito tra chi, Presidente? Che chance vede di allearsi con questa Lega di Salvini?

«Il centrodestra ha due modi per regalare la vittoria alle elezioni a Renzi o a Grillo. Il primo è dividersi: l’esempio francese è un caso di scuola, e per di più la Lega mi sembra molto lontana dal consenso di cui gode il Front National in Francia.



Il secondo errore, non meno grave, è quello di immaginare di federare le forze politiche del centrodestra, che sono e devono rimanere ben distinte, su un progetto che non abbia i connotati liberali, riformatori, cristiani, che sono quelli che prevalgono in tutt’Europa, nei paesi in cui il centrodestra vince le elezioni. Il liberalismo è il futuro, non il passato del centrodestra. Immagino che Salvini e Giorgia Meloni abbiano la lungimiranza necessaria per rendersene conto e non vogliano chiudere ogni prospettiva per le ragioni e le speranze degli elettori di destra».


Per quanto riguarda la leadership, già quest’inverno lei si è detto pronto a tornare in campo. Ma la sentenza della Corte di Strasburgo potrebbe non arrivare in tempo per le prossime elezioni politiche. Ha già preparato un “piano B”?

«Lei intende “B come Berlusconi”?».


Alla fine della prossima settimana saranno in Italia i leader mondiali per il G7. C’è qualche tema o suggerimento che vorrebbe dare a Gentiloni, approfittando della sua esperienza?

«Il presidente Gentiloni ha ormai cultura e pratica internazionale. Non gli sfuggirà il rischio che questi vertici si trasformino nella certificazione dell’incapacità delle classi dirigenti del mondo libero di dare una risposta alle grandi sfide del mondo globalizzato.

Una sfida che l’Occidente non può più affrontare da solo, senza pensare a un sistema globale nel quale i principali players mondiali, la Russia, la Cina, le nuove “tigri asiatiche”, i paesi arabi non estremisti, devono essere parte di un sistema globale di sicurezza e di sviluppo. Problemi come il terrorismo e l’immigrazione si risolvono nel medio periodo soltanto con un grande “piano Marshall per l’Africa” che l’Occidente può promuovere ma non è in grado di gestire da solo. Lo stesso vale per il governo delle crisi regionali, nelle quali i soggetti più pericolosi, dall’Isis a Kim Jong-un, trovano l’acqua in cui nuotare».



L’assenza della Russia poteva essere evitata?

«Non solo poteva, doveva. La Russia non è un avversario, è un partner indispensabile che fa parte dell’Occidente. Questo non significa condividere ogni aspetto della politica russa: nella vicenda ucraina i russi hanno molte ragioni, in Siria stanno contribuendo alla stabilizzazione, ma sbaglierebbero se per esempio volessero esercitare pressioni indebite sui paesi baltici.


Si tratta però di affrontare questi argomenti con un approccio condiviso e costruttivo: grazie a noi i tempi della guerra fredda sono finiti nel 2002 e, crollato il comunismo, la Russia è un paese amico, non un’antagonista globale. I leader occidentali più avveduti se ne stanno finalmente rendendo conto».



Un’ultimissima cosa, Presidente. Sono poche settimane da quando ha venduto il Milan. La ferita si sta rimarginando?

«No, e non si rimarginerà mai. Perché il Milan, prima che un’azienda, era una parte del mio cuore. Però sono convinto di aver agito nel modo migliore, da innamorato del Milan che vuole vedere il suo Milan ritornare protagonista in Italia, in Europa e nel mondo».
UncleTom
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Re: Diario della caduta di un regime.

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UncleTom ha scritto:
UncleTom ha scritto:L’articolo 1 della Costituzione deve essere riscritto:


« L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. »
(Articolo 1 della Costituzione italiana)




« L’Italia è una Democratura, fondata sul bunga-bunga.





21 mag 2017 13:33
SILVIO ALLATTA GLI AGNELLI MA RESTA UN CAIMANO


- MENTRE LANCIA IL 'MOVIMENTO ANIMALISTA', BERLUSCONI SI ACCORDA CON RENZI: ELEZIONI A OTTOBRE, SUBITO DOPO IL VOTO TEDESCO DEL 24 SETTEMBRE, MA CON IL PROPORZIONALE. LA PROPOSTA IN BALLO ORA È MORTIFERA PER FORZA ITALIA, E ASPETTARE LA SENTENZA DI STRASBURGO POTREBBE ESSERE UN BOOMERANG







1. TRA RENZI E BERLUSCONI L' IPOTESI DEL BARATTO: ELEZIONI IN OTTOBRE, MA CON IL PROPORZIONALE

Ugo Magri per ''la Stampa''



La sensazione che qualcosa stia cambiando l' ha avuta un vecchio e sincero amico di Berlusconi, quando gli ha chiesto: «Ma secondo te, è più probabile che la Corte di Strasburgo ti dia ragione prima delle prossime elezioni, facendoti questo immenso regalo, o semmai che ti salvino all' indomani del voto, quando tu non potresti più sfruttare il verdetto favorevole in campagna elettorale?».

«Più facile dopo», ha risposto quasi d' istinto il Cav. «Ecco, appunto», ha sospirato l' amico. E sono rimasti lì tutti e due pensierosi.


L' ora del dilemma

L' aneddoto descrive bene il dubbio in cui si sta struggendo il mondo berlusconiano: se davvero abbia senso resistere a tutti i costi, e fare muro contro le urne, nella speranza che la sentenza europea arrivi prima del voto. Ci sarebbero dei pro e contro.

Qualora la Grand Chambre stabilisse che fu un abuso cacciarlo dal Parlamento, certamente Silvio si presenterebbe all' Italia come vittima dei giudici, dei «comunisti» eccetera, e nessuno sa recitare quella parte meglio di lui; dunque gli converrebbe aspettare il verdetto.


Ma se per sua disgrazia la Corte stabilisse che fu sacrosanto dichiararlo decaduto e incandidabile, beh, sai che figuraccia. Per cui i più ansiosi tra i "berluscones" guardano come un oracolo all' avvocato Niccolò Ghedini. Il quale attende notizie dal team di avvocati internazionali che, interpellati su come finirà a Strasburgo, rispondono tipo Sibilla Cumana: potrebbe andare bene, ma anche no. Meglio non puntarci troppo. Il risultato? Berlusconi e i suoi non demonizzano più l' ipotesi di votare prima della sentenza europea, attesa in autunno. A questa novità, da qualche giorno se n' è aggiunta un' altra, che tocca la riforma elettorale.


Il «Piano B»

Gli strateghi del Cav sono tutti convinti che la proposta Pd, metà maggioritaria e metà proporzionale, sarebbe mortifera per un partito come Forza Italia. Finora l' assalto renziano è stato respinto, ma solo perché alla Camera il capogruppo «azzurro» Renato Brunetta è riuscito a fare fronte comune con Mdp e Cinquestelle. Però urge un «Piano B». Ecco affacciarsi l' idea che, per non correre il rischio di ritrovarsi una legge elettorale pessima, forse sarebbe meglio votare in fretta, con il sistema proporzionale ritagliato dalla Consulta.


Mentre questi interrogativi si moltiplicano, è tutto un viavai di personaggi mai venuti allo scoperto, che trovano udienza tanto ad Arcore quanto a Rignano sull' Arno.


Stanno tentando di convincere Berlusconi che Renzi, in fondo, delle alchimie sulla legge elettorale non è minimamente appassionato. A Matteo interessa solo cogliere l' attimo giusto per battere i Cinquestelle; e quella finestra di opportunità potrebbe aprirsi all' indomani delle elezioni in Germania, fissate il 24 settembre prossimo.



Ecco insomma rispuntare l' ipotesi del baratto, già circolata mesi fa: voto in ottobre, come piacerebbe a Renzi, in cambio della garanzia che si andrebbe alle urne col sistema proporzionale, secondo i desideri del Cav. Il quale proprio ieri, presentando il movimento animalista della Brambilla, ha definito per la prima volta «possibili» le elezioni in autunno, sebbene lui le preferisca a naturale scadenza: «La cosa più importante è che si arrivi a una legge elettorale condivisa». E si è speso in difesa tanto di papà Renzi, quanto della famiglia Boschi: «Sono assolutamente contrario a tutto ciò che sta accadendo, con me hanno usato tutti questi strumenti».

Ultimo indizio che qualcosa sta maturando: dopo anni di catalessi, Forza Italia di colpo ha ricominciato la campagna acquisti tra gli alfaniani, ventre molle della maggioranza in Senato. Per dare una mano a Renzi, casomai ci fosse da staccare la spina alla XVII legislatura? Chissà.




2. INTERVISTA A BERLUSCONI

Barbara Jerkov per ''Il Messaggero''




Dalla Francia di Macron alla Germania che vede Merkel avvicinarsi a un nuovo mandato, un nuovo vento moderato si aggira per l’Europa presidente Berlusconi?

«Non paragonerei quello che è successo in Francia con quello che sta accadendo in Germania: Macron è un uomo di formazione tecnocratica e pragmatica, che ha vinto grazie alla crisi dei partiti tradizionali.

Questa crisi è stata causata a sua volta da tre fattori: il bilancio non positivo della presidenza Hollande, che ha penalizzato il Partito Socialista, l’intervento della magistratura in campagna elettorale, che ha azzoppato il favoritissimo candidato dei repubblicani, e il peso anomalo della destra populista della signora Le Pen, che ha saputo intercettare molte delle ragioni di malcontento diffuse nella società francese, determinando una imponente flusso di voti a suo favore senza avere alcuna prospettiva di successo e di governo.


La signora Merkel invece è espressione della più grande e consolidata tradizione politica tedesca ed europea, quella cristiana e liberale che si raccoglie nel Partito Popolare Europeo. La sua stessa presenza, la sua autorevolezza e credibilità stanno ridimensionando in Germania, in tutte le elezioni parziali, i partiti anti-sistema, di destra e di sinistra, ma - ciò che più conta - risultano vincenti nel confronti della sinistra guidata dal signor Schulz.


Un elemento in comune fra i due paesi però certamente esiste: la sinistra vince dove l’alternativa è la destra populista e identitaria, perde dove esiste un’alternativa credibile moderata, cristiana e liberale. E’ il ruolo che intendiamo svolgere in Italia, coerentemente con la nostra collocazione nel Ppe».

I candidati anti-sistema, dopo l’exploit di Trump, hanno già esaurito la loro spinta elettorale?

«Pensarlo sarebbe un’illusione pericolosa per le classi dirigenti europee: i motivi di malcontento verso la politica sono molti, diffusi e ben fondati in tutta l’Europa e in particolare in Italia. La risposta può essere un profondo e radicale rinnovamento della politica, nei volti e nei metodi, oppure l’illusione delle classi dirigenti di arroccarsi nella gestione del potere, come avviene in Italia e non solo. Se prevarrà questo secondo atteggiamento, allora la democrazia liberale sarà condannata ad una profonda crisi, dagli esiti imprevedibili».



Quale valutazione dà, venendo al nostro Paese, del fenomeno M5S?

«Un caso di scuola di risposta sbagliata a problemi giustissimi. Grillo e Casaleggio sono stati molto bravi, dei veri professionisti: hanno individuato correttamente un malessere diffusissimo, hanno inventato un linguaggio e soprattutto dei metodi nuovi per diffonderlo, sono abili nelle tattiche parlamentari e televisive. Però quando sono chiamati alla prova del governo, come a Roma, falliscono clamorosamente.



Più in generale, non hanno una proposta di governo credibile per una società complessa come la nostra. Il loro pauperismo e il loro giustizialismo emergono chiaramente nelle loro proposte come ad esempio quella di una imposta di successione (che noi avevamo completamente abrogato) al 50%. I grillini fanno finta di avvicinare i cittadini alla politica, di coinvolgerli nei processi decisionali. Nella realtà accade esattamente il contrario, con Grillo, loro unico leader e decisore, svuotano di significato gli strumenti della democrazia».


Passando alla legge elettorale, un singolare asse Renzi-Salvini ha terremotato le trattative in corso. Lei come valuta questo sistema misto maggioritario/proporzionale che propongono?

«Non è un sistema misto, è un sistema confuso e pericoloso. Se venisse adottato, dalle elezioni potrebbero uscire una maggioranza casuale, che sarebbe comunque espressione di una minoranza dei cittadini, o anche due maggioranza diverse fra Camera e Senato. Mi sembra un tentativo di forzatura da parte del PD, del tutto sorprendente anche rispetto alle indicazioni del Capo dello Stato per una legge elettorale condivisa».


Forza Italia rischia di essere messa ai margini da questa trattativa: intende riattivare il canale di dialogo che in passato ha avuto con Renzi? Con quale proposta, nel caso?

«Il problema non è Forza Italia: questa proposta, che non ha la maggioranza in Senato, così com’è spacca il paese su un tema che invece dovrebbe unire, come le regole elettorali. Forza Italia ragiona come sempre nell’interesse complessivo, che in queste materie non può essere ricondotto a piccoli calcoli di convenienza immediata. Io spero e credo che si potrà tornare a ragionare con il Pd, anche perché i numeri parlamentari lo rendono necessario.


Quello che è certo, comunque, è che questa proposta non è una buona base di partenza. Il sistema tedesco, quello vero, che noi chiedevamo, è uno dei due grandi sistemi possibili, accanto al semipresidenzialismo alla francese. L’unico che funziona davvero in Europa nei paesi in cui non è prevista l’elezione diretta del Presidente. La Germania ne ha avuto settant’anni di stabilità, di bipolarismo, di democrazia consolidata ed efficiente. Dalla catastrofe della guerra è diventata il paese leader in Europa. Significa che il suo sistema istituzionale, il suo modo di scegliere chi governa, funziona piuttosto bene, mi pare».



Ma se non si trova nessun accordo, le sembra reale l’ipotesi di apportare le correzioni necessarie per decreto e votare in autunno?

«Un decreto che cambia la legge elettorale sarebbe davvero senza precedenti. Ho l’impressione che senza un accordo il momento in cui sarà possibile ridare finalmente la parola agli italiani si allontanerebbe sensibilmente».



Ora anche il Pd parla di cambiare la legge sulle intercettazioni. Un tema in più su cui aprire un confronto?

«Questo potrebbe far sorridere, con qualche amarezza, pensando a come le intercettazioni sono state usate contro di me, la mia famiglia, i miei amici, i miei ospiti, per costruire vergognosi quando inconsistenti scandali mediatico-giudiziari. A quell’epoca, ogni utilizzo criminale delle intercettazioni veniva difeso come espressione della libertà di stampa. Ma io non sono a caccia di rivalse, e il fatto che oggi le intercettazioni colpiscano i vertici del Pd, o comunque siano fatte uscire ad arte per logiche interne a quel partito, non rende la cosa meno vergognosa.


Quindi ben venga il ravvedimento del PD, anche se interessato. In generale, io non sono mai per usare contro i miei avversari gli stessi metodi che loro hanno usato contro di me, e quindi non ho esitazioni a definire riprovevole la campagna scandalistica della quale sono vittime Renzi e la Boschi. Sono avversari, ma noi vogliamo sconfiggerli sul piano delle idee, dei programmi, della capacità di governo, non usando questi metodi che ci ripugnano».



Venendo al centrodestra, Presidente, le primarie della Lega hanno creato parecchie tensioni tanto da far dire a Bossi che con Salvini la Lega è finita. Condivide questo giudizio?

«Non è nel mio stile intervenire nelle vicende interne di partiti amici ed alleati. Salvini ha voluto una consultazione fra i suoi iscritti che ha confermato la maggioranza della sua linea nel partito leghista, cosa della quale peraltro nessuno dubitava. Bossi è la storia della Lega, senza di lui la Lega non esisterebbe, e senza la sua capacità di visione la questione settentrionale non sarebbe mai stata posta seriamente».


Il centrodestra unito è un valore, si sente ripetere sempre più spesso. Ma unito tra chi, Presidente? Che chance vede di allearsi con questa Lega di Salvini?

«Il centrodestra ha due modi per regalare la vittoria alle elezioni a Renzi o a Grillo. Il primo è dividersi: l’esempio francese è un caso di scuola, e per di più la Lega mi sembra molto lontana dal consenso di cui gode il Front National in Francia.



Il secondo errore, non meno grave, è quello di immaginare di federare le forze politiche del centrodestra, che sono e devono rimanere ben distinte, su un progetto che non abbia i connotati liberali, riformatori, cristiani, che sono quelli che prevalgono in tutt’Europa, nei paesi in cui il centrodestra vince le elezioni. Il liberalismo è il futuro, non il passato del centrodestra. Immagino che Salvini e Giorgia Meloni abbiano la lungimiranza necessaria per rendersene conto e non vogliano chiudere ogni prospettiva per le ragioni e le speranze degli elettori di destra».


Per quanto riguarda la leadership, già quest’inverno lei si è detto pronto a tornare in campo. Ma la sentenza della Corte di Strasburgo potrebbe non arrivare in tempo per le prossime elezioni politiche. Ha già preparato un “piano B”?

«Lei intende “B come Berlusconi”?».


Alla fine della prossima settimana saranno in Italia i leader mondiali per il G7. C’è qualche tema o suggerimento che vorrebbe dare a Gentiloni, approfittando della sua esperienza?

«Il presidente Gentiloni ha ormai cultura e pratica internazionale. Non gli sfuggirà il rischio che questi vertici si trasformino nella certificazione dell’incapacità delle classi dirigenti del mondo libero di dare una risposta alle grandi sfide del mondo globalizzato.

Una sfida che l’Occidente non può più affrontare da solo, senza pensare a un sistema globale nel quale i principali players mondiali, la Russia, la Cina, le nuove “tigri asiatiche”, i paesi arabi non estremisti, devono essere parte di un sistema globale di sicurezza e di sviluppo. Problemi come il terrorismo e l’immigrazione si risolvono nel medio periodo soltanto con un grande “piano Marshall per l’Africa” che l’Occidente può promuovere ma non è in grado di gestire da solo. Lo stesso vale per il governo delle crisi regionali, nelle quali i soggetti più pericolosi, dall’Isis a Kim Jong-un, trovano l’acqua in cui nuotare».



L’assenza della Russia poteva essere evitata?

«Non solo poteva, doveva. La Russia non è un avversario, è un partner indispensabile che fa parte dell’Occidente. Questo non significa condividere ogni aspetto della politica russa: nella vicenda ucraina i russi hanno molte ragioni, in Siria stanno contribuendo alla stabilizzazione, ma sbaglierebbero se per esempio volessero esercitare pressioni indebite sui paesi baltici.


Si tratta però di affrontare questi argomenti con un approccio condiviso e costruttivo: grazie a noi i tempi della guerra fredda sono finiti nel 2002 e, crollato il comunismo, la Russia è un paese amico, non un’antagonista globale. I leader occidentali più avveduti se ne stanno finalmente rendendo conto».



Un’ultimissima cosa, Presidente. Sono poche settimane da quando ha venduto il Milan. La ferita si sta rimarginando?

«No, e non si rimarginerà mai. Perché il Milan, prima che un’azienda, era una parte del mio cuore. Però sono convinto di aver agito nel modo migliore, da innamorato del Milan che vuole vedere il suo Milan ritornare protagonista in Italia, in Europa e nel mondo».
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Rivolta legale: 12 vaccini imposti da un ministro in vendita

Scritto il 21/5/17 • nella Categoria: idee Condividi




Rivolta legale contro il decreto-mostro che prescrive l’obbligatorietà dei 12 vaccini: lo Stato non ha il diritto di imporre una tale restrizione della libertà, senza dare adeguate spiegazioni. «Spero che il decreto-legge venga boicottato: consiglio i genitori di costituirsi in una o più associazioni, con eserciti di avvocati, per sottrarsi all’eventuale decreto, ove venisse convertito in legge». Obiezione di coscienza, contro i nuovi 12 vaccini obbligatori: a lanciare l’appello è l’avvocato Gianfranco Pecoraro, alias Carpeoro, autore di clamorose denunce come quelle contenute nel saggio “Dalla massoneria al terrorismo”. «Io non sono un anti-vaccinista», premette: «L’obbligatorietà del vaccino non è uno scandalo». Ma, aggiunge Carpeoro, «l’imposizione deve avere una motivazione: legata al tipo di malattia infettiva, al tipo di ambiente, al tipo di frequentazioni dei soggetti. Se ci sono queste premesse, lo Stato ha il diritto di chiedere l’obbligatorietà. Se non ci sono, lo Stato questo diritto non ce l’ha». Né si stupisce, Carpeoro, dell’improvvisa accelerazione sui vaccini, evidentemente suggerita dai businessman di Big Pharma a Beatrice Lorenzin: «Si sono comprati un ministro in vendita».

Secondo Carpeoro, in collegamento web-video con Fabio Frabetti di “Border Nights”, l’attuale titolare del dicastero della salute è un ministro “in vendita”: «Mancava solo che la mettessero nelle vetrine, col prezzo: saldi di fine stagione». E spiega: la Lorenzin nasce con Forza Italia, fedelissima di Berlusconi. «Era la “cocca”, l’allieva di un senatore di Forza Italia piuttosto prestigioso. Poi si schiera con Marcello Pera, ma quando Pera si dissocia da Berlusconi, lei resta con Berlusconi perché preferisce la cuccia calda». Presente nel governo delle “larghe intese” guidato da Enrico Letta, «si sarebbe dovuta dimettere perché l’allora “Popolo delle libertà” si stava spaccando, dissociandosi dal gran governone». Ma la Lorenzin, di fronte alla possibilità di dimettersi da sottosegretario «rimanendo coerente politicamente» ha preferito restare, aderendo al gruppo di Alfano. «E adesso, siccome Alfano fa un po’ i capricci, ha scaricato pure lui. E’ proprio un ministro in vendita, politicamente». E’ in vendita tutto il governo Gentiloni? «No, perché il questo caso l’obbligo dei 12 vaccini sarebbe già passato. E invece, come vediamo, sta incontrando delle difficoltà. Quindi per ora il governo non se lo sono comprato».

Carpeoro non si stupisce neppure dell’assordante silenzio della politica: nessun partito, nemmeno i 5 Stelle, sta facendo le barricate. «I vertici dei 5 Stelle sono giustizialisti ma comunque collusi con precisi gruppi di potere», accusa Carpeoro. Per contro, la base dei grillini «è invece è fatta di gente pulita, convinta: al contrario di quella degli altri partiti, che è fatta di gente che chiede il posto per il figlio», al di là di esigue «minoranze in buona fede, vecchi compagni che andavano alle feste dell’Unità». E se i vertici di tutti i partiti non protestano per un’aberrazione come il super-decreto sui vaccini, «magari forse qualcuno si accorgerà, adesso, della mancanza di un uomo come Pannella, capace di cavalcare battaglie scomode». Carpeoro lo ricorda come «un illuminista, un uomo del Settecento», che in più aveva «un rispetto assoluto per la scienza», e quindi «non sarebbe mai stato un anti-vaccinista». Ma, al tempo stesso, «non si farebbe mai fatto imporre per decreto il “dodecavaccino”, mai e poi mai: aveva troppa considerazione della libertà individuale e dei diritti del cittadino». Il guaio dell’Italia? «Si è spaccata tra chi non vuol fare nessun vaccino e chi accetta di farne 50. E nessuno che pretenda di andare a rivedere l’intera filiera: come vengono prodotti i vaccini, che controlli ci sono, come lo Stato può pretenderne l’obbligatorietà».

Questo è il punto, per Carpeoro: «Non sono state verificate le premesse, non abbiamo ancora capito in base a quale principio la commissione della sanità abbia scelto questi 12 vaccini: non si capisce niente». E attenzione: «Quando lo Stato limita la libertà individuale ha un obbligo di maggior chiarezza nei confronti dei cittadini. Se mi impone di fare una puntura a mio figlio, mi deve dire tutto. Io non sono contrario alla puntura per principio, ma mi deve spiegare tutto, e mi deve dire anche chi la controlla, la puntura, chi ha controllato quella produzione, altrimenti non ci siamo». Ovvio che i cittadini siano diffidenti: «Viviamo in uno Stato dove hanno messo “monnezza” nel fare le strade, così i ponti stanno crollando». Di qui l’appello ai cittadini, per una battaglia legale: «Servono associazioni che non abbiano una posizione anti-vaccinista, ma che abbiano una posizione rigorosa di verifica e controllo dei presupposti democratici e civili necessari per fare delle imposizioni. Se il fronte non è anti-vaccinista ma li mette spalle al muro sulle reali responsabilità e sui reali obblighi nei confronti dei cittadini, la partita si apre: esistono le corti europee dei diritti dell’uomo, gli organismi internazionali».

Per Carpeoro, vanno riviste integralmente le regole: il procedimento amministrativo e la verifica tecnico-sanitaria attraverso cui si stabilisce l’obbligatorietà dei vaccini. «Se lo Stato accerta con correttezza che ci sono presupposti di interesse di igiene pubblica per fare attività di prevenzione su alcuni tipi di malattie, io sono d’accordo sull’obbligatorietà. Ma questo non può essere fatto come è stato fatto finora, non può andare avanti così. E soprattutto, nel momento in cui si limita la libertà del cittadino, la trasparenza e la nitidezza delle procedure dev’essere totale, insieme all’assoluta correttezza della gestione», sottolinea Carpeoro. «Questo è il prezzo del limitare la libertà dei cittadini: se al cittadino limiti la libertà, il motivo glielo devi spiegare in tutti i modi, in tutte le lingue – non glielo devi imporre senza spiegazioni. Altrimenti, tu il diritto di limitare la libertà dei cittadini non ce l’hai: con la scarsa trasparenza, lo perdi». In parallelo, Carpeoro condanna «la coglionaggine di un certo tipo di complottismo, per la quale cominci a gridare contro 6 vaccini e poi te ne ritrovi 12. Perché, se non chiedi cose giuste e precise, chi è in malafede ti risponde raddoppiando l’errore».

Che fare? «Chiedere controlli, chiedere che le associazioni dei genitori possano controllare i controllori». E senza cadere nel “negazionismo cieco”, che pretende di liquidare come spazzatura della storia anche vaccini come quelli che hanno debellato malattie come il vaiolo e la poliomielite. «Non si può essere negazionisti: è grazie a loro, se adesso ci troviamo il “dodecavaccino”. Se continuano così ce ne faranno 24, e sempre senza controlli sufficienti, così come purtroppo avviene oggi». Ma per agire con successo, conclude Carpeoro, occorre serietà: «Bisogna che il contrappeso democratico sia serio, perché le cose da buffoni non funzionano. Occorre intelligenza, perché la prima prova dell’esistenza di uno Stato (e di un popolo) sta in questo: quanto lo Stato rispetta i diritti? E quanto il popolo, quando lo Stato non li rispetta, se li fa rispettare legittimamente? Gli Stati funzionano solo se funzionano anche i cittadini. Se i cittadini non funzionano, non funzionano nemmeno gli Stati».
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Pepe: 12 vaccini per legge è da nazisti, caso unico al mondo

Scritto il 22/5/17 • nella Categoria: idee Condividi




«Addirittura 12 vaccini, somministrati a bambini di tre mesi di vita? E’ da criminali incoscienti». Il senatore Bartolomeo Pepe si scaglia con decisione contro il decreto legge del governo Gentiloni, ora in discussione: ben 12 vaccini obbligatori, finò all’età di 16 anni, pena l’esclusione dalla scuola. E con pesanti sanzioni per i trasgressori, pecuniare (anche 7.500 euro) e non solo: si arriva fino a privare i genitori della patria potestà. «Siamo alla follia totale, al nazi-vaccinismo», tuona il senatore ex 5 Stelle: «Il sistema vaccini in Italia è fuori controllo, i bambini sono in pericolo». E attenzione: «Non esiste nessun paese al mondo con simili disposizioni: che non stanno né in cielo né in terra, a detta di Premi Nobel e virologi di fama internazionale». Attualmente, l’Italia – con 4 vaccinazioni obbligatorie – è già in testa alla classifica mondiale, insieme alla Francia. Segue il Belgio, con soli 2 vaccini obbligatori, mentre tutti gli altri paesi del pianeta hanno un solo vaccino obbligatorio, o anche nessuno. «E’ una cosa pazzesca: ora finalmente la gente si renderà conto di cosa c’è in ballo, di cosa sta accadendo», aggiunge Pepe: «E ricordiamoci che il vaccino contro l’epatite C fu introdotto anni fa con una tangente all’allora ministro De Lorenzo: il ministro è stato arrestato, ma il vaccino è rimasto, divenendo il quarto vaccino obbligatorio in Italia».

«Io non sono contro i vaccini, sono per il loro controllo», precisa Pepe, secondo cui in ogni caso «non esistono motivi di allarme, né pandemie». C’è stato il caso della meningite, «ma poi è rientrato, dopo una denuncia per procurato allarme»: l’Italia è fra i paesi con meno problemi di meningite, e inoltre il trend è in calo. Poi è stato lanciato l’Sos addirittura per una presunta epidemia di morbillo: «Ho chiesto in Parlamento “quanti e morti e feriti abbiamo, per morbillo”, ma non mi hanno risposto», dice Pepe. «E’ un’epidemia ciclica, con un picco ogni tre anni. Ma non c’è nemmeno un morto, per morbillo». Eppure, «a fronte di una pandemia che non esiste», è stato fatto questo decreto d’urgenza «che non ha nessun motivo». Da noi, accusa il senatore, la farma-sorveglianza non funziona. «Veniamo da una storia di vaccini poi ritirati, ma che potevano essere ritirati anche prima, e invece sono stati somministrati anche per dieci anni, nonostante si sapesse che facessero male. Ci sono controlli insufficienti, problemi a far segnalare reazioni avverse. E non c’è trasparenza sui dati, che sono fermi al 2013: non si ha il quadro esatto della situazione».

Parecchie di queste reazioni avverse sono “scoppiate” con il caso del vaccino contro il “papilloma virus”, recentemente segnalato in televisione da “Report”, che ha evidenziato «guai seri per le ragazze che lo hanno assunto». Un problema che sarebbe innanzitutto di sicurezza sanitaria, come evidenziato da svariate ricerche, con «vaccini che sono stati a contatto con parti di Dna umano, feti abortiti, glifosato (un erbicida), formaldeide (un conservante, altrettanto cancerogeno) e sottoprodotti di metalli pesanti come alluminio e mercurio, che sono neuro-tossici: l’alluminio provoca l’Alzheimer, il mercurio crea disabilità mentali». Quali interessi nasconde l’industria farmaceutica? Inoltre, aggiunge Pepe, molto spesso a non vaccinarsi sono proprio gli operatori sanitari che lavorano negli ospedali: «Di cosa hanno paura? Sanno qualcosa che noi non sappiamo?». Se fossimo davvero in una reale situazione di epidemia, ragiona il parlamentare, dovremmo bloccare l’Italia – scuole, aeroporti – vaccinando qualsiasi persona che entrasse nel nostro paese. Sospetti: «La sensazione è che si stia avverando la profezia di Rudolf Steiner: creare vaccini per inibire l’evoluzione della coscienza. E’ palese l’attacco alle nostre coscienze: ci stanno provando con una serie di cose, anche con i vaccini».

Bartolomeo Pepe invita a osservare con attenzione gli studi, di ambito fisico, che rivelano l’esistenza della “memoria dell’acqua”, che ha la possibilità di memorizzare frequenze elettromagnetiche, rimanendovi influenzata. «E noi siamo fatti al 75% di acqua. Dio solo sa a cosa sono stati sottoposti, questi vaccini – a quali frequenze? Non oso immaginare cosa siano capace di fare, questi signori», dichiara il senatore, scandalizzato anche dalle misure repressive previste dal decreto legge: «Arrivare a togliere la patria potestà dei figli è pazzesco: questo nazi-vaccinismo sta dimostrando tutta la sua follia. Ripeto: siamo l’unico paese al mondo con 12 vaccini obbligatori, e senza il necessario controllo». L’Ema, la farma-sorveglianza, sempre secondo Pepe «è foraggiata dalle stesse aziende farmaceutiche». Addirittura, aggiunge, «abbiamo avuto casi di corruzione, a capo dell’agenzia di controllo del farmaco: l’imputato prima ha visto finire in prescrizione il suo processo, e poi è stato promosso, in sede europea, a capo della sorveglianza sui farmaci, sull’alimentazione e la veterinaria. Questo è il sistema-Italia: vengono lanciati falsi allarmi – vedi meningite e morbillo, entrambi rientrati – quindi si fa un decreto legge d’urgenza che non ha nessuna giustificazione».

Alcune vaccinazioni non sono sicure, insiete Pepe: quella sul “papilloma virtus” è stato ritirata in Danimarca e sconsigliata in Giappone. Alcuni vaccini sono inefficaci: «Si sono rivelati acqua fresca, anche se poi magari si inventano storie come quelle dell’infermiera “che non vaccinava”, per mascherare l’inefficicacia assoluta di vaccini somministrati a 7.500 bambini». Poi c’è il problema della “catena del freddo” per la conservazione dei vaccini, «che spesso si interrompe». Gli stessi vaccini, infine, non sarebbero tracciati: «Non vengono indicati i lotti di provenienza, sui libretti sanitari». Secondo Pepe, siamo nel paradosso assoluto: abbiamo migliaia di reazioni avverse, di cui le autorità negano l’evidenza. «Eppure abbiamo migliaia di casi di encefalopatie, bambini morti, persino militari – sottoposti a decine di vaccini prima di una missione – con problemi di leucemie, linfomi di Kodgkin e danni al Dna», aggiunge il senatore. «Mi domando: se un vaccino riesce addirittura a distruggere il fisico di un militare in perfetta forma, cosa può provocare, a un bambino di tre mesi, la bellezza di 12 vaccini? Non oso immaginarlo. E a tre mesi di vita – anche il peggiore dei pediatri lo sa bene – il sistema immunitario deve ancora formarsi: bisogna aspettare i tre anni. Anticipare i tempi è da criminali. E chi vuole praticare questo è un criminale incosciente, che non vuole il bene del bambino».
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Italia
martedì 23/05/2017

Giovanni Falcone 25 anni dopo. Scarpinato: “Una verità a brandelli. Interessi politici oscuri tramano ancora”


Il Procuratore generale di Palermo: "Ancora ombre. Gli ‘amici di Roma’ e la minaccia a Di Matteo"
Lenzuola anti-mafia
Ignoti frugarono nel pc di Giovanni, l’agenda rossa di Borsellino sparì pochi minuti dopo via D’Amelio: è un quadro inquietante
Elio Ciolini – Legato all’eversione nera, a marzo ‘92 anticipò le stragi ai pm
Giulio Andreotti – Capaci azzerò le manovre per portarlo al Quirinale
Messina Denaro – Avrebbe imposto un artificiere segreto per colpire Di Matteo
Gaspare Spatuzza – Un uomo non della mafia vide caricare il tritolo di via D’Amelio
Totò Riina – Il Ros non perquisì il covo, altri lo ripulirono. Chi ha quei documenti?


Lenzuola anti-mafia
Ignoti frugarono nel pc di Giovanni, l’agenda rossa di Borsellino sparì pochi minuti dopo via D’Amelio: è un quadro inquietante
Elio Ciolini – Legato all’eversione nera, a marzo ‘92 anticipò le stragi ai pm
Giulio Andreotti – Capaci azzerò le manovre per portarlo al Quirinale
Messina Denaro – Avrebbe imposto un artificiere segreto per colpire Di Matteo
Gaspare Spatuzza – Un uomo non della mafia vide caricare il tritolo di via D’Amelio
Totò Riina – Il Ros non perquisì il covo, altri lo ripulirono. Chi ha quei documenti?


Lenzuola anti-mafia
Ignoti frugarono nel pc di Giovanni, l’agenda rossa di Borsellino sparì pochi minuti dopo via D’Amelio: è un quadro inquietante
Elio Ciolini – Legato all’eversione nera, a marzo ‘92 anticipò le stragi ai pm
Giulio Andreotti – Capaci azzerò le manovre per portarlo al Quirinale
Messina Denaro – Avrebbe imposto un artificiere segreto per colpire Di Matteo
Gaspare Spatuzza – Un uomo non della mafia vide caricare il tritolo di via D’Amelio
Totò Riina – Il Ros non perquisì il covo, altri lo ripulirono. Chi ha quei documenti?

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di Marco Travaglio | 23 maggio 2017




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Roberto Scarpinato, lei dov’era il 23 maggio 1992, quando esplose l’autostrada di Capaci e si portò via Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli uomini della scorta?
Alla Procura di Palermo, dove ero entrato un anno prima nel pool antimafia.

Oggi, come ogni anno, anzi di più perché siamo al quarto di secolo, su Capaci si abbatte la solita cascata di lacrime e retorica. A che punto siamo nella ricerca della verità su quella strage e sulle altre del biennio orribile 1992-’93?
In questi 25 anni abbiamo raggiunto l’importante risultato di condannare all’ergastolo gli esecutori mafiosi delle stragi e i componenti della “commissione” di Cosa Nostra che le deliberarono. Ma restano ancora impermeabili alle indagini rilevanti zone d’ombra: un cumulo di fonti processuali, tali e tante da non potere essere neppure accennate tutte, convergono nel fare ritenere che la strategia stragista del 1992-’93 ebbe matrici e finalità miste, frutto di una convergenza di interessi tra la mafia e altre forze criminali.

Forze criminali di che tipo?
Lo diceva già in un’informativa del 1993 la Dia (Direzione Investigativa Antimafia): dietro le stragi si muoveva una “aggregazione di tipo orizzontale, in cui ciascuno dei componenti è portatore di interessi particolari perseguibili nell’ambito di un progetto più complesso in cui convergono finalità diverse”; e dietro gli esecutori mafiosi c’erano menti che avevano “dimestichezza con le dinamiche del terrorismo e con i meccanismi della comunicazione di massa nonché una capacità di sondare gli ambienti della politica e di interpretarne i segnali”.

Traduzione?
Insieme a personaggi come Salvatore Riina, Matteo Messina Denaro, i fratelli Graviano e altri boss che perseguivano interessi propri di Cosa Nostra, si mossero altre forze che utilizzarono la mafia come braccio armato, come instrumentum regni e come causale di copertura per i loro sofisticati disegni finalizzati a destabilizzare la politica.

Come fa a dirlo?
Questa convergenza di interessi criminali la rivelò per primo Elio Ciolini, un ambiguo personaggio implicato nelle indagini per la strage di Bologna, legato al mondo dei servizi segreti, della massoneria e dell’eversione nera. Nel 1992 era in carcere a Bologna e il 4 marzo e il 18 marzo, poco prima che si scatenasse l’inferno, anticipò ai magistrati che nel marzo-luglio del ’92 sarebbe stato ucciso un importante esponente della Dc, sarebbero state compiute stragi e poi si sarebbe distolto “l’impegno dell’opinione pubblica dalla lotta alla mafia, con un pericolo diverso e maggiore di quello della mafia”. Tutti quegli eventi puntualmente si verificarono: il 12 marzo ’92 fu assassinato l’eurodeputato Salvo Lima, proconsole di Andreotti in Sicilia; il 23 maggio fu consumata la strage di Capaci; il 19 luglio quella di via D’Amelio; poi – sempre come Ciolini aveva anticipato – la strategia stragista si spostò al Centro-Nord con le mattanze di Milano e Firenze e gli attentati a Roma. Tutte azioni rivendicate da comunicati a nome della “Falange Armata”, sigla di un’organizzazione eversiva che serviva appunto a distogliere l’opinione pubblica dal pericolo mafioso. Ma Ciolini non fu l’unico ad avere la “sfera di cristallo” che gli consentì di rivelare con così largo anticipo l’unitarietà e il respiro strategico della lunga campagna stragista.

Chi altri sapeva tutto in anticipo?
Il 21 e il 22 maggio 1992 l’agenzia di stampa “Repubblica”, vicina ai servizi segreti, pronosticò che di lì a poco ci sarebbe stato un bel “botto esterno” per giustificare uno voto di emergenza che avrebbe sparigliato i giochi di potere in corso per la elezione del nuovo presidente della Repubblica. Anche questo evento puntualmente si verificò il 23 maggio: il botto esterno di Capaci azzerò le manovre per portare alla presidenza della Repubblica il senatore Giulio Andreotti e contribuì all’elezione dell’outsider Oscar Luigi Scalfaro.

All’epoca si pensava a una serie di fatti criminali isolati, che invece facevano parte di un unico piano molto articolato e a lunga gittata.
Molti collaboratori di giustizia ci hanno confermato in seguito che un selezionato numero di capi della Commissione regionale di Cosa Nostra, riuniti alla fine del 1991 in un casolare della campagna di Enna, avevano discusso per vari giorni quel complesso progetto politico che stava dietro alle stragi. Un progetto che fu tenuto segreto ad altri capi e ai ranghi inferiori dell’organizzazione, ai quali venne fatto credere che le stragi servivano solo a scopi interni alla mafia, cioè a costringere lo Stato a scendere a patti, garantendo in vari modi impunità e benefici penitenziari.

E invece?
E invece – come la Dia evidenziò già nel 1993 – dietro quella campagna si celavano menti raffinate e soggetti esterni il cui ruolo attivo emerge anche nella fase esecutiva delle stragi. Purtroppo, dopo 25 anni di indagini, non è stato ancora possibile identificarli.

Per esempio?
Sono ancora ignoti i personaggi che, dopo la strage di Capaci, si affrettarono a ispezionare i file del computer di Falcone (riguardanti Gladio e i delitti politico-mafiosi) nel suo ufficio romano al ministero della Giustizia, alla ricerca di documenti scottanti di cui evidentemente conoscevano l’esistenza. E restano senza nome anche gli uomini degli apparati di sicurezza che fornirono ai mafiosi le riservatissime informazioni logistiche indispensabili per uccidere Falcone già nel 1989 nel momento in cui si sarebbe concesso un bagno sulla scogliera del suo villino all’Addaura.

Da Falcone si passa poi a Borsellino, appena 57 giorni dopo.
Chi era il personaggio non appartenente alla mafia che, come ha rivelato il collaboratore Gaspare Spatuzza, reo confesso della strage di via D’Amelio, assistette alle operazioni di caricamento dell’esplosivo nell’autovettura utilizzata per l’assassinio di Paolo Borsellino e della sua scorta? Chi conosce le regole della mafia sa bene che tenere segreta a uomini d’onore l’identità degli altri compartecipi alla fase esecutiva di una strage è un’anomalia evidentissima: la prova dell’esistenza di un livello superiore che deve restare noto solo a pochi capi.

Altri pezzi mancanti su via D’Amelio?
Francesca Castellese, moglie del collaboratore di giustizia Santino Di Matteo, in un colloquio intercettato il 14 dicembre ’93, poco dopo il rapimento del loro figlio Giuseppe (avvenuto il 23 novembre), scongiurò il marito di non parlare ai magistrati degli “infiltrati” nell’esecuzione della strage di via D’Amelio. Quell’intercettazione è agli atti del processo, ma quegli “infiltrati” è stato impossibile identificarli e assicurarli alla giustizia.

Andiamo avanti.
Chi è in possesso dell’agenda rossa di Paolo Borsellino trafugata, con una straordinaria e lucida tempistica, pochi minuti dopo l’immane esplosione di via D’Amelio? Su quell’agenda è noto che Paolo aveva annotato i terribili segreti intravisti negli ultimi mesi di vita. Segreti che l’avevano sconvolto e convinto di non avere scampo, perché – come confidò alla moglie Agnese – sarebbe stata la mafia a ucciderlo, ma solo quando altri lo avessero deciso. Chi erano questi “altri”? L’elenco delle domande che sinora non hanno avuto risposta disegna i contorni di un iceberg ancora sommerso che né le inchieste parlamentari né i processi sono mai riusciti a portare alla luce, per una pluralità di fattori che si sommano e delineano un quadro inquietante.

Possibile che i magistrati che indagano da 25 anni non siano riusciti a fare luce su tutto questo?
E come si fa quando vengono sottratti ai magistrati documenti decisivi per l’accertamento di retroscena occulti? Ho già accennato alle carte di Falcone e all’agenda di Borsellino, episodi che si inscrivono in una lunga tradizione di carte rubate sui misteri d’Italia: dalla sparizione delle bobine con gli interrogatori di Aldo Moro nella prigione delle Br al trafugamento dei documenti segreti del generale Carlo Alberto dalla Chiesa dopo il suo assassinio. Ma penso anche alla miniera di tracce documentali custodita nella villa di via Bernini a Palermo, dove Salvatore Riina aveva abitato negli ultimi anni della sua latitanza.

La famigerata, mancata perquisizione del covo da parte del Ros.
Si impedì ai magistrati di perquisire l’abitazione di Riina immediatamente dopo il suo arresto il 15 gennaio 1993: ci assicurarono che il luogo era strettamente sorvegliato giorno e notte, mentre in realtà fu abbandonato poche ore dopo quella stessa assicurazione, lasciando campo libero a squadre di “solerti pulitori” che ebbero agio per diversi giorni di far sparire ogni cosa, smurando persino la cassaforte e ridipingendo le pareti per eliminare eventuali tracce di Dna. Chi è in possesso da 24 anni di quei documenti e che uso ne ha fatto?

Decine di mafiosi, anche boss di prima grandezza, hanno collaborato con la giustizia. Certamente più di molti uomini delle istituzioni.
Purtroppo tacciono ancora tanti boss che sanno tutto: i fratelli Graviano, Santapaola, Madonia e altri capi detenuti. E anche alcuni collaboratori danno l’impressione di sapere molto più di quel che dicono, ma di autocensurarsi. E penso anche ai silenzi prolungati e all’amnesia generalizzata di alcuni esponenti delle istituzioni, che solo con il forcipe delle indagini penali si sono decisi, a distanza di anni, a rivelare brandelli di verità.

Si intravede, dalle sue parole, un grande armadio dei segreti indicibili, delle carte trafugate, dei ricatti incrociati ai piani alti di quello che chiamiamo “Stato”. Un circuito di “verità parallele” che deve restare inaccessibile a voi magistrati e a noi cittadini.
Le faccio ancora un esempio. Quali erano i segreti sul coinvolgimento di apparati deviati dello Stato in stragi e omicidi eseguiti dalla mafia che Giovanni Ilardo, capomafia legato ai servizi segreti e alla destra eversiva, aveva promesso di rivelare ai magistrati pochi giorni prima di essere assassinato il 10 maggio 1996, proprio mentre si apprestava a mettere a verbale le sue dichiarazioni iniziando a collaborare? Lo stesso Ilardo era stato il primo a indicare Pietro Rampulla, anch’egli mafioso ed estremista di destra, come l’artificiere della strage di Capaci, che infatti sarebbe stato poi condannato con sentenza definitiva.

Intanto il tempo passa, la polvere si accumula, le carte ingialliscono, le memorie evaporano, i protagonisti invecchiano o muoiono portandosi i segreti nelle rispettive tombe. Non resta che seppellire quelle domande, sperare nella selezione naturale e alzare le braccia in segno di resa?
Alcuni eventi recenti, ancora in corso di verifica processuale, sembrano dimostrare che purtroppo questa non è solo una tragica storia del passato. Per esempio le recenti rivelazioni del collaboratore di giustizia Vito Galatolo, capo dell’importante mandamento di Resuttana, membro di una famiglia mafiosa implicata in stragi e delitti eccellenti del passato e vecchia amica di apparati deviati delle istituzioni. Racconta Galatolo che alla fine del 2012 il capo latitante di Cosa Nostra, Messina Denaro, protagonista della stagione stragista del 1992-’93, ha ordinato l’omicidio del pm Nino Di Matteo, impegnato nelle indagini sulla trattativa fra Stato e mafia, con un’autobomba. Galatolo ha dichiarato che sia lui sia altri capi erano rimasti colpiti dal fatto che l’identità dell’artificiere messo a disposizione da Messina Denaro, doveva restare ignota a tutti, compresi i capi di Cosa Nostra. Una circostanza che, ancora una volta, contrastava palesemente con le regole mafiose e indicava la partecipazione anche in quel progetto stragista di soggetti esterni, portatori di interessi criminali convergenti con quelli della mafia. Prima che Galatolo iniziasse a collaborare rivelando l’episodio, un esposto anonimo aveva già messo al corrente la magistratura che Messina Denaro aveva ordinato una strage su richiesta di suoi “amici romani” per interessi politici che andavano oltre quelli di Cosa Nostra.

Quindi lei non si arrende?
Continuare a ricercare la verità è un dovere non solo istituzionale, ma anche morale. Il modo più autentico per onorare la memoria, per dare un senso al sacrificio dei tanti servitori dello Stato e alla morte di tante vittime innocenti le cui vite sono state inghiottite nei gorghi tumultuosi di quello che Giovanni Falcone definì “il gioco grande del potere” una guerra sporca giocata con tutti i mezzi nel “fuori scena” della storia.
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