LEGGE ELETTORALE
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Re: LEGGE ELETTORALE
Gli italiani del Terzo Millennio, sono ancora “BRAVA GENTE”????????
COME MINIMO SONO MASOCHISTI
CHI MINIMAMENTE MASOCHISTA PERCHE’ COSTRETTO A SUBIRE UNA MAGGIORANZA FORTEMENTE MASOCHISTA CHE CREDE AGLI ASINI CHE VOLANO, ALLE GRAN BALLE DEI PINOCCHIONI, FASCINATA DI CONTINUO DA BANDITI DI STRADA CHE SPROLOQUIANO DA MANE A SERA..
IlFattoQuotidiano.it / Politica
Legge elettorale, Alfano e 31 senatori orlandiani contro il voto anticipato ad autunno: “E’ salto nel buio”
di F. Q. | 30 maggio 2017
Politica
di F. Q. | 30 maggio 2017
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Più informazioni su: Angelino Alfano, Corriere Della Sera, Forza Italia, Legge Elettorale, Matteo Renzi, Silvio Berlusconi
Il voto anticipato ad autunno prossimo con un sistema proporzionale? Ci credono e lo vogliono la coppia Renzi-Berlusconi, ma anche il Movimento 5 stelle. Trema il ministro Angelino Alfano, terrorizzato che la sua Ap resti fuori con la soglia di sbarramento al 5 per cento, ma non è solo. Anche dentro il Partito democratico l’ipotesi lascia più di una perplessità: 31 senatori orlandiani (vicini quindi al ministro della Giustizia Andrea Orlando ed ex candidato alle primarie) hanno firmato un appello dicendo che si tratterebbe di un “salto nel buio“. Dopo i temporeggiamenti sulla riforma della legge elettorale, il quasi accordo tra Pd, Forza Italia e M5s sembra aver sbloccato la situazioni tanto da rendere credibile l’idea delle urne già a settembre prossimo. Ma ancora tutto può succedere. Intanto, in quello che sembra già il caos, il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha fatto dichiarazioni che più che altro sembrano voler calmare i mercati: “Ribadisco”, ha detto nel corso di una conferenza stampa insieme al premier canadese Justin Trudeau, “che il governo si augura un’intesa sulla legge elettorale, ma che non abbiamo un ruolo da protagonisti. Confermo che il governo è nella pienezza dei suoi poteri e ha degli impegni che intende mantenere”.
01:08
Ha invitato alla calma anche il presidente del Senato Pietro Grasso: “Noto un rallentamento invece che un’accelerazione”, ha detto a Repubblica.it. “Qualcuno aveva detto che si andava in Aula ala Camera il 5 giugno e invece adesso vedo che dovrebbe andarci il 12. Quindi vedo che un rallentamento c’è stato”. Ma la seconda carica dello Stato al tempo stesso non è voluta entrare nel merito: “Sono al Senato e aspetto la legge elettorale”.
Silvio Berlusconi non solo conferma l’intenzione di Forza Italia di sostenere l’accordo sulla nuova legge elettorale, ma dice anche che, se fosse per lui, sarebbe meglio addirittura uno sbarramento all’8%. Una soglia irraggiungibile per il partito di Alfano, forse anche in coalizione con altre realtà centriste. Che sia 5 o 8%, resta il fatto che al ministro degli Esteri il modello tedesco non conviene. Alfano però non lo dice e preferisce evocare altre questioni legate alla possibilità di voto anticipato. “Non abbiamo posto la questione della soglia, ma una questione di principio sulla legge elettorale, perché ci uniremo ad altri e supereremo la soglia del 5%” dice il titolare della Farnesina, sottolineando che “ci sono tante forze politiche e persone della società civile che ci hanno dato disponibilità ad aggregare una coalizione liberale popolare che supererà la soglia, se sarà quella”. E se non sarà quella? Si vedrà. In tal senso, infatti, da sottolineare il pensiero di Berlusconi. Alcuni giornali “hanno sostenuto che Berlusconi è in disaccordo con la soglia di sbarramento del 5 per cento – fa sapere – È esattamente il contrario, fosse per me la porterei all’8 per cento”.
Un messaggio senza destinatario palese, ma che di certo non fa piacere all’ex delfino Alfano. Che preferisce parlare di altro e spostare l’attenzione alle mosse del Pd e di Matteo Renzi, a cui rivolge una sorta di appello. “In questo momento così delicato non si vota per la legge elettorale, ma si vota lo scioglimento delle Camere e io non capisco l’impazienza del Pd di portare l’Italia al voto tre o quattro mesi prima in piena legge di stabilità – dice il ministro – Rivolgo un appello al Pd prima della loro Direzione: pensino all’Italia e al danno che questa impazienza di rientrare a Palazzo può fare all’economia. Noi siamo anche pronti a prendere in considerazione questa legge – aggiunge – ma non come oggetto di mercanzia per portare il paese alle urne in piena legge di stabilità“.
Al netto della convenienza di andare al voto anticipato prima della legge di Stabilità e delle inevitabili conseguenze in termini di consenso, la soglia di sbarramento al 5% sembra aver trovato appoggia trasversali in ogni forza parlamentare (tranne Area Popolare di Alfano). Emblematica la posizione del Movimento 5 Stelle. “Abbiamo soglie di sbarramento schizofreniche non decise dal M5s, con il 3% alla Camera e l’8% al Senato. Una media al ribasso è al 5%, il tedesco funziona con il 5 per cento e anche forze a sinistra del Pd hanno ribadito che non è un problema – spiega Nicola Morra – Ci sono solo i parlamentari di Ap che stanno strepitando, non mi pare un problema far tornare a casa persone nate da una scissione parlamentare e non attraverso una legittimazione popolare”. I grillini, quindi, sono d’accordo. Ma guai a dire che appoggiano o danno una mano a Renzi. “Il Pd per approvare le sue indecenze (a cominciare dalla manovrina) non si azzardasse nemmeno a pensare che il M5S potrà dargli una mano” scrive su Facebook Alessandro Di Battista, deputato M5s. Che argomenta: “Un conto è la legge elettorale sulla quale siamo aperti a collaborare (anche perché le ultime due che i partiti hanno fatto da soli sono state bocciate dalla corte costituzionale), altro sono tutti i provvedimenti osceni che il Pd porta in aula. Noi siamo e restiamo acerrimi nemici della partitocrazia“.
La posizione di Forza Italia, invece, è ben riassunta nelle parole di Renato Brunetta, che prende spunto dall’editoriale del Corriere della Sera per dire come la pensa. “Francesco Verderami del Corriere della Sera, bravissimo giornalista, è molto amico di Angelino Alfano – dice – e quindi molto probabilmente, in merito alla soglia di sbarramento, rappresenta più che l’idea di Berlusconi, quella di Alfano. Noi non vogliamo fare dispetti a nessuno – aggiunge – noi non vogliamo avere atteggiamenti preclusivi nei confronti di nessuno. Il Partito democratico ha impostato lo sbarramento al 5%, noi ci siamo detti d’accordo, il Movimento 5 stelle dice ok. Il 5% è un valore sufficientemente alto da poter consentire una razionalizzazione e una non parcellizzazione della campagna elettorale e delle forze politiche – spiega – Noi pensiamo che il 5% sia un valore di equilibrio tra rappresentanza e governabilità, dopodiché se le forze centriste vogliono mettersi assieme il 5% potrebbe essere l’occasione per farlo. Che io sappia, ad esempio, a sinistra vogliono il 5% proprio perché il 5% è il catalizzatore dell’unità a sinistra del Partito democratico“.
Al centro, però, la vedono molto diversamente. “Nelle prossime ore si riunisce la direzione Pd, ascolteremo. Poi, nella nostra direzione, quella di Ap, giovedì, valuteremo il da farsi” dice Maurizio Lupi, capogruppo alla Camera di Ap, secondo cui lo sbarramento del 5% “è un errore, perché serve governabilità ma anche rappresentatività. Se proprio vogliono votare subito – sottolinea – si prendano anche tutti insieme la responsabilità di farci rispettare le scadenze: legge di stabilità tutti insieme e così la nota di variazione al bilancio. Se c’è un accordo, lo si porti alle estreme conseguenze per tutto quel che serve”. E mentre sui giornali e gli altri media si affastellano i messaggi, Matteo Renzi riunisce al Nazareno i vertici del Pd. Nella sede di via Sant’Andrea delle Fratte ci sono Luca Lotti, Matteo Orfini e Lorenzo Guerini. Alla Camera, invece, al via le consultazioni parlamentari sulla legge elettorale, con il capogruppo Dem, Ettore Rosato, che vedrà Ala-Sc, Fdi, Lega e nel pomeriggio Forza Italia.
di F. Q. | 30 maggio 2017
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Legge elettorale, Alfano e 31 senatori orlandiani contro il voto anticipato ad autunno: “E’ salto nel buio”
di F. Q. | 30 maggio 2017
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di F. Q. | 30 maggio 2017
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Il voto anticipato ad autunno prossimo con un sistema proporzionale? Ci credono e lo vogliono la coppia Renzi-Berlusconi, ma anche il Movimento 5 stelle. Trema il ministro Angelino Alfano, terrorizzato che la sua Ap resti fuori con la soglia di sbarramento al 5 per cento, ma non è solo. Anche dentro il Partito democratico l’ipotesi lascia più di una perplessità: 31 senatori orlandiani (vicini quindi al ministro della Giustizia Andrea Orlando ed ex candidato alle primarie) hanno firmato un appello dicendo che si tratterebbe di un “salto nel buio“. Dopo i temporeggiamenti sulla riforma della legge elettorale, il quasi accordo tra Pd, Forza Italia e M5s sembra aver sbloccato la situazioni tanto da rendere credibile l’idea delle urne già a settembre prossimo. Ma ancora tutto può succedere. Intanto, in quello che sembra già il caos, il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha fatto dichiarazioni che più che altro sembrano voler calmare i mercati: “Ribadisco”, ha detto nel corso di una conferenza stampa insieme al premier canadese Justin Trudeau, “che il governo si augura un’intesa sulla legge elettorale, ma che non abbiamo un ruolo da protagonisti. Confermo che il governo è nella pienezza dei suoi poteri e ha degli impegni che intende mantenere”.
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Ha invitato alla calma anche il presidente del Senato Pietro Grasso: “Noto un rallentamento invece che un’accelerazione”, ha detto a Repubblica.it. “Qualcuno aveva detto che si andava in Aula ala Camera il 5 giugno e invece adesso vedo che dovrebbe andarci il 12. Quindi vedo che un rallentamento c’è stato”. Ma la seconda carica dello Stato al tempo stesso non è voluta entrare nel merito: “Sono al Senato e aspetto la legge elettorale”.
Silvio Berlusconi non solo conferma l’intenzione di Forza Italia di sostenere l’accordo sulla nuova legge elettorale, ma dice anche che, se fosse per lui, sarebbe meglio addirittura uno sbarramento all’8%. Una soglia irraggiungibile per il partito di Alfano, forse anche in coalizione con altre realtà centriste. Che sia 5 o 8%, resta il fatto che al ministro degli Esteri il modello tedesco non conviene. Alfano però non lo dice e preferisce evocare altre questioni legate alla possibilità di voto anticipato. “Non abbiamo posto la questione della soglia, ma una questione di principio sulla legge elettorale, perché ci uniremo ad altri e supereremo la soglia del 5%” dice il titolare della Farnesina, sottolineando che “ci sono tante forze politiche e persone della società civile che ci hanno dato disponibilità ad aggregare una coalizione liberale popolare che supererà la soglia, se sarà quella”. E se non sarà quella? Si vedrà. In tal senso, infatti, da sottolineare il pensiero di Berlusconi. Alcuni giornali “hanno sostenuto che Berlusconi è in disaccordo con la soglia di sbarramento del 5 per cento – fa sapere – È esattamente il contrario, fosse per me la porterei all’8 per cento”.
Un messaggio senza destinatario palese, ma che di certo non fa piacere all’ex delfino Alfano. Che preferisce parlare di altro e spostare l’attenzione alle mosse del Pd e di Matteo Renzi, a cui rivolge una sorta di appello. “In questo momento così delicato non si vota per la legge elettorale, ma si vota lo scioglimento delle Camere e io non capisco l’impazienza del Pd di portare l’Italia al voto tre o quattro mesi prima in piena legge di stabilità – dice il ministro – Rivolgo un appello al Pd prima della loro Direzione: pensino all’Italia e al danno che questa impazienza di rientrare a Palazzo può fare all’economia. Noi siamo anche pronti a prendere in considerazione questa legge – aggiunge – ma non come oggetto di mercanzia per portare il paese alle urne in piena legge di stabilità“.
Al netto della convenienza di andare al voto anticipato prima della legge di Stabilità e delle inevitabili conseguenze in termini di consenso, la soglia di sbarramento al 5% sembra aver trovato appoggia trasversali in ogni forza parlamentare (tranne Area Popolare di Alfano). Emblematica la posizione del Movimento 5 Stelle. “Abbiamo soglie di sbarramento schizofreniche non decise dal M5s, con il 3% alla Camera e l’8% al Senato. Una media al ribasso è al 5%, il tedesco funziona con il 5 per cento e anche forze a sinistra del Pd hanno ribadito che non è un problema – spiega Nicola Morra – Ci sono solo i parlamentari di Ap che stanno strepitando, non mi pare un problema far tornare a casa persone nate da una scissione parlamentare e non attraverso una legittimazione popolare”. I grillini, quindi, sono d’accordo. Ma guai a dire che appoggiano o danno una mano a Renzi. “Il Pd per approvare le sue indecenze (a cominciare dalla manovrina) non si azzardasse nemmeno a pensare che il M5S potrà dargli una mano” scrive su Facebook Alessandro Di Battista, deputato M5s. Che argomenta: “Un conto è la legge elettorale sulla quale siamo aperti a collaborare (anche perché le ultime due che i partiti hanno fatto da soli sono state bocciate dalla corte costituzionale), altro sono tutti i provvedimenti osceni che il Pd porta in aula. Noi siamo e restiamo acerrimi nemici della partitocrazia“.
La posizione di Forza Italia, invece, è ben riassunta nelle parole di Renato Brunetta, che prende spunto dall’editoriale del Corriere della Sera per dire come la pensa. “Francesco Verderami del Corriere della Sera, bravissimo giornalista, è molto amico di Angelino Alfano – dice – e quindi molto probabilmente, in merito alla soglia di sbarramento, rappresenta più che l’idea di Berlusconi, quella di Alfano. Noi non vogliamo fare dispetti a nessuno – aggiunge – noi non vogliamo avere atteggiamenti preclusivi nei confronti di nessuno. Il Partito democratico ha impostato lo sbarramento al 5%, noi ci siamo detti d’accordo, il Movimento 5 stelle dice ok. Il 5% è un valore sufficientemente alto da poter consentire una razionalizzazione e una non parcellizzazione della campagna elettorale e delle forze politiche – spiega – Noi pensiamo che il 5% sia un valore di equilibrio tra rappresentanza e governabilità, dopodiché se le forze centriste vogliono mettersi assieme il 5% potrebbe essere l’occasione per farlo. Che io sappia, ad esempio, a sinistra vogliono il 5% proprio perché il 5% è il catalizzatore dell’unità a sinistra del Partito democratico“.
Al centro, però, la vedono molto diversamente. “Nelle prossime ore si riunisce la direzione Pd, ascolteremo. Poi, nella nostra direzione, quella di Ap, giovedì, valuteremo il da farsi” dice Maurizio Lupi, capogruppo alla Camera di Ap, secondo cui lo sbarramento del 5% “è un errore, perché serve governabilità ma anche rappresentatività. Se proprio vogliono votare subito – sottolinea – si prendano anche tutti insieme la responsabilità di farci rispettare le scadenze: legge di stabilità tutti insieme e così la nota di variazione al bilancio. Se c’è un accordo, lo si porti alle estreme conseguenze per tutto quel che serve”. E mentre sui giornali e gli altri media si affastellano i messaggi, Matteo Renzi riunisce al Nazareno i vertici del Pd. Nella sede di via Sant’Andrea delle Fratte ci sono Luca Lotti, Matteo Orfini e Lorenzo Guerini. Alla Camera, invece, al via le consultazioni parlamentari sulla legge elettorale, con il capogruppo Dem, Ettore Rosato, che vedrà Ala-Sc, Fdi, Lega e nel pomeriggio Forza Italia.
di F. Q. | 30 maggio 2017
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Re: LEGGE ELETTORALE
...LA BANDA BASSOTTI SOGNA DI TORNARE AL POTERE......
Legge elettorale, Berlusconi: "Fosse per me alzerei la soglia all'8%"
Berlusconi: "Si dice che io sia contrario alla soglia del 5% nella legge elettorale. È esattamente il contrario"
Raffaello Binelli - Mar, 30/05/2017 - 12:41
commenta
Il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, smentisce di non vedere di buon occhio lo sbarramento al 5%, come scritto oggi da alcuni giornali.
Il Cavaliere, intervenuto nella sede della Regione Lombardia per ricevere il premio "Rosa Camuna", osserva che la verità è molto diversa. "Si dice che io sia contrario alla soglia del 5% nella legge elettorale. È esattamente il contrario, fosse per me la porterei all’8%". Berlusconi è stato premiato dal presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni. Oltre al Cavaliere ha ricevuto l’onorificenza anche l’ex numero uno dell’Inter, Massimo Moratti. "Complimenti al nostro presidente della Regione - ha aggiunto Berlusconi -. Gli auguro di poter continuare nella sua attività di gestione".
Poi quando gli chiedono se l'accordo sulla legge elettorale è un nuovo "patto del Nazareno", chiarisce che con il Pd ha "parlato solo di regole e di legge elettorale, ma d'altra parte anche il patto del Nazareno non era su questioni politiche ma sulle regole".
Berlusconi ha toccato anche un altro tema caldo, legato alla difficile situazione in cui versano milioni di italiani: "In Italia, secondo l’Istat, ci sono 15 milioni di persone in situazione di povertà, di cui 4,6 milioni in condizioni di povertà assoluta e 10,4 milioni di italiani che non hanno risorse sufficienti ad arrivare a fine mese, 1,2 milioni di famiglie che hanno solo un introito dalla donna che lavora" . E ancora: "Nel nostro programma prevediamo l’introduzione di un reddito mensile per portare queste famiglie a un livello di dignità sociale stabilito dall’Istat che in una città come Milano è pari a 1.150 euro mensili per una famiglia di quattro persone, che è anche poco. Noi garantiamo che queste famiglia avranno ciò che manca loro se avremo il consenso dei cittadini per la guida del Paese".
Il Cavaliere ha tenuto a far sapere che, nonostante sia milanista, tiferà Juventus per la finale di Champions League: "Io per antica educazione voluta da mio padre ho sempre tifato Inter quando era impegnata con altre squadre o in match internazionali, e la stessa cosa farò, sapendo di suscitare dispiacere a qualcuno, con la Juventus che incontrerà il Real Madrid. Forza Juventus".
Sul suo amore per i colori rossoneri il Cavaliere aggiunge: "Sono stati anni fantastici. Sabato volevo andare a Milanello per salutare ma non ci sono riuscito perché il dolore di aver lasciato il Milan è ancora molto forte. Grazie ai tifosi rossoneri, senza il loro entusiasmo in questi 30 anni questi successi non sarebbero stati possibili".
Legge elettorale, Berlusconi: "Fosse per me alzerei la soglia all'8%"
Berlusconi: "Si dice che io sia contrario alla soglia del 5% nella legge elettorale. È esattamente il contrario"
Raffaello Binelli - Mar, 30/05/2017 - 12:41
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Il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, smentisce di non vedere di buon occhio lo sbarramento al 5%, come scritto oggi da alcuni giornali.
Il Cavaliere, intervenuto nella sede della Regione Lombardia per ricevere il premio "Rosa Camuna", osserva che la verità è molto diversa. "Si dice che io sia contrario alla soglia del 5% nella legge elettorale. È esattamente il contrario, fosse per me la porterei all’8%". Berlusconi è stato premiato dal presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni. Oltre al Cavaliere ha ricevuto l’onorificenza anche l’ex numero uno dell’Inter, Massimo Moratti. "Complimenti al nostro presidente della Regione - ha aggiunto Berlusconi -. Gli auguro di poter continuare nella sua attività di gestione".
Poi quando gli chiedono se l'accordo sulla legge elettorale è un nuovo "patto del Nazareno", chiarisce che con il Pd ha "parlato solo di regole e di legge elettorale, ma d'altra parte anche il patto del Nazareno non era su questioni politiche ma sulle regole".
Berlusconi ha toccato anche un altro tema caldo, legato alla difficile situazione in cui versano milioni di italiani: "In Italia, secondo l’Istat, ci sono 15 milioni di persone in situazione di povertà, di cui 4,6 milioni in condizioni di povertà assoluta e 10,4 milioni di italiani che non hanno risorse sufficienti ad arrivare a fine mese, 1,2 milioni di famiglie che hanno solo un introito dalla donna che lavora" . E ancora: "Nel nostro programma prevediamo l’introduzione di un reddito mensile per portare queste famiglie a un livello di dignità sociale stabilito dall’Istat che in una città come Milano è pari a 1.150 euro mensili per una famiglia di quattro persone, che è anche poco. Noi garantiamo che queste famiglia avranno ciò che manca loro se avremo il consenso dei cittadini per la guida del Paese".
Il Cavaliere ha tenuto a far sapere che, nonostante sia milanista, tiferà Juventus per la finale di Champions League: "Io per antica educazione voluta da mio padre ho sempre tifato Inter quando era impegnata con altre squadre o in match internazionali, e la stessa cosa farò, sapendo di suscitare dispiacere a qualcuno, con la Juventus che incontrerà il Real Madrid. Forza Juventus".
Sul suo amore per i colori rossoneri il Cavaliere aggiunge: "Sono stati anni fantastici. Sabato volevo andare a Milanello per salutare ma non ci sono riuscito perché il dolore di aver lasciato il Milan è ancora molto forte. Grazie ai tifosi rossoneri, senza il loro entusiasmo in questi 30 anni questi successi non sarebbero stati possibili".
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Re: LEGGE ELETTORALE
La befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte
porta un sacco pien di doni
da regalare ai bimbi buoni
Renzi: “Sistema tedesco? Non ideale, ma dico sì”
Orlando: “Come spiegheremo l’alleanza con B?”
^^^^^^
Orlando & soci, sono fermi ai tempi in cui gli raccontavano favole e filastrocche.
Sveglia!!!!!!
Siete un partito di centrodestra, da mò, e gli accordi con la mummia di Hardcore sono più che naturali.
Fate finta di non saperlo perché c’è in ballo la “Santa Poltrona”.
Puntano al 51%. Se non va a votare quasi più nessuno, possono puntare al 51%
Comunque vivono nel mondo dei sogni
IlFattoQuotidiano.it / Politica
Legge elettorale, i dem: “Governo con Berlusconi? No, puntiamo al 51%”
di Manolo Lanaro | 30 maggio 2017
video
02:44
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05 ... 1/3624997/
di Manolo Lanaro | 30 maggio 2017
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Più informazioni su: Elezioni, Legge Elettorale, Matteo Renzi, PD
“Un governassimo di larghe intese con Silvio Berlusconi? No, puntiamo al 51%” Lo dice Giuditta Pini, deputato e componente della nuova segreteria dem targata Matteo Renzi. E non è la sola, anche Matteo Richetti e Gennaro Migliore puntano al grande obiettivo dell’autosufficienza, fissando anche il traguardo minimo delle imminenti elezioni anticipate: “Dobbiamo vincere, arrivando primi”. E anche l’elezioni anticipate dividono i dem. Se infatti, Luigi Zanda, capogruppo Pd al Senato afferma: “Fatta la legge elettorale non lo so se andremo alle urne”; ma invece il senatore Stefano Esposito lo dà per ormai scontato: “Fatta la legge elettorale, il voto anticipato non è niente di clamoroso, avviene anche in altri paesi”. Intanto il sistema tedesco, proporzionale è un altro argomento di divisione all’interno del Partito Democratico. Sergio Lo Giudice: “Io non la voto” afferma il senatore ‘orlandiano’, mentre richiama tutti all’ordine Emanuele Fiano: “Uniformarsi alla decisione che prendiamo è per tutti doveroso”. E Gennaro Migliore ironizza sulle dichiarazioni di Angelino Alfano: “Mettiamo in pericolo l’economia? Alfano è Alfano” ignorando che il leader di Alternativa Popolare è attualmente, e da quattro anni il più stretto alleato di Matteo Renzi.
di Manolo Lanaro | 30 maggio 2017
con le scarpe tutte rotte
porta un sacco pien di doni
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Renzi: “Sistema tedesco? Non ideale, ma dico sì”
Orlando: “Come spiegheremo l’alleanza con B?”
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Orlando & soci, sono fermi ai tempi in cui gli raccontavano favole e filastrocche.
Sveglia!!!!!!
Siete un partito di centrodestra, da mò, e gli accordi con la mummia di Hardcore sono più che naturali.
Fate finta di non saperlo perché c’è in ballo la “Santa Poltrona”.
Puntano al 51%. Se non va a votare quasi più nessuno, possono puntare al 51%
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Legge elettorale, i dem: “Governo con Berlusconi? No, puntiamo al 51%”
di Manolo Lanaro | 30 maggio 2017
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di Manolo Lanaro | 30 maggio 2017
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Re: LEGGE ELETTORALE
CRONACA DAL PAESE DEL BUNGA-BUNGA, DI RELIGIONE BUNGA-BUNGA.
………VAMOS COMPAGNEROS,……BUNGA-BUNGA SIEMPRE…….
Il punto di vista di Antonello Caporale.
IlFattoQuotidiano.it / BLOG / di Antonello Caporale
Politica
La legge elettorale e i furbetti del quartierino
di Antonello Caporale | 31 maggio 2017
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Più informazioni su: Governo Renzi, Italicum, Legge Elettorale, Mattarellum, Porcellum, Proporzionale, Referendum Costituzionale 2016, Silvio Berlusconi
Antonello Caporale
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La circonvenzione d’incapace consiste nell’abusare dei bisogni o delle passioni di una persona in stato di infermità o dell’inesperienza di un minore.
E’ un delitto punito dal codice penale.
E’ il delitto di cui si stanno macchiando i tre maggiori partiti (Cinquestelle, Pd e Forza Italia) per promulgare una legge elettorale proporzionale, proprio come oggi piace a loro.
Gli italiani sono stati chiamati solo una volta, era il 1991, ad affrontare questo tema in un referendum.
E sebbene la chiamata alle urne fosse sulla riduzione della preferenza a una sola, il voto che ne conseguì avrebbe obbligato il Parlamento poco tempo dopo a sancire, con il Mattarellum, l’avvento del maggioritario.
Gli italiani infatti chiedevano a gran voce che i partiti spiegassero prima delle elezioni cosa fare e con chi allearsi, chiedevano di azzerare le estenuanti trattative e gli scambi a volte immorali con i quali si formavano gli esecutivi.
Volevano più pulizia, più trasparenza, più chiarezza.
Ma la legge elettorale che alcuni paesi d’Europa conservano intatta dal dopoguerra, in Italia è stata utilizzata per preservare il dominio, tutelare oltre i limiti della decenza il proprio vantaggio elettorale, lucrare, oltre il lecito, nelle urne.
Cosicché a Silvio Berlusconi, Pierferdinando Casini, Gianfranco Fini e Umberto Bossi – quando furono la maggioranza del Parlamento – venne in mente la furbata: cassare il Mattarellum, ritenuto troppo rischioso per loro, e promulgare il cosiddetto Porcellum, molto più vantaggioso.
Un modo vergognoso di manipolare il voto.
Che diede purtroppo i risultati sperati.
Sapete tutti com’è finita.
Il Porcellum azzerato dalla Corte costituzionale.
Invece di far riflettere sulle vergogne da non perpetuarsi quella sentenza convinse Matteo Renzi, che in groppa al cavallo e vestito da Conducator aveva deciso di cambiare la Costituzione a sua immagine e somiglianza, di avanzare solitario e con un inaudito voto di fiducia una nuova legge elettorale – detta Italicum – cucita addosso al suo corpo.
Una legge illegale, perché prevedeva la scomparsa del Senato senza che un voto democratico l’avesse decisa, e iniqua perché affidava al partito di maggioranza, prevedibilmente il Pd, un consenso automatico e sovrabbondante.
Col 25 per cento avrebbe conquistato tutto il potere.
La Corte Costituzionale ha provveduto ad azzerare anche quella legge, l’orribile Italicum.
Ma prima della Corte gli italiani avevano azzerato le speranze di Renzi e cassato la sua riforma della Costituzione.
Quel voto è stato netto e deciso e ha sancito il rifiuto dei mutamenti del sistema di governo e l’opposizione alla concentrazione del potere in un’unica mano.
Io ho votato No alla riforma costituzionale, insieme alla maggioranza degli italiani.
Ma non mi sembra di aver votato per il ritorno al proporzionale.
Non sono stato chiamato al voto per questo!
E invece i partiti, tutti!, hanno iniziato ad abusare di quel voto e hanno trasferito i loro bisogni nella retrocessione della legge elettorale da maggioritaria a proporzionale.
Hanno iniziato a manipolare il responso teorizzando che il No alla riforma costituzionale significava sì al proporzionale.
Di comune e tacito accordo si sono incamminati e ora, sempre di comune accordo, firmano la vittoria.
Il sistema tedesco regala ai Cinquestelle, incaprettati dall’esperienza piuttosto sconfortante della giunta Raggi, il premio di minoranza.
Felici e contenti occuperanno di sicuro i seggi all’opposizione.
Quella sanno fare e, visti i risultati, quella vogliono continuare a fare.
Al Pd di Renzi il proporzionale tedesco regala in governo in condominio con Forza Italia, senza neanche l’obbligo di svelare agli italiani la vergogna.
Sarà un patto del Nazareno bis.
Un patto con Silvio Berlusconi, la mummia politica, il leader espulso per indegnità dal Parlamento che vede il suo potere parassitario e statico consolidarsi ancora di più.
Si andrà al voto in autunno, e non già perché gli italiani lo chiedano a gran voce.
A Renzi conviene, e si capisce, coprire con la propaganda i tagli della manovra e spostarli più in là, quando tutto sarà deciso.
E quando tutto sarà deciso lui sarà al governo con Berlusconi, perché – si dirà – un governo si deve pur fare, e Grillo, felicissimo, griderà dall’opposizione al tradimento, all’inciucio, al piccolo golpe.
E tutti vivranno felici e contenti.
………VAMOS COMPAGNEROS,……BUNGA-BUNGA SIEMPRE…….
Il punto di vista di Antonello Caporale.
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Politica
La legge elettorale e i furbetti del quartierino
di Antonello Caporale | 31 maggio 2017
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Più informazioni su: Governo Renzi, Italicum, Legge Elettorale, Mattarellum, Porcellum, Proporzionale, Referendum Costituzionale 2016, Silvio Berlusconi
Antonello Caporale
Giornalista
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La circonvenzione d’incapace consiste nell’abusare dei bisogni o delle passioni di una persona in stato di infermità o dell’inesperienza di un minore.
E’ un delitto punito dal codice penale.
E’ il delitto di cui si stanno macchiando i tre maggiori partiti (Cinquestelle, Pd e Forza Italia) per promulgare una legge elettorale proporzionale, proprio come oggi piace a loro.
Gli italiani sono stati chiamati solo una volta, era il 1991, ad affrontare questo tema in un referendum.
E sebbene la chiamata alle urne fosse sulla riduzione della preferenza a una sola, il voto che ne conseguì avrebbe obbligato il Parlamento poco tempo dopo a sancire, con il Mattarellum, l’avvento del maggioritario.
Gli italiani infatti chiedevano a gran voce che i partiti spiegassero prima delle elezioni cosa fare e con chi allearsi, chiedevano di azzerare le estenuanti trattative e gli scambi a volte immorali con i quali si formavano gli esecutivi.
Volevano più pulizia, più trasparenza, più chiarezza.
Ma la legge elettorale che alcuni paesi d’Europa conservano intatta dal dopoguerra, in Italia è stata utilizzata per preservare il dominio, tutelare oltre i limiti della decenza il proprio vantaggio elettorale, lucrare, oltre il lecito, nelle urne.
Cosicché a Silvio Berlusconi, Pierferdinando Casini, Gianfranco Fini e Umberto Bossi – quando furono la maggioranza del Parlamento – venne in mente la furbata: cassare il Mattarellum, ritenuto troppo rischioso per loro, e promulgare il cosiddetto Porcellum, molto più vantaggioso.
Un modo vergognoso di manipolare il voto.
Che diede purtroppo i risultati sperati.
Sapete tutti com’è finita.
Il Porcellum azzerato dalla Corte costituzionale.
Invece di far riflettere sulle vergogne da non perpetuarsi quella sentenza convinse Matteo Renzi, che in groppa al cavallo e vestito da Conducator aveva deciso di cambiare la Costituzione a sua immagine e somiglianza, di avanzare solitario e con un inaudito voto di fiducia una nuova legge elettorale – detta Italicum – cucita addosso al suo corpo.
Una legge illegale, perché prevedeva la scomparsa del Senato senza che un voto democratico l’avesse decisa, e iniqua perché affidava al partito di maggioranza, prevedibilmente il Pd, un consenso automatico e sovrabbondante.
Col 25 per cento avrebbe conquistato tutto il potere.
La Corte Costituzionale ha provveduto ad azzerare anche quella legge, l’orribile Italicum.
Ma prima della Corte gli italiani avevano azzerato le speranze di Renzi e cassato la sua riforma della Costituzione.
Quel voto è stato netto e deciso e ha sancito il rifiuto dei mutamenti del sistema di governo e l’opposizione alla concentrazione del potere in un’unica mano.
Io ho votato No alla riforma costituzionale, insieme alla maggioranza degli italiani.
Ma non mi sembra di aver votato per il ritorno al proporzionale.
Non sono stato chiamato al voto per questo!
E invece i partiti, tutti!, hanno iniziato ad abusare di quel voto e hanno trasferito i loro bisogni nella retrocessione della legge elettorale da maggioritaria a proporzionale.
Hanno iniziato a manipolare il responso teorizzando che il No alla riforma costituzionale significava sì al proporzionale.
Di comune e tacito accordo si sono incamminati e ora, sempre di comune accordo, firmano la vittoria.
Il sistema tedesco regala ai Cinquestelle, incaprettati dall’esperienza piuttosto sconfortante della giunta Raggi, il premio di minoranza.
Felici e contenti occuperanno di sicuro i seggi all’opposizione.
Quella sanno fare e, visti i risultati, quella vogliono continuare a fare.
Al Pd di Renzi il proporzionale tedesco regala in governo in condominio con Forza Italia, senza neanche l’obbligo di svelare agli italiani la vergogna.
Sarà un patto del Nazareno bis.
Un patto con Silvio Berlusconi, la mummia politica, il leader espulso per indegnità dal Parlamento che vede il suo potere parassitario e statico consolidarsi ancora di più.
Si andrà al voto in autunno, e non già perché gli italiani lo chiedano a gran voce.
A Renzi conviene, e si capisce, coprire con la propaganda i tagli della manovra e spostarli più in là, quando tutto sarà deciso.
E quando tutto sarà deciso lui sarà al governo con Berlusconi, perché – si dirà – un governo si deve pur fare, e Grillo, felicissimo, griderà dall’opposizione al tradimento, all’inciucio, al piccolo golpe.
E tutti vivranno felici e contenti.
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Re: LEGGE ELETTORALE
Legge elettorale e manovra: maggioranza a pezzi
Renzi: ‘Alfano ministro di tutto, non arriva al 5%’
Rissa Pd-Ap sulle soglie di sbarramento. Leader centrista: “Insulti ma niente risposte su futuro Gentiloni”
Ok della Camera alla manovrina: fiducia con 315 sì. Mdp e Udc non votano. E l’esecutivo rischia al Senato
Politica
Il segretario Pd dice di non avere fretta di andare alle urne, ma nel frattempo spara a zero sul leader del principale alleato: “Se resta fuori non è un dramma”. Sul voto anticipato dice: “Teoricamente si può”. Sulla manovra: “Il terrorismo psicologico sulla necessità di un decreto a luglio è una barzelletta”. Intanto la maggioranza perde pezzi: nessun pericolo per il governo alla Camera, un po’ più di fiato corto al Senato. Ma il dato è soprattutto politico ed è frutto dell’atmosfera che circonda il governo, indebolito dalla corsa alle elezioni lanciata da buona parte del Parlamento
di F. Q.
Renzi: ‘Alfano ministro di tutto, non arriva al 5%’
Rissa Pd-Ap sulle soglie di sbarramento. Leader centrista: “Insulti ma niente risposte su futuro Gentiloni”
Ok della Camera alla manovrina: fiducia con 315 sì. Mdp e Udc non votano. E l’esecutivo rischia al Senato
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Il segretario Pd dice di non avere fretta di andare alle urne, ma nel frattempo spara a zero sul leader del principale alleato: “Se resta fuori non è un dramma”. Sul voto anticipato dice: “Teoricamente si può”. Sulla manovra: “Il terrorismo psicologico sulla necessità di un decreto a luglio è una barzelletta”. Intanto la maggioranza perde pezzi: nessun pericolo per il governo alla Camera, un po’ più di fiato corto al Senato. Ma il dato è soprattutto politico ed è frutto dell’atmosfera che circonda il governo, indebolito dalla corsa alle elezioni lanciata da buona parte del Parlamento
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Re: LEGGE ELETTORALE
Il punto di vista di Peter Gomez.
Si scrive “sistema tedesco”, si legge Mario Draghi
di Peter Gomez | 31 maggio 2017
| (7)
Si scrive sistema tedesco, ma si legge Mario Draghi. Può e deve essere raccontata così la scelta dei nostri partiti e movimenti di portarci al voto con una legge elettorale che non farà vincere nessuno. Capire come andrà a finire questa storia non è difficile. Dopo le elezioni nascerà un governo di coalizione. Durerà un paio di anni e poi (ma forse molto prima) dovrà fare i conti con i tassi di interesse che ricominceranno ad andare alle stelle. Nella legislatura che ci stiamo lasciando alle spalle è stato fatto molto poco per rimettere in sesto l’economia. Il debito pubblico è salito; il Pil ha segnato tassi di crescita ridicoli rispetto al resto d’Europa; le nostre classi dirigenti hanno continuato bellamente a rubare; la spending review ha tagliato solo le teste dei commissari che avevano provato a proporla; la riforma della scuola è stata un disastro. Se a tutto questo si aggiungono poi la forza delle mafie, la crisi delle banche, l’assenza quasi totale di programmazione industriale, i bassi investimenti e l’incapacità di innovarsi dimostrata da una parte non piccola degli imprenditori, il quadro è completo.
Quando, verosimilmente verso la metà del 2018, la Bce sospenderà l’acquisto dei titoli di Stato (già ora sceso da 80 a 60 miliardi di euro al mese), in Italia respireremo un clima vicino a quello degli ultimi giorni del governo di Silvio Berlusconi. Panico, fuga dei capitali, spread e molti ridicoli appelli a fare presto. Per immaginarlo non bisogna essere delle Cassandre. Che le cose stiano così lo sanno tutti. Tanto che proprio ieri il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, davanti alla domanda sulla grande paura che accompagna la fine del Quantitative easing targato Banca centrale europea, ha detto: “Cosa succederà? Dipende da noi. Sarebbe sbagliato subire la transizione” verso lo stop, “bisogna gestirla, anticiparla e accompagnarla”.
Bene, bravo, bis. Solo che qualcuno dovrebbe spiegarci perché dovrebbe mettersi a farlo chi fin qui la transizione non l’ha né anticipata, né gestita, né accompagnata. Pensate che lo faranno Pd e Forza Italia, più le decine e decine di parlamentari stile Scilipoti che per sorreggere l’eventuale governo lasceranno i gruppi in cui sono stati appena eletti? Credete davvero che lo potrà fare un ipotetico esecutivo Cinque Stelle: un governo che, pallottoliere alla mano, potrà essere solo di minoranza oppure anch’esso di coalizione?
Non prendiamoci in giro. Le possibilità sono pari allo zero. Con il sistema tedesco, la palude è servita. E i cittadini ci affonderanno dentro. Non moriremo, però. Di questo possiamo essere sicuri. Verremo invece tutti ulteriormente tartassati. Presi dalla disperazione i nostri leader di partito, esperti solo nel rimandare a domani ciò che andava fatto ieri, andranno in ginocchio da Draghi: l’unico nome ancora spendibile di fronte alla comunità internazionale.
Nel settembre del 2019 il suo mandato alla Bce scade. Per senso di responsabilità e ambizione personale è possibile, ma non scontato, che l’ex governatore di Bankitalia acconsenta a lasciare in anticipo l’incarico e a fare il salvatore della patria. Un po’ come Carlo Azeglio Ciampi nel 1993. Anche perché, semmai la Germania finisse per dare l’ok agli eurobond, cioè a titoli in qualche modo garantiti dall’Europa (1.000 miliardi di investimenti è il minimo sindacale per far ripartire i Paesi del Sud), di certo non vorrebbe far spendere quei soldi all’allegra brigata di cui Silvio e Matteo sono i campioni. Quindi Draghi o la troika. È questo il sistema tedesco.
Si scrive “sistema tedesco”, si legge Mario Draghi
di Peter Gomez | 31 maggio 2017
| (7)
Si scrive sistema tedesco, ma si legge Mario Draghi. Può e deve essere raccontata così la scelta dei nostri partiti e movimenti di portarci al voto con una legge elettorale che non farà vincere nessuno. Capire come andrà a finire questa storia non è difficile. Dopo le elezioni nascerà un governo di coalizione. Durerà un paio di anni e poi (ma forse molto prima) dovrà fare i conti con i tassi di interesse che ricominceranno ad andare alle stelle. Nella legislatura che ci stiamo lasciando alle spalle è stato fatto molto poco per rimettere in sesto l’economia. Il debito pubblico è salito; il Pil ha segnato tassi di crescita ridicoli rispetto al resto d’Europa; le nostre classi dirigenti hanno continuato bellamente a rubare; la spending review ha tagliato solo le teste dei commissari che avevano provato a proporla; la riforma della scuola è stata un disastro. Se a tutto questo si aggiungono poi la forza delle mafie, la crisi delle banche, l’assenza quasi totale di programmazione industriale, i bassi investimenti e l’incapacità di innovarsi dimostrata da una parte non piccola degli imprenditori, il quadro è completo.
Quando, verosimilmente verso la metà del 2018, la Bce sospenderà l’acquisto dei titoli di Stato (già ora sceso da 80 a 60 miliardi di euro al mese), in Italia respireremo un clima vicino a quello degli ultimi giorni del governo di Silvio Berlusconi. Panico, fuga dei capitali, spread e molti ridicoli appelli a fare presto. Per immaginarlo non bisogna essere delle Cassandre. Che le cose stiano così lo sanno tutti. Tanto che proprio ieri il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, davanti alla domanda sulla grande paura che accompagna la fine del Quantitative easing targato Banca centrale europea, ha detto: “Cosa succederà? Dipende da noi. Sarebbe sbagliato subire la transizione” verso lo stop, “bisogna gestirla, anticiparla e accompagnarla”.
Bene, bravo, bis. Solo che qualcuno dovrebbe spiegarci perché dovrebbe mettersi a farlo chi fin qui la transizione non l’ha né anticipata, né gestita, né accompagnata. Pensate che lo faranno Pd e Forza Italia, più le decine e decine di parlamentari stile Scilipoti che per sorreggere l’eventuale governo lasceranno i gruppi in cui sono stati appena eletti? Credete davvero che lo potrà fare un ipotetico esecutivo Cinque Stelle: un governo che, pallottoliere alla mano, potrà essere solo di minoranza oppure anch’esso di coalizione?
Non prendiamoci in giro. Le possibilità sono pari allo zero. Con il sistema tedesco, la palude è servita. E i cittadini ci affonderanno dentro. Non moriremo, però. Di questo possiamo essere sicuri. Verremo invece tutti ulteriormente tartassati. Presi dalla disperazione i nostri leader di partito, esperti solo nel rimandare a domani ciò che andava fatto ieri, andranno in ginocchio da Draghi: l’unico nome ancora spendibile di fronte alla comunità internazionale.
Nel settembre del 2019 il suo mandato alla Bce scade. Per senso di responsabilità e ambizione personale è possibile, ma non scontato, che l’ex governatore di Bankitalia acconsenta a lasciare in anticipo l’incarico e a fare il salvatore della patria. Un po’ come Carlo Azeglio Ciampi nel 1993. Anche perché, semmai la Germania finisse per dare l’ok agli eurobond, cioè a titoli in qualche modo garantiti dall’Europa (1.000 miliardi di investimenti è il minimo sindacale per far ripartire i Paesi del Sud), di certo non vorrebbe far spendere quei soldi all’allegra brigata di cui Silvio e Matteo sono i campioni. Quindi Draghi o la troika. È questo il sistema tedesco.
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Re: LEGGE ELETTORALE
Il punto di vista di Francescomaria Tedesco:
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Legge elettorale, possibile che nessuno veda i rischi del proporzionale?
di Francescomaria Tedesco | 31 maggio 2017
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La domanda che mi frulla per la testa da qualche tempo è: quelli che fanno la battaglia per il proporzionale si sono accorti che stanno assieme a una schiera enorme di convertiti? E perché ci sono tutti questi zelanti neofiti che fino a ieri erano maggioritaristi? I motivi sono due: o perché vogliono uno “strapuntino” anche se non governeranno (la chiamano rappresentanza, ma non fatevi ingannare) oppure perché vogliono governare con le larghe intese e se la stanno letteralmente facendo addosso per paura del M5S.
I pentastellati, invece, inspiegabilmente si sono ora convertiti anch’essi al proporzionale alla tedesca, a dimostrare che di governare non hanno nessuna voglia. Dice “ma io sono sempre stato proporzionalista”. Ebbè, ma è proprio quello che dico: come mai i neofiti del proporzionale sono i più grandi zeloti? Non c’è qualcosa di strano? Non sarà forse che hanno capito che questo consente alle piccole forze di sopravvivere (e infatti la “sinistra” si unificherebbe obtorto collo per spaccarsi subito dopo il voto) e alle grandi – ma non troppo (come sono i partiti oggi) – di governare inciuciando a seggi chiusi?
È un caso che autorevoli esponenti dei fuoriusciti dal Partito democratico, alla domanda “ma vi alleereste con Renzi?” abbiano nicchiato senza esprimere una posizione chiara? No, non lo è, perché questo è esattamente ciò che il proporzionale consente. A me pare il giorno della marmotta, a essere franchi: dopo la Prima Repubblica, dopo quello che abbiamo visto in questi ultimi anni tra Monti, Letta, grandi intese, Renzi e Gentiloni, adesso che vogliamo? Di nuovo le intese post-elettorali? Questa cosa che nessuno veda il rischio mi manda ai pazzi (appunto la barzelletta di quello che dice c’è un matto che viaggia contromano e il matto risponde “Uno solo? Mille”).
Parli con i proporzionalisti ed erano tutti, fino a mezz’ora fa, maggioritaristi. Renzi in primis. Il punto è che una forza politica seria ti dice prima cosa vuole fare, e con chi. Altrimenti, non è credibile. E “con chi” non per stupide ragioni identitarie, bensì per realismo politico, per onestà e accountability: se dici che vuoi fare una legge sul fine vita con Alfano, so che mi stai prendendo in giro. Capisco l’esigenza di rappresentatività dei partiti, ma ormai non esistono più i partiti ideologici di massa in cui il voto era una cambiale firmata all’ideologia del partito. Ai giorni nostri, i contenuti sono talmente mutevoli che non si può pensare di firmare in bianco affidandosi a un apparato ideologico che è evaporato, o meglio che si è uniformato a una sola, imperante ideologia, quella del mercato.
Oggi occorre essere concreti, non si può chiedere all’elettore di sottoscrivere un patto con una delega che viene data al di là delle persone e solo all’impostazione del partito. Quel mondo è finito. Ma almeno, se col maggioritario una forza politica dice prima che non farà politiche neoliberiste e poi va al governo con il centro-destra, sai che la volta successiva potrai punirla. A meno che la volta dopo non si approvi una legge proporzionale che tenga ancora a galla tutti. Infischiandosene dell’accountability, fregandosene dell’impegno di mantenere fede alle promesse. Perché dopo le elezioni ci sarà sempre un “Ce lo chiede l’Europa” o “Ce lo chiede il presidente della Repubblica”. Invece, in politica la credibilità (se non è tutto) è tanto.
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Legge elettorale, possibile che nessuno veda i rischi del proporzionale?
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La domanda che mi frulla per la testa da qualche tempo è: quelli che fanno la battaglia per il proporzionale si sono accorti che stanno assieme a una schiera enorme di convertiti? E perché ci sono tutti questi zelanti neofiti che fino a ieri erano maggioritaristi? I motivi sono due: o perché vogliono uno “strapuntino” anche se non governeranno (la chiamano rappresentanza, ma non fatevi ingannare) oppure perché vogliono governare con le larghe intese e se la stanno letteralmente facendo addosso per paura del M5S.
I pentastellati, invece, inspiegabilmente si sono ora convertiti anch’essi al proporzionale alla tedesca, a dimostrare che di governare non hanno nessuna voglia. Dice “ma io sono sempre stato proporzionalista”. Ebbè, ma è proprio quello che dico: come mai i neofiti del proporzionale sono i più grandi zeloti? Non c’è qualcosa di strano? Non sarà forse che hanno capito che questo consente alle piccole forze di sopravvivere (e infatti la “sinistra” si unificherebbe obtorto collo per spaccarsi subito dopo il voto) e alle grandi – ma non troppo (come sono i partiti oggi) – di governare inciuciando a seggi chiusi?
È un caso che autorevoli esponenti dei fuoriusciti dal Partito democratico, alla domanda “ma vi alleereste con Renzi?” abbiano nicchiato senza esprimere una posizione chiara? No, non lo è, perché questo è esattamente ciò che il proporzionale consente. A me pare il giorno della marmotta, a essere franchi: dopo la Prima Repubblica, dopo quello che abbiamo visto in questi ultimi anni tra Monti, Letta, grandi intese, Renzi e Gentiloni, adesso che vogliamo? Di nuovo le intese post-elettorali? Questa cosa che nessuno veda il rischio mi manda ai pazzi (appunto la barzelletta di quello che dice c’è un matto che viaggia contromano e il matto risponde “Uno solo? Mille”).
Parli con i proporzionalisti ed erano tutti, fino a mezz’ora fa, maggioritaristi. Renzi in primis. Il punto è che una forza politica seria ti dice prima cosa vuole fare, e con chi. Altrimenti, non è credibile. E “con chi” non per stupide ragioni identitarie, bensì per realismo politico, per onestà e accountability: se dici che vuoi fare una legge sul fine vita con Alfano, so che mi stai prendendo in giro. Capisco l’esigenza di rappresentatività dei partiti, ma ormai non esistono più i partiti ideologici di massa in cui il voto era una cambiale firmata all’ideologia del partito. Ai giorni nostri, i contenuti sono talmente mutevoli che non si può pensare di firmare in bianco affidandosi a un apparato ideologico che è evaporato, o meglio che si è uniformato a una sola, imperante ideologia, quella del mercato.
Oggi occorre essere concreti, non si può chiedere all’elettore di sottoscrivere un patto con una delega che viene data al di là delle persone e solo all’impostazione del partito. Quel mondo è finito. Ma almeno, se col maggioritario una forza politica dice prima che non farà politiche neoliberiste e poi va al governo con il centro-destra, sai che la volta successiva potrai punirla. A meno che la volta dopo non si approvi una legge proporzionale che tenga ancora a galla tutti. Infischiandosene dell’accountability, fregandosene dell’impegno di mantenere fede alle promesse. Perché dopo le elezioni ci sarà sempre un “Ce lo chiede l’Europa” o “Ce lo chiede il presidente della Repubblica”. Invece, in politica la credibilità (se non è tutto) è tanto.
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Re: LEGGE ELETTORALE
Piovono Rane
di Alessandro Gilioli
01 giu
Larghe intese appese a sinistra
Secondo le prime simulazioni basate sugli attuali sondaggi, e quindi salvo cambiamenti d'opinione pubblica, con la nuova legge elettorale l'alleanza che tutti danno per scontata (Pd e Forza Italia) conquisterebbe sui 325-330 seggi alla Camera.
Insomma una dozzina in più rispetto alla maggioranza, un margine di sicurezza scarso e soprattutto appeso agli esiti di quella benedetta soglia: il 5 per cento.
Cosa c'entra la soglia? Facile: se le forze minori non raggiungono il 5 per cento, la quota di deputati di quelli che invece entrano sicuri (M5S, Pd, Fi e Lega) è maggiore rispetto al risultato elettorale ottenuto.
È un meccanismo ovvio e si è già visto anche in Germania, dove ad esempio il centrodestra ha avuto il 49,37 per cento dei seggi con il 41,5 per cento dei voti, perché i voti di oltre sei milioni di tedeschi (15 per cento) sono andati a partiti che non hanno superato la soglia del 5 per cento, quindi hanno preso zero seggi.
In altre parole, più voti si dividono tra liste che non superano il 5 per cento, più la proporzione dei seggi viene deformata rispetto al voto popolare.
Non sto discutendo, in questo momento, se il metodo è bello o brutto: sto dicendo che va così.
E, andando così, per raggiungere l'obiettivo di un governo di larghe intese (quello che, appunto, viene dato come il più probabile) è necessario o almeno molto importante che i minori ci siano, ma non entrino.
È questo il senso che ha l'appello al "voto utile" già lanciato da Renzi. Che molti si sono chiesti cosa c'entra il voto utile nel proporzionale, mentre lui intende dire altro.
Infatti adesso per il Pd diventa molto importante che fallisca, nella caccia al 5 per cento, l'area politica che Renzi ha più accusato di ininfluenza: quella alla sua sinistra.
Sì, proprio quella composta da gruppi e correnti di ogni tipo, da Bersani ad Acerbo, da Fratoianni a Civati, passando pure (ormai è chiaro) per Pisapia.
Se quest'area supera il 5 ed entra in Parlamento, la deformazione dei seggi rispetto al voto si riduce e le larghe intese diventano difficili. Se invece non raggiunge il 5, aumentano i seggi in più regalati ai partiti maggiori rispetto ai voti ottenuti.
Un po' lo stesso discorso vale per gli alfaniani e Fratelli d'Italia, anche se i primi sono molto lontani dalla soglia (probabile lo squagliamento e il ritorno di molti a casa B.) e i secondi potrebbero alla fine allearsi con la Lega.
Fa un po' ridere, se ci estraniamo un attimo: fa un po' ridere cioè che la possibilità delle larghe intese tra Pd e Fi sia appesa alla sorte di partiti e gruppi di sinistra i cui posizionamenti e le cui trattative fatico a seguire pure io che ne sono simpatizzante ed entomologo.
Però è in buona parte così.
Ah, altro paradosso: se per avventura e antico amore per la rissa (poniamo caso) a sinistra di Renzi le liste dovessero essere due divise tra loro, per i motivi suesposti (legati alla legge elettorale, alla soglia, alla "deformazione" dei seggi etc) questo sarebbe un meraviglioso e infiocchettato regalo proprio allo scenario che detta area vorrebbe evitare, cioè le larghe intese.
di Alessandro Gilioli
01 giu
Larghe intese appese a sinistra
Secondo le prime simulazioni basate sugli attuali sondaggi, e quindi salvo cambiamenti d'opinione pubblica, con la nuova legge elettorale l'alleanza che tutti danno per scontata (Pd e Forza Italia) conquisterebbe sui 325-330 seggi alla Camera.
Insomma una dozzina in più rispetto alla maggioranza, un margine di sicurezza scarso e soprattutto appeso agli esiti di quella benedetta soglia: il 5 per cento.
Cosa c'entra la soglia? Facile: se le forze minori non raggiungono il 5 per cento, la quota di deputati di quelli che invece entrano sicuri (M5S, Pd, Fi e Lega) è maggiore rispetto al risultato elettorale ottenuto.
È un meccanismo ovvio e si è già visto anche in Germania, dove ad esempio il centrodestra ha avuto il 49,37 per cento dei seggi con il 41,5 per cento dei voti, perché i voti di oltre sei milioni di tedeschi (15 per cento) sono andati a partiti che non hanno superato la soglia del 5 per cento, quindi hanno preso zero seggi.
In altre parole, più voti si dividono tra liste che non superano il 5 per cento, più la proporzione dei seggi viene deformata rispetto al voto popolare.
Non sto discutendo, in questo momento, se il metodo è bello o brutto: sto dicendo che va così.
E, andando così, per raggiungere l'obiettivo di un governo di larghe intese (quello che, appunto, viene dato come il più probabile) è necessario o almeno molto importante che i minori ci siano, ma non entrino.
È questo il senso che ha l'appello al "voto utile" già lanciato da Renzi. Che molti si sono chiesti cosa c'entra il voto utile nel proporzionale, mentre lui intende dire altro.
Infatti adesso per il Pd diventa molto importante che fallisca, nella caccia al 5 per cento, l'area politica che Renzi ha più accusato di ininfluenza: quella alla sua sinistra.
Sì, proprio quella composta da gruppi e correnti di ogni tipo, da Bersani ad Acerbo, da Fratoianni a Civati, passando pure (ormai è chiaro) per Pisapia.
Se quest'area supera il 5 ed entra in Parlamento, la deformazione dei seggi rispetto al voto si riduce e le larghe intese diventano difficili. Se invece non raggiunge il 5, aumentano i seggi in più regalati ai partiti maggiori rispetto ai voti ottenuti.
Un po' lo stesso discorso vale per gli alfaniani e Fratelli d'Italia, anche se i primi sono molto lontani dalla soglia (probabile lo squagliamento e il ritorno di molti a casa B.) e i secondi potrebbero alla fine allearsi con la Lega.
Fa un po' ridere, se ci estraniamo un attimo: fa un po' ridere cioè che la possibilità delle larghe intese tra Pd e Fi sia appesa alla sorte di partiti e gruppi di sinistra i cui posizionamenti e le cui trattative fatico a seguire pure io che ne sono simpatizzante ed entomologo.
Però è in buona parte così.
Ah, altro paradosso: se per avventura e antico amore per la rissa (poniamo caso) a sinistra di Renzi le liste dovessero essere due divise tra loro, per i motivi suesposti (legati alla legge elettorale, alla soglia, alla "deformazione" dei seggi etc) questo sarebbe un meraviglioso e infiocchettato regalo proprio allo scenario che detta area vorrebbe evitare, cioè le larghe intese.
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Re: LEGGE ELETTORALE
no ci siamo proprio,ma che cos'è il voto utile?i voti si conquistano sul programma su cosa si vuole fare.Il voto utile rapprresenta solo l'annientamento delle minoranze.Dal momento che lo specchio del paese è quello che e', và accettato.L'unica legge elettorale possibile è una legge fatta per i 3/4 di collegi uninominali e per 1/3 di proporzionale con sbarramento al 2% in modo da assicurare governabilità e rappresentatività anche per le minoranze.Il voto utile,le liste bloccate altro non sono che pericolose derive della democrazia,perche oggi sono maggioranza domani potrei essere minoranza e ricevere lo stesso trattamento.Ciampi disse che si può diventare anche minoranza e ricevere lo stesso trattamento che in precedenza hai riservato ad altri
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