Renzi

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Re: Renzi

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1 - L' IRRESISTIBILE PASSIONE DI RENZI PER L' EMIRATO
Claudio Antonelli per la Verità


La cartina al tornasole è stata la partita Alitalia.

Dopo una serie di dichiarazioni a favore del Qatar e del modello Doha, il segretario del Pd, Matteo Renzi, ha smesso improvvisamente di parlare del tema.

Dopo essersi adoperato per cercare nel piccolo emirato un salvagente destinato all' ex compagnia di bandiera ha mollato il dossier, lasciando campo libero al governo in carica, quello di Gentiloni.

Non a caso sono apparsi i cinesi di Hainan airlines con la mediazione (in inglese si direbbe advisoring) di Giancarlo Elia Valori e George Soros, il quale ha fatto un apposito blitz a Palazzo Chigi.

Il motivo è stato un pesante veto da parte di una fetta della finanza italiana e di tutta l' area del Pd non fedele a Renzi.

Tutti si erano accorti ai primi di maggio della tempesta di sabbia in arrivo dal Medioriente.

Tutti, tranne il Rottamatore, volevano evitare di trovarsi in piena trattativa su Alitalia nel momento in cui il Qatar sarebbe improvvisamente diventato lo Stato canaglia per eccellenza.

La nazione che finanzia l' Isis.

Esattamente quello che è successo dopo la visita di Trump a Riad e dopo che ieri Arabia Saudita, Emirati Arabi, Egitto e Bahrain hanno tagliato ogni ponte diplomatico e pure i collegamenti aerei, accusando il vicino di casa salafita di finanziare quegli stessi terroristi che sono contigui alla Fratellanza Musulmana e che dalle basi siriane e libiche sono gli ispiratori di attentati nei quattro angoli del mondo.

Un freno a mano tirato bruscamente, che mette il nostro Paese in contropiede e lascia in seria difficoltà la diplomazia ufficiale.

L'altra, ovvero quella del partito di maggioranza guidato da Renzi, è ancora oggi legata mani e piedi ai diktat di Barack Obama.

Il che porta la strategia del nostro Paese a riallinearsi a quella odierna battente bandiera Trump o a schiantarsi contro il muro delle prossima quanto inevitabili sanzioni.

In entrambe i casi sarà opportuno evitare, come è accaduto per Alitalia, che Renzi tenga da solo il pallino.

O si muova disallineato.

Cosa che ha fatto più volte anche da privato cittadino.

Il 19 gennaio scorso, a un mese e mezzo dalla sconfitta nel referendum, l'ex sindaco prende un aereo per Doha, la capitale del Qatar.

I siti ne danno notizia, ma resta mistero fitto attorno ai motivi della visita all'emiro Al Thani.

Si ipotizzano incontri per promuovere la sottoscrizione di obbligazioni della banca senese appena nazionalizzata.

Ma anche una sorta di operazione di aiuto per risolvere le problematiche in cui i qatarini, nonostante le promesse e le garanzie italiane, sono incappati in Sardegna, dove una fondazione si era imbarcata nel salvataggio del Mater Olbia, l'ospedale travolto dal crac del San Raffaele di Milano.

Il sito doveva garantire cure di altissimo livello e anche 600 nuovi posti di lavoro in una regione, come la Sardegna, ad alto tasso di disoccupazione. Ma ad oggi le porte non sono ancora state aperte, bloccate da lungaggini burocratiche.

Le ipotesi fatte dopo il viaggio di gennaio non sono mai state smentite.

Ovviamente, neppure confermate.

Però a raccontare il filo continuo tra l' entourage piddino di Renzi e l'emiro ci sono una serie di investimenti portati a termine, quella che L' Espresso - in una interessante inchiesta - ha chiamato «Qatar connection».

Banche, alberghi, armi, navi da guerra, compagnie aeree, sport, cultura: da quasi due anni l' Italia è il fronte più avanzato dell' offensiva lanciata dal Qatar.

Miliardi di euro che, come sempre accade, aprono le porte.

«E Renzi, in un modo o nell' altro», scriveva il settimanale dei De Benedetti, «si trova al centro di questa ragnatela, tra politica, alta finanza e diplomazia.

Lo confermano i dettagli di alcune operazioni che collegati tra loro formano una trama che porta dritta a Doha».

Non a caso, come La Verità aveva già avuto modo di scrivere, nel periodo di vacanza tra una segreteria Pd e l' altra, l' ex premier si è appoggiato a un ufficio nell'hotel Four seasons di Firenze, il 5 stelle lusso che 4 anni fa è stato comprato proprio dalla famiglia Al Thani.

Si tratta di uno degli innumerevoli investimenti immobiliari portati a termine in Italia dalla famiglia reale: cifre che - esclusa la torre Unicredit - superano il miliardo di euro.

Si va dal Gallia a Milano, al Westin excelsior al Grand hotel St Regis a Roma, fino a Palazzo Gritti a Venezia.

Senza contare i palazzi di Porta Nuova a Milano, dove il link passa attraverso la Coima Res di Manfredi Catella, uno dei primi sostenitori di Renzi nel 2014.

Ci sono poi la Costa Smeralda e Meridiana a fare da contrappeso tra le due nazioni.

Per Renzi, il modello Meridiana sarebbe lo schema da applicare per le soluzioni delle crisi aziendali nel nostro Paese.

Già nel 2012 l' emiro ha rilevato il complesso di alberghi e spiagge esclusive della Costa Smeralda, diventando proprietario di un brand vero e proprio: quello del turismo made in Italy.

In cambio ha salvato Meridiana, lasciando alla holding dell'Aga Khan la maggioranza del vettore.

La prima mossa è stata aprire nuove rotte.

Al momento si tratta del collegamento tra Doha e Firenze.

Guarda caso l' aeroporto gestito da Adf, la società quotata in Borsa e presieduta da Marco Carrai.

Resta, buona ultima, tutta la vicenda Mps e il battage mediatico mosso dalle dichiarazioni dei diretti interessati riferite al salvataggio da parte del fondo del Qatar.

I più vicini al dossier spiegano che si sarebbero sfilati da Siena senza la certezza di una controparte politica stabile.

Perché l'intento, come nel caso della Costa Smeralda, non sarebbe stato prettamente finanziario, ma politico.

Il Qatar in cambio avrebbe voluto un accordo ventennale sull' acquisto di gas da parte del nostro governo.

Un miliardo da mettere in Mps a fronte di una rendita fino al 2036?

Per fortuna non se ne è fatto nulla.

Altrimenti, adesso sì che saremmo nei guai.

Sull'energia gli americani non scherzano: c' è da scommettere che non avrebbero gradito un alleato come l' Italia legato mani e piedi con il Qatar.

In ogni caso, la diplomazia americana ora attende un segnale.

In cambio di una svolta, spunterebbe probabilmente una way out per gli investimenti.
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Re: Renzi

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Sia la mummia cinese che Pinocchio Mussoloni sanno che alla fine dovranno mettersi insieme se vogliono tentare di governare le macerie di questo Paese.

Ma ognuno di loro vuole a tutti i costi dominare sull’altro.

Pinocchio Mussoloni plaude a Matteo Orfini, che ai merli Pi docchi dice, falsamente, che se non vogliono l’alleanza con Berlusconi, li devono votare in tanti.

Osservazione ovviamente giusta in senso assoluto come obiettivo, ma non realizzabile perché Mussoloni ha già deluso una marea di italiani.

Fessi SI, ma fino ad certo punto.

Gli uomini della mummia si adoperano in tutti i modi, affinché sia Berlusconi il dominus dell’alleanza.

Quindi non guardano tanto per il sottile per arrivare a questo obiettivo.

Quindi attaccano sul quotidiano degli STRUMPTRUPPEN, per ridimensionare l’alleato :


La grande tela dei renziani
per fare gli affari con Doha

Con l'ex premier le relazioni erano fitte e lo Stato arabo doveva entrare in Mps. Rapporti stretti anche con Intesa
di Camilla Conti
28 minuti fa
2
UncleTom
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Re: Renzi

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UncleTom ha scritto:Sia la mummia cinese che Pinocchio Mussoloni sanno che alla fine dovranno mettersi insieme se vogliono tentare di governare le macerie di questo Paese.

Ma ognuno di loro vuole a tutti i costi dominare sull’altro.

Pinocchio Mussoloni plaude a Matteo Orfini, che ai merli Pi docchi dice, falsamente, che se non vogliono l’alleanza con Berlusconi, li devono votare in tanti.

Osservazione ovviamente giusta in senso assoluto come obiettivo, ma non realizzabile perché Mussoloni ha già deluso una marea di italiani.

Fessi SI, ma fino ad certo punto.

Gli uomini della mummia si adoperano in tutti i modi, affinché sia Berlusconi il dominus dell’alleanza.

Quindi non guardano tanto per il sottile per arrivare a questo obiettivo.

Quindi attaccano sul quotidiano degli STRUMPTRUPPEN, per ridimensionare l’alleato :


La grande tela dei renziani
per fare gli affari con Doha

Con l'ex premier le relazioni erano fitte e lo Stato arabo doveva entrare in Mps. Rapporti stretti anche con Intesa
di Camilla Conti
28 minuti fa
2


La grande tela dei renziani per fare affari con Doha


Con l'ex premier le relazioni erano fitte e lo Stato arabo doveva entrare in Mps. Rapporti stretti anche con Intesa

Camilla Conti - Mar, 06/06/2017 - 21:49

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Una volta l'Economist ha definito il regno di Doha come «il pigmeo col pugno di un gigante».

Più che il pugno, ad aprire le porte sono i petroldollari perchè il Qatar è un paese del Golfo Persico più o meno grande come l'Abruzzo ma ha il portafoglio gonfio di liquidità e un fondo sovrano - Qia (Qatar Investment Authority) - nella top ten mondiale per capacità di spesa. Lo sa bene anche l'ex premier Matteo Renzi che agli emiri ha steso tappeti rossi, dentro e fuori la sua Toscana. Fino a sponsorizzare l'arrivo del fondo come salvatore del Montepaschi nell'inverno 2016, ipotesi circolata per settimane prima del flop dell'aumento di capitale che poi per Siena ha portato all'intervento dello Stato.

In un'intervista a Repubblica il 15 gennaio Renzi ha difeso il suo appello a comprare titoli Mps («È un bell'affare», aveva detto a dicembre mentre la banca andava rotoli) tirando in ballo proprio gli arabi: «Ho detto in pubblico quel che ho ripetuto a tutti gli investitori stranieri. Avevamo creato le condizioni per un investimento estero importante, il fondo del Qatar, che ha detto no il giorno dopo il referendum per l'instabilità politica».

Per alcuni osservatori l'interesse dei qatarini, peraltro mai confermato da Doha, era solo frutto dello «storytelling» renziano. Di certo, le strade fra Matteo e la famiglia dell'emiro Tamim al-Thani si sono incrociate di frequente. Come ha ricostruito di recente l'Espresso dedicando una copertina a «Matteo d'Arabia». E ricordando lo shopping immobiliare fatto a Firenze dal piccolo Stato del Golfo.

A cominciare dal Four Seasons, hotel a cinque stelle dove oggi Renzi occupa una stanza adibita a ufficio privato, acquistato da al-Thani quattro anni fa. Senza dimenticare la nuova rotta aperta di recente dalla Qatar Airways da e per Pisa, scalo controllato dalla società Tosca Aeroporti presieduta da Marco Carrai, il richelieu renziano. La «Qatar connection» sembra continuare anche con Renzi fuori da Palazzo Chigi: il 3 maggio La Stampa scriveva che per salvare l'Alitalia Matteo avrebbe chiesto aiuto all'amico al-Thani, già acquirente del 49% di Meridiana, con cui si scambia «frequenti sms». Le relazioni diplomatiche ufficiali con Doha sono però affidate a Pasquale Salzano, ex direttore degli Affari istituzionali dell'Eni, che in aprile è diventato il nuovo ambasciatore italiano in Qatar. E che nel settembre del 2014 era fra gli ospiti del matrimonio di Carrai. A fare da cicerone per la costruzione dell'ospedale Mater a Olbia è stato invece Lucio Rispo, manager della Qatar Foundation (guidata Mozah bint Nasser al-Missned, madre dello sceicco, ricevuta da Renzi a Palazzo Chigi un anno fa) che in Sardegna investirà 1,2 miliardi.

C'è però un altro interlocutore italiano con cui il Qatar ha stretto affari ben più importanti: Intesa Sanpaolo. Nell'ottobre scorso l'istituto guidato da Carlo Messina ha aperto una filiale operativa a Doha presso il Qatar Financial Center. Non solo. Intesa ha finanziato per 5,2 miliardi il consorzio composto da Glencore e il fondo sovrano del Qatar nell'acquisto di una quota del colosso petrolifero russo Rosneft. Operazione celebrata, in gennaio, al Cremlino con un incontro al quale hanno partecipato Vladimir Putin, l'ad di Intesa, Carlo Messina, il numero uno di Rosneft, Igor Sechin e anche il capo di Qia, Shaikh Abdullah bin Hamad bin Khalifa Al Thani.
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Re: Renzi

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A Ercolano Via dall’Italia per una vecchia rissa al centro di accoglienza
Espulsi gli immigrati costretti
a votare Renzi alle primarie dem



Mercoledì 7 Giugno 2017 | IL FATTO QUOTIDIANO |
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Re: Renzi

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..REVIVAL DEL GRAN SACERDOTE DEL BUNGA-BUNGA..

MUSSOLONI E' AVVISATO




Silvio Berlusconi: "Renzi vuol tornare al governo, ma vinceremo noi"


Silvio Berlusconi parla del prgramma di Forza Italia in caso di voto anticipato: dall'aliquota unica alla sovranità monetaria fino alle pensioni

Luca Romano - Mer, 07/06/2017 - 11:58


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"Le elezioni sono la fisiologia di un sistema democratico. La patologia è il fatto che in Italia l'ultimo governo scelto dagli elettori sia stato il nostro, nel 2008.


I mercati dovrebbero temere la sovranità popolare? Non credo, anche perché gli italiani nelle espressioni di voto hanno sempre dimostrato buon senso, prudenza ed equilibrio". Lo dice Silvio Berlusconi, in un'intervista al "Quotidiano nazionale". Quanto alla legge di Bilancio, "c'è un governo in carica, nel pieno delle sue funzioni. Una di queste -ricorda l'ex premier- è predisporre una manovra economica. Ci auguriamo che lo faccia, poi il Parlamento scelto dagli italiani la valuterà e se necessario la correggerà, in modo molto prudente e sereno". Poi il Cavaliere parla anche di Mario Draghi: "E stato il mio governo ad ottenere per Mario Draghi la guida della Banca centrale Europea, e non mi sono mai pentito di quella penale che civile, che deve’essere ripensata mettendo al centro la certezza del diritto e le garanzie per il cittadino onesto. Occorre ripensare il rapporto con l’Europa, nella quale comunque crediamo, e riacquisire almeno una parziale sovranità monetaria, attraverso il ricorso ad una seconda moneta nazionale che affianchi l’euro per le transazioni interne. E poi vi è il drammatico tema dell’immigrazione da risolvere ad ogni costo con l’intervento indispensabile dell’Unione Europa".scelta. Dunque, ho grande stima di lui, sarebbe un ottimo premier ma non credo sia interessato a lasciare il ruolo in Europa". "Immagino -aggiunge- che Renzi voglia tornare a Palazzo Chigi vincendo le elezioni. Noi ovviamente faremo tutto il possibile per evitarlo, perché vogliamo vincerle e portare a Palazzo Chigi un nostro candidato". Infine il Cavaliere spiega il programma di Forza Italia per il voto: "Abbiamo un programma chiaro da realizzare, che va dalla flat tax, l’imposta piatta al 23 o 25 % per tutti, un livello realistico per alleggerire e semplificare il carico fiscale e così rimettere in moto lo sviluppo e quindi l’occupazione, fino al reddito di dignità che vogliamo garantire ai più deboli, a chi deve vivere con meno di 1000 euro al mese. Vi è poi l’assoluta necessità di una riforma della giustizia, sia
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Re: Renzi

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.. I SOGNI SON DESIDERIIIIIIIIIIIII.......


» Politica
giovedì 08/06/2017



Sondaggi, la lista unica di sinistra fa 16%

Sondaggi, la lista unica di sinistra fa 16%


di Antonio noto | 8 giugno 2017




| 
Lo scenario che emerge dall’ultimo sondaggio sulle intenzioni di voto, datato 6 giugno 2017, vede il Movimento 5 Stelle accreditarsi come primo partito al 30% seguito dal Pd al 26%. A Forza Italia e Lega andrebbe un 12% ciascuno mentre un 5% sarebbe raccolto da Fratelli d’Italia. Rispetto all’offerta elettorale attuale, questi sarebbero gli unici […]





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Re: Renzi

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giovedì 08/06/2017



Renzi, l’uomo solo punto e basta


di Antonio Padellaro | 8 giugno 2017

| (4)
Incontro un pezzo grosso renziano (di cui non farò il nome e capirete perché), discorriamo (stancamente) della nuova legge elettorale poi il discorso cade sui difetti caratteriali e politici di Matteo Renzi che, concordiamo, “non cambia mai”. Parliamo di quanto sia complicata l’ipotesi di un governo del Pd con la sinistra di Bersani e D’Alema, a causa delle reciproche e incrollabili inimicizie personali finché, sulla porta, lui mormora qualcosa del tipo: se fosse necessario potremmo chiedere a Matteo di fare un passo indietro per senso di responsabilità. Ovvero: anche se spettasse al Pd proporre la nuova maggioranza di governo non è detto che l’incarico di premier toccherebbe al discusso segretario.

Al di là del detto e dei non detti, ogni giorno che passa il partito del “Renzi Meglio No” cresce per le ragioni più diverse, dando vita a una conventio ad exludendum di natura del tutto inedita. Insomma: dall’uomo solo al comando si sta passando all’uomo solo punto e basta. In pochi giorni il segretario bis ha collezionato le aspre critiche di quattro padri nobili del centrosinistra: accanto alla radicata ostilità di Enrico Letta stai sereno, pungono l’ex premier i fiori di cactus di Walter Veltroni (ha tradito il Pd a vocazione maggioritaria), di Romano Prodi (pronto a piantare la sua tenda lontano dal Nazareno) e di Giorgio Napolitano che ha rabbiosamente infilato l’ex pupillo nel medesimo mazzo, opportunista (e populista) dei Berlusconi, Salvini e Grillo.

Convinto che, per un basso calcolo di pura convenienza, si eludano gli impegni europei, fissando abusivamente la data del voto a settembre, il presidente emerito sembra dare voce ai piani alti di Bruxelles dove mal si comprende come una nazione perennemente con il cappello in mano nel chiedere più flessibilità stia fremendo per dilapidare tempo e denaro sulla giostra elettorale.

Con Renzi nella parte di Lucignolo. Altrettanto pesante l’attacco mosso ieri sulle colonne di Repubblica dall’ex direttore Ezio Mauro che accusa il politico più amato da Eugenio Scalfari di aver concorso alla costruzione di un mostruoso marchingegno elettorale al solo scopo di stringere “un patto abusivo e suicida” con il pregiudicato di Forza Italia. “Cancellando l’ipotesi e la nozione stessa di centrosinistra, dopo che già era stato abbondantemente picconato il concetto di sinistra”.

Agli autorevoli colleghi verrebbe da dire benvenuti tra noi se non fosse che sono tre anni almeno che lo statista di Rignano procede sulla strada verso lo strapiombo accompagnato dall’orchestrina festante dell’informazione unica, e dallo stucchevole ritornello: non è certo perfetto ma l’alternativa qual è? Un alibi che adesso non regge più. Come dimostra il sondaggio commissionato dal Fatto Quotidiano sulla potenzialità di una lista unica a sinistra del Pd.

Nel caso i vari pezzi “picconati” da Renzi decidessero una buona volta di mettere da parte protagonismi e ruggini per restituire un’alternativa a un vasto elettorato, destinato altrimenti a rafforzare i Cinquestelle o a ingrossare il già stracolmo serbatoio dell’astensione. Una forza elettorale calcolata tra il 12 e il 16 per cento che nel nuovo Parlamento potrebbe allearsi o con Grillo (come vorrebbe la maggior parte degli intervistati) o con il Pd. Non certo con il Pd renziano assai poco sensibile ai temi del lavoro, dell’onestà, della lotta ai privilegi, della cura dell’ambiente e che sulla malagestione delle banche ha vissuto la sua Caporetto. Ecco perché prima di porre le basi per un nuovo centrosinistra di governo sarebbe necessario trovare un altro candidato premier. Condiviso.

Avrebbe potuto esserlo Giuliano Pisapia, apprezzato sindaco di Milano ma che si porta dietro il peso del Sì al referendum costituzionale e un atteggiamento un po’ troppo schizzinoso nei confronti di tutta la sinistra che Pisapia non è. Il Pd potrebbe proporre Paolo Gentiloni o altro candidato di mediazione mentre alla lista unica non mancherebbero i nomi: da Rodotà a Bersani a Landini fino all’outsider Saviano. Insomma molti possono essere i chiamati, tranne uno. Quello stesso che quattro anni or sono salpava col vento in poppa al massimo della popolarità e che oggi si è trasformato in un serio motivo d’imbarazzo.
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Re: Renzi

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LA LOTTA PER VINCERE IL "GRATTA VINCI" SICURO




Titola in questo momento dagospia:


RENZI SUL CARRELLO DEI BOLLITI



9 giu 2017 09:04

1. SILURATO L’INCIUCIONE SULLA LEGGE ELETTORALE, RENZI IL BULLO SI RITROVA CON IL CERINO IN MANO PERCHÉ NON SI POTRÀ VOTARE A SETTEMBRE E PER QUANTE CAPRIOLE TENTI DI FARE, PER LUI E IL PD SARÀ IMPOSSIBILE SOTTRARSI ALLA MANOVRA D'AUTUNNO LACRIME E SANGUE


3. BELPIETRO GLI FA IL CONTROPELO: “AVEVA IMPOSTO TEMPI DA SPEEDY GONZALES PER SCHIVARE LA STANGATA EUROPEA. DOPO LO SCHIAFFO DEL 4 DI DICEMBRE DELLO SCORSO ANNO, RENZI CONTAVA DI ESSERSI RISOLLEVATO CON LE PRIMARIE, MA ORA ARRIVA UNA BOTTA DA KO”


4. MARIO CALABRESI: “E’ UN'ESPLOSIONE FIGLIA DELL'INCONTRO DI TROPPE FURBIZIE E CALCOLI”




1 - E LA STANGATA D' AUTUNNO LO METTERÀ KO
Maurizio Belpietro per “la Verità”

Tutto come previsto: Beppe Grillo, aiutato da un bel numero di franchi tiratori che non vogliono accorciare la legislatura e rinunciare allo stipendio, alla fine ha fatto saltare il banco, lasciando il cerino acceso nelle mani di Matteo Renzi. E ora l' ex presidente del Consiglio invece di tornare a Palazzo Chigi, come ardentemente desidera, rischia solo di scottarsi. Anzi, di bruciarsi.

L' avevamo previsto in un articolo della scorsa settimana, allorquando avevamo sconsigliato Silvio Berlusconi dal partecipare all' inciucio elettorale. Attento, avevamo scritto allertando il Cavaliere, se il capo dei 5 stelle fa quello che lei fece quasi vent' anni fa con Massimo D' Alema, mandando a gambe all' aria la Bicamerale, finisce che a pagarne le conseguenze saranno proprio gli artefici dell' intesa, cioè il segretario del Pd e lei, il leader di Forza Italia.

Impossibile, replicavano gli esperti di faccende parlamentari. Se i pentastellati si tirassero indietro dimostrerebbero la loro inaffidabilità e la mossa si ritorcerebbe proprio contro di loro. Sciocchezze. Innanzitutto rovesciando il tavolo i grillini potranno sempre addebitare il conto al Pd e ai suoi alleati, sostenendo che sarebbe bastato copiare il modello tedesco e non costruire una tagliola all' italiana per consentire ai capi bastone dei partiti di scegliersi gli eletti, e il gioco sarebbe stato fatto, con i seguaci di Beppe pronti a onorare i patti.

Le preferenze sulle schede elettorali e i listini non bloccati, del resto, sono sempre state un cavallo di battaglia del movimento, perché rientrano nel progetto di dare spazio al popolo e non alle segreterie dei partiti. Gli elettori dunque non potranno che applaudire la scelta di chiamarsi fuori dal pastrocchio elettorale, o per lo meno non potranno che rallegrarsi quegli italiani che votano per i 5 stelle. Nessun passo falso, perciò.

Ma non solo. Il Pd e i suoi compagni non sembrano capire che la maggioranza dell' opinione pubblica se ne impipa della legge elettorale. Anzi, non sa neppure se sia meglio il Consultellum, il Tedeschellum o il Maialinum che si voleva approvare.

Quasi nessuno si appassiona alla questione del sistema con cui andare alle urne, e ancora meno sembra afferrare le sottigliezze delle soglie di sbarramento, dei collegi uninominali e del ricalcolo proporzionale. Per dirla con un dirigente di alto rango dello stesso Pd, «quando parliamo di legge elettorale sembriamo pesci in un acquario: apriamo la bocca e giriamo in tondo, senza renderci conto che fuori c' è il mondo e ha altri problemi».

La sensazione di scollamento tra classe politica e opinione pubblica in queste ore appare esattamente come descritta dal dirigente del Partito democratico. L'Ilva licenzia dopo essere stata venduta. L'Etruria licenzia dopo essere stata «salvata». Un paio di banche licenzieranno per salvarsi. L'Alitalia, forse, non si salva neppure licenziando. E mentre si perdono decine di migliaia di posti di lavoro la politica che fa?

Parla di legge elettorale e di scadenze per tornare a votare e si occupa di nomine in Rai. Ora Renzi e i suoi fanno sapere che la legge elettorale è morta e rinviano tutto a dopo le amministrative, appuntamento con il quale il centrosinistra rischia la batosta. Di sistemi per tornare alle urne si ricomincerà a parlare dopo, ma è molto improbabile che si faccia con una legge ad hoc. Al massimo si farà una porcata ad hoc, cioè un decreto per armonizzare le norme in vigore tra Camera e Senato.

Comunque vada, Renzi ha già perso, perché difficilmente si potrà votare a settembre. Per quante capriole faccia, per lui sarà impossibile sottrarsi alla manovra d' autunno e alle responsabilità di quattro anni di governo. Il segretario del Pd aveva imposto tempi da Speedy Gonzales per schivare la stangata europea.

Purtroppo per lui, il colpo di mano non è riuscito. A segno invece è andato un colpo che rischia di essere mortale per la leadership dell' ex presidente del consiglio. Dopo lo schiaffo del 4 di dicembre dello scorso anno, Renzi contava di essersi risollevato con le primarie, ma ora arriva una botta da ko. Se lo conosciamo un po', tenterà ancora di rimettersi in piedi e di incrociare i guantoni, ma ormai sul ring si intravvede solo un pugile suonato destinato alla sconfitta.




2 - COME RIPARTIRE DA UN FALLIMENTO
Mario Calabresi per “la Repubblica”


Il grande accordo che doveva portarci alle elezioni a settembre ha fatto naufragio sul primo scoglio. Un' esplosione figlia dell' incontro di troppe furbizie e troppi calcoli, senza quel minimo di idealità indispensabile a controbilanciare asprezze e tensioni. Ora è chiaro a tutti ciò che ripetiamo dal primo giorno: una riforma voluta per soddisfare le convergenti convenienze di quattro leader politici, che prevedeva già la data del voto, senza una minima preoccupazione per il Paese, non garantisce nessun futuro e non poteva avere respiro.

Una legge che sanciva già i possibili approdi, la grande coalizione tra Renzi e Berlusconi da un lato e una possibile convergenza tra Grillo e Salvini dall' altro, senza che ci si fosse minimamente preoccupati di mettere in campo programmi, idee e prospettive, era uno schiaffo agli italiani.

Ci accollavamo tutti i rischi di un "voto accelerato" e del rinvio della manovra a dopo le elezioni senza che il Paese ne conoscesse alcun beneficio, anzi, con il pericolo di esporlo a una nuova tempesta europea.

C' è da augurarsi che questo fallimento stimoli un ripensamento, per rimettere al centro gli elettori e il loro diritto di scegliere da chi essere rappresentati. E nel frattempo si usino i mesi che rimangono alla legislatura per fare qualcosa che lasci il segno, per non gettare occasioni preziose. Ci sono molte leggi - da giorni ne ricordiamo sei - che varrebbe davvero la pena approvare. Sarebbe un modo nobile per ricucire il rapporto con i cittadini.
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Re: Renzi

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GLI ITALIANI SON FATTI COSI'





10 giu 2017 12:40

1. LA NAVE AFFONDA E I TOPOLONI SCAPPANO. CLAUDIO VELARDI: “BASTA STRONZATE, RENZI!”



2. MEGLIO: "SMETTELA DI GIOCHICCHIARE CON GIORNALI E TALK, STUDIA PER COSTRUIRE UN NUOVO PROGRAMMA, VAI IN CERCA DI UNA NUOVA CLASSE DIRIGENTE PER FARE UN NUOVO PARTITO, MAGARI PRENDERSI UNA DISINTOSSICANTE VACANZA DALLA RETE. BASTA STRONZATE"



3. FINO A IERI L’EX CONSIGLIERE DI D’ALEMA A PALAZZO CHIGI (1998), DI RENZI CINGUETTAVA GAIO CHE “È L’UNICO CHE IN EUROPA È RIUSCITO A METTERE IN DISCUSSIONE I SACRI PARAMETRI”


4. E GLI AVVERSARI DEL CAZZARO TOSCANO ERANO “QUAQUARAQUÀ”, “ROTTAMI DELLA POLITICA E DELLA INFORMAZIONE”, CARATTERIZZATI DA “BORIA E PROSOPOPEA”- COME PASSA IL TEMPO...





1. NON E’ MAI TROPPO VELARDI



L’ex consigliere politico di Massimo D’Alema a Palazzo Chigi nel 1998, di Matteo Renzi fino a ieri diceva che “è l’unico che in Europa è riuscito a mettere in discussione i sacri parametri”, una cosa “clamorosa, capace di fare da battistrada a un’ampia riflessione”; inoltre “è vero, ha fatto molti annunci, ma ha realizzato già quello che molti altri governi non hanno fatto nelle decine di anni precedenti”. Degli avversari di Matteo Renzi, invece, diceva che erano tutti “quaquaraquà”, dei “rottami della politica e della informazione”, caratterizzati da “boria e prosopopea, un po’ ridicola” nella loro opposizione.


Per quanto riguarda il presidente del Consiglio, Velardi affermava che “è un po’ Berlusconi e un po’ Andreotti”. Come il primo “fa tutti gli annunci di questo mondo. Sono fantastici, meravigliosi e non li critico affatto”. Come il secondo “è nu carro pa’ ‘a scesa, direbbero a Napoli, cioè è impegnato nel mantenere l’assetto dell’esecutivo e a che non si ribalti. Ecco quindi le frenatine, i piccoli accordi, le concessioni”.



2. AFFIDABILITA’

https://claudiovelardi.com/



la previsione di claudio velardi sul referendum greco
la previsione di claudio velardi sul referendum greco


Quello che proprio non va, nell’Italia del dopo 4 dicembre, è il clima di livida e compiaciuta precarietà nel quale affoga il dibattito pubblico (non il paese reale, che comincia a crescere con una certa solidità, grazie al buongoverno di questi anni). Al momento la classe dirigente nazionale non esprime – in nessuna delle sue componenti, caro Calenda – un disegno, un visione che risponda alla domanda di fondo (qual è il posto del nostro piccolo stivale nel mondo che cambia?).


Tutti si aggirano nel buio come gattini ciechi o tristi sciacalli, e certo nessuno indica una prospettiva per la quale valga la pena battersi. Mentre colui che aveva regalato al paese qualche anno di speranze e buoni fatti, ha preferito cercare la rivincita a breve dopo il referendum, malgrado il buonsenso prima che un minimo di fiuto politico consigliasse respiri lunghi, pause di riflessione, adeguate meditazioni. Come si fa, sempre e dovunque, dopo una pesante sconfitta.

In Renzi ha prevalso invece la concitazione. Qualche solenne annuncio caduto nel vuoto (noi e non io, lavoro casa e mamme), poi un tourbillon di piccole e inutili iniziative (assemblee, magliette gialle, fiaccolate), di analisi sbagliate (abbiamo perso sul web, ma si può dire e pensare una sciocchezza simile?) e un fondo di permanente manovrismo mediatico-parlamentare di piccolo cabotaggio, fino all’approdo penoso di ieri. Un movimentismo basato sul niente: non un pensiero, non una idea nuova. Solo la preoccupazione di occupare la scena. (Anche stamattina, caXXo. Mentre scrivo, il segretario del principale partito di governo italiano – quello che ci illuse con la disintermediazione, ricordate – perde più di un’ora del suo tempo a fare la rassegna stampa: il giorno dopo il collasso della legge elettorale, la dichiarazione di Comey su Trump e il voto in Uk, non so se è chiaro…).
Per cui, a questo punto, la vera domanda diventa: sarà in grado di ritrovare la bussola, Matteo Renzi? Me lo chiedo con simpatia e stima nei confronti dell’uomo, ma ormai con una certa preoccupazione. Perché – per dirla sommariamente – l’uomo che per molti italiani ha costituito una significativa speranza, ho come l’impressione che non riesca a maturare, questo è il punto.



Nella rappresentazione politica contemporanea, un leader non può che conquistare la scena incarnando una visione, un sogno o quantomeno una novità. Altrimenti non sfonda il muro dell’opinione pubblica. Poi, se vince, la realtà fa la sua irruzione. Il sogno inevitabilmente evapora, a volte si infrange sugli scogli: può accadere.



A quel punto il leader – se è tale – ha il duro compito di capire, di ricostruirsi, di cambiare in profondità (lo deve a chi ha creduto in lui, e anche a se stesso). Maturando. Cioè trasformando l’agilità della conquista nella robustezza della gestione, sostituendo alla leggerezza della speranza una solida affidabilità.


Concetti che, tradotti in volgare, significano da ora in poi garantire senza tentennamenti la fine della legislatura, concepire il governo Gentiloni come la continuazione del “governo dei 1000 giorni” (concetto infantile da cassare brutalmente dal vocabolario), smetterla di giochicchiare con giornali e talk, studiare per costruire un nuovo programma (Nannicini, ci sei?), andare in cerca di una nuova classe dirigente per fare un nuovo partito (Martina e gli altri, ci siete?), magari prendersi una disintossicante vacanza dalla rete. Basta stronzate, Renzi.
UncleTom
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Iscritto il: 11/10/2016, 2:47

Re: Renzi

Messaggio da UncleTom »

…SUL LETTINO DELLO PSICHIATRA…..


Fine XIX secolo: nascita della Psicologia delle folle (o delle masse)[modifica | modifica wikitesto]
I primi studi di psicologia delle folle sono una conseguenza degli sviluppi a cui andarono incontro le società dell'Occidente nel corso del XIX secolo, e non è un caso che vengano dalla Francia: sia lo psicologo sociale Gustave Le Bon, sia l'amico e collega Gabriel Tarde, appartenevano a quella generazione di borghesia illuminata e stanca di lotte che aveva assistito alla Comune di Parigi (1870) e alla crescita politica del socialismo.
Gustave Le Bon, saggista e positivista francese, con "La Folla: Studio della mentalità popolare" (1895), pone le fondamenta della Psicologia delle masse. Il libro ebbe un vasto successo, tradotto in inglese l'anno dopo, ristampato più volte nei decenni successivi, divenne una sorta di manuale utilizzato per gli studi di psicologia sociale. Nel libro si spiega come "l'opinione delle masse", dopo essere stata soppressa con successo per quasi tutta la storia dell'umanità, sia ormai diventata incontenibile.
« L'ingresso delle classi popolari nella vita politica è una delle più sorprendenti caratteristiche di questa nostra epoca di transizione. [...]. Le masse stanno creando sindacati davanti ai quali le autorità capitolano un giorno dopo l'altro... Oggi le rivendicazioni delle masse ... mirano a distruggere completamente la società come adesso esiste, con l'intenzione di tornare indietro a quel comunismo primitivo che era la condizione normale di tutti i gruppi umani prima dell'avvento della civilizzazione. Il diritto divino delle masse sta rimpiazzando il diritto divino dei re.
[...] E' solo studiando la psicologia della folla che si può comprendere che le azioni della legge e delle istituzioni su di loro sono insignificanti, che loro sono incapaci di sostenere un'opinione qualunque se non quelle che gli vengono imposte, e che non è con le leggi basate sulle teorie della pura eguaglianza che essi vanno guidati, bensì con lo studio di ciò che li impressiona e li seduce. »
(G. Le Bon, 1895)

..più sotto…

Robert Ezra Park,uno dei maggiori sociologi degli Stati Uniti, nel 1904 scrisse "La folla e il pubblico". Park portava Le Bon in America e, dopo aver affrontato il tema dello sviluppo dei media, notò come l'opinione pubblica stesse diventando sempre meno distinguibile dalla mente delle masse:
"la cosiddetta opinione pubblica è generalmente niente più che un semplice impulso collettivo che può essere manipolato dagli slogan. ... Il giornalismo moderno, che dovrebbe istruire e dirigere l'opinione pubblica riportando e discutendo gli eventi, solitamente si sta rivelando come un semplice meccanismo per controllare l'attenzione della collettività

Ma gli eminenti studiosi dell’ottocento e del novecento, non spiegano perché in età adulta molti uomini e donne credono ancora a Pinocchio.

Politica | Di F. Q.
Renzi: “Voto? Nel 2018, sempre detto”

Carlo Collodi
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

Carlo Collodi, all'anagrafe Carlo Lorenzini (Firenze, 24 novembre 1826 – Firenze, 26 ottobre 1890), è stato uno scrittore e giornalista italiano. È divenuto celebre come autore del romanzo Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino, più noto come Pinocchio.



Quello che Wikipedia non riporta, è che a ispirare Carlo Collodi per la stesura del libro: Le avventure di Pinocchio fu un bisavolo di Matteo Renzi.

Il Dna non sgarra.



Qualcuno del forum sa dare una spiegazione perché ancora molti adulti, alcuni stagionati, credono ancora alle balle di Pinocchio Mussoloni??????
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