Renzi

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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Re: Renzi

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Politica | Di F. Q.


Prodi, Veltroni, Franceschini, Orlando
Dopo il voto la dirigenza Pd contro Renzi
Lui: ‘Gli iscritti non meritano polemiche’
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Re: Renzi

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....UN PO' IN RITARDO, MA ANCHE LORO SI RENDONO CONTO CHE IL PD NON C'E' PIU'.....


•la scissione – a lecce 104 sindaci e dirigenti vanno con mdp: “il pd è ormai il partito di renzi


di F.Q.
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Re: Renzi

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...E' IL BRACCIO DI FERRO TRA ALCUNI ITALIANI E PINOCCHIO MUSSOLONI?????



La verità dei flussi elettorali:
è stato un voto contro Renzi


Il centrosinistra è in difficoltà, al ballottaggio molti hanno cambiato scelta. Astensione decisiva

di Renato Mannheimer

57 minuti fa
37
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Re: Renzi

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UncleTom ha scritto:....UN PO' IN RITARDO, MA ANCHE LORO SI RENDONO CONTO CHE IL PD NON C'E' PIU'.....


•la scissione – a lecce 104 sindaci e dirigenti vanno con mdp: “il pd è ormai il partito di renzi


di F.Q.




IlFattoQuotidiano.it / Politica



Lecce, maxi-scissione nel Pd: 104 dirigenti e sindaci passano a Mdp. “Torsione personalistica, è ormai il partito di Renzi”
di F. Q. | 27 giugno 2017

Politica
La maggioranza degli amministratori e dirigenti dem del Salento abbandona il partito e sposa il progetto di Massimo D'Alema. A Patù traslocano il sindaco e tutta la maggioranza. Esulta Speranza: "Dimostrazione che un nuovo orizzonte è ormai irrinunciabile"
di F. Q. | 27 giugno 2017
13
• 5,4 mila


Più informazioni su: Articolo 1, Lecce, Massimo D’Alema, Matteo Renzi, PD, Roberto Speranza, Salento

Si annunciava una truppa composta da un’ottantina di dirigenti e amministratori. Alla fine in provincia di Lecce hanno salutato 104 tra sindaci, assessori, consiglieri comunali e quadri. Tutti pronti a migrare dal Partito Democratico ad Articolo 1-Mdp. Non è un caso che l’esodo avvenga nel Salento, dove Massimo D’Alema, che nella ‘scissione’ a sinistra dal partito di Matteo Renzi ha giocato un ruolo fondamentale assieme a Pierluigi Bersani e Roberto Speranza, gioca ancora un ruolo politico di primo piano.
Neanche il tempo di gioire per le vittorie ai ballottaggi alle comunali di Lecce e Taranto, ‘mosche bianche’ nel disastro delle ultime amministrative, che il Pd pugliese deve fronteggiare una divisione senza precedenti. Come se non bastassero i numeri comunque risicati ottenuti dal partito all’interno della coalizione guidata da Carlo Maria Salvemini, uomo esterno (e più a sinistra) al Pd, capace di strappare il capoluogo salentino alla destra dopo vent’anni. Solo 4 consiglieri, infatti, saranno esponenti dem: gli stessi sui quali può contare la civica Lecce Città Pubblica.

Ad annunciare lo strappo era stato proprio l’ex presidente del Consiglio, lunedì pomeriggio, durante l’assemblea regionale di Mdp a Roma: “Oggi il giorno dopo il ballottaggio in una delle poche città dove abbiamo vinto, Lecce, ottanta dirigenti del Pd, la maggioranza del gruppo dirigente, tra cui alcuni sindaci di comuni importanti ed il segretario della federazione, quello che ha condotto la campagna elettorale, hanno abbandonato il partito e si sono iscritti ad Art.1-Mdp”.


L’addio, ancor più corposo delle previsioni, è stato formalizzato martedì mattina dal segretario provinciale Salvatore Piconese, che ha consegnato la lettera di dimissioni dall’incarico di partito nelle mani del segretario regionale del Pd Marco Lacarra. Dietro di lui altri 103 amministratori ed ex dirigenti. Tra loro anche il sindaco di Patù, Gabriele Abaterusso, ex segretario cittadino ed ex componente della segretaria provinciale, passato a Mdp assieme a tutti i consiglieri di maggioranza nel consiglio comunale. Si ricostruisce così la coppia padre-figlio, visto che suo padre, Ernesto, consigliere regionale, era stato tra i primi ad aderire ad Articolo 1.
Dure le parole usate nella conferenza stampa da Piconese. Il Pd, ha detto, è diventato ormai “il partito di Renzi” che ha portato alla rottamazione in questi anni della “storia del partito e del suo popolo”. Secondo Piconese, oggi il Partito Democratico è “una comunità divisa e disorientata” a causa della “torsione personalistica, la venatura populista e plebiscitaria, unita all’occupazione di uno spazio puramente centrista nel panorama politico nazionale”.
Questi elementi, ha spiegato l’ormai ex segretario provinciale “hanno modificato il patrimonio genetico del partito, il quale si è del tutto allontanato dei suoi valori fondativi e dei suoi principi originari di democrazia, di giustizia sociale e di libertà“. Gli oltre cento amministratori e dirigenti del Pd di Lecce transitati in Mdp, secondo Roberto Speranza sono “una bellissima notizia che testimonia come sia ormai irrinunciabile costruire un nuovo orizzonte progressista in discontinuità con le politiche sbagliate degli ultimi anni”.
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Re: Renzi

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22 minuti fa
1
Pure Prodi molla Renzi
Matteo rimane solo
Ammutinamento Pd


Laura Cesaretti


^^^^^^^^^^^


Ammutinamento Pd Pure Prodi molla Renzi E Matteo rimane solo

Il Professore: la mia tenda lontana dai dem E Franceschini l'avvisa: «Non essere divisivo»

Laura Cesaretti - Mer, 28/06/2017 - 09:18

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A metà pomeriggio, è una dichiarazione di Romano Prodi a far capire che la caccia a Matteo Renzi è davvero iniziata.

«Leggo che il segretario del Pd mi invita a spostare un po' più lontano la tenda. Lo farò senza difficoltà: la mia tenda è molto leggera. Intanto l'ho messa nello zaino». Prodi, un po' come il suo emulo Bersani, parla per oscure metafore: quello ha la «mucca in corridoio», questo la «tenda nello zaino». L'ex premier dell'Ulivo si è offeso perché Renzi, dopo le amministrative, ha liquidato il suo progetto di rifare una «larga coalizione», un camping modello Unione, rinunciando alla «vocazione maggioritaria» del Pd e rimettendo insieme i molteplici Turigliatto che si agitano a sinistra. Renzi ha fatto notare che alle amministrative, da Genova in giù, si è perso proprio con quel modello di coalizione: «E' stato ancora una volta dimostrato che quelli che invocano una coalizione di centrosinistra larga il più possibile fanno il gioco del centrodestra, e non del Pd». Prodi gli replica stizzito che allora lui se ne va, con la sua tenda. Pronto a spostarsi «un po' più lontano», lontano da quel Pd che (l'accusa stavolta è di Walter Veltroni) sembra una «prosecuzione della Margherita». Non abbastanza di sinistra, insomma.

L'assedio si materializza nel giro di poche ore, e stringe Renzi da vicino. Perchè stavolta non è la solita compagnia di giro bersanian-dalemiana: stavolta sono «padri nobili» e supporter renziani che scendono in campo contro il segretario, all'indomani della batosta amministrativa.

Comincia - sia pur con garbo - Veltroni, fondatore e primo leader del Pd, quello della «vocazione maggioritaria», che invita Renzi a «cambiare passo». E a superare quella vocazione, perchè «serve un campo largo» e «questa è la fase dell'inclusione». Poi spunta Dario Franceschini: su Twitter, il ministro pubblica un grafico che rappresenta il calo elettorale del Pd in alcune città dove si è votato e chiosa: «Bastano questi numeri per capire che qualcosa non ha funzionato? Il Pd è nato per unire il campo del centrosinistra non per dividerlo». Dunque un alleato interno di Renzi che si smarca e si mette in scia coi suoi avversari. Seguono a ruota altri comprimari: Nicola Zingaretti, Gianni Cuperlo, Andrea Orlando. Che spiega l'intento del pressing contro Renzi: la coalizione non gli piace perchè «mette in discussione il tema della candidatura alla premiership».

Al Nazareno non si aspettavano un attacco concentrico così scoperto, e guidato da Prodi, il quale «ha preso a pretesto una frase non detta da Renzi per sfilarsi», dice un dirigente renziano. Obiettivo? «Far saltare Renzi», e impedirgli di essere il futuro candidato premier del Pd. Lasciando intendere che, a cominciare da Prodi, sono pronti a dare la loro benedizione da padri nobili ad operazioni alternative al Pd come quella di Giuliano Pisapia, in modo da far saltare gli equilibri interni al partito. Per poi candidare Pisapia? A questo non crede quasi nessuno. Del resto proprio Prodi, zaino in spalla e tenda al seguito, sembra attendere con ansia che qualcuno invochi il suo ritorno sulla tolda di una nuova Unione.
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Re: Renzi

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REPUBBLICA ITALIANA : ULTIMO ATTO



Gli STRUMPTRUPPEN gongolano, il Pd sta crollando come un colosso di argilla.


Ammutinamento Pd Pure Prodi molla Renzi E Matteo rimane solo
Il Professore: la mia tenda lontana dai dem E Franceschini l'avvisa: «Non essere divisivo»
Laura Cesaretti - Mer, 28/06/2017 - 09:18

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A metà pomeriggio, è una dichiarazione di Romano Prodi a far capire che la caccia a Matteo Renzi è davvero iniziata.
«Leggo che il segretario del Pd mi invita a spostare un po' più lontano la tenda. Lo farò senza difficoltà: la mia tenda è molto leggera. Intanto l'ho messa nello zaino». Prodi, un po' come il suo emulo Bersani, parla per oscure metafore: quello ha la «mucca in corridoio», questo la «tenda nello zaino». L'ex premier dell'Ulivo si è offeso perché Renzi, dopo le amministrative, ha liquidato il suo progetto di rifare una «larga coalizione», un camping modello Unione, rinunciando alla «vocazione maggioritaria» del Pd e rimettendo insieme i molteplici Turigliatto che si agitano a sinistra. Renzi ha fatto notare che alle amministrative, da Genova in giù, si è perso proprio con quel modello di coalizione: «E' stato ancora una volta dimostrato che quelli che invocano una coalizione di centrosinistra larga il più possibile fanno il gioco del centrodestra, e non del Pd». Prodi gli replica stizzito che allora lui se ne va, con la sua tenda. Pronto a spostarsi «un po' più lontano», lontano da quel Pd che (l'accusa stavolta è di Walter Veltroni) sembra una «prosecuzione della Margherita». Non abbastanza di sinistra, insomma.
L'assedio si materializza nel giro di poche ore, e stringe Renzi da vicino. Perchè stavolta non è la solita compagnia di giro bersanian-dalemiana: stavolta sono «padri nobili» e supporter renziani che scendono in campo contro il segretario, all'indomani della batosta amministrativa.
Comincia - sia pur con garbo - Veltroni, fondatore e primo leader del Pd, quello della «vocazione maggioritaria», che invita Renzi a «cambiare passo». E a superare quella vocazione, perchè «serve un campo largo» e «questa è la fase dell'inclusione». Poi spunta Dario Franceschini: su Twitter, il ministro pubblica un grafico che rappresenta il calo elettorale del Pd in alcune città dove si è votato e chiosa: «Bastano questi numeri per capire che qualcosa non ha funzionato? Il Pd è nato per unire il campo del centrosinistra non per dividerlo». Dunque un alleato interno di Renzi che si smarca e si mette in scia coi suoi avversari. Seguono a ruota altri comprimari: Nicola Zingaretti, Gianni Cuperlo, Andrea Orlando. Che spiega l'intento del pressing contro Renzi: la coalizione non gli piace perchè «mette in discussione il tema della candidatura alla premiership».
Al Nazareno non si aspettavano un attacco concentrico così scoperto, e guidato da Prodi, il quale «ha preso a pretesto una frase non detta da Renzi per sfilarsi», dice un dirigente renziano. Obiettivo? «Far saltare Renzi», e impedirgli di essere il futuro candidato premier del Pd. Lasciando intendere che, a cominciare da Prodi, sono pronti a dare la loro benedizione da padri nobili ad operazioni alternative al Pd come quella di Giuliano Pisapia, in modo da far saltare gli equilibri interni al partito. Per poi candidare Pisapia? A questo non crede quasi nessuno. Del resto proprio Prodi, zaino in spalla e tenda al seguito, sembra attendere con ansia che qualcuno invochi il suo ritorno sulla tolda di una nuova Unione.
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REPUBBLICA ITALIANA : ULTIMO ATTO





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Politica


Consip, potrà l’Italia sciogliersi dalla morsa fatale di Renzi?

di Roberto Marchesi | 28 giugno 2017



Più informazioni su: Henry John Woodcock, La7, Lilli Gruber, Marco Travaglio, Nicola Porro, Otto e mezzo, Vittorio Zucconi

Roberto Marchesi
Politologo, studioso di macroeconomia
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Se raccontassi ai miei amici americani di Dallas il dibattito cui ho assistito stasera in televisione su La7 nel programma pre-serale della Gruber, sono certo che mi guarderebbero dubbiosi pensando che sto cercando di prenderli in giro. Il dibattito vedeva ospiti in studio Nicola Porro e Vittorio Zucconi, in collegamento invece Marco Travaglio che, col suo giornale, era chiamato a rispondere della fuga di notizie (coperte da segreto istruttorio) relative alle indagini condotte dal pubblico ministero del tribunale di Napoli, Henry John Woodcock.

Ora, nemmeno negli Usa stupisce che un pubblico ministero, cioè la pubblica accusa nei processi, possa essere a sua volta indagato, anche se normalmente è lui quello che fa le indagini sugli altri. Basterebbe però aggiungere che lui sta indagando su un caso dove, per cerchi concentrici, sono inquisiti personaggi di altissimo livello in campo istituzionale (da un paio di generalissimi fino al top del potere esecutivo della democrazia italiana) includendo ovviamente nelle indagini anche i vertici di Consip, la più grande società pubblica italiana nella gestione degli appalti pubblici, per accorgersi che anche il semplice cow-boy texano intuisce agevolmente che c’è “qualcosa” nel sistema che non quadra affatto.
Però anche in Texas un pubblico ministero che passa informazioni su indagini riservate viene indagato e, se risulta colpevole, condannato. Certo. Ma non viene organizzato un dibattito con tre giornalisti di gran nome, nell’orario di maggiore ascolto serale, per vedere due dei tre giornalisti affannarsi nella speranza (ovviamente mai concretizzatasi) di spingere il terzo (Travaglio) ad ammettere che sì, è stato il pm Woodcock a far filtrare le notizie sulle indagini in corso tramite la sua amica del cuore che fa la giornalista.
Tuttavia, non solo Travaglio, ma anche gli altri due giornalisti ammettono che, come giornalisti, sentono sì, il dovere di pubblicare certe notizie non appena ne vengono a conoscenza, ma mai e poi mai farebbero il nome della “talpa” che le ha fornite sottobanco. Quindi a che serve questa manfrina?
Travaglio comunque è andato più in là, dicendo più volte che la notizia NON è uscita dalle carte di Woodcock. Che sia vero o no ha poca importanza perché un serio direttore di giornale non fa il nome di un collaboratore che, anche se in modo traverso, fornisce notizie vere. Specialmente se sono notizie utili a scoperchiare una di quelle putride piaghe che raggiungono ormai col loro marciume persino i livelli più alti delle nostre desolate istituzioni statali lasciate in pasto ad avvoltoi senza scrupoli.
VIDEO : 2
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/06 ... qus_thread
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Re: Renzi

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REPUBBLICA ITALIANA : ULTIMO ATTO



FIAT DUX


28 giu 2017 12:12
1. RENZI-TELEVISION! CHIUSA L'‘ARENA’, GILETTI MOLLA LA RAI: ‘OGGI’ RIVELA LE TRATTATIVE

2. IL GIORNALISTA SI ERA TRASFORMATO IN UN CAPOPOPOLO ANTI-CASTA, E PER QUESTO È STATO PUNITO. L’ORDINE DI RENZI A MARIO ORFEO È DI ‘NORMALIZZARE’ LA RAI IN VISTA DELLE ELEZIONI

3. FACEVA 4 MILIONI DI ASCOLTO E OLTRE IL 20% DI SHARE, ERA L’UNICO CHE BATTEVA BARBARA D’URSO. IL RIDICOLO TWEET DI TRISTINA PARODI, CHE FARÀ ‘DOMENICA IN’ DOPO (SENZA) DI LUI
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Re: Renzi

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La vignetta di Riccardo Mannelli sul Fatto che non è piaciuta a Matteo Renzi News

Oggi Riccardo Mannelli in prima pagina sul Fatto Quotidiano ha pubblicato una vignetta intitolata “Happy End PD” per illustrare le polemiche tra Prodi, Franceschini e Renzi e il “momento no” del Partito Democratico che rischia di tracimare in liti pubbliche e retroscena scottanti. Mannelli è un artista di chiara fama, autore di reportage per la Repubblica e per Cuore (meravigliosi quelli dalle spiagge italiane all’epoca del settimanale diretto da Michele Serra).

https://www.nextquotidiano.it/riccardo- ... enzi-news/
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Re: Renzi

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REPUBBLICA ITALIANA : ULTIMO ATTO



SIAMO UN POPOLO DI SOGNATORI





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Politica

Renzi, vai a casa, per favore

di Fabio Marcelli | 28 giugno 2017

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Più informazioni su: Elezioni Amministrative 2017, Matteo Renzi, Sinistra, Tomaso Montanari

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Qualche tempo fa avevo sostenuto la possibilità e l’opportunità di liberarsi di Renzi in tre mosse. Tutto giusto e tutto puntualmente verificatosi. Non avevo però fatto i conti con l’animalesca pervicacia del soggetto, abbarbicato in modo inestricabile alle sue poltrone, insieme alla sua corte di nani e ballerine, dottorati sospettati di plagio, incompetenti disastrosi dall’aria pateticamente “responsabile” e professorale, intrallazzatrici bancarie e intrallazzatori vari. Però, dopo l’ennesima batosta elettorale di domenica, voglio tornare alla carica e chiedergli con il massimo candore possibile: Matteo, ma perché non lasci perdere?

Intendiamoci. Se vuole continuare, tanto di guadagnato, da un certo punto di vista. Infatti sta trascinando con sé nella tomba il Pd e il sistemino di potere messo in piedi in questi ultimi anni, che tanti danni sta facendo all’Italia, specialmente a quella che lavora e a quella che non lavora e sprofonda sempre di più nella miseria, nell’indifferenza totale delle istituzioni e di un ceto politico attento solo alla propria sempre più autoreferenziale sopravvivenza.


Allargando però un po’ le nostre visuali, è facile rendersi conto di come, liberandoci subito e senza ulteriori incancrenimenti della situazione della presenza di questa malriuscita caricatura del di per sé pessimo Tony Blair, avremmo tutti quanti da guadagnare. Tranne forse Berlusconi e Salvini che stanno mietendo immeritati successi approfittando degli spazi offerti loro dal dilettante di Rignano e dalla sua rovinosa decadenza.

Occorre però chiedersi fino a che punto sia recuperabile a una dialettica democratica un Pd oramai infettato a fondo dal virus del decisionismo privo di sostanza e dell’amore per l’esercizio del potere fine a se stesso. Per sopravvivere il pessimo governante ha fatto ingoiare al Paese numerosi provvedimenti volti solo a salvaguardare gli interessi delle lobby sciagurate, Confindustria e banche varie in testa, che stanno massacrando il nostro Paese e risultano del tutto prive di idee in positivo, riuscendo sempre e solo a perpetuare i malefici meccanismi di sfruttamento ed esclusione sociale che sempre più lo affondano nelle sabbie mobili della crisi, a questo punto non solo economica ma anche e soprattutto ideale, e lo deprivano di ogni prospettiva di futuro.


E’ ad ogni modo necessario ed urgente apprestare strumenti e idee per l’alternativa, il cui spezzone fondamentale deve essere una sinistra autentica, come quella raccolta al Teatro Brancaccio domenica 18 giugno da Anna Falcone e Tomaso Montanari. E’ solo laddove una sinistra di questo genere riesce ad organizzarsi, raccogliendo vaste adesioni popolari, che si riesce a contenere la resistibile ascesa di una destra a sua volta bollita e che si fa forte solo della debolezza altrui, oltre che del fallimento storico di Matteo Renzi. Renzi, infatti, avrebbe voluto trapiantare nella sinistra le peggiori idee della destra ma, come sempre accade in questi casi, ha ottenuto solo il risultato di rafforzare i detentori originali di tali idee, che oggi tornano alla ribalta anche in posti come Genova e Sesto San Giovanni, luoghi simboli di una grande e tradizione che non meritava certo un epigono rottamatore del genere. Organizzare in modo autonomo una sinistra che sappia tornare ad essere espressione delle esigenze e della partecipazione popolare è anche condizione indispensabile per interloquire in modo costruttivo con il Movimento Cinque Stelle, contrastandone le pulsioni a volte destroidi e razziste.

La destra ringalluzzita incombe sulle macerie del renzismo. Sarebbe ora che, per porre fine a questo scempio, il rottamatore rottamasse se stesso. Quindi, Matteo, se finalmente te ne tornerai a casa farai un favore a tutti noi e in ultima analisi anche a te stesso. Se invece, come si teme, continuerà la tua agonia politica e con essa quella del partito di cui ti sei impadronito senza troppa difficoltà, emergerà con ancora maggior nettezza l’esigenza di una forza politica di sinistra che sappia operare una reale discontinuità rispetto ai fallimenti politici del passato. Una sinistra capace di intercettare la rabbia e la voglia di cambiare dei giovani, come sta facendo Jeremy Corbyn in Gran Bretagna. Occorre rompere ogni ponte con una storia poco onorevole che non è cominciata certo con te, anche se hai operato una significativa accelerazione nell’abbandono di ogni giusta causa e nella costruzione di un muro invalicabile con le esigenze e i sentimenti delle persone in carne ed ossa. Persone oggi più che mai disorientate, umiliate ed offese dalle pessime scelte politiche dell’ultimo ventennio, come dimostrato anche dall’aumento senza precedenti dei tassi di astensionismo elettorale e dalla profonda sfiducia nella partecipazione democratica che stanno colpendo il nostro Paese. Sicuramente non dobbiamo disfarci solo di te Matteo, ma sarebbe, intanto, un ottimo inizio nella giusta direzione.


di Fabio Marcelli | 28 giugno 2017
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