Diario della caduta di un regime.
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Re: Diario della caduta di un regime.
…………….PER LA SERIE:…..”LA SAI L’ULTIMA?????”……..
Dal Museo delle Cere (o dei ceroni), Silvio Massimo, detto il Caimano, tira fuori dal suo cappello a cilindro, dopo Farsa Italia, “Rivoluzione Italia”
Allegria!!!! Allegria!!!!!
Mike Bongiorno
Centrodestra, Berlusconi deposita il simbolo "Rivoluzione Italia"
Il nuovo soggetto politico da affiancare a Forza Italia. L'obiettivo di Berlusconi: vincere le prossime elezioni e controbilanciare l'ala sovranista del centrodestra
Sergio Rame - Gio, 05/10/2017 - 18:02
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Ad essersene accorta è l'Adnkronos secondo cui il nuovo soggetto politico verrà affiancato a Forza Italia. È stato, infatti, pensato dal Cavaliere per vincere le prossime elezioni politiche controbilanciando, in questo modo, l'ala sovranista del centrodestra formata da Lega e Fratelli d'Italia.
Rivoluzione Italia potrebbe presto diventare realtà. Secondo l'Adnkronos, potrebbe prendere forma quella che lo stesso Berlusconi ha definito essere una "pazza idea" per vincere le prossime elezioni, che si terranno in primavera, e sparigliare le carte. L'ex presindete del Consiglio ha depositato lo scorso 14 settembre presso l'Ufficio brevetti e marchi del ministero dello Sviluppo Economico il marchio "Rivoluzione Italia" per tutte le categorie della classificazione di Nizza, così da poterlo utilizzare anche per il merchandising, dai gadget alle spillette.
Spulciando il database del Mise, si scopre che già il 2 agosto scorso era stato registrato, sempre a nome di Berlusconi, la dicitura "Rivoluzione per l'Italia". "Per entrambi i loghi - spiega l'Adnkronos - il rappresentante legale è l'avvocato Cristina Rossello di Milano". Questa volta, però, la rivoluzione azzurra tante volte annunciata potrebbe concretizzarsi in un movimento, lontano dalla "vecchia politica", dando maggiore spazio alla società civile e a volti nuovi. L'obiettivo di Berlusconi è intercettare il voto di protesta dell'elettorato pentastellato e, dando maggiore spazio alla società civile, recuperare il "non voto". "Da qui - spiega l'Adnkronos - la necessità di puntare su forze di stampo movimentista vicine alla gente come le liste civiche".
Dal Museo delle Cere (o dei ceroni), Silvio Massimo, detto il Caimano, tira fuori dal suo cappello a cilindro, dopo Farsa Italia, “Rivoluzione Italia”
Allegria!!!! Allegria!!!!!
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Centrodestra, Berlusconi deposita il simbolo "Rivoluzione Italia"
Il nuovo soggetto politico da affiancare a Forza Italia. L'obiettivo di Berlusconi: vincere le prossime elezioni e controbilanciare l'ala sovranista del centrodestra
Sergio Rame - Gio, 05/10/2017 - 18:02
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Ad essersene accorta è l'Adnkronos secondo cui il nuovo soggetto politico verrà affiancato a Forza Italia. È stato, infatti, pensato dal Cavaliere per vincere le prossime elezioni politiche controbilanciando, in questo modo, l'ala sovranista del centrodestra formata da Lega e Fratelli d'Italia.
Rivoluzione Italia potrebbe presto diventare realtà. Secondo l'Adnkronos, potrebbe prendere forma quella che lo stesso Berlusconi ha definito essere una "pazza idea" per vincere le prossime elezioni, che si terranno in primavera, e sparigliare le carte. L'ex presindete del Consiglio ha depositato lo scorso 14 settembre presso l'Ufficio brevetti e marchi del ministero dello Sviluppo Economico il marchio "Rivoluzione Italia" per tutte le categorie della classificazione di Nizza, così da poterlo utilizzare anche per il merchandising, dai gadget alle spillette.
Spulciando il database del Mise, si scopre che già il 2 agosto scorso era stato registrato, sempre a nome di Berlusconi, la dicitura "Rivoluzione per l'Italia". "Per entrambi i loghi - spiega l'Adnkronos - il rappresentante legale è l'avvocato Cristina Rossello di Milano". Questa volta, però, la rivoluzione azzurra tante volte annunciata potrebbe concretizzarsi in un movimento, lontano dalla "vecchia politica", dando maggiore spazio alla società civile e a volti nuovi. L'obiettivo di Berlusconi è intercettare il voto di protesta dell'elettorato pentastellato e, dando maggiore spazio alla società civile, recuperare il "non voto". "Da qui - spiega l'Adnkronos - la necessità di puntare su forze di stampo movimentista vicine alla gente come le liste civiche".
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Re: Diario della caduta di un regime.
UncleTom ha scritto:…………….PER LA SERIE:…..”LA SAI L’ULTIMA?????”……..
Dal Museo delle Cere (o dei ceroni), Silvio Massimo, detto il Caimano, tira fuori dal suo cappello a cilindro, dopo Farsa Italia, “Rivoluzione Italia”
Allegria!!!! Allegria!!!!!
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Centrodestra, Berlusconi deposita il simbolo "Rivoluzione Italia"
Il nuovo soggetto politico da affiancare a Forza Italia. L'obiettivo di Berlusconi: vincere le prossime elezioni e controbilanciare l'ala sovranista del centrodestra
Sergio Rame - Gio, 05/10/2017 - 18:02
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Ad essersene accorta è l'Adnkronos secondo cui il nuovo soggetto politico verrà affiancato a Forza Italia. È stato, infatti, pensato dal Cavaliere per vincere le prossime elezioni politiche controbilanciando, in questo modo, l'ala sovranista del centrodestra formata da Lega e Fratelli d'Italia.
Rivoluzione Italia potrebbe presto diventare realtà. Secondo l'Adnkronos, potrebbe prendere forma quella che lo stesso Berlusconi ha definito essere una "pazza idea" per vincere le prossime elezioni, che si terranno in primavera, e sparigliare le carte. L'ex presindete del Consiglio ha depositato lo scorso 14 settembre presso l'Ufficio brevetti e marchi del ministero dello Sviluppo Economico il marchio "Rivoluzione Italia" per tutte le categorie della classificazione di Nizza, così da poterlo utilizzare anche per il merchandising, dai gadget alle spillette.
Spulciando il database del Mise, si scopre che già il 2 agosto scorso era stato registrato, sempre a nome di Berlusconi, la dicitura "Rivoluzione per l'Italia". "Per entrambi i loghi - spiega l'Adnkronos - il rappresentante legale è l'avvocato Cristina Rossello di Milano". Questa volta, però, la rivoluzione azzurra tante volte annunciata potrebbe concretizzarsi in un movimento, lontano dalla "vecchia politica", dando maggiore spazio alla società civile e a volti nuovi. L'obiettivo di Berlusconi è intercettare il voto di protesta dell'elettorato pentastellato e, dando maggiore spazio alla società civile, recuperare il "non voto". "Da qui - spiega l'Adnkronos - la necessità di puntare su forze di stampo movimentista vicine alla gente come le liste civiche".
LA MACCHINA DA GUERRA DELLA PROPAGANDA STRUMPTRUPPEN E’ GIA’ IN MOTO.
Per la serie: NOI BUONI, LORO CATTIVI:
13 ore fa
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Sondaggi, il centrodestra vola
Il M5S di Di Maio è ai minimi
Sergio Rame
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Re: Diario della caduta di un regime.
…….DAL MUSEO DELLE CERE…….
Chi più di lui sa che gli italiani si devono : Fottere, Fottere, Fottere??????
In fondo i tricolori sono un po’ come i mussulmani quando pregano.
Sempre con le chiappe per aria.
Poi passa Silvio.
E’ dal 1994 quando è sceso in campo la prima volta, che fotte allegramente i tricolori.
E’ riuscito a Fottere 60 milioni di italiani senza che se ne accorgessero, attuando il Piano di Rinascita Democratica di Licio Gelli, trasformando tutti i partiti in club rotariani guidati da pochi eletti, secondo le volontà del maestro venerabile della P2.
Con il bel risultato, toccabile con mano, che in Italia non esiste più classe dirigente politica.
Solo venditori di bufale che si contendono gli ultimi pezzi di carne attaccata all’osso in attesa del crollo finale di questo Paese che non sta più in piedi, e cerca solo di galleggiare. Non dico come.
Pinocchio Mussoloni, Matteo Salvini, Grillo-Di Maio, e naturalmente lui Silvio Massimo da Hardcore, in pista per il secondo tempo di: FOTTERE E’ IL MIO MESTIERE.
Ecco la “civetta”di Silvio: Rivoluzione italiana
Centrodestra Berlusconi ha depositato il marchio di un altro partito:
sarà una nuova lista farlocca o l’ennesimo predellino
» GIANLUCA ROSELLI
(Da pagina 2 del Fatto Quotidiano oggi in edicola)
Qualcuno parla apertamente di Predellino 2018.
Ovvero una grande operazione di rilancio in perfetto Berlusconi style.
Altri la vedono più come una sorta di bad company di Forza Italia, contenitore per quelli che non si possono presentare nel partito azzurro, tra cui alcuni transfughi di ritorno.
L’UNICO dato certo è che Silvio Berlusconi (il 14 settembre scorso) ha registrato un marchio per un nuovo soggetto politico, Rivoluzione Italia.
Che potrebbe diventare la quinta gamba del centrodestra alle elezioni, da affiancare a FI, Lega, FdI e l’aggregazione centrista di Costa, Parisi, Quagliariello e Fitto.
“Berlusconi non è nuovo a queste cose. Quando gli gira in testa un nome, prende e registra. Anche perché teme che venga in mente ad altri. In questi mesi ne ha depositati diversi, come l’Altra Italia.
Poi, cosa ne farà è tutto da vedere…”, racconta una fonte forzista.
L’idea di una quinta lista del centrodestra tornerebbe utile ai fini della legge elettorale.
Secondo lo schema del Rosatellum bis, infatti, per accedere alla ripartizione dei seggi occorre superare il 3%, ma i voti delle liste servono alla coalizione d’appartenenza anche se superano l’1%.
Mentre in queste ore si parla di emendamenti salva-cespugli, come quello che consente il passaggio alle liste che raggiungono il 3% almeno in tre regioni.
Tutti meccanismi che spingono alla proliferazione delle liste, civetta o meno.
INSOMMA, tutto fa brodo.
Per questo l’ex Cavaliere è lo sponsor anche della lista animalista della Brambilla, che si presenterà in tutto lo stivale.
“Rivoluzione”, tra l’altro, è una parola che a Berlusconi piace parecchio.
Nei suoi ragionamenti dà l’idea di un soggetto movimentista, in grado di intercettare società civile, delusi del centrodestra e scontenti del M5S.
Quali siano poi i candidati in lizza è tutto da vedere: il rischio è di fare una Forza Italia 2, con gli esclusi dalle liste azzurre.
Ma c’è anche un’altra teoria.
Berlusconi, si sa, è stufo del brandForza Italia, a suo dire non funziona più, e per questo i sondaggi sono inchiodati al 13%.
Rivoluzione Italia potrebbe essere la nuova grande avventura berlusconiana che andrebbe a rottamare il vecchio partito.
Il problema, però, è che l’ex Cav. non vuole più buttare soldi in un partito.
E uno nuovo ne richiede parecchi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Chi più di lui sa che gli italiani si devono : Fottere, Fottere, Fottere??????
In fondo i tricolori sono un po’ come i mussulmani quando pregano.
Sempre con le chiappe per aria.
Poi passa Silvio.
E’ dal 1994 quando è sceso in campo la prima volta, che fotte allegramente i tricolori.
E’ riuscito a Fottere 60 milioni di italiani senza che se ne accorgessero, attuando il Piano di Rinascita Democratica di Licio Gelli, trasformando tutti i partiti in club rotariani guidati da pochi eletti, secondo le volontà del maestro venerabile della P2.
Con il bel risultato, toccabile con mano, che in Italia non esiste più classe dirigente politica.
Solo venditori di bufale che si contendono gli ultimi pezzi di carne attaccata all’osso in attesa del crollo finale di questo Paese che non sta più in piedi, e cerca solo di galleggiare. Non dico come.
Pinocchio Mussoloni, Matteo Salvini, Grillo-Di Maio, e naturalmente lui Silvio Massimo da Hardcore, in pista per il secondo tempo di: FOTTERE E’ IL MIO MESTIERE.
Ecco la “civetta”di Silvio: Rivoluzione italiana
Centrodestra Berlusconi ha depositato il marchio di un altro partito:
sarà una nuova lista farlocca o l’ennesimo predellino
» GIANLUCA ROSELLI
(Da pagina 2 del Fatto Quotidiano oggi in edicola)
Qualcuno parla apertamente di Predellino 2018.
Ovvero una grande operazione di rilancio in perfetto Berlusconi style.
Altri la vedono più come una sorta di bad company di Forza Italia, contenitore per quelli che non si possono presentare nel partito azzurro, tra cui alcuni transfughi di ritorno.
L’UNICO dato certo è che Silvio Berlusconi (il 14 settembre scorso) ha registrato un marchio per un nuovo soggetto politico, Rivoluzione Italia.
Che potrebbe diventare la quinta gamba del centrodestra alle elezioni, da affiancare a FI, Lega, FdI e l’aggregazione centrista di Costa, Parisi, Quagliariello e Fitto.
“Berlusconi non è nuovo a queste cose. Quando gli gira in testa un nome, prende e registra. Anche perché teme che venga in mente ad altri. In questi mesi ne ha depositati diversi, come l’Altra Italia.
Poi, cosa ne farà è tutto da vedere…”, racconta una fonte forzista.
L’idea di una quinta lista del centrodestra tornerebbe utile ai fini della legge elettorale.
Secondo lo schema del Rosatellum bis, infatti, per accedere alla ripartizione dei seggi occorre superare il 3%, ma i voti delle liste servono alla coalizione d’appartenenza anche se superano l’1%.
Mentre in queste ore si parla di emendamenti salva-cespugli, come quello che consente il passaggio alle liste che raggiungono il 3% almeno in tre regioni.
Tutti meccanismi che spingono alla proliferazione delle liste, civetta o meno.
INSOMMA, tutto fa brodo.
Per questo l’ex Cavaliere è lo sponsor anche della lista animalista della Brambilla, che si presenterà in tutto lo stivale.
“Rivoluzione”, tra l’altro, è una parola che a Berlusconi piace parecchio.
Nei suoi ragionamenti dà l’idea di un soggetto movimentista, in grado di intercettare società civile, delusi del centrodestra e scontenti del M5S.
Quali siano poi i candidati in lizza è tutto da vedere: il rischio è di fare una Forza Italia 2, con gli esclusi dalle liste azzurre.
Ma c’è anche un’altra teoria.
Berlusconi, si sa, è stufo del brandForza Italia, a suo dire non funziona più, e per questo i sondaggi sono inchiodati al 13%.
Rivoluzione Italia potrebbe essere la nuova grande avventura berlusconiana che andrebbe a rottamare il vecchio partito.
Il problema, però, è che l’ex Cav. non vuole più buttare soldi in un partito.
E uno nuovo ne richiede parecchi.
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Re: Diario della caduta di un regime.
………................…HAKTUNG BITTE….......……..
Tomo tomo, cacchio cacchio, in silenzio, Er sor conte Paolo, ci sta facendo il servizietto.
Pelo e contropelo.
E dire che aveva iniziato a fare politica con “Capannuccio nostro”, al secolo Mario Capanna.
LA DOMANDA SORGE SPONTANEA:
PER CHI E PER COSA “ER MOVIOLA” PREPARA QUESTO SERVIZIETTO????????????????????????????????????????????
Offensiva
La prossima settimana passerà la legge che, grazie al Pd, triplica il tempo per la custodia dei nostri dati. E c’è anche la norma pro-censura
Lo Stato ci spierà: telefoni e web controllati per 6 anni
Tomo tomo, cacchio cacchio, in silenzio, Er sor conte Paolo, ci sta facendo il servizietto.
Pelo e contropelo.
E dire che aveva iniziato a fare politica con “Capannuccio nostro”, al secolo Mario Capanna.
LA DOMANDA SORGE SPONTANEA:
PER CHI E PER COSA “ER MOVIOLA” PREPARA QUESTO SERVIZIETTO????????????????????????????????????????????
Offensiva
La prossima settimana passerà la legge che, grazie al Pd, triplica il tempo per la custodia dei nostri dati. E c’è anche la norma pro-censura
Lo Stato ci spierà: telefoni e web controllati per 6 anni
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Re: Diario della caduta di un regime.
QUANDO SONO PRESENTI QUESTI EMOTICON, SIGNIFICA CHE L'OVRA PRO NOBIS E' IN AZIONE
Una volta che sono d’accordo con gli STRUMPTRUPPEN, hanno ritirato l’articolo analogo dal sito.
E’ arrivato l’ordine dall’alto???????????????
Il Fatto Quotidiano, invece, l’ha pubblicato stamani sul cartaceo a pagina 2.
POTERI ASSOLUTI
Offensiva
La prossima settimana passerà la legge che, grazie al Pd, triplica il tempo per la custodia dei nostri dati.
E c’è anche la norma pro-censura
Lo Stato ci spierà: telefoni
e web controllati per 6 anni
» VIRGINIA DELLA SALA
Il Senato non se n’è accorto o se lo ha fatto, lo ha ignorato, tanto che ha già approvato la prima delle due norme destinate a stravolgere la gestione dei dati e delle tracce che tutti gli italiani lasciano quando telefonano o navigano nel web. Ieri è iniziata la discussione in aula per il voto definitivo su un ddl apparentemente innocuo dal titolo “Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea”. Una serie di provvedimenti che, nelle intenzioni, dovrebbero limitare il rischio di infrazioni europee e contenziosi ma che nella realtà si traduce in un pastone di norme di tutti i tipi approvate con urgenza. Oltre alla questione legata all’estensione del reato di negazionismo, che ha di fatto bloccato e rimandato l’esame del dispositivo alla settimana prossima, ci sono due punti critici. Il primo, già approvato: l’articolo 2, che affida nuovi poteri di controllo per la violazione del copyright sul web all’Agcom (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni). Il secondo: si estende a sei anni la durata della conservazione dei dati telefonici e di traffico internet degli italiani. Il rischio è che la settimana prossima, l’emendamento che lo stabilisce – a firma del deputato e responsabile giustizia del Pd, Walter Verini – sia approvato così com’è. Partiamo da qui. I DATI. Governo e Parlamento hanno ignorato gli avvertimenti lanciati più volte negli ultimi mesi sia del Garante della Privacy, Antonello Soro, sia dal garante europeo, Giovanni Buttarelli. Parliamo della cosiddetta data retention, la conservazione dei dati che riguardano le telefonate e il traffico internet: data, ora, durata, mittenti e destinatari, telefonate perse, siti internet. Saranno conservati per sei anni, quattro in più rispetto a quanto finora. Per fare un esempio: si tratta dei cosiddetti “tabula - ti”usati durante le indagini. Le informazioni sono detenute dai provider, ovvero da chi offre il servizio (Tim, Vodafone, Fastweb&C.). Una scelta giustificata con la lotta al terrorismo, ma che può trasformarsi in sorveglianza di massa, in un disastro in caso di attacco hacker. Fino a oggi, il limite di conservazione previsto dal Codice del Garante della privacy è stato di due anni per le telefonate, sei mesi per quelle senza risposta e un anno per i metadati della navigazione online. Abbiamo chiesto ai maggiori operatori italiani qualche unità di misura: la proposta, in pratica, triplica quanto previsto per il traffico della telefonia, sestuplica per il traffico dati e aumenta di 72 volte la conservazione dei dati sulle chiamate senza risposta. Implica, poi, un aumento dei costi di alcune decine di milioni di euro: serviranno nuovi archivi digitali (storage) e particolari misure di sicurezza. COPY RIGHT. L’articolo 2, invece, è già stato approvato. Vengono affidati All’A gcom nuovi poteri (l'input è del deputato del Pd, Davide Baruffi). “L’Autorità – si legge nel testo – su istanza dei titolari dei diritti, può ordinare in via cautelare ai prestatori di servizi... di porre fine alle violazioni del diritto d’autore e dei diritti connessi. L’Autorità (...) individua le misure volte a impedire la reiterazione”. In pratica si assegna all’Agcom il compito di intervenire in modo preventivo sui casi di presunta violazione (ad esempio se si condividono film pirata) e non serve, l’autorizzazione del giudice nonostante le direttive Ue dicano il contrario. “Soprattutto –spiega l’avvocato e blogger del Fatto Fulvi o Sarzana – l'unico modo per impedire la reiterazione del reato potrebbe essere una sorta di intercettazione di massa. I filtri contro i contenuti che violano i copyright possono essere imposti solo dalle piattaforme. Ma l’Agcom ha potere solo in Itali a”. Tradotto: si dovrebbe chiedere ai provider italiani di tracciare i movimenti dei cittadini per vedere cosa fanno e dove vanno online. “Un'assur - dità –spiega Sarzana –traccia - re tutti gli italiani e obbligare i provider a farlo”. Non resta che sperare che il provvedimento torni alla Camera e che poi finisca la legislatura. Va bene anche se accade per colpa del negazionismo. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Re: Diario della caduta di un regime.
UncleTom ha scritto:Di una cosa sono convinto: che la cosa peggiore che ci possa capitare è il continuare così senza che nulla
accada e che si continui in questa agonia senza morte che ci preclude ogni possibilità di vera vita.
Un saluto erding
Anche a me sembra che questa agonia si protragga un po’ troppo a lungo rispetto alla caduta della Prima Repubblica.
D’altra parte in linea di massima, la classe politica di allora era dotata di uomini di statura di ben lunga superiore a quelli di oggi che non valgono assolutamente una mazza.
Poi, chi sta ai piani superiori ha aperto le porte al prenditore di Hardcore.
Non fu una scelta a caso, era la tessera 1816 della P2.
E ridendo e scherzando ha portato a termine in linea di massima il PRD, Piano di Rinascita Democratica voluto e progettato da Licio Gelli.
Quell’aggettivo “Democratica” è una truffa.
Nel 2008 in un intervista a La Stampa e a Repubblica, Gelli si vantava di quel piano per averlo pensato 30 anni prima.
Voleva il copyright.
CONTINUA
CONTINUA
Il danno provocato dal PRD di Gelli è enorme.
Ha svuotato completamente i partiti dal concetto di rappresentanza popolare. Non che nella Prima Repubblica tutto funzionasse egregiamente, ma adesso non se ne vede nemmeno l’ombra della rappresentanza dei cittadini italiani.
Quelli che Gelli chiamava club rotariani, in realtà sono diventate delle piccole oligarchie in continua lotta tra di loro per la gestione del potere di facciata, quello che fanno credere ai merli italiani.
Bruno Manfellotto, l’ex direttore dell’Espresso, che ora tiene una sua rubrica settimanale di politica, domenica scorsa ha pubblicato un articolo interessante dal titolo:
IL PREMIER CHE NON C’E’ E L’OUTSIDER CHE VERRA’.
Pensavo che l’Espresso lo rendesse disponibile, come altri articoli di Manfellotto in passato, ma fino ad un’ora fa era solo disponibile in abbonamento.
Lo copierò quindi parola per parola, perché vale la pena di seguire come Manfellotto vede la situazione attuale.
1 ottobre 2017
Questa settimana
Il premier che non c’è. L'outsider che verrà
DI BRUNO MANFELLOTTO
01 ottobre 2017
Per uno di quei paradossi che rendono unica la politica all’italiana, il campo di battaglia è oggi percorso da truppe sparse, confuse e in lotta tra loro; ma di grandi condottieri, di possibili premier per un governo che verrà, non se ne vede nemmeno uno che abbia la plausibile speranza di cingersi il capo d’alloro.
Possibile? Certo che si.
Le spiegazioni sono in parte tecnico-istituzionali, e in parte squisitamente politiche.
Il web ci ha insegnato che basta ripetere un’affermazione in modo asfissiante perché a questa, pur se infondata, si attribuisca una patina di verità: più dei fatti sembrano contare le sensazioni di chi a quei fatti assiste e si convince appunto, che siano veri.
CONTINUA
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Re: Diario della caduta di un regime.
UncleTom ha scritto:
QUANDO SONO PRESENTI QUESTI EMOTICON, SIGNIFICA CHE L'OVRA PRO NOBIS E' IN AZIONE
Una volta che sono d’accordo con gli STRUMPTRUPPEN, hanno ritirato l’articolo analogo dal sito.
E’ arrivato l’ordine dall’alto???????????????
Il Fatto Quotidiano, invece, l’ha pubblicato stamani sul cartaceo a pagina 2.
POTERI ASSOLUTI
Offensiva
La prossima settimana passerà la legge che, grazie al Pd, triplica il tempo per la custodia dei nostri dati.
E c’è anche la norma pro-censura
Lo Stato ci spierà: telefoni
e web controllati per 6 anni
» VIRGINIA DELLA SALA
Il Senato non se n’è accorto o se lo ha fatto, lo ha ignorato, tanto che ha già approvato la prima delle due norme destinate a stravolgere la gestione dei dati e delle tracce che tutti gli italiani lasciano quando telefonano o navigano nel web. Ieri è iniziata la discussione in aula per il voto definitivo su un ddl apparentemente innocuo dal titolo “Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea”. Una serie di provvedimenti che, nelle intenzioni, dovrebbero limitare il rischio di infrazioni europee e contenziosi ma che nella realtà si traduce in un pastone di norme di tutti i tipi approvate con urgenza. Oltre alla questione legata all’estensione del reato di negazionismo, che ha di fatto bloccato e rimandato l’esame del dispositivo alla settimana prossima, ci sono due punti critici. Il primo, già approvato: l’articolo 2, che affida nuovi poteri di controllo per la violazione del copyright sul web all’Agcom (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni). Il secondo: si estende a sei anni la durata della conservazione dei dati telefonici e di traffico internet degli italiani. Il rischio è che la settimana prossima, l’emendamento che lo stabilisce – a firma del deputato e responsabile giustizia del Pd, Walter Verini – sia approvato così com’è. Partiamo da qui. I DATI. Governo e Parlamento hanno ignorato gli avvertimenti lanciati più volte negli ultimi mesi sia del Garante della Privacy, Antonello Soro, sia dal garante europeo, Giovanni Buttarelli. Parliamo della cosiddetta data retention, la conservazione dei dati che riguardano le telefonate e il traffico internet: data, ora, durata, mittenti e destinatari, telefonate perse, siti internet. Saranno conservati per sei anni, quattro in più rispetto a quanto finora. Per fare un esempio: si tratta dei cosiddetti “tabula - ti”usati durante le indagini. Le informazioni sono detenute dai provider, ovvero da chi offre il servizio (Tim, Vodafone, Fastweb&C.). Una scelta giustificata con la lotta al terrorismo, ma che può trasformarsi in sorveglianza di massa, in un disastro in caso di attacco hacker. Fino a oggi, il limite di conservazione previsto dal Codice del Garante della privacy è stato di due anni per le telefonate, sei mesi per quelle senza risposta e un anno per i metadati della navigazione online. Abbiamo chiesto ai maggiori operatori italiani qualche unità di misura: la proposta, in pratica, triplica quanto previsto per il traffico della telefonia, sestuplica per il traffico dati e aumenta di 72 volte la conservazione dei dati sulle chiamate senza risposta. Implica, poi, un aumento dei costi di alcune decine di milioni di euro: serviranno nuovi archivi digitali (storage) e particolari misure di sicurezza. COPY RIGHT. L’articolo 2, invece, è già stato approvato. Vengono affidati All’A gcom nuovi poteri (l'input è del deputato del Pd, Davide Baruffi). “L’Autorità – si legge nel testo – su istanza dei titolari dei diritti, può ordinare in via cautelare ai prestatori di servizi... di porre fine alle violazioni del diritto d’autore e dei diritti connessi. L’Autorità (...) individua le misure volte a impedire la reiterazione”. In pratica si assegna all’Agcom il compito di intervenire in modo preventivo sui casi di presunta violazione (ad esempio se si condividono film pirata) e non serve, l’autorizzazione del giudice nonostante le direttive Ue dicano il contrario. “Soprattutto –spiega l’avvocato e blogger del Fatto Fulvi o Sarzana – l'unico modo per impedire la reiterazione del reato potrebbe essere una sorta di intercettazione di massa. I filtri contro i contenuti che violano i copyright possono essere imposti solo dalle piattaforme. Ma l’Agcom ha potere solo in Itali a”. Tradotto: si dovrebbe chiedere ai provider italiani di tracciare i movimenti dei cittadini per vedere cosa fanno e dove vanno online. “Un'assur - dità –spiega Sarzana –traccia - re tutti gli italiani e obbligare i provider a farlo”. Non resta che sperare che il provvedimento torni alla Camera e che poi finisca la legislatura. Va bene anche se accade per colpa del negazionismo. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Bavaglio Gentiloni: non avrete altro web che quello “amico”
Scritto il 08/10/17 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
Fine del web come l’abbiamo finora conosciuto, fine del libero accesso alle informazioni su blog e social media? «Benvenuti nell’Italia della sorveglianza di massa», averte Fulvio Sarzana sul “Fatto”, annunciando l’inquietante giro di vite deciso in sordina da Paolo Gentiloni con un decreto legge, “aggravato” da un emendamento del Pd (primo firmatario, Davide Baruffi). Procedura-sprint, come per i vaccini: e silenzio assordante della politica. Due le notizie, la fine della privacy e il filtro dell’Agcom sui contenuti “scomodi”, che diventeranno semplicemente irraggiungibili. «Un’amara sorpresa attende gli italiani», anuncia Sarzana: il Senato “impacchetta” in via definitiva una disposizione che «all’apparenza richiama l’esigenza di rispettare le norme europee», e la approva con un iter velocissimo per evitare la discussione parlamentare. «La prima norma dispone l’allungamento dei tempi di conservazione dei dati Internet e telefonici a sei anni, ed è stata già oggetto di aspre critiche, provenienti anche dallo stesso Garante della privacy italiano, Antonello Soro», spiega Sarzana. «La seconda norma assegna all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Agcom, il potere di intervenire in via cautelare sulle comunicazioni elettroniche dei cittadini italiani, al fine di impedire l’accesso agli stessi cittadini a contenuti presenti sul web».
Le norme, fa notare il giornalista, non possono essere modificate: passeranno così come sono. «La scusa ufficiale è che non si possono procrastinare gli impegni europei». E cosa prevedono queste nuove normative, già approvate alla Camera? La prima impone ai provider italiani, «per ragioni di repressione di attività legate al terrorismo», di conservare i dati di tutti i cittadini, nel caso le autorità inquirenti decidessero di richiedere informazioni su quei dati. «In soldoni, gli operatori di Internet privati (ovvero chi ci dà accesso ad Internet, ci fa telefonare e ci consente di chattare) deterranno per sei anni (quindi per sempre, considerando che la norma entrerà in vigore da oggi) i dati di tutti gli italiani, a prescindere dalla effettiva commissione di un reato. Se poi si indaga su un reato, quei dati potranno essere richiesti ai provider». E di che dati stiamo parlando? «Di tutto ciò che abbiamo detto o fatto attraverso il telefono, le chat o Internet». E se i dati venissero “rubati” e rivenduti da un hacker? Qualcuno potrebbe “bucare” il profilo di un parlamentare, di un giornalista scomodo di un oppositore, e quindi scoprire a chi ha telefonato e quando, quali siti web ha visitato. «Altro che immunità: questo qualcuno avrà accesso a tutte le conversazioni telematiche».
Si dirà: “Ma questo vale solo per il terrorismo”, e qui sta il secondo malinteso, continua Sarzana: «Il provider, infatti, deve comunque raccogliere i dati, senza sapere se e quando queste informazioni verranno richieste, né può sapere quest’ultimo il perché gli vengano richiesti i dati: l’operatore, infatti, se viene raggiunto da una richiesta non la può sindacare, né l’autorità di polizia può comunicare, per non pregiudicare le indagini, a un soggetto privato il motivo della richiesta». E se questa situazione è già di per sé owelliana, «la seconda norma è ancora più inquietante», scrive il giornalista del “Fatto”. «La proposta di legge sottrae ai giudici il compito di intervenire in via cautelare sui contenuti sul web», come invece «prevedono la nostra Costituzione e le nostre leggi, prima fra tutte la legge sul diritto d’autore». Come ha detto lo stesso Baruffi, «da oggi, con un regolamento dell’Agcom, in Italia si sperimenta la “notice and stay down” e le piattaforme dovranno rimuovere i contenuti illeciti e impedirne la riproposizione». Il famoso bavaglio, in automatico e per legge.
«Ora, poiché il web è composto di milioni di informazioni che cambiano in nanosecondi e la maggior parte di questi dati sono all’estero – osserva Sarzana – non c’è modo di conoscere in anticipo la riproposizione dei contenuti che la norma vorrebbe censurare, se non con una tecnica di intercettazione di massa denominata Deep Packet Inspection». L’unico modo, insomma, di fare ciò che il governo sta per fare approvare, è di ordinare ai provider italiani di “seguire” i cittadini su Internet per vedere dove vanno, al fine poi di realizzare questo “impedimento” alla riproposizione, attraverso un meccanismo di analisi e raccolta di tutte le comunicazioni elettroniche dei cittadini che intendano recarsi su siti “dubbi”. «Questo, naturalmente, senza alcun controllo preventivo da parte di un magistrato». L’Agcom, infatti, non ha potere su operatori che non siano in Italia. «E’ per questo che, invece, in sede europea si sta discutendo in modo bilanciato di risolvere il problema alla fonte, dove nasce l’informazione, e non agendo sui cittadini presenti sul territorio nazionale». La cosa, ancorché contraria alle norme europee già approvate, ha fatto gridare allo scandalo le associazioni italiane di diritti civili, quelle internazionali, le associazioni di consumatori più sensibili e gli stessi operatori del web. «Riavvolgiamo dunque il nastro: grazie al Parlamento, i dati dei cittadini saranno raccolti in banche dati custodite dai provider per un tempo pressoché illimitato. L’autorità amministrativa, ovvero l’Agcom, avrà il potere di ordinare ai provider di “seguire” i cittadini italiani senza l’ordine di un magistrato».
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Re: Diario della caduta di un regime.
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Tasse e tagli: arriva il Fiscal Compact, e nessuno ne parla
Scritto il 12/10/17 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
Alzi la mano chi nelle ultime settimane ha visto anche solo un trafiletto o un qualche servizio televisivo menzionare il Fiscal Compact. In un clima già da campagna elettorale inoltrata, non passa giorno senza leggere di alleanze che si creano e si disfano, di questo o quell’esponente politico che passa da uno schieramento all’altro, di sondaggi e intenzioni di voto. Questo per non parlare delle infinite discussioni intorno alla possibile legge elettorale con la quale dovremmo andare a votare il prossimo anno. Peccato che qualsiasi futura maggioranza parlamentare e qualsiasi governo dovesse insediarsi all’indomani del voto rischia di essere, se non commissariato, per lo meno fortemente limitato nelle proprie scelte. Se lo scopo principale di un governo è infatti quello di gestire e indirizzare le risorse disponibili per attuare determinate politiche, il futuro sembra verrà deciso altrove. Entro la fine dell’anno, il Parlamento dovrà ratificare il Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell’unione economica e monetaria, meglio noto come Fiscal Compact.
Tra le diverse disposizioni, questo trattato prevede l’obbligo di riportare entro 20 anni il rapporto tra debito pubblico e Pil alla fatidica soglia del 60%, uno dei parametri degli accordi siglati a Maastricht all’inizio degli anni ’90. Parametri fortemente criticati per la loro arbitrarietà, a maggior ragione perché da applicarsi indistintamente, senza considerare le specificità di un paese, la fase economica o la situazione sociale e occupazionale. L’Italia ha oggi un rapporto tra debito e Pil superiore al 130%. Sarebbe lungo il discorso su come si è arrivati a tale percentuale. Basti ricordare che da oltre il 120% della metà degli anni ’90, si è scesi al 103% nel 2008, per poi registrare un’esplosione che è seguita, in Italia come nella maggior parte delle economie occidentali, allo scoppio della bolla dei mutui subprime. In altre parole una crisi della finanza privata il cui conto è stato scaricato su quella pubblica. Al culmine del paradosso, la prima è ripartita a pieno ritmo, inondata di soldi tramite quantitative easing e altre politiche monetarie, mentre alle finanze pubbliche vengono imposti tagli e controlli durissimi. Ancora peggio, con un ribaltamento dell’immaginario collettivo le responsabilità delle attuali difficoltà vengono addossate ai debiti pubblici.
Tale ribaltamento di cause e conseguenze della crisi è la giustificazione per volere introdurre un trattato con forza superiore alle legislazioni nazionali che ci imporrà di scendere dal 130% al 60% in venti anni. Secondo i suoi difensori, il Fiscal Compact più o meno “si pagherà da solo”. Crescita dell’economia e inflazione dovrebbero garantire un aumento del Pil che porterebbe a ridursi il rapporto debito/Pil. “Basterebbe” quindi un avanzo di bilancio non troppo gravoso per rispettare i dettami del Fiscal Compact. Dovremmo quindi imporci di rinunciare a qualsiasi margine di manovra dei prossimi governi per realizzare avanzi primari, ovvero sempre più tasse e sempre meno servizi erogati. Questo nella migliore delle ipotesi. Non è chiaro chi abbia la sfera di cristallo per potere prevedere crescita dell’economia e inflazione su un periodo di venti anni. I risultati del recente passato – per non parlare di possibili nuove crisi in un mondo sempre più dominato dalla finanza speculativa – non invitano certo all’ottimismo. In caso di una nuova, probabile, flessione dell’economia, rispettare il Fiscal Compact significherebbe un disastro sociale ed economico. Quello che però colpisce di più è l’affermazione definitiva della tecnocrazia sulla democrazia.
Qualsiasi futuro governo dovrà operare entro margini strettissimi e imposti da una visione dell’economia come una scienza esatta, guidata da regole matematiche dove il benessere dei cittadini o l’ambiente diventano le variabili su cui giocare, mentre i parametri macroeconomici sono immutabili. Indipendentemente da cosa ci riserva il futuro, il debito va ridotto a marce forzate e questo va garantito a ogni costo. Che il costo sia disoccupazione, perdita di diritti, impossibilità di investire per una trasformazione ecologica dell’economia, non è un problema, non può essere nemmeno materia di discussione. Attac Italia ha provato a rompere il silenzio lanciando una campagna di informazione e una petizione da firmare on-line. Perché è a dire poco incredibile assistere al livello di un dibattito concentrato sulle presunte responsabilità dei migranti, mentre in un Paese con 4,8 milioni di persone in povertà assoluta stiamo affermando che ci imponiamo vent’anni di alta pressione fiscale e tagli alla spesa pubblica e ai diritti fondamentali. Il problema non è e non può essere “prima gli italiani”. Il problema è se sia possibile sancire che la vita delle persone – di tutti noi – sia sacrificabile nel nome di una percentuale decisa decenni fa da qualche burocrate.
(Andrea Baranes, “Fiscal cosa?”, da “Sbilanciamoci” del 10 ottobre 2017. Per informazioni e per firmare la petizione: http://www.stopfiscalcompact.it).
E’ possibile immaginare sacrifici, se vince Pinocchio Mussoloni, che con 184 persone del Nazareno in cassa integrazione e 9,5 milioni di debito, spande e spende 400mila euro per il suo viaggio elettorale attraverso il Paese di MERLONIA, solo perché vuole tornare a fare il ducetto??????????????????????????????????????????????????????????????????????
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Re: Diario della caduta di un regime.
LA DOMANDA CHE CI DOBBIAMO PORRE, SPINGENDO AL MASSIMO SUL PEDALE DELL’ONESTA’ INTELLETTUALE DI CUI SIAMO DOTATI, IN QUESTO MOMENTO DIFFICILE E TRAGICO E’:
MA QUESTO POPOLO E’ ADATTO PER LA DEMOCRAZIA???????????????????????????????????????????????????????????????????????????
MA QUESTO POPOLO E’ ADATTO PER LA DEMOCRAZIA???????????????????????????????????????????????????????????????????????????
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Re: Diario della caduta di un regime.
LA TAFAZZI STRUMPTRUPPEN PRESENT:
Quei sospetti su Frattini e Tremonti che tramarono contro il governo Berlusconi
Dagli archivi dell'ambasciata Usa emerge che nel 2011 due membri dell'esecutivo misero in allarme Washington
Fabrizio De Feo - Ven, 13/10/2017 - 15:23
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Si aggiungono nuove tessere nel complesso mosaico che nel 2011 determinò la fine del governo Berlusconi, eletto democraticamente dagli italiani.
Una spallata che venne orchestrata a livello internazionale anche attraverso la costruzione di un castello di timori e preoccupazioni. Un clima da ultima spiaggia al quale - in base alle nuove rivelazioni pubblicate da La Stampa - contribuirono forse anche due ministri dell'allora governo Berlusconi.
Dopo il «complotto» europeo» per far cadere il premier italiano di cui parlò l'ex segretario al Tesoro Usa Tim Geithner, dopo l'intervista in cui l'ex premier spagnolo Josè Luis Zapatero raccontò che al G20 di Cannes «l'obiettivo era l'Italia», arrivano ora le rivelazioni contenute nei «rapporti» che l'allora ambasciatore statunitense in Italia, David Thorne, inviava a Washington.
Il primo cable scrive La Stampa è classificato «sensitive» e parte il 31 agosto 2011. Il governo ha appena varato la manovra da 60 miliardi, ma una fonte anonima dell'esecutivo - nei report si parla di un «official» - avverte Thorne che «la seconda misura di austerity potrebbe rallentare la crescita economica italiana ancora di più. L'interlocutore ci ha detto che il governo ha messo insieme la nuova manovra in risposta a condizioni del mercato fuori dal controllo dell'Italia». La fonte italiana manifesta dubbi sui provvedimenti appena presi dal suo stesso esecutivo, confidando che «i numeri sulla crescita sono eccessivamente ottimistici».
Una seconda fonte governativa che parla con Thorne lo allarma ancora di più: «Ci ha detto che, senza una soluzione politica europea alla continua crisi dell'eurozona, l'Italia potrebbe avere bisogno di un'assistenza da Bruxelles nel giro di due o tre mesi», con un bail-out sul modello di quello della Grecia. Il ministro (o funzionario) italiano ritiene che le misure di austerity siano troppo blande e confidino troppo sulle entrate fiscali.
Il 7 novembre Thorne avverte Washington che il governo si trova vicino al collasso, poi invia un rapporto classificato «confidential» dal titolo «Il sole tramonta sull'era Berlusconi». Inizia a circolare il nome «dell'economista Mario Monti» indicato come opzione valutata dal presidente Napolitano (nel libro di Alan Friedman si racconta come «segnali» gli fossero arrivati dal Colle già a giugno). Il 12 novembre 2011 Berlusconi si dimette, arriva il professore della Bocconi. Impossibile naturalmente individuare i nomi dei ministri o membri del governo Berlusconi protagonisti dei dialoghi con l'ambasciatore Usa.
Tra i forzisti di allora si azzardano i nomi di Giulio Tremonti, in quel periodo in aperto conflitto con diversi ministri perché poco incline a coltivare la «collegialità» nelle sue scelte e in rapporti non facili con lo stesso Berlusconi (che pure non ha mai nascosto la grande stima nei suoi confronti). E quello di Franco Frattini (recentemente rilanciato proprio da Berlusconi per un ruolo in un futuro governo di centrodestra) per i buoni rapporti da lui intrattenuti con Giorgio Napolitano. Nessuno, però, è in grado di produrre prove.
CONTINUA
Quei sospetti su Frattini e Tremonti che tramarono contro il governo Berlusconi
Dagli archivi dell'ambasciata Usa emerge che nel 2011 due membri dell'esecutivo misero in allarme Washington
Fabrizio De Feo - Ven, 13/10/2017 - 15:23
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Si aggiungono nuove tessere nel complesso mosaico che nel 2011 determinò la fine del governo Berlusconi, eletto democraticamente dagli italiani.
Una spallata che venne orchestrata a livello internazionale anche attraverso la costruzione di un castello di timori e preoccupazioni. Un clima da ultima spiaggia al quale - in base alle nuove rivelazioni pubblicate da La Stampa - contribuirono forse anche due ministri dell'allora governo Berlusconi.
Dopo il «complotto» europeo» per far cadere il premier italiano di cui parlò l'ex segretario al Tesoro Usa Tim Geithner, dopo l'intervista in cui l'ex premier spagnolo Josè Luis Zapatero raccontò che al G20 di Cannes «l'obiettivo era l'Italia», arrivano ora le rivelazioni contenute nei «rapporti» che l'allora ambasciatore statunitense in Italia, David Thorne, inviava a Washington.
Il primo cable scrive La Stampa è classificato «sensitive» e parte il 31 agosto 2011. Il governo ha appena varato la manovra da 60 miliardi, ma una fonte anonima dell'esecutivo - nei report si parla di un «official» - avverte Thorne che «la seconda misura di austerity potrebbe rallentare la crescita economica italiana ancora di più. L'interlocutore ci ha detto che il governo ha messo insieme la nuova manovra in risposta a condizioni del mercato fuori dal controllo dell'Italia». La fonte italiana manifesta dubbi sui provvedimenti appena presi dal suo stesso esecutivo, confidando che «i numeri sulla crescita sono eccessivamente ottimistici».
Una seconda fonte governativa che parla con Thorne lo allarma ancora di più: «Ci ha detto che, senza una soluzione politica europea alla continua crisi dell'eurozona, l'Italia potrebbe avere bisogno di un'assistenza da Bruxelles nel giro di due o tre mesi», con un bail-out sul modello di quello della Grecia. Il ministro (o funzionario) italiano ritiene che le misure di austerity siano troppo blande e confidino troppo sulle entrate fiscali.
Il 7 novembre Thorne avverte Washington che il governo si trova vicino al collasso, poi invia un rapporto classificato «confidential» dal titolo «Il sole tramonta sull'era Berlusconi». Inizia a circolare il nome «dell'economista Mario Monti» indicato come opzione valutata dal presidente Napolitano (nel libro di Alan Friedman si racconta come «segnali» gli fossero arrivati dal Colle già a giugno). Il 12 novembre 2011 Berlusconi si dimette, arriva il professore della Bocconi. Impossibile naturalmente individuare i nomi dei ministri o membri del governo Berlusconi protagonisti dei dialoghi con l'ambasciatore Usa.
Tra i forzisti di allora si azzardano i nomi di Giulio Tremonti, in quel periodo in aperto conflitto con diversi ministri perché poco incline a coltivare la «collegialità» nelle sue scelte e in rapporti non facili con lo stesso Berlusconi (che pure non ha mai nascosto la grande stima nei suoi confronti). E quello di Franco Frattini (recentemente rilanciato proprio da Berlusconi per un ruolo in un futuro governo di centrodestra) per i buoni rapporti da lui intrattenuti con Giorgio Napolitano. Nessuno, però, è in grado di produrre prove.
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