Renzi
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Re: Renzi
Renzusconi, il nuovo libro di Scanzi: Matteo, la copia di Silvio, ma senza lo stalliere “eroe”
Il nuovo libro di Andrea Scanzi - "Il paradosso è che fa politiche molto simili, ma con la “maglietta dei giusti”"
di Andrea Scanzi | 30 novembre 2017
| 34
Quando si parla di Renzi, e purtroppo capita molto più spesso di quanto vorremmo, prima o poi qualcuno dice: “È come Berlusconi”. Di rimando un altro replica stizzito: “Ma cosa dici? È l’unico con cui possiamo vincere!”. Di solito quello che risponde così, oltre a non rendersi conto che nella sua replica c’è già uno dei cardini del berlusconismo (vincere a qualsiasi costo), si chiama Andrea Romano. E questo, di per sé, dà ragione al primo che ha parlato. Il problema, e in questo libro ve ne renderete fatalmente conto, è che Matteo Renzi non è come Silvio Berlusconi: è peggio. Mi si dirà: “Esagerato!”. Avete ragione. Il mio è un paradosso. Più meditato di quanto crediate, però. È del tutto ovvio che, da un punto di vista giuridico e “morale”, i due non siano paragonabili. A tutto svantaggio di Berlusconi.
Renzi non aveva uno stalliere come Mangano. Renzi non ha fondato un partito con un tipino ameno poi condannato per mafia. Renzi non ha corrotto Mills, Renzi non è un pregiudicato, Renzi non ha baciato la mano di Gheddafi né ha detto che Ruby fosse la nipote di Mubarak (con la maggioranza del Parlamento italiano a far finta di crederci). Potrei andare avanti a lungo, ma vi voglio bene e mi fermo qua. Renzi non c’entra niente con i trascorsi di Berlusconi e, per sua e nostra fortuna, ha una storia assai meno fosca. Anche nel suo passato ci sono criticità, che l’ottimo Davide Vecchi ha raccontato tanto sul Fatto quanto nei suoi libri, ma tra lui e Berlusconi non c’è davvero paragone. Non scherziamo. Infatti non scherzo. Quando affermo, provocatoriamente, che Renzi sia peggiore di Berlusconi, alludo ad altri aspetti. In primo luogo, l’ex Cavaliere ha se non altro mostrato qualità come imprenditore, e pure come presidente di una squadra di calcio non proprio marginale. Renzi, a tutt’oggi, non ha palesato talenti evidenti, se non quello di essere un mezzo miracolato con una propensione spiccata per le bugie.
Berlusconi ha poi riempito la politica italiana di ceffi e carneadi improponibili, che però – rapportati alla “classe dirigente” renziana – paiono quasi Churchill e Roosevelt. Pareva impossibile trovare gente peggiore di Gelmini e Biancofiore, ma Boschi e Morani ci sono riuscite. Son soddisfazioni. Soprattutto: Silvio Berlusconi non ha mai fatto nulla per ricevere consenso da chi lo detestava. Per lui “gli altri” erano comunisti zozzi e mangiabambini, secondo una narrazione banalmente manichea e intellettualmente esilissima. Berlusconi si presentava come “il nemico” ed era naturale opporsi. Infatti, la stessa stampa che oggi venera Renzi, era sempre – o fingeva di essere sempre – sul piede di guerra. C’era una maggioranza indigesta, ma c’era anche un’opposizione. Lo so, era un’opposizione assai blanda – e spesso correa – in Parlamento, ed è anche per questo (per il lassismo del centrosinistra) che Berlusconi è durato vent’anni e dura ancora. Se non altro, però, l’informazione italiana e dunque l’opinione pubblica erano tutto sommato mediamente vigili. Oggi no. Oggi è cambiato tutto.
Ed è cambiato tutto perché Renzi – ecco la sua pericolosità politica – porta avanti quasi sempre le stesse battaglie di Berlusconi con “la maglietta dei giusti”. Ovvero la maglietta del Pd, quindi del centrosinistra. Questo aspetto, dirimente ed esiziale, ha rovesciato completamente la situazione. Chiaramente in peggio. Un esempio: quando Marco Travaglio diceva dieci o vent’anni fa le stesse cose che dice adesso, l’elettorato del Pd (Ds, Pds, ecc.) lo applaudiva. Lo riteneva, non dico all’unanimità ma quasi, un baluardo coraggioso alla deriva eversiva berlusconiana. Capitava, negli ultimi anni pienamente berlusconiani, anche a me. Ora invece, pur affermando le stesse cose, Travaglio è il nemico. Io sono il nemico. Chiunque non ami Renzi e non ne abbia il suo poster in camera, ritenendolo “la salvezza” di fronte a destre e populismi, è il nemico. Matteo Renzi è goffo e caricaturale quanto si vuole, ma è pur sempre (a oggi) il segretario del Partito democratico: con lui è diventato tutto confuso, complicato. Oltremodo liquido, per scomodare Zygmunt Bauman.
È come se, un giorno, qualcuno avesse instillato nel più grande partito di centrosinistra italiano un virus subdolamente berlusconiano, fino a far divenire il Pd pressoché identico (al di là di alcune meritorie battaglie etiche come la legge sulle unioni civili) al centrodestra. Non ci sarebbe nessun problema se Renzi fosse il nuovo leader di Forza Italia: sarebbe naturale. Se però diventa – spolpandolo dall’interno – il leader della forza teoricamente antagonista al centrodestra, allora il cortocircuito è insidioso. Allora io – noi, tutti – ci troviamo a dover scegliere tra il Berlusconi anziano e il Berlusconi giovane. E l’informazione non te lo dice quasi mai, anzi ti ripete ogni giorno che il secondo è il sol dell’Avvenire, sebbene paia al massimo un’eclissi sbagliata. Un bel guaio, con l’aggravante che il Berlusconi giovane sembra (sembra?) più indigesto, incapace e impalpabile di quello anziano. Eccola, la pericolosità di Renzi. Ed ecco perché lo ritengo, in questo senso, peggiore di Berlusconi.
Il nuovo libro di Andrea Scanzi - "Il paradosso è che fa politiche molto simili, ma con la “maglietta dei giusti”"
di Andrea Scanzi | 30 novembre 2017
| 34
Quando si parla di Renzi, e purtroppo capita molto più spesso di quanto vorremmo, prima o poi qualcuno dice: “È come Berlusconi”. Di rimando un altro replica stizzito: “Ma cosa dici? È l’unico con cui possiamo vincere!”. Di solito quello che risponde così, oltre a non rendersi conto che nella sua replica c’è già uno dei cardini del berlusconismo (vincere a qualsiasi costo), si chiama Andrea Romano. E questo, di per sé, dà ragione al primo che ha parlato. Il problema, e in questo libro ve ne renderete fatalmente conto, è che Matteo Renzi non è come Silvio Berlusconi: è peggio. Mi si dirà: “Esagerato!”. Avete ragione. Il mio è un paradosso. Più meditato di quanto crediate, però. È del tutto ovvio che, da un punto di vista giuridico e “morale”, i due non siano paragonabili. A tutto svantaggio di Berlusconi.
Renzi non aveva uno stalliere come Mangano. Renzi non ha fondato un partito con un tipino ameno poi condannato per mafia. Renzi non ha corrotto Mills, Renzi non è un pregiudicato, Renzi non ha baciato la mano di Gheddafi né ha detto che Ruby fosse la nipote di Mubarak (con la maggioranza del Parlamento italiano a far finta di crederci). Potrei andare avanti a lungo, ma vi voglio bene e mi fermo qua. Renzi non c’entra niente con i trascorsi di Berlusconi e, per sua e nostra fortuna, ha una storia assai meno fosca. Anche nel suo passato ci sono criticità, che l’ottimo Davide Vecchi ha raccontato tanto sul Fatto quanto nei suoi libri, ma tra lui e Berlusconi non c’è davvero paragone. Non scherziamo. Infatti non scherzo. Quando affermo, provocatoriamente, che Renzi sia peggiore di Berlusconi, alludo ad altri aspetti. In primo luogo, l’ex Cavaliere ha se non altro mostrato qualità come imprenditore, e pure come presidente di una squadra di calcio non proprio marginale. Renzi, a tutt’oggi, non ha palesato talenti evidenti, se non quello di essere un mezzo miracolato con una propensione spiccata per le bugie.
Berlusconi ha poi riempito la politica italiana di ceffi e carneadi improponibili, che però – rapportati alla “classe dirigente” renziana – paiono quasi Churchill e Roosevelt. Pareva impossibile trovare gente peggiore di Gelmini e Biancofiore, ma Boschi e Morani ci sono riuscite. Son soddisfazioni. Soprattutto: Silvio Berlusconi non ha mai fatto nulla per ricevere consenso da chi lo detestava. Per lui “gli altri” erano comunisti zozzi e mangiabambini, secondo una narrazione banalmente manichea e intellettualmente esilissima. Berlusconi si presentava come “il nemico” ed era naturale opporsi. Infatti, la stessa stampa che oggi venera Renzi, era sempre – o fingeva di essere sempre – sul piede di guerra. C’era una maggioranza indigesta, ma c’era anche un’opposizione. Lo so, era un’opposizione assai blanda – e spesso correa – in Parlamento, ed è anche per questo (per il lassismo del centrosinistra) che Berlusconi è durato vent’anni e dura ancora. Se non altro, però, l’informazione italiana e dunque l’opinione pubblica erano tutto sommato mediamente vigili. Oggi no. Oggi è cambiato tutto.
Ed è cambiato tutto perché Renzi – ecco la sua pericolosità politica – porta avanti quasi sempre le stesse battaglie di Berlusconi con “la maglietta dei giusti”. Ovvero la maglietta del Pd, quindi del centrosinistra. Questo aspetto, dirimente ed esiziale, ha rovesciato completamente la situazione. Chiaramente in peggio. Un esempio: quando Marco Travaglio diceva dieci o vent’anni fa le stesse cose che dice adesso, l’elettorato del Pd (Ds, Pds, ecc.) lo applaudiva. Lo riteneva, non dico all’unanimità ma quasi, un baluardo coraggioso alla deriva eversiva berlusconiana. Capitava, negli ultimi anni pienamente berlusconiani, anche a me. Ora invece, pur affermando le stesse cose, Travaglio è il nemico. Io sono il nemico. Chiunque non ami Renzi e non ne abbia il suo poster in camera, ritenendolo “la salvezza” di fronte a destre e populismi, è il nemico. Matteo Renzi è goffo e caricaturale quanto si vuole, ma è pur sempre (a oggi) il segretario del Partito democratico: con lui è diventato tutto confuso, complicato. Oltremodo liquido, per scomodare Zygmunt Bauman.
È come se, un giorno, qualcuno avesse instillato nel più grande partito di centrosinistra italiano un virus subdolamente berlusconiano, fino a far divenire il Pd pressoché identico (al di là di alcune meritorie battaglie etiche come la legge sulle unioni civili) al centrodestra. Non ci sarebbe nessun problema se Renzi fosse il nuovo leader di Forza Italia: sarebbe naturale. Se però diventa – spolpandolo dall’interno – il leader della forza teoricamente antagonista al centrodestra, allora il cortocircuito è insidioso. Allora io – noi, tutti – ci troviamo a dover scegliere tra il Berlusconi anziano e il Berlusconi giovane. E l’informazione non te lo dice quasi mai, anzi ti ripete ogni giorno che il secondo è il sol dell’Avvenire, sebbene paia al massimo un’eclissi sbagliata. Un bel guaio, con l’aggravante che il Berlusconi giovane sembra (sembra?) più indigesto, incapace e impalpabile di quello anziano. Eccola, la pericolosità di Renzi. Ed ecco perché lo ritengo, in questo senso, peggiore di Berlusconi.
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Re: Renzi
5 dic 2017 10:36
‘LE TRE FALSIFICAZIONI DEI VERTICI DI BANCA ETRURIA’: LA DELIBERA CONSOB CHE HA FATTO SCATTARE L’INCHIESTA SU BOSCHI SENIOR E SOCI, RESONSABILI DI UN DANNO MILIONARIO PER L'ISTITUTO
- ‘LA VERITÀ’ PUBBLICA LE CARTE CHE LA COMMISSIONE SULLE BANCHE NON HA VISTO: SOLDI IN NERO PER OTTENERE FINANZIAMENTI AD ALTO RISCHIO. E CHE LA FINANZA AVEVA SEGNALATO AI PM
Maurizio Belpietro per “la Verità”
Maria Elena Boschi non dovrebbe stare a Palazzo Chigi. Non solo perché aveva promesso agli italiani di lasciare la politica qualora la sua riforma costituzionale fosse stata bocciata al referendum, ma perché è la rappresentazione di un groviglio di interessi oscuri che ruota intorno al fallimento della Banca dell'Etruria. Un groviglio che è assolutamente incompatibile con chi sieda in un posto chiave nel governo del Paese.
Nei giorni scorsi, il nostro Giacomo Amadori ha svelato che il padre della sottosegretaria alla presidenza del Consiglio è indagato per «falso in prospetto» e ieri ha aggiunto che un' altra tegola pende sul suo capo e riguarda le consulenze pagate dalla Popolare. Le notizie, che La Verità ha pubblicato in esclusiva, hanno fatto naufragare il piano del Pd che mirava ad autoassolvere Boschi e compagni da ogni genere di responsabilità, scaricando le colpe del crac interamente sulla Banca d'Italia.
Oggi però siamo in grado di aggiungere un altro tassello alla ricostruzione di quanto è accaduto attorno all' istituto toscano, con un fallimento che ha messo sul lastrico migliaia di risparmiatori. Il tassello è costituito da una serie di messaggi vocali inviati per Whatsapp a Emanuele Boschi, fratello dell' ex ministro delle Riforme, da Valeriano Mureddu.
Quest' ultimo nome forse a molti lettori non dirà nulla, ma si tratta di un faccendiere sardo che la Procura di Perugia ha indagato e quella di Arezzo ha fatto arrestare con l' accusa di bancarotta fraudolenta. Mureddu, oltre che per il pedigree giudiziario, è però interessante per un altro fatto, ovvero per la sua conoscenza diretta con babbo Boschi e pure con babbo Renzi. Con quest' ultimo la relazione è di vecchia data e addirittura nel passato ci fu tra loro anche la compravendita di un terreno.
Con il banchiere non si ha notizia di quando i due si siano incontrati la prima volta, ma è certo che Mureddu organizzò gli incontri fra il padre di Maria Elena Boschi e il faccendiere Flavio Carboni (capo della P3). Il vicepresidente dell' Etruria, mentre la banca naufragava, per salvarla e trovare un nuovo direttore generale si rivolse infatti al bancarottiere condannato per il fallimento del Banco Ambrosiano, l'uomo che accompagnò Roberto Calvi nel suo ultimo viaggio, quello che si concluse a Londra sotto il ponte dei Frati neri.
Perché Pier Luigi Boschi chiede a un massone pluri indagato di aiutarlo a trovare dirigenti e finanziatori per banca Etruria? Perché si fa accompagnare all'incontro da un altro massone pluri indagato come Valeriano Mureddu? Forse perché, come scrisse Ferruccio de Bortoli, attorno al governo si respirava un certo sentore di massoneria?
La risposta non c'è perché la tanto sollecita commissione parlamentare d'inchiesta (due anni per essere istituita, pochi giorni per cercare di scaricare le colpe dei fallimenti bancari su chi non fa parte del Giglio magico) non ha mai convocato né Pier Luigi Boschi né Flavio Carboni, preferendo interrogare il pm di Arezzo, ossia il magistrato destinato a passare alla storia non per le sue risposte, ma perché alle domande annuì.
Eppure un motivo per interpellare Boschi e Carboni ci sarebbe e dovrebbe interessare sia la Procura che la commissione d' inchiesta. In Banca Etruria l' ex piduista condannato per il fallimento dell'Ambrosiano fece passare dei soldi rientrati dalla Svizzera e il conto fu aperto spendendo il nome dei Boschi.
Già, non di Boschi ma dei Boschi, perché oltre a Pier Luigi, vicepresidente della Popolare, in questa faccenda si incontra anche Emanuele, il fratello di Maria Elena. Il secondogenito della simpatica famigliola di Laterina all'epoca dei fatti era a capo del Servizio di controllo dei costi dell'Etruria e guarda caso, quando venne aperto il conto, i documenti vennero riposti in una cartellina che recava un breve appunto: «Emiliano Casciere, amico di famiglia di Emanuele Boschi».
Tutto documentato nel libro I segreti di Renzi, che Giacomo Amadori, Francesco Borgonovo e il sottoscritto mandarono in libreria un anno fa senza che nessuno, né i pm né i giornalisti, si facesse delle domande. Quali sono i rapporti tra Emanuele Boschi, fratello di una ministra, e Emiliano Casciere, socio di Valeriano Mureddu? Perché il suo nome è scritto su una cartellina che contiene le pratiche per l' apertura di un conto su cui transitano soldi destinati a Flavio Carboni?
Come mai lui fece pressioni per l' apertura di un credito per la Geovision, la società di Mureddu? Domande senza risposte, perché anche in questo caso la commissione parlamentare d' inchiesta non si è attivata. Un'ultima annotazione: nella stessa commissione che dovrebbe appurare i fatti siede Francesco Bonifazi, tesoriere del Pd, ex fidanzato di Maria Elena Boschi e socio di Emanuele Boschi, il quale uscito da Etruria, mentre la banca naufragava, ha trovato ormeggio prima nello studio di un consigliere di Etruria (indagato) e poi proprio negli uffici fiorentini del deputato toscano. Tutto chiaro in questo groviglio? Secondo me di chiaro c' è solo un fatto: che la Boschi non può stare a Palazzo Chigi e occuparsi di banche.
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 162377.htm
VEDI:
BELPIETRO CALA LA SCURE SU MARIA ELENA BOSCHI: 'NON DOVREBBE STARE A PALAZZO CHIGI PERCHE'...
http://www.dagospia.com/mediagallery/Da ... 765827.htm
‘LE TRE FALSIFICAZIONI DEI VERTICI DI BANCA ETRURIA’: LA DELIBERA CONSOB CHE HA FATTO SCATTARE L’INCHIESTA SU BOSCHI SENIOR E SOCI, RESONSABILI DI UN DANNO MILIONARIO PER L'ISTITUTO
- ‘LA VERITÀ’ PUBBLICA LE CARTE CHE LA COMMISSIONE SULLE BANCHE NON HA VISTO: SOLDI IN NERO PER OTTENERE FINANZIAMENTI AD ALTO RISCHIO. E CHE LA FINANZA AVEVA SEGNALATO AI PM
Maurizio Belpietro per “la Verità”
Maria Elena Boschi non dovrebbe stare a Palazzo Chigi. Non solo perché aveva promesso agli italiani di lasciare la politica qualora la sua riforma costituzionale fosse stata bocciata al referendum, ma perché è la rappresentazione di un groviglio di interessi oscuri che ruota intorno al fallimento della Banca dell'Etruria. Un groviglio che è assolutamente incompatibile con chi sieda in un posto chiave nel governo del Paese.
Nei giorni scorsi, il nostro Giacomo Amadori ha svelato che il padre della sottosegretaria alla presidenza del Consiglio è indagato per «falso in prospetto» e ieri ha aggiunto che un' altra tegola pende sul suo capo e riguarda le consulenze pagate dalla Popolare. Le notizie, che La Verità ha pubblicato in esclusiva, hanno fatto naufragare il piano del Pd che mirava ad autoassolvere Boschi e compagni da ogni genere di responsabilità, scaricando le colpe del crac interamente sulla Banca d'Italia.
Oggi però siamo in grado di aggiungere un altro tassello alla ricostruzione di quanto è accaduto attorno all' istituto toscano, con un fallimento che ha messo sul lastrico migliaia di risparmiatori. Il tassello è costituito da una serie di messaggi vocali inviati per Whatsapp a Emanuele Boschi, fratello dell' ex ministro delle Riforme, da Valeriano Mureddu.
Quest' ultimo nome forse a molti lettori non dirà nulla, ma si tratta di un faccendiere sardo che la Procura di Perugia ha indagato e quella di Arezzo ha fatto arrestare con l' accusa di bancarotta fraudolenta. Mureddu, oltre che per il pedigree giudiziario, è però interessante per un altro fatto, ovvero per la sua conoscenza diretta con babbo Boschi e pure con babbo Renzi. Con quest' ultimo la relazione è di vecchia data e addirittura nel passato ci fu tra loro anche la compravendita di un terreno.
Con il banchiere non si ha notizia di quando i due si siano incontrati la prima volta, ma è certo che Mureddu organizzò gli incontri fra il padre di Maria Elena Boschi e il faccendiere Flavio Carboni (capo della P3). Il vicepresidente dell' Etruria, mentre la banca naufragava, per salvarla e trovare un nuovo direttore generale si rivolse infatti al bancarottiere condannato per il fallimento del Banco Ambrosiano, l'uomo che accompagnò Roberto Calvi nel suo ultimo viaggio, quello che si concluse a Londra sotto il ponte dei Frati neri.
Perché Pier Luigi Boschi chiede a un massone pluri indagato di aiutarlo a trovare dirigenti e finanziatori per banca Etruria? Perché si fa accompagnare all'incontro da un altro massone pluri indagato come Valeriano Mureddu? Forse perché, come scrisse Ferruccio de Bortoli, attorno al governo si respirava un certo sentore di massoneria?
La risposta non c'è perché la tanto sollecita commissione parlamentare d'inchiesta (due anni per essere istituita, pochi giorni per cercare di scaricare le colpe dei fallimenti bancari su chi non fa parte del Giglio magico) non ha mai convocato né Pier Luigi Boschi né Flavio Carboni, preferendo interrogare il pm di Arezzo, ossia il magistrato destinato a passare alla storia non per le sue risposte, ma perché alle domande annuì.
Eppure un motivo per interpellare Boschi e Carboni ci sarebbe e dovrebbe interessare sia la Procura che la commissione d' inchiesta. In Banca Etruria l' ex piduista condannato per il fallimento dell'Ambrosiano fece passare dei soldi rientrati dalla Svizzera e il conto fu aperto spendendo il nome dei Boschi.
Già, non di Boschi ma dei Boschi, perché oltre a Pier Luigi, vicepresidente della Popolare, in questa faccenda si incontra anche Emanuele, il fratello di Maria Elena. Il secondogenito della simpatica famigliola di Laterina all'epoca dei fatti era a capo del Servizio di controllo dei costi dell'Etruria e guarda caso, quando venne aperto il conto, i documenti vennero riposti in una cartellina che recava un breve appunto: «Emiliano Casciere, amico di famiglia di Emanuele Boschi».
Tutto documentato nel libro I segreti di Renzi, che Giacomo Amadori, Francesco Borgonovo e il sottoscritto mandarono in libreria un anno fa senza che nessuno, né i pm né i giornalisti, si facesse delle domande. Quali sono i rapporti tra Emanuele Boschi, fratello di una ministra, e Emiliano Casciere, socio di Valeriano Mureddu? Perché il suo nome è scritto su una cartellina che contiene le pratiche per l' apertura di un conto su cui transitano soldi destinati a Flavio Carboni?
Come mai lui fece pressioni per l' apertura di un credito per la Geovision, la società di Mureddu? Domande senza risposte, perché anche in questo caso la commissione parlamentare d' inchiesta non si è attivata. Un'ultima annotazione: nella stessa commissione che dovrebbe appurare i fatti siede Francesco Bonifazi, tesoriere del Pd, ex fidanzato di Maria Elena Boschi e socio di Emanuele Boschi, il quale uscito da Etruria, mentre la banca naufragava, ha trovato ormeggio prima nello studio di un consigliere di Etruria (indagato) e poi proprio negli uffici fiorentini del deputato toscano. Tutto chiaro in questo groviglio? Secondo me di chiaro c' è solo un fatto: che la Boschi non può stare a Palazzo Chigi e occuparsi di banche.
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 162377.htm
VEDI:
BELPIETRO CALA LA SCURE SU MARIA ELENA BOSCHI: 'NON DOVREBBE STARE A PALAZZO CHIGI PERCHE'...
http://www.dagospia.com/mediagallery/Da ... 765827.htm
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Re: Renzi
6 DIC 2017 09:21
1. BELPIETRO CALA LA SCURE SU MARIA ELENA BOSCHI: “NON DOVREBBE STARE A PALAZZO CHIGI. NON SOLO PERCHÉ AVEVA PROMESSO DI LASCIARE LA POLITICA SE LA SUA RIFORMA FOSSE STATA BOCCIATA AL REFERENDUM, MA PERCHÉ È LA RAPPRESENTAZIONE DI UN GROVIGLIO DI INTERESSI OSCURI CHE RUOTA INTORNO AL FALLIMENTO DELLA BANCA DELL'ETRURIA"
2. “NELLA COMMISSIONE SULLE BANCHE SIEDE BONIFAZI, TESORIERE DEL PD, EX FIDANZATO DI MARIA ELENA E SOCIO DI EMANUELE BOSCHI, IL QUALE USCITO DA ETRURIA, MENTRE LA BANCA NAUFRAGAVA, HA TROVATO RIPARO PROPRIO NEGLI UFFICI FIORENTINI DEL DEPUTATO TOSCANO"
3. "E ORA SIAMO IN GRADO DI AGGIUNGERE UN ALTRO TASSELLO ALLA RICOSTRUZIONE. ECCOLO"
Maurizio Belpietro per “la Verità”
Maria Elena Boschi non dovrebbe stare a Palazzo Chigi. Non solo perché aveva promesso agli italiani di lasciare la politica qualora la sua riforma costituzionale fosse stata bocciata al referendum, ma perché è la rappresentazione di un groviglio di interessi oscuri che ruota intorno al fallimento della Banca dell'Etruria. Un groviglio che è assolutamente incompatibile con chi sieda in un posto chiave nel governo del Paese.
Nei giorni scorsi, il nostro Giacomo Amadori ha svelato che il padre della sottosegretaria alla presidenza del Consiglio è indagato per «falso in prospetto» e ieri ha aggiunto che un' altra tegola pende sul suo capo e riguarda le consulenze pagate dalla Popolare. Le notizie, che La Verità ha pubblicato in esclusiva, hanno fatto naufragare il piano del Pd che mirava ad autoassolvere Boschi e compagni da ogni genere di responsabilità, scaricando le colpe del crac interamente sulla Banca d'Italia.
Oggi però siamo in grado di aggiungere un altro tassello alla ricostruzione di quanto è accaduto attorno all' istituto toscano, con un fallimento che ha messo sul lastrico migliaia di risparmiatori. Il tassello è costituito da una serie di messaggi vocali inviati per Whatsapp a Emanuele Boschi, fratello dell' ex ministro delle Riforme, da Valeriano Mureddu.
Quest' ultimo nome forse a molti lettori non dirà nulla, ma si tratta di un faccendiere sardo che la Procura di Perugia ha indagato e quella di Arezzo ha fatto arrestare con l' accusa di bancarotta fraudolenta. Mureddu, oltre che per il pedigree giudiziario, è però interessante per un altro fatto, ovvero per la sua conoscenza diretta con babbo Boschi e pure con babbo Renzi. Con quest' ultimo la relazione è di vecchia data e addirittura nel passato ci fu tra loro anche la compravendita di un terreno.
Con il banchiere non si ha notizia di quando i due si siano incontrati la prima volta, ma è certo che Mureddu organizzò gli incontri fra il padre di Maria Elena Boschi e il faccendiere Flavio Carboni (capo della P3). Il vicepresidente dell' Etruria, mentre la banca naufragava, per salvarla e trovare un nuovo direttore generale si rivolse infatti al bancarottiere condannato per il fallimento del Banco Ambrosiano, l'uomo che accompagnò Roberto Calvi nel suo ultimo viaggio, quello che si concluse a Londra sotto il ponte dei Frati neri.
Perché Pier Luigi Boschi chiede a un massone pluri indagato di aiutarlo a trovare dirigenti e finanziatori per banca Etruria? Perché si fa accompagnare all'incontro da un altro massone pluri indagato come Valeriano Mureddu? Forse perché, come scrisse Ferruccio de Bortoli, attorno al governo si respirava un certo sentore di massoneria?
La risposta non c'è perché la tanto sollecita commissione parlamentare d'inchiesta (due anni per essere istituita, pochi giorni per cercare di scaricare le colpe dei fallimenti bancari su chi non fa parte del Giglio magico) non ha mai convocato né Pier Luigi Boschi né Flavio Carboni, preferendo interrogare il pm di Arezzo, ossia il magistrato destinato a passare alla storia non per le sue risposte, ma perché alle domande annuì.
Eppure un motivo per interpellare Boschi e Carboni ci sarebbe e dovrebbe interessare sia la Procura che la commissione d' inchiesta. In Banca Etruria l' ex piduista condannato per il fallimento dell'Ambrosiano fece passare dei soldi rientrati dalla Svizzera e il conto fu aperto spendendo il nome dei Boschi.
Già, non di Boschi ma dei Boschi, perché oltre a Pier Luigi, vicepresidente della Popolare, in questa faccenda si incontra anche Emanuele, il fratello di Maria Elena. Il secondogenito della simpatica famigliola di Laterina all'epoca dei fatti era a capo del Servizio di controllo dei costi dell'Etruria e guarda caso, quando venne aperto il conto, i documenti vennero riposti in una cartellina che recava un breve appunto: «Emiliano Casciere, amico di famiglia di Emanuele Boschi».
Tutto documentato nel libro I segreti di Renzi, che Giacomo Amadori, Francesco Borgonovo e il sottoscritto mandarono in libreria un anno fa senza che nessuno, né i pm né i giornalisti, si facesse delle domande. Quali sono i rapporti tra Emanuele Boschi, fratello di una ministra, e Emiliano Casciere, socio di Valeriano Mureddu? Perché il suo nome è scritto su una cartellina che contiene le pratiche per l' apertura di un conto su cui transitano soldi destinati a Flavio Carboni?
Come mai lui fece pressioni per l' apertura di un credito per la Geovision, la società di Mureddu? Domande senza risposte, perché anche in questo caso la commissione parlamentare d' inchiesta non si è attivata. Un'ultima annotazione: nella stessa commissione che dovrebbe appurare i fatti siede Francesco Bonifazi, tesoriere del Pd, ex fidanzato di Maria Elena Boschi e socio di Emanuele Boschi, il quale uscito da Etruria, mentre la banca naufragava, ha trovato ormeggio prima nello studio di un consigliere di Etruria (indagato) e poi proprio negli uffici fiorentini del deputato toscano. Tutto chiaro in questo groviglio? Secondo me di chiaro c' è solo un fatto: che la Boschi non può stare a Palazzo Chigi e occuparsi di banche.
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 162377.htm
1. BELPIETRO CALA LA SCURE SU MARIA ELENA BOSCHI: “NON DOVREBBE STARE A PALAZZO CHIGI. NON SOLO PERCHÉ AVEVA PROMESSO DI LASCIARE LA POLITICA SE LA SUA RIFORMA FOSSE STATA BOCCIATA AL REFERENDUM, MA PERCHÉ È LA RAPPRESENTAZIONE DI UN GROVIGLIO DI INTERESSI OSCURI CHE RUOTA INTORNO AL FALLIMENTO DELLA BANCA DELL'ETRURIA"
2. “NELLA COMMISSIONE SULLE BANCHE SIEDE BONIFAZI, TESORIERE DEL PD, EX FIDANZATO DI MARIA ELENA E SOCIO DI EMANUELE BOSCHI, IL QUALE USCITO DA ETRURIA, MENTRE LA BANCA NAUFRAGAVA, HA TROVATO RIPARO PROPRIO NEGLI UFFICI FIORENTINI DEL DEPUTATO TOSCANO"
3. "E ORA SIAMO IN GRADO DI AGGIUNGERE UN ALTRO TASSELLO ALLA RICOSTRUZIONE. ECCOLO"
Maurizio Belpietro per “la Verità”
Maria Elena Boschi non dovrebbe stare a Palazzo Chigi. Non solo perché aveva promesso agli italiani di lasciare la politica qualora la sua riforma costituzionale fosse stata bocciata al referendum, ma perché è la rappresentazione di un groviglio di interessi oscuri che ruota intorno al fallimento della Banca dell'Etruria. Un groviglio che è assolutamente incompatibile con chi sieda in un posto chiave nel governo del Paese.
Nei giorni scorsi, il nostro Giacomo Amadori ha svelato che il padre della sottosegretaria alla presidenza del Consiglio è indagato per «falso in prospetto» e ieri ha aggiunto che un' altra tegola pende sul suo capo e riguarda le consulenze pagate dalla Popolare. Le notizie, che La Verità ha pubblicato in esclusiva, hanno fatto naufragare il piano del Pd che mirava ad autoassolvere Boschi e compagni da ogni genere di responsabilità, scaricando le colpe del crac interamente sulla Banca d'Italia.
Oggi però siamo in grado di aggiungere un altro tassello alla ricostruzione di quanto è accaduto attorno all' istituto toscano, con un fallimento che ha messo sul lastrico migliaia di risparmiatori. Il tassello è costituito da una serie di messaggi vocali inviati per Whatsapp a Emanuele Boschi, fratello dell' ex ministro delle Riforme, da Valeriano Mureddu.
Quest' ultimo nome forse a molti lettori non dirà nulla, ma si tratta di un faccendiere sardo che la Procura di Perugia ha indagato e quella di Arezzo ha fatto arrestare con l' accusa di bancarotta fraudolenta. Mureddu, oltre che per il pedigree giudiziario, è però interessante per un altro fatto, ovvero per la sua conoscenza diretta con babbo Boschi e pure con babbo Renzi. Con quest' ultimo la relazione è di vecchia data e addirittura nel passato ci fu tra loro anche la compravendita di un terreno.
Con il banchiere non si ha notizia di quando i due si siano incontrati la prima volta, ma è certo che Mureddu organizzò gli incontri fra il padre di Maria Elena Boschi e il faccendiere Flavio Carboni (capo della P3). Il vicepresidente dell' Etruria, mentre la banca naufragava, per salvarla e trovare un nuovo direttore generale si rivolse infatti al bancarottiere condannato per il fallimento del Banco Ambrosiano, l'uomo che accompagnò Roberto Calvi nel suo ultimo viaggio, quello che si concluse a Londra sotto il ponte dei Frati neri.
Perché Pier Luigi Boschi chiede a un massone pluri indagato di aiutarlo a trovare dirigenti e finanziatori per banca Etruria? Perché si fa accompagnare all'incontro da un altro massone pluri indagato come Valeriano Mureddu? Forse perché, come scrisse Ferruccio de Bortoli, attorno al governo si respirava un certo sentore di massoneria?
La risposta non c'è perché la tanto sollecita commissione parlamentare d'inchiesta (due anni per essere istituita, pochi giorni per cercare di scaricare le colpe dei fallimenti bancari su chi non fa parte del Giglio magico) non ha mai convocato né Pier Luigi Boschi né Flavio Carboni, preferendo interrogare il pm di Arezzo, ossia il magistrato destinato a passare alla storia non per le sue risposte, ma perché alle domande annuì.
Eppure un motivo per interpellare Boschi e Carboni ci sarebbe e dovrebbe interessare sia la Procura che la commissione d' inchiesta. In Banca Etruria l' ex piduista condannato per il fallimento dell'Ambrosiano fece passare dei soldi rientrati dalla Svizzera e il conto fu aperto spendendo il nome dei Boschi.
Già, non di Boschi ma dei Boschi, perché oltre a Pier Luigi, vicepresidente della Popolare, in questa faccenda si incontra anche Emanuele, il fratello di Maria Elena. Il secondogenito della simpatica famigliola di Laterina all'epoca dei fatti era a capo del Servizio di controllo dei costi dell'Etruria e guarda caso, quando venne aperto il conto, i documenti vennero riposti in una cartellina che recava un breve appunto: «Emiliano Casciere, amico di famiglia di Emanuele Boschi».
Tutto documentato nel libro I segreti di Renzi, che Giacomo Amadori, Francesco Borgonovo e il sottoscritto mandarono in libreria un anno fa senza che nessuno, né i pm né i giornalisti, si facesse delle domande. Quali sono i rapporti tra Emanuele Boschi, fratello di una ministra, e Emiliano Casciere, socio di Valeriano Mureddu? Perché il suo nome è scritto su una cartellina che contiene le pratiche per l' apertura di un conto su cui transitano soldi destinati a Flavio Carboni?
Come mai lui fece pressioni per l' apertura di un credito per la Geovision, la società di Mureddu? Domande senza risposte, perché anche in questo caso la commissione parlamentare d' inchiesta non si è attivata. Un'ultima annotazione: nella stessa commissione che dovrebbe appurare i fatti siede Francesco Bonifazi, tesoriere del Pd, ex fidanzato di Maria Elena Boschi e socio di Emanuele Boschi, il quale uscito da Etruria, mentre la banca naufragava, ha trovato ormeggio prima nello studio di un consigliere di Etruria (indagato) e poi proprio negli uffici fiorentini del deputato toscano. Tutto chiaro in questo groviglio? Secondo me di chiaro c' è solo un fatto: che la Boschi non può stare a Palazzo Chigi e occuparsi di banche.
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 162377.htm
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Re: Renzi
L'HACKER SI DA FARE PER APPARIRE SEMPRE PIU' FILORENZIANO
CRONACA DELL'AFFONDAMENTO DI UNA REPUBBLICA
PINOCCHIO MUSSOLONI: MISSIONE COMPIUTA
E' RIUSCITO A CANCELLARE IL CENTROSINISTRA
Pisapia si ritira. Campo progressista si svuota
Alfano: “Non mi ricandido”. Renzi resta solo
Ex sindaco lascia dopo 10 mesi. Ex Sel verso Liberi e Uguali. Ministro: ‘Farò politica fuori da Parlamento’
Pd, c’è l’ordine di scuderia: “No a ospitate in tv con Grasso&Co. Evitare quelli di sinistra” (di T. Mackinson)
Politica
“Ci abbiamo provato. Oggi dobbiamo prendere atto che non siamo riusciti”. Giuliano Pisapia si fa da parte alla vigilia della campagna elettorale. Negli ultimi dieci mesi avrebbe dovuto essere l’enzima per riunire il centrosinistra. Obiettivo definitivamente evaporato con la nascita di Liberi e Uguali, la nuova lista guidata da Pietro Grasso. Il tutto mentre naufragava la calendarizzazione dello Ius soli, goccia che ha fatto traboccare il vaso. Renzi si ritrova solo a sinistra quindi, ma anche a destra, dove anche Angelino Alfano ha deciso di gettare la spugna. “Non mi ricandido”, ha annunciato solo pochi minuti dopo Pisapia di F. Q.
CRONACA DELL'AFFONDAMENTO DI UNA REPUBBLICA
PINOCCHIO MUSSOLONI: MISSIONE COMPIUTA
E' RIUSCITO A CANCELLARE IL CENTROSINISTRA
Pisapia si ritira. Campo progressista si svuota
Alfano: “Non mi ricandido”. Renzi resta solo
Ex sindaco lascia dopo 10 mesi. Ex Sel verso Liberi e Uguali. Ministro: ‘Farò politica fuori da Parlamento’
Pd, c’è l’ordine di scuderia: “No a ospitate in tv con Grasso&Co. Evitare quelli di sinistra” (di T. Mackinson)
Politica
“Ci abbiamo provato. Oggi dobbiamo prendere atto che non siamo riusciti”. Giuliano Pisapia si fa da parte alla vigilia della campagna elettorale. Negli ultimi dieci mesi avrebbe dovuto essere l’enzima per riunire il centrosinistra. Obiettivo definitivamente evaporato con la nascita di Liberi e Uguali, la nuova lista guidata da Pietro Grasso. Il tutto mentre naufragava la calendarizzazione dello Ius soli, goccia che ha fatto traboccare il vaso. Renzi si ritrova solo a sinistra quindi, ma anche a destra, dove anche Angelino Alfano ha deciso di gettare la spugna. “Non mi ricandido”, ha annunciato solo pochi minuti dopo Pisapia di F. Q.
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Re: Renzi
……………<<Se perdo il referendum, chiudo con la politica>>
7 dic 2017 12:13
1. TRAVAGLIO FA NERO RENZI: “E' IL POLLO CHE SI CREDEVA UN' AQUILA. ORA CHE EVAPORANO PURE I SUOI DUE ULTIMI ALLEATI PISAPIA E ALFANO, GIA' ALLO STATO GASSOSO, DIMOSTRA DI APPARTENERE ALLA CATEGORIA DEGLI STUPIDI CHE DANNEGGIANO SIA GLI ALTRI CHE SE STESSI”
2. DAL MANCATO RITIRO A VITA PRIVATA FINO ALLA BOSCHI E A PISAPIA, IL LUNGO CONTROPELO
7 dic 2017 12:13
1. TRAVAGLIO FA NERO RENZI: “E' IL POLLO CHE SI CREDEVA UN' AQUILA. ORA CHE EVAPORANO PURE I SUOI DUE ULTIMI ALLEATI PISAPIA E ALFANO, GIA' ALLO STATO GASSOSO, DIMOSTRA DI APPARTENERE ALLA CATEGORIA DEGLI STUPIDI CHE DANNEGGIANO SIA GLI ALTRI CHE SE STESSI”
2. DAL MANCATO RITIRO A VITA PRIVATA FINO ALLA BOSCHI E A PISAPIA, IL LUNGO CONTROPELO
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Re: Renzi
UncleTom ha scritto:……………<<Se perdo il referendum, chiudo con la politica>>
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1. TRAVAGLIO FA NERO RENZI: “E' IL POLLO CHE SI CREDEVA UN' AQUILA. ORA CHE EVAPORANO PURE I SUOI DUE ULTIMI ALLEATI PISAPIA E ALFANO, GIA' ALLO STATO GASSOSO, DIMOSTRA DI APPARTENERE ALLA CATEGORIA DEGLI STUPIDI CHE DANNEGGIANO SIA GLI ALTRI CHE SE STESSI”
2. DAL MANCATO RITIRO A VITA PRIVATA FINO ALLA BOSCHI E A PISAPIA, IL LUNGO CONTROPELO
SE L'HACKER SI DA' DA FARE PER EVITARE DI PUBBLICARE IL RESTO,.............................
SECONDO VOI DA CHE PARTE STA'?????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????
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Re: Renzi
UncleTom ha scritto:UncleTom ha scritto:……………<<Se perdo il referendum, chiudo con la politica>>
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1. TRAVAGLIO FA NERO RENZI: “E' IL POLLO CHE SI CREDEVA UN' AQUILA. ORA CHE EVAPORANO PURE I SUOI DUE ULTIMI ALLEATI PISAPIA E ALFANO, GIA' ALLO STATO GASSOSO, DIMOSTRA DI APPARTENERE ALLA CATEGORIA DEGLI STUPIDI CHE DANNEGGIANO SIA GLI ALTRI CHE SE STESSI”
2. DAL MANCATO RITIRO A VITA PRIVATA FINO ALLA BOSCHI E A PISAPIA, IL LUNGO CONTROPELO
SE L'HACKER SI DA' DA FARE PER EVITARE DI PUBBLICARE IL RESTO,.............................
SECONDO VOI DA CHE PARTE STA'?????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????
Estratto dell’articolo di Marco Travaglio per il “Fatto quotidiano”
Ora che evaporano pure i suoi due ultimi alleati Pisapia e Alfano, già peraltro ridotti allo stato gassoso, Renzi è riuscito definitivamente a dimostrare la scientificità del teorema di Carlo M. Cipolla. Quello che divideva gli esseri umani in quattro categorie: gli intelligenti, che avvantaggiano sia se stessi sia gli altri; gli sprovveduti, che danneggiano se stessi e avvantaggiano gli altri; i banditi, che danneggiano gli altri per avvantaggiare se stessi; e gli stupidi, che danneggiano sia gli altri sia se stessi. E lui, ovviamente, appartiene alla quarta categoria, cui fece ufficialmente domanda d' iscrizione un anno fa, dopo la disfatta referendaria.
1) Appena perso il referendum, il Genio di Rignano sull' Arno si rimangiò subito il solenne impegno di lasciare la politica e ritirarsi a vita privata: se l' avesse fatto, dedicandosi al8lo studio, all' autocritica e alla formazione di una classe dirigente, avrebbe persino potuto avere un futuro. […]
2) Quando nacque il governo Gentiloni, Renzi pretese di infilarci i fedelissimi Lotti&Boschi per far la guardia al bidone. […]
3) […] In nome della presunta "vocazione maggioritaria" del Pd, mandò a picco una legge elettorale che premiava i partiti single come il suo: quella tedesca, pur riveduta e corrotta all' italiana con nominati e voto congiunto. E ne dettò una opposta […]che premia le coalizioni. Il tutto per decimare il M5S e tornare fra le braccia di B., che l' aveva già fregato sulla riforma costituzionale e l' Italicum […]
4) La legge elettorale fatta platealmente apposta per fregare il primo partito italiano - i 5Stelle - ha ridato fiato e spazio a un movimento che a giugno era uscito con le ossa rotte dalle urne amministrative. […]
5) Per raccattare almeno una finta coalizione che eviti al Pd la triste corsa solitaria, Renzi ha millantato accordi con Prodi (che l' ha salutato), la Bonino (che l' ha sfanculato), Alfano (che s' è perso per strada il partito) e il Sor Tentenna Pisapia. Il quale già di suo non sa dove voleva andare. […]
6) Sulle banche, il capolavoro. Renzi aveva annunciato la commissione parlamentare d'inchiesta nel dicembre 2015. L'avesse fatta subito, a quest' ora sarebbe chiusa e dimenticata. Invece il Rommel di Rignano ha traccheggiato per due anni, sbloccando la pratica solo due mesi fa, cioè a fine legislatura e in piena campagna elettorale. E l' ha usata per bombardare a freddo Bankitalia, facendo incazzare gli ignari Mattarella, Gentiloni, Padoan e soprattutto Visco. Che voleva lasciare e invece, grazie agli attacchi Pd, ha cambiato idea e s' è fatto riconfermare.
Poi Renzi ha usato l' audizione del pm Rossi per accollare a Visco pure il crac di Etruria (una delle poche colpe che non ha) e scagionare papà Boschi ("il procuratore ha spiegato che non c' è nessun profilo penale"), salvo poi scoprire che il primo non è indagato, il secondo sì. […]
Completa il quadro la Boschi, che prima annuncia immediata querela a De Bortoli, poi dorme per 7 mesi lasciando scadere i termini, e ora minaccia una causa civile per danni proprio alla vigilia dell' auspicata audizione di Ghizzoni: così quello che all' inizio poteva sembrare un atto di forza, ora pare una prova di debolezza, e anche di intimidazione. […]
PER FOTO VEDI:
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 162491.htm
LA DICITURA SOTTO LA PRIMA FOTO:
RENZI VS TRAVAGLIO
A OTTO E MEZZO
Renzi è rappresentato da Dagospia con il naso di Pinocchio.
Si è ispirato a Pinocchio Mussoloni??????
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Re: Renzi
…………<<Se perdo il referendum, chiudo con la politica>>
“Il pollo che si credeva un’aquila”
di Marco Travaglio
7 Dic 2017
– “Ora che evaporano pure i suoi due ultimi alleati Pisapia e Alfano, già peraltro ridotti allo stato gassoso, Renzi è riuscito definitivamente a dimostrare la scientificità del teorema di Carlo M. Cipolla. Quello che divideva gli esseri umani in quattro categorie: gli intelligenti, che avvantaggiano sia se stessi sia gli altri; gli sprovveduti, che danneggiano se stessi e avvantaggiano gli altri; i banditi, che danneggiano gli altri per avvantaggiare se stessi; e gli stupidi, che danneggiano sia gli altri sia se stessi. E lui, ovviamente, appartiene alla quarta categoria, cui fece ufficialmente domanda d’iscrizione un anno fa, dopo la disfatta referendaria.
1) Appena perso il referendum, il Genio di Rignano sull’Arno si rimangiò subito il solenne impegno di lasciare la politica e ritirarsi a vita privata: se l’avesse fatto, dedicandosi allo studio, all’autocritica e alla formazione di una classe dirigente, avrebbe persino potuto avere un futuro. Specie in quel campo di Agramante che è da sempre la sinistra italiana, capace solo di litigare, dividersi e scindersi in microrganismi sempre più invisibili. Bastava lasciar fare gli altri presunti leader che, tempo un paio d’anni, sarebbero riusciti a far dimenticare i suoi disastri, poi si sarebbero recati in pellegrinaggio a Pontassieve per implorarlo di tornare. Invece restò abbarbicato alla poltrona del Nazareno, con i bei risultati a tutti noti.
2) Quando nacque il governo Gentiloni, Renzi pretese di infilarci i fedelissimi Lotti&Boschi per far la guardia al bidone. Il primo fu subito inquisito per le soffiate sull’inchiesta Consip. La seconda iniziò a impicciarsi in tutti i dossier, soprattutto bancari, aggravando l’olezzo di conflitto d’interessi etrusco.
3) Dopo avere sterminato tutti i possibili alleati del centrosinistra a colpi d’insulti e arroganza, e avere spinto a viva forza fuori dalla porta i bersaniani, in nome della presunta “vocazione maggioritaria” del Pd, mandò a picco una legge elettorale che premiava i partiti single come il suo: quella tedesca, pur riveduta e corrotta all’italiana con nominati e voto congiunto. E ne dettò una opposta, affidata per giunta a quel gran genio di Rosato: quella che premia le coalizioni. Il tutto per decimare il M5S e tornare fra le braccia di B., che l’aveva già fregato sulla riforma costituzionale e l’Italicum (prima firmati, poi rinnegati) e ora si appresta a gabbarlo un’altra volta. Del Rosatellum infatti l’unico beneficiario è B.: da solo vale poco o nulla, ma sommato agli alleati Salvini e Meloni, può vantare financo il primo posto sul podio.
4) La legge elettorale fatta platealmente apposta per fregare il primo partito italiano – i 5Stelle – ha ridato fiato e spazio a un movimento che a giugno era uscito con le ossa rotte dalle urne amministrative. Li ha issati in cima alla classifica in Sicilia e a Ostia. Li ha consacrati nell’immaginario collettivo come l’unico antidoto al ritorno di B., regalando loro il “voto utile” che aveva sempre favorito il Pd. E li ha resi appetibili alla sinistra riunita da Grasso per un’intesa post-voto contro l’orrenda prospettiva del Renzusconi, anzi del Berlusrenzi.
5) Per raccattare almeno una finta coalizione che eviti al Pd la triste corsa solitaria, Renzi ha millantato accordi con Prodi (che l’ha salutato), la Bonino (che l’ha sfanculato), Alfano (che s’è perso per strada il partito) e il Sor Tentenna Pisapia. Il quale già di suo non sa dove voleva andare. Ma poi, dopo le figuracce rimediate con i penultimatum su Alfano, sulla Sicilia, sullo Ius soli, sull’immigrazione, sul dialogo con Grasso e su qualsiasi cosa gli venisse in mente, ieri ha preferito fare ciò che i veri amici gli suggerivano da tempo: lasciar perdere. Requiem aeternam della coalizione di centrosinistra (anche di quella finta).
6) Sulle banche, il capolavoro. Renzi aveva annunciato la commissione parlamentare d’inchiesta nel dicembre 2015. L’avesse fatta subito, a quest’ora sarebbe chiusa e dimenticata. Invece il Rommel di Rignano ha traccheggiato per due anni, sbloccando la pratica solo due mesi fa, cioè a fine legislatura e in piena campagna elettorale. E l’ha usata per bombardare a freddo Bankitalia, facendo incazzare gli ignari Mattarella, Gentiloni, Padoan e soprattutto Visco. Che voleva lasciare e invece, grazie agli attacchi Pd, ha cambiato idea e s’è fatto riconfermare. Poi Renzi ha usato l’audizione del pm Rossi per accollare a Visco pure il crac di Etruria (una delle poche colpe che non ha) e scagionare papà Boschi (“il procuratore ha spiegato che non c’è nessun profilo penale”), salvo poi scoprire che il primo non è indagato, il secondo sì. E ora il Pd fa catenaccio per scongiurare l’audizione più attesa e normale: quella dell’ex Ad di Unicredit Ghizzoni, indicato da De Bortoli come destinatario di una richiesta dell’allora ministra Boschi perché salvasse la banca del babbo. Completa il quadro la Boschi, che prima annuncia immediata querela a De Bortoli, poi dorme per 7 mesi lasciando scadere i termini, e ora minaccia una causa civile per danni proprio alla vigilia dell’auspicata audizione di Ghizzoni: così quello che all’inizio poteva sembrare un atto di forza, ora pare una prova di debolezza, e anche di intimidazione. Resta da capire se papà Boschi abbia informato la figlia della proroga delle indagini a suo carico per falso in prospetto; se la figlia abbia avvertito Renzi di non dire cazzate sull’estraneità del padre alle indagini; e se lui abbia dunque mentito a sua insaputa (e senza neppure fare una telefonata a babbo Boschi) o sapendo di farlo.
Anthony de Mello scrisse un libro su un’aquila che si credeva un pollo: ecco, Renzi è proprio il contrario.
“Il pollo che si credeva un’aquila”
di Marco Travaglio
7 Dic 2017
– “Ora che evaporano pure i suoi due ultimi alleati Pisapia e Alfano, già peraltro ridotti allo stato gassoso, Renzi è riuscito definitivamente a dimostrare la scientificità del teorema di Carlo M. Cipolla. Quello che divideva gli esseri umani in quattro categorie: gli intelligenti, che avvantaggiano sia se stessi sia gli altri; gli sprovveduti, che danneggiano se stessi e avvantaggiano gli altri; i banditi, che danneggiano gli altri per avvantaggiare se stessi; e gli stupidi, che danneggiano sia gli altri sia se stessi. E lui, ovviamente, appartiene alla quarta categoria, cui fece ufficialmente domanda d’iscrizione un anno fa, dopo la disfatta referendaria.
1) Appena perso il referendum, il Genio di Rignano sull’Arno si rimangiò subito il solenne impegno di lasciare la politica e ritirarsi a vita privata: se l’avesse fatto, dedicandosi allo studio, all’autocritica e alla formazione di una classe dirigente, avrebbe persino potuto avere un futuro. Specie in quel campo di Agramante che è da sempre la sinistra italiana, capace solo di litigare, dividersi e scindersi in microrganismi sempre più invisibili. Bastava lasciar fare gli altri presunti leader che, tempo un paio d’anni, sarebbero riusciti a far dimenticare i suoi disastri, poi si sarebbero recati in pellegrinaggio a Pontassieve per implorarlo di tornare. Invece restò abbarbicato alla poltrona del Nazareno, con i bei risultati a tutti noti.
2) Quando nacque il governo Gentiloni, Renzi pretese di infilarci i fedelissimi Lotti&Boschi per far la guardia al bidone. Il primo fu subito inquisito per le soffiate sull’inchiesta Consip. La seconda iniziò a impicciarsi in tutti i dossier, soprattutto bancari, aggravando l’olezzo di conflitto d’interessi etrusco.
3) Dopo avere sterminato tutti i possibili alleati del centrosinistra a colpi d’insulti e arroganza, e avere spinto a viva forza fuori dalla porta i bersaniani, in nome della presunta “vocazione maggioritaria” del Pd, mandò a picco una legge elettorale che premiava i partiti single come il suo: quella tedesca, pur riveduta e corrotta all’italiana con nominati e voto congiunto. E ne dettò una opposta, affidata per giunta a quel gran genio di Rosato: quella che premia le coalizioni. Il tutto per decimare il M5S e tornare fra le braccia di B., che l’aveva già fregato sulla riforma costituzionale e l’Italicum (prima firmati, poi rinnegati) e ora si appresta a gabbarlo un’altra volta. Del Rosatellum infatti l’unico beneficiario è B.: da solo vale poco o nulla, ma sommato agli alleati Salvini e Meloni, può vantare financo il primo posto sul podio.
4) La legge elettorale fatta platealmente apposta per fregare il primo partito italiano – i 5Stelle – ha ridato fiato e spazio a un movimento che a giugno era uscito con le ossa rotte dalle urne amministrative. Li ha issati in cima alla classifica in Sicilia e a Ostia. Li ha consacrati nell’immaginario collettivo come l’unico antidoto al ritorno di B., regalando loro il “voto utile” che aveva sempre favorito il Pd. E li ha resi appetibili alla sinistra riunita da Grasso per un’intesa post-voto contro l’orrenda prospettiva del Renzusconi, anzi del Berlusrenzi.
5) Per raccattare almeno una finta coalizione che eviti al Pd la triste corsa solitaria, Renzi ha millantato accordi con Prodi (che l’ha salutato), la Bonino (che l’ha sfanculato), Alfano (che s’è perso per strada il partito) e il Sor Tentenna Pisapia. Il quale già di suo non sa dove voleva andare. Ma poi, dopo le figuracce rimediate con i penultimatum su Alfano, sulla Sicilia, sullo Ius soli, sull’immigrazione, sul dialogo con Grasso e su qualsiasi cosa gli venisse in mente, ieri ha preferito fare ciò che i veri amici gli suggerivano da tempo: lasciar perdere. Requiem aeternam della coalizione di centrosinistra (anche di quella finta).
6) Sulle banche, il capolavoro. Renzi aveva annunciato la commissione parlamentare d’inchiesta nel dicembre 2015. L’avesse fatta subito, a quest’ora sarebbe chiusa e dimenticata. Invece il Rommel di Rignano ha traccheggiato per due anni, sbloccando la pratica solo due mesi fa, cioè a fine legislatura e in piena campagna elettorale. E l’ha usata per bombardare a freddo Bankitalia, facendo incazzare gli ignari Mattarella, Gentiloni, Padoan e soprattutto Visco. Che voleva lasciare e invece, grazie agli attacchi Pd, ha cambiato idea e s’è fatto riconfermare. Poi Renzi ha usato l’audizione del pm Rossi per accollare a Visco pure il crac di Etruria (una delle poche colpe che non ha) e scagionare papà Boschi (“il procuratore ha spiegato che non c’è nessun profilo penale”), salvo poi scoprire che il primo non è indagato, il secondo sì. E ora il Pd fa catenaccio per scongiurare l’audizione più attesa e normale: quella dell’ex Ad di Unicredit Ghizzoni, indicato da De Bortoli come destinatario di una richiesta dell’allora ministra Boschi perché salvasse la banca del babbo. Completa il quadro la Boschi, che prima annuncia immediata querela a De Bortoli, poi dorme per 7 mesi lasciando scadere i termini, e ora minaccia una causa civile per danni proprio alla vigilia dell’auspicata audizione di Ghizzoni: così quello che all’inizio poteva sembrare un atto di forza, ora pare una prova di debolezza, e anche di intimidazione. Resta da capire se papà Boschi abbia informato la figlia della proroga delle indagini a suo carico per falso in prospetto; se la figlia abbia avvertito Renzi di non dire cazzate sull’estraneità del padre alle indagini; e se lui abbia dunque mentito a sua insaputa (e senza neppure fare una telefonata a babbo Boschi) o sapendo di farlo.
Anthony de Mello scrisse un libro su un’aquila che si credeva un pollo: ecco, Renzi è proprio il contrario.
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Re: Renzi
….DEMOCRISTIANAMENTE…..PARLANDO…
QUELLI DELLA PRIMA REPUBBLICA AVEVANO UN MAGGIORE SENSO CIVICO
8 dic 2017 01:10
COSA ASPETTA MARIA "ETRURIA" A DIMETTERSI?
- UNA SERIE DI SOCIETÀ RIFERIBILI A PIER LUIGI BOSCHI HA RICEVUTO IN TOTALE AFFIDAMENTI DA BANCA ETRURIA TRA 9,1 MILIONI E 6,3 MILIONI NEL PERIODO NEL QUALE IL PADRE DEL SOTTOSEGRETARIO MARIA ELENA BOSCHI ERA CONSIGLIERE DELLA BANCA
Gianluca Paolucci per La Stampa
Una serie di società riferibili a Pier Luigi Boschi ha ricevuto in totale affidamenti da Banca Etruria tra 9,1 milioni e 6,3 milioni nel periodo nel quale il padre del sottosegretario Maria Elena Boschi era consigliere della banca.
Una informativa della Guardia di finanza che analizza le posizioni conclude però che le posizioni esaminate «non presentano profili di criticità». L’informativa, che utilizza anche le risultanze di un esame delle strutture interne della banca, analizza 43 posizioni in totale di società e persone fisiche. Di queste, 17 risultano «non censite» nei sistemi della banca mentre delle restanti 26 sono 13 quelle che hanno affidamenti in essere. Una di queste, la cooperativa Zootecnica del Pratomagno, è classificata in sofferenza dal 13 febbraio del 2015, subito dopo il commissariamento di Etruria da parte di Bankitalia.
La posizione era però classificata in bonis almeno fino al 31 dicembre 2014, poche settimane prima del commissariamento. In questa società, Boschi è diventato consigliere il 26 giugno del 2014 - poco dopo essere diventato vicepresidente della banca- mentre l’ultima pratica di affido, per un totale di 253 mila euro, è del 6 agosto dello stesso anno. La pratica è però stata gestita dal responsabile territoriale del credito mentre un affido precedente, nel 2012, era passato dal cda. L’apertura della pratica di affidamento è del 2010. Al 31 dicembre 2015, annota la Gdf, la società non è più censita tra le sofferenze ma non chiarisce quando e perché esce.
Tra le altre posizioni anomale c’è la Immobilare Casabianca, dove Boschi è azionista (con il 16,67%) e consigliere. La posizione è classificata come «past due» (crediti scaduti o sconfinati da più di 90 giorni, la categoria meno grave dei crediti deteriorati). Ma l’ammontare del fido è di poche migliaia di euro. Due persone fisiche collegate a Boschi per questa pratica - entrambe socie di Immobiliare Casabianca - hanno avuto un fido di 101 mila euro nel 2007, poi ridotti a 10.400 nel 2012.
Per la Valdarno Superiore, una cooperativa agricola dove Boschiè stato consigliere e presidente, i prestiti di Etruria sono molto più grandi. La coop di San Giovanni Valdarno, in provincia di Arezzo, è affidata per 1,483 milioni di euro ed è classificata come «anomala» e «sotto controllo centrale» - la soglia che precede la classificazione a credito deteriorato - a più riprese tra il 2012 e la fine del 2013. Controllata della Valdarno è la Società agricola la Treggiaia, nella quale Boschi è stato presidente. La società ha un debito di 250 mila euro, erogato per la prima volta nel luglio del 2014 ed è classificata come «anomala» fino al 3 giugno del 2015.
C’è poi il caso della M.e. spa, una società che ha affidi con Etruria per 3,2 milioni di euro classificati «in bonis». In questa società non risultano cariche di Boschi, neppure per il periodo precedente al suo ingresso nel cda della banca. Ma nelle anagrafiche dell’istituto aretino figura una pratica cointestata alla società e a Boschi. Mentre un’altra persona fisica collegata alla stessa pratica e cointestataria della posizione con Boschi risulta avere un debito di 90 mila euro passato a incaglio nell’ottobre del 2014.
Boschi ha dichiarato la consiglio il proprio conflitto d'interesse per le pratiche di nove società e due persone fisiche, tra le quali figura la Zootecnica ma non la Valdarno Superiore.
QUELLI DELLA PRIMA REPUBBLICA AVEVANO UN MAGGIORE SENSO CIVICO
8 dic 2017 01:10
COSA ASPETTA MARIA "ETRURIA" A DIMETTERSI?
- UNA SERIE DI SOCIETÀ RIFERIBILI A PIER LUIGI BOSCHI HA RICEVUTO IN TOTALE AFFIDAMENTI DA BANCA ETRURIA TRA 9,1 MILIONI E 6,3 MILIONI NEL PERIODO NEL QUALE IL PADRE DEL SOTTOSEGRETARIO MARIA ELENA BOSCHI ERA CONSIGLIERE DELLA BANCA
Gianluca Paolucci per La Stampa
Una serie di società riferibili a Pier Luigi Boschi ha ricevuto in totale affidamenti da Banca Etruria tra 9,1 milioni e 6,3 milioni nel periodo nel quale il padre del sottosegretario Maria Elena Boschi era consigliere della banca.
Una informativa della Guardia di finanza che analizza le posizioni conclude però che le posizioni esaminate «non presentano profili di criticità». L’informativa, che utilizza anche le risultanze di un esame delle strutture interne della banca, analizza 43 posizioni in totale di società e persone fisiche. Di queste, 17 risultano «non censite» nei sistemi della banca mentre delle restanti 26 sono 13 quelle che hanno affidamenti in essere. Una di queste, la cooperativa Zootecnica del Pratomagno, è classificata in sofferenza dal 13 febbraio del 2015, subito dopo il commissariamento di Etruria da parte di Bankitalia.
La posizione era però classificata in bonis almeno fino al 31 dicembre 2014, poche settimane prima del commissariamento. In questa società, Boschi è diventato consigliere il 26 giugno del 2014 - poco dopo essere diventato vicepresidente della banca- mentre l’ultima pratica di affido, per un totale di 253 mila euro, è del 6 agosto dello stesso anno. La pratica è però stata gestita dal responsabile territoriale del credito mentre un affido precedente, nel 2012, era passato dal cda. L’apertura della pratica di affidamento è del 2010. Al 31 dicembre 2015, annota la Gdf, la società non è più censita tra le sofferenze ma non chiarisce quando e perché esce.
Tra le altre posizioni anomale c’è la Immobilare Casabianca, dove Boschi è azionista (con il 16,67%) e consigliere. La posizione è classificata come «past due» (crediti scaduti o sconfinati da più di 90 giorni, la categoria meno grave dei crediti deteriorati). Ma l’ammontare del fido è di poche migliaia di euro. Due persone fisiche collegate a Boschi per questa pratica - entrambe socie di Immobiliare Casabianca - hanno avuto un fido di 101 mila euro nel 2007, poi ridotti a 10.400 nel 2012.
Per la Valdarno Superiore, una cooperativa agricola dove Boschiè stato consigliere e presidente, i prestiti di Etruria sono molto più grandi. La coop di San Giovanni Valdarno, in provincia di Arezzo, è affidata per 1,483 milioni di euro ed è classificata come «anomala» e «sotto controllo centrale» - la soglia che precede la classificazione a credito deteriorato - a più riprese tra il 2012 e la fine del 2013. Controllata della Valdarno è la Società agricola la Treggiaia, nella quale Boschi è stato presidente. La società ha un debito di 250 mila euro, erogato per la prima volta nel luglio del 2014 ed è classificata come «anomala» fino al 3 giugno del 2015.
C’è poi il caso della M.e. spa, una società che ha affidi con Etruria per 3,2 milioni di euro classificati «in bonis». In questa società non risultano cariche di Boschi, neppure per il periodo precedente al suo ingresso nel cda della banca. Ma nelle anagrafiche dell’istituto aretino figura una pratica cointestata alla società e a Boschi. Mentre un’altra persona fisica collegata alla stessa pratica e cointestataria della posizione con Boschi risulta avere un debito di 90 mila euro passato a incaglio nell’ottobre del 2014.
Boschi ha dichiarato la consiglio il proprio conflitto d'interesse per le pratiche di nove società e due persone fisiche, tra le quali figura la Zootecnica ma non la Valdarno Superiore.
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Re: Renzi
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Vuol dire che la capacità di manovra e di attrarre consensi da parte di Liberi e uguali, la neonata formazione di sinistra, è così netta e visibile da aver già prodotto una resa tra i suoi possibili competitori, quelli appunto del Campo progressista di Pisapia. Che infine la forza propulsiva del centrodestra sarà ancora più marcata perché, com’è prevedibile, raccoglierà le spoglie del partito di Alfano, Alternativa popolare, già sul punto di sfasciarsi di fronte al quesito: tornare ad Arcore col capo coperto di cenere ma con la prospettiva di tornare a vincere, oppure issare la bandiera dell’orgoglio e cascare a terra insieme al suo Pd?
C’è una quarta considerazione che bisogna fare: il Pd si avvia a essere la terza forza del Paese, dietro il centrodestra unito e ingrassato dai nuovi arrivi, e i Cinquestelle. E sebbene Renzi abbia i numeri per continuare ad avere la leadership, il suo partito, soprattutto i suoi eletti, quanta voglia hanno del martirio?
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C’è una quarta considerazione che bisogna fare: il Pd si avvia a essere la terza forza del Paese, dietro il centrodestra unito e ingrassato dai nuovi arrivi, e i Cinquestelle. E sebbene Renzi abbia i numeri per continuare ad avere la leadership, il suo partito, soprattutto i suoi eletti, quanta voglia hanno del martirio?
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