Diario della caduta di un regime.

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Re: Diario della caduta di un regime.

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......................LA FASE FINALE


Scrive David Broder dagli Stati Uniti:


L'Italia che il 4 marzo andrà al voto per eleggere il
nuovo parlamento sta attraversando una grave crisi
politica. E gli errori della sinistra rischiano di lasciare
campo aperto al ritorno di Silvio Berlusconi
e al successo dei populisti e dell'estrema destra.


Il commentatore a stelle e strisce vede giusto quando vede la presenza di una grave crisi del sistema Italia, ma commette un errore nel valutare che gli errori della sinistra porteranno al ritorno dell'estrema destra, perchè la sinistra italiana, come quella europea e mondiale non esiste più da tempo.

Non si può definire "sinistra" questo assembramento di democristiani di destra che recitano male, molto male la commedia del centrosinistra.

Domenico DE MASI, professore emerito di sociologia del lavoro all'Università della Sapienza di Roma, nel suo libro edito nel marzo del 2017, dal titolo : "LAVORARE GRATIS, LAVORARE TUTTI", a pagina 11 scrive:

La violenza della calma. Ma questi milioni di uomini e donne votano e, dunque, occorre estorcere il consenso. Perciò si ricorre a continue, illusorie promesse di imminenti uscite della crisi, a un'altalena di micromutazioni del Pil che quanto prima - così si mente sapendo di mentire -riprenderà a crescere, a una sarabanda di leggi leggine e decreti cui si finge di affidare la soluzione radicale del prolema, a sbandierare le rare circostanze in cui si riesce a creare qualche migliaio di posti di lavoro, tacendo furbescamentedei milioni di disgraziatiche restano disoccupati.




Il Prof DE MASI non aveva ancora visto l'avvio della campagna elettorale delle prossime elezioni di Marzo.
I principali attori che calcano la scena per diventare a.d. della CACAO MERAVIGLIAO, si guardano bene dall'affrontare i problemi reali di questo Paese, e preferiscono, come in passato narcotizzare gli italiani con promesse fantastiche che non sono realizzabili o se lo sono riguardano la marginalità dei problemi della società italiana.

Se Alcide De Gasperi si fosse comportato in questo modo irresponsabile, l'Italia non sarebbe mai cresciuta, e ancora una volta avremmo dovuto scegliere la via dell'emigrazione di massa per per poter sopravvivere.

CONTINUA
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..IlFattoQuotidiano.it / Loft

Balle Spaziali, Travaglio sulle fake news della settimana: dalle tasse di Trump alle scuse di Le Monde

UN PICCOLO ESEMPIO COME AGISCE LA BANDA HACKER

IL TITOLO LO TROVERETE AL TERMINE DELL'ARTICOLO






..................BUFALA ITALIA



video:
https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/0 ... e/4088703/













di F. Q. | 13 gennaio 2018
8
365


Più informazioni su: Balle Spaziali, Bruno Vespa, Fabio Fazio, Le Monde, Loft, Marco Travaglio, Pietro Grasso, Silvio Berlusconi, Tasse Universitarie, Virginia Raggi
È vero che la proposta di Piero Grasso di abolire le tasse universitarie favorirebbe i più ricchi come va dicendo il Pd? E ancora, è vero, come dicono tutti i “giornaloni” che Virginia Raggi ha chiesto il rito immediato per allungare i tempi del processo per falso allo scopo di oltrepassare il 4 marzo, data delle elezioni? E poi, davvero Fabio Fazio e Bruno Vespa sono vittime di un nuovo editto bulgaro ordito dai 5Stelle per eliminarli dalla televisione pubblica nei 45 giorni previsti dalla legge sulla par condicio? Infine, ha fatto bene Le Monde a scusarsi con Silvio Berlusconi per aver scritto, nel 2015 e nel 2017, due articoli sui legami con la mafia intrattenuti dal Cavaliere? Questi i quattro temi su cui si concentra Marco Travaglio, questa settimana, nel decimo appuntamento di Balle Spaziali, il format disponibile in abbonamento sul sito e sulla app di Loft.


Su piattaforma e app di Loft sono disponibili, sempre in abbonamento, anche le nove puntate delle scorse settimane che toccano tutti gli argomenti caldi del dibattito politico: si parte dal Rosatellum, si passa alle elezioni siciliane e al caso di Ostia; dal ritorno sulla scena politica di Silvio Berlusconi, alla sconfitta della candidatura europea di Milano come sede dell’Agenzia del Farmaco; si parla delle molestie nel mondo del cinema, delle dichiarazioni del fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari, a favore di Berlusconi nonostante le 60 leggi vergogna che i suoi governi ci hanno lasciato in eredità, del crac di Banca Etruria; dei vitalizi mai tagliati e del battàge di tv e giornali a favore della scarcerazione del condannato per mafia Marcello Dell’Utri; della tassa sulle buste di plastica che favorisce un’impresa vicina a Matteo Renzi, delle finte missioni istituzionali di Maria Elena Boschi; dell’ossessione dei media per Virginia Raggi e del bavaglio sulle intercettazioni voluto dal ministro Andrea Orlando. Il tutto passato al microscopio da Marco Travaglio.......................BUFALAITALIA
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……………………………………..BUFALAITALIA





La Seconda Repubblica sta finendo in modo raggualdevolmente peggiore della Prima.

La Prima si era estinta per l’esaurimento naturale della capacità politica della Dc & C a guidare il Paese.

La Seconda termina con la lotta per la poltrona di comandante della premiata ditta “CACAO MERAVIGLIAO”


I sospetti su De Benedetti
dietro l'agguato al Cavaliere

La Stampa fa parte del suo gruppo. E il falso scoop ha dirottato l'attenzione dai contatti con Renzi sulle banche
di Gian Maria De Francesco
1 ora fa
374

L’Italia ha esaurito la sua classe dirigente. Al posto della classe dirigente si sta esibendo “LA CLASSE DIGERENTE” del film dell’atto finale della Seconda Repubblica, “PER CHI SUONA LA POLTRONA”.





La Super Mega Galattica Bufala dell’anno la spara “Il Bufaliere”, che ha preso a prestito “il Giornale” fondato da Indro Montanelli.

Oggi batte ogni record.


12 ore fa
230
Soros, il pericoloso demagogo
di sinistra ma con il cuore d'oro

Livio Caputo


SE SOROS E’ DI SINISTRA, IO POSSO ESSERE DA SUBITO ESIBITO NEI CIRCHI DI TUTTO IL MONDO COME UN CAMMELLO CON DIECI GOBBE, CON TRE TESTE SOPRA TRE COLLI DA GIRAFFA E CON SEI CODE DA CAIMANO.
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...........CHI DIMENTICA IL PASSATO E' COSTRETTO A RIVIVERLO
.....................Primo Levi




Cronaca | Di F. Q.
Genova, antifascisti: “Militanti Casapound
ci hanno aggredito con coltelli e bottiglie”
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Re: Diario della caduta di un regime.

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UncleTom ha scritto:...........CHI DIMENTICA IL PASSATO E' COSTRETTO A RIVIVERLO
.....................Primo Levi




Cronaca | Di F. Q.
Genova, antifascisti: “Militanti Casapound
ci hanno aggredito con coltelli e bottiglie”






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DomenicaEspresso
Damilano: 'Il fumetto di Zerocalcare: comico, commovente ed emozionante'



http://video.espresso.repubblica.it/tut ... =HEF_RULLO



http://espresso.repubblica.it/foto/2018 ... 1.316842#1
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sabato 13/01/2018
Questa sarà la prima campagna dominata dallo sberleffo social


di Antonio Padellaro | 13 gennaio 2018
| 47
Con lo strepitoso successo dell’hashtag #AboliamoQualcosa, la campagna elettorale 2018 verrà ricordata come la prima dominata dalla derisione social: quella dei politici zimbello massacrati dalla burla in Rete. Mentre noi presunti esperti ci affannavamo a dimostrare, con aria seriosa e numeri alla mano, quali buchi e voragini avrebbe aperto nei conti statali l’abolizione della legge Fornero o del canone Rai o del bollo auto o delle tasse universitarie, e mentre i vari Berlusconi, Renzi, Salvini e Di Maio insistevano nelle mirabolanti promesse, ecco che #unarisata li ha seppelliti.
Davanti alla geniali proposte: “Aboliamo le porte con scritto ‘tirare’ o ‘spingere’ lasciamoci guidare dall’istinto”; oppure: “Aboliamo quelli che si fermano davanti alle porte della metro”, diventa difficile per qualsiasi venditore di pentole elettorali spararla grossa senza domandarsi: ma che cz sto dicendo…
Per esempio, chi se l’è proprio andata a cercare è Luigi Di Maio nell’annunciare l’abolizione non di una, non di due, non di tre, ma mi voglio rovinare, di ben “quattrocento leggi per ridurre la burocrazia”. Ebbene proprio nel relativo sito “ad hoc aperto a tutti” è stato fulminato dal tweet: “Aboliamo il congiuntivo così da favorire uno dei candidati premier”. Sono trascorsi quasi quarant’anni dalla pubblicazione dello Stato spettacolo di Roger-Gérard Schwatzenberg e, nel frattempo, nel teatro politico-mediatico si è assistito a un completo capovolgimento dei ruoli. Quando negli anni 60, il giovane e affascinante John Kennedy conquistò la Casa Bianca grazie a un terrificante primo piano televisivo della barba mal rasata di Richard Nixon (così si dice) erano ancora i comportamenti sulla scena a influenzare il giudizio della platea.
Uno schema classico che ha costretto la politica, sempre più sottomessa all’occhio della telecamera, a farsi spettacolo e poi intrattenimento (con il più esperto nel ramo, Donald Trump, giunto al vertice del potere dopo aver spazzato via uno dopo l’altro i competitori nel The Apprentice globale).
Oggi, la platea-community ha definitivamente conquistato la scena mediatica e chiunque con un hashtag azzeccato può mettere alla berlina il leader ballista destinandolo alla gogna virale. Perciò fanno un po’ sorridere i (falsi) allarmi sulle fake news, come se il popolo di Internet avesse l’anello al naso, mentre sappiamo che nella maggior parte dei casi agisce il pregiudizio di conferma. Ovvero: credo a ciò che mi conviene credere. In questo sistema volubile ad alta sorveglianza vincono autenticità, chiarezza e competenza. Le proposte sensate e il senso della misura. Al contrario, nella gara a chi la spara più grossa, alla fine, finiscono tutti in un telepanettone.


https://www.ilfattoquotidiano.it/premiu ... fo-social/
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..................CRONACA DELLA FINE DELLA SECONDA REPUBBLICA





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De Benedetti, Repubblica e l’equivoco della diversità morale
Scritto il 14/1/18 • nella Categoria: idee
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Scalfari che sdogana il Cavaliere e la “Repubblica” che tace sui contatti affaristici tra Renzi e De Benedetti? E’ la fine di un’epoca, o perlomeno di un equivoco. Negli ultimi vent’anni Marco Travaglio ha attribuito i guai del paese essenzialmente a Berlusconi, non alla potentissima super-casta eurocratica che di Berlusconi si è poi sbarazzata, per poter infliggere il ko finale all’Italia. Stefano Feltri, vicedirettore del “Fatto”, ora si volge verso gli antiberlusconiani storici, quelli del gruppo Espresso, denunciando la fine della loro presunta, lungamente sbandierata “diversità morale”. «Se mettiamo in fila gli eventi di questi ultimi due anni – scrive – capiamo che è davvero finita un’epoca. Il Gruppo Espresso si è fuso con l’Itedi, la società editoriale degli Agnelli che pubblica la “Stampa”, Carlo De Benedetti ha lasciato la presidenza, l’“Espresso” è diventato un allegato di “Repubblica”, molti editorialisti hanno lasciato il giornale (alcuni proprio per il “Fatto”)». E in una delle più accese battaglie politiche di questi anni, il referendum 2016 sulla riforma costituzionale, “Repubblica” non ha preso posizione: «Il suo direttore Mario Calabresi ha dedicato più editoriali critici al sindaco di Roma Virginia Raggi che all’ex premier Matteo Renzi o a Silvio Berlusconi. Il fondatore, Eugenio Scalfari, ha detto che, dovendo scegliere tra Silvio Berlusconi e Luigi Di Maio, preferisce Berlusconi, ridimensionando vent’anni di leggi ad personam e di politiche economiche contrarie a tutto quello che “Repubblica” e Scalfari hanno sempre professato».
In più continua Feltri, De Benedetti ha attaccato Scalfari in una intervista sul “Corriere della Sera”, definendo le sue posizioni «un pugno nello stomaco per gran parte dei lettori di “Repubblica”, me compreso». Scalfari, che ha troncato ogni rapporto, gli ha risposto RaiTre a “Cartabianca”, il salotto di Bianca Berlinguer, dicendo che uno arrivato a 94 anni «se ne fotte» di quello che pensa De Benedetti. Ultima, ma solo in ordine di tempo, la vicenda della speculazione di Carlo De Benedetti grazie alle informazioni avute da Matteo Renzi e dalla Banca d’Italia. Questa, come ha detto l’ex commissario Consob, Salvatore Bragantini, è come minimo «sconveniente», a prescindere dal fatto che sia o meno un reato. Intanto, premette Stefano Feltri, De Benedetti «ha accesso a Renzi e alla Banca d’Italia non tanto perché è (stato) un finanziere di successo – l’impero economico l’ha passato da tempo ai figli – ma in quanto editore di giornali rilevanti. Il non detto di questi rapporti è che il politico o l’uomo delle istituzioni coltiva le simpatie dell’editore convinto di ottenere, per questa via, un trattamento di favore dai giornalisti. E quando poi il giornale dovesse invece dimostrarsi completamente autonomo, si genera la spiacevole telefonata del tipo “Ma come, pensavo fossimo in buoni rapporti…”».
In questo, conclude Feltri, si vede che Renzi «non è diverso dagli altri politici che voleva rottamare», se infatti «corteggia gli editori nella speranza di avere trattamenti di favore dai giornali». E De Benedetti, per contro, «non ritiene che invitare a cena ministri e presidenti del Consiglio possa complicare la vita ai suoi direttori ed editorialisti». Secondo: Carlo De Benedetti, che ha consolidato la sua carriera da finanziere «in un’Italia in cui l’uso di informazioni privilegiate per fare operazioni di Borsa non era neppure reato», rivendica la correttezza del proprio operato con questa argomentazione: se avessi saputo davvero qualcosa di specifico, non avrei investito solo 5 milioni ma almeno 20. «Autodifesa che diventa ammissione dell’assenza di ogni vincolo etico». Renzi, da parte sua, «ha dimostrato di non avere alcun filtro, alcuna prudenza nel gestire provvedimenti e informazioni con un impatto sui mercati». Negli anni 2014-2015, ricorda Stefano Feltri, «a Palazzo Chigi c’era un vorticoso ricambio di consulenti, amici del premier, collaboratori più o meno ufficiali che discutevano di Telecom, Eni, Banca Etruria, riforma delle Popolari e delle banche di credito cooperativo. Ora abbiamo chiaro con quale prudenza e quale riservatezza. Chissà quanti “casi De Benedetti” ci sono stati di cui non sappiamo».
Terzo profilo sconveniente, nella vicenda Renzi-De Benedetti, «quello più rilevante: la reazione del sistema a tutela del potere costituito». Renzi e De Benedetti «fanno qualcosa, a gennaio 2015, che può essere reato o non esserlo, che può portare a sanzioni o meno». Tutto dipende dalla valutazione che ne viene fatta. La Consob indaga e decide, nel collegio dei commissari, di non sanzionare. La Procura di Roma, a quanto emerge, praticamente non indaga affatto ma chiede subito l’archiviazione dell’unico indagato, il povero broker che esegue l’ordine d’acquisto di azioni di banche popolari arrivato da De Benedetti. La vicenda esce una prima volta sui giornali dopo gli attacchi di Renzi alla Consob di Giuseppe Vegas, e riesplode ora che, con grande fatica, i parlamentari della commissione d’inchiesta sulle banche sono riusciti ad avere una parte dei documenti dalla Procura di Roma. I punti critici sono vari, riassume Feltri: per quasi tre anni, in troppi hanno saputo che incombeva questa bomba su Renzi (incombe ancora, visto che l’inchiesta non è stata archiviata). «Non è mai una cosa sana quando un politico sa di essere potenzialmente ricattabile». Ma perché la Procura di Roma ha mantenuto tanta riservatezza? «Perché il procuratore Pignatone considera grave che il contenuto delle carte sia filtrato dalla commissione banche? Non lo ha mai spiegato».
E quando Vegas è andato allo scontro con il governo, dopo la sua mancata riconferma al vertice della Consob, rivelando gli interessamenti di Maria Elena Boschi su Etruria, «sapeva di avere nel cassetto l’arma segreta: tutte le carte di quello che i suoi uffici avevano classificato come insider trading, prima che la commissione lo archiviasse». Vegas “sapeva”, come lo stesso Renzi: «Chi doveva sapere sapeva, e tutti si sono comportati di conseguenza». E i grandi giornali? Sono «parte non irrilevante di questa storia», scrive Feltri. Il giorno in cui esce la trascrizione della telefonata di De Benedetti con il suo broker, “Repubblica” non ha la notizia. «Diciamo che è stato uno scoop della concorrenza, anche se di questa fanno parte praticamente tutti i giornali italiani incluso “La Stampa”, testata dello stesso gruppo editoriale». Il giorno dopo viene dato conto solo del “caso politico” intorno alla telefonata. Poi il “Sole 24 Ore” pubblica sul proprio sito web in modo quasi integrale il verbale di De Benedetti in Consob, dove l’editore di “Repubblica” si difende e rivela i suoi rapporti con Renzi, Boschi, Padoan, Visco, e rivendica perfino di essere stato il primo ispiratore del Jobs Act. «Non una riga esce oggi su “Repubblica” di tutto questo. E, cosa ancora più singolare, solo un francobollo sul “Sole 24 Ore” cartaceo, che invece spesso ha ospitato gli editoriali di De Benedetti. Scelta bizzarra, questa di regalare lo scoop on line ma di non valorizzarlo nell’edizione a pagamento».
Gli imprenditori della Confindustria, «che ricevono ogni mattina la copia del giornale che hanno portato vicino al disastro», non hanno così potuto leggere – su quelle pagine – il verbale del loro collega De Benedetti. Lo stesso “Corriere della Sera” dedica al caso un semplice colonnino. Ma non è sempre stato così, annota Stefano Feltri: negli archivi del “Corriere” si trovano ampi e completi articoli, per esempio, su quando alcuni familiari di De Benedetti sono stati sanzionati dalla Consob per 3,5 milioni per un insider trading su Cdb Web Tech, all’epoca uno dei veicoli finanziari dell’Ingegnere. Nel libro “Il desiderio di essere come tutti” (Einaudi, ripubblicato in allegato a “Repubblica”), Francesco Piccolo racconta la storia di una conversione politica, «quella di preferire una sinistra del compromesso, pragmatica e disposta a sporcarsi nella pratica quotidiana del potere rispetto a quella che invece rivendica la superiorità morale, una diversità antropologica, che considera chi vota Berlusconi moralmente disprezzabile». E’ la storia di come Francesco Piccolo ha scelto l’Enrico Berlinguer del compromesso storico al posto di quello della “questione morale” e della diversità comunista. E di come ha accettato di essere italiano, nel bene e nel male, invece che considerarsi sempre diverso, una persona un po’ migliore degli italiani raccontati dalla tv, quelli che votavano prima Democrazia Cristiana e poi Forza Italia.
«Scalfari, De Benedetti e “Repubblica” – continua Feltri – sono stati per quarant’anni gli alfieri e la voce di un’Italia che si riteneva migliore della media, che rivendicava il diritto a fare una gerarchia di valori, a inseguire qualche ideale invece che rassegnarsi al “così fan tutti”, che guardava Silvio Berlusconi e il suo stile di vita e poteva permettersi di criticarlo». Illusioni? «Non esiste una Italia migliore e una peggiore», scrive Stefano Feltri: «Gli uomini, visti da molto vicino, sono tutti uguali», o in ogni caso «nessuno ha titolo di giudicare il suo prossimo». Però, aggiunge Feltri, quell’illusione qualcuno è servita: «Ha dato alla politica (soprattutto alla sinistra), agli elettori e soprattutto ai lettori una tensione etica, ha trasmesso il messaggio che poteva esistere un paese migliore». Un paese «magari un po’ tromboneggiante e moralista, talvolta noioso, spesso più conformista di quello che era disposto ad ammettere, ma migliore». E invece, per citare Francesco Piccolo, Scalfari, De Benedetti e “Repubblica” hanno realizzato il loro inconfessato e inconfessabile “desiderio di essere come tutti”, quindi non criticabili da nessuno. «Hanno dissipato ogni illusione di alterità. E se sono tutti uguali, allora non c’è differenza tra De Benedetti e Berlusconi, tra Renzi e D’Alema, tra Salvini e Di Maio. Senza illusioni e senza questione morale restano soltanto il cinismo e l’antipolitica», sostiene Feltri. «Quando, dopo le elezioni di marzo, commentatori e politologi vorranno spiegare il tracollo del Pd e l’inspiegabile tenuta del Movimento Cinque Stelle nonostante le mille prove di dilettantismo, sarà bene considerare tra le variabili rilevanti il crepuscolo della galassia Espresso-Repubblica».
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Re: Diario della caduta di un regime.

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Veneziani: il non-governo che verrà, eutanasia dello Stato
Scritto il 15/1/18 • nella Categoria: idee
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Dopo aver passato mesi di angoscia e depressione come tanti confratelli d’Italia, per l’assenza di prospettive che si aprono sul futuro del nostro paese, aggravate dalla legge elettorale di recente varata che programma la mancanza di vincitori dalle urne, superato il panico su chi votare e la paura sul dopo voto, ho avuto un’intuizione che mi fa raggiungere lo stato di beatitudine, e lo farà raggiungere anche a voi. È l’equivalente del Nirvana ed è infatti la contemplazione del Nulla e del Vuoto che di per sé infonde un’assoluta serenità. Ommm… Provo a spiegarvela in chiave politica. I governi in carica nell’uscente legislatura hanno varato un certo numero di leggi e di interventi che ho rigorosamente vagliato a uno a uno, riguardo ai benefici e ai danni: mi sono accorto che per il 55% sono stati nocivi agli italiani, per il 35% sono stati superflui, fumosi o inconcludenti e per il restante 10% hanno prodotto benefici più o meno aleatori o limitati. Considerato dunque che facendo la somma di questi dati il saldo è decisamente in negativo, allora la prospettiva di uscire dalle urne senza avere una maggioranza chiara e un governo stabile, non solo non deve spaventarci, ma deve altresì rallegrarci e destare qualche segno di euforia.
Se a questo aggiungiamo il felice esempio di periodi senza governo in altri paesi europei anche meno devastati del nostro, come la Spagna e il Belgio, se ne deduce che è una benedizione celeste se dopo le votazioni ci troveremo senza un governo. Avremo solo gli uscenti che gestiscono l’ordinaria amministrazione; i ministri si riducono a figuranti e i premier a mimi, il tutto benedetto dai precetti inutili di Mattarella (ben più inutili delle prediche famose di Luigi Einaudi). L’auspicio è che ci sia un non-governo di legislatura, che duri cinque anni, fino a nuove urne. Per rimettere in carreggiata il paese, perché si delinei da solo, perché si limitino i danni. Con un Parlamento giocoso che s’intrattiene su quesiti puramente bizantini o su questioni relative al galateo, al gratta-e-vinci, e altre amenità. E una classe politica resa inoffensiva, puramente decorativa, che si limita soltanto a sceneggiate, al puro scopo di riempire i tg e le cronache politiche. Peraltro non sarebbe una novità: il segreto della durata democristiana fu la quantità di governi passeggeri, o balneari, che si limitavano all’ordinaria amministrazione, magari abusando un po’ dello statalismo, ma lasciando che la società crescesse per suo conto.
Definisco la condizione descritta come un’auspicabile, dolcissima anarchia, che letteralmente vuol dire assenza di governo. Ma senza le impetuose azioni dimostrative o simboliche degli anarchici, le bombe, gli attentati, i sit in. No, qui saremmo all’eutanasia dello Stato, previo bio-testamento delle istituzioni, un’anarchia concordata col potere, patteggiata con le istituzioni. Una bellissima anarchia che esalterebbe l’indole degli italiani, che però perderebbero la loro più importante Valvola di Sfogo, Capro Espiatorio: non ci sarà più un governo con cui prendersela, una classe politica da vituperare, un partito contro cui imprecare. Prendersela col governo sarebbe a questo punto come imprecare contro le previsioni meteorologiche. Piove, governo assolto. Il vuoto ci salverà. Bene, andiamo alle urne. E vinca il migliore, cioè Nessuno.
(Marcello Veneziani, “Modesta proposta di non governo”, dal “Tempo” dell’11 gennaio 2018, ripreso dal blog di Veneziani).
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Re: Diario della caduta di un regime.

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La destra italiana non cambierà mai. Inossidabile nel tempo.

L’umanità si divide in due grandi categorie: “ Gli antenati e i pronipoti del Marchese del Grillo, e gli altri.”

“Io so io e voi non siete un caXXo”

Tutte e due le categorie presentano al loro interno svariate sfumature, ma la base fondante rimane il motto del Marchese del Grillo.

Potevano gli italiani sfuggire questa regola?

Basterebbe solo il titolo per rendersi conto delle appartenenze.

Lividi e Uguali: Grasso superfluo. E solo per colpire Renzi

1) Non c’è nessun motivo per colpire Renzi, perché è dotato di un dispositivo naturale di autodistruzione. Si autodistrugge da solo con le sue mani.
2) Pinocchio Mussoloni non è per niente di sinistra. Ma solo un mediocre attore della destra democristiana. I merli esistono sempre, e all’inizio hanno abboccato. Ma come avviene sempre nei processi umani, deve passare il tempo e devono succedere cose per rendersi conto.




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Lividi e Uguali: Grasso superfluo. E solo per colpire Renzi
Scritto il 07/12/17 • nella Categoria: idee Condividi

A sinistra, «l’odio unisce più dell’affinità, il fratricidio vince sempre sulla fratellanza». Marcello Veneziani ribattezza “Lividi e Uguali” i profughi del Pd, alleatisi con vendoliani e civatiani non per vincere, ma solo per far perdere il “nemico”. «La loro priorità – scrive Veneziani sul “Tempo” – non era chiamare a raccolta la sinistra, ma danneggiare Renzi». E allora «hanno pensato che nuocesse di più al fiorentino un leader sferico e mobile, privo di identità politica e capace di suonare il piffero per l’elettore qualunque, pescando così nel target renziano». In questo, D’Alema e Bersani «sono rimasti fieramente, ferocemente di sinistra», cioè settari e frazionisti fino all’autolesionismo. Veneziani definisce “Liberi e Uguali” un mix tra «sinistra movimentista, briciole di Rifondazione, lasciti del vecchio Pci e giovani sfigati di tristi speranze, più gloriose reliquie della Seconda Repubblica, accomunati dal disprezzo per il Vanesio Fiorentino». In fuga da un “corpo estraneo” come Renzi, «che subivano e odiavano», chi chiamano come leader? «Un altro corpo estraneo, un Papa straniero, un magistrato e uomo dell’establishment, il presidente del Senato Grasso. Uno che a giudicare dal curriculum e dalle oscillazioni, avrebbe potuto tranquillamente militare con Renzi, con Berlusconi e con chiunque altro».
Grasso, secondo Venziani, ha accettato il ruolo «perché la vanità è l’ultima a morire, e si gonfia, s’illumina d’incenso». Ma si può capire, aggiunge: «Un anno fa temeva di essere abolito insieme al Senato, e ora gli offrono di guidare un cartello intero con una visibilità assai forte. E appartenendo alla genia degli Ego-magistrati, da Di Pietro a Ingroia, da De Magistris a Emiliano, assumere un ruolo di vetrina coi gradi di comando, “sputace sopra”».
Se Grasso in fondo lo si può capire, meno comprensibili risultano loro, «i combattenti e reduci della sinistra», gli esuli dal Pd e i profughi del ciclone renziano che, «quando finalmente si fanno una casa tutta loro e possono darsi un leader di sinistra, schietto, vanno a pescare il presidente del Senato». Non la Boldrini, presidente della Camera, «che almeno è un’icona della sinistra e una custode del politicamente corretto, del tardo-femminismo e dell’antifascismo sacro». Macché, scelgono Grasso, «che con la sinistra c’entra poco o nulla».
Sempre secondo Veneziani, la sinistra aveva due possibilità: poteva scegliere un leader che rappresentasse la sua tradizione e la sua identità, magari «uno che indossa con dignità il Novecento, comunismo incluso», oppure uno che fosse «la traduzione italiana di Tsipras o degli Indignados spagnoli, una specie di postsinistra protestataria del terzo millennio». E invece, chi ti vanno a pescare? «Un Grasso che non incarna né l’una né l’altra, che non è carne né pesce, ma colesterolo allo stato grezzo. Grasso superfluo». Come spiegare questa scelta suicida? E’ l’ennesima conferma (in casa propria) di quel che sostengono gli avversari della sinistra stessa, ossia «l’incapacità di partorire una leadership chiara e distinta di sinistra». Il museo delle cere firmato Bersani e D’Alema, poi, sottolinea una volta di più il tramonto di antiche dicotomie: destra e sinistra hanno sottoscritto insieme il rigore europeo, imposto dall’oligarchia internazionale al potere. L’altra casella – vedi alla voce “democrazia progressista” – resta ancora vacante, lontana anni luce dal “grasso superflio” di Lividi e Uguali.
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Re: Diario della caduta di un regime.

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MA NON ERA UN CATTOLICONE DEMOCRISTIANONE???????????????????



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Con "Hitler almeno i disabili
li eliminava gratis" Adinolfi vince il 'Peggio del 2017'
di Wil Nonleggerlo
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