Diario della caduta di un regime.
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Re: Diario della caduta di un regime.
......DAL BUFALIERE....
.........GRANDI MANOVRE
LA LEGA SI SLEGA
Salvini apre a un governo con i grillini, Maroni minaccia la scissione
E gli intellettuali del Pd chiedono l'elemosina a Di Maio
^^^^^^
Berlusconi guarda al Pd:
confido in Mattarella
^^^^^^^^^^^^^
.....Politici da terzo mondo
Non sanno contare
neanche i loro voti
A 15 giorni dalle elezioni mancano i nomi definitivi degli eletti
Pagina 7
L'ex presidente leghista della Camera racconta perchè guidare Montecitorio è diventata una maledizione
<<Di Maio è la malattia del Sud, Salvini la cura>>
.........GRANDI MANOVRE
LA LEGA SI SLEGA
Salvini apre a un governo con i grillini, Maroni minaccia la scissione
E gli intellettuali del Pd chiedono l'elemosina a Di Maio
^^^^^^
Berlusconi guarda al Pd:
confido in Mattarella
^^^^^^^^^^^^^
.....Politici da terzo mondo
Non sanno contare
neanche i loro voti
A 15 giorni dalle elezioni mancano i nomi definitivi degli eletti
Pagina 7
L'ex presidente leghista della Camera racconta perchè guidare Montecitorio è diventata una maledizione
<<Di Maio è la malattia del Sud, Salvini la cura>>
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Re: Diario della caduta di un regime.
.............LA LUNGA AGONIA.........
ABITUARSI AL KAOS INFORMATIVO
Dichiara il politologo Piero Ignazi in un'intervista a LUCA DE CAROLIS , per il Fatto Quotidiano:
.....Fra i suoi primi provvedimenti al governo (M5S-ndt) ci sarebbero una legge sul conflitto d'interessi e un'altra sul riordino del sistema radiotelevisivo, ed è per questo che Silvio Berlusconi li avversa così tanto, non certo per chissà quali motivazioni politiche.
QUESTO FRAMMENTO DI OSSERVAZIONE CI STA TUTTO.
PERCHE' DA UNA MOTIVAZIONE VALIDA DELL'ATTIVISMO POLITICO, FUORI TEMPO, DEL NONNO DI HARCORE.
ABITUARSI AL KAOS INFORMATIVO
Dichiara il politologo Piero Ignazi in un'intervista a LUCA DE CAROLIS , per il Fatto Quotidiano:
.....Fra i suoi primi provvedimenti al governo (M5S-ndt) ci sarebbero una legge sul conflitto d'interessi e un'altra sul riordino del sistema radiotelevisivo, ed è per questo che Silvio Berlusconi li avversa così tanto, non certo per chissà quali motivazioni politiche.
QUESTO FRAMMENTO DI OSSERVAZIONE CI STA TUTTO.
PERCHE' DA UNA MOTIVAZIONE VALIDA DELL'ATTIVISMO POLITICO, FUORI TEMPO, DEL NONNO DI HARCORE.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Dopo il voto
Il comunista Peppone ha votato Lega e M5S
Viaggio a Brescello, il comune sciolto per mafia dei film di don Camillo. Dove la storia “rossa” è arrivata al capolinea
di Giovanni Tizian
20 marzo 2018
Il comunista Peppone ha votato Lega e M5S
Brescello, elezioni del 1948 . Il Fronte popolare democratico di Palmiro Togliatti e Pietro Nenni registra il 52,59 per cento dei consensi. Alla vigilia della caduta del muro di Berlino il Pci è al 41. Soglia abbondantemente superata dal Pds nell’anno della prima discesa in campo del Cavaliere nero Berlusconi. Poi, il 2008 è l’anno del Pd. Inizia una lenta e drammatica emorragia di elettori. Fino al 4 marzo, giorno della disfatta nazionale per il centrosinistra. Che nell’Emilia, intellettuale e operaia, diventa evento drammatico, storico, da raccontare alle future generazioni. La regione rossa per eccellenza stinta e ridipinta di verde leghista e giallo grillino. Due tonalità nuove per la roccaforte della sinistra, modello sociale e culturale, ora in mano ai conquistatori populisti e sovranisti. Di questa capitolazione del Pd esistono luoghi simbolici. Microscopiche realtà, che racchiudono in sé ogni elemento per comprendere il cammino suicida di un partito che avvitandosi su se stesso ha lasciato al proprio destino le classi medie, le periferie, i lavoratori, i giovani.
C’era una volta il mondo piccolo di Brescello dove la realtà era condita di poche e solide certezze. Il partito e la chiesa, punti di riferimento della comunità. Chi si aspettava, però, che quel granitico consenso rimanesse tale dopo il ciclone populista è rimasto deluso. Anche su Brescello, il paese di 5 mila anime nella bassa reggiana al confine con la Lombardia mantovana dove Giovannino Guareschi aveva ambientato le sue storie, soffia un vento diverso.
Alle 8 di mattina la piazza è deserta. Il Burian siberiano dei giorni pre elettorali ha lasciato posto a un tepore inaspettato. Come del resto inatteso è stato il risultato del voto. Il Pd nel municipio di Peppone, il sindaco comunista interpretato da Gino Cervi nell’adattamento cinematografico dei racconti di Guareschi, ha incassato una sonora sconfitta. Terzo partito. Primi i Cinquestelle e subito dopo con oltre il 21 per cento la Lega sovranista di Matteo Salvini, la vera sorpresa. Perché i grillini rispetto alle scorse politiche hanno totalizzato appena 30 voti in più, con il Pd che aveva retto piazzandosi comunque al primo posto.
Questa volta per i democratici il crollo è stato notevole, meno 13 per cento. Ecco, se solo potesse parlare la statua di Peppone, lì immobile sotto il palazzo del Comune, gliene canterebbe quattro agli eredi che hanno rottamato il partito. E, di certo, troverebbe un alleato nel suo storico avversario, don Camillo, che lo guarda smarrito dall’altra parte della piazza.
Messe da parte le statistiche, le percentuali, i dati, il vero cambiamento da queste parti è tangibile volgendo lo sguardo verso il palazzo comunale. La sedia del sindaco è vuota da un anno e mezzo. Commissariato per il condizionamento della ’ndrangheta, cosca Grande Aracri. Il sindaco deposto si chiama Marcello Coffrini. Avvocato e figlio di Ermes, il Peppone per moltissimi anni alla guida del paese. Coffrini è stato per il Pd emiliano una sciagura di proporzioni enormi. Un grosso guaio da cui è uscito con le ossa rotte. Già, perché Coffrini sarà ricordato come il primo sindaco emiliano sciolto per infiltrazioni mafiose, grave danno di immagine per il Pd nella sua terra eletta. Ciò ha prodotto conseguenze che oggi l’intero partito paga. Del resto, però, c’era da aspettarselo. Intervistato dai cronisti di Cortocircuito, Coffrini si lasciò sfuggire una sua opinione personale sul boss del paese. Parole che poi hanno fatto il giro delle televisioni: «Persona perbene, gentile».
Brescello, la stanza vuota del...
Brescello, la stanza vuota del sindaco (foto di Alessandro Gandolfi per l'Espresso)
Quell’elogio ingenuo sancì l’inizio della fine per Brescello e per il partito, molti giovani elettori che contribuirono al 40 per cento delle Europee solo quattro mesi prima decisero che non avrebbero sopportato oltre. Anche perché a distanza di un anno a intorbidire le acque della Val Padana è arrivata anche la valanga di arresti con la maxi inchiesta ribattezzata Aemilia. Centinaia in manette, indagati anche politici e imprenditori locali. Ma soprattutto l’antimafia di Bologna ha indicato in Brescello il cuore della ’ndrangheta emiliana, al pari di San Luca per quella calabrese. Da quel momento i brescellesi hanno dovuto fare i conti con dati non più giornalistici ma giudiziari. Elementi che hanno portato, poco più tardi, alla decisione del Viminale di affidare il comune ai commissari con il compito di ripulire l’ente dalle scorie criminali. Fine di un’epoca, insomma.
«La storia di Peppone e don Camillo è ai titoli di coda, non c’è più attaccamento ideologico e i giovani ragionano in tutt’altro modo», riflette don Evandro Gherardi, «il tracollo del partito è dovuto anche allo sfilacciamento del tessuto, alla solidarietà fagocitata dall’individualismo».
don Evandro con il cristo 'parlante'...
don Evandro con il cristo 'parlante' di Peppone e don Camillo (Alessandro Gandolfi per l'Espresso)
Il parroco di Brescello, moderno don Camillo senza più validi concorrenti, ritiene lo scioglimento per mafia una vera ingiustizia: «Ha spaccato la comunità, e anche i miei parrocchiani. Divisi dalle tensioni e da attriti scaturiti dopo le dimissioni dell’ex sindaco». Il prete è figlio di comunisti di Cavriago, paesone poco distante dove in piazza resiste al tornado Cinquestelle il busto di Lenin, nonostante, persino qui, la sinistra sia ai minimi storici. «Brescello viene usata dai partiti per farsi pubblicità sulla lotta alla mafia. Oggi viviamo in un paese sfibrato, cittadini gli uni contro gli altri, chi avrà il coraggio di amministrare in futuro?», si chiede don Evandro. E in effetti la domanda è legittima, i commissari andranno via tra pochi mesi, possibile che si voti a giugno, se non a maggio. In paese gira voce che l’unica lista in caldo e pronta a buttarsi nella mischia sia quella degli ex amministratori della giunta Coffrini caduta per mafia.
Scenario simile, dunque, ai tanti comuni del sud che addirittura dopo lo scioglimento non riescono a rieleggere un sindaco per mancanza di candidati. E la Lega o i Cinquestelle? Con i fuochi d’artificio delle ultime politiche in questi seggi, più di qualcuno si aspetta una lista dei due partiti. Eppure non è scontato, benché un’ipotetica assenza alle comunali possa apparire priva di ogni logica. Ma è la politica postmoderna. I voti si raccolgono senza neppure muoversi da casa. In campagna elettorale da queste parti, in uno dei pochi comuni sciolti per mafia al Nord, non si è visto nessuno. Né Salvini, né Di Maio, né Di Battista, né Renzi.
Prendiamo la Lega. Qui ha vinto per il marchio mediatico di Salvini, ma non esiste più. L’immigrazione tra l’altro non ha mai creato problemi di ordine pubblico. Però anche a Brescello la retorica razzista salviniana ha fatto presa: sarà per quel centinaio di rifugiati che vivono nell’hotel quattro stelle “Don Camillo” alle porte del paese? Probabile, intanto girando per le viuzze del centro di stranieri che bivaccano nemmeno l’ombra. «La mattina si alzano presto e vanno a lavorare in provincia», ci spiega una dipendente dell’hotel. Ma dove dormono? «In una dépendance», dice sbrigativa alla fine.
L’immagine del paradosso del Carroccio che cresce senza un radicamento sul territorio è Catia Silva. «Qui la Lega non ha più sede e militanti», racconta Silva, leghista della prima ora, che ha abbandonato il partito dopo la svolta sovranista di Salvini. Non solo, «in realtà ho lasciato soprattutto per la gestione scriteriata che ha portato nelle Lega personaggi equivoci, penso a tutti i riciclati del Sud», spiega Silva, che in questi anni quando ancora indossava la camicia verde ha subito decine di minacce per le battaglie antimafia portate avanti. Ha vinto pure un processo contro alcuni sgherri del clan per le intimidazioni subite. Tuttavia dal partito nazionale silenzio assoluto. «Salvini non si è mai degnato di venire in paese, né tantomeno di spendere parole di sostegno e appoggio nei miei confronti. Per non parlare dei candidati che ha messo in lista, per me la legalità è un punto fermo, per questo ho tolto il disturbo».
Catoa Silva, ex leghista minacciata...
Catoa Silva, ex leghista minacciata dai clan (foto di Alessandro Gandolfi per l'Espresso)
Salvini qui a Brescello ha comunque fatto un exploit notevole. La Lega è andata molto bene anche nei seggi in cui vanno a votare le famiglie di “Cutrello”, la piccola Cutro, il paese della provincia di Crotone da cui proviene il clan Grande Aracri che ha conquistato questo pezzo dell’Emilia. Anche chi ha votato Movimento Cinquestelle l’ha fatto sulla fiducia, senza poter vedere all’opera alcun meetup o gruppo attivo sul territorio. Ufficialmente non esistono grillini a Brescello.
A differenza della Lega, però, qui i dirigenti del Movimento si sono fatti vedere e non in campagna elettorale, ma nei momenti di massima tensione. La parlamentare Maria Edera Spadoni ha sempre sostenuto le denunce di Silva e lei stessa si è battuta in prima linea contro la ’ndrangheta emiliana, per lo scioglimento del Comune e per le dimissioni dell’ex sindaco Pd. Tuttavia neanche i Cinquestelle hanno intenzione di mettersi in gioco per le prossime comunali. Lo ritengono un rischio troppo elevato. Temono - raccontano fonti interne al movimento - che l’apparato burocratico sia ancora contaminato. Intanto l’appuntamento con il voto si avvicina. Ma nessuno pare abbia grande voglia di metterci la faccia nonostante lo storico risultato ottenuto che ha trasformato il Pd in una forza con percentuali inferiori ai Cinquestelle di un lustro fa.
«A Brescello il partito democratico non ha più un segretario da quando mi sono dimesso», racconta Saverio Bonini, 24 anni, studente di Scienze politiche che tre anni fa aveva preso in mano il partito in piena bufera mediatica: «Mi sono dimesso perché c’è stata una frattura, chi stava con il sindaco Coffrini e chi con me. Così ho preferito farmi da parte per non essere divisivo». Bonini ci guida lungo le stradine del centro, ci mostra la vecchia sede del Pci: un palazzo a due piani ora di proprietà di una nota azienda. «Era sproporzionata anche ai tempi d’oro per un paese di queste dimensioni», sorride. Un tempo si facevano le cose in grande. Oggi gli eredi di quel pezzo di storia si ritrovano in un appartamento al piano terra di una palazzina residenziale. Una grande sala con i quadri di Che Guevara, di Berlinguer, i funerali di Togliatti di Guttuso e poi libri a non finire, da Marx e Engels a numerosi saggi di storici e intellettuali. «Io sono renziano convinto, però non rinnego il patrimonio ideale del passato. Le nostre radici sono queste».
Bonini non è affatto stupito dal balzo della Lega nel feudo rosso: «Sicuramente una parte di voti di chi non ha digerito lo scioglimento per mafia si è disperso, un po’ ai Cinquestelle un po’ alla Lega». Una forma di punizione per il partito che ha cacciato l’amatissimo sindaco che tanto imbarazzo ha creato con le sue uscite sulla mafia. Bonini oggi è un semplice militante con due sole certezze. La prima è che non sarà lui il candidato del Pd alle prossime elezioni locali. La seconda è che sarebbe assurdo ritrovare gli amministratori dello scioglimento di nuovo in lista. Anche perché giunti al termine del commissariamento il lavoro da fare non è esaurito. I tre commissari -Antonio Giannelli, Antonio Oriolo e Giacomo Di Matteo - si limitano a dire che in questi mesi il loro obiettivo è stato quello di ripristinare la legalità. In realtà hanno lavorato a pieno ritmo e a differenza di quanto avviene in altri Comuni sciolti per mafia loro sono presenti ogni giorno della settimana. È recente la notizia della chiusura dell’ex bocciodromo comunale. Merito loro, troppe anomalie nell’iter autorizzativo e parentele ingombranti degli interessati. Il rapporto tra i cittadini e i commissari non è mai facile. Ma chi si aspettava una storia diversa solo perché siamo nella civile Emilia e non in Calabria si sbagliava di grosso. Anche qui per la triade di funzionari prefettizi è stato complicato. Hanno lavorato pressoché isolati. Hanno provato in qualche modo a coinvolgere la comunità con attività culturali. Per esempio organizzando il cinema sotto le stelle in piazza. Con molta ironia hanno deciso di proiettare “L’ora legale” di Ficarra e Picone.
La storia incredibile, cioè, di quel sindaco onesto che alla fine con la sua onestà radicale mette in crisi l’intera comunità, affezionata in fondo a quel po’ di illegalità che in alcune circostanze fa comodo. Tuttavia, i commissari, con esperienze in municipi del Sud infettati dal malaffare, hanno riscontrato un forte clima di silenzi e omertà. E non sono mancate le critiche, come in occasione dell’alluvione di dicembre. Chi li accusava però si sta ricredendo. Perché nell’inchiesta in corso su eventuali responsabilità, il Comune risulta parte offesa. E gli stessi commissari hanno chiesto di effettuare i carotaggi lungo la sponda bucata dal fiume Enza. Qualcuno ha fatto il furbetto a spese della collettività? Se così fosse poco può fare il “Cristo parlante” di don Camillo per fermare il grande fiume. Il Cristo - quello originale dei film - è ancora custodito da Don Evandro nella parrocchia. Ogni settembre lo porta in processione sul Po. L’ultima volta al posto del sindaco c’era uno dei commissari. Don Evandro e il commissario. E poi il Cristo, l’unico cimelio intatto di un mondo piccolo volato via.
Tag
Il comunista Peppone ha votato Lega e M5S
Viaggio a Brescello, il comune sciolto per mafia dei film di don Camillo. Dove la storia “rossa” è arrivata al capolinea
di Giovanni Tizian
20 marzo 2018
Il comunista Peppone ha votato Lega e M5S
Brescello, elezioni del 1948 . Il Fronte popolare democratico di Palmiro Togliatti e Pietro Nenni registra il 52,59 per cento dei consensi. Alla vigilia della caduta del muro di Berlino il Pci è al 41. Soglia abbondantemente superata dal Pds nell’anno della prima discesa in campo del Cavaliere nero Berlusconi. Poi, il 2008 è l’anno del Pd. Inizia una lenta e drammatica emorragia di elettori. Fino al 4 marzo, giorno della disfatta nazionale per il centrosinistra. Che nell’Emilia, intellettuale e operaia, diventa evento drammatico, storico, da raccontare alle future generazioni. La regione rossa per eccellenza stinta e ridipinta di verde leghista e giallo grillino. Due tonalità nuove per la roccaforte della sinistra, modello sociale e culturale, ora in mano ai conquistatori populisti e sovranisti. Di questa capitolazione del Pd esistono luoghi simbolici. Microscopiche realtà, che racchiudono in sé ogni elemento per comprendere il cammino suicida di un partito che avvitandosi su se stesso ha lasciato al proprio destino le classi medie, le periferie, i lavoratori, i giovani.
C’era una volta il mondo piccolo di Brescello dove la realtà era condita di poche e solide certezze. Il partito e la chiesa, punti di riferimento della comunità. Chi si aspettava, però, che quel granitico consenso rimanesse tale dopo il ciclone populista è rimasto deluso. Anche su Brescello, il paese di 5 mila anime nella bassa reggiana al confine con la Lombardia mantovana dove Giovannino Guareschi aveva ambientato le sue storie, soffia un vento diverso.
Alle 8 di mattina la piazza è deserta. Il Burian siberiano dei giorni pre elettorali ha lasciato posto a un tepore inaspettato. Come del resto inatteso è stato il risultato del voto. Il Pd nel municipio di Peppone, il sindaco comunista interpretato da Gino Cervi nell’adattamento cinematografico dei racconti di Guareschi, ha incassato una sonora sconfitta. Terzo partito. Primi i Cinquestelle e subito dopo con oltre il 21 per cento la Lega sovranista di Matteo Salvini, la vera sorpresa. Perché i grillini rispetto alle scorse politiche hanno totalizzato appena 30 voti in più, con il Pd che aveva retto piazzandosi comunque al primo posto.
Questa volta per i democratici il crollo è stato notevole, meno 13 per cento. Ecco, se solo potesse parlare la statua di Peppone, lì immobile sotto il palazzo del Comune, gliene canterebbe quattro agli eredi che hanno rottamato il partito. E, di certo, troverebbe un alleato nel suo storico avversario, don Camillo, che lo guarda smarrito dall’altra parte della piazza.
Messe da parte le statistiche, le percentuali, i dati, il vero cambiamento da queste parti è tangibile volgendo lo sguardo verso il palazzo comunale. La sedia del sindaco è vuota da un anno e mezzo. Commissariato per il condizionamento della ’ndrangheta, cosca Grande Aracri. Il sindaco deposto si chiama Marcello Coffrini. Avvocato e figlio di Ermes, il Peppone per moltissimi anni alla guida del paese. Coffrini è stato per il Pd emiliano una sciagura di proporzioni enormi. Un grosso guaio da cui è uscito con le ossa rotte. Già, perché Coffrini sarà ricordato come il primo sindaco emiliano sciolto per infiltrazioni mafiose, grave danno di immagine per il Pd nella sua terra eletta. Ciò ha prodotto conseguenze che oggi l’intero partito paga. Del resto, però, c’era da aspettarselo. Intervistato dai cronisti di Cortocircuito, Coffrini si lasciò sfuggire una sua opinione personale sul boss del paese. Parole che poi hanno fatto il giro delle televisioni: «Persona perbene, gentile».
Brescello, la stanza vuota del...
Brescello, la stanza vuota del sindaco (foto di Alessandro Gandolfi per l'Espresso)
Quell’elogio ingenuo sancì l’inizio della fine per Brescello e per il partito, molti giovani elettori che contribuirono al 40 per cento delle Europee solo quattro mesi prima decisero che non avrebbero sopportato oltre. Anche perché a distanza di un anno a intorbidire le acque della Val Padana è arrivata anche la valanga di arresti con la maxi inchiesta ribattezzata Aemilia. Centinaia in manette, indagati anche politici e imprenditori locali. Ma soprattutto l’antimafia di Bologna ha indicato in Brescello il cuore della ’ndrangheta emiliana, al pari di San Luca per quella calabrese. Da quel momento i brescellesi hanno dovuto fare i conti con dati non più giornalistici ma giudiziari. Elementi che hanno portato, poco più tardi, alla decisione del Viminale di affidare il comune ai commissari con il compito di ripulire l’ente dalle scorie criminali. Fine di un’epoca, insomma.
«La storia di Peppone e don Camillo è ai titoli di coda, non c’è più attaccamento ideologico e i giovani ragionano in tutt’altro modo», riflette don Evandro Gherardi, «il tracollo del partito è dovuto anche allo sfilacciamento del tessuto, alla solidarietà fagocitata dall’individualismo».
don Evandro con il cristo 'parlante'...
don Evandro con il cristo 'parlante' di Peppone e don Camillo (Alessandro Gandolfi per l'Espresso)
Il parroco di Brescello, moderno don Camillo senza più validi concorrenti, ritiene lo scioglimento per mafia una vera ingiustizia: «Ha spaccato la comunità, e anche i miei parrocchiani. Divisi dalle tensioni e da attriti scaturiti dopo le dimissioni dell’ex sindaco». Il prete è figlio di comunisti di Cavriago, paesone poco distante dove in piazza resiste al tornado Cinquestelle il busto di Lenin, nonostante, persino qui, la sinistra sia ai minimi storici. «Brescello viene usata dai partiti per farsi pubblicità sulla lotta alla mafia. Oggi viviamo in un paese sfibrato, cittadini gli uni contro gli altri, chi avrà il coraggio di amministrare in futuro?», si chiede don Evandro. E in effetti la domanda è legittima, i commissari andranno via tra pochi mesi, possibile che si voti a giugno, se non a maggio. In paese gira voce che l’unica lista in caldo e pronta a buttarsi nella mischia sia quella degli ex amministratori della giunta Coffrini caduta per mafia.
Scenario simile, dunque, ai tanti comuni del sud che addirittura dopo lo scioglimento non riescono a rieleggere un sindaco per mancanza di candidati. E la Lega o i Cinquestelle? Con i fuochi d’artificio delle ultime politiche in questi seggi, più di qualcuno si aspetta una lista dei due partiti. Eppure non è scontato, benché un’ipotetica assenza alle comunali possa apparire priva di ogni logica. Ma è la politica postmoderna. I voti si raccolgono senza neppure muoversi da casa. In campagna elettorale da queste parti, in uno dei pochi comuni sciolti per mafia al Nord, non si è visto nessuno. Né Salvini, né Di Maio, né Di Battista, né Renzi.
Prendiamo la Lega. Qui ha vinto per il marchio mediatico di Salvini, ma non esiste più. L’immigrazione tra l’altro non ha mai creato problemi di ordine pubblico. Però anche a Brescello la retorica razzista salviniana ha fatto presa: sarà per quel centinaio di rifugiati che vivono nell’hotel quattro stelle “Don Camillo” alle porte del paese? Probabile, intanto girando per le viuzze del centro di stranieri che bivaccano nemmeno l’ombra. «La mattina si alzano presto e vanno a lavorare in provincia», ci spiega una dipendente dell’hotel. Ma dove dormono? «In una dépendance», dice sbrigativa alla fine.
L’immagine del paradosso del Carroccio che cresce senza un radicamento sul territorio è Catia Silva. «Qui la Lega non ha più sede e militanti», racconta Silva, leghista della prima ora, che ha abbandonato il partito dopo la svolta sovranista di Salvini. Non solo, «in realtà ho lasciato soprattutto per la gestione scriteriata che ha portato nelle Lega personaggi equivoci, penso a tutti i riciclati del Sud», spiega Silva, che in questi anni quando ancora indossava la camicia verde ha subito decine di minacce per le battaglie antimafia portate avanti. Ha vinto pure un processo contro alcuni sgherri del clan per le intimidazioni subite. Tuttavia dal partito nazionale silenzio assoluto. «Salvini non si è mai degnato di venire in paese, né tantomeno di spendere parole di sostegno e appoggio nei miei confronti. Per non parlare dei candidati che ha messo in lista, per me la legalità è un punto fermo, per questo ho tolto il disturbo».
Catoa Silva, ex leghista minacciata...
Catoa Silva, ex leghista minacciata dai clan (foto di Alessandro Gandolfi per l'Espresso)
Salvini qui a Brescello ha comunque fatto un exploit notevole. La Lega è andata molto bene anche nei seggi in cui vanno a votare le famiglie di “Cutrello”, la piccola Cutro, il paese della provincia di Crotone da cui proviene il clan Grande Aracri che ha conquistato questo pezzo dell’Emilia. Anche chi ha votato Movimento Cinquestelle l’ha fatto sulla fiducia, senza poter vedere all’opera alcun meetup o gruppo attivo sul territorio. Ufficialmente non esistono grillini a Brescello.
A differenza della Lega, però, qui i dirigenti del Movimento si sono fatti vedere e non in campagna elettorale, ma nei momenti di massima tensione. La parlamentare Maria Edera Spadoni ha sempre sostenuto le denunce di Silva e lei stessa si è battuta in prima linea contro la ’ndrangheta emiliana, per lo scioglimento del Comune e per le dimissioni dell’ex sindaco Pd. Tuttavia neanche i Cinquestelle hanno intenzione di mettersi in gioco per le prossime comunali. Lo ritengono un rischio troppo elevato. Temono - raccontano fonti interne al movimento - che l’apparato burocratico sia ancora contaminato. Intanto l’appuntamento con il voto si avvicina. Ma nessuno pare abbia grande voglia di metterci la faccia nonostante lo storico risultato ottenuto che ha trasformato il Pd in una forza con percentuali inferiori ai Cinquestelle di un lustro fa.
«A Brescello il partito democratico non ha più un segretario da quando mi sono dimesso», racconta Saverio Bonini, 24 anni, studente di Scienze politiche che tre anni fa aveva preso in mano il partito in piena bufera mediatica: «Mi sono dimesso perché c’è stata una frattura, chi stava con il sindaco Coffrini e chi con me. Così ho preferito farmi da parte per non essere divisivo». Bonini ci guida lungo le stradine del centro, ci mostra la vecchia sede del Pci: un palazzo a due piani ora di proprietà di una nota azienda. «Era sproporzionata anche ai tempi d’oro per un paese di queste dimensioni», sorride. Un tempo si facevano le cose in grande. Oggi gli eredi di quel pezzo di storia si ritrovano in un appartamento al piano terra di una palazzina residenziale. Una grande sala con i quadri di Che Guevara, di Berlinguer, i funerali di Togliatti di Guttuso e poi libri a non finire, da Marx e Engels a numerosi saggi di storici e intellettuali. «Io sono renziano convinto, però non rinnego il patrimonio ideale del passato. Le nostre radici sono queste».
Bonini non è affatto stupito dal balzo della Lega nel feudo rosso: «Sicuramente una parte di voti di chi non ha digerito lo scioglimento per mafia si è disperso, un po’ ai Cinquestelle un po’ alla Lega». Una forma di punizione per il partito che ha cacciato l’amatissimo sindaco che tanto imbarazzo ha creato con le sue uscite sulla mafia. Bonini oggi è un semplice militante con due sole certezze. La prima è che non sarà lui il candidato del Pd alle prossime elezioni locali. La seconda è che sarebbe assurdo ritrovare gli amministratori dello scioglimento di nuovo in lista. Anche perché giunti al termine del commissariamento il lavoro da fare non è esaurito. I tre commissari -Antonio Giannelli, Antonio Oriolo e Giacomo Di Matteo - si limitano a dire che in questi mesi il loro obiettivo è stato quello di ripristinare la legalità. In realtà hanno lavorato a pieno ritmo e a differenza di quanto avviene in altri Comuni sciolti per mafia loro sono presenti ogni giorno della settimana. È recente la notizia della chiusura dell’ex bocciodromo comunale. Merito loro, troppe anomalie nell’iter autorizzativo e parentele ingombranti degli interessati. Il rapporto tra i cittadini e i commissari non è mai facile. Ma chi si aspettava una storia diversa solo perché siamo nella civile Emilia e non in Calabria si sbagliava di grosso. Anche qui per la triade di funzionari prefettizi è stato complicato. Hanno lavorato pressoché isolati. Hanno provato in qualche modo a coinvolgere la comunità con attività culturali. Per esempio organizzando il cinema sotto le stelle in piazza. Con molta ironia hanno deciso di proiettare “L’ora legale” di Ficarra e Picone.
La storia incredibile, cioè, di quel sindaco onesto che alla fine con la sua onestà radicale mette in crisi l’intera comunità, affezionata in fondo a quel po’ di illegalità che in alcune circostanze fa comodo. Tuttavia, i commissari, con esperienze in municipi del Sud infettati dal malaffare, hanno riscontrato un forte clima di silenzi e omertà. E non sono mancate le critiche, come in occasione dell’alluvione di dicembre. Chi li accusava però si sta ricredendo. Perché nell’inchiesta in corso su eventuali responsabilità, il Comune risulta parte offesa. E gli stessi commissari hanno chiesto di effettuare i carotaggi lungo la sponda bucata dal fiume Enza. Qualcuno ha fatto il furbetto a spese della collettività? Se così fosse poco può fare il “Cristo parlante” di don Camillo per fermare il grande fiume. Il Cristo - quello originale dei film - è ancora custodito da Don Evandro nella parrocchia. Ogni settembre lo porta in processione sul Po. L’ultima volta al posto del sindaco c’era uno dei commissari. Don Evandro e il commissario. E poi il Cristo, l’unico cimelio intatto di un mondo piccolo volato via.
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Re: Diario della caduta di un regime.
20 mar 2018 09:45
IL CAV ABBASSA LA CRESTA: PER USCIRE DALL’ANGOLO E’ COSTRETTO A RIMANGIARSI IL “MAI CON I GRILLINI” ANNUNCIATO IN CAMPAGNA ELETTORALE - BERLUSCONI NON VUOLE TORNARE ALLE URNE E TEME DI ESSERE TAGLIATO FUORI DA UN ACCORDO SALVINI-DI MAIO MA BRUNETTA E ROMANI SPINGONO PER…
IL CAV ABBASSA LA CRESTA: PER USCIRE DALL’ANGOLO E’ COSTRETTO A RIMANGIARSI IL “MAI CON I GRILLINI” ANNUNCIATO IN CAMPAGNA ELETTORALE - BERLUSCONI NON VUOLE TORNARE ALLE URNE E TEME DI ESSERE TAGLIATO FUORI DA UN ACCORDO SALVINI-DI MAIO MA BRUNETTA E ROMANI SPINGONO PER…
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Re: Diario della caduta di un regime.
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Lega e 5 Stelle illusi: la Germania non negozierà il rigore
Scritto il 21/3/18 • nella Categoria: idee Condividi Tweet
Non è questione di massimalismo, radicalismo o settarismo. Ci sono delle fasi storiche (rare, ma necessarie) in cui si deve fare la Rivoluzione, o, ad essere più prudenti, imporre con la forza il proprio interesse. Prenderne atto non è dunque questione di seguire il proprio carattere “fumino”, ma decidere se sopravvivere o no. Quasi ovunque si legge che M5S e Lega ora vogliono negoziare con la Germania un cambiamento delle regole europee, una revisione dei trattati. Ma per Votan, Thor e Odino! – ma voi di tedeschi ne avete mai conosciuto uno che sia uno? La prima qualità di quel popolo – al quale cerco di ispirarmi – è la tenacia. Dunque, è ovvio che i tedeschi non cederanno di un millimetro dalla loro posizione. In Germania mi è capitato – personalmente – di andare in gelateria, vedere un’offerta di cono gelato a solo 1 euro per due gusti e di chiedere se potevo avere solo un gusto. Per tutta risposta mi è stato detto che l’offerta era per due gusti, e che quindi loro mi davano due gusti e che dovevo prendere il cono così, anche se ne volevo solo uno. I tedeschi sono fatti così al 99,99 periodico per cento.
Dunque, chi pensa di poter trattare con i tedeschi è solo un povero illuso. I tenaci capiscono solo un linguaggio: quello della paura. Senza quel linguaggio, pregasi astenersi perditempo. Che poi… per quale accidente di motivo dovrebbero negoziare con noi? Come ha appena ricordato il trader Giovanni Zibordi, i discorsi sull’«andiamo a negoziare con la Germania un cambiamento delle regole europee» sono aria fritta perchè in Germania sono contenti dell’economia, per cui non hanno interesse a cambiare niente. Ecco l’ultimo sondaggio Ipsos sul tema “come giudichi l’economia del tuo paese”: in Germania la valutazione è “buona” per il 79%, in Italia solo per il 18% (in Spagna il 17). «Tra l’altro – aggiunge Zibordi – questi sondaggi mostrano che non è vero che la Germania nell’euro ha compresso i salari a causa delle riforme Hartz e dei mini-jobs. Di fatto, in Germania l’80% della gente è contenta dell’economia. Una percentuale che viene superata nel mondo solo dalla Cina!».
Un modo per rallentare la tenaglia economica basata sul debito e sulle tasse è di abbattare la regola del 3% di deficit nella Ue. Va detto che questa assurda e demenziale regola è stata ignorata da 8 paesi per ben 5 anni, ma in Italia abbiamo paura che la Germania ci faccia “la bua” e quindi non abbiamo sforato, né sforeremo, neanche di uno zero virgola. I paesi trasgressori (come l’Irlanda o la Spagna) facevano deficit del 10 o 12% l’anno. Ecco perché ora questi paesi in Europa vanno meglio di noi come incremento del Pil e occupazionale… Ma per fare questo dobbiamo avere un premier che come primo atto politico non vada dalla Merkel a parlare e che, anzi, eviti con ogni cura di incontrarla e che poi – in ultima analisi – faccia del deficit sopra il 3 per cento. Insomma, serve un premier che “se me sbatta il caXXo”. Salvini e Di Maio non sono così. Dunque, non illudetevi, che è meglio.
(Massimo Bordin, “La Germania non negozierà proprio un tubo”, dal blog “Micidial” del 15 marzo 2018).
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Lega e 5 Stelle illusi: la Germania non negozierà il rigore
Scritto il 21/3/18 • nella Categoria: idee Condividi Tweet
Non è questione di massimalismo, radicalismo o settarismo. Ci sono delle fasi storiche (rare, ma necessarie) in cui si deve fare la Rivoluzione, o, ad essere più prudenti, imporre con la forza il proprio interesse. Prenderne atto non è dunque questione di seguire il proprio carattere “fumino”, ma decidere se sopravvivere o no. Quasi ovunque si legge che M5S e Lega ora vogliono negoziare con la Germania un cambiamento delle regole europee, una revisione dei trattati. Ma per Votan, Thor e Odino! – ma voi di tedeschi ne avete mai conosciuto uno che sia uno? La prima qualità di quel popolo – al quale cerco di ispirarmi – è la tenacia. Dunque, è ovvio che i tedeschi non cederanno di un millimetro dalla loro posizione. In Germania mi è capitato – personalmente – di andare in gelateria, vedere un’offerta di cono gelato a solo 1 euro per due gusti e di chiedere se potevo avere solo un gusto. Per tutta risposta mi è stato detto che l’offerta era per due gusti, e che quindi loro mi davano due gusti e che dovevo prendere il cono così, anche se ne volevo solo uno. I tedeschi sono fatti così al 99,99 periodico per cento.
Dunque, chi pensa di poter trattare con i tedeschi è solo un povero illuso. I tenaci capiscono solo un linguaggio: quello della paura. Senza quel linguaggio, pregasi astenersi perditempo. Che poi… per quale accidente di motivo dovrebbero negoziare con noi? Come ha appena ricordato il trader Giovanni Zibordi, i discorsi sull’«andiamo a negoziare con la Germania un cambiamento delle regole europee» sono aria fritta perchè in Germania sono contenti dell’economia, per cui non hanno interesse a cambiare niente. Ecco l’ultimo sondaggio Ipsos sul tema “come giudichi l’economia del tuo paese”: in Germania la valutazione è “buona” per il 79%, in Italia solo per il 18% (in Spagna il 17). «Tra l’altro – aggiunge Zibordi – questi sondaggi mostrano che non è vero che la Germania nell’euro ha compresso i salari a causa delle riforme Hartz e dei mini-jobs. Di fatto, in Germania l’80% della gente è contenta dell’economia. Una percentuale che viene superata nel mondo solo dalla Cina!».
Un modo per rallentare la tenaglia economica basata sul debito e sulle tasse è di abbattare la regola del 3% di deficit nella Ue. Va detto che questa assurda e demenziale regola è stata ignorata da 8 paesi per ben 5 anni, ma in Italia abbiamo paura che la Germania ci faccia “la bua” e quindi non abbiamo sforato, né sforeremo, neanche di uno zero virgola. I paesi trasgressori (come l’Irlanda o la Spagna) facevano deficit del 10 o 12% l’anno. Ecco perché ora questi paesi in Europa vanno meglio di noi come incremento del Pil e occupazionale… Ma per fare questo dobbiamo avere un premier che come primo atto politico non vada dalla Merkel a parlare e che, anzi, eviti con ogni cura di incontrarla e che poi – in ultima analisi – faccia del deficit sopra il 3 per cento. Insomma, serve un premier che “se me sbatta il caXXo”. Salvini e Di Maio non sono così. Dunque, non illudetevi, che è meglio.
(Massimo Bordin, “La Germania non negozierà proprio un tubo”, dal blog “Micidial” del 15 marzo 2018).
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Re: Diario della caduta di un regime.
UncleTom ha scritto:.............LA LUNGA AGONIA.........
ABITUARSI AL KAOS INFORMATIVO
Dichiara il politologo Piero Ignazi in un'intervista a LUCA DE CAROLIS , per il Fatto Quotidiano:
.....Fra i suoi primi provvedimenti al governo (M5S-ndt) ci sarebbero una legge sul conflitto d'interessi e un'altra sul riordino del sistema radiotelevisivo, ed è per questo che Silvio Berlusconi li avversa così tanto, non certo per chissà quali motivazioni politiche.
QUESTO FRAMMENTO DI OSSERVAZIONE CI STA TUTTO.
PERCHE' DA UNA MOTIVAZIONE VALIDA DELL'ATTIVISMO POLITICO, FUORI TEMPO, DEL NONNO DI HARCORE.
.......................SE NON PUOI COMBATTERLI, ........ALLEATI.................!!!!!!
Da la Repubblica:
Berlusconi: sì al governo con M5S
Svolta del leader Fi: esecutivo di programma assieme alla Lega. Fico in pole position per la Camera
Zingaretti: il Pd dialoghi con i grillini. Casaleggio: partiti morti, la democrazia è sul Web
....SE QUALCUNO CONOSCE CASALEGGIO, LO INVITI A VENIRE SU QUESTO FORUM PER RENDERSI CONTO QUANTA DEMOCRAZIA C'E' SUL WEB.
E' SICURO CHE NON CONOSCE LA BANDA CRIMINALE RENZIANA AMANTE DEL FASCISMO.
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Re: Diario della caduta di un regime.
........LE PROBLEMATICHE DI UNA SOCIETA' IN PIENA DECOMPOSIZIONE....
M5s dice no a Romani: ‘Non votiamo condannati’
Mossa di Palazzo Grazioli: “Giovedì incontro con tutti i partiti”. Pd: “Esito già scritto. Non ci stiamo”
Fico verso ufficializzazione a Montecitorio – Ex Cavaliere: ok esecutivo con M5s – Taverna: “Mai nella vita”
Politica
“Il centrodestra propone ai capigruppo parlamentari un comune percorso istituzionale che consenta alla coalizione vincente (il centrodestra) di esprimere il presidente del Senato e al primo gruppo parlamentare M5s il presidente della Camera. A tal fine anche per concordare i nomi i leader del centrodestra invitano le altre forze politiche ad un incontro congiunto domani”. Al termine dell’incontro a Palazzo Grazioli, il centrodestra fa la sua mossa. “Riconosciamo in ciascun ramo del Parlamento un vicepresidente a ogni gruppo che non esprima il presidente. Confidiamo che una tale proposta possa essere accolta da tutte le altre forze in campo” di F. Q.
•le cAMERE/1 – i giudici smentiscono ROMANI sulla condanna (DI L. FRANCO) •le camere/2 – Gasparri: “Io presidente? mi mettono in tutte le rose” (video)
•M5S – CASALEGGIO AL WASHINGTON POST: “OGNI VOTO CI È COSTATO 8 CENT, AGLI ALTRI 100 VOLTE TANTO”
SONO LE 01,01 DEL 22/03/2018 E NATURALMENTE LA BANDA CRIMINALE FASCISTA STA PROIBENDO IN TUTTI I MODI DI PUBBLICARE NOTIZIE LEGGETELE VOI SUL LINK
https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/0 ... o/4242660/
M5s dice no a Romani: ‘Non votiamo condannati’
Mossa di Palazzo Grazioli: “Giovedì incontro con tutti i partiti”. Pd: “Esito già scritto. Non ci stiamo”
Fico verso ufficializzazione a Montecitorio – Ex Cavaliere: ok esecutivo con M5s – Taverna: “Mai nella vita”
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“Il centrodestra propone ai capigruppo parlamentari un comune percorso istituzionale che consenta alla coalizione vincente (il centrodestra) di esprimere il presidente del Senato e al primo gruppo parlamentare M5s il presidente della Camera. A tal fine anche per concordare i nomi i leader del centrodestra invitano le altre forze politiche ad un incontro congiunto domani”. Al termine dell’incontro a Palazzo Grazioli, il centrodestra fa la sua mossa. “Riconosciamo in ciascun ramo del Parlamento un vicepresidente a ogni gruppo che non esprima il presidente. Confidiamo che una tale proposta possa essere accolta da tutte le altre forze in campo” di F. Q.
•le cAMERE/1 – i giudici smentiscono ROMANI sulla condanna (DI L. FRANCO) •le camere/2 – Gasparri: “Io presidente? mi mettono in tutte le rose” (video)
•M5S – CASALEGGIO AL WASHINGTON POST: “OGNI VOTO CI È COSTATO 8 CENT, AGLI ALTRI 100 VOLTE TANTO”
SONO LE 01,01 DEL 22/03/2018 E NATURALMENTE LA BANDA CRIMINALE FASCISTA STA PROIBENDO IN TUTTI I MODI DI PUBBLICARE NOTIZIE LEGGETELE VOI SUL LINK
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Re: Diario della caduta di un regime.
......LA BANDA CRIMINALE RENZIANA E' SEMPRE IN STATO DI AGITAZIONE...TROPPI STUPEFACENTI....
Satira Preventiva
Premier cadente, governo cloroformio
Nell’impossibilità di formare una maggioranza, qualche soluzione: far astenere tutti, richiamare Napolitano
di Michele Serra
15 marzo 2018
visto che non vogliono la pubblicazione di questo articolo leggelo voi direttamente sul sito
viewtopic.php?f=2&t=1283&p=52962#p52962
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Re: Diario della caduta di un regime.
UncleTom ha scritto:......LA BANDA CRIMINALE RENZIANA E' SEMPRE IN STATO DI AGITAZIONE...TROPPI STUPEFACENTI....
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IDEM
Questa settimana
Ora la manovra tocca a chi ha vinto
Lega e Movimento 5 Stelle saranno messi alla prova dal Documento di Economia e Finanza, la vecchia finanziaria. Perché dopo le promesse della campagna elettorale, ci sono i conti da far quadrare
di Bruno Manfellotto
22 marzo 2018
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Re: Diario della caduta di un regime.
UncleTom ha scritto:UncleTom ha scritto:......LA BANDA CRIMINALE RENZIANA E' SEMPRE IN STATO DI AGITAZIONE...TROPPI STUPEFACENTI....
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Premier cadente, governo cloroformio
Nell’impossibilità di formare una maggioranza, qualche soluzione: far astenere tutti, richiamare Napolitano
di Michele Serra
15 marzo 2018
visto che non vogliono la pubblicazione di questo articolo leggelo voi direttamente sul sito
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Ora la manovra tocca a chi ha vinto
Lega e Movimento 5 Stelle saranno messi alla prova dal Documento di Economia e Finanza, la vecchia finanziaria. Perché dopo le promesse della campagna elettorale, ci sono i conti da far quadrare
di Bruno Manfellotto
22 marzo 2018
^^^^^^^
Analisi
La Lega conquista le periferie abbandonate dalla politica
Da Torino a Monza, da Brescia a Ancona, il ribaltone era nell'aria: nell'Italia fuori dal centro il partito di Matteo Salvini ha convinto gli elettori. Che hanno voltato le spalle al Pd. Come a Ferrara, dove il ministro Franceschini è stato battuto da una leghista sconosciuta
di Fabrizio Gatti
22 marzo 2018
Ci scherzava sopra, Tiziano Tagliani, sindaco di Ferrara: «Io mi figuravo che le Frecce e Italo si fermassero per via della nostra crescita turistica... Invece no: si fermano per imbarcare una folla smarrita di ferraresi derelitti che fuggono da questa città un tempo felice», ha scritto ironico in una lettera, dopo il reportage sul mal di vivere nella sua provincia pubblicato da L’Espresso l’11 febbraio, tre settimane prima delle elezioni. I turisti però non votano nei luoghi di vacanza e a Ferrara il Pd, il partito del sindaco, ha subìto un crollo che resterà nella storia. Tanto da non riuscire a eleggere in Parlamento nemmeno un ferrarese di lunga carriera dem: il ministro della Cultura, Dario Franceschini, battuto all’uninominale da una leghista sconosciuta, l’avvocata Maura Tomasi.
Il ribaltone soffiava già, nell’aria delle cinque nostre inchieste che raccontavano l’Italia di periferia. Premesse confermate perfino nei luoghi simbolo scelti per la chiusura della campagna elettorale: Paolo Grimoldi, segretario lombardo della Lega, artefice del successo di Matteo Salvini in Lombardia e rieletto per la quarta volta alla Camera, la sera del 2 marzo per l’ultimo discorso prima del voto ha raccolto i fan al night club “Noir” vicino a Monza, lo stesso che offriva gratis le feste alla ’ndrangheta. No, non si tratta di un bene confiscato. I proprietari sono gli stessi.
Rifacciamo il percorso, numeri alla mano. Cominciando da Torino. Il Movimento 5 Stelle, che governa l’ex capitale industriale, è passato dal 30,9 per cento delle comunali vinte nel 2016 al 23,5 del 4 marzo 2018. Le 118.273 preferenze raccolte dal sindaco Chiara Appendino si sono ridotte alle 111.598 per Luigi Di Maio premier. Il Pd è il partito più votato in questa città controcorrente: 26,4 per cento al Senato, con il record del 28 in centro, nei quartieri ricchi della borghesia. Le aree popolari conquistate due anni fa dai 5Stelle, Aurora, Barriera di Milano, Vallette e Borgo San Paolo, preferiscono invece il centrodestra: Forza Italia all’11,8 e la Lega al 21 per cento nel collegio 02-Torino, lo stesso in cui è stato trombato il candidato ministro dello Sport dei 5Stelle, Domenico Fioravanti. In cinque anni la lista di Salvini si diffonde in città dal 2,4 al 17 per cento. E appena fuori dell’area metropolitana, l’ex partito di Matteo Renzi conferma lo sfacelo nazionale: centrodestra al 38,29 per cento, con la Lega al 21,40; M5S al 30,16; centrosinistra al 24,35 con il Pd al 19,76.
vedi anche:
brescia2-jpg
Brescia nera, viaggio nella città dove cresce il razzismo
Senza immigrati sarebbe vecchia. E più povera. Ma la xenofobia cresce. Soprattutto tra i giovani. Il leader dell’estrema destra studentesca: «La donna deve tornare alla sua natura, fare figli»
Ed ecco Brescia. Qui il centrodestra conquista il 42,74 per cento dei voti: Lega al 25,66, Forza Italia 11,75, Fratelli d’Italia 4,47. Il centrosinistra segue al 29,91 con il Pd, partito al governo della città, che si ferma al 25,05 per cento, secondo dietro alla Lega. Terza la lista del M5S con il 19,09. Considerando tutto il Collegio Lombardia 3, che comprende la provincia bresciana, gli elettori di Salvini sono ovunque la maggioranza: centrodestra al 51,27 per cento (Lega 33,22), centrosinistra al 22,91 (Pd 19,71), M5S al 18,79.
vedi anche:
FERRARA-022_WEB
Il lato oscuro di Ferrara tra spaccio e mafia nigeriana
Dieci anni fa era una città felice. Oggi ha i negozi chiusi e la povertà più che raddoppiata. Mentre la criminalità offre lavoro come vedette della droga nei parchi
Nemmeno in Emilia Romagna l’ex partito di Renzi conserva più il primato: primo è il M5S con il 27,54 per cento, secondo il Pd con il 26,37 (centrosinistra al 30,79), terza la Lega con il 19,20 (centrodestra prima coalizione al 33,05). Il collegio di Ferrara rientra quindi in questo contesto elettorale. Ma la divisione netta e a pari merito rivela il tormento sociale che attraversa oggi la città del sindaco Tagliani: Lega al 24,75 per cento dei voti, M5S 24,75, Pd 24,74. La differenza la fanno le coalizioni: primo il centrodestra al 39,66, dietro il centrosinistra al 29,14. Per questa ragione nel confronto uninominale del 4 marzo l’avvocato della Lega batte il ministro Franceschini, poi comunque ripescato dal voto proporzionale.
vedi anche:
039ILPIANO_WEB
Viaggio ad Ancona, la città operaia piegata dalla crisi che non cede al razzismo
Della vecchia ricchezza è rimasto poco: il porto e il turismo non bastano più. Ma il capoluogo marchigiano ha i suoi anticorpi e non cade nella tentazione dell'intolleranza
Ancona la rossa conferma la migrazione dei voti di sinistra verso il movimento di Luigi Di Maio. M5S con il 35,24 per cento è infatti il primo partito nel collegio che comprende il capoluogo e i comuni della provincia. Secondo il centrodestra con il 28,93 (Lega 15,52, Forza Italia 8,48, FdI 4,09). Il Pd è invece il secondo partito con il 23,92 per cento, ma la coalizione di centrosinistra non va oltre il 27,66. Le Marche hanno votato compatte per Di Maio premier. Tranne la provincia di Macerata, città governata dal centrosinistra, dove un ex candidato locale della Lega, Luca Traini, il 3 febbraio a colpi di pistola aveva ferito sei immigrati africani: scelti a caso per vendicare l’omicidio di una ragazza di 18 anni, Pamela Mastropietro. Il primo partito a Macerata è oggi il M5S con il 32,06 per cento dei voti. Ma il 20,97 per cento conquistato dalla Lega spinge il centrodestra al 37,64. Mentre il Pd crolla al 20,61 e ferma il centrosinistra al 23,20 per cento. Nel 2015 l’attuale sindaco dem, Romano Carancini, era passato al ballottaggio con il 39,92 per cento dei voti, davanti al candidato di centrodestra lasciato al 18 per cento. Il 13,62 era andato all’esponente di FdI e il 13,46 al M5S. Un altro mondo.
vedi anche:
FILIPPOROMANOBRIANZA_07_WEB
La Brianza dei sogni è diventata un deserto
Gente chiusa in casa. Scheletri di cemento armato. Capannoni vuoti. La crisi ha colpito meno che altrove, ma la gente vive nel timore. E anche per questo crescono i gruppi neofascisti
I vincitori in Brianza sono invece i due partiti coinvolti nell’inchiesta sui presunti favori a un costruttore in contatto con la ’ndrangheta: nel Collegio 04-Seregno la Lega conquista il 28,86 per cento e Forza Italia il 15,13, portando il centrodestra al 49,19 per cento. Staccato al 23,41 il M5S e al 21,88 il centrosinistra, con il Pd al 18,34. Lo scandalo di sei mesi fa non ha spostato l’orientamento degli elettori brianzoli. Nemmeno la festa elettorale alla discoteca “Noir” di Lissone, a pochi chilometri da Monza, ha ridotto il consenso al segretario lombardo della Lega, Paolo Grimoldi, e al neoeletto consigliere regionale Andrea Monti. Il club ha la sua storia. L’ha scritta il Tribunale di Milano nella sentenza confermata nel 2014 contro gli appartenenti alla ’ndrangheta, arrestati nella famosa operazione “Infinito”: «I gestori di questi locali (ad esempio quelli del Noir...)», comunque mai indagati, «traevano anche beneficio, perché potevano contare sulla loro protezione: quando avevano problemi con gli avventori o con malavitosi non contattavano certamente le forze dell’ordine, ma gli affiliati che intervenivano immediatamente in loro ausilio». La nuova Lega va in Parlamento un po’ più calabrese.
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© Riproduzione riservata 22 marzo 2018
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