Come se ne viene fuori ?
Re: THE CATHOLIC QUESTION
La cosa triste è che c'è anche all'interno del PD (vedi Letta e Gentiloni) chi pretende che vada preso sul serio.
Nota: forse il post va meglio nel 3d "Come se ne viene fuori".
Nota: forse il post va meglio nel 3d "Come se ne viene fuori".
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Re: Come se ne viene fuori ?
Parte seconda
Day after day
Apocalypse now
La polverizzazione di Merlonia
Oggi invece apprendiamo, sempre da Repubblica, che la spalla del caro estinto è stata presa a pesci in faccia, ieri a Pavia dai giovani ribelli del Pdl che a fare la parte dei merloni giganti non ci stanno più.
Titola il quotidiano romano:
“Dimettetevi, il partito ha fallito”
Alfano contestato dai giovani pdl
Da Pavia a Roma: Rovinati da Minetti ed Emilio Fede
Dal nostro inviato
Andrea Montanari
PAVIA – Sono arrabbiati i giovani ribelli del Pdl che si sono riuniti ieri a Pavia, Bologna e Roma. Si dividono tra rottamatori e formattatori, ma su un punto sono tutti d’accordo: basta con il governo Monti e basta con un partito, il Pdl, che finora ha governato male, tradito le promesse che aveva fatto ai suoi elettori e non ha mai premiato il merito.
A cominciare dall’elezione di Nicole Minetti al consiglio regionale della Lombardia.
Lo hanno ripetuto senza usare giri di parole anche a Angelino Alfano che ieri, a sorpresa, non è andato dai seniores del Pdl che si sono riuniti a Milano con Roberto Formigoni, ma è corso a Pavia a placare gli animi dei formattatori juniores, chiamati via twitter dal sindaco ribelle pidiellino, il trentatreenne Alessandro Cattaneo.
Ne sanno qualcosa l’ex ministro Mariastella Gelmini e l’ex sottosegretario Guido Crosetto che con altri notabili pidiellini come i parlamentari Massimo Corsaro e Beatrice Lorenzin sono stati oggetto di un vero e proprio tiro incrociato dei giovani formatta tori riuniti nella Sala dell’Annunciata, a due passi dal castello Visconteo di Pavia.
<<Dopo una batosta come quella delle ultime elezioni amministrative – incalza Cristian De mattia – non le sembra che tutta la classe dirigente del Pdl dovrebbe andarsene a casa?
Federica De Benedetto, ventisette anni di Lecce, da quattordici sedotta dalla politica grida ad Alfano tutta la sua delusione: << Ci avevate annunciato una grande novità e l’altro giorno siete usciti con il semi presidenzialismo. Diciamola la verità, se Berlusconi avesse governato bene, sarebbe arrivato il governo Monti?
Questo partito ha fallito. Non abbiamo avuto bisogno dei grillini per scoprirlo>>.
Parte l’applauso. Anche i trecento rottamatori riuniti a Bologna non fanno sconti: O il governo Monti tira fuori le riforme che ha promesso, altrimenti il Pdl deve uscire dalla maggioranza>>.
Mentre a Roma il consigliere provinciale pidiellino Federico Iadicicco più che <<rottamatore>> preferisce definirsi <<educatore>>, nello spiegare lo scopo della manifestazione <<Ripartire da zero>>.
Quando a Pavia il blogger Diego Destro, chiede la testa anche di Angelino Alfano, la platea dei rottamatori risponde con un boato.
**
Siamo stati definiti antiberluscones in tutti questi anni. Diciamo che tra anziani e giovani di destra hanno impiegato diciotto anni per capire quello che avevamo capito noi nel 1994. Non possiamo dire in questa fase : “Meglio tardi che mai” perché il Paese è stato distrutto e davanti a noi abbiamo giorni difficili, quelli di un Paese che sta dando corso alla polverizzazione non solo dei partiti, ma di tutto il sistema.
Continua
Day after day
Apocalypse now
La polverizzazione di Merlonia
Oggi invece apprendiamo, sempre da Repubblica, che la spalla del caro estinto è stata presa a pesci in faccia, ieri a Pavia dai giovani ribelli del Pdl che a fare la parte dei merloni giganti non ci stanno più.
Titola il quotidiano romano:
“Dimettetevi, il partito ha fallito”
Alfano contestato dai giovani pdl
Da Pavia a Roma: Rovinati da Minetti ed Emilio Fede
Dal nostro inviato
Andrea Montanari
PAVIA – Sono arrabbiati i giovani ribelli del Pdl che si sono riuniti ieri a Pavia, Bologna e Roma. Si dividono tra rottamatori e formattatori, ma su un punto sono tutti d’accordo: basta con il governo Monti e basta con un partito, il Pdl, che finora ha governato male, tradito le promesse che aveva fatto ai suoi elettori e non ha mai premiato il merito.
A cominciare dall’elezione di Nicole Minetti al consiglio regionale della Lombardia.
Lo hanno ripetuto senza usare giri di parole anche a Angelino Alfano che ieri, a sorpresa, non è andato dai seniores del Pdl che si sono riuniti a Milano con Roberto Formigoni, ma è corso a Pavia a placare gli animi dei formattatori juniores, chiamati via twitter dal sindaco ribelle pidiellino, il trentatreenne Alessandro Cattaneo.
Ne sanno qualcosa l’ex ministro Mariastella Gelmini e l’ex sottosegretario Guido Crosetto che con altri notabili pidiellini come i parlamentari Massimo Corsaro e Beatrice Lorenzin sono stati oggetto di un vero e proprio tiro incrociato dei giovani formatta tori riuniti nella Sala dell’Annunciata, a due passi dal castello Visconteo di Pavia.
<<Dopo una batosta come quella delle ultime elezioni amministrative – incalza Cristian De mattia – non le sembra che tutta la classe dirigente del Pdl dovrebbe andarsene a casa?
Federica De Benedetto, ventisette anni di Lecce, da quattordici sedotta dalla politica grida ad Alfano tutta la sua delusione: << Ci avevate annunciato una grande novità e l’altro giorno siete usciti con il semi presidenzialismo. Diciamola la verità, se Berlusconi avesse governato bene, sarebbe arrivato il governo Monti?
Questo partito ha fallito. Non abbiamo avuto bisogno dei grillini per scoprirlo>>.
Parte l’applauso. Anche i trecento rottamatori riuniti a Bologna non fanno sconti: O il governo Monti tira fuori le riforme che ha promesso, altrimenti il Pdl deve uscire dalla maggioranza>>.
Mentre a Roma il consigliere provinciale pidiellino Federico Iadicicco più che <<rottamatore>> preferisce definirsi <<educatore>>, nello spiegare lo scopo della manifestazione <<Ripartire da zero>>.
Quando a Pavia il blogger Diego Destro, chiede la testa anche di Angelino Alfano, la platea dei rottamatori risponde con un boato.
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Siamo stati definiti antiberluscones in tutti questi anni. Diciamo che tra anziani e giovani di destra hanno impiegato diciotto anni per capire quello che avevamo capito noi nel 1994. Non possiamo dire in questa fase : “Meglio tardi che mai” perché il Paese è stato distrutto e davanti a noi abbiamo giorni difficili, quelli di un Paese che sta dando corso alla polverizzazione non solo dei partiti, ma di tutto il sistema.
Continua
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Re: Come se ne viene fuori ?
Parte terza
Day after day
Apocalypse now
La polverizzazione di Merlonia
Se Atene piange, Sparta non ride.
L’astensionismo che ha caratterizzato questo passaggio elettorale, non fa parte dell’analisi di PG Bersani. Il Pd ha avuto un calo di consensi in valore assoluto, ma il segretario del Pd intende comportarsi come il miglior Berlusconi,…nega la realtà e si attacca ai valori percentuali. Non solo, ma alla conferenza stampa del dopo voto di lunedì esibisce il diagramma della vittoria. I dati sono questi. Punto.
In questo dimostra che non esiste nessuna differenza tra lui e il suo collega Berlusconi quando raccontava che la crisi in Italia non esisteva che alberghi e luoghi di villeggiatura erano pieni e che bisognava prenotare un viaggio aereo, per quanto fosse alta la richiesta.
Berlusconi confidava sul fatto che gli italiani fossero "eternamente" fessi e che si bevessero tranquillamente tutte le sue panzane senza battere ciglio. Lo aveva fatto per diciassette anni e credeva che tutto potesse continuare in quel modo. Era convinto di averli in pugno. Bersani sta facendo la stessa cosa, pensa che gli elettori di Cs siano tutti fessi e che basta dire due panzane messe in croce per tenerli buoni.
Da questa classe dirigente del Pd non c’è più nulla da aspettarsi. E’ arrivata alla fine come sono arrivate alla fine Lega e Pdl.
Lo aveva anticipato Gustavo Zagrebelsky a febbraio quando dal palco del Teatro Smeraldo di Milano aveva dichiarato che i partiti sono falliti.
Ma tutti i partiti italiani,..ovviamente hanno fatto finta di niente.
Replicare a Zagrebelsky non era cosa facile, più facile replicare a Grillo.
Il Pd è paralizzato dalla nascita dalle due sovracorrenti principali, che sovrastano le diciassette correnti operative al suo interno.
La componente che vuole l’intesa a sinistra e quella che vuole allargare a destra.
Il malconcio Pd, è stato messo di fronte ad una scelta ieri da parte dell’Idv e del Sel. La risposta piccata è arrivata oggi dall’intervista della presidente Rosy Bindi su Repubblica.
La sua risposta segna una data storica nel Cs. E’ la dimostrazione pratica che il Pd è un contenitore vuoto che pensa solo a Poltrone & Forchette.
Titola così oggi la Repubblica a pagina 15:
“Anche i moderati necessari all’Italia
niente veti, è la stagione del realismo”
*
Appunto, di realismo la presidente del Pd dimostra di averne zero.
Solo i ciechi e i non udenti non sanno cosa intende fare Pierazzurro Casini in Caltagirone.
Fanno finta di non saperlo per non pagare dazio tutti gli appartenenti alla direzione del Pd e anche gli altri.
Se c’è una cosa che non si può imputare a Casini è la non chiarezza su questo punto.
In questi due anni per la tre milionesima volta ha detto NO, alle proposte del Pd, specificandone anche le motivazioni.
In Italia lo sanno anche i sassi ma non lo sanno Rosy Bindi e Bersani.
Il fatto è piuttosto scandaloso.
Casini è di destra (è sempre stato di destra) e aspetta solo che si risolva il problema della messa fuori gioco del caro estinto per riprendere il filo del Partito della Nazione.
Alle stupidaggini dei piddini non ci pensa neppure.
Bersani, Bindi, & Co, pensano di trasferire l’intero Pd a destra con Casini e l’eventuale parte residuale del Pdl.
Non hanno il coraggio delle proprie azioni come hanno fatto, Carra, Lusetti, Binetti e Dorina Bianchi. Ci tengono alle loro poltrone e sono diffidenti. Se a destra le cose dovessero andare male una poltrona nel Pd ce l’hanno sempre.
Se si dovessero spostare ora, dopo il “ Lusi,…ill-lusi e…col-lusi”, con le accuse che il tesoriere ha rivolto ai notabili della ex Margherita, molto probabilmente sposterebbero poco, come hanno fatto i sopradetti ex Pd. Non ce ne siamo accorti del loro passaggio all’Udc. Lo stesso dicasi per l’ex gran capo della Margherita, Rutelli.
Sono colonnelli senza esercito e in questo caso Pierazzurro non saprebbe cosa farsene perché sono bocche da sfamare, poltrone da occupare, argenteria (forchette) da dividere con troppi del mestiere.
Un conto è se portano il valore aggiunto di un po’ di consenso, un altro conto è se si presentano al banchetto chiedendo di aggiungere un posto a tavola perché ci sono amici in più.
Pier poi ha mollato Rutelli perché non intende ripartire zavorrato da chi ha problemi con la magistratura.
L’ex sindaco di Catania, Bianco, ha dovuto fare marcia indietro con Lusi.
Il Pd è stato fondato il 14 ottobre del 2007. Concorre pertanto alle elezioni nazionali del 13-14 aprile del 2008. Le perde con alla guida Veltroni.
Pertanto, in base alla legge sul rimborso elettorale dei partiti, risultato 5 volte superiore al rimborso reale in base alla spesa sostenuta, alla dirigenza Pd ex Margherita, è spettata una parte che certamente il tesoriere Pd avrà erogato.
Adesso, visto che la risposta dei notabili ex Margherita, Bianco a parte, reclama il fatto che i soldi che Lusi ha dimostrato di aver erogato servivano alle spese sostenute, non si capisce come possano giustificare politicamente di aver sostenuto spese con doppi finanziamenti, sia dal Pd sia da Lusi.
Tenendo poi conto che sia Pd e che ex Margherita hanno portato a casa 5 volte il dovuto.
Non male come nuova zavorra per l’ineffabile Pier.
Anche Rosy Bindi ci ritiene tutti fessi ai massimi livelli, per non dire deficienti integrali.
Chiude così l’intervista di Umberto Rosso:
Onorevole Bindi, il suo allora è un no alla loro richiesta?
<<Tutt’altro. Pronta al confronto, incontriamoci ma niente aut aut al Pd. Il progetto del nuovo Ulivo avrà confini larghi e non limitati ai soli partiti. Perché come ai tempi del primo Ulivo, sarà aperto alla società civile, ai movimenti, ai tanti soggetti nuovi che si affacciano sulla scena politica>>
Basta Bindi prendere in giro gli elettori di Cs, non ci crede più nessuno, allo stesso modo dei ribelli del Pdl.
Bersani a Pesaro nel settembre 2011, tra l’altro dichiara:
18.33 CAMPAGNE ELETTORALI COSTANO TROPPO:
SERVE LEGGE PER TUTTI I PARTITI
Campagne elettorali con la personalizzazione costano troppo. Mettere limiti più stringenti. E i codici antimafia esigibili per ogni candidatura. Proponiamo una legge per tutti i partiti: trasparenti nei finanziamenti.
Quando si accenna un mese fa a bloccare l’ultima tranche del rimborso elettorale Bersani insorge e sostiene che non si può fare. Poi vista la malparata e come si mettevano le cose prima accetta e poi accenna ad un dimezzamento. La Bindi lascia basiti tutti quando va in soccorso del tesoriere del Pd sostenendo che senza quei soldi non si sarebbero potute svolgere le amministrative.
Cose da chiodi.
Ha vinto Grillo con le liste civiche e adesso è scoppiata la Grillomania delle liste civiche.
Non ci crede nessuno alle liste civiche invocate da tutti perché a comandare saranno sempre i soliti, quelli che la società civile dice che devono andare a casa.
Il progetto Bindi – Bersani è quello di mantenere un posto fisso nella casta.
Non sono più credibili.
A destra c’è un crollo dovuto a irresponsabili che hanno creduto alla promesse e alle scemenze berlusconiane e adesso non ci credono più.
A sinistra il crollo è solo ritardato perché la classe dirigente logora oltre misura non vuole mollare come non vogliono mollare Berlusconi, Casini, Cicchitto e compagnia.
Da questo Pd e da questa classe dirigente non c’è più nulla da sperare, la partita è chiusa, attendiamo che tutto salti in aria come nel Pdl.
Qualcuno oggi la Lega la da al 4,2 %, aspettiamo che piano piano sparisca. Maroni ha annunciato che nel prossimo congresso si deciderà se abbandonare la politica nazionale.
Torneranno a prendersela con i terun e gli immigrati.
Tutto continua a polverizzarsi senza che ci sia una soluzione all’orizzonte. Questo ci porterà al disfacimento totale e agli scontri di piazza.
Day after day
Apocalypse now
La polverizzazione di Merlonia
Se Atene piange, Sparta non ride.
L’astensionismo che ha caratterizzato questo passaggio elettorale, non fa parte dell’analisi di PG Bersani. Il Pd ha avuto un calo di consensi in valore assoluto, ma il segretario del Pd intende comportarsi come il miglior Berlusconi,…nega la realtà e si attacca ai valori percentuali. Non solo, ma alla conferenza stampa del dopo voto di lunedì esibisce il diagramma della vittoria. I dati sono questi. Punto.
In questo dimostra che non esiste nessuna differenza tra lui e il suo collega Berlusconi quando raccontava che la crisi in Italia non esisteva che alberghi e luoghi di villeggiatura erano pieni e che bisognava prenotare un viaggio aereo, per quanto fosse alta la richiesta.
Berlusconi confidava sul fatto che gli italiani fossero "eternamente" fessi e che si bevessero tranquillamente tutte le sue panzane senza battere ciglio. Lo aveva fatto per diciassette anni e credeva che tutto potesse continuare in quel modo. Era convinto di averli in pugno. Bersani sta facendo la stessa cosa, pensa che gli elettori di Cs siano tutti fessi e che basta dire due panzane messe in croce per tenerli buoni.
Da questa classe dirigente del Pd non c’è più nulla da aspettarsi. E’ arrivata alla fine come sono arrivate alla fine Lega e Pdl.
Lo aveva anticipato Gustavo Zagrebelsky a febbraio quando dal palco del Teatro Smeraldo di Milano aveva dichiarato che i partiti sono falliti.
Ma tutti i partiti italiani,..ovviamente hanno fatto finta di niente.
Replicare a Zagrebelsky non era cosa facile, più facile replicare a Grillo.
Il Pd è paralizzato dalla nascita dalle due sovracorrenti principali, che sovrastano le diciassette correnti operative al suo interno.
La componente che vuole l’intesa a sinistra e quella che vuole allargare a destra.
Il malconcio Pd, è stato messo di fronte ad una scelta ieri da parte dell’Idv e del Sel. La risposta piccata è arrivata oggi dall’intervista della presidente Rosy Bindi su Repubblica.
La sua risposta segna una data storica nel Cs. E’ la dimostrazione pratica che il Pd è un contenitore vuoto che pensa solo a Poltrone & Forchette.
Titola così oggi la Repubblica a pagina 15:
“Anche i moderati necessari all’Italia
niente veti, è la stagione del realismo”
*
Appunto, di realismo la presidente del Pd dimostra di averne zero.
Solo i ciechi e i non udenti non sanno cosa intende fare Pierazzurro Casini in Caltagirone.
Fanno finta di non saperlo per non pagare dazio tutti gli appartenenti alla direzione del Pd e anche gli altri.
Se c’è una cosa che non si può imputare a Casini è la non chiarezza su questo punto.
In questi due anni per la tre milionesima volta ha detto NO, alle proposte del Pd, specificandone anche le motivazioni.
In Italia lo sanno anche i sassi ma non lo sanno Rosy Bindi e Bersani.
Il fatto è piuttosto scandaloso.
Casini è di destra (è sempre stato di destra) e aspetta solo che si risolva il problema della messa fuori gioco del caro estinto per riprendere il filo del Partito della Nazione.
Alle stupidaggini dei piddini non ci pensa neppure.
Bersani, Bindi, & Co, pensano di trasferire l’intero Pd a destra con Casini e l’eventuale parte residuale del Pdl.
Non hanno il coraggio delle proprie azioni come hanno fatto, Carra, Lusetti, Binetti e Dorina Bianchi. Ci tengono alle loro poltrone e sono diffidenti. Se a destra le cose dovessero andare male una poltrona nel Pd ce l’hanno sempre.
Se si dovessero spostare ora, dopo il “ Lusi,…ill-lusi e…col-lusi”, con le accuse che il tesoriere ha rivolto ai notabili della ex Margherita, molto probabilmente sposterebbero poco, come hanno fatto i sopradetti ex Pd. Non ce ne siamo accorti del loro passaggio all’Udc. Lo stesso dicasi per l’ex gran capo della Margherita, Rutelli.
Sono colonnelli senza esercito e in questo caso Pierazzurro non saprebbe cosa farsene perché sono bocche da sfamare, poltrone da occupare, argenteria (forchette) da dividere con troppi del mestiere.
Un conto è se portano il valore aggiunto di un po’ di consenso, un altro conto è se si presentano al banchetto chiedendo di aggiungere un posto a tavola perché ci sono amici in più.
Pier poi ha mollato Rutelli perché non intende ripartire zavorrato da chi ha problemi con la magistratura.
L’ex sindaco di Catania, Bianco, ha dovuto fare marcia indietro con Lusi.
Il Pd è stato fondato il 14 ottobre del 2007. Concorre pertanto alle elezioni nazionali del 13-14 aprile del 2008. Le perde con alla guida Veltroni.
Pertanto, in base alla legge sul rimborso elettorale dei partiti, risultato 5 volte superiore al rimborso reale in base alla spesa sostenuta, alla dirigenza Pd ex Margherita, è spettata una parte che certamente il tesoriere Pd avrà erogato.
Adesso, visto che la risposta dei notabili ex Margherita, Bianco a parte, reclama il fatto che i soldi che Lusi ha dimostrato di aver erogato servivano alle spese sostenute, non si capisce come possano giustificare politicamente di aver sostenuto spese con doppi finanziamenti, sia dal Pd sia da Lusi.
Tenendo poi conto che sia Pd e che ex Margherita hanno portato a casa 5 volte il dovuto.
Non male come nuova zavorra per l’ineffabile Pier.
Anche Rosy Bindi ci ritiene tutti fessi ai massimi livelli, per non dire deficienti integrali.
Chiude così l’intervista di Umberto Rosso:
Onorevole Bindi, il suo allora è un no alla loro richiesta?
<<Tutt’altro. Pronta al confronto, incontriamoci ma niente aut aut al Pd. Il progetto del nuovo Ulivo avrà confini larghi e non limitati ai soli partiti. Perché come ai tempi del primo Ulivo, sarà aperto alla società civile, ai movimenti, ai tanti soggetti nuovi che si affacciano sulla scena politica>>
Basta Bindi prendere in giro gli elettori di Cs, non ci crede più nessuno, allo stesso modo dei ribelli del Pdl.
Bersani a Pesaro nel settembre 2011, tra l’altro dichiara:
18.33 CAMPAGNE ELETTORALI COSTANO TROPPO:
SERVE LEGGE PER TUTTI I PARTITI
Campagne elettorali con la personalizzazione costano troppo. Mettere limiti più stringenti. E i codici antimafia esigibili per ogni candidatura. Proponiamo una legge per tutti i partiti: trasparenti nei finanziamenti.
Quando si accenna un mese fa a bloccare l’ultima tranche del rimborso elettorale Bersani insorge e sostiene che non si può fare. Poi vista la malparata e come si mettevano le cose prima accetta e poi accenna ad un dimezzamento. La Bindi lascia basiti tutti quando va in soccorso del tesoriere del Pd sostenendo che senza quei soldi non si sarebbero potute svolgere le amministrative.
Cose da chiodi.
Ha vinto Grillo con le liste civiche e adesso è scoppiata la Grillomania delle liste civiche.
Non ci crede nessuno alle liste civiche invocate da tutti perché a comandare saranno sempre i soliti, quelli che la società civile dice che devono andare a casa.
Il progetto Bindi – Bersani è quello di mantenere un posto fisso nella casta.
Non sono più credibili.
A destra c’è un crollo dovuto a irresponsabili che hanno creduto alla promesse e alle scemenze berlusconiane e adesso non ci credono più.
A sinistra il crollo è solo ritardato perché la classe dirigente logora oltre misura non vuole mollare come non vogliono mollare Berlusconi, Casini, Cicchitto e compagnia.
Da questo Pd e da questa classe dirigente non c’è più nulla da sperare, la partita è chiusa, attendiamo che tutto salti in aria come nel Pdl.
Qualcuno oggi la Lega la da al 4,2 %, aspettiamo che piano piano sparisca. Maroni ha annunciato che nel prossimo congresso si deciderà se abbandonare la politica nazionale.
Torneranno a prendersela con i terun e gli immigrati.
Tutto continua a polverizzarsi senza che ci sia una soluzione all’orizzonte. Questo ci porterà al disfacimento totale e agli scontri di piazza.
Ultima modifica di camillobenso il 27/05/2012, 20:14, modificato 1 volta in totale.
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Re: Come se ne viene fuori ?
TG7 ore 20,00
Casini: Se Bersani cede non andrà lontano.
Niente alleanze a sinistra. Pier vuole rifare la democristianona con il Pd.
Illuso.
La Bindi è servita sull'Ulivo allargato, alle sue balle non crede più nessuno.
Ci stanno portando giorno dopo giorno alla guerra civile.
Casini: Se Bersani cede non andrà lontano.
Niente alleanze a sinistra. Pier vuole rifare la democristianona con il Pd.
Illuso.
La Bindi è servita sull'Ulivo allargato, alle sue balle non crede più nessuno.
Ci stanno portando giorno dopo giorno alla guerra civile.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Mentre a destra tutto precipita a sinistra si aspetta . Che cosa ?
L'utilità di ALBA, più che diventare una partito a sé, potrebbe essere quella di legare assieme un'idea della sinistra e un'idea dello sviluppo mediante proposte concrete dal basso e mediante una forte partecipazione sempre del basso.
Bisognerebbe appoggiare o presentare delle liste civiche di sinistra in cui ci sia l'impegno di attuiare
nella prossima legislatura le riforme più volte chieste dalla sinistra e/o dal centrosinistra e sostenere quelle riforma costituzionali necessarie per portare la democrazia diretta nel nostro paese.
Come inizio si potrebbe subito partire nei Comuni per modificare i regolamenti comunali
azzerando il quorum per i referendum abrogativi, confermativi e consultivi.Così facendo si potrebbe
sensibilizzare fin d'ora i cittadini ad un altro rapporto con le istituzioni, che purtroppo, registrando la partecipazione alle ultime elezioni, si direbbe un po' scarso e nello stesso tempo far concorrenza
al movimento " 5 Stelle" ,che per adesso è l'unico che sostiene "quorumzeropiùdemocrazia ".
L'utilità di ALBA, più che diventare una partito a sé, potrebbe essere quella di legare assieme un'idea della sinistra e un'idea dello sviluppo mediante proposte concrete dal basso e mediante una forte partecipazione sempre del basso.
Bisognerebbe appoggiare o presentare delle liste civiche di sinistra in cui ci sia l'impegno di attuiare
nella prossima legislatura le riforme più volte chieste dalla sinistra e/o dal centrosinistra e sostenere quelle riforma costituzionali necessarie per portare la democrazia diretta nel nostro paese.
Come inizio si potrebbe subito partire nei Comuni per modificare i regolamenti comunali
azzerando il quorum per i referendum abrogativi, confermativi e consultivi.Così facendo si potrebbe
sensibilizzare fin d'ora i cittadini ad un altro rapporto con le istituzioni, che purtroppo, registrando la partecipazione alle ultime elezioni, si direbbe un po' scarso e nello stesso tempo far concorrenza
al movimento " 5 Stelle" ,che per adesso è l'unico che sostiene "quorumzeropiùdemocrazia ".
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Re: Come se ne viene fuori ?
Tg7 - ore 20,00
Vendola risponde a Pd e alla Bindi:
Io non ho posto nessun ultimatum a nessuno,.....è il Paese che ha dato un ultimatum a noi.
Su questo punto devo dare ragione a Vendola, anche se arriva con almeno 15 mesi di ritardo.
Non ci si deve aspettare dai partiti della casta di Poltrone & Forchette che capiscano cosa chiede l'elettorato, sono paralizzati a difendere il loro posto di lavoro con privilegi annessi.
Vendola risponde a Pd e alla Bindi:
Io non ho posto nessun ultimatum a nessuno,.....è il Paese che ha dato un ultimatum a noi.
Su questo punto devo dare ragione a Vendola, anche se arriva con almeno 15 mesi di ritardo.
Non ci si deve aspettare dai partiti della casta di Poltrone & Forchette che capiscano cosa chiede l'elettorato, sono paralizzati a difendere il loro posto di lavoro con privilegi annessi.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Sarebbe una tragica ironia se la Germania unita, con i mezzi pacifici e le migliori intenzioni, causasse la distruzione dell’ordine europeo una terza volta.
Joschka Fischer Ex ministro degli esteri tedesco
Dalla striscia rossa dell'Unità
****
Aggiunta: In un secolo
Joschka Fischer Ex ministro degli esteri tedesco
Dalla striscia rossa dell'Unità
****
Aggiunta: In un secolo
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Re: Come se ne viene fuori ?
LA SITUAZIONE
di UMBERTO ROSSO
Vendola e Casini
pressing incrociato
sul Pd di Bersani
Sposta il target ma conferma il pressing sul Pd. "Non sono io che pongo ultimatum - rilancia Nichi Vendola all'assemblea nazionale di Sel - ma è il popolo del centrosinistra che chiede subito l'apertura del cantiere comune".
Dall'altra parte della barricata, ecco però l'avvertimento di Casini: se Bersani, che si candida a premier, comincia accettando l'aut aut di Vendola e Di Pietro, "non arriverà lontano".
E così il Pd si ritrova al centro dei veti incrociati della sinistra e del centro, le due componenti che nei piani di Bersani dovrebbero marciare insieme nel nuovo Ulivo.
Da queste prime mosse dei referenti della grande alleanza che il Pd ha in mente, la strada tuttavia sembra in salita.
E del resto all'interno stesso del partito democratico si agitano posizioni diverse sul nodo alleanze, dalla Bindi che non intende tagliare fuori il centro a Latorre, che vorrebbe invece una lista unica del Pd con Sel.
Si aspetta di sentire la voce del segretario, martedì in direzione. Che dovrà rispondere anche al rilancio di Alfano sul semipresidenzialismo dalla tribuna dei "formattatori" del Pdl, i giovani che chiedono un deciso cambio di passo ma che alla fine hanno applaudito il segretario che si è presentato a sorpresa.
Formigoni, intanto, a dispetto delle nuove rivelazioni di Daccò resiste e non si dimette, "non cedo al ricatto".
La Repubblica.it
di UMBERTO ROSSO
Vendola e Casini
pressing incrociato
sul Pd di Bersani
Sposta il target ma conferma il pressing sul Pd. "Non sono io che pongo ultimatum - rilancia Nichi Vendola all'assemblea nazionale di Sel - ma è il popolo del centrosinistra che chiede subito l'apertura del cantiere comune".
Dall'altra parte della barricata, ecco però l'avvertimento di Casini: se Bersani, che si candida a premier, comincia accettando l'aut aut di Vendola e Di Pietro, "non arriverà lontano".
E così il Pd si ritrova al centro dei veti incrociati della sinistra e del centro, le due componenti che nei piani di Bersani dovrebbero marciare insieme nel nuovo Ulivo.
Da queste prime mosse dei referenti della grande alleanza che il Pd ha in mente, la strada tuttavia sembra in salita.
E del resto all'interno stesso del partito democratico si agitano posizioni diverse sul nodo alleanze, dalla Bindi che non intende tagliare fuori il centro a Latorre, che vorrebbe invece una lista unica del Pd con Sel.
Si aspetta di sentire la voce del segretario, martedì in direzione. Che dovrà rispondere anche al rilancio di Alfano sul semipresidenzialismo dalla tribuna dei "formattatori" del Pdl, i giovani che chiedono un deciso cambio di passo ma che alla fine hanno applaudito il segretario che si è presentato a sorpresa.
Formigoni, intanto, a dispetto delle nuove rivelazioni di Daccò resiste e non si dimette, "non cedo al ricatto".
La Repubblica.it
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Re: Come se ne viene fuori ?
LA POLVERIZZAZIONE DI MERLONIA
Scissione Pdl in Piemonte
Scissione nel Pdl Piemonte: cinque consiglieri regionali lasciano il partito, e da oggi daranno vita a un nuovo gruppo, Progett’azione. A guidare la fronda Angelo Burzi, già forzista della prima ora, ora legato a Frattini. L’obiettivo è di stringere alleanze in tutta Italia. Il gruppo Pdl scende da 22 a 17 consiglieri
INDISCRETO - La Repubblica
27 maggio 2012
Scissione Pdl in Piemonte
Scissione nel Pdl Piemonte: cinque consiglieri regionali lasciano il partito, e da oggi daranno vita a un nuovo gruppo, Progett’azione. A guidare la fronda Angelo Burzi, già forzista della prima ora, ora legato a Frattini. L’obiettivo è di stringere alleanze in tutta Italia. Il gruppo Pdl scende da 22 a 17 consiglieri
INDISCRETO - La Repubblica
27 maggio 2012
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Re: Come se ne viene fuori ?
L'ANALISI
L'economia cinese sta frenando
Bolla immobiliare a rischio scoppio
Il tasso di crescita del gigante asiatico sta rallentando, trascinando con sé la fiducia dei consumatori. Il culmine di questa fase di incertezza rischia di essere una crisi del settore immobiliare. Con conseguenze gravissime per quei paesi maturi che in questi anni di crisi sono riusciti a reggersi in piedi anche grazie al boom di Pechino
dal nostro corrispondente FEDERICO RAMPINI
NEW YORK – Sembrava che potesse resistere a tutte le regole dell’economia, oltre che del buonsenso comune. Pareva capace di sfidare perfino la legge di gravità. E invece alla fine anche la bolla immobiliare cinese sta scoppiando. La notizia ha conquistato la prima pagina del New York Times. E’ forse un’esagerazione, un caso di “Schadenfreude” da parte degli americani, cioè di malcelato godimento per le disgrazie altrui? In realtà l’allarme viene da fonti governative di Pechino. In quanto agli Stati Uniti, anche se le loro relazioni con la Repubblica Popolare sono sempre complesse e in parte conflittuali (vedi il rinnovato appello di venerdì a rivalutare il renminbi la cui debolezza è condannata come “competizione sleale” da Washington), oggi prevale la preoccupazione di fronte a queste notizie. Perché la Cina dal 2008 in poi ha avuto una funzione positiva a livello globale: evitando di cadere in recessione, con la sua crescita ha parzialmente attutito lo shock della crisi originata negli Stati Uniti e poi amplificatasi nell’eurozona.
Preoccupa in particolare il fatto che non sia solo il mercato immobiliare a cadere in Cina. La fine della febbre del mattone – durata almeno per un quinquennio, con eccessi molto simili a quelli che caratterizzarono gli Usa dal 2001 al 2007 – si accompagna ad altri segnali di difficoltà in diversi settori dell’economia reale; rallentano le esportazioni, arretra la fiducia dei consumatori. Sul sito ufficiale del governo cinese si può leggere il parere di un esperto che parla di “marcato rallentamento dell’economia”. Oltre a un’ondata di licenziamenti nel settore edilizio, più in generale le vendite di beni di consumo sono cresciute il mese scorso al ritmo più basso da tre anni a questa parte. Gli investimenti fissi rallentano e il loro tasso di crescita non era così basso dal 2001. Il New York Times rileva, in un reportage dalla città di Xian (famosa per “l’armata dei guerrieri di terracotta”), che questo stop alla crescita è partito dalle regioni costiere più sviluppate ma ora sta contagiando anche “l’entroterra”, quelle provincie dell’interno che hanno avuto un trattamento privilegiato da parte della mano pubblica: dovendo recuperare un ritardo di sviluppo sono state per anni la destinazione favorita di grandi programmi d’investimento in infrastrutture, agevolazioni fiscali e altri aiuti di Stato.
Il fatto che la Cina perda colpi non è passato inosservato sui mercati globali: un termometro fedele è dato dalle quotazioni delle materie prime, petrolio in testa, che si sono raffreddate da tempo. I prezzi mondiali del greggio hanno perso il 15% dall’inizio del mese. La Repubblica Popolare è il primo consumatore mondiale di materie prime e il secondo mercato per il petrolio e derivati. L’epicentro di questa crisi, proprio come fu per gli Stati Uniti nel 2008, è senza dubbio la bolla immobiliare. Gli indicatori ufficiali di Pechino dimostrano che le quotazioni delle case stanno cadendo in oltre la metà dei 70 capoluoghi dove vengono effettuate le rilevazioni. Le due principali agenzie di rating mondiali, Standard & Poor’s e Moody’s, hanno pubblicato in simultanea due rapporti allarmati, dove prevedono che i costruttori edili cinesi possono essere colpiti da penurie di liquidità e quindi una catena di fallimenti. Esattamente come accadde in America, anche in Cina il settore immobiliare è stato “drogato” dal credito facile. Con un paio di differenze. La prima è data dall’alta propensione al risparmio delle famiglie cinesi, più “solide” nella loro posizione finanziaria di quanto lo fossero i consumatori americani nel 2007. La seconda differenza deriva dal fatto che le banche cinesi sono ancora a larga maggioranza controllate dallo Stato o dalle provincie, e questa proprietà pubblica finora ha evitato una “resa dei conti”, prolungando il credito a settori in difficoltà. Ma sia pure in ritardo, ormai i nodi vengono al pettine. “I promotori immobiliari cinesi – si legge nel rapporto Standard & Poor’s – quest’anno affronteranno una prova di sopravvivenza”.
La Repubblica Popolare ha iniziato il 2012 con un tasso di crescita economica ancora vigoroso, un aumento del Pil dell’8,1%. Ma è un dato ingannevole perché deriva quasi interamente dalla velocità di crescita “ereditata” dall’anno precedente, e maschera un trend di rallentamento molto pronunciato. L’indice manifatturiero cinese segna il suo settimo mese consecutivo di caduta. Dall’Ocse alla Banca mondiale, tutte le istituzioni internazionali stanno producendo analisi allarmate per la brutalità di questa frenata. Tanto più che si inserisce in un contesto globale che sembra orientato nella stessa direzione. Dell’eurozona si sa, ma anche gli Stati Uniti hanno visto rallentare gli ordinativi di computer, macchinari, aerei e altri beni durevoli. Dal Brasile all’India al Sudafrica, la convergenza è generale, e non è rassicurante.
(27 maggio 2012)
La Repubblica.it
L'economia cinese sta frenando
Bolla immobiliare a rischio scoppio
Il tasso di crescita del gigante asiatico sta rallentando, trascinando con sé la fiducia dei consumatori. Il culmine di questa fase di incertezza rischia di essere una crisi del settore immobiliare. Con conseguenze gravissime per quei paesi maturi che in questi anni di crisi sono riusciti a reggersi in piedi anche grazie al boom di Pechino
dal nostro corrispondente FEDERICO RAMPINI
NEW YORK – Sembrava che potesse resistere a tutte le regole dell’economia, oltre che del buonsenso comune. Pareva capace di sfidare perfino la legge di gravità. E invece alla fine anche la bolla immobiliare cinese sta scoppiando. La notizia ha conquistato la prima pagina del New York Times. E’ forse un’esagerazione, un caso di “Schadenfreude” da parte degli americani, cioè di malcelato godimento per le disgrazie altrui? In realtà l’allarme viene da fonti governative di Pechino. In quanto agli Stati Uniti, anche se le loro relazioni con la Repubblica Popolare sono sempre complesse e in parte conflittuali (vedi il rinnovato appello di venerdì a rivalutare il renminbi la cui debolezza è condannata come “competizione sleale” da Washington), oggi prevale la preoccupazione di fronte a queste notizie. Perché la Cina dal 2008 in poi ha avuto una funzione positiva a livello globale: evitando di cadere in recessione, con la sua crescita ha parzialmente attutito lo shock della crisi originata negli Stati Uniti e poi amplificatasi nell’eurozona.
Preoccupa in particolare il fatto che non sia solo il mercato immobiliare a cadere in Cina. La fine della febbre del mattone – durata almeno per un quinquennio, con eccessi molto simili a quelli che caratterizzarono gli Usa dal 2001 al 2007 – si accompagna ad altri segnali di difficoltà in diversi settori dell’economia reale; rallentano le esportazioni, arretra la fiducia dei consumatori. Sul sito ufficiale del governo cinese si può leggere il parere di un esperto che parla di “marcato rallentamento dell’economia”. Oltre a un’ondata di licenziamenti nel settore edilizio, più in generale le vendite di beni di consumo sono cresciute il mese scorso al ritmo più basso da tre anni a questa parte. Gli investimenti fissi rallentano e il loro tasso di crescita non era così basso dal 2001. Il New York Times rileva, in un reportage dalla città di Xian (famosa per “l’armata dei guerrieri di terracotta”), che questo stop alla crescita è partito dalle regioni costiere più sviluppate ma ora sta contagiando anche “l’entroterra”, quelle provincie dell’interno che hanno avuto un trattamento privilegiato da parte della mano pubblica: dovendo recuperare un ritardo di sviluppo sono state per anni la destinazione favorita di grandi programmi d’investimento in infrastrutture, agevolazioni fiscali e altri aiuti di Stato.
Il fatto che la Cina perda colpi non è passato inosservato sui mercati globali: un termometro fedele è dato dalle quotazioni delle materie prime, petrolio in testa, che si sono raffreddate da tempo. I prezzi mondiali del greggio hanno perso il 15% dall’inizio del mese. La Repubblica Popolare è il primo consumatore mondiale di materie prime e il secondo mercato per il petrolio e derivati. L’epicentro di questa crisi, proprio come fu per gli Stati Uniti nel 2008, è senza dubbio la bolla immobiliare. Gli indicatori ufficiali di Pechino dimostrano che le quotazioni delle case stanno cadendo in oltre la metà dei 70 capoluoghi dove vengono effettuate le rilevazioni. Le due principali agenzie di rating mondiali, Standard & Poor’s e Moody’s, hanno pubblicato in simultanea due rapporti allarmati, dove prevedono che i costruttori edili cinesi possono essere colpiti da penurie di liquidità e quindi una catena di fallimenti. Esattamente come accadde in America, anche in Cina il settore immobiliare è stato “drogato” dal credito facile. Con un paio di differenze. La prima è data dall’alta propensione al risparmio delle famiglie cinesi, più “solide” nella loro posizione finanziaria di quanto lo fossero i consumatori americani nel 2007. La seconda differenza deriva dal fatto che le banche cinesi sono ancora a larga maggioranza controllate dallo Stato o dalle provincie, e questa proprietà pubblica finora ha evitato una “resa dei conti”, prolungando il credito a settori in difficoltà. Ma sia pure in ritardo, ormai i nodi vengono al pettine. “I promotori immobiliari cinesi – si legge nel rapporto Standard & Poor’s – quest’anno affronteranno una prova di sopravvivenza”.
La Repubblica Popolare ha iniziato il 2012 con un tasso di crescita economica ancora vigoroso, un aumento del Pil dell’8,1%. Ma è un dato ingannevole perché deriva quasi interamente dalla velocità di crescita “ereditata” dall’anno precedente, e maschera un trend di rallentamento molto pronunciato. L’indice manifatturiero cinese segna il suo settimo mese consecutivo di caduta. Dall’Ocse alla Banca mondiale, tutte le istituzioni internazionali stanno producendo analisi allarmate per la brutalità di questa frenata. Tanto più che si inserisce in un contesto globale che sembra orientato nella stessa direzione. Dell’eurozona si sa, ma anche gli Stati Uniti hanno visto rallentare gli ordinativi di computer, macchinari, aerei e altri beni durevoli. Dal Brasile all’India al Sudafrica, la convergenza è generale, e non è rassicurante.
(27 maggio 2012)
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