Le contraddizioni di un paese chiamato Italia
Re: Le contraddizioni di un paese chiamato Italia
Censis, nove milioni di persone senza cure mediche per motivi economici
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 5 giugno 2012
Donne, anziani, famiglie con figli. Sono oltre 9 milioni le persone che hanno dovuto rinunciare alle cure sanitarie per motivi economici nell’ultimo anno, secondo quanto emerge da uno studio Rbm Salute-Censis presentato al Welfare day. Oltre una su quattro ha più di 65 anni, il 61% è di sesso femminile e in 4 milioni di casi vive al Sud o nelle isole.
Il fenomeno è particolarmente accentuato nelle regioni con piani di rientro dal deficit sanitario, dove la crescita media della spesa pubblica nel settore è calata dal +6,2% del 2000-2007 a meno dell’1% nei tre anni successivi. A livello nazionale si è passati, nello stesso periodo, da aumenti annui del 6% al +2,3%. Anche in conseguenza dei tagli, gli italiani che ritengono la sanità della propria regione in peggioramento sono aumentati di dieci punti percentuali tra il 2009 e il 2012, fino al 31,7%.
Il gap tra le esigenze di finanziamento della sanità pubblica e le risorse disponibili è previsto raggiungere i 17 miliardi di euro nel 2015. La spesa per la sanità privata intanto continua ad aumentare (+25,5 tra il 2000 e il 2010). Le persone assistite dai Fondi integrativi, in particolare, sono oltre 11 milioni. In più del 55% dei casi gli importi stanziati dai fondi sono andati in prestazioni sostitutive al servizio pubblico come il ricovero ospedaliero o il day hospital.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/06 ... ci/252712/
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 5 giugno 2012
Donne, anziani, famiglie con figli. Sono oltre 9 milioni le persone che hanno dovuto rinunciare alle cure sanitarie per motivi economici nell’ultimo anno, secondo quanto emerge da uno studio Rbm Salute-Censis presentato al Welfare day. Oltre una su quattro ha più di 65 anni, il 61% è di sesso femminile e in 4 milioni di casi vive al Sud o nelle isole.
Il fenomeno è particolarmente accentuato nelle regioni con piani di rientro dal deficit sanitario, dove la crescita media della spesa pubblica nel settore è calata dal +6,2% del 2000-2007 a meno dell’1% nei tre anni successivi. A livello nazionale si è passati, nello stesso periodo, da aumenti annui del 6% al +2,3%. Anche in conseguenza dei tagli, gli italiani che ritengono la sanità della propria regione in peggioramento sono aumentati di dieci punti percentuali tra il 2009 e il 2012, fino al 31,7%.
Il gap tra le esigenze di finanziamento della sanità pubblica e le risorse disponibili è previsto raggiungere i 17 miliardi di euro nel 2015. La spesa per la sanità privata intanto continua ad aumentare (+25,5 tra il 2000 e il 2010). Le persone assistite dai Fondi integrativi, in particolare, sono oltre 11 milioni. In più del 55% dei casi gli importi stanziati dai fondi sono andati in prestazioni sostitutive al servizio pubblico come il ricovero ospedaliero o il day hospital.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/06 ... ci/252712/
Re: Le contraddizioni di un paese chiamato Italia
Notizie del genere in un paese normale darebbero luogo ad uno scandalo ripreso da tutte le prime pagine dei giornali.
Forse qualche presidente della repubblica darebbe anche le dimissioni.
Ma non qui da noi!
Il Fatto Quotidiano
Trattativa, Grasso conferma le pressioni di Mancino e Quirinale. “Ma non li ascoltai”
19 giugno 2012 - Nessun Commento »
Sandra Amurri
L’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, indagato per falsa testimonianza nell’inchiesta palermitana sulla trattativa Stato-mafia, a dicembre 2011 racconta al telefono a Loris D’Ambrosio, consigliere giuridico del presidente della Repubblica: “Io ho visto Grasso in una cerimonia, stava davanti a me. Mi ha detto: ‘Quelli lì (Procura Palermo ndr.) danno solo fastidio. Ma lei lo sa che noi non abbiamo poteri di avocazione’ e io ho detto: ‘Ma poteri di coordinamento possono essere sempre esercitati’”. L’occasione è la cerimonia al Quirinale per lo scambio degli auguri natalizi. Mancino non è ancora indagato, ma teme di diventarlo.
Procuratore Grasso, conferma le parole di Mancino?
Confermo l’incontro, ma non il contenuto della breve conversazione. Non ho assolutamente risposto ‘quelli lì’, riferendomi ai pm di Palermo, ‘danno solo fastidio’. Non avrei mai potuto esprimere un tale giudizio perché non lo penso e la mia azione è funzionale a favorire la loro attività investigativa alla ricerca della verità. Mancino lamentava valutazioni diverse da parte di talune procure rispetto a relazioni e comportamenti e omissioni a lui attribuiti. Gli ho detto che il solo strumento che può ridurre a unità indagini pendenti in diversi uffici è l’istituto dell’avocazione che, però, è applicabile solo nel caso di ingiustificata e reiterata violazione delle direttive impartite dal Pna al fine del coordinamento delle indagini. Avocazione che è nei miei poteri, ma nel caso Mancino non vi erano i requisiti per poterla applicare.
Dunque Mancino lavora di fantasia?
Sono le parole di un uomo che dice di sentirsi perseguitato, accerchiato. Come risulta dai verbali, sono state fatte riunioni di coordinamento tra le varie Procure senza alcuna tensione come possono confermare tutti pm. Nessuno si è mai lamentato di una mia interferenza. Non vi è mai stato alcun accenno alla questione Mancino. Coordinamento significa che le informazioni di ogni procura debbono essere messe a disposizione delle altre procure affinché vi sia una circolazione di notizie. Ma, ripeto ogni Procura resta autonoma e indipendente come è avvenuto: Caltanissetta ha archiviato e Palermo, in presenza di altri elementi, ha proceduto anche nei confronti di Mancino per quello che ha detto al dibattimento.
Il 12 marzo Mancino chiama D’Ambrosio: “Veda se Grasso può ascoltare anche me in maniera riservatissima che nessuno sappia niente”. D’Ambrosio risponde: “Lo devo vedere domani”. Procuratore Grasso, lei il 13 marzo ha incontrato il consigliere D’Ambrosio?
Ecco la mia agenda alla pagina 13 marzo: in una giornata densa di riunioni e consultazioni non vi è traccia di appuntamenti con D’Ambrosio. Forse prevedeva di farlo, ma non lo ha fatto.
Allora D’Ambrosio mente?
Mah! Può averlo detto per tranquillizzare Mancino che, evidentemente non era rimasto soddisfatto dalla mia risposta tranciante in occasione della cerimonia al Quirinale.
Ma D’Ambrosio in altre occasioni le ha mai parlato del caso Mancino?
Sì. Mi ha espresso l’esigenza di Mancino. Il problema, per quanto mi riguarda, non è ciò che abbia fatto o abbiano tentato di fare, ma quello che io ho fatto. È mai arrivata una richiesta di Grasso ai Pm di Palermo? Grasso ha mai compiuto un solo atto per agevolare Mancino? La risposta è: no.
Conferma che l’attuale Pg di Cassazione Ciani l’ha convocata, lasciando intendere che Mancino riteneva di subire le conseguenze di un mancato coordinamento tra le procure?
Sì. Sono stato convocato dal Pg della Suprema Corte il 19 aprile. Mi è stata richiesta una relazione sul coordinamento tra le procure. Ho espresso la volontà che mi venisse messo per iscritto. Mi è stato fatto presente che era nei suoi poteri chiederlo verbalmente. Il 22 maggio ho risposto per iscritto specificando che nessun potere di coordinamento può consentire al Pna di dare indirizzi investigativi e ancor meno di influire sulle valutazioni degli elementi di accuse acquisiti dai singoli uffici giudiziari.
Perché Ciani non lo sapeva?
Io alle richieste del superiore ufficio rispondo per iscritto.
Alla luce delle responsabilità, alcune, per ora, sicuramente politiche, cosa auspica per il raggiungimento della verità sulla trattativa Stato-mafia e sulle stragi che ne sono seguite?
Che inizino a collaborare i rappresentanti delle istituzioni. I mafiosi, quelli che si sono pentiti, conoscono solo un certo livello, non sono i vertici, intendo Graviano, Riina, Provenzano. Finché avremo pentiti mafiosi di basso rango potremmo arrivare fino a un certo livello di conoscenza, per avere la verità compiuta abbiamo bisogno dei vertici di Cosa Nostra oppure di qualche apporto istituzionale che ha vissuto e sa. Io auspico la verità e credo umilmente di aver dato un contribuito determinante nel convincere Spatuzza a pentirsi, nell’aver raccolto le sue dichiarazioni sulle stragi e nell’averle messe a disposizione delle varie Procure.
A un comune cittadino indagato è dato chiedere “protezione” ad alte cariche dello Stato che prontamente si attivano?
No, ovviamente. La responsabilità è di chi chiede e di chi si attiva. Io non ho raccolto alcuna richiesta. La legge, ripeto, è e deve essere uguale per tutti.
Forse qualche presidente della repubblica darebbe anche le dimissioni.
Ma non qui da noi!
Il Fatto Quotidiano
Trattativa, Grasso conferma le pressioni di Mancino e Quirinale. “Ma non li ascoltai”
19 giugno 2012 - Nessun Commento »
Sandra Amurri
L’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, indagato per falsa testimonianza nell’inchiesta palermitana sulla trattativa Stato-mafia, a dicembre 2011 racconta al telefono a Loris D’Ambrosio, consigliere giuridico del presidente della Repubblica: “Io ho visto Grasso in una cerimonia, stava davanti a me. Mi ha detto: ‘Quelli lì (Procura Palermo ndr.) danno solo fastidio. Ma lei lo sa che noi non abbiamo poteri di avocazione’ e io ho detto: ‘Ma poteri di coordinamento possono essere sempre esercitati’”. L’occasione è la cerimonia al Quirinale per lo scambio degli auguri natalizi. Mancino non è ancora indagato, ma teme di diventarlo.
Procuratore Grasso, conferma le parole di Mancino?
Confermo l’incontro, ma non il contenuto della breve conversazione. Non ho assolutamente risposto ‘quelli lì’, riferendomi ai pm di Palermo, ‘danno solo fastidio’. Non avrei mai potuto esprimere un tale giudizio perché non lo penso e la mia azione è funzionale a favorire la loro attività investigativa alla ricerca della verità. Mancino lamentava valutazioni diverse da parte di talune procure rispetto a relazioni e comportamenti e omissioni a lui attribuiti. Gli ho detto che il solo strumento che può ridurre a unità indagini pendenti in diversi uffici è l’istituto dell’avocazione che, però, è applicabile solo nel caso di ingiustificata e reiterata violazione delle direttive impartite dal Pna al fine del coordinamento delle indagini. Avocazione che è nei miei poteri, ma nel caso Mancino non vi erano i requisiti per poterla applicare.
Dunque Mancino lavora di fantasia?
Sono le parole di un uomo che dice di sentirsi perseguitato, accerchiato. Come risulta dai verbali, sono state fatte riunioni di coordinamento tra le varie Procure senza alcuna tensione come possono confermare tutti pm. Nessuno si è mai lamentato di una mia interferenza. Non vi è mai stato alcun accenno alla questione Mancino. Coordinamento significa che le informazioni di ogni procura debbono essere messe a disposizione delle altre procure affinché vi sia una circolazione di notizie. Ma, ripeto ogni Procura resta autonoma e indipendente come è avvenuto: Caltanissetta ha archiviato e Palermo, in presenza di altri elementi, ha proceduto anche nei confronti di Mancino per quello che ha detto al dibattimento.
Il 12 marzo Mancino chiama D’Ambrosio: “Veda se Grasso può ascoltare anche me in maniera riservatissima che nessuno sappia niente”. D’Ambrosio risponde: “Lo devo vedere domani”. Procuratore Grasso, lei il 13 marzo ha incontrato il consigliere D’Ambrosio?
Ecco la mia agenda alla pagina 13 marzo: in una giornata densa di riunioni e consultazioni non vi è traccia di appuntamenti con D’Ambrosio. Forse prevedeva di farlo, ma non lo ha fatto.
Allora D’Ambrosio mente?
Mah! Può averlo detto per tranquillizzare Mancino che, evidentemente non era rimasto soddisfatto dalla mia risposta tranciante in occasione della cerimonia al Quirinale.
Ma D’Ambrosio in altre occasioni le ha mai parlato del caso Mancino?
Sì. Mi ha espresso l’esigenza di Mancino. Il problema, per quanto mi riguarda, non è ciò che abbia fatto o abbiano tentato di fare, ma quello che io ho fatto. È mai arrivata una richiesta di Grasso ai Pm di Palermo? Grasso ha mai compiuto un solo atto per agevolare Mancino? La risposta è: no.
Conferma che l’attuale Pg di Cassazione Ciani l’ha convocata, lasciando intendere che Mancino riteneva di subire le conseguenze di un mancato coordinamento tra le procure?
Sì. Sono stato convocato dal Pg della Suprema Corte il 19 aprile. Mi è stata richiesta una relazione sul coordinamento tra le procure. Ho espresso la volontà che mi venisse messo per iscritto. Mi è stato fatto presente che era nei suoi poteri chiederlo verbalmente. Il 22 maggio ho risposto per iscritto specificando che nessun potere di coordinamento può consentire al Pna di dare indirizzi investigativi e ancor meno di influire sulle valutazioni degli elementi di accuse acquisiti dai singoli uffici giudiziari.
Perché Ciani non lo sapeva?
Io alle richieste del superiore ufficio rispondo per iscritto.
Alla luce delle responsabilità, alcune, per ora, sicuramente politiche, cosa auspica per il raggiungimento della verità sulla trattativa Stato-mafia e sulle stragi che ne sono seguite?
Che inizino a collaborare i rappresentanti delle istituzioni. I mafiosi, quelli che si sono pentiti, conoscono solo un certo livello, non sono i vertici, intendo Graviano, Riina, Provenzano. Finché avremo pentiti mafiosi di basso rango potremmo arrivare fino a un certo livello di conoscenza, per avere la verità compiuta abbiamo bisogno dei vertici di Cosa Nostra oppure di qualche apporto istituzionale che ha vissuto e sa. Io auspico la verità e credo umilmente di aver dato un contribuito determinante nel convincere Spatuzza a pentirsi, nell’aver raccolto le sue dichiarazioni sulle stragi e nell’averle messe a disposizione delle varie Procure.
A un comune cittadino indagato è dato chiedere “protezione” ad alte cariche dello Stato che prontamente si attivano?
No, ovviamente. La responsabilità è di chi chiede e di chi si attiva. Io non ho raccolto alcuna richiesta. La legge, ripeto, è e deve essere uguale per tutti.
Re: Le contraddizioni di un paese chiamato Italia
DURISSIMA NOTA FIAT, ALLA QUALE RISPONDE LANDINI: «SCELTA SBAGLIATA DELLA FIOM DI CHIETI»
Fiat, sciopero di 4 ore della Fiom alla Sevel
Proprio durante Italia-Germania
«Coincidenza che ripropone un film già visto, quando guardare la partita di calcio era più importante che andare a lavorare»
Uno sciopero di quattro ore alla Sevel di Val di Sangro ad Atessa (nell'abruzzuse, in provincia di Chieti) indetto dalla Fiom Cgil come azione di protesta nei confronti del governo per la riforma del mercato del lavoro. Peccato che avvenga stasera - dalle ore 18.15 alle ore 22.15 - sovrapponendosi pericolosamente con la partita di calcio Italia-Germania, valevole per la semifinale dei campionati europei di calcio. Una coincidenza che - secondo il Lingotto - lascia pochi dubbi e «ripropone un film già visto in passato, quando guardare la partita di calcio era più importante che andare a lavorare».
LA NOTA - In una durissima nota la Fiat che compartecipa con il gruppo Psa (proprietario dei marchi Peugeot e Citroen) la joint-venture costitutiva di Sevel (nello stabilimento abruzzese si producono veicoli commerciali e monovolumi anche a marchio Fiat e Lancia) spiega che la Fiom, il sindacato dei metalmeccanici della Cgil, aveva già indetto uno sciopero con le stesse motivazioni due giorni fa e «l'adesione era stata inferiore al 3% sulla media dei tre turni». Ed esprime preoccupazione perché è uno sciopero che mette «la partita di calcio davanti alle esigenze produttive».
LA REPLICA -E non si è fatta attendere la replica del leader della Fiom-Cgil, Maurizio Landini, che bacchetta i vertici della categoria di Chieti per aver programmato uno sciopero alla Sevel in coincidenza con la partita degli Europei. «La scelta della Fiom di Chieti è sbagliata e non la condivido. La Fiom aveva invitato tutte le strutture sul territorio nazionale a manifestare e scioperare in concomitanza con la fiducia alla Camera sul Ddl lavoro il 26 e 27 giugno. È sbagliato aver fatto coincidere lo sciopero con la partita dell'Italia».
Fabio Savelli
28 giugno 2012 | 19:12
http://www.corriere.it/economia/12_giug ... ad5b.shtml
Fiat, sciopero di 4 ore della Fiom alla Sevel
Proprio durante Italia-Germania
«Coincidenza che ripropone un film già visto, quando guardare la partita di calcio era più importante che andare a lavorare»
Uno sciopero di quattro ore alla Sevel di Val di Sangro ad Atessa (nell'abruzzuse, in provincia di Chieti) indetto dalla Fiom Cgil come azione di protesta nei confronti del governo per la riforma del mercato del lavoro. Peccato che avvenga stasera - dalle ore 18.15 alle ore 22.15 - sovrapponendosi pericolosamente con la partita di calcio Italia-Germania, valevole per la semifinale dei campionati europei di calcio. Una coincidenza che - secondo il Lingotto - lascia pochi dubbi e «ripropone un film già visto in passato, quando guardare la partita di calcio era più importante che andare a lavorare».
LA NOTA - In una durissima nota la Fiat che compartecipa con il gruppo Psa (proprietario dei marchi Peugeot e Citroen) la joint-venture costitutiva di Sevel (nello stabilimento abruzzese si producono veicoli commerciali e monovolumi anche a marchio Fiat e Lancia) spiega che la Fiom, il sindacato dei metalmeccanici della Cgil, aveva già indetto uno sciopero con le stesse motivazioni due giorni fa e «l'adesione era stata inferiore al 3% sulla media dei tre turni». Ed esprime preoccupazione perché è uno sciopero che mette «la partita di calcio davanti alle esigenze produttive».
LA REPLICA -E non si è fatta attendere la replica del leader della Fiom-Cgil, Maurizio Landini, che bacchetta i vertici della categoria di Chieti per aver programmato uno sciopero alla Sevel in coincidenza con la partita degli Europei. «La scelta della Fiom di Chieti è sbagliata e non la condivido. La Fiom aveva invitato tutte le strutture sul territorio nazionale a manifestare e scioperare in concomitanza con la fiducia alla Camera sul Ddl lavoro il 26 e 27 giugno. È sbagliato aver fatto coincidere lo sciopero con la partita dell'Italia».
Fabio Savelli
28 giugno 2012 | 19:12
http://www.corriere.it/economia/12_giug ... ad5b.shtml
Re: Le contraddizioni di un paese chiamato Italia
Diritti umani, il comitato: “Italia unico paese senza reato di tortura”
Manca anche un organismo indipendente, il nostro paese è in ritardo e inadempiente. Questa la situazione secondo il secondo rapporto sullo stato di attuazione delle Raccomandazioni Onu rivolte a Roma attraverso lo strumento della Revisione periodica universale (UPR)
di Lettera22 per il Fatto | 30 giugno 2012
Una cultura diffusa dei diritti umani appare in Italia un traguardo lontano. Così come lo è l’elaborazione di una politica “sistematica, coerente e trasparente” per la loro promozione e protezione. In sintesi l’Italia è in ritardo e inadempiente. Questa la situazione secondo il secondo rapporto sullo stato di attuazione delle Raccomandazioni Onu per i diritti umani rivolte a Roma attraverso lo strumento della Revisione periodica universale (UPR) messo a punto dal comitato composto da 86 organizzazioni non governative e associazioni.
Sono trascorsi due anni da quando – il 9 giugno 2010 – il Consiglio per i Diritti Umani espresse le 92 raccomandazioni e un anno dal primo rapporto del comitato. “Con questo documento le ong e associazioni del Comitato italiano intendono tenere alta l’attenzione e il dibattito su questi temi” ha detto Carla Carazzone, portavoce del comitato, “A oggi il governo italiano non ha ancora tradotto il testo e siamo in attesa di un mid-term report, così come auspicato dal Consiglio. Chiediamo quindi al governo di preparare, seguendo l’esempio di altri paesi dell’Unione europea, un rapporto di follow up a medio termine, da inviare all’ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani”. Ancora oggi, lamenta il documento, manca in Italia un organismo indipendente per i diritti umani. Unico caso tra i Paesi dell’Unione europea a non avere un simile meccanismo garante in linea con le risoluzioni Onu del 1993, del Consiglio d’Europa del 1997 e con i cosiddetti principi di Parigi. Il ritardo italiano non ha giustificazione, si legge nel rapporto. Tanto più che già nel 2007, il governo nel presentare la sua prima candidatura al Consiglio Onu per i diritti umani per i successivi tre anni si era formalmente impegnato di fronte all’Assemblea Generale dell’Onu “a creare una Commissione nazionale indipendente per la promozione e protezione dei diritti.
Impegno disatteso e promessa reiterata nuovamente nel 2011 con la presentazione di una seconda candidatura e dopo essere stata membro del Consiglio tra il 2007 e il 2010, dove siederà ancora fino al 2014. Altra grave carenza è la mancanza del reato di tortura nel codice penale. Addirittura il rapporto denuncia l’assenza di una “precisa intenzione” di introdurlo nell’ordinamento penale. Tutto ciò, come ha ricordato anche Amnesty International appena due giorni fa, sebbene per il governo non si tratti di un’opzione, ma di un obbligo assunto dall’Italia con la ratifica della Convenzione Onu contro la tortura nel gennaio del 1989. Un caso per tutti basta a spiegare cosa ciò possa significare. Il 30 gennaio scorso il tribunale di Asti ha prosciolto per prescrizione cinque agenti della polizia penitenziaria accusati delle violenze e abusi subiti da due detenuti nel casa circondariale di Asti tra il 2004 e il 2005. Nelle motivazioni del giudice, in cui risultano documentati i maltrattamenti, è chiaramente segnalata l’esistenza di una lacuna normativa relativa all’ipotesi di tortura, smentendo quando sostenuto nel 2010 dal governo, che dichiarò sufficienti a coprire la tortura le fattispecie di reato previste dall’ordinamento italiano. Tra le priorità sottolineate del rapporto, ricorda Carazzone, ci sono inoltre la protezione dei diritti fondamentali dei migranti, dei richiedenti asilo, dei rifugiati, delle donne vittime di violenza e dei detenuti e il diritto all’informazione libera e indipendenti.
di Andrea Pira
Manca anche un organismo indipendente, il nostro paese è in ritardo e inadempiente. Questa la situazione secondo il secondo rapporto sullo stato di attuazione delle Raccomandazioni Onu rivolte a Roma attraverso lo strumento della Revisione periodica universale (UPR)
di Lettera22 per il Fatto | 30 giugno 2012
Una cultura diffusa dei diritti umani appare in Italia un traguardo lontano. Così come lo è l’elaborazione di una politica “sistematica, coerente e trasparente” per la loro promozione e protezione. In sintesi l’Italia è in ritardo e inadempiente. Questa la situazione secondo il secondo rapporto sullo stato di attuazione delle Raccomandazioni Onu per i diritti umani rivolte a Roma attraverso lo strumento della Revisione periodica universale (UPR) messo a punto dal comitato composto da 86 organizzazioni non governative e associazioni.
Sono trascorsi due anni da quando – il 9 giugno 2010 – il Consiglio per i Diritti Umani espresse le 92 raccomandazioni e un anno dal primo rapporto del comitato. “Con questo documento le ong e associazioni del Comitato italiano intendono tenere alta l’attenzione e il dibattito su questi temi” ha detto Carla Carazzone, portavoce del comitato, “A oggi il governo italiano non ha ancora tradotto il testo e siamo in attesa di un mid-term report, così come auspicato dal Consiglio. Chiediamo quindi al governo di preparare, seguendo l’esempio di altri paesi dell’Unione europea, un rapporto di follow up a medio termine, da inviare all’ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani”. Ancora oggi, lamenta il documento, manca in Italia un organismo indipendente per i diritti umani. Unico caso tra i Paesi dell’Unione europea a non avere un simile meccanismo garante in linea con le risoluzioni Onu del 1993, del Consiglio d’Europa del 1997 e con i cosiddetti principi di Parigi. Il ritardo italiano non ha giustificazione, si legge nel rapporto. Tanto più che già nel 2007, il governo nel presentare la sua prima candidatura al Consiglio Onu per i diritti umani per i successivi tre anni si era formalmente impegnato di fronte all’Assemblea Generale dell’Onu “a creare una Commissione nazionale indipendente per la promozione e protezione dei diritti.
Impegno disatteso e promessa reiterata nuovamente nel 2011 con la presentazione di una seconda candidatura e dopo essere stata membro del Consiglio tra il 2007 e il 2010, dove siederà ancora fino al 2014. Altra grave carenza è la mancanza del reato di tortura nel codice penale. Addirittura il rapporto denuncia l’assenza di una “precisa intenzione” di introdurlo nell’ordinamento penale. Tutto ciò, come ha ricordato anche Amnesty International appena due giorni fa, sebbene per il governo non si tratti di un’opzione, ma di un obbligo assunto dall’Italia con la ratifica della Convenzione Onu contro la tortura nel gennaio del 1989. Un caso per tutti basta a spiegare cosa ciò possa significare. Il 30 gennaio scorso il tribunale di Asti ha prosciolto per prescrizione cinque agenti della polizia penitenziaria accusati delle violenze e abusi subiti da due detenuti nel casa circondariale di Asti tra il 2004 e il 2005. Nelle motivazioni del giudice, in cui risultano documentati i maltrattamenti, è chiaramente segnalata l’esistenza di una lacuna normativa relativa all’ipotesi di tortura, smentendo quando sostenuto nel 2010 dal governo, che dichiarò sufficienti a coprire la tortura le fattispecie di reato previste dall’ordinamento italiano. Tra le priorità sottolineate del rapporto, ricorda Carazzone, ci sono inoltre la protezione dei diritti fondamentali dei migranti, dei richiedenti asilo, dei rifugiati, delle donne vittime di violenza e dei detenuti e il diritto all’informazione libera e indipendenti.
di Andrea Pira
Re: Le contraddizioni di un paese chiamato Italia
Passaporto obbligatorio per i minori
Ma nessuno ha informato le famiglie
Dal 26 giugno, una circolare del ministero degli Esteri impone il documento di identità individuale per i bambini anche per i viaggi nella Ue. Un cambiamento che, nonostante le raccomandazioni della Farnesina, gli uffici competenti non hanno pubblicizzato. Rovinando le vacanze a centinaia di famiglie. La testimonianza di una lettrice
Lo leggo dopo
Gentile Direttore,
le scrivo in periodo di vacanze, nella speranza che la spiacevole esperienza capitata a me e ai miei bambini possa essere evitata ad altre famiglie. Si tratta di una questione alla quale forse non è stata data la dovuta pubblicità sui media.
L'11 luglio scorso sono stata bloccata all'aereoporto di Ciampino dove, come nei mesi passati, ero andata per prendere un volo per una destinazione europea insieme ai miei due figli, entrambi minori ed entrambi iscritti sul mio passaporto. I miei figli hanno un passaporto individuale ma questa volta era rimasto a casa, perché sapevamo che era necessario solo per i viaggi extra Ue.
Ed in effetti era proprio così. Però, dal 26 giugno scorso le regole sono cambiate. Una circolare del ministero degli Esteri ha comunicato agli uffici competenti (ministero dell'Interno) che, in ottemperanza a una raccomandazione dell'Unione Europea, dal 26 giugno ogni viaggiatore - anche minore - deve possedere un documento di viaggio individuale.
Confesso che la novità mi era sfuggita e che non ne ero al corrente. Come me - ho scoperto il giorno dopo in questura - moltissime altre famiglie: tutte bloccate in aereoporto, tra bambini piangenti e vacanze sfumate.
Tutte, come me, accusate - senza garbo e con arroganza - di ignorare la legge e di doverne pagare le conseguenze. E si tratta di un conto salato, com'è facile immaginare, tra prenotazioni alberghiere perse e biglietti aerei familiari da rifare.
Ma è davvero mia la colpa ? Vorrei fare un breve ragionamento.
Faccio il mio caso: aereoporto di Ciampino, dove partono quasi tutti voli Ryanair, per i quali il controllo dei passaporti avviene all'ultimo momento, direttamente all'imbarco. Di conseguenza, arrivo al gate e mi accorgo del problema all'ultimo momento.
Lì per lì mi trattano talmente male, che davvero penso che sia colpa mia, poi però mi ricordo che:
1. non ho ricevuto alcun avvertimento dalla compagnia aerea. Ma io ho acquistato i biglietti il 4 giugno, cioè prima ancora delle nuove disposizioni, e sul sito internet della compagnia aerea c'era scritto che si poteva viaggiare con il solo passaporto dei genitori. La compagnia aerea, tuttavia, non ritiene sia affar suo: loro non sono tenuti a dare informazioni sulle normative di sicurezza nazionale, e scaricano la responsabilità sulle autorità italiane.
2. non ho visto nessun avviso in aereoporto, da nessuna parte, che informasse delle nuove disposizioni. Nessuna informazione nel luogo in cui più è necessario. Quando ho protestato per la mancata partenza, la responsabile degli imbarchi mi ha fatto vedere (dopo parecchie insistenze) una comunicazione del ministero: solo a casa, però, quando ricontrollo su internet, scopro che c'è un'altra parte della nota, che non mi ha fatto vedere. In questa parte, il ministero degli Esteri invita gli uffici competenti a dare la massima diffusione alla novità per evitare disagi alle famiglie: addirittura chiede, ove possibile, di individuare tutti i minori iscritti sui passaporti dei genitori e di contattare direttamente le famiglie per informarle delle nuove disposizioni. E sottolinea che è indispensabile che tutti gli uffici dove c'è un costante afflusso di pubblico dotino gli ambienti di appositi avvisi sulle novità.
E' evidente che - per incuria, incapacità, disorganizzazione o malafede - io non sono stata messa in grado di rispettare le nuove disposizioni. E che ho pagato per le mancanze di qualcun altro: della compagnia aerea, con la quale è impossibile parlare; della direttrice dell'aereoporto di Ciampino, che quando le ho chiesto di affiggere un avviso per evitare che nelle prossime settimane lo stesso problema capiti ad altri, mi ha risposto che lei non è autorizzata ad affiggere alcunché; della responsabile degli imbarchi, che ci ha trattato con maleducazione come spesso fa chi si compiace di poter esercitare con alterigia ed arroganza quel poco di potere che deriva dalla posizione.
Gentilissima invece è stata la polizia di frontiera, che si è fatta in quattro per assisterci, per spiegarci le nuove disposizioni e che ha persino giocato con i bambini fino a farli smettere di piangere.
Cordiali saluti,
Silvia Cavallo
(18 luglio 2012)
certo che siamo un paese da terzo mondo.... come si fa a cambiare normativa il 26 giugno, cioè quando l'affluenza di famiglie in vacanza è al massimo? e come si fa a non far passare gente coi bambini iscritti nel passaporto? cioè comunque già identificata e resa idonea all'espatrio dallo stesso funzionario che avrebbe firmato il passaporto individuale.... come si fa a non prevedere delle deroghe , un periodo di transizione in cui magari sono validi anche il lasciapassare e l'iscrizione coi genitori? per farsi una stramaledetta settimana di vacanza chissà quanti sacrifici e, si sa, i biglietti non usati li puoi solo buttare .... il solito mezzuccio per far soldi ....immagino in questo momento gli uffici passaporti delle questure saranno tutti pieni di pile di pratiche , funzionari incazzati , bambini urlanti e famiglie furibonde.... se non passiamo sempre, per qualsiasi minchiata, attraverso questi colli di bottiglie burocratiche non siamo contenti ...
Ma nessuno ha informato le famiglie
Dal 26 giugno, una circolare del ministero degli Esteri impone il documento di identità individuale per i bambini anche per i viaggi nella Ue. Un cambiamento che, nonostante le raccomandazioni della Farnesina, gli uffici competenti non hanno pubblicizzato. Rovinando le vacanze a centinaia di famiglie. La testimonianza di una lettrice
Lo leggo dopo
Gentile Direttore,
le scrivo in periodo di vacanze, nella speranza che la spiacevole esperienza capitata a me e ai miei bambini possa essere evitata ad altre famiglie. Si tratta di una questione alla quale forse non è stata data la dovuta pubblicità sui media.
L'11 luglio scorso sono stata bloccata all'aereoporto di Ciampino dove, come nei mesi passati, ero andata per prendere un volo per una destinazione europea insieme ai miei due figli, entrambi minori ed entrambi iscritti sul mio passaporto. I miei figli hanno un passaporto individuale ma questa volta era rimasto a casa, perché sapevamo che era necessario solo per i viaggi extra Ue.
Ed in effetti era proprio così. Però, dal 26 giugno scorso le regole sono cambiate. Una circolare del ministero degli Esteri ha comunicato agli uffici competenti (ministero dell'Interno) che, in ottemperanza a una raccomandazione dell'Unione Europea, dal 26 giugno ogni viaggiatore - anche minore - deve possedere un documento di viaggio individuale.
Confesso che la novità mi era sfuggita e che non ne ero al corrente. Come me - ho scoperto il giorno dopo in questura - moltissime altre famiglie: tutte bloccate in aereoporto, tra bambini piangenti e vacanze sfumate.
Tutte, come me, accusate - senza garbo e con arroganza - di ignorare la legge e di doverne pagare le conseguenze. E si tratta di un conto salato, com'è facile immaginare, tra prenotazioni alberghiere perse e biglietti aerei familiari da rifare.
Ma è davvero mia la colpa ? Vorrei fare un breve ragionamento.
Faccio il mio caso: aereoporto di Ciampino, dove partono quasi tutti voli Ryanair, per i quali il controllo dei passaporti avviene all'ultimo momento, direttamente all'imbarco. Di conseguenza, arrivo al gate e mi accorgo del problema all'ultimo momento.
Lì per lì mi trattano talmente male, che davvero penso che sia colpa mia, poi però mi ricordo che:
1. non ho ricevuto alcun avvertimento dalla compagnia aerea. Ma io ho acquistato i biglietti il 4 giugno, cioè prima ancora delle nuove disposizioni, e sul sito internet della compagnia aerea c'era scritto che si poteva viaggiare con il solo passaporto dei genitori. La compagnia aerea, tuttavia, non ritiene sia affar suo: loro non sono tenuti a dare informazioni sulle normative di sicurezza nazionale, e scaricano la responsabilità sulle autorità italiane.
2. non ho visto nessun avviso in aereoporto, da nessuna parte, che informasse delle nuove disposizioni. Nessuna informazione nel luogo in cui più è necessario. Quando ho protestato per la mancata partenza, la responsabile degli imbarchi mi ha fatto vedere (dopo parecchie insistenze) una comunicazione del ministero: solo a casa, però, quando ricontrollo su internet, scopro che c'è un'altra parte della nota, che non mi ha fatto vedere. In questa parte, il ministero degli Esteri invita gli uffici competenti a dare la massima diffusione alla novità per evitare disagi alle famiglie: addirittura chiede, ove possibile, di individuare tutti i minori iscritti sui passaporti dei genitori e di contattare direttamente le famiglie per informarle delle nuove disposizioni. E sottolinea che è indispensabile che tutti gli uffici dove c'è un costante afflusso di pubblico dotino gli ambienti di appositi avvisi sulle novità.
E' evidente che - per incuria, incapacità, disorganizzazione o malafede - io non sono stata messa in grado di rispettare le nuove disposizioni. E che ho pagato per le mancanze di qualcun altro: della compagnia aerea, con la quale è impossibile parlare; della direttrice dell'aereoporto di Ciampino, che quando le ho chiesto di affiggere un avviso per evitare che nelle prossime settimane lo stesso problema capiti ad altri, mi ha risposto che lei non è autorizzata ad affiggere alcunché; della responsabile degli imbarchi, che ci ha trattato con maleducazione come spesso fa chi si compiace di poter esercitare con alterigia ed arroganza quel poco di potere che deriva dalla posizione.
Gentilissima invece è stata la polizia di frontiera, che si è fatta in quattro per assisterci, per spiegarci le nuove disposizioni e che ha persino giocato con i bambini fino a farli smettere di piangere.
Cordiali saluti,
Silvia Cavallo
(18 luglio 2012)
certo che siamo un paese da terzo mondo.... come si fa a cambiare normativa il 26 giugno, cioè quando l'affluenza di famiglie in vacanza è al massimo? e come si fa a non far passare gente coi bambini iscritti nel passaporto? cioè comunque già identificata e resa idonea all'espatrio dallo stesso funzionario che avrebbe firmato il passaporto individuale.... come si fa a non prevedere delle deroghe , un periodo di transizione in cui magari sono validi anche il lasciapassare e l'iscrizione coi genitori? per farsi una stramaledetta settimana di vacanza chissà quanti sacrifici e, si sa, i biglietti non usati li puoi solo buttare .... il solito mezzuccio per far soldi ....immagino in questo momento gli uffici passaporti delle questure saranno tutti pieni di pile di pratiche , funzionari incazzati , bambini urlanti e famiglie furibonde.... se non passiamo sempre, per qualsiasi minchiata, attraverso questi colli di bottiglie burocratiche non siamo contenti ...
Re: Le contraddizioni di un paese chiamato Italia
Una volta dopo essere atterrato all'aeroporto di Heathrow-Londra ed essere uscito dall'area protetta, mi resi conto di aver dimenticato sull'aereo il bagaglio a mano. Ormai non potevo più rientrare e, sulla base di altre simili esperienze di "bagagli dispersi" in Italia, già facevo mente locale a quante cose avrei dovuto comprare o di cui avrei dovuto fare a meno durante la settimana di soggiorno in Uk.
Andai al banco informazioni già predisposto a riempire uno dei soliti moduli che avrebbero sortito un qualche effetto dopo almeno due-tre giorni (nel migliore dei casi), ma con mia sorpresa l'incaricato, dopo aver ascoltato il mio problema ed aver fatto una telefonata, mi ha pregato di aspettare per qualche minuto.
Dopo appena una decina di minuti un "signore in borghese col cappello in divisa" (come avrebbe detto Totò) comparve da una porta col mio bagaglio, che mi fu consegnato "sulla fiducia" dato che non avevo esibito alcuna prova di esserne il legittimo proprietario.
Fu allora che capii cosa vuol dire in pratica la "cultura del servizio" di cui ti parlano nelle aziende anglosassoni.
Andai al banco informazioni già predisposto a riempire uno dei soliti moduli che avrebbero sortito un qualche effetto dopo almeno due-tre giorni (nel migliore dei casi), ma con mia sorpresa l'incaricato, dopo aver ascoltato il mio problema ed aver fatto una telefonata, mi ha pregato di aspettare per qualche minuto.
Dopo appena una decina di minuti un "signore in borghese col cappello in divisa" (come avrebbe detto Totò) comparve da una porta col mio bagaglio, che mi fu consegnato "sulla fiducia" dato che non avevo esibito alcuna prova di esserne il legittimo proprietario.
Fu allora che capii cosa vuol dire in pratica la "cultura del servizio" di cui ti parlano nelle aziende anglosassoni.
Re: Le contraddizioni di un paese chiamato Italia
Un garage batte Pisapia
Sospesa a Milano l'Area C
L'Area C, la zona a traffico limitato nel centro di Milano
Il Consiglio di Stato accoglie
il ricorso di un'autorimessa
LUCA ROSSI
MILANO
Milano, si cambia. Spente le telecamere all’interno della cerchia dei Bastioni. Da oggi l’Area C, la zona a traffico limitato del centro con ingresso a pagamento per le auto, verrà sospesa. La decisione è stata presa dal Consiglio di Stato. Che, stando a quanto rivela in una nota il Comune di Milano, ha dato ragione al ricorso proposto da Mediolanum Parking Srl, un’autorimessa che ha sede nel cuore della metropoli meneghina, con un’ordinanza depositata ieri. Mentre il Tar Lombardia, il 6 giugno scorso, aveva rigettato l’istanza della stessa società per la sospensione di Area C.
Cosa cambia per gli automobilisti che arriveranno all’ombra della Madonnina e che dovevano pagare il biglietto di ingresso? Era prevista una sospensione per il mese di agosto, ma a questo punto il ticket per il centro di Milano che arrivava a costare fino a cinque euro, entrato in vigore il 16 gennaio 2012, dovrebbe essere sospeso almeno fino alla metà di settembre.
«Il Consiglio di Stato, ravvisando un pericolo per l’interesse economico di Mediolanum Parking, ha sospeso cautelativamente il provvedimento. Ora - spiega Palazzo Marino - toccherà al Tar della Lombardia fissare l’udienza di merito». Per effetto di questa decisione del secondo grado della giustizia amministrativa, il Comune informa che a partire da oggi il provvedimento Area C è sospeso.
«Rispettiamo l’ordinanza del Consiglio di Stato, che comunque contraddice numerose decisioni del Tar Lombardia che si era espresso in modo inequivocabile respingendo tutte le richieste di sospensiva presentate. Siamo certi che Area C – rivela l’Assessore alla mobilità Pierfrancesco Maran - sarà confermata dall’udienza di merito che auspichiamo possa essere fissata nel più breve tempo possibile. Area C in sei mesi ha ridotto il traffico del 34% nel centro città, il numero degli incidenti e ha consentito ai milanesi di respirare meno sostanze velenose. Ha quindi avuto un innegabile impatto positivo per la qualità della vita di tutti. Oggi registriamo con rispetto ma anche preoccupazione che in un’aula giudiziaria è stato ipotizzato il danno subito da un parcheggio privato e questo blocca un provvedimento utile a tutti i milanesi».
«Siamo sconcertati dalla decisione del Consiglio di Stato che affossa tutti i precedenti pronunciamenti del Tar Lombardia», attacca Legambiente. «Ci pare paradossale e inaudito - dichiara Damiano Di Simine, presidente dell’associazione ambientalista in Lombardia - che con una sentenza venga fatto prevalere l’interesse di un singolo operatore su quello di una intera città: ora ci auguriamo che vengano trovate soluzioni per impedire che la sentenza cancelli i risultati della congestion charge, perché ciò determinerebbe un gravissimo arretramento sul fronte del governo della mobilità urbana. Di una cosa siamo certi: non vogliamo tornare ad essere ostaggi di traffico e smog».
com'è la storia ????? di chi sarà mai questa mediolanum parking srl ?
Sospesa a Milano l'Area C
L'Area C, la zona a traffico limitato nel centro di Milano
Il Consiglio di Stato accoglie
il ricorso di un'autorimessa
LUCA ROSSI
MILANO
Milano, si cambia. Spente le telecamere all’interno della cerchia dei Bastioni. Da oggi l’Area C, la zona a traffico limitato del centro con ingresso a pagamento per le auto, verrà sospesa. La decisione è stata presa dal Consiglio di Stato. Che, stando a quanto rivela in una nota il Comune di Milano, ha dato ragione al ricorso proposto da Mediolanum Parking Srl, un’autorimessa che ha sede nel cuore della metropoli meneghina, con un’ordinanza depositata ieri. Mentre il Tar Lombardia, il 6 giugno scorso, aveva rigettato l’istanza della stessa società per la sospensione di Area C.
Cosa cambia per gli automobilisti che arriveranno all’ombra della Madonnina e che dovevano pagare il biglietto di ingresso? Era prevista una sospensione per il mese di agosto, ma a questo punto il ticket per il centro di Milano che arrivava a costare fino a cinque euro, entrato in vigore il 16 gennaio 2012, dovrebbe essere sospeso almeno fino alla metà di settembre.
«Il Consiglio di Stato, ravvisando un pericolo per l’interesse economico di Mediolanum Parking, ha sospeso cautelativamente il provvedimento. Ora - spiega Palazzo Marino - toccherà al Tar della Lombardia fissare l’udienza di merito». Per effetto di questa decisione del secondo grado della giustizia amministrativa, il Comune informa che a partire da oggi il provvedimento Area C è sospeso.
«Rispettiamo l’ordinanza del Consiglio di Stato, che comunque contraddice numerose decisioni del Tar Lombardia che si era espresso in modo inequivocabile respingendo tutte le richieste di sospensiva presentate. Siamo certi che Area C – rivela l’Assessore alla mobilità Pierfrancesco Maran - sarà confermata dall’udienza di merito che auspichiamo possa essere fissata nel più breve tempo possibile. Area C in sei mesi ha ridotto il traffico del 34% nel centro città, il numero degli incidenti e ha consentito ai milanesi di respirare meno sostanze velenose. Ha quindi avuto un innegabile impatto positivo per la qualità della vita di tutti. Oggi registriamo con rispetto ma anche preoccupazione che in un’aula giudiziaria è stato ipotizzato il danno subito da un parcheggio privato e questo blocca un provvedimento utile a tutti i milanesi».
«Siamo sconcertati dalla decisione del Consiglio di Stato che affossa tutti i precedenti pronunciamenti del Tar Lombardia», attacca Legambiente. «Ci pare paradossale e inaudito - dichiara Damiano Di Simine, presidente dell’associazione ambientalista in Lombardia - che con una sentenza venga fatto prevalere l’interesse di un singolo operatore su quello di una intera città: ora ci auguriamo che vengano trovate soluzioni per impedire che la sentenza cancelli i risultati della congestion charge, perché ciò determinerebbe un gravissimo arretramento sul fronte del governo della mobilità urbana. Di una cosa siamo certi: non vogliamo tornare ad essere ostaggi di traffico e smog».
com'è la storia ????? di chi sarà mai questa mediolanum parking srl ?
Re: Le contraddizioni di un paese chiamato Italia
Mediolanum... mediolanum... questo nome non mi è nuovo...Amadeus ha scritto: com'è la storia ????? di chi sarà mai questa mediolanum parking srl ?
Re: Le contraddizioni di un paese chiamato Italia
http://www.corriere.it/inchieste/report ... 95b5.shtml
Vivara, il paradiso da 1 milione e mezzo chiuso al pubblico
L'isolotto di fronte a Procida, di proprietà di una Fondazione, è dal 2002 una riserva naturale. Dovrebbe essere aperta al pubblico e l'Ente che la gestisce riceve dal ministero dell'Ambiente dei fondi che dovrebbero essere investiti in attività di promozione. Sono passati dieci anni, ma Vivara è ancora inaccessibile. - Davide Fonda e Carlotta Vandini
Vivara è una piccola isola situata di fronte a Procida. Uno dei pochi luoghi incontaminati della costa partenopea, è inaccessibile da quando nel 2002 è stata dichiarata riserva naturale. La legge istitutiva dice che deve essere gestita da un Comitato, presieduto oggi dal noto imprenditore delle cravatte Maurizio Marinella.
Il Ministero eroga da allora 150.000 euro l'anno a questo ente per aprire al pubblico la riserva e avviarne attività di promozione. Eppure cittadini, associazioni e ricercatori non possono ancora metterci piede. Questo perché interessi individuali e inghippi burocratici ne impediscono l'apertura. Ma il presidente Marinella promette: «Dall'anno prossimo il paradiso sarà aperto a tutti».
Quando lo vedremo, ci crederemo.
Davide Fonda e Carlotta Vandini
29 luglio 2012(ultima modifica: 30 luglio 2012 | 11:02)
Vivara, il paradiso da 1 milione e mezzo chiuso al pubblico
L'isolotto di fronte a Procida, di proprietà di una Fondazione, è dal 2002 una riserva naturale. Dovrebbe essere aperta al pubblico e l'Ente che la gestisce riceve dal ministero dell'Ambiente dei fondi che dovrebbero essere investiti in attività di promozione. Sono passati dieci anni, ma Vivara è ancora inaccessibile. - Davide Fonda e Carlotta Vandini
Vivara è una piccola isola situata di fronte a Procida. Uno dei pochi luoghi incontaminati della costa partenopea, è inaccessibile da quando nel 2002 è stata dichiarata riserva naturale. La legge istitutiva dice che deve essere gestita da un Comitato, presieduto oggi dal noto imprenditore delle cravatte Maurizio Marinella.
Il Ministero eroga da allora 150.000 euro l'anno a questo ente per aprire al pubblico la riserva e avviarne attività di promozione. Eppure cittadini, associazioni e ricercatori non possono ancora metterci piede. Questo perché interessi individuali e inghippi burocratici ne impediscono l'apertura. Ma il presidente Marinella promette: «Dall'anno prossimo il paradiso sarà aperto a tutti».
Quando lo vedremo, ci crederemo.
Davide Fonda e Carlotta Vandini
29 luglio 2012(ultima modifica: 30 luglio 2012 | 11:02)
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