quo vadis PD ????
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Re: quo vadis PD ????
Mi auguro che le future alleanze del pd siano coerenti con la vocazione e l’identita di centosinistra del partito e con la sua attenzione fondamentale ai temi sociali. Una piattaforma politica coerente soltanto con l’impostazione del governo Monti non corrisponderebbe alla giusta battaglia che abbiamo condotto e che stiamo proseguendo per modificare nel senso dell’equita’ l’ultima riforma delle pensioni e per garantire maggiori risorse per migliorare gli ammortizzatori sociali.
Pubblicato il lunedì, 5 marzo 2012 da Cesare Damiano
http://cesaredamiano.wordpress.com/2012 ... rno-monti/
Pubblicato il lunedì, 5 marzo 2012 da Cesare Damiano
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Re: quo vadis PD ????
«Una nuova generazione
per la costruzione del Pd»
Di Alfredo Reichlin
6 marzo 2012
Come è naturale che sia, le primarie riservano sorprese.
Ma sbaglia sia chi non le accetta e sia chi le usa per mettere in crisi il Partito democratico.
Cos’è il Pd?
Io penso che sia ancora un partito in formazione che si sforza (o dovrebbe sforzarsi) di collocarsi su un terreno nuovo e più avanzato rispetto a vecchi giochi.
Che cosa voglio dire?
Voglio dire che - a parte il fatto che delle 122 elezioni svoltesi dal 2008 al 2011 novantasei sono state vinte dal candidato ufficiale del Pd –
a me sembra che i Pisapia, i Doria e gli Zedda (non conosco il palermitano Fabrizio Ferrandelli) siano la conferma del tipo di classe dirigente nuova che questo partito deve avere.
Il fatto vero è che stanno scomparendo i vecchi nomi e i vecchi schieramenti.
Sbaglierò, ma questo è il punto su cui riflettere.
Come può procedere la costruzione del Pd senza l’avvento di una nuova classe dirigente?
La quale oggi non può che partire dalla consapevolezza che nel mondo reale stanno avvenendo cose che toccano come mai il destino dei popoli e - insieme - la nuda vita delle persone.
Per cui le parole (e anche certe facce) non corrispondono più alle cose.
Il solo modo che io ho per partecipare ai travagli del Partito democratico è dare una mano a chi sia disposto a impegnarsi in una simile impresa.
Se questo qualcuno esiste, faccia quello che crede ma sappia qual’è il suo banco di prova.
La condizione preliminare è avere in sé il senso della grandezza del problema che in questo aspro passaggio storico chiama un partito come il Pd a farsi protagonista e al tempo stesso sfida la sua anima più profonda (se essa esiste).
Una difficile sfida perché la democrazia politica non ha futuro se non si misura con i problemi di qualcosa che non è una crisi congiunturale dell’economia ma un drammatico vuoto di governabilità del mondo (siamo al punto che nelle prossime settimane può perfino scoppiare un’altra guerra nel Medio Oriente) creato dal fallimento dell’ordine politico-economico che ci ha governato negli ultimi decenni.
Con le conseguenze che vediamo.
Una alluvione di economia di carta e un enorme «casinò» finanziario (senza alcuna regolazione politica) che si sta mangiando l’economia reale.
E con il seguito di abissali ingiustizie che ci gridano in faccia e che stanno distruggendo i legami sociali, alimentando la violenza.
Leggo l’ennesimo attacco ai partiti sul Corriere della Sera firmato questa volta da Michele Salvati.
Il professore non ha visto nulla di tutto questo.
Se la prende con i partiti ridotti come sono stati ridotti dalla potenza di ben altri poteri.
È uno spettacolo triste.
Per fortuna io avverto un nuovo fermento soprattutto nelle leve intellettuali più giovani.
Noto un proliferare di scritti, incontri, dibattiti e perfino un certo disprezzo per le vecchie idee di quelli che Keynes chiamava gli «economisti defunti», i quali ancora gravano «come un incubo» sulle nostre menti.
Io di ciò sono molto contento.
Vorrei però richiamare l’attenzione dei giovani amici sul fatto che il problema non è solo culturale.
La sfida vera è come questo risveglio si traduce in una grande idea politica.
In una nuova proposta per l’Italia.
E soprattutto come si incarna in una forza a vocazione maggioritaria.
Direi di fare molta attenzione.
La traduzione politica di questo fermento non può ridursi alla formazione di una corrente più radicale.
Deve tendere a dare un fondamento più largo a un partito il cui profilo deve più che mai restare democratico e popolare.
Il Pd dovrebbe essere sempre meno elettoralistico ed elitario ma più inclusivo, andando oltre i vecchi confini della sinistra, più partito della nazione e protagonista al tempo stesso della politica europea.
Insomma non più a sinistra o più a destra ma più saldamente collocato là dove è il centro del conflitto, il quale non è solo nazionale.
Quale grande riforma e nuovo patto sociale può governare l’Europa dopo il fallimento dell’attuale oligarchia finanziaria?
Questo è il vero interrogativo che dovrebbero porsi anche i professori.
So anch’io che la politica è concretezza e capacità di gestire l’esistente.
Ma la verità è che la politica non può ridursi né a un sottoprodotto dell’economia né al populismo di un miliardario che l’ha usata come maschera del suo potere personale.
Come non si capisce che la condizione perché l’Europa torni protagonista della scena mondiale e riacquisti la padronanza del suo destino è la restaurazione della sovranità delle istituzioni politiche?
Non basta la Banca centrale.
Il problema è la democrazia.
E la democrazia - lo si vede nella ferocia dell’attacco quotidiano al Pd - non è «un pranzo di gala».
Non è solo la libertà di voto ma la lotta per l’uguaglianza e per la dignità del lavoro.
È lo strumento - ecco il punto che tanto preoccupa - senza il quale le classi subalterne non solo contano poco ma le grandi decisioni continua a prenderle solo l’oligarchia che poi in Italia è sempre quella.
Non si gioca con il Partito democratico.
Piaccia o no, siamo un bisogno nazionale.
E ciò per la semplice ragione che l’aver salvato l’Italia dalla bancarotta grazie anche al buon governo dei tecnici non cancella ma riporta all’ordine del giorno il problema irrisolto che sta alla base di ogni ipotesi di sviluppo della nazione.
Questa condizione è la riorganizzazione delle risorse umane e creative creando un rapporto meno belluino e più cooperativo tra economia, società e Stato.
Tra l’antica sapienza del multiforme lavoro italiano e lo sviluppo del Paese.
Del resto su che cosa si fonda la attuale prosperità della Germania se non su due grandissime decisioni prese dalla politica e non dai mercati?
La prima è stata l’unificazione in pochi anni di una regione come l’Est grande come il nostro Mezzogiorno il quale invece resta da 150 anni una piaga purulenta.
La seconda è la più o meno tacita intesa per un grande patto sociale tra operai e industriali che è alla base della eccellenza produttiva della Germania.
Cose addirittura impensabili per la classe dirigente italiana.
Tra poco più di un anno si vota.
Il Pd cosa dice agli elettori?
Si divide tra chi è per Monti e chi è contro?
Eviterei questo suicidio.
Alzerei invece di molto la voce per dire che siamo di fronte al riproporsi, sia pure in forme molto diverse, di quel dilemma drammatico che si presentò al mondo negli anni ’30 del secolo scorso, quando la grande crisi del ’29 - conseguente anche allora dalla rottura di un ordine politico-economico mondiale - impose una grande scelta.
Da un lato alcuni Paesi avviarono un nuovo tipo di sviluppo basato su un compromesso sociale democratico (le socialdemocrazie classiche ma anche Roosevelt e il new deal).
Dall’altro lato ci fu l’avvento in altri Paesi di regimi di massa autoritari.
Oggi non siamo a questo.
C’è però qualcosa che richiama alla mente quel famoso giudizio di Gramsci su un altro momento torbido della storia d’Italia, quello in cui
«il vecchio non può più ma il nuovo non può ancora».
Ecco perché mi interessa tanto l’avvento nel Pd di una nuova generazione.
Guardiamo avanti.
I risultati delle primarie si accettano.
Non serve a nessuno una rissa a Palermo sul tipo di quella che ci fu a Napoli.
http://www.unita.it/italia/una-nuova-ge ... 693?page=1
per la costruzione del Pd»
Di Alfredo Reichlin
6 marzo 2012
Come è naturale che sia, le primarie riservano sorprese.
Ma sbaglia sia chi non le accetta e sia chi le usa per mettere in crisi il Partito democratico.
Cos’è il Pd?
Io penso che sia ancora un partito in formazione che si sforza (o dovrebbe sforzarsi) di collocarsi su un terreno nuovo e più avanzato rispetto a vecchi giochi.
Che cosa voglio dire?
Voglio dire che - a parte il fatto che delle 122 elezioni svoltesi dal 2008 al 2011 novantasei sono state vinte dal candidato ufficiale del Pd –
a me sembra che i Pisapia, i Doria e gli Zedda (non conosco il palermitano Fabrizio Ferrandelli) siano la conferma del tipo di classe dirigente nuova che questo partito deve avere.
Il fatto vero è che stanno scomparendo i vecchi nomi e i vecchi schieramenti.
Sbaglierò, ma questo è il punto su cui riflettere.
Come può procedere la costruzione del Pd senza l’avvento di una nuova classe dirigente?
La quale oggi non può che partire dalla consapevolezza che nel mondo reale stanno avvenendo cose che toccano come mai il destino dei popoli e - insieme - la nuda vita delle persone.
Per cui le parole (e anche certe facce) non corrispondono più alle cose.
Il solo modo che io ho per partecipare ai travagli del Partito democratico è dare una mano a chi sia disposto a impegnarsi in una simile impresa.
Se questo qualcuno esiste, faccia quello che crede ma sappia qual’è il suo banco di prova.
La condizione preliminare è avere in sé il senso della grandezza del problema che in questo aspro passaggio storico chiama un partito come il Pd a farsi protagonista e al tempo stesso sfida la sua anima più profonda (se essa esiste).
Una difficile sfida perché la democrazia politica non ha futuro se non si misura con i problemi di qualcosa che non è una crisi congiunturale dell’economia ma un drammatico vuoto di governabilità del mondo (siamo al punto che nelle prossime settimane può perfino scoppiare un’altra guerra nel Medio Oriente) creato dal fallimento dell’ordine politico-economico che ci ha governato negli ultimi decenni.
Con le conseguenze che vediamo.
Una alluvione di economia di carta e un enorme «casinò» finanziario (senza alcuna regolazione politica) che si sta mangiando l’economia reale.
E con il seguito di abissali ingiustizie che ci gridano in faccia e che stanno distruggendo i legami sociali, alimentando la violenza.
Leggo l’ennesimo attacco ai partiti sul Corriere della Sera firmato questa volta da Michele Salvati.
Il professore non ha visto nulla di tutto questo.
Se la prende con i partiti ridotti come sono stati ridotti dalla potenza di ben altri poteri.
È uno spettacolo triste.
Per fortuna io avverto un nuovo fermento soprattutto nelle leve intellettuali più giovani.
Noto un proliferare di scritti, incontri, dibattiti e perfino un certo disprezzo per le vecchie idee di quelli che Keynes chiamava gli «economisti defunti», i quali ancora gravano «come un incubo» sulle nostre menti.
Io di ciò sono molto contento.
Vorrei però richiamare l’attenzione dei giovani amici sul fatto che il problema non è solo culturale.
La sfida vera è come questo risveglio si traduce in una grande idea politica.
In una nuova proposta per l’Italia.
E soprattutto come si incarna in una forza a vocazione maggioritaria.
Direi di fare molta attenzione.
La traduzione politica di questo fermento non può ridursi alla formazione di una corrente più radicale.
Deve tendere a dare un fondamento più largo a un partito il cui profilo deve più che mai restare democratico e popolare.
Il Pd dovrebbe essere sempre meno elettoralistico ed elitario ma più inclusivo, andando oltre i vecchi confini della sinistra, più partito della nazione e protagonista al tempo stesso della politica europea.
Insomma non più a sinistra o più a destra ma più saldamente collocato là dove è il centro del conflitto, il quale non è solo nazionale.
Quale grande riforma e nuovo patto sociale può governare l’Europa dopo il fallimento dell’attuale oligarchia finanziaria?
Questo è il vero interrogativo che dovrebbero porsi anche i professori.
So anch’io che la politica è concretezza e capacità di gestire l’esistente.
Ma la verità è che la politica non può ridursi né a un sottoprodotto dell’economia né al populismo di un miliardario che l’ha usata come maschera del suo potere personale.
Come non si capisce che la condizione perché l’Europa torni protagonista della scena mondiale e riacquisti la padronanza del suo destino è la restaurazione della sovranità delle istituzioni politiche?
Non basta la Banca centrale.
Il problema è la democrazia.
E la democrazia - lo si vede nella ferocia dell’attacco quotidiano al Pd - non è «un pranzo di gala».
Non è solo la libertà di voto ma la lotta per l’uguaglianza e per la dignità del lavoro.
È lo strumento - ecco il punto che tanto preoccupa - senza il quale le classi subalterne non solo contano poco ma le grandi decisioni continua a prenderle solo l’oligarchia che poi in Italia è sempre quella.
Non si gioca con il Partito democratico.
Piaccia o no, siamo un bisogno nazionale.
E ciò per la semplice ragione che l’aver salvato l’Italia dalla bancarotta grazie anche al buon governo dei tecnici non cancella ma riporta all’ordine del giorno il problema irrisolto che sta alla base di ogni ipotesi di sviluppo della nazione.
Questa condizione è la riorganizzazione delle risorse umane e creative creando un rapporto meno belluino e più cooperativo tra economia, società e Stato.
Tra l’antica sapienza del multiforme lavoro italiano e lo sviluppo del Paese.
Del resto su che cosa si fonda la attuale prosperità della Germania se non su due grandissime decisioni prese dalla politica e non dai mercati?
La prima è stata l’unificazione in pochi anni di una regione come l’Est grande come il nostro Mezzogiorno il quale invece resta da 150 anni una piaga purulenta.
La seconda è la più o meno tacita intesa per un grande patto sociale tra operai e industriali che è alla base della eccellenza produttiva della Germania.
Cose addirittura impensabili per la classe dirigente italiana.
Tra poco più di un anno si vota.
Il Pd cosa dice agli elettori?
Si divide tra chi è per Monti e chi è contro?
Eviterei questo suicidio.
Alzerei invece di molto la voce per dire che siamo di fronte al riproporsi, sia pure in forme molto diverse, di quel dilemma drammatico che si presentò al mondo negli anni ’30 del secolo scorso, quando la grande crisi del ’29 - conseguente anche allora dalla rottura di un ordine politico-economico mondiale - impose una grande scelta.
Da un lato alcuni Paesi avviarono un nuovo tipo di sviluppo basato su un compromesso sociale democratico (le socialdemocrazie classiche ma anche Roosevelt e il new deal).
Dall’altro lato ci fu l’avvento in altri Paesi di regimi di massa autoritari.
Oggi non siamo a questo.
C’è però qualcosa che richiama alla mente quel famoso giudizio di Gramsci su un altro momento torbido della storia d’Italia, quello in cui
«il vecchio non può più ma il nuovo non può ancora».
Ecco perché mi interessa tanto l’avvento nel Pd di una nuova generazione.
Guardiamo avanti.
I risultati delle primarie si accettano.
Non serve a nessuno una rissa a Palermo sul tipo di quella che ci fu a Napoli.
http://www.unita.it/italia/una-nuova-ge ... 693?page=1
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Re: quo vadis PD ????
Trovo giusto il sistema delle primarie.L'inportante che si affermi una persona che sia collocata nel centrosinistra.
Troverei giusto che fosse anche applicato alle elezioni politiche lo stesso metodo.
Ciao
Paolo11
Troverei giusto che fosse anche applicato alle elezioni politiche lo stesso metodo.
Ciao
Paolo11
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Re: quo vadis PD ????
Da :
http://www.unita.it/italia/la-botta-di- ... 679?page=1
“…omissis…è
Enrico Letta
a dare il via al fuoco anti-Vasto, commentando che l’alleanza
«solo con Sel e Idv è un accordo del passato»
e che quindi va messa da parte,
«come tutto ciò che è venuto prima del governo Monti».
Che siano altri a utilizzare il voto di Palermo per definire «cancellata» la ormai famosa foto di Vasto (da Follini a un ex-popolare come D’Ubaldo a un veltroniano come Ceccanti) passi.
Ma quando vede che è lo stesso vicesegretario a mettere in discussione e (dal suo punto di vista) deformare la linea sostenuta fin qui,
Bersani
non nasconde la sua irritazione:
«Non so cosa c’entri la foto di Vasto con Palermo»,
risponde a chi gli riporta le parole di Letta.
Al leader del Pd l’uscita del suo vice non è piaciuta per due motivi:
perché il vicesegretario «sa bene» che sul piano nazionale l’obiettivo non è un’alleanza
«solo con Sel e Idv»
(«io voglio un centrosinistra che si rivolga alle forze civiche e moderate per preparare una vera alternativa alla destra»)
e perché rompere ora con Nichi Vendola e Antonio Di Pietro
(che hanno sostenuto Borsellino)
significa non solo mettere una pesante ipoteca sulle amministrative di primavera
(su cui Bersani punta per dimostrare la forza del suo progetto)
ma anche mettere a rischio le stesse giunte che oggi a Bologna, Milano, Napoli e in tanti altri posti governano col sostegno di una maggioranza di centrosinistra.
------------------------------------------------------------------------------------------------------
Questa posizione di Letta dimostra in tutto e per tutto quanto meschino sia l’omuncolo dei pizzini allungati in eurovisione a Mario Monti e quanto meschina sia la fairy band che gli sta dietro.
Intanto perché nel momento delle straordinarie vittorie di Milano ,Napoli ,Cagliari ecc…ecc.. in cui fu proprio un’alleanza con SEL ed IDV il fattore determinate lui se ne rimase muto come un pesce sega e quanto invece furono intelligenti quella della corrente di sinistra del PD che di quelle vittorie gioirono e basta senza usarle come una clava contro i “Modem”.
Inoltre, portare ad esempio Palermo per chiedere una rottura dell’alleanza con SEL e IDV dimostra anche una ignoranza e una cecità politica senza pari.
Perché la Sicilia non è certo una regione in cui il PD abbia molti seguaci,anzi,se non erro deve essere la regione in cui raccoglie percentuali di voto imbarazzanti per la loro minuscola dimensione.
Quello che invece andrebbe valutato e che spero vivamente che il PD sia in grado di fare,
è valutare quello che comporterebbe una rottura dell’alleanza con SEL e IDv nelle sua base in quelle regioni che hanno da sempre rappresentato lo zoccolo duro dell’elettorato PD:
Emilia/Romagna –Toscana-Umbria-Marche.
Una base elettorale che in massima parte è formata da persone che vengono dal vecchio PCI.
Che penso potrebbero accettare, in questo momento, di includere nell’alleanza di csx classica anche l’UDC,
ma che non penso proprio accetterebbero mai di mettersi con l’UDC escludendo SEL ed IDV.
Non sono certo in grado di quantificare di che dimensioni sarebbe l’esodo di elettori che abbandonerebbe il PD ,ma certo sarebbe una percentuale importante.
Se le tesi di questa fairy band di irresponsabili che fa capo a Letta e Veltroni dovessero prender il sopravvento all’interno del PD, temo che il PD si ridurrebbe a percentuali di voto da lacrime agli occhi .
http://www.unita.it/italia/la-botta-di- ... 679?page=1
“…omissis…è
Enrico Letta
a dare il via al fuoco anti-Vasto, commentando che l’alleanza
«solo con Sel e Idv è un accordo del passato»
e che quindi va messa da parte,
«come tutto ciò che è venuto prima del governo Monti».
Che siano altri a utilizzare il voto di Palermo per definire «cancellata» la ormai famosa foto di Vasto (da Follini a un ex-popolare come D’Ubaldo a un veltroniano come Ceccanti) passi.
Ma quando vede che è lo stesso vicesegretario a mettere in discussione e (dal suo punto di vista) deformare la linea sostenuta fin qui,
Bersani
non nasconde la sua irritazione:
«Non so cosa c’entri la foto di Vasto con Palermo»,
risponde a chi gli riporta le parole di Letta.
Al leader del Pd l’uscita del suo vice non è piaciuta per due motivi:
perché il vicesegretario «sa bene» che sul piano nazionale l’obiettivo non è un’alleanza
«solo con Sel e Idv»
(«io voglio un centrosinistra che si rivolga alle forze civiche e moderate per preparare una vera alternativa alla destra»)
e perché rompere ora con Nichi Vendola e Antonio Di Pietro
(che hanno sostenuto Borsellino)
significa non solo mettere una pesante ipoteca sulle amministrative di primavera
(su cui Bersani punta per dimostrare la forza del suo progetto)
ma anche mettere a rischio le stesse giunte che oggi a Bologna, Milano, Napoli e in tanti altri posti governano col sostegno di una maggioranza di centrosinistra.
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Questa posizione di Letta dimostra in tutto e per tutto quanto meschino sia l’omuncolo dei pizzini allungati in eurovisione a Mario Monti e quanto meschina sia la fairy band che gli sta dietro.
Intanto perché nel momento delle straordinarie vittorie di Milano ,Napoli ,Cagliari ecc…ecc.. in cui fu proprio un’alleanza con SEL ed IDV il fattore determinate lui se ne rimase muto come un pesce sega e quanto invece furono intelligenti quella della corrente di sinistra del PD che di quelle vittorie gioirono e basta senza usarle come una clava contro i “Modem”.
Inoltre, portare ad esempio Palermo per chiedere una rottura dell’alleanza con SEL e IDV dimostra anche una ignoranza e una cecità politica senza pari.
Perché la Sicilia non è certo una regione in cui il PD abbia molti seguaci,anzi,se non erro deve essere la regione in cui raccoglie percentuali di voto imbarazzanti per la loro minuscola dimensione.
Quello che invece andrebbe valutato e che spero vivamente che il PD sia in grado di fare,
è valutare quello che comporterebbe una rottura dell’alleanza con SEL e IDv nelle sua base in quelle regioni che hanno da sempre rappresentato lo zoccolo duro dell’elettorato PD:
Emilia/Romagna –Toscana-Umbria-Marche.
Una base elettorale che in massima parte è formata da persone che vengono dal vecchio PCI.
Che penso potrebbero accettare, in questo momento, di includere nell’alleanza di csx classica anche l’UDC,
ma che non penso proprio accetterebbero mai di mettersi con l’UDC escludendo SEL ed IDV.
Non sono certo in grado di quantificare di che dimensioni sarebbe l’esodo di elettori che abbandonerebbe il PD ,ma certo sarebbe una percentuale importante.
Se le tesi di questa fairy band di irresponsabili che fa capo a Letta e Veltroni dovessero prender il sopravvento all’interno del PD, temo che il PD si ridurrebbe a percentuali di voto da lacrime agli occhi .
Re: quo vadis PD ????
IL CASO
Manifestazione Fiom, il Pd non partecipa
Fassina: "Con i No tav corteo cambia segno"
Non ci saranno esponenti del Partito democratico all'iniziativa del 9 marzo, a Roma, in piazza San Giovanni. La decisione annunciata dalla segreteria dopo l'incontro con Fassina, uno degli esponenti che erano intenzionati a partecipare. Alla base del dietrofront, la presenza sul palco di esponenti contrari all'alta velocità
ROMA - Non ci saranno esponenti del Pd alla manifestazione della Fiom in programma il 9 marzo a Roma, in piazza San Giovanni. La decisione è stata presa dalla segreteria dopo un incontro con il responsabile economico del partito, Stefano Fassina, che nei giorni scorsi aveva detto di voler partecipare (insieme a Matteo Orfini e Nicola Latorre). Decisivo, per il dietrofront, il fattore No Tav cioè la presenza sul palco di rappresentanti del fronte contrario all'Alta velocità. Lo stesso Fassina, parlando con i giornalisti, ha detto: "Pur condividendo alcuni punti di fondo della piattaforma, non andrò perché il corteo ha cambiato segno anche per l'annunciata adesione dei no Tav".
La segreteria del Pd spiega che "la piattaforma della Fiom per il 9 marzo non è contro il governo Monti ma coglie aspetti centrali delle rivendicazioni che lo stesso pd sostiene. Primo fra tutti il tema della democrazia sindacale, reso particolarmente acuto dal caso 'fiat'. La manifestazione - si aggiunge - sta però assumendo un significato diverso dalla iniziale piattaforma - tutta centrata sul lavoro - con il sostegno che la Fiom ha dato fin dall'inizio alla battaglia dei no tav, una posizione che stride con l'orientamento maggioritario dei democratici.
In realtà da settimane, prima ancora che riesplodesse il caso Tav, nel partito c'è polemica sulla partecipazione all'iniziativa sindacale. I cosiddetti 'montiani' del Pd hanno sempre definito la manifestazione incompatibile con l'appoggio
al governo che il partito assicura in Parlamento.
Un pieno sostegno alla manifestazione della Fiom arriva invece dal leader dell'Italia dei valori, Antonio Di Pietro che scrive ai metalmeccanici: "Cari amici e amiche, purtroppo un piccolo problema di salute mi impedisce di essere fisicamente lì con voi il 9 marzo. Ma moralmente sarò in prima fila per portarvi la mia solidarietà e quella di tutta l'Italia dei valori. Le vostre ragioni sono chiare, forti e da noi profondamente condivise. Con la democrazia non si scherza, e oggi, la Fiat si pone, di fatto, al di fuori delle regole democratiche".
(06 marzo 2012)
Manifestazione Fiom, il Pd non partecipa
Fassina: "Con i No tav corteo cambia segno"
Non ci saranno esponenti del Partito democratico all'iniziativa del 9 marzo, a Roma, in piazza San Giovanni. La decisione annunciata dalla segreteria dopo l'incontro con Fassina, uno degli esponenti che erano intenzionati a partecipare. Alla base del dietrofront, la presenza sul palco di esponenti contrari all'alta velocità
ROMA - Non ci saranno esponenti del Pd alla manifestazione della Fiom in programma il 9 marzo a Roma, in piazza San Giovanni. La decisione è stata presa dalla segreteria dopo un incontro con il responsabile economico del partito, Stefano Fassina, che nei giorni scorsi aveva detto di voler partecipare (insieme a Matteo Orfini e Nicola Latorre). Decisivo, per il dietrofront, il fattore No Tav cioè la presenza sul palco di rappresentanti del fronte contrario all'Alta velocità. Lo stesso Fassina, parlando con i giornalisti, ha detto: "Pur condividendo alcuni punti di fondo della piattaforma, non andrò perché il corteo ha cambiato segno anche per l'annunciata adesione dei no Tav".
La segreteria del Pd spiega che "la piattaforma della Fiom per il 9 marzo non è contro il governo Monti ma coglie aspetti centrali delle rivendicazioni che lo stesso pd sostiene. Primo fra tutti il tema della democrazia sindacale, reso particolarmente acuto dal caso 'fiat'. La manifestazione - si aggiunge - sta però assumendo un significato diverso dalla iniziale piattaforma - tutta centrata sul lavoro - con il sostegno che la Fiom ha dato fin dall'inizio alla battaglia dei no tav, una posizione che stride con l'orientamento maggioritario dei democratici.
In realtà da settimane, prima ancora che riesplodesse il caso Tav, nel partito c'è polemica sulla partecipazione all'iniziativa sindacale. I cosiddetti 'montiani' del Pd hanno sempre definito la manifestazione incompatibile con l'appoggio
al governo che il partito assicura in Parlamento.
Un pieno sostegno alla manifestazione della Fiom arriva invece dal leader dell'Italia dei valori, Antonio Di Pietro che scrive ai metalmeccanici: "Cari amici e amiche, purtroppo un piccolo problema di salute mi impedisce di essere fisicamente lì con voi il 9 marzo. Ma moralmente sarò in prima fila per portarvi la mia solidarietà e quella di tutta l'Italia dei valori. Le vostre ragioni sono chiare, forti e da noi profondamente condivise. Con la democrazia non si scherza, e oggi, la Fiat si pone, di fatto, al di fuori delle regole democratiche".
(06 marzo 2012)
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Re: quo vadis PD ????
Oggi dichiarazioni gravi contro il PD di Bersani:
http://www.unita.it/italia/la-botta-di- ... d-1.388679
INVIATO PER ERRORE!
scusate ....
joblack
http://www.unita.it/italia/la-botta-di- ... d-1.388679
INVIATO PER ERRORE!
scusate ....
joblack
Ultima modifica di Joblack il 06/03/2012, 17:31, modificato 2 volte in totale.
Toro Seduto (Ta-Tanka I-Yo-Tanka)
‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
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Re: quo vadis PD ????
Oggi, dichiarazioni gravi contro il PD di Bersani:
http://www.unita.it/italia/la-botta-di- ... d-1.388679
LETTA CANCELLA LA FOTO DI VASTO
Ma soprattutto è Enrico Letta a dare il via al fuoco anti-Vasto, commentando che l’alleanza «solo con Sel e Idv è un accordo del passato» e che quindi va messa da parte, «come tutto ciò che è venuto prima del governo Monti». Che siano altri a utilizzare il voto di Palermo per definire «cancellata» la ormai famosa foto di Vasto (da Follini a un ex-popolare come D’Ubaldo a un veltroniano come Ceccanti) passi. Ma quando vede che è lo stesso vicesegretario a mettere in discussione e (dal suo punto di vista) deformare la linea sostenuta fin qui, Bersani non nasconde la sua irritazione: «Non so cosa c’entri la foto di Vasto con Palermo», risponde a chi gli riporta le parole di Letta.
L’IRRITAZIONE CON LETTA
Al leader del Pd l’uscita del suo vice non è piaciuta per due motivi: perché il vicesegretario «sa bene» che sul piano nazionale l’obiettivo non è un’alleanza «solo con Sel e Idv» («io voglio un centrosinistra che si rivolga alle forze civiche e moderate per preparare una vera alternativa alla destra») e perché rompere ora con Nichi Vendola e Antonio Di Pietro (che hanno sostenuto Borsellino) significa non solo mettere una pesante ipoteca sulle amministrative di primavera (su cui Bersani punta per dimostrare la forza del suo progetto) ma anche mettere a rischio le stesse giunte che oggi a Bologna, Milano, Napoli e in tanti altri posti governano col sostegno di una maggioranza di centrosinistra.
COINVOLGERE I GRUPPI DIRIGENTI
Il fatto è che, complice l’esito delle primarie di Palermo, mai come in queste ore emerge alla luce del sole che nel Pd convivono ipotesi diverse circa la strategia delle alleanze e su come il partito dovrà andare al voto del 2013. Letta sostiene che gli elettori hanno dimostrato di volere «un accordo al centro» e anche «rinnovamento, facce nuove», che dopo Monti «tutto è cambiato» e che «le alleanze nella politica di domani non potranno non farsi sui sì e sui no alle varie politiche di governo oggi». Una posizione non proprio in linea con quella espressa dalla segreteria e invece più in sintonia con quella sostenuta dai diversi esponenti di Movimento democratico. Che ora chiedono a Bersani di convocare la direzione per discutere come garantire nella gestione del partito «quella collegialità che in questi mesi è spesso mancata» (Achille Passoni) e per avviare «un dibattito serio e approfondito sulla proposta politica, sulla prospettiva che noi avanziamo al paese, sulla qualità del riformismo necessario al futuro dell’Italia» (Walter Verini). Gestione collegiale del partito e diversa linea politica, sarebbero materie per una discussione congressuale, che però tutti nel Pd negano di volere per i prossimi mesi. Dalla segreteria spiegano che la direzione è in agenda per la fine del mese e non servono battute (Verini ha fatto notare che l’ultima riunione risale ad ottobre, quando c’era ancora il governo Berlusconi).
Ma intanto si seguono con attenzione le mosse di Walter Veltroni: l’ex segretario inizia a giudicare stretto lo strumento di Movimento democratico e per avere maggior libertà di movimento nella prospettiva di un’intesa con Letta starebbe pensando di sciogliere la sua componente (intanto non ha più convocato riunioni di area né organizzato iniziative).
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Simone Collini - l'Unità
Le truppe Veltroniane si muovono per espugnare il fortino bersaniano.
Sappi Veltroni che noi elettori alle primarie di Bersani NON PERMETTEREMO né commissariamenti né ribaltoni.
Se WV vuole spodestare Bersani si facciano prima un nuovo congresso per delineare le nuove linee politiche, poi si facciano nuove primarie per decidere chi e quale linea diventa quella del PD.
Bye
Jo
http://www.unita.it/italia/la-botta-di- ... d-1.388679
LETTA CANCELLA LA FOTO DI VASTO
Ma soprattutto è Enrico Letta a dare il via al fuoco anti-Vasto, commentando che l’alleanza «solo con Sel e Idv è un accordo del passato» e che quindi va messa da parte, «come tutto ciò che è venuto prima del governo Monti». Che siano altri a utilizzare il voto di Palermo per definire «cancellata» la ormai famosa foto di Vasto (da Follini a un ex-popolare come D’Ubaldo a un veltroniano come Ceccanti) passi. Ma quando vede che è lo stesso vicesegretario a mettere in discussione e (dal suo punto di vista) deformare la linea sostenuta fin qui, Bersani non nasconde la sua irritazione: «Non so cosa c’entri la foto di Vasto con Palermo», risponde a chi gli riporta le parole di Letta.
L’IRRITAZIONE CON LETTA
Al leader del Pd l’uscita del suo vice non è piaciuta per due motivi: perché il vicesegretario «sa bene» che sul piano nazionale l’obiettivo non è un’alleanza «solo con Sel e Idv» («io voglio un centrosinistra che si rivolga alle forze civiche e moderate per preparare una vera alternativa alla destra») e perché rompere ora con Nichi Vendola e Antonio Di Pietro (che hanno sostenuto Borsellino) significa non solo mettere una pesante ipoteca sulle amministrative di primavera (su cui Bersani punta per dimostrare la forza del suo progetto) ma anche mettere a rischio le stesse giunte che oggi a Bologna, Milano, Napoli e in tanti altri posti governano col sostegno di una maggioranza di centrosinistra.
COINVOLGERE I GRUPPI DIRIGENTI
Il fatto è che, complice l’esito delle primarie di Palermo, mai come in queste ore emerge alla luce del sole che nel Pd convivono ipotesi diverse circa la strategia delle alleanze e su come il partito dovrà andare al voto del 2013. Letta sostiene che gli elettori hanno dimostrato di volere «un accordo al centro» e anche «rinnovamento, facce nuove», che dopo Monti «tutto è cambiato» e che «le alleanze nella politica di domani non potranno non farsi sui sì e sui no alle varie politiche di governo oggi». Una posizione non proprio in linea con quella espressa dalla segreteria e invece più in sintonia con quella sostenuta dai diversi esponenti di Movimento democratico. Che ora chiedono a Bersani di convocare la direzione per discutere come garantire nella gestione del partito «quella collegialità che in questi mesi è spesso mancata» (Achille Passoni) e per avviare «un dibattito serio e approfondito sulla proposta politica, sulla prospettiva che noi avanziamo al paese, sulla qualità del riformismo necessario al futuro dell’Italia» (Walter Verini). Gestione collegiale del partito e diversa linea politica, sarebbero materie per una discussione congressuale, che però tutti nel Pd negano di volere per i prossimi mesi. Dalla segreteria spiegano che la direzione è in agenda per la fine del mese e non servono battute (Verini ha fatto notare che l’ultima riunione risale ad ottobre, quando c’era ancora il governo Berlusconi).
Ma intanto si seguono con attenzione le mosse di Walter Veltroni: l’ex segretario inizia a giudicare stretto lo strumento di Movimento democratico e per avere maggior libertà di movimento nella prospettiva di un’intesa con Letta starebbe pensando di sciogliere la sua componente (intanto non ha più convocato riunioni di area né organizzato iniziative).
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Simone Collini - l'Unità
Le truppe Veltroniane si muovono per espugnare il fortino bersaniano.
Sappi Veltroni che noi elettori alle primarie di Bersani NON PERMETTEREMO né commissariamenti né ribaltoni.
Se WV vuole spodestare Bersani si facciano prima un nuovo congresso per delineare le nuove linee politiche, poi si facciano nuove primarie per decidere chi e quale linea diventa quella del PD.
Bye
Jo
Toro Seduto (Ta-Tanka I-Yo-Tanka)
‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
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- Iscritto il: 28/02/2012, 2:49
Re: quo vadis PD ????
Ciao, eccoci arrivati...la nascita di un altro partito..Joblack ha scritto:Concordo su quanto da te descritto sulle contraddizioni del PD attuale.shiloh ha scritto:Caro PD,
L'ala cosiddetta "liberal", ma che più efficacemente si potrebbe definire neo-democristiana, con Veltroni al seguito (!!!),
finirà certamente fra le braccia di Casini,
seguirà certamente il sentiero di Rutelli.
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Dopo anni di "ma anche" è ora che il PD si dia una linea politica.
Il nostro elettorato vuole sapere dove intende andare il partito ed ha il diritto di saperlo.
Casini è incompatibile con la stragrande maggioranza della base elettorale del partito:
che al loft se ne rendano edotti ed agiscano di conseguenza.
Ora, la risposta al quesito di cosa sarebbe successo al PD se si fosse andati ad elezione con una spaccatura così netta non è mai stata data.
L’elettorato che da vincente sempre e sostiene la formazione di csx lo fa anche di fronte a nessun atto del PD in quella direzione.
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Il senso della sua candidatura alle primarie era chiaro. Dopo il fallimento della "vocazione maggioritaria" Veltroniana, il suo impegno era quello di ricostruire una più solida alleanza di centrosinistra.
Era un po' un ritorno alle origini, dopo l'ubbriacatura "modernista" delle promesse di rinnovamento clamorosamente mancate di Veltroni.
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Non c'è ancora un'alleanza.
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Questa "non politica" ha ucciso la voglia di credere che un modo onesto di condurre la cosa pubblica sia possibile .
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La cosa peggiore che addebito al PD,
oltre al misfatto di voler affamare i pensionati e ridurre alla disperazione i lavoratori in genere con la riforma “Fornero” votata in parlamento,
è il fatto di avermi tolto il sogno di vivere in un'Italia migliore con gli ideali del partito che hanno votato i miei nonni, i miei genitori e che io ho votato per una vita, e non solo di aver lasciato la “questione morale” al punto dove l’aveva sollevata Berlinguer, ma di aver accettato che molti dei nostri politici si adagiassero nel malcostume.
Ho seguito tutto il calvario di perdita di valori che dalla svolta della Bolognina ha portato il PCI a diventare PD.
Ora mi ritrovo a sostenere un partito di plastica, un partito di voltagabbana e non posso farci nulla,
posso solo assicurare che io non morirò democristiano.
aloha...e a voi.
E' chiaro che così facendo, + l'ultima sparata di Veltroni di fare di Monti il nostro premier alle future elezioni, noi non potremmo far parte del PD.
Io auspico una spaccatura del PD con la nascita di un nuovo partito "I DEMOCRATICI" che abbia l'ambizione di inglobare l'IDV e SEL e dialogare con FDS.
Ciao
Jo
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- Iscritto il: 21/02/2012, 17:56
Re: quo vadis PD ????
non necessariamente.pannelliano ha scritto:
Ciao, eccoci arrivati...la nascita di un altro partito..
è sufficente incartare e spedire a Pierazzurro ,che un partito già ce l'ha,quelli che gli appartengono...
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Re: quo vadis PD ????
Anch'io sono per questa soluzione, cioè la spaccatura del PD, lasciando che i Veltroni, Fioroni, Follini, Letta, Gentiloni se ne vadano da dove sono venuti first DC then UDC.shiloh ha scritto:non necessariamente.pannelliano ha scritto:
Ciao, eccoci arrivati...la nascita di un altro partito..
è sufficente incartare e spedire a Pierazzurro ,che un partito già ce l'ha,quelli che gli appartengono...
Solo che questa spaccatura non può, non deve avvenire PRIMA che imploda il PDL.
Avete visto ieri problemi nel PDL con liti di Alfano con Berlusconi e forse La Russa, con successiva cancellazione degli incontri di B. e Alfano.
Io auspico la spaccatura PDL in Forza gnocca + AN, solo così possiamo avere un PD (auspico che si chiami I DEMOCRATICI) di sx che cerchi di recuperare il rapporto con i lavoratori i movimenti ed i nuovi proletari senza diritti ((immigrati).
Un saluto
Toro Seduto (Ta-Tanka I-Yo-Tanka)
‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
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