Come se ne viene fuori ?
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Re: Come se ne viene fuori ?
In Italia e in Germania le elezioni sono previste solo nel 2013: secondo me, così non ci arriviamo. Qualcosa succederà prima
Concordo
***
Non vogliono capire
di PierGiorgio Gawronski | 12 giugno 2012
Commenti (219)-troppi da riportare:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/06 ... re/260415/
100 miliardi prestati alle banche spagnole sono tanti; l’Italia ne metterà oltre venti. Ma l’illusione è durata poche ore. I mercati hanno preso atto che l’Europa non ci sente, e sono andati nel panico. Alla crisi bancaria spagnola, infatti, è stata somministrata la medicina di sempre: quella che ha messo in ginocchio l’Irlanda; solo, in dosi maggiori. Ai tax payers spagnoli – già oberati da spread da usura – sono stati accollati anche i debiti delle banche. Ma sulle cause della spirale della morte continua l’arrogante rifiuto ad intervenire. E i mercati prendono atto: al comando dell’Europlano c’è un pilota impazzito.
I mercati mandano a Draghi, alla Merkel, e anche a Monti, a tutto il gruppo delle “riforme strutturali”, un messaggio forte e chiaro: “Niente di male nel salvare le banche… Ma voi continuate – incredibilmente – a non capire il problema finanziario (assenza della BCE prestatore di ultima istanza sul mercato dei titoli pubblici) e i problemi macroeconomici (depressione della domanda; squilibri di competitività) all’origine.
Più tardi ci arriverete, più alti saranno i costi”. Salvare le banche e le imprese invece delle famiglie non porta da nessuna parte: a che serve una impresa senza clienti?
Una emissione di moneta assai inferiore, indirizzata ai poveri d’Europa, avrebbe effetto in venti giorni sulle vendite delle imprese; in due mesi gli ordinativi crescerebbero del 20%, in tre mesi la produzione industriale farebbe + 10%. Altro che riforme strutturali!
I mercati non vanno solo e sempre giù. “Non saranno irresponsabili fino alla fine…”, si pensa.. Ma la storia insegna che le ideologie dei benpensanti sono un velo potente, che può frapporsi fra menti intelligenti e la realtà sotto gli occhi di tutti. I governi conservatori degli anni “30 continuarono imperterriti con le loro politiche suicide, finché non furono cacciati via dai mercati (Inghilterra, 1931) o dagli elettori (USA 1933, Germania, 1933).
Ma la cacciata (e, punto fondamentale per la soluzione della crisi, la sottomissione della banca centrale agli obiettivi dei governi eletti) avvenne abbastanza tardi da causare disoccupazione, povertà di massa, e una guerra mondiale.
In Italia e in Germania le elezioni sono previste solo nel 2013: secondo me, così non ci arriviamo. Qualcosa succederà prima
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/06 ... re/260415/
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Re: Come se ne viene fuori ?
La cosa che non capisco è che Monti afferma che l'Italia non ha bisogno degli aiuti europei. Invece si vuole che l'Italia partecipi, dopo che sono stati spesi inutilmente molti soldi per la Grecia, ad aiutare le banche spagnole. Almeno facesse una patrimoniale, in modo che le spese se le sobbarca chi può.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Io sono veramente preoccupato.
Non credo che l'Italia possa reggere così fino all'anno prossimo. Temo quindi nuove stangate sui "soliti" che serviranno solo, peraltro, a ritardare il default ma non a evitarlo.
Questo governo sta imitando quello precedente: fa cazzate (esodati) e poi accusa gli altri (Inps). Cayman style.
D'altra parte, nel 2013 difficilmente avremo una coalizione di governo (i numeri ci dicono che si rischia un altro governo di larghe intese) che tocchi i grandi interessi. Stiamo vedendo, del resto, cosa succede tra Rai, giustizia ed altro. Figuriamoci sul toccare coloro che ci hanno fatto a pezzi. Il Pd è prigioniero della bindi e via dicendo. E anche se si libera dalle catene, in una coalizione con casini o comunque in una grossa coalizione che può fare?
Ma insomma, a chi dobbiamo affidarci?
Grillo?
Se continua così...
Non credo che l'Italia possa reggere così fino all'anno prossimo. Temo quindi nuove stangate sui "soliti" che serviranno solo, peraltro, a ritardare il default ma non a evitarlo.
Questo governo sta imitando quello precedente: fa cazzate (esodati) e poi accusa gli altri (Inps). Cayman style.
D'altra parte, nel 2013 difficilmente avremo una coalizione di governo (i numeri ci dicono che si rischia un altro governo di larghe intese) che tocchi i grandi interessi. Stiamo vedendo, del resto, cosa succede tra Rai, giustizia ed altro. Figuriamoci sul toccare coloro che ci hanno fatto a pezzi. Il Pd è prigioniero della bindi e via dicendo. E anche se si libera dalle catene, in una coalizione con casini o comunque in una grossa coalizione che può fare?
Ma insomma, a chi dobbiamo affidarci?
Grillo?
Se continua così...
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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Re: Come se ne viene fuori ?
eh si...così dopo il governo degli "amici miei",peanuts ha scritto:
Ma insomma, a chi dobbiamo affidarci?
Grillo?
Se continua così...
avremo il governo delle "supercazzole"...
io spero che il PD esca dal coma etilico e decida di fare l'alleanza a sinistra,
la vedo come soluzione "meno peggio".
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Re: Come se ne viene fuori ?
Sono anni che andiamo avanti col meno peggio però. Ricordiamoci mastella...
Chiaro che votare Grillo implica un sacco di cose, ma farebbero più danni dei grandi bocconiani, della discarica e di una alleanza insensata fra Pd e Udc?
Chiaro che votare Grillo implica un sacco di cose, ma farebbero più danni dei grandi bocconiani, della discarica e di una alleanza insensata fra Pd e Udc?
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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Re: Come se ne viene fuori ?
Curioso paradosso: tutti invocano "l'Europa che non c'è" ma nessuno compie atti concreti o mette in campo serie proposte per la sua realizzazione. A cominciare dalla sinistra.
IL COMMENTO
Berlino-Parigi, la commedia degli errori
di BARBARA SPINELLI
DA QUALCHE giorno si parla, non senza speranza, della proposta avanzata il 7 giugno da Angela Merkel alla televisione tedesca. Un'unione economica e politica dell'Europa, grazie alla quale la moneta unica potrà sormontare i propri squilibri, l'indebitamento degli Stati diverrà comune debito europeo, l'Unione potrà emettere eurobond garantiti solidalmente, sorvegliare le banche unificandole. L'obiettivo sarebbe una Federazione, ottenibile attraverso nuove graduali cessioni di sovranità nazionali: ancora in mano agli Stati, esse sono impotenti di fronte ai mercati. La terra promessa è bella, ma è tutt'altro che chiaro se il Cancelliere voglia, e presto, quel che annuncia. Se non stia guadagnando tempo, dunque perdendolo. Comunque, l'idea è di sfidare il suo principale interlocutore: il nuovo Presidente francese. Ricordi, la Francia, che se l'Europa non si fa la colpa è sua, non dei tedeschi. È da decenni che Parigi avversa cessioni di sovranità, e ora è messa davanti alle sue responsabilità. Né pare recedere: due ministri, degli Esteri e dell'Europa, votarono contro la Costituzione nel 2005.
La rigidità francese è certo corresponsabile del presente marasma - Hollande potrebbe prendere sul serio la Merkel, costringendola a fare quel che dice di volere - ma se ascoltiamo le parole del Cancelliere e soprattutto quelle di Schäuble, ministro del Tesoro, il piano somiglia molto a un villaggio Potemkin: un prodigio, ma di cartapesta. Di poteri rafforzati delle istituzioni
europee la Merkel parlò il 14 novembre 2011 (al congresso democristiano), e poi in una conferenza a Berlino il 7 febbraio, ma mai l'idea divenne formale proposta. Il più esplicito è stato Jens Weidmann, governatore della Bundesbank. Subito dopo l'elezione di Hollande, ha scelto la tribuna di Le Monde, il 25 maggio, per stuzzicare i francesi: mettere in comune i debiti, ha detto, è impossibile senza Federazione. "Perfino nei paesi che reclamano gli eurobond, come in Francia, non constato su questo tema né dibattito pubblico, né sostegno popolare a trasferimenti di sovranità".
Il fatto è che nella posizione tedesca c'è qualcosa di profondamente specioso, e insensatamente lento. Intervistato dall'Handelsblatt, il 5 giugno, Schäuble afferma che l'unione politica è un progetto di lungo termine. Prima bisogna vincere la crisi: ogni Stato con le sue forze, e con piani di austerità che pure hanno mostrato la loro inanità. Fanno male, i piani? Sfiniscono i popoli, e aumentano perversamente i debiti nazionali? Il ministro lo nega: quasi sembra considerare la sofferenza un prelibato ingrediente della rinascita europea. La domanda frana nei paesi indebitati? Niente affatto: "I programmi non diminuiscono il potere d'acquisto, siamo solo di fronte a crisi di adattamento". L'Unione crollerà? Anche questo viene negato: "I grandi scenari apocalittici non si sono mai inverati".
La negazione dei fatti, unita a un impressionante oblio storico (come si fa, in Europa, a dire che gli scenari apocalittici non si sono mai inverati?): sono gli elementi che impregnano oggi la posizione tedesca. Se questa appare così immobile, è perché un dogma la paralizza. È il dogma della "casa in ordine", in voga tra gli economisti tedeschi dagli anni '20: se ogni Stato fa ordine come si deve, la cooperazione internazionale funzionerà e a quel punto si penserà all'unione politica, all'unione bancaria per far fronte alla crisi spagnola, alle misure per l'Italia pericolante. Come spesso accade ai dogmi, essi contengono incongruenze logiche e un'abissale indifferenza al divenire storico.
Il difetto logico, spesso sconfinante nell'ottusità, è palese nel ragionare dei vertici tedeschi. Si riconosce che l'euro senza Stato è zoppo, si rievoca quel che Kohl disse a proposito dell'unione politica, necessario complemento della moneta unica. Per la Merkel come per Schäuble, tuttavia, l'unione ha senso dopo che gli Stati avranno aggiustato le finanze: non diventa lievito della ripresa, ma si aggiunge ex post, quasi un premio. Che significa, allora, dire che l'euro senza Stato è il vizio d'origine dell'unione monetaria? Se i rimedi ai vizi sono rinviati, vuol dire che non sono ritenuti farmaci cruciali. Cruciale è il giudizio dei mercati, non arginabili con un cambio di paradigma nella costruzione europea. Cruciale è il culto del dogma, impacchettato con carta europeista in modo da imbarazzare i francesi. È quel che Walter Benjamin, in un frammento del 1921, chiama religione del capitalismo: quest'ultimo diventa "puro culto", che non redime ma colpevolizza soltanto. Non a caso, dice Benjamin, Schuld ha in tedesco due significati: debito e colpa.
La smemoratezza storica non è meno funesta. Berlino dimentica non solo gli anni '20, quando le furono imposte riparazioni non sostenibili e il paese precipitò nel nazismo. Dimentica anche quel che fu il piano Marshall, nel dopoguerra. Charles Maier, storico a Harvard, spiega che il piano funzionò perché non era condizionato: le riforme sarebbero venute col tempo, grazie alla ripresa europea. Oggi toccherebbe alla Germania avere quell'atteggiamento, che legò riduzione dei debiti e rimborsi dei prestiti alla crescita ritrovata. Scrive Maier: "Gli europei dovrebbero ricordare il monito di George Marshall, nel '47: "Il paziente sprofonda, mentre i dottori deliberano"" (New York Times, 9-6-12).
Anche Obama, quando invita i tedeschi a crescere di più e fa capire che è in pericolo la sua rielezione, è privo di visione lunga. Il vissuto del dopoguerra, la leadership americana che incitò all'unificazione europea, è scordata. Solo ieri la Casa Bianca ha menzionato, auspicandola, l'unione del nostro continente. Gli uomini degli anni '50 che Jean Monnet cita nelle Memorie, (John McCloy, consigliere di molti Presidenti; Dean Acheson, segretario di Stato; David Bruce, ambasciatore Usa in Francia) è come fossero ignoti. Nè sembra dir qualcosa, a Obama e agli europei, la storia stessa dell'America: il passaggio dalla Confederazione di Stati sovrani alla Federazione che Hamilton (allora segretario al Tesoro) accelerò nel 1790 cominciando col mettere in comune i debiti accumulati durante la guerra d'indipendenza.
Il discorso che Thomas Sargent ha tenuto in occasione del premio Nobel per l'economia, nel dicembre 2011, evoca quell'esperienza a uso europeo. Fu la messa in comune dei debiti a tramutare la costituzione confederale in Federazione. Fu per rassicurare i creditori che venne conferito alla Federazione il potere di riscuotere tasse, dandole un bilancio comune non più fatiscente. Solo dopo, forti di una garanzia federale, gli Stati si prefissero nei propri ambiti il pareggio di bilancio, e nacque la moneta unica, e si fece strada l'idea di una Banca centrale.
Invece di preoccuparsi dei poteri forti, Monti ha una grande opportunità: preparare per il prossimo vertice Ue una controproposta europea, basata sul rilancio, la comunità delle banche, la parziale comunitarizzazione dei debiti, da presentare insieme ai governi che lo desiderano, Grecia in primis. I veri poteri forti non sono in Italia. Vale la pena prospettare - non in conferenze ma ai partner - un'unione politica vera.
Non un'unione di cartapesta, ma un piano che dia all'Unione le risorse necessarie, il diritto di tassare più in Europa e meno nelle nazioni (a cominciare dalla tassa sulle transazioni finanziarie e le emissioni di biossido di carbonio), e metta il bilancio federale sotto il controllo del Parlamento europeo, come suggerisce lo storico Maier. Oggi l'Unione dispone di risorse irrisorie (meno del 2 per cento del prodotto europeo), come l'America prima di Hamilton. Se la Merkel non ci sta, gli Stati favorevoli si contino, nel Consiglio europeo. Non succede il finimondo se Berlino è messa in minoranza. Accadde ai tempi dell'euro con la Thatcher. Il primo che in Europa farà votare su proposte serie passerà alla storia.
(13 giugno 2012)
http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... ef=HRER1-1
IL COMMENTO
Berlino-Parigi, la commedia degli errori
di BARBARA SPINELLI
DA QUALCHE giorno si parla, non senza speranza, della proposta avanzata il 7 giugno da Angela Merkel alla televisione tedesca. Un'unione economica e politica dell'Europa, grazie alla quale la moneta unica potrà sormontare i propri squilibri, l'indebitamento degli Stati diverrà comune debito europeo, l'Unione potrà emettere eurobond garantiti solidalmente, sorvegliare le banche unificandole. L'obiettivo sarebbe una Federazione, ottenibile attraverso nuove graduali cessioni di sovranità nazionali: ancora in mano agli Stati, esse sono impotenti di fronte ai mercati. La terra promessa è bella, ma è tutt'altro che chiaro se il Cancelliere voglia, e presto, quel che annuncia. Se non stia guadagnando tempo, dunque perdendolo. Comunque, l'idea è di sfidare il suo principale interlocutore: il nuovo Presidente francese. Ricordi, la Francia, che se l'Europa non si fa la colpa è sua, non dei tedeschi. È da decenni che Parigi avversa cessioni di sovranità, e ora è messa davanti alle sue responsabilità. Né pare recedere: due ministri, degli Esteri e dell'Europa, votarono contro la Costituzione nel 2005.
La rigidità francese è certo corresponsabile del presente marasma - Hollande potrebbe prendere sul serio la Merkel, costringendola a fare quel che dice di volere - ma se ascoltiamo le parole del Cancelliere e soprattutto quelle di Schäuble, ministro del Tesoro, il piano somiglia molto a un villaggio Potemkin: un prodigio, ma di cartapesta. Di poteri rafforzati delle istituzioni
europee la Merkel parlò il 14 novembre 2011 (al congresso democristiano), e poi in una conferenza a Berlino il 7 febbraio, ma mai l'idea divenne formale proposta. Il più esplicito è stato Jens Weidmann, governatore della Bundesbank. Subito dopo l'elezione di Hollande, ha scelto la tribuna di Le Monde, il 25 maggio, per stuzzicare i francesi: mettere in comune i debiti, ha detto, è impossibile senza Federazione. "Perfino nei paesi che reclamano gli eurobond, come in Francia, non constato su questo tema né dibattito pubblico, né sostegno popolare a trasferimenti di sovranità".
Il fatto è che nella posizione tedesca c'è qualcosa di profondamente specioso, e insensatamente lento. Intervistato dall'Handelsblatt, il 5 giugno, Schäuble afferma che l'unione politica è un progetto di lungo termine. Prima bisogna vincere la crisi: ogni Stato con le sue forze, e con piani di austerità che pure hanno mostrato la loro inanità. Fanno male, i piani? Sfiniscono i popoli, e aumentano perversamente i debiti nazionali? Il ministro lo nega: quasi sembra considerare la sofferenza un prelibato ingrediente della rinascita europea. La domanda frana nei paesi indebitati? Niente affatto: "I programmi non diminuiscono il potere d'acquisto, siamo solo di fronte a crisi di adattamento". L'Unione crollerà? Anche questo viene negato: "I grandi scenari apocalittici non si sono mai inverati".
La negazione dei fatti, unita a un impressionante oblio storico (come si fa, in Europa, a dire che gli scenari apocalittici non si sono mai inverati?): sono gli elementi che impregnano oggi la posizione tedesca. Se questa appare così immobile, è perché un dogma la paralizza. È il dogma della "casa in ordine", in voga tra gli economisti tedeschi dagli anni '20: se ogni Stato fa ordine come si deve, la cooperazione internazionale funzionerà e a quel punto si penserà all'unione politica, all'unione bancaria per far fronte alla crisi spagnola, alle misure per l'Italia pericolante. Come spesso accade ai dogmi, essi contengono incongruenze logiche e un'abissale indifferenza al divenire storico.
Il difetto logico, spesso sconfinante nell'ottusità, è palese nel ragionare dei vertici tedeschi. Si riconosce che l'euro senza Stato è zoppo, si rievoca quel che Kohl disse a proposito dell'unione politica, necessario complemento della moneta unica. Per la Merkel come per Schäuble, tuttavia, l'unione ha senso dopo che gli Stati avranno aggiustato le finanze: non diventa lievito della ripresa, ma si aggiunge ex post, quasi un premio. Che significa, allora, dire che l'euro senza Stato è il vizio d'origine dell'unione monetaria? Se i rimedi ai vizi sono rinviati, vuol dire che non sono ritenuti farmaci cruciali. Cruciale è il giudizio dei mercati, non arginabili con un cambio di paradigma nella costruzione europea. Cruciale è il culto del dogma, impacchettato con carta europeista in modo da imbarazzare i francesi. È quel che Walter Benjamin, in un frammento del 1921, chiama religione del capitalismo: quest'ultimo diventa "puro culto", che non redime ma colpevolizza soltanto. Non a caso, dice Benjamin, Schuld ha in tedesco due significati: debito e colpa.
La smemoratezza storica non è meno funesta. Berlino dimentica non solo gli anni '20, quando le furono imposte riparazioni non sostenibili e il paese precipitò nel nazismo. Dimentica anche quel che fu il piano Marshall, nel dopoguerra. Charles Maier, storico a Harvard, spiega che il piano funzionò perché non era condizionato: le riforme sarebbero venute col tempo, grazie alla ripresa europea. Oggi toccherebbe alla Germania avere quell'atteggiamento, che legò riduzione dei debiti e rimborsi dei prestiti alla crescita ritrovata. Scrive Maier: "Gli europei dovrebbero ricordare il monito di George Marshall, nel '47: "Il paziente sprofonda, mentre i dottori deliberano"" (New York Times, 9-6-12).
Anche Obama, quando invita i tedeschi a crescere di più e fa capire che è in pericolo la sua rielezione, è privo di visione lunga. Il vissuto del dopoguerra, la leadership americana che incitò all'unificazione europea, è scordata. Solo ieri la Casa Bianca ha menzionato, auspicandola, l'unione del nostro continente. Gli uomini degli anni '50 che Jean Monnet cita nelle Memorie, (John McCloy, consigliere di molti Presidenti; Dean Acheson, segretario di Stato; David Bruce, ambasciatore Usa in Francia) è come fossero ignoti. Nè sembra dir qualcosa, a Obama e agli europei, la storia stessa dell'America: il passaggio dalla Confederazione di Stati sovrani alla Federazione che Hamilton (allora segretario al Tesoro) accelerò nel 1790 cominciando col mettere in comune i debiti accumulati durante la guerra d'indipendenza.
Il discorso che Thomas Sargent ha tenuto in occasione del premio Nobel per l'economia, nel dicembre 2011, evoca quell'esperienza a uso europeo. Fu la messa in comune dei debiti a tramutare la costituzione confederale in Federazione. Fu per rassicurare i creditori che venne conferito alla Federazione il potere di riscuotere tasse, dandole un bilancio comune non più fatiscente. Solo dopo, forti di una garanzia federale, gli Stati si prefissero nei propri ambiti il pareggio di bilancio, e nacque la moneta unica, e si fece strada l'idea di una Banca centrale.
Invece di preoccuparsi dei poteri forti, Monti ha una grande opportunità: preparare per il prossimo vertice Ue una controproposta europea, basata sul rilancio, la comunità delle banche, la parziale comunitarizzazione dei debiti, da presentare insieme ai governi che lo desiderano, Grecia in primis. I veri poteri forti non sono in Italia. Vale la pena prospettare - non in conferenze ma ai partner - un'unione politica vera.
Non un'unione di cartapesta, ma un piano che dia all'Unione le risorse necessarie, il diritto di tassare più in Europa e meno nelle nazioni (a cominciare dalla tassa sulle transazioni finanziarie e le emissioni di biossido di carbonio), e metta il bilancio federale sotto il controllo del Parlamento europeo, come suggerisce lo storico Maier. Oggi l'Unione dispone di risorse irrisorie (meno del 2 per cento del prodotto europeo), come l'America prima di Hamilton. Se la Merkel non ci sta, gli Stati favorevoli si contino, nel Consiglio europeo. Non succede il finimondo se Berlino è messa in minoranza. Accadde ai tempi dell'euro con la Thatcher. Il primo che in Europa farà votare su proposte serie passerà alla storia.
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http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... ef=HRER1-1
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Re: Come se ne viene fuori ?
IL DOSSIER
Tassi in aumento costante e recessione
così si rischia un buco di 6-8 miliardi
La tenuta dei conti pubblici del 2012 in pericolo con lo spread sopra 500 e con un calo del Pil superiore all'1,4%. Ora il governo si affida alla spending review e al recupero dell'evasione
di ROBERTO PETRINI
http://www.repubblica.it/economia/2012/ ... ef=HRER1-1
Tassi in aumento costante e recessione
così si rischia un buco di 6-8 miliardi
La tenuta dei conti pubblici del 2012 in pericolo con lo spread sopra 500 e con un calo del Pil superiore all'1,4%. Ora il governo si affida alla spending review e al recupero dell'evasione
di ROBERTO PETRINI
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Re: Come se ne viene fuori ?
Day after day
La prima "bomba" di oggi
Il filmato
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2012/06/ ... ro/199532/
Commenti (67)
Bordon: ‘M5S sarà il primo partito, la casta non ha chance’
“22mila visualizzazioni”, Willer Bordon è stupito dal successo del suo passaparola sul blog di Grillo. Sembra un neofita del web, poco grillino in questo senso, ma non ci sta a farsi definire “un uomo della casta” dai vecchi schemi. Molti commenti al suo video-editoriale nel sito del comico genovese sono duri, ma Bordon ex comunista ed ex di tante altre sigle partitiche, tra cui Italia dei Valori e Margherita, non ci sta ad essere accomunato “alla feccia”. “Io nella mia carriera politica mi sono distinto per tante lotte, ma – dichiara ai microfoni de ilfattoquotidiano.it – la gente non si ricorda di nulla e fa di tutto un’erba un fascio, è il sintomo della rabbia e dell’insofferenza che sta montando contro i partiti”. Per Bordon il sistema, così come l’abbiamo conosciuto, non ha più chance. E nel 2013 il Movimento 5 stelle “sarà il primo partito d’Italia”
di Irene Buscemi
13 giugno 2012
IFQ
La prima "bomba" di oggi
Il filmato
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2012/06/ ... ro/199532/
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Bordon: ‘M5S sarà il primo partito, la casta non ha chance’
“22mila visualizzazioni”, Willer Bordon è stupito dal successo del suo passaparola sul blog di Grillo. Sembra un neofita del web, poco grillino in questo senso, ma non ci sta a farsi definire “un uomo della casta” dai vecchi schemi. Molti commenti al suo video-editoriale nel sito del comico genovese sono duri, ma Bordon ex comunista ed ex di tante altre sigle partitiche, tra cui Italia dei Valori e Margherita, non ci sta ad essere accomunato “alla feccia”. “Io nella mia carriera politica mi sono distinto per tante lotte, ma – dichiara ai microfoni de ilfattoquotidiano.it – la gente non si ricorda di nulla e fa di tutto un’erba un fascio, è il sintomo della rabbia e dell’insofferenza che sta montando contro i partiti”. Per Bordon il sistema, così come l’abbiamo conosciuto, non ha più chance. E nel 2013 il Movimento 5 stelle “sarà il primo partito d’Italia”
di Irene Buscemi
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Re: Come se ne viene fuori ?
"...Io nella mia carriera politica mi sono distinto per tante lotte..."
non pervenuto,cialtrone.
tu nella tua carriera ti sei distinto per tanti salti della quaglia e tanti tradimenti,
il più indecente dei quali fu quello al governo di Romano Prodi.
non pervenuto,cialtrone.
tu nella tua carriera ti sei distinto per tanti salti della quaglia e tanti tradimenti,
il più indecente dei quali fu quello al governo di Romano Prodi.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Cialtrone e` il termine esatto.
E pero` con quanti cialtroni ci apprestiamo ancora ad allearci, a destra e a sinistra...
E del resto non sembrano esserci alternative.
Non con questo PD al centro del CSX.
soloo42000
E pero` con quanti cialtroni ci apprestiamo ancora ad allearci, a destra e a sinistra...
E del resto non sembrano esserci alternative.
Non con questo PD al centro del CSX.
soloo42000
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