Come se ne viene fuori ?
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Re: Come se ne viene fuori ?
Day after day
47 morto che parla
"Non dura, dura minga,….non può durare"
http://www.youtube.com/watch?v=lluwcbZA_G0
http://www.youtube.com/watch?v=JblWIEqU5lk
Sviluppo, Pdl scarica Monti
«79 miliardi solo virtuali»
«Sui giornali avevo visto che erano stati stanziati 80 mld per la crescita; poi ho capito che erano 1 reale e 79 virtuali», dice il segretario del Pdl.
«Sui giornali avevo visto che erano stati stanziati 80 mld per la crescita; poi ho capito che erano 1 reale e 79 virtuali. È come se noi, approvando il piano casa, avessimo detto che venivano non affidati ma stanziati 50 mld». Lo dice Angelino Alfano annunciando per prossima settimana «le proposte del Pdl per la crescita».
La prossima settimana il Pdl presenterà le sue proposte per la crescita: il Segretario Angelino Alfano lo ha spiegato commentando il decreto sviluppo approvato ieri dal Governo. «Rispondo con un sorriso. Questa mattina - ha detto - sui giornali leggendo le prime pagine avevo visto che erano stati stanziati 80 mld per la crescita, poi ho capito che erano uno reale e 79 virtuali. È come se noi, quando abbiamo approvato il piano casa, avessimo detto che venivano non affidati ma stanziati 50 mld».
Sulle norme ha preferito non dare un giudizio perchè «le liti fra i Ministri hanno impedito di approvarlo, ed è stato approvato salvo intese quindi quando avremo modo di leggerlo lo giudicheremo». «Già la prossima settimana, come Pdl - ha annunciato il segretario - presenteremo le nostra proposte per la crescita e offriremo al Parlamento per rafforzare e migliorare i contributi del decreto qualora non siano coincidenti con le nostre proposte».
http://www.unita.it/italia/sviluppo-alf ... i-1.421305
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«79 miliardi solo virtuali»
«Sui giornali avevo visto che erano stati stanziati 80 mld per la crescita; poi ho capito che erano 1 reale e 79 virtuali», dice il segretario del Pdl.
«Sui giornali avevo visto che erano stati stanziati 80 mld per la crescita; poi ho capito che erano 1 reale e 79 virtuali. È come se noi, approvando il piano casa, avessimo detto che venivano non affidati ma stanziati 50 mld». Lo dice Angelino Alfano annunciando per prossima settimana «le proposte del Pdl per la crescita».
La prossima settimana il Pdl presenterà le sue proposte per la crescita: il Segretario Angelino Alfano lo ha spiegato commentando il decreto sviluppo approvato ieri dal Governo. «Rispondo con un sorriso. Questa mattina - ha detto - sui giornali leggendo le prime pagine avevo visto che erano stati stanziati 80 mld per la crescita, poi ho capito che erano uno reale e 79 virtuali. È come se noi, quando abbiamo approvato il piano casa, avessimo detto che venivano non affidati ma stanziati 50 mld».
Sulle norme ha preferito non dare un giudizio perchè «le liti fra i Ministri hanno impedito di approvarlo, ed è stato approvato salvo intese quindi quando avremo modo di leggerlo lo giudicheremo». «Già la prossima settimana, come Pdl - ha annunciato il segretario - presenteremo le nostra proposte per la crescita e offriremo al Parlamento per rafforzare e migliorare i contributi del decreto qualora non siano coincidenti con le nostre proposte».
http://www.unita.it/italia/sviluppo-alf ... i-1.421305
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Re: Come se ne viene fuori ?
Caaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaazzzzzzzzzzzzzzzooooooooooooooooooooooooooooooooo
Ma è mai possibile che in questo stramaledetto Paese si possa arrivare alle ore 21,13 del 16 giugno 2012, per sentir dire da Sergio Rizzo del Corriere della Sera, ad “In Onda” che è stato un errore non fare subito un’intervento sulla ripresa economica, con tanto di approvazione di Oscar Giannino?????????????????????????
Con Nicola Porro nel ruolo del funzionario delle pompe funebri che sentenzia che “ormai è troppo tardi”???????????????
Faccio una faticaccia boia a dar ragione a Porro, ma non posso cambiare le carte in tavola, la realtà è questa.
Fottuti,….fottuti,………..fottuti,……..siamo irrimediabilmente fottuti.
Ma è mai possibile che in questo stramaledetto Paese si possa arrivare alle ore 21,13 del 16 giugno 2012, per sentir dire da Sergio Rizzo del Corriere della Sera, ad “In Onda” che è stato un errore non fare subito un’intervento sulla ripresa economica, con tanto di approvazione di Oscar Giannino?????????????????????????
Con Nicola Porro nel ruolo del funzionario delle pompe funebri che sentenzia che “ormai è troppo tardi”???????????????
Faccio una faticaccia boia a dar ragione a Porro, ma non posso cambiare le carte in tavola, la realtà è questa.
Fottuti,….fottuti,………..fottuti,……..siamo irrimediabilmente fottuti.
Re: Come se ne viene fuori ?
Ohibò! Finalmente lo si comincia a capire!L'obiettivo finale è la disarticolazione dell'eurozona, l'isolamento della Germania, la cancellazione d'ogni regola che miri a incanalare la globalizzazione in un quadro di capitalismo democratico e di mercato sociale.
Da un lato ci sono le principali banche d'affari americane che guidano il gioco, le multinazionali, i fondi speculativi, le agenzie di rating, i sostenitori del liberismo selvaggio e del rinnovamento schumpeteriano. Un impasto di interessi e di ideologie che noi chiamiamo capitalismo selvaggio e che loro nobilitano chiamandolo liberismo puro e duro.
Noi italiani ne abbiamo molto di lavoro da fare ma un punto domina su tutti gli altri: si chiama questione morale.
Enrico Berlinguer - l'ho già più volte ricordato - pose questo problema spiegando che in Italia la partitocrazia aveva stravolto il dettato costituzionale e il governo dei partiti aveva occupato le istituzioni, nessuna esclusa. Bisognava dunque liberarle, restituendole alla loro funzione di organi di governo depositari dell'interesse generale e non dei pur legittimi interessi particolari.
Più che matura mi sembra in via di putrefazione.Ora la sua soluzione non solo è matura ma necessaria.
IL COMMENTO
Rinnovare i partiti
Liberare le istituzioni
di EUGENIO SCALFARI
Questa mattina si sta votando in Grecia e tra poche ore conosceremo il risultato, ma hanno sbagliato quanti (ed io con loro) hanno attribuito al voto il valore d'un referendum pro o contro l'euro e pro o contro l'Europa. Non è affatto così. Tutti i partiti greci, quelli tradizionali e quello di opposizione (socialista massimalista), non vogliono affatto uscire dall'Unione europea e abbandonare la moneta comune. Quanto agli elettori, essi sono perfettamente consapevoli che tornare alla dracma sarebbe un disastro di proporzioni immani; un sondaggio pre-elettorale prevede addirittura una vittoria dei partiti tradizionali, quelli cioè che si sono assunti la responsabilità del rigore tedesco, il che è tutto dire.
La Grecia quindi non se ne andrà dall'euro a meno che non sia la Germania a sbatterla fuori. Molti pensano che quest'ipotesi sia probabile: ucciderne uno per educarne cento; ma io non credo che sia così. Non solo è improbabile ma è addirittura impossibile. Sarebbe un esercizio di accanito sado-masochismo che un grande popolo non può permettersi. Il popolo e le classi dirigenti tedesche non possono permetterselo ed è inutile ricordarne il perché, stampato nella memoria del mondo intero a caratteri indelebili.
Però c'è un però: anche se l'esito del voto greco non potrà essere utilizzato dagli speculatori come pretesto, ne troveranno certamente altri per proseguire il loro attacco all'eurozona, ai debiti sovrani più esposti e alle banche più
fragili.
Del resto hanno già cominciato, con la Spagna prima e con l'Italia poi. L'obiettivo finale è la disarticolazione dell'eurozona, l'isolamento della Germania, la cancellazione d'ogni regola che miri a incanalare la globalizzazione in un quadro di capitalismo democratico e di mercato sociale.
Ormai è evidente che questa è la posta in gioco. Altrettanto chiara è l'identità delle forze contrapposte. Da un lato ci sono le principali banche d'affari americane che guidano il gioco, le multinazionali, i fondi speculativi, le agenzie di rating, i sostenitori del liberismo selvaggio e del rinnovamento schumpeteriano. Un impasto di interessi e di ideologie che noi chiamiamo capitalismo selvaggio e che loro nobilitano chiamandolo liberismo puro e duro.
Queste forze della speculazione hanno una capacità finanziaria enorme ma non imbattibile. La controforza è guidata dalle Banche centrali. Nei loro statuti è garantita la loro indipendenza e la ragione sociale prevede per tutte la tutela del valore della moneta e il corretto funzionamento del sistema bancario sottoposto alla loro vigilanza. Ma il compito implicito è anche lo sviluppo del reddito e dei cosiddetti "fondamentali" tra i quali primeggiano il risparmio, gli investimenti, la produttività del sistema e l'occupazione.
Le Banche centrali dispongono anch'esse di mezzi imponenti di contrasto, mezzi a loro immediata disposizione in caso di necessità e di emergenza. E poiché l'ala ribassista si scatenerà al più presto per non lasciar tempo ad accordi politici che affianchino al rigore lo sviluppo, le Banche centrali dovranno far mostra di tutta la loro potenza di fuoco per impedire la devastazione dei tassi d'interesse e l'ondata di panico che può rovesciarsi contro gli sportelli delle banche. Dovranno insomma impedire che si stringa la tenaglia sui debiti sovrani, che metterebbe a rischio gli Stati dei quali le Banche centrali sono una delle più importanti articolazioni. Indipendenti ma certo non indifferenti e non neutrali quando si tratti di vita o di morte non solo di uno Stato ma d'un intero sistema continentale.
Il panorama delle prossime settimane si presenta dunque molto movimentato. A mio avviso - ripeto quanto scritto la scorsa settimana e che vado scrivendo ormai da vari mesi - l'esito finale sarà positivo perché non è pensabile che uno dei continenti più popoloso, più culturalmente avanzato e più provvisto di esperienza storica decida di suicidarsi. Ma certo egoismi nazionali ed errori di tattica renderanno lungo e faticoso il guado verso un solido approdo di stabilità, rilancio dell'occupazione e uscita dalla deriva della recessione.
* * *
Tra gli errori di tattica che direttamente riguardano il nostro Paese è emerso nei giorni scorsi il problema degli esodati. In un contesto sociale già molto agitato dai sacrifici necessari per contrastare l'attacco dei mercati e dalla caduta del potere d'acquisto dei ceti più disagiati, il tema di quasi 400mila lavoratori di circa sessant'anni d'età privi sia di lavoro sia di pensione è stata la goccia che ha fatto traboccare un vaso già colmo: un dramma umano che si aggiunge a quello ancora più vasto dei giovani anch'essi in larga misura privi di protezione sociale e senza prospettive di futuro.
Il ministro Fornero ha sbagliato il tono della risposta al documento redatto dall'Inps accusando i dirigenti di quell'ente di provocazione voluta e quindi dolosa. Quanto al predetto documento che formula in 390mila la cifra complessiva degli esodati, il ministro l'ha definito impreciso e di dubbia interpretazione.
Come si vede il giudizio del ministro sull'operato dell'Inps in questa occasione è dunque molto duro ma contiene tuttavia un nucleo di verità. La massa degli esodati dovrebbe essere infatti classificata con molta attenzione per quanto riguarda il tipo di contratto originario che li legava al loro datore di lavoro, le cause e le modalità della loro uscita da quel contratto e i tempi precisi in cui quest'uscita diverrà operativa. L'Inps non ha approfondito come probabilmente avrebbe dovuto questa classificazione. Ha semplicemente diviso i 390mila in due categorie: i "prosecutori" e i "cessati". I primi secondo l'Inps ammontano a 130mila e sono quei lavoratori che hanno deciso di porre fine al rapporto di lavoro anticipatamente utilizzando le finestre a loro disposizione e continuando a pagare i contributi volontari fino a maturazione della pensione. I "cessati" sono stimati a 180mila e la causa della cessazione sono stati accordi aziendali di prepensionamento con uno "scivolo" che accompagnava il lavoratore al pensionamento. Accordi aziendali tuttavia che sono stati fortemente modificati in peggio dalla riforma pensionistica che ha spostato in avanti da cinque a sette anni la pensione adottando il metodo contributivo per tutti.
Queste specificazioni che si trovano nel documento dell'Inps non sono tuttavia sufficienti a parte l'attendibilità delle cifre il cui ordine di grandezza è comunque fortemente superiore a quanto finora ha previsto il governo. Manca nel documento la natura del contratto originario e mancano anche quei lavoratori coperti dalla cassa integrazione come rimedio estremo al già avvenuto licenziamento per fallimento o cattivo andamento dell'azienda. Manca infine la data nella quale il licenziamento già deciso e notificato al dipendente diventerà operativo.
La Fornero è sempre stata consapevole dell'entità del fenomeno. Lo dichiarò pubblicamente nel momento stesso in cui annunciava la riforma e garantì che i lavoratori colpiti sarebbero stati protetti man mano che la perdita di lavoro si fosse verificata. Ebbi l'occasione in quei giorni di incontrarla proprio per approfondire questa questione. Ricordo che mi ripeté l'impegno preso e le modalità di copertura. "Questa "tagliola" tra la data attesa per la pensione e quella prolungata dalla riforma non scatterà subito per tutti. Adesso è scattata per un gruppo di lavoratori che abbiamo valutato in circa 50mila" così mi disse allora "e abbiamo provveduto per loro anticipando la scadenza pensionistica. Agli altri penseremo quando la cessazione del rapporto di lavoro diventerà operativa".
Questa sua posizione gradualistica è stata riconfermata nei giorni scorsi di rovente polemica conclusa con una mozione di sfiducia personale al ministro presentata dalla Lega e da Di Pietro. La mozione non considera che una copertura preventiva di un debito dalle cifre ancora incerte iscrive quella posta passiva nella contabilità nazionale "sopra la linea", il che significa che va ad aumentare ulteriormente l'ammontare del già gigantesco debito pubblico.
Ciò che il ministro dovrebbe fare ora con la massima urgenza è di chiarire e indicare cifre certe rinnovando l'impegno alla loro copertura nella data corrispondente allo scatto della "tagliola". Che la pubblicazione del documento Inps abbia acceso un incendio di rabbie aggiuntive è un fatto incontestabile che poteva essere evitato non nascondendo le notizie ma dandole in modo sommario e quindi impreciso.
* * *
Ogni Paese europeo deve fare la sua parte per mettersi in sintonia con l'obiettivo finale che è quello di costruire uno Stato federale di dimensioni continentali.
Noi italiani ne abbiamo molto di lavoro da fare ma un punto domina su tutti gli altri: si chiama questione morale.
Enrico Berlinguer - l'ho già più volte ricordato - pose questo problema spiegando che in Italia la partitocrazia aveva stravolto il dettato costituzionale e il governo dei partiti aveva occupato le istituzioni, nessuna esclusa. Bisognava dunque liberarle, restituendole alla loro funzione di organi di governo depositari dell'interesse generale e non dei pur legittimi interessi particolari. Stato di diritto, separazione dei poteri, interesse generale rappresentato dal complesso delle istituzioni, forze politiche guidate da una propria visione del bene comune da sottoporre al voto del popolo sovrano.
Questo modello non aveva assolutamente nulla di comunista e stupì molto vederlo fatto proprio dal leader del Pci. Probabilmente Berlinguer usò la questione morale come risposta alla esclusione del Pci dall'alternarsi al potere delle forze costituzionali a causa della guerra fredda.
Sia come sia, quel tema fu posto e colse un aspetto essenziale della crisi italiana. Ora la sua soluzione non solo è matura ma necessaria.
(17 giugno 2012)
http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... /?ref=fbpr
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Re: Come se ne viene fuori ?
Day after day
L'ultima tegola, ,,,anzi,...un tegolone
Caro Napolitano, che cos’è risibile
di Marco Lillo | 17 giugno 2012
Commenti (46)
Risibile. È questa la parola chiave del comunicato con cui la Presidenza della Repubblica, finalmente, ammette quello che non può più negare dopo le rivelazioni del Fatto di ieri: il Capo dello Stato è intervenuto, dopo la richiesta dell’ex senatore Nicola Mancino, sul Procuratore generale della Cassazione con una lettera nella quale chiedeva alla massima autorità dell’accusa in Italia di intervenire “prontamente” sulle inchieste che preoccupavano l’amico Mancino sulla trattativa Stato-mafia.
Risibile però non è – come afferma il comunicato del Colle – il titolo della prima pagina di ieri del Fatto Quotidiano, su “I misteri del Quirinale”. Quel titolo racconta semplicemente un fatto, imbarazzante per il potere e quindi ignorato dalla stampa italiana, come al solito. Risibile è invece il comportamento dello staff del Presidente in questa vicenda delicata. Per il rispetto che si deve all’Istituzione, ci auguriamo che Giorgio Napolitano sconfessi nell’ordine: le affermazioni del suo consigliere giuridico Loris D’Ambrosio nell’intervista pubblicata ieri; il comunicato del suo portavoce; e la lettera del suo segretario generale.
È risibile quello che ci ha detto D’Ambrosio e cioè che sia una prassi per il consigliere giuridico del Capo dello Stato ascoltare i cittadini che si lamentano dei pm e intervenire sulle autorità giudiziarie dopo i loro sfoghi. Soprattutto quando sono ex presidenti del Senato, aggiungiamo noi. Quasi che il Quirinale fosse diventato uno sportello reclami per politici trombati o in pensione. Risibile, ma anche inquietante, è la lettera scritta su input di Napolitano, a suo dire, dal segretario generale Donato Marra al Pg della Cassazione. Non si è mai visto un Capo dello Stato che si abbassa a smistare al capo dell’accusa la lettera di un testimone reticente, com’è Mancino secondo i pm, chiedendogli di intervenire, per di più, “prontamente”.
E non si è mai visto nemmeno un Presidente costretto a tirare fuori dal suo cassetto una lettera simile solo perché un giornale ne ha rivelato l’esistenza. Anche questo sarebbe risibile se non fosse per un piccolo particolare: qualcuno, 20 anni fa, su questa storia della trattativa tra Stato e mafia, ci ha rimesso la pelle. E noi vorremmo capire perché. “Prontamente” e non risibilmente, signor Presidente.
Il Fatto Quotidiano, 17 Giugno 2012
L'ultima tegola, ,,,anzi,...un tegolone
Caro Napolitano, che cos’è risibile
di Marco Lillo | 17 giugno 2012
Commenti (46)
Risibile. È questa la parola chiave del comunicato con cui la Presidenza della Repubblica, finalmente, ammette quello che non può più negare dopo le rivelazioni del Fatto di ieri: il Capo dello Stato è intervenuto, dopo la richiesta dell’ex senatore Nicola Mancino, sul Procuratore generale della Cassazione con una lettera nella quale chiedeva alla massima autorità dell’accusa in Italia di intervenire “prontamente” sulle inchieste che preoccupavano l’amico Mancino sulla trattativa Stato-mafia.
Risibile però non è – come afferma il comunicato del Colle – il titolo della prima pagina di ieri del Fatto Quotidiano, su “I misteri del Quirinale”. Quel titolo racconta semplicemente un fatto, imbarazzante per il potere e quindi ignorato dalla stampa italiana, come al solito. Risibile è invece il comportamento dello staff del Presidente in questa vicenda delicata. Per il rispetto che si deve all’Istituzione, ci auguriamo che Giorgio Napolitano sconfessi nell’ordine: le affermazioni del suo consigliere giuridico Loris D’Ambrosio nell’intervista pubblicata ieri; il comunicato del suo portavoce; e la lettera del suo segretario generale.
È risibile quello che ci ha detto D’Ambrosio e cioè che sia una prassi per il consigliere giuridico del Capo dello Stato ascoltare i cittadini che si lamentano dei pm e intervenire sulle autorità giudiziarie dopo i loro sfoghi. Soprattutto quando sono ex presidenti del Senato, aggiungiamo noi. Quasi che il Quirinale fosse diventato uno sportello reclami per politici trombati o in pensione. Risibile, ma anche inquietante, è la lettera scritta su input di Napolitano, a suo dire, dal segretario generale Donato Marra al Pg della Cassazione. Non si è mai visto un Capo dello Stato che si abbassa a smistare al capo dell’accusa la lettera di un testimone reticente, com’è Mancino secondo i pm, chiedendogli di intervenire, per di più, “prontamente”.
E non si è mai visto nemmeno un Presidente costretto a tirare fuori dal suo cassetto una lettera simile solo perché un giornale ne ha rivelato l’esistenza. Anche questo sarebbe risibile se non fosse per un piccolo particolare: qualcuno, 20 anni fa, su questa storia della trattativa tra Stato e mafia, ci ha rimesso la pelle. E noi vorremmo capire perché. “Prontamente” e non risibilmente, signor Presidente.
Il Fatto Quotidiano, 17 Giugno 2012
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Re: Come se ne viene fuori ?
Da pagina 3 de Il Fatto Quotidiano
SI PREGA DI NON DISTURBARE
L’IMBARAZZANTE SILENZIO DELLA STAMPA ITALIANA
Un ex presidente del Senato, indagato per falsa testimonianza nell’ambito dell’inchiesta sulla trattativa Stato – mafia successiva alle stragi del 1992/’93, subito dopo essere stato ascoltato dalla Procura di Palermo telefona al consigliere giuridico del presidente della Repubblica per lamentarsi dell’operato dei pubblici ministeri che indagano sulla pagina più inquietante degli ultimi vent’anni di storia repubblicana.
Il consigliere giuridico Loris D’Ambrosio conferma tutto al Fatto Quotidiano.
La notizia è enorme, eppure passa sotto silenzio. Corriere e repubblica che per primi ne avevano scritto il 15 giugno, non ritengono di dare seguito alla vicenda.
Su Stampa e Giornale nemmeno una riga. Una pagina intera su Libero (“Le pressioni di mancino sul Quirinale), ma il pezzo portante è un attacco ai pm che “si accaniscono” contro Dell’Utri. Desolato silenzio altrove. Non un parola sui telegiornali e una sola Ansa (Mafia : fatto Q., Mancino chiamò colle. Gasparri: Chiarire” fino alle 16,45 di ieri.
LA SVOLTA in serata, quando dal Colle, giunge la nota: “ In relazione ad alcuni commenti di stampa sul contenuto di intercettazioni di colloqui telefonici tra il senatore Mancino e uno dei consiglieri del presidente della Repubblica - si legge – si ribadisce che ovvie ragioni di correttezza istituzionale rendono naturale il più rigoroso riserbo, da parte dei consiglieri, circa i loro rapporti con il capo dello Stato.
Parlare a questo proposito di “misteri del Quirinale” è soltanto risibile.
A quel punto i telegiornali sono costretti a dare la smentita di una notizia che non avevano mai dato.
Pazienza, in fondo è già accaduto in passato, quando – senza prima di dare conto delle indagini per mafia a carico di Renato Schifani – ci si affrettò a diffondere la sua smentita.
Ste. Ca.
IFQ
SI PREGA DI NON DISTURBARE
L’IMBARAZZANTE SILENZIO DELLA STAMPA ITALIANA
Un ex presidente del Senato, indagato per falsa testimonianza nell’ambito dell’inchiesta sulla trattativa Stato – mafia successiva alle stragi del 1992/’93, subito dopo essere stato ascoltato dalla Procura di Palermo telefona al consigliere giuridico del presidente della Repubblica per lamentarsi dell’operato dei pubblici ministeri che indagano sulla pagina più inquietante degli ultimi vent’anni di storia repubblicana.
Il consigliere giuridico Loris D’Ambrosio conferma tutto al Fatto Quotidiano.
La notizia è enorme, eppure passa sotto silenzio. Corriere e repubblica che per primi ne avevano scritto il 15 giugno, non ritengono di dare seguito alla vicenda.
Su Stampa e Giornale nemmeno una riga. Una pagina intera su Libero (“Le pressioni di mancino sul Quirinale), ma il pezzo portante è un attacco ai pm che “si accaniscono” contro Dell’Utri. Desolato silenzio altrove. Non un parola sui telegiornali e una sola Ansa (Mafia : fatto Q., Mancino chiamò colle. Gasparri: Chiarire” fino alle 16,45 di ieri.
LA SVOLTA in serata, quando dal Colle, giunge la nota: “ In relazione ad alcuni commenti di stampa sul contenuto di intercettazioni di colloqui telefonici tra il senatore Mancino e uno dei consiglieri del presidente della Repubblica - si legge – si ribadisce che ovvie ragioni di correttezza istituzionale rendono naturale il più rigoroso riserbo, da parte dei consiglieri, circa i loro rapporti con il capo dello Stato.
Parlare a questo proposito di “misteri del Quirinale” è soltanto risibile.
A quel punto i telegiornali sono costretti a dare la smentita di una notizia che non avevano mai dato.
Pazienza, in fondo è già accaduto in passato, quando – senza prima di dare conto delle indagini per mafia a carico di Renato Schifani – ci si affrettò a diffondere la sua smentita.
Ste. Ca.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Moral dissuasion
di Marco Travaglio | 16 giugno 2012
Commenti (285)
Presto, appena gli avvocati dei 12 indagati li avranno fotocopiati, saranno pubblici gli atti dell’inchiesta appena chiusa dalla Procura di Palermo sulla trattativa Stato-mafia. Comprese le intercettazioni di alcuni protagonisti: quelli che, non essendo parlamentari, possono essere intercettati.
A quanto si sa, nel maremagno delle bobine depositate, c’è una telefonata che Nicola Mancino, ministro dell’Interno nel 1992-’93 ai tempi della trattativa, poi presidente del Senato, poi vicepresidente del Csm, ora privato cittadino, fece il 6 dicembre 2011: appena uscì dalla Procura di Palermo dov’era stato sentito come testimone.
Evidentemente Mancino si rendeva conto di non aver convinto i pm, che difatti di lì a poco lo indagarono per falsa testimonianza. Dunque chiamò allarmato Loris D’Ambrosio, magistrato, già membro del discusso Alto Commissariato Antimafia ai tempi di Sica, una vita al ministero della Giustizia come consulente di Martelli, vicecapogabinetto di Conso, capogabinetto di Flick, Diliberto e Fassino, poi al Quirinale come consulente di Ciampi e consigliere giuridico di Napolitano.
Cosa vuole il privato cittadino Mancino dall’uomo del Colle? Lagnarsi dei pm di Palermo, i quali pretendono addirittura che dica la verità su due vicende cruciali: il suo incontro con Borsellino il 1° luglio ’92, annotato dal giudice nell’agenda grigia, ma prima negato da Mancino, poi quasi escluso, infine quasi ammesso (“forse gli ho stretto la mano, ma non l’ho riconosciuto”); e sulla strana cacciata di Scotti, fautore della linea dura con i boss insieme a Martelli, dal Viminale per far posto a lui, Mancino, che non fece nulla contro i negoziati del Ros con la mafia (Martelli giura di averlo avvisato), né contro la revoca di 400 e più 41-bis firmata da Conso. Nella drammatica telefonata a D’Ambrosio, Mancino sembra chiedere aiuto per dirottare l’inchiesta palermitana verso procure da lui ritenute più morbide, Caltanissetta o Firenze. Poi lascia cadere una velata minaccia: si dipinge come “un uomo lasciato solo che va protetto”. Si sa come sono gli uomini che si sentono soli: rischiano di doversi cercare compagnia, tirando in ballo “altre persone” (e fa il nome di Scalfaro).
Abbiamo chiesto lumi a Mancino, invano. Invece D’Ambrosio ha risposto a Marco Lillo, ammettendo ciò che peraltro non poteva negare, visto che la telefonata è incisa su nastro, e aggiungendo alcuni particolari sconcertanti. Ma ha taciuto su due questioni decisive: cosa chiese Mancino al Colle? E cosa rispose e/o fece Napolitano? È vero che scrisse al Pg di Cassazione, titolare dell’azione disciplinare? D’Ambrosio dice di non poter rispondere perché vincolato a un inedito segreto presidenziale e perché gli atti del capo dello Stato sono “coperti da immunità”. C’è dunque qualche notizia penalmente rilevante? Di certo si sa soltanto che, dopo la telefonata, Mancino si sentì le spalle coperte e, dotato di quei superpoteri, chiamò il procuratore di Palermo Francesco Messineo, lagnandosi anche con lui dell’operato dei suoi pm. Sarà un caso, ma Messineo ha rifiutato di firmare la chiusura indagini, lasciando soli i suoi pm. Per non lasciare solo Mancino?
Ora una risposta del Quirinale s’impone: non per esigenze giudiziarie, ma per la necessaria trasparenza di ogni atto del capo dello Stato. Nessun privato cittadino, a parte Mancino, può chiamare l’Sos Colle per lamentarsi di un’indagine e poi, forte dell’alto viatico, andare a piangere sulla spalla del capo della Procura che indaga.
In ogni caso il triangolo telefonico Mancino-D’Ambrosio (Napolitano)-Messineo fa finalmente giustizia della pubblicistica oleografica che dipinge lo Stato da una parte e la mafia dall’altra. In questo momento, un pugno di pm solitari cercano la verità sul più turpe affare di Stato della seconda Repubblica: le trattative fra uomini delle istituzioni e uomini della mafia. Tutti gli italiani onesti sono dalla loro parte. Da che parte sta il Quirinale che dovrebbe rappresentarli?
Il Fatto Quotidiano, 16 giugno 2012
di Marco Travaglio | 16 giugno 2012
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Presto, appena gli avvocati dei 12 indagati li avranno fotocopiati, saranno pubblici gli atti dell’inchiesta appena chiusa dalla Procura di Palermo sulla trattativa Stato-mafia. Comprese le intercettazioni di alcuni protagonisti: quelli che, non essendo parlamentari, possono essere intercettati.
A quanto si sa, nel maremagno delle bobine depositate, c’è una telefonata che Nicola Mancino, ministro dell’Interno nel 1992-’93 ai tempi della trattativa, poi presidente del Senato, poi vicepresidente del Csm, ora privato cittadino, fece il 6 dicembre 2011: appena uscì dalla Procura di Palermo dov’era stato sentito come testimone.
Evidentemente Mancino si rendeva conto di non aver convinto i pm, che difatti di lì a poco lo indagarono per falsa testimonianza. Dunque chiamò allarmato Loris D’Ambrosio, magistrato, già membro del discusso Alto Commissariato Antimafia ai tempi di Sica, una vita al ministero della Giustizia come consulente di Martelli, vicecapogabinetto di Conso, capogabinetto di Flick, Diliberto e Fassino, poi al Quirinale come consulente di Ciampi e consigliere giuridico di Napolitano.
Cosa vuole il privato cittadino Mancino dall’uomo del Colle? Lagnarsi dei pm di Palermo, i quali pretendono addirittura che dica la verità su due vicende cruciali: il suo incontro con Borsellino il 1° luglio ’92, annotato dal giudice nell’agenda grigia, ma prima negato da Mancino, poi quasi escluso, infine quasi ammesso (“forse gli ho stretto la mano, ma non l’ho riconosciuto”); e sulla strana cacciata di Scotti, fautore della linea dura con i boss insieme a Martelli, dal Viminale per far posto a lui, Mancino, che non fece nulla contro i negoziati del Ros con la mafia (Martelli giura di averlo avvisato), né contro la revoca di 400 e più 41-bis firmata da Conso. Nella drammatica telefonata a D’Ambrosio, Mancino sembra chiedere aiuto per dirottare l’inchiesta palermitana verso procure da lui ritenute più morbide, Caltanissetta o Firenze. Poi lascia cadere una velata minaccia: si dipinge come “un uomo lasciato solo che va protetto”. Si sa come sono gli uomini che si sentono soli: rischiano di doversi cercare compagnia, tirando in ballo “altre persone” (e fa il nome di Scalfaro).
Abbiamo chiesto lumi a Mancino, invano. Invece D’Ambrosio ha risposto a Marco Lillo, ammettendo ciò che peraltro non poteva negare, visto che la telefonata è incisa su nastro, e aggiungendo alcuni particolari sconcertanti. Ma ha taciuto su due questioni decisive: cosa chiese Mancino al Colle? E cosa rispose e/o fece Napolitano? È vero che scrisse al Pg di Cassazione, titolare dell’azione disciplinare? D’Ambrosio dice di non poter rispondere perché vincolato a un inedito segreto presidenziale e perché gli atti del capo dello Stato sono “coperti da immunità”. C’è dunque qualche notizia penalmente rilevante? Di certo si sa soltanto che, dopo la telefonata, Mancino si sentì le spalle coperte e, dotato di quei superpoteri, chiamò il procuratore di Palermo Francesco Messineo, lagnandosi anche con lui dell’operato dei suoi pm. Sarà un caso, ma Messineo ha rifiutato di firmare la chiusura indagini, lasciando soli i suoi pm. Per non lasciare solo Mancino?
Ora una risposta del Quirinale s’impone: non per esigenze giudiziarie, ma per la necessaria trasparenza di ogni atto del capo dello Stato. Nessun privato cittadino, a parte Mancino, può chiamare l’Sos Colle per lamentarsi di un’indagine e poi, forte dell’alto viatico, andare a piangere sulla spalla del capo della Procura che indaga.
In ogni caso il triangolo telefonico Mancino-D’Ambrosio (Napolitano)-Messineo fa finalmente giustizia della pubblicistica oleografica che dipinge lo Stato da una parte e la mafia dall’altra. In questo momento, un pugno di pm solitari cercano la verità sul più turpe affare di Stato della seconda Repubblica: le trattative fra uomini delle istituzioni e uomini della mafia. Tutti gli italiani onesti sono dalla loro parte. Da che parte sta il Quirinale che dovrebbe rappresentarli?
Il Fatto Quotidiano, 16 giugno 2012
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Re: Come se ne viene fuori ?
STRISCIA ROSSA
16 giugno 2012
Il rigore ad ogni costo ha portato a conflitti politici fra i vari Paesi, a un gioco di ripicche incrociate che ha condotto a incredibili errori I leader hanno perso la capacità di lavorare insieme
Nouriel Roubini
15 giugno 2012
La strada verso l’inferno è fatta di buone intenzioni ma quello che è stato fatto finora è quanto di più lontano ci sia da quell’Europa democratica che i pionieri dell’unità europea avevano sognato
Amartya Sen
14 giugno 2012
L’Europa è condannata a mettersi d’accordo. Il punto è che non deve essere un compromesso al ribasso ma una vera decisione perché la situazione è molto grave. E l’Europa rischia di esplodere
Jean-Paul Fitoussi
13 giugno 2012
A che serve discutere tanto del futuro dell’euro in una situazione di stagnazione, recessione, disoccupazione, debito senza precedenti? Ciò di cui abbiamo bisogno sono soluzioni oggi, subito
Martin Schultz Presidente del Parlamento europeo
12 giugno 2012
Ora ho capito come è nata la crisi degli anni Trenta: troppe economie fragili, un regime monetario rigido, un dibattito acceso sul da farsi, l’idea che soffrire è bello, politici miopi, l’incapacità di cooperare...
Martin Wolf Financial Times
16 giugno 2012
Il rigore ad ogni costo ha portato a conflitti politici fra i vari Paesi, a un gioco di ripicche incrociate che ha condotto a incredibili errori I leader hanno perso la capacità di lavorare insieme
Nouriel Roubini
15 giugno 2012
La strada verso l’inferno è fatta di buone intenzioni ma quello che è stato fatto finora è quanto di più lontano ci sia da quell’Europa democratica che i pionieri dell’unità europea avevano sognato
Amartya Sen
14 giugno 2012
L’Europa è condannata a mettersi d’accordo. Il punto è che non deve essere un compromesso al ribasso ma una vera decisione perché la situazione è molto grave. E l’Europa rischia di esplodere
Jean-Paul Fitoussi
13 giugno 2012
A che serve discutere tanto del futuro dell’euro in una situazione di stagnazione, recessione, disoccupazione, debito senza precedenti? Ciò di cui abbiamo bisogno sono soluzioni oggi, subito
Martin Schultz Presidente del Parlamento europeo
12 giugno 2012
Ora ho capito come è nata la crisi degli anni Trenta: troppe economie fragili, un regime monetario rigido, un dibattito acceso sul da farsi, l’idea che soffrire è bello, politici miopi, l’incapacità di cooperare...
Martin Wolf Financial Times
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Re: Come se ne viene fuori ?
Day after day
Caporetto
Battaglia di Caporetto
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La battaglia di Caporetto, o dodicesima battaglia dell'Isonzo, (in tedesco Schlacht von Karfreit, o zwölfte Isonzoschlacht) venne combattuta durante la prima guerra mondiale tra il Regio Esercito italiano e le forze austro-ungariche e tedesche.
Lo scontro, che iniziò alle ore 2:00 del 24 ottobre 1917, rappresenta tuttora la più grave disfatta dell'esercito italiano[7], tanto che, nella lingua italiana, ancora oggi il termine Caporetto viene utilizzato come sinonimo di sconfitta.
*
Dalla scheda di Fini su Wikipedia
Titolo di studio: laurea in pedagogia
REAZIONI A MONTI
Fini: "La riforma del lavoro
può essere approvata entro il 28"
Dopo l'appello del premier per un sì al disegno di legge prima del Consiglio europeo, il presidente della Camera assicura: "Nessun ostacolo formale a un via libero rapido ma bisogna che Pd e Pdl, contrariamente a quanto successo finora, ne condividano la necessità"
ROMA - Il presidente della Camera risponde a quello del Consiglio. "Non ci sono ostacoli al varo della riforma del lavoro entro il 28 giugno", dice Gianfranco Fini. Parole che arrivano dopo l'appello pronunciato ieri 1 da Mario Monti a Bologna, nell'ambito di Repubblica delle Idee. "Devo arrivare al Consiglio europeo con la legge sul mercato del lavoro approvata, altrimenti l'Italia perde punti", aveva detto il premier scusandosi anche per questa richiesta alle Camere.
http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... ef=HREC1-5
*
C'aggia fà,.. se allà ce sta ‘o professore de pedagogia?
C'aggia fà, se di politica industriale nun c’azzecca manco morto???
C'aggia fà, se di politica commerciale nun c’azzecca manco morto???
C'aggia fà, se ce sta ‘nantro professore che dovrebbe sape ma invece nun sape per niente???
La riforma del lavoro nel contesto attuale è l’ultima delle riforme da attuare.
Prima di quella ci stanno moltissime altre riforme della società italiana, che determinano poi l'assetto finale della riforma del lavoro.
Che minchia di riforma del lavoro stanno cianciando, se il lavoratore Littorio Feltri, porta a casa 700 mila euro l'anno e Gennaro Esposito a malapena 13 mila e 800 euro l'anno?
I Professori fanno finta di non sape che con “I mandarini” siamo in guerra commerciale da più di dieci anni e che ci stanno annientando su tutti i fronti.
Sui mercati internazionali ci stroncano sui prezzi, per non parlare degli appalti e delle gare d’appalto.
Forse Monti e Fini non sanno che la Cina domina incontrastata in Africa e che per noi non c’è trippa per gatti????
Sui mercati europei la Cina è vincente.
Di conseguenza le nostre aziende non reggono il confronto e chiudono.
Malgrado l’altissimo tasso di disoccupazione, soprattutto giovanile, alcuni lavori gli italiani non li vogliono più fare.
Non so come stia la situazione in altre città italiane, parlo solo di quelle che conosco. SSG, Milano e l'hinterland.
I cinesi sono dappertutto. Ristoranti, alberghi, parrucchieri uomo/donna, edicole, edicole del metrò, tabaccherie, bar, negozi di scarpe, sartorie, riparazione scarpe, minimarket di frutta e verdura, giocattoli, pelletteria, piccoli super mercatini.
Fuori Torino gestiscono un supermercatone sempre pieno. Sempre a Torino, in qualche ristorante ci lavorano cinesi che non prendono neppure la paga. Si accontentano di vitto e alloggio. Perché per loro è già un lusso sopravvivere in questo modo.
Passerrotto, madama Frignero, e tutto il resto della compagnia di giro, ci raccontano in continuazione che stanno lavorando per dare lavoro ai giovani.
Ma quale lavoro ai giovani se tantissimi posti vengono occupati dai cinesi perché gli italiani non intendono più fare il parrucchiere, o stare dietro un banco di un bar o di una tabaccheria?
Monti, Passerotto & Co, non si rendono conto della macchina da guerra messa in piedi dai figli della terra del Dragone.
Il distretto di Prato, punta di diamante della ex tessitura italiana, è in mano ai mandarini da tempo.
E adesso ci stanno per fare un altro bel servizietto, nella totale disattenzione della inetta classe politica italiana e dei cosiddetti Professori.
*
L’invasione del vino cinese
16/05/2012 -
Il gigante asiatico è sempre stato un grande importatore di prodotti europei ma oggi vuole vendere
Il Telegraph ci racconta della prossima invasione sul mercato mondiale del vino di fattura cinese, a dimostrazione che il settore nonostante sia attivo da circa ottomila anni possa ancora garantire ottimi margini di successo.
EVOLUZIONE - Dopo Italia, Francia, Stati Uniti ora è il turno del gigante asiatico per eccellenza, la Cina, il quale è il primo importatore al mondo di vini di pregio, venduti soprattutto a Hong Kong. Ormai i tempi sono cambiati anche nei gusti. Se prima il vino importato veniva “tagliato” con bevande tipo Coca Cola e Fanta, oggi i cinesi si dimostrano palati molto più fini del passato tanto che non esitano ad acquistare bottiglie dal valore di trentamila euro. Il fatto che oggi la Cina sia terra d’importazione non nega un altro dato importante: dal Paese parte, diretto a tutto il mondo, altro vino come il “Jia Bei Lan”, un cabernet sauvignon prodotto nella provincia centrale di Ningxia e vincitore di prestigiosi premi internazionali. Una bottiglia costa circa 45 euro ed è caratterizzata “dalla qualità dell’uva e dal sapore deciso”.
CI MANCAVA GIUSTO LA CINA - Come dire, mancava l’invasione cinese in uno dei mercati in cui storicamente l’Italia è tra i leader incontrastati, insieme alla Francia. Com’è stato possibile che un paese come la Cina nel quale, ripetiamo, il vino veniva tagliato a tavola con la Coca Cola ora possa vantare una produzione di assoluto rispetto? Ogni tipo di vitigno deriva dalla stessa pianta, la vite, nata in Asia Minore e da lì diffusa in tutto il mondo.
ESASPERAZIONE - La continua esasperazione della ricerca della qualità ha fatto si che le piante si siano progressivamente indebolite al punto che per avere un raccolto efficace senza alcuna paura di malattie è necessario bombardarle con agenti chimici di varia natura, i quali non potranno più essere usati in Europa a partire dal 2013. La continua modifica dell’uva e delle piante porta a una difficile identificazione del sapore e del gusto. Tutto diventa meno buono ma basta inventarsi una nuova definizione e una bella etichetta per conquistare quote di mercato e vendersi come “intenditore di vini”.
GEMELLAGGIO - Nonostante la produzione cinese inizi a spaventare i viticoltori nostrani, il legame commerciale tra Italia e Cina è sempre più unito grazie alle esportazioni dal nostro Paese di prodotti di qualità, vedi la recente visita asiatica dei rappresentanti del Consorzio Prosecco Doc, ospiti del Governatore della Provincia dello Shaanxi gemellata con Treviso. Per tutta risposta sono arrivati nella città veneta lo scorso 11 maggio alcuni importatori asiatici, tra cui il Direttore Import-Export del settore agroalimentare della Camera di Commercio di Pechino.
L’IMPORTANZA DELLA FORMAZIONE - “Il potenziale sviluppo del Prosecco guarda in due direzioni: a Ovest verso gli Usa, a est verso le Cina. Negli Stati Uniti il mercato è già ricettivo, mentre in Cina bisogna lavorare sulla formazione della clientela”, ha detto l’esponente del gruppo vini di Unindustria Luca Tombacco il quale ha aggiunto: “purtroppo questa non è ancora pronta per i prodotti italiani. E’ necessario che s’investa in formazione e promozione”.
UN MILIONE DI BOTTIGLIE - Il presidente del Consozio Prosecco Doc Fulvio Brunetta ha aggiunto: “Il mercato cinese costituisce uno sbocco cruciale per il Prosecco. Specialmente considerando il trend di crescita della produzione, che di fatto potrebbe raddoppiare entro i prossimi due anni passando dagli attuali 200 milioni ai 400 milioni di bottiglie stimate per il 2014. La nostra quota export finora rappresenta il 60% dell’intera produzione ma sono solo un milione le bottiglie che arrivano in Cina. Ci sono davvero molte potenzialità ancora da esprimere e il mercato cinese siamo certi potrebbe riservarci delle vere soddisfazioni”.
Ai vostri figli e nipoti, dite che smettano di imparare l'inglese, .... se vogliono sopravvivere devono imparare il cinese.................
E Monti pretende la legge di riforma del lavoro per il 28 di giugno,...........cose da chiodi..............e Gianfrà risponde ; Gnorsì!!!!!!!
A.A.A. Nuovo Alcide De Gasperi e Luigi Einaudi......cercasi......
Caporetto
Battaglia di Caporetto
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La battaglia di Caporetto, o dodicesima battaglia dell'Isonzo, (in tedesco Schlacht von Karfreit, o zwölfte Isonzoschlacht) venne combattuta durante la prima guerra mondiale tra il Regio Esercito italiano e le forze austro-ungariche e tedesche.
Lo scontro, che iniziò alle ore 2:00 del 24 ottobre 1917, rappresenta tuttora la più grave disfatta dell'esercito italiano[7], tanto che, nella lingua italiana, ancora oggi il termine Caporetto viene utilizzato come sinonimo di sconfitta.
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Dalla scheda di Fini su Wikipedia
Titolo di studio: laurea in pedagogia
REAZIONI A MONTI
Fini: "La riforma del lavoro
può essere approvata entro il 28"
Dopo l'appello del premier per un sì al disegno di legge prima del Consiglio europeo, il presidente della Camera assicura: "Nessun ostacolo formale a un via libero rapido ma bisogna che Pd e Pdl, contrariamente a quanto successo finora, ne condividano la necessità"
ROMA - Il presidente della Camera risponde a quello del Consiglio. "Non ci sono ostacoli al varo della riforma del lavoro entro il 28 giugno", dice Gianfranco Fini. Parole che arrivano dopo l'appello pronunciato ieri 1 da Mario Monti a Bologna, nell'ambito di Repubblica delle Idee. "Devo arrivare al Consiglio europeo con la legge sul mercato del lavoro approvata, altrimenti l'Italia perde punti", aveva detto il premier scusandosi anche per questa richiesta alle Camere.
http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... ef=HREC1-5
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C'aggia fà,.. se allà ce sta ‘o professore de pedagogia?
C'aggia fà, se di politica industriale nun c’azzecca manco morto???
C'aggia fà, se di politica commerciale nun c’azzecca manco morto???
C'aggia fà, se ce sta ‘nantro professore che dovrebbe sape ma invece nun sape per niente???
La riforma del lavoro nel contesto attuale è l’ultima delle riforme da attuare.
Prima di quella ci stanno moltissime altre riforme della società italiana, che determinano poi l'assetto finale della riforma del lavoro.
Che minchia di riforma del lavoro stanno cianciando, se il lavoratore Littorio Feltri, porta a casa 700 mila euro l'anno e Gennaro Esposito a malapena 13 mila e 800 euro l'anno?
I Professori fanno finta di non sape che con “I mandarini” siamo in guerra commerciale da più di dieci anni e che ci stanno annientando su tutti i fronti.
Sui mercati internazionali ci stroncano sui prezzi, per non parlare degli appalti e delle gare d’appalto.
Forse Monti e Fini non sanno che la Cina domina incontrastata in Africa e che per noi non c’è trippa per gatti????
Sui mercati europei la Cina è vincente.
Di conseguenza le nostre aziende non reggono il confronto e chiudono.
Malgrado l’altissimo tasso di disoccupazione, soprattutto giovanile, alcuni lavori gli italiani non li vogliono più fare.
Non so come stia la situazione in altre città italiane, parlo solo di quelle che conosco. SSG, Milano e l'hinterland.
I cinesi sono dappertutto. Ristoranti, alberghi, parrucchieri uomo/donna, edicole, edicole del metrò, tabaccherie, bar, negozi di scarpe, sartorie, riparazione scarpe, minimarket di frutta e verdura, giocattoli, pelletteria, piccoli super mercatini.
Fuori Torino gestiscono un supermercatone sempre pieno. Sempre a Torino, in qualche ristorante ci lavorano cinesi che non prendono neppure la paga. Si accontentano di vitto e alloggio. Perché per loro è già un lusso sopravvivere in questo modo.
Passerrotto, madama Frignero, e tutto il resto della compagnia di giro, ci raccontano in continuazione che stanno lavorando per dare lavoro ai giovani.
Ma quale lavoro ai giovani se tantissimi posti vengono occupati dai cinesi perché gli italiani non intendono più fare il parrucchiere, o stare dietro un banco di un bar o di una tabaccheria?
Monti, Passerotto & Co, non si rendono conto della macchina da guerra messa in piedi dai figli della terra del Dragone.
Il distretto di Prato, punta di diamante della ex tessitura italiana, è in mano ai mandarini da tempo.
E adesso ci stanno per fare un altro bel servizietto, nella totale disattenzione della inetta classe politica italiana e dei cosiddetti Professori.
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L’invasione del vino cinese
16/05/2012 -
Il gigante asiatico è sempre stato un grande importatore di prodotti europei ma oggi vuole vendere
Il Telegraph ci racconta della prossima invasione sul mercato mondiale del vino di fattura cinese, a dimostrazione che il settore nonostante sia attivo da circa ottomila anni possa ancora garantire ottimi margini di successo.
EVOLUZIONE - Dopo Italia, Francia, Stati Uniti ora è il turno del gigante asiatico per eccellenza, la Cina, il quale è il primo importatore al mondo di vini di pregio, venduti soprattutto a Hong Kong. Ormai i tempi sono cambiati anche nei gusti. Se prima il vino importato veniva “tagliato” con bevande tipo Coca Cola e Fanta, oggi i cinesi si dimostrano palati molto più fini del passato tanto che non esitano ad acquistare bottiglie dal valore di trentamila euro. Il fatto che oggi la Cina sia terra d’importazione non nega un altro dato importante: dal Paese parte, diretto a tutto il mondo, altro vino come il “Jia Bei Lan”, un cabernet sauvignon prodotto nella provincia centrale di Ningxia e vincitore di prestigiosi premi internazionali. Una bottiglia costa circa 45 euro ed è caratterizzata “dalla qualità dell’uva e dal sapore deciso”.
CI MANCAVA GIUSTO LA CINA - Come dire, mancava l’invasione cinese in uno dei mercati in cui storicamente l’Italia è tra i leader incontrastati, insieme alla Francia. Com’è stato possibile che un paese come la Cina nel quale, ripetiamo, il vino veniva tagliato a tavola con la Coca Cola ora possa vantare una produzione di assoluto rispetto? Ogni tipo di vitigno deriva dalla stessa pianta, la vite, nata in Asia Minore e da lì diffusa in tutto il mondo.
ESASPERAZIONE - La continua esasperazione della ricerca della qualità ha fatto si che le piante si siano progressivamente indebolite al punto che per avere un raccolto efficace senza alcuna paura di malattie è necessario bombardarle con agenti chimici di varia natura, i quali non potranno più essere usati in Europa a partire dal 2013. La continua modifica dell’uva e delle piante porta a una difficile identificazione del sapore e del gusto. Tutto diventa meno buono ma basta inventarsi una nuova definizione e una bella etichetta per conquistare quote di mercato e vendersi come “intenditore di vini”.
GEMELLAGGIO - Nonostante la produzione cinese inizi a spaventare i viticoltori nostrani, il legame commerciale tra Italia e Cina è sempre più unito grazie alle esportazioni dal nostro Paese di prodotti di qualità, vedi la recente visita asiatica dei rappresentanti del Consorzio Prosecco Doc, ospiti del Governatore della Provincia dello Shaanxi gemellata con Treviso. Per tutta risposta sono arrivati nella città veneta lo scorso 11 maggio alcuni importatori asiatici, tra cui il Direttore Import-Export del settore agroalimentare della Camera di Commercio di Pechino.
L’IMPORTANZA DELLA FORMAZIONE - “Il potenziale sviluppo del Prosecco guarda in due direzioni: a Ovest verso gli Usa, a est verso le Cina. Negli Stati Uniti il mercato è già ricettivo, mentre in Cina bisogna lavorare sulla formazione della clientela”, ha detto l’esponente del gruppo vini di Unindustria Luca Tombacco il quale ha aggiunto: “purtroppo questa non è ancora pronta per i prodotti italiani. E’ necessario che s’investa in formazione e promozione”.
UN MILIONE DI BOTTIGLIE - Il presidente del Consozio Prosecco Doc Fulvio Brunetta ha aggiunto: “Il mercato cinese costituisce uno sbocco cruciale per il Prosecco. Specialmente considerando il trend di crescita della produzione, che di fatto potrebbe raddoppiare entro i prossimi due anni passando dagli attuali 200 milioni ai 400 milioni di bottiglie stimate per il 2014. La nostra quota export finora rappresenta il 60% dell’intera produzione ma sono solo un milione le bottiglie che arrivano in Cina. Ci sono davvero molte potenzialità ancora da esprimere e il mercato cinese siamo certi potrebbe riservarci delle vere soddisfazioni”.
Ai vostri figli e nipoti, dite che smettano di imparare l'inglese, .... se vogliono sopravvivere devono imparare il cinese.................
E Monti pretende la legge di riforma del lavoro per il 28 di giugno,...........cose da chiodi..............e Gianfrà risponde ; Gnorsì!!!!!!!
A.A.A. Nuovo Alcide De Gasperi e Luigi Einaudi......cercasi......
Re: Come se ne viene fuori ?
Zio dalla concorrenza e dalle manovre espansionistiche cinesi si salvano solo quei pochissimi paesi che nel passato hanno avuto classi dirigenti più rigorose e meno corrotte. quel pò di muro che si può fare si deve fare a livello europeo e Monti deve tentare di riallinearci a livelli accettabili dopo 20 ani di mignotte e altri 20 precedenti di "milano da bere" .
cose già dette...
mi aspettavo che scalfari facesse un editoriale nel merito dell'intervista a monti ( che ho visto interamente) e invece no, come mai secondo te ?
secondo me perchè si è convinto della bontà delle risposte e della "visione" , per quanto grave e per certi versi inaccettabile gli sarà sembrata l'unica strada pure a lui.
ma voi siete veramente convinti che il pd , questo pd , al governo avrebbe fatto una patrimoniale come la sognate ?
siete convinti che non ha Amici , e amici di amici? ( società miste fra coop-ligresti ....sui giornali in questi giorni.... and so on )
Monti ha fatto un favore al PD , grossissimo , levandolo dai carboni ardenti.
sui giovani italiani e il lavoro ci ritorno perchè ora devo scappare .
....
cose già dette...
mi aspettavo che scalfari facesse un editoriale nel merito dell'intervista a monti ( che ho visto interamente) e invece no, come mai secondo te ?
secondo me perchè si è convinto della bontà delle risposte e della "visione" , per quanto grave e per certi versi inaccettabile gli sarà sembrata l'unica strada pure a lui.
ma voi siete veramente convinti che il pd , questo pd , al governo avrebbe fatto una patrimoniale come la sognate ?
siete convinti che non ha Amici , e amici di amici? ( società miste fra coop-ligresti ....sui giornali in questi giorni.... and so on )
Monti ha fatto un favore al PD , grossissimo , levandolo dai carboni ardenti.
sui giovani italiani e il lavoro ci ritorno perchè ora devo scappare .
....
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Re: Come se ne viene fuori ?
mi aspettavo che scalfari facesse un editoriale nel merito dell'intervista a monti ( che ho visto interamente) e invece no, come mai secondo te ?
secondo me perchè si è convinto della bontà delle risposte e della "visione" , per quanto grave e per certi versi inaccettabile gli sarà sembrata l'unica strada pure a lui.
Amadeus
Si, è così.
Quando il Quarto potere rinuncia alla sua funzione spunta inevitabilmente il regime. Scalfari, Mauro e La Repubblica hanno palesemente rinunciato sabato scorso alla loro funzione, offrendo inginocchiati una passerella stile Wanda Osiris a Monti che è stato ben contento di percorrere anche se non portava le piume e sculettava come la Wandona. Ovviamente è stato anche un grande spottone per il quotidiano romano l’aver ospitato il premier italiano, evento piuttosto raro per un quotidiano italiano.
L’invidia dei colleghi si è subito percepita nei loro commenti a bordo campo.
Non stupisce affatto però questo comportamento del gotha del primo giornale d’Italia perché fa parte dello stile del giornalismo maccheronico-spaghettaro tricolore. Invece è ben diverso lo stile del giornalismo anglosassone, in modo particolare di quello dell’altra sponda dell’Atlantico.
Qui se lo scordano che due giornalisti possano mandare a casa il presidente della nazione più potente della terra con una semplice inchiesta. Mi riferisco al Watergate che mandò a casa Nixon.
Trovo particolarmente fastidioso il palese comportamento da Asilo Mariuccia del giornale romano nell’usare due pesi e due misure. Quando ha preso di punta Berlusconi due anni fa, ponendogli quotidianamente 10 domande, faceva bene, perché la funzione del giornalismo (Non a caso viene definito Quarto potere) è questo. Lo sta rifacendo ora con il Celeste, pubblicando tutti i giorni la domanda perché non risponde:
<<Signor presidente perché non vuole o non è in grado di esibire la distinta bancaria dalla quale risulta che effettivamente lei ha rimborsato a Daccò le spese relative ai capodanni 2008, 2009, e 2010?>>
Mi infastidisce notevolmente il comportamento dei due pesi e due misure. Duro con gli avversari-nemici, soft-accondiscendente con gli amici, o presunti tali.
A quel punto diventi poco credibile.
Poi non puoi chiedere ai lettori di fare delle domande da rivolgere al premier e dopo averne selezionate 10 non farle a Monti. E’ la solita presa per il kulen, dove i media tentano di portarti a spasso dove vogliono loro.
Quanto a :
…..si è convinto della bontà delle risposte e della "visione" , per quanto grave e per certi versi inaccettabile gli sarà sembrata l'unica strada pure a lui.
Esprime tutta la drammaticità della situazione italiana, una vera tragedia greca.
Lo ha ribadito ancora una volta Mario Monti dal palco bolognese dopo averlo espresso qualche giorno prima e regolarmente riportato da un cronista de La Repubblica.
<<Mi sono convinto della necessità di una legge anticorruzione quando ho chiesto all’emiro del Qatar di investire in Italia. Ha risposto di no per via dell’eccesso di corruzione>>.
Caaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaazzzzzzzarola, è una risposta aggiacchiante.
Non me ne sarei preoccupato più di tanto se questa risposta l’avesse fornita il primo ministro, medico agopunturista Domenico Scilitopi. Non potrei pretendere tanto.
Ma qui siamo in presenza di uno dei più stimati economisti italiani a livello internazionale.
Quando il dottor Giampaolino, presidente della Corte dei Conti, e prima di lui altri, hanno dichiarato che alle casse dello Stato vengono sottratti ogni anno 60 mila miliardi di euro (in realtà più di 100 mila perché l’organico della Corte dei Conti è quello che è e non può aumentare, oltre al fatto di avere a disposizioni mezzi economici ridotti), il Professor Monti dove stava? In viaggio premio su Venere?
E ci vuole l’emiro del Qatar per fargli capire che la legge anticorruzione, quella vera, non certo questo brodino pro casta, è l’architrave delle riforme??????
Soprattutto in chiave economica,….ma in particolar modo se sei stato chiamato a fare il curatore fallimentare del prossimo caro estinto.
Lui con i suoi collaboratori pippaioli, hanno passato mesi sprecati inutilmente a raccontare che l’articolo 18 era assolutamente necessario per sbloccare gli investimenti esteri in Italia (esiste una dichiarazione specifica di Mario Monti in merito), per poi rendersi conto oltre la metà di giugno, dopo 7 mesi di governo, che la legge anticorruzione è necessaria?
Emerite cazzate ideologiche imposte da altri. In merito cito Crosetto, Pdl, a Piazzapulita, nell’autunno 2011 (poi vado a farmi un bagno purificatore nella pece bollente), quando affermava che agli imprenditori, dell’articolo 18 in azienda in quel momento gliene poteva ffregà de meno, perché i problemi aziendali delle imprese italiane sono ben altri. Infatti gli imprenditori italiani che si sono suicidati non l’hanno fatto di certo in nome dell’articolo 18.
Ma tanto vale l’italietta è questa e mi sono preso l’ergastolo a dover sentire in continuazione la Treccani delle minchiate. C’aggià fa?
C’è da spararsi con questi Schettino sulla plancia di comando del Concordia Italia.
secondo me perchè si è convinto della bontà delle risposte e della "visione" , per quanto grave e per certi versi inaccettabile gli sarà sembrata l'unica strada pure a lui.
Amadeus
Si, è così.
Quando il Quarto potere rinuncia alla sua funzione spunta inevitabilmente il regime. Scalfari, Mauro e La Repubblica hanno palesemente rinunciato sabato scorso alla loro funzione, offrendo inginocchiati una passerella stile Wanda Osiris a Monti che è stato ben contento di percorrere anche se non portava le piume e sculettava come la Wandona. Ovviamente è stato anche un grande spottone per il quotidiano romano l’aver ospitato il premier italiano, evento piuttosto raro per un quotidiano italiano.
L’invidia dei colleghi si è subito percepita nei loro commenti a bordo campo.
Non stupisce affatto però questo comportamento del gotha del primo giornale d’Italia perché fa parte dello stile del giornalismo maccheronico-spaghettaro tricolore. Invece è ben diverso lo stile del giornalismo anglosassone, in modo particolare di quello dell’altra sponda dell’Atlantico.
Qui se lo scordano che due giornalisti possano mandare a casa il presidente della nazione più potente della terra con una semplice inchiesta. Mi riferisco al Watergate che mandò a casa Nixon.
Trovo particolarmente fastidioso il palese comportamento da Asilo Mariuccia del giornale romano nell’usare due pesi e due misure. Quando ha preso di punta Berlusconi due anni fa, ponendogli quotidianamente 10 domande, faceva bene, perché la funzione del giornalismo (Non a caso viene definito Quarto potere) è questo. Lo sta rifacendo ora con il Celeste, pubblicando tutti i giorni la domanda perché non risponde:
<<Signor presidente perché non vuole o non è in grado di esibire la distinta bancaria dalla quale risulta che effettivamente lei ha rimborsato a Daccò le spese relative ai capodanni 2008, 2009, e 2010?>>
Mi infastidisce notevolmente il comportamento dei due pesi e due misure. Duro con gli avversari-nemici, soft-accondiscendente con gli amici, o presunti tali.
A quel punto diventi poco credibile.
Poi non puoi chiedere ai lettori di fare delle domande da rivolgere al premier e dopo averne selezionate 10 non farle a Monti. E’ la solita presa per il kulen, dove i media tentano di portarti a spasso dove vogliono loro.
Quanto a :
…..si è convinto della bontà delle risposte e della "visione" , per quanto grave e per certi versi inaccettabile gli sarà sembrata l'unica strada pure a lui.
Esprime tutta la drammaticità della situazione italiana, una vera tragedia greca.
Lo ha ribadito ancora una volta Mario Monti dal palco bolognese dopo averlo espresso qualche giorno prima e regolarmente riportato da un cronista de La Repubblica.
<<Mi sono convinto della necessità di una legge anticorruzione quando ho chiesto all’emiro del Qatar di investire in Italia. Ha risposto di no per via dell’eccesso di corruzione>>.
Caaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaazzzzzzzarola, è una risposta aggiacchiante.
Non me ne sarei preoccupato più di tanto se questa risposta l’avesse fornita il primo ministro, medico agopunturista Domenico Scilitopi. Non potrei pretendere tanto.
Ma qui siamo in presenza di uno dei più stimati economisti italiani a livello internazionale.
Quando il dottor Giampaolino, presidente della Corte dei Conti, e prima di lui altri, hanno dichiarato che alle casse dello Stato vengono sottratti ogni anno 60 mila miliardi di euro (in realtà più di 100 mila perché l’organico della Corte dei Conti è quello che è e non può aumentare, oltre al fatto di avere a disposizioni mezzi economici ridotti), il Professor Monti dove stava? In viaggio premio su Venere?
E ci vuole l’emiro del Qatar per fargli capire che la legge anticorruzione, quella vera, non certo questo brodino pro casta, è l’architrave delle riforme??????
Soprattutto in chiave economica,….ma in particolar modo se sei stato chiamato a fare il curatore fallimentare del prossimo caro estinto.
Lui con i suoi collaboratori pippaioli, hanno passato mesi sprecati inutilmente a raccontare che l’articolo 18 era assolutamente necessario per sbloccare gli investimenti esteri in Italia (esiste una dichiarazione specifica di Mario Monti in merito), per poi rendersi conto oltre la metà di giugno, dopo 7 mesi di governo, che la legge anticorruzione è necessaria?
Emerite cazzate ideologiche imposte da altri. In merito cito Crosetto, Pdl, a Piazzapulita, nell’autunno 2011 (poi vado a farmi un bagno purificatore nella pece bollente), quando affermava che agli imprenditori, dell’articolo 18 in azienda in quel momento gliene poteva ffregà de meno, perché i problemi aziendali delle imprese italiane sono ben altri. Infatti gli imprenditori italiani che si sono suicidati non l’hanno fatto di certo in nome dell’articolo 18.
Ma tanto vale l’italietta è questa e mi sono preso l’ergastolo a dover sentire in continuazione la Treccani delle minchiate. C’aggià fa?
C’è da spararsi con questi Schettino sulla plancia di comando del Concordia Italia.
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