Circolano in rete...
Re: La Questione Monti
ma che d'è ???? casomai fa scendere il debito pubblico, con due B magari, la prossima volta ...
mariok ma ndove l'hai trovato uno che si chiama chupo
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Re: La Questione Monti
Che schifo...
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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Re: La Questione Monti
per cosa? per "publico" con una b? per "chupo"? o per la domanda?peanuts ha scritto:Che schifo...
@Amadeus... e se aprissimo un 3d per le cavolate che circolano in rete?
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Re: Circolano in rete...
vabbè...tanto per rimanere nelle cavolate di cattivo gusto:
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" LA SVELTINA SQUINZI - CAMUSSO -"
http://www.forumista.net/viewtopic.php? ... 1a07acf77c
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BERSANI NON PUO' INDOSSARE IL REGGIPETTO DELLA CAMUSSO
http://www.forumista.net/viewtopic.php? ... 1a07acf77c
faccio solo presente che noi tutti ,
chi più chi meno,
c'ha speso parecchi anni su quel forum il cui admin ora non sa far altro che offendere,
bannare,cestinare ed usare un linguaggio da maniaco come quello riportato sopra...
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c'ha speso parecchi anni su quel forum il cui admin ora non sa far altro che offendere,
bannare,cestinare ed usare un linguaggio da maniaco come quello riportato sopra...
Re: Circolano in rete...
bella! mariok... mi piace il topic....
ma possiamo usarlo anche per le cose belle/ particolari che circolano in rete ?
tipo questa :
http://www.ilpost.it/2012/07/11/fiori-d ... ografiche/
o questa ...
http://www.ilpost.it/2012/06/11/little- ... st-5-blog/
ma possiamo usarlo anche per le cose belle/ particolari che circolano in rete ?
tipo questa :
http://www.ilpost.it/2012/07/11/fiori-d ... ografiche/
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Re: Circolano in rete...
da rassegna stampa
Hollande sceglie la strada opposta: il dialogo sociale
12 luglio 2012
Proprio mentre il presidente del Consiglio, parlando all’Assemblea dell’ Abi, dedica una parte del suo intervento al ridimensionamento del ruolo della concertazione con le parti sociali, accusata di aver favorito solo interessi di parte e mai interessi di carattere generale, in Francia si svolgono due giornate degli Stati generali della concertazione. Nella prima giornata discutono di metodo e senso della concertazione il presidente Hollande con i segretari delle organizzazioni sindacali francesi e i presidenti delle associazioni di impresa, nella seconda il confronto prosegue sui temi dell’agenda economica e sociale, a partire dall’occupazione per finire con il lavoro pubblico, alla presenza del nuovo primo ministro al quale sono anche affidate le conclusioni del confronto.
Chi dunque, tra Monti e Hollande, compie la scelta giusta e chi quella sbagliata? E perché la Francia con forza rilancia il dialogo sociale e addirittura la concertazione per aumentare la coesione sociale e politica nel corso di una crisi così insidiosa mentre il governo italiano fa e teorizza il suo contrario? Non c’è solo questa anomalia che colpisce e stupisce. C’è insieme un problema ancora più grande. È corretto quello che Monti ha detto? È proprio vero che in Italia la concertazione ha avuto un ruolo così negativo? È corretto, se si pensa ai primi anni ’90 con i governi di Amato e Ciampi, ritenere che la concertazione, invece di salvare il Paese, ne preparò in realtà negativamente il futuro? Se poi ci si volesse riferire al rischio vero, cioé al fatto che un consociativismo deteriore può a volte far prevalere una logica corporativa rispetto all’interesse generale, perché confondere i piani e chiamare a risponderne un metodo che, quando è gestito correttamente e senza confusioni di ruoli, non ha alternative migliori nella esperienza democratica europea?
Non è facile dare una risposta a queste domande e neanche capire cosa abbia motivato un’affermazione che di solito ha connotati molto di destra e non è mai stata fatta propria dal fior fiore dei governi a guida tecnica avuti in Italia. Lo stesso Monti solo due anni fa era stato invitato al congresso della Confederazione europea dei sindacati dove aveva svolto un intervento molto attento al ruolo del sindacalismo e del mondo del lavoro, e anche in ragione di questo venne molto apprezzato. E quel congresso si svolse ad Atene, in una città già percorsa da proteste e manifestazioni sindacali.
Qualunque sia la risposta, bisogna solo sperare che questa non tragga origine dalle posizioni prese dai sindacati verso singole misure assunte dal governo, anche perché l’uso della critica, la richiesta di cambiamento o di correzione di errori o sottovalutazioni compiuti, è l’essenza di una democrazia.
Resta il paradosso. Con la concertazione si è salvato il Paese dalla bancarotta nel ’92, si è praticata la politica dei redditi a partire dagli accordi del ’93 e si è riusciti ad entrare nell’euro. La destra al governo non l’ha più praticata negli ultimi dodici anni, gli anni del declino, e spesso ha lavorato a dividere i sindacati e le parti sociali. È la non concertazione che ci ha portato dove siamo, se si vuole guardare alla realtà dei fatti nel rispetto delle vicende storiche dell’ultimo ventennio.
Resta poi un’ultima e non capziosa domanda. Per affrontare una discussione di questo tipo non era preferibile una sede diretta di discussione e confronto? E con tutto il rispetto, era proprio il mondo delle banche e della finanza la sede migliore per parlare di responsabilità e limiti della concertazione,di equità sociale e difesa dei giovani?
Hollande sceglie la strada opposta: il dialogo sociale
12 luglio 2012
Proprio mentre il presidente del Consiglio, parlando all’Assemblea dell’ Abi, dedica una parte del suo intervento al ridimensionamento del ruolo della concertazione con le parti sociali, accusata di aver favorito solo interessi di parte e mai interessi di carattere generale, in Francia si svolgono due giornate degli Stati generali della concertazione. Nella prima giornata discutono di metodo e senso della concertazione il presidente Hollande con i segretari delle organizzazioni sindacali francesi e i presidenti delle associazioni di impresa, nella seconda il confronto prosegue sui temi dell’agenda economica e sociale, a partire dall’occupazione per finire con il lavoro pubblico, alla presenza del nuovo primo ministro al quale sono anche affidate le conclusioni del confronto.
Chi dunque, tra Monti e Hollande, compie la scelta giusta e chi quella sbagliata? E perché la Francia con forza rilancia il dialogo sociale e addirittura la concertazione per aumentare la coesione sociale e politica nel corso di una crisi così insidiosa mentre il governo italiano fa e teorizza il suo contrario? Non c’è solo questa anomalia che colpisce e stupisce. C’è insieme un problema ancora più grande. È corretto quello che Monti ha detto? È proprio vero che in Italia la concertazione ha avuto un ruolo così negativo? È corretto, se si pensa ai primi anni ’90 con i governi di Amato e Ciampi, ritenere che la concertazione, invece di salvare il Paese, ne preparò in realtà negativamente il futuro? Se poi ci si volesse riferire al rischio vero, cioé al fatto che un consociativismo deteriore può a volte far prevalere una logica corporativa rispetto all’interesse generale, perché confondere i piani e chiamare a risponderne un metodo che, quando è gestito correttamente e senza confusioni di ruoli, non ha alternative migliori nella esperienza democratica europea?
Non è facile dare una risposta a queste domande e neanche capire cosa abbia motivato un’affermazione che di solito ha connotati molto di destra e non è mai stata fatta propria dal fior fiore dei governi a guida tecnica avuti in Italia. Lo stesso Monti solo due anni fa era stato invitato al congresso della Confederazione europea dei sindacati dove aveva svolto un intervento molto attento al ruolo del sindacalismo e del mondo del lavoro, e anche in ragione di questo venne molto apprezzato. E quel congresso si svolse ad Atene, in una città già percorsa da proteste e manifestazioni sindacali.
Qualunque sia la risposta, bisogna solo sperare che questa non tragga origine dalle posizioni prese dai sindacati verso singole misure assunte dal governo, anche perché l’uso della critica, la richiesta di cambiamento o di correzione di errori o sottovalutazioni compiuti, è l’essenza di una democrazia.
Resta il paradosso. Con la concertazione si è salvato il Paese dalla bancarotta nel ’92, si è praticata la politica dei redditi a partire dagli accordi del ’93 e si è riusciti ad entrare nell’euro. La destra al governo non l’ha più praticata negli ultimi dodici anni, gli anni del declino, e spesso ha lavorato a dividere i sindacati e le parti sociali. È la non concertazione che ci ha portato dove siamo, se si vuole guardare alla realtà dei fatti nel rispetto delle vicende storiche dell’ultimo ventennio.
Resta poi un’ultima e non capziosa domanda. Per affrontare una discussione di questo tipo non era preferibile una sede diretta di discussione e confronto? E con tutto il rispetto, era proprio il mondo delle banche e della finanza la sede migliore per parlare di responsabilità e limiti della concertazione,di equità sociale e difesa dei giovani?
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