Cittadino Presidente
Re: Cittadino Presidente
Ormai non si salva niente e nessuno.
LE INDAGINI SULLA TRATTATIVA STATO-MAFIA
«Conflitto fra poteri dello Stato»
Napolitano contro la procura di Palermo
Il presidente della Repubblica firma il decreto per la mancata distruzione delle intercettazioni delle telefonate con Mancino
Giorgio Napolitano contro i giudici di Palermo. Il presidente della Repubblica ha infatti firmato il decreto con cui affida all'Avvocatura dello Stato l'incarico di sollevare il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Il Quirinale, in altri termini, va all'attacco della procura di Palermo, in relazione alla vicenda delle telefonate intercettate tra il consigliere del presidente per gli Affari giuridici Loris D'Ambrosio e l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino a proposito della presunta trattativa tra Stato e mafia negli anni 90. Durante l'attività d'intercettazione ci sarebbero state anche un paio di telefonate fra Mancino e Napolitano, telefonate che avrebbero dovuto essere distrutte, provvedimento che il procuratore del capoluogo siciliano Francesco Messineo non ha ancora disposto. A giudicare sul conflitto sarà la Corte costituzionale.
Marzio Breda
16 luglio 2012 | 12:12
http://www.corriere.it/politica/12_lugl ... 386b.shtml
LE INDAGINI SULLA TRATTATIVA STATO-MAFIA
«Conflitto fra poteri dello Stato»
Napolitano contro la procura di Palermo
Il presidente della Repubblica firma il decreto per la mancata distruzione delle intercettazioni delle telefonate con Mancino
Giorgio Napolitano contro i giudici di Palermo. Il presidente della Repubblica ha infatti firmato il decreto con cui affida all'Avvocatura dello Stato l'incarico di sollevare il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Il Quirinale, in altri termini, va all'attacco della procura di Palermo, in relazione alla vicenda delle telefonate intercettate tra il consigliere del presidente per gli Affari giuridici Loris D'Ambrosio e l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino a proposito della presunta trattativa tra Stato e mafia negli anni 90. Durante l'attività d'intercettazione ci sarebbero state anche un paio di telefonate fra Mancino e Napolitano, telefonate che avrebbero dovuto essere distrutte, provvedimento che il procuratore del capoluogo siciliano Francesco Messineo non ha ancora disposto. A giudicare sul conflitto sarà la Corte costituzionale.
Marzio Breda
16 luglio 2012 | 12:12
http://www.corriere.it/politica/12_lugl ... 386b.shtml
Re: Cittadino Presidente
Caro giorgio, semplificando anch'io, mi permetto di non essere completamente d'accordo:giorgio ha scritto:mariok ha scritto:A me, sinceramente, sembra che la catalogazione netta di una persona, di sinistra, di centro(?) o di destra mi sembra alquanto schematica e tutto sommato poco utile.
Tanto per cominciare, dovremmo definire cosa vuol dire essere di sinistra oggi.... .
Caro Mario,
al solito, semplificando, mi limito ai fondamentali:
-Economia: il liberismo, in tutte le sue forme, è di destra; chi lo accetta, favorisce o propugna, è quindi di destra; chi lavora e lotta per una alternativa a questo sistema è di sinistra.
-Politica e società: chi è "dalla parte dei lavoratori, sempre" (solita citazione dal solito Giacomo Brodolini...) è di sinistra; chi "sta" coi padroni (pardon: "imprenditori"...), con gli speculatori, con i banchieri, coi parassiti della società, è di destra.
Gli altri parametri di valutazione sono "accessori".
Ciao
G
... non senza aver definito "una alternativa a questo sistema", posto che non tutte "le alternative" sono per definizione migliori, come non lo sono state quelle sperimentate, per esempio, in Russia ed in Cina con i risultati oggi sotto gli occhi di tutti.-Economia: il liberismo, in tutte le sue forme, è di destra; chi lo accetta, favorisce o propugna, è quindi di destra; chi lavora e lotta per una alternativa a questo sistema è di sinistra.
non "tutti" i lavoratori sono per definizione nel giusto e "di sinistra"; talvolta sono anche corporativi e addirittura fascisti;Politica e società: chi è "dalla parte dei lavoratori, sempre" (solita citazione dal solito Giacomo Brodolini...) è di sinistra; chi "sta" coi padroni (pardon: "imprenditori"...), con gli speculatori, con i banchieri, coi parassiti della società, è di destra.
non lo sono stati per esempio i lavoratori delle banche che per decenni hanno difeso i loro privilegi grazie all'oligopolio privilegiato del quale hanno avuto la fortuna di far parte; come non lo sono ampi settori del pubblico impiego (e non solo i "papaveri" ed i burocrati d'oro), come per esempio (piccolo ma significativo) quei dipendenti della Reggia di Caserta che recentemente hanno lasciato fuori i cancelli centinaia di turisti perché impegnati in un'assemblea sindacale o buona parte dei circa 19.000 dipendenti comunali napoletani di cui ho avuto modo di parlare in altri 3d.
Re: Cittadino Presidente
Quirinal party
di Marco Travaglio | 16 luglio 2012
Giustamente Eugenio Scalfari si è risentito per la sanguinosa calunnia del pm Antonio Ingroia, che dice di perdonargli le inesattezze giuridiche sul caso Napolitano-Mancino in quanto “non è laureato in giurisprudenza”. Ma come, ribatte Scalfari, “mi sono laureato in Giurisprudenza nel 1946 con il voto di 100 e lode”! Ora però quella laurea, risalente peraltro a prima della Costituzione, rischia di diventare un’aggravante. Perchè, nella jungla di norme e normette citate da Scalfari a sostegno della sua bizzarra concezione della legge sulle intercettazioni e dell’immunità presidenziale, c’è una sentenza della Consulta che, a suo dire, taglia la testa al toro e sancisce una volta per tutte il “gravissimo illecito” commesso dagli inquirenti di Palermo intercettando, sul telefono di Mancino, due conversazioni con Napolitano: la sentenza n.135 del 24 aprile 2002. Siamo andati a leggerla e abbiamo scoperto un sacco di cosette interessanti.
Intanto, fra i membri di quella Corte, c’era Gustavo Zagrebelsky, editorialista di Repubblica, a cui il Fondatore avrebbe potuto chiedere un aiutino prima dell’incauta citazione e della conseguente figuraccia. Già, perchè la sentenza in questione riguarda il caso di una discoteca di Alba (Cuneo), in cui furono nascoste dagli inquirenti alcune microspie e telecamere per immortalare “i rapporti sessuali tra i clienti e le ballerine dell’esercizio”. Dopodiché “il gestore del locale fu sottoposto ad arresti domiciliari” per “favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione”. Ne nacque un’intricata controversia giuridica fra i vari magistrati interessati al caso a proposito di chi dovesse autorizzare le telecamere, visto che la saletta dove si svolgevano i convegni carnali era un “luogo di privata dimora”. Bastava l’autorizzazione del pm, come dice una corrente giurisprudenziale e com’era avvenuto in quel caso; oppure occorreva quella del gip, come ritengono altri giuristi; o ancora le “riprese visive ai fini di indagine in luoghi di privata dimora” vanno “escluse in radice dal principio di inviolabilità del domicilio”, come opinano altri? E, se basta l’ok del pm, non è incostituzionale la legge sulle intercettazioni che garantisce la privacy dei cittadini molto più per intrusioni meno invasive, come i controlli telefonici e ambientali, che per quelle più invasive come le videoriprese?
La Consulta, nella sentenza firmata dal presidente Cesare Ruperto e dal giudice Giovanni Maria Flick, concludeva che la questione di incostituzionalità sollevata dal gip di Alba era “non fondata e veniva rigettata”, a tutto scapito del povero proprietario della discoteca. Abbiamo cercato col lanternino, nelle sei pagine della sentenza, un sia pur minimo accenno alla prerogative del Capo dello Stato invocate da Scalfari, ma purtroppo invano. Anche perchè il contesto della disco, della lap dance e delle cene eleganti con allegri dopocena parrebbe più confacente a un’altra carica dello Stato, sia pur “ex”. E parrebbe escludere, anche qui “in radice”, una sia pur minima attinenza con gli stili di vita di Napolitano e di Mancino (peraltro intercettati al telefono nei rispettivi domicili e non videoripresi in discoteca). Infatti il procuratore Messineo, nella sua costernata replica, fa notare pudicamente che “non sembra pertinente la citazione della sentenza Corte Costituzionale del 24 aprile 2002 n. 135 che non riguarda affatto la materia delle intercettazioni a carico di soggetti tutelati da immunità”. E, per carità di patria, evita di specificare quale materia riguarda. Resta da capire che cosa sia saltato in mente al laureato Scalfari, dottore in Giurisprudenza dal lontano 1946, di infilare fra le fonti giuridiche della sua reprimenda ai pm di Palermo un caso di sesso fra discotecari e ballerine. Ma forse, ancora una volta, vale la domanda che da qualche giorno ripetiamo inascoltati: in quelle due telefonate c’è qualcosa che noi non sappiamo e non dobbiamo sapere?
Il Fatto Quotidiano, 13 luglio 2012
di Marco Travaglio | 16 luglio 2012
Giustamente Eugenio Scalfari si è risentito per la sanguinosa calunnia del pm Antonio Ingroia, che dice di perdonargli le inesattezze giuridiche sul caso Napolitano-Mancino in quanto “non è laureato in giurisprudenza”. Ma come, ribatte Scalfari, “mi sono laureato in Giurisprudenza nel 1946 con il voto di 100 e lode”! Ora però quella laurea, risalente peraltro a prima della Costituzione, rischia di diventare un’aggravante. Perchè, nella jungla di norme e normette citate da Scalfari a sostegno della sua bizzarra concezione della legge sulle intercettazioni e dell’immunità presidenziale, c’è una sentenza della Consulta che, a suo dire, taglia la testa al toro e sancisce una volta per tutte il “gravissimo illecito” commesso dagli inquirenti di Palermo intercettando, sul telefono di Mancino, due conversazioni con Napolitano: la sentenza n.135 del 24 aprile 2002. Siamo andati a leggerla e abbiamo scoperto un sacco di cosette interessanti.
Intanto, fra i membri di quella Corte, c’era Gustavo Zagrebelsky, editorialista di Repubblica, a cui il Fondatore avrebbe potuto chiedere un aiutino prima dell’incauta citazione e della conseguente figuraccia. Già, perchè la sentenza in questione riguarda il caso di una discoteca di Alba (Cuneo), in cui furono nascoste dagli inquirenti alcune microspie e telecamere per immortalare “i rapporti sessuali tra i clienti e le ballerine dell’esercizio”. Dopodiché “il gestore del locale fu sottoposto ad arresti domiciliari” per “favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione”. Ne nacque un’intricata controversia giuridica fra i vari magistrati interessati al caso a proposito di chi dovesse autorizzare le telecamere, visto che la saletta dove si svolgevano i convegni carnali era un “luogo di privata dimora”. Bastava l’autorizzazione del pm, come dice una corrente giurisprudenziale e com’era avvenuto in quel caso; oppure occorreva quella del gip, come ritengono altri giuristi; o ancora le “riprese visive ai fini di indagine in luoghi di privata dimora” vanno “escluse in radice dal principio di inviolabilità del domicilio”, come opinano altri? E, se basta l’ok del pm, non è incostituzionale la legge sulle intercettazioni che garantisce la privacy dei cittadini molto più per intrusioni meno invasive, come i controlli telefonici e ambientali, che per quelle più invasive come le videoriprese?
La Consulta, nella sentenza firmata dal presidente Cesare Ruperto e dal giudice Giovanni Maria Flick, concludeva che la questione di incostituzionalità sollevata dal gip di Alba era “non fondata e veniva rigettata”, a tutto scapito del povero proprietario della discoteca. Abbiamo cercato col lanternino, nelle sei pagine della sentenza, un sia pur minimo accenno alla prerogative del Capo dello Stato invocate da Scalfari, ma purtroppo invano. Anche perchè il contesto della disco, della lap dance e delle cene eleganti con allegri dopocena parrebbe più confacente a un’altra carica dello Stato, sia pur “ex”. E parrebbe escludere, anche qui “in radice”, una sia pur minima attinenza con gli stili di vita di Napolitano e di Mancino (peraltro intercettati al telefono nei rispettivi domicili e non videoripresi in discoteca). Infatti il procuratore Messineo, nella sua costernata replica, fa notare pudicamente che “non sembra pertinente la citazione della sentenza Corte Costituzionale del 24 aprile 2002 n. 135 che non riguarda affatto la materia delle intercettazioni a carico di soggetti tutelati da immunità”. E, per carità di patria, evita di specificare quale materia riguarda. Resta da capire che cosa sia saltato in mente al laureato Scalfari, dottore in Giurisprudenza dal lontano 1946, di infilare fra le fonti giuridiche della sua reprimenda ai pm di Palermo un caso di sesso fra discotecari e ballerine. Ma forse, ancora una volta, vale la domanda che da qualche giorno ripetiamo inascoltati: in quelle due telefonate c’è qualcosa che noi non sappiamo e non dobbiamo sapere?
Il Fatto Quotidiano, 13 luglio 2012
Re: Cittadino Presidente
Salvatore Borsellino: "Napolitano deve dimettersi, il suo gesto è un attentato alla Costituzione"
[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=y7sQs-yQfds[/youtube]
Messo in stato d'accusa? Da chi? Da questo parlamento?
[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=y7sQs-yQfds[/youtube]
Messo in stato d'accusa? Da chi? Da questo parlamento?
Re: Cittadino Presidente
LA SCELTA DEL PRESIDENTE
Le istituzioni e le persone
Un conflitto di attribuzioni non è una guerra nucleare. Serve a delimitare il perimetro dei poteri dello Stato, a restituire chiarezza sulle loro competenze. E la democrazia non deve aver paura dei conflitti: meglio portarli allo scoperto, che nascondere la polvere sotto i tappeti. Sono semmai le dittature a governare distribuendo sedativi. Eppure c'è un che d'eccezionale nel contenzioso aperto da Napolitano contro la Procura di Palermo. Perché esiste un solo precedente, quello innescato da Ciampi nel 2005 circa il potere di grazia. Perché stavolta il capo dello Stato - a differenza del suo predecessore - rischia d'incassare il verdetto della Consulta mentre è ancora in carica, sicché sta mettendo in gioco tutto il suo prestigio. Perché infine il conflitto investe il ruolo stesso della presidenza della Repubblica, la sua posizione costituzionale.
Domanda: ma è possibile intercettare il presidente? La risposta è iscritta nella legge n. 219 del 1989: sì, ma a tre condizioni. Quando nei suoi confronti il Parlamento apra l'impeachment per alto tradimento o per attentato alla Costituzione; quando in seguito a tale procedura la Consulta ne disponga la sospensione dall'ufficio; quando intervenga un'autorizzazione espressa dal Comitato parlamentare per i giudizi d'accusa. Quindi non è vero che il presidente sia «inviolabile», come il re durante lo Statuto albertino. Però nessuna misura giudiziaria può disporsi finché lui rimane in carica, e senza che lo decida il Parlamento.
Dinanzi a questo quadro normativo la Procura di Palermo ha scavato a sua volta una triplice trincea. Primo: nessuna intercettazione diretta sull'utenza di Napolitano, semmai un ascolto casuale mentre veniva intercettato l'ex ministro Mancino. Secondo: le conversazioni telefoniche del presidente sono comunque penalmente irrilevanti. Terzo: i nastri registrati non sono mai stati distrutti perché possono servire nei confronti di Mancino, e perché in ogni caso la loro distruzione passa attraverso l'udienza stralcio regolata dal codice di rito.
Deciderà, com'è giusto, la Consulta. Ma usando il coltello della logica, è difficile accettare che sia un giudice a esprimersi sulla rilevanza stessa dell'intercettazione. Perché delle due l'una: o quest'ultima rivela che il presidente ha commesso gli unici due reati dei quali è responsabile, per esempio vendendo segreti di Stato a una potenza straniera; e allora la Procura di Palermo avrebbe dovuto sporgere denuncia ai presidenti delle Camere, cui spetta ogni valutazione. Oppure no, ma allora i nastri vanno subito distrutti, senza farli ascoltare alle parti processuali. Come avviene, peraltro, per ogni cittadino, se intercettato mentre parla con il proprio difensore (articoli 103 e 271 del codice di procedura penale). E come stabilì il Senato nel marzo 1997, quando Scalfaro venne a sua volta intercettato. In quell'occasione anche Leopoldo Elia, costituzionalista insigne, dichiarò illegittime le intercettazioni telefoniche del capo dello Stato, sia dirette che indirette. Perché ne va dell'istituzione, non della persona. Le persone passano, le istituzioni restano.
Michele Ainis
17 luglio 2012 | 8:04
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Le istituzioni e le persone
Un conflitto di attribuzioni non è una guerra nucleare. Serve a delimitare il perimetro dei poteri dello Stato, a restituire chiarezza sulle loro competenze. E la democrazia non deve aver paura dei conflitti: meglio portarli allo scoperto, che nascondere la polvere sotto i tappeti. Sono semmai le dittature a governare distribuendo sedativi. Eppure c'è un che d'eccezionale nel contenzioso aperto da Napolitano contro la Procura di Palermo. Perché esiste un solo precedente, quello innescato da Ciampi nel 2005 circa il potere di grazia. Perché stavolta il capo dello Stato - a differenza del suo predecessore - rischia d'incassare il verdetto della Consulta mentre è ancora in carica, sicché sta mettendo in gioco tutto il suo prestigio. Perché infine il conflitto investe il ruolo stesso della presidenza della Repubblica, la sua posizione costituzionale.
Domanda: ma è possibile intercettare il presidente? La risposta è iscritta nella legge n. 219 del 1989: sì, ma a tre condizioni. Quando nei suoi confronti il Parlamento apra l'impeachment per alto tradimento o per attentato alla Costituzione; quando in seguito a tale procedura la Consulta ne disponga la sospensione dall'ufficio; quando intervenga un'autorizzazione espressa dal Comitato parlamentare per i giudizi d'accusa. Quindi non è vero che il presidente sia «inviolabile», come il re durante lo Statuto albertino. Però nessuna misura giudiziaria può disporsi finché lui rimane in carica, e senza che lo decida il Parlamento.
Dinanzi a questo quadro normativo la Procura di Palermo ha scavato a sua volta una triplice trincea. Primo: nessuna intercettazione diretta sull'utenza di Napolitano, semmai un ascolto casuale mentre veniva intercettato l'ex ministro Mancino. Secondo: le conversazioni telefoniche del presidente sono comunque penalmente irrilevanti. Terzo: i nastri registrati non sono mai stati distrutti perché possono servire nei confronti di Mancino, e perché in ogni caso la loro distruzione passa attraverso l'udienza stralcio regolata dal codice di rito.
Deciderà, com'è giusto, la Consulta. Ma usando il coltello della logica, è difficile accettare che sia un giudice a esprimersi sulla rilevanza stessa dell'intercettazione. Perché delle due l'una: o quest'ultima rivela che il presidente ha commesso gli unici due reati dei quali è responsabile, per esempio vendendo segreti di Stato a una potenza straniera; e allora la Procura di Palermo avrebbe dovuto sporgere denuncia ai presidenti delle Camere, cui spetta ogni valutazione. Oppure no, ma allora i nastri vanno subito distrutti, senza farli ascoltare alle parti processuali. Come avviene, peraltro, per ogni cittadino, se intercettato mentre parla con il proprio difensore (articoli 103 e 271 del codice di procedura penale). E come stabilì il Senato nel marzo 1997, quando Scalfaro venne a sua volta intercettato. In quell'occasione anche Leopoldo Elia, costituzionalista insigne, dichiarò illegittime le intercettazioni telefoniche del capo dello Stato, sia dirette che indirette. Perché ne va dell'istituzione, non della persona. Le persone passano, le istituzioni restano.
Michele Ainis
17 luglio 2012 | 8:04
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Re: Cittadino Presidente
"Da parte mia non ho alcuna contrarietà al fatto che tutte le mie telefonate siano rese pubbliche".
Questa la dichiarazione di Prodi a seguito della pubblicazione su Panorama di intercettazioni che lo riguardavano.
Questo è quanto è lecito aspettarsi da politici onesti ed in buona fede.
Tutto il resto sono cavilli da azzeccagarbugli.
Questa la dichiarazione di Prodi a seguito della pubblicazione su Panorama di intercettazioni che lo riguardavano.
Questo è quanto è lecito aspettarsi da politici onesti ed in buona fede.
Tutto il resto sono cavilli da azzeccagarbugli.
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Re: Cittadino Presidente
Anche in questo caso, con Napolitano, si aggiunge un tassello in più del puzzle in composizione che ci porta verso il patatrack, verso uno stato di ribellione diffusa che potrebbe tramutarsi in guerra civile.
Ha ragione giorgio quando afferma che king George difende la casta.
Mi sembra, ma mi potrei sbagliare, che sul forum sia passata inosservata la definitiva uscita del caro estinto dal processo Mills circa una decina di giorni fa.
Per questo la cara salma deve ringraziare solo una persona. Non certo Ghedini, ma Giorgio Napolitano che si è accollato una figuraccia indescrivibile quando nell’estate del 2008, malgrado l’appello di 100 giuristi italiani, tra cui Gustavo Zagrebelsky, si è ostinatamente opposto alla tesi che il lodo Alfano era incostituzionale. ( Inutile ricordare le buffonate lette sul vecchio forum all’epoca)
Sarebbe bastato, per salvarsi la faccia, rinviare il tutto alle Camere. Ma Napolitano non lo fece, altrimenti, dal punto di vista temporale, la cara salma non si sarebbe mai salvata dal caso Mills.
Mesi dopo la Corte Costituzionale stabiliva che il lodo Alfano era incostituzionale, ma il giochetto era oramai riuscito, Silvio Berlusconi era riuscito a salvarsi dal caso Mills, con il silenzio assenso dei partiti e delle istituzioni.
La sua uscita definitiva dal caso Mills, di dieci giorni fa è la conseguenza di quella decisione.
Complimenti King Geroge, ex comunista migliorista.
Questa è la conferma che gli uomini e le donne, le ragazze e i ragazzi che sono morti tra l’8 settembre 1943, e il 25 aprile 1945, per un’altra Italia, sono morti inutilmente.
Ha ragione giorgio quando afferma che king George difende la casta.
Mi sembra, ma mi potrei sbagliare, che sul forum sia passata inosservata la definitiva uscita del caro estinto dal processo Mills circa una decina di giorni fa.
Per questo la cara salma deve ringraziare solo una persona. Non certo Ghedini, ma Giorgio Napolitano che si è accollato una figuraccia indescrivibile quando nell’estate del 2008, malgrado l’appello di 100 giuristi italiani, tra cui Gustavo Zagrebelsky, si è ostinatamente opposto alla tesi che il lodo Alfano era incostituzionale. ( Inutile ricordare le buffonate lette sul vecchio forum all’epoca)
Sarebbe bastato, per salvarsi la faccia, rinviare il tutto alle Camere. Ma Napolitano non lo fece, altrimenti, dal punto di vista temporale, la cara salma non si sarebbe mai salvata dal caso Mills.
Mesi dopo la Corte Costituzionale stabiliva che il lodo Alfano era incostituzionale, ma il giochetto era oramai riuscito, Silvio Berlusconi era riuscito a salvarsi dal caso Mills, con il silenzio assenso dei partiti e delle istituzioni.
La sua uscita definitiva dal caso Mills, di dieci giorni fa è la conseguenza di quella decisione.
Complimenti King Geroge, ex comunista migliorista.
Questa è la conferma che gli uomini e le donne, le ragazze e i ragazzi che sono morti tra l’8 settembre 1943, e il 25 aprile 1945, per un’altra Italia, sono morti inutilmente.
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Re: Cittadino Presidente
Trattativa, Napolitano-Mancino
Ma che cosa si saranno mai detti?
I nastri sono segreti, non quelli di D’Ambrosio. Il consigliere del Quirinale all'ex ministro
"Il presidente sa tutto, dice se ha parlato con Martelli". I tre mesi che sconvolsero il Colle
Il capo dello Stato ha sollevato il conflitto di attribuzione contro i magistrati di PalermoCos’avrà mai detto Napolitano nelle due telefonate intercettate sull’utenza di Mancino? Impossibile saperlo: le conversazioni sono stralciate, segretate e destinate quasi certamente alla distruzione, e il Presidente si è ben guardato dal renderle pubbliche. Ora però la mossa inedita e clamorosa del conflitto contro i pm alla Consulta non fa che ingigantire i sospetti di chi pensa che quei nastri top secret contengano condotte scorrette: dal punto di vista non penale, ma etico-politico-istituzionale
di Marco Travaglio
Ma che cosa si saranno mai detti?
I nastri sono segreti, non quelli di D’Ambrosio. Il consigliere del Quirinale all'ex ministro
"Il presidente sa tutto, dice se ha parlato con Martelli". I tre mesi che sconvolsero il Colle
Il capo dello Stato ha sollevato il conflitto di attribuzione contro i magistrati di PalermoCos’avrà mai detto Napolitano nelle due telefonate intercettate sull’utenza di Mancino? Impossibile saperlo: le conversazioni sono stralciate, segretate e destinate quasi certamente alla distruzione, e il Presidente si è ben guardato dal renderle pubbliche. Ora però la mossa inedita e clamorosa del conflitto contro i pm alla Consulta non fa che ingigantire i sospetti di chi pensa che quei nastri top secret contengano condotte scorrette: dal punto di vista non penale, ma etico-politico-istituzionale
di Marco Travaglio
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Re: Cittadino Presidente
Stato-mafia, Napolitano al telefono con Mancino Che cosa si saranno detti?
I nastri del Presidente sono segreti, non quelli di D’Ambrosio. Il consigliere del Quirinale all'ex ministro: "Il presidente sa tutto, dice se lei ha parlato con martelli". I tre mesi che sconvolsero il Colle.
di Marco Travaglio | 17 luglio 2012
Commenti (124)
Cos’avrà mai detto Napolitano nelle due telefonate intercettate sull’utenza di Mancino? Impossibile saperlo: le conversazioni sono stralciate, segretate e destinate quasi certamente alla distruzione, e il Presidente si è ben guardato dal renderle pubbliche. Ora però la mossa inedita e clamorosa del conflitto contro i pm alla Consulta non fa che ingigantire i sospetti di chi pensa che quei nastri top secret contengano condotte scorrette: dal punto di vista non penale (i pm le ritengono “irrilevanti”), ma etico-politico-istituzionale. L’antefatto è noto, almeno per i lettori del Fatto: il 4 novembre 2011 il gip di Palermo Riccardo Ricciardi accoglie la richiesta della Procura di intercettare gli ex ministri Mancino e Conso e altri personaggi coinvolti nelle indagini sulle trattative Stato-mafia perché “è verosimile che gli stessi possano entrare in contatto tra loro o con altri soggetti che in quel medesimo arco temporale rivestivano cariche di rilevante importanza, per riferire elementi utili alle indagini (…) se non addirittura per concordare tra loro ‘versioni di comodo’ in vista degli imminenti interrogatori”. Infatti, appena gli inquirenti iniziano ad ascoltare Mancino, scoprono che sta cercando di intralciare le indagini financo con l’aiuto del Quirinale, che arriva addirittura a suggerirgli di concordare una versione di comodo con Martelli (che giura di averlo informato dei colloqui Ros-Ciancimino). Se infatti ignoriamo le parole di Napolitano, sappiamo tutto quello che il suo consigliere giuridico Loris D’Ambrosio raccontava a Mancino sulla frenetica attività del Presidente in suo favore. Tutto vero o D’Ambrosio spendeva il nome di Napolitano millantando interventi mai avvenuti? Nella seconda ipotesi, Napolitano l’avrebbe già sconfessato e licenziato: invece D’Ambrosio, un mese dopo la diffusione delle sue telefonate (depositate dai pm agli avvocati degli indagati, dunque non più segrete ), è ancora al suo posto. Ergo diceva la verità.
Dicembre 2011. Mancino viene sentito come teste dalla Procura di Palermo, poi si lamenta dei pm con D’Ambrosio e rivendica il suo “diritto a una tutela”. Prima di Natale, si lagna anche col procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, che però risponde di non avere “poteri di avocazione”. Mancino replica: “Ma poteri di coordinamento sì”. D’Ambrosio lo rassicura: “Si faccia il Natale tranquillo, tanto questi non arriveranno a niente, stanno facendo solo confusione”.
Febbraio 2012. Mancino, sentito come teste anche al processo Mori, si allarma perché il pm Nino Di Matteo dichiara che “qualcuno nelle istituzioni mente”. Teme di finire indagato per falsa testimonianza. Richiama D’Ambrosio e questi gli promette di intervenire su Grasso.
Marzo 2012. Mancino tempesta D’Ambrosio. Si dice “messo in un angolo”, “emarginato”, “distrutto”, “perfino nel Pd nessuno mi parla”. E sputa il rospo: “Vorrei evitare che venisse accolta l’istanza di un ulteriore confronto con Martelli che dice colossali bugie”. Il 5 D’Ambrosio tira in ballo Napolitano.
D: Posso parlare col Presidente, perché se l’ha presa a cuore, se l’aveva presa a cuore la questione (…).
M: L’unico che può dire qualche cosa è Messineo. L’altro che può dire qualche cosa è Grasso.
D:E va bene adesso sento il Presidente (…) Intervenire sul collegio (del processo Mori, ndr) è una cosa molto delicata (…). Provo a chiamare Grasso.
Il 12 marzo D’Ambrosio informa Mancino che ha parlato con Napolitano e con Grasso e preannuncia che il Presidente parlerà direttamente con Grasso. Ma anche il Pg della Cassazione, Vitaliano Esposito, preposto al controllo sulla Procura nazionale, per costringere Grasso a fare qualcosa sebbene abbia ripetuto di non poter fare nulla. Anche perché il “coordinamento” fra Procure è già assicurato da un protocollo approvato da Grasso e dalle tre Procure il 28 aprile 2011 e ratificato dal Csm (presieduto da Napolitano) il 27 luglio 2011, che ora il Presidente finge di dimenticare.
D: Io ho parlato col Presidente e ho parlato anche con Grasso. Ma noi non vediamo molti spazi purtroppo (…) ma adesso probabilmente il Presidente parlerà con Grasso nuovamente… eh… vediamo un attimo anche di vedere con Esposito… qualche cosa… ma la vediamo difficile la cosa ecco.
M: Oh… ma visto che Grasso coordina Caltanissetta, non può coordinare tutte e due le procure?
D: Ma io gliel’ho detto pure oggi a Grasso. Grasso mi ha risposto: ‘Va bene, ma io in realtà, il Csm mi ha fatto una normativa, però non mi serve niente’. In realtà è lui che non vuole fare (…) Per adesso mi ha detto il Presidente di parlare con Grasso, di vederlo… vediamo un po’.
M: Eh, vedo che Macaluso batte sulla tesi dell’unicità dell’indagine.
D: Sì, sì, ma questo gliel’ho detto al Presidente… l’ho visto.
M: Eh, perché non è che anche sul 41 bis indaga Caltanissetta, che fa? Caltanissetta va in una direzione e quelli possono andare in un’altra? Ma non lo so se c’è serietà (…).
D: Ripeto, dopo aver parlato col Presidente riparlo anche con Grasso e vediamo un po’… lo vedrò nei prossimi giorni. Però, lui… proprio oggi dopo parlandogli, mi ha detto: ‘Ma sai, lo so, non posso intervenire’… Capito? Quindi mi sembra orientato a non intervenire. Tant’è che il Presidente parlava di… come la Procura nazionale sta dentro la Procura generale (della Cassazione, ndr), di vedere un secondo con Esposito (…). Ma io comunque riparlerò con Grasso perché il Presidente mi ha detto di risentirlo (…). Insomma, noi, parlando col Presidente, se Grasso non fa qualcosa, la vediamo proprio difficile qualunque cosa. Adesso lo possiamo rivedere, magari lo vede il Presidente un giorno di questi (…) M: Lei veda un po’ se Grasso ha intenzione anche di ascoltare me… sia pure in maniera riservatissima. Che nessuno ne sappia niente.
D: Va bene, tanto io lo devo sentire Grasso e lo sento domani. Va bene? D’Ambrosio confida a Mancino che Napolitano gli suggerisce di concordare una versione di comodo (dunque falsa: la verità non si concorda) con Martelli per appianare le divergenze. D: Qui il problema che si pone è il contrasto di posizione oggi ribadito pure da Martelli… e non so se mi sono spiegato (…) la posizione di Martelli… tant’è che il Presidente ha detto: “Ma lei ha parlato con Martelli?”… eh… indipendentemente dal processo diciamo così.
M: Ma io non è che posso parlare io con Martelli… che fa?
D: No no… dico no… io ho detto: “Guardi non credo, signor Presidente, comunque non lo so. A me aveva detto che aveva parlato con Amato giusto… e anche con Scalfaro…”.
Aprile 2012. Il giorno 3 Mancino scrive una lettera al Quirinale. D’Ambrosio: “Stiamo ragionando, ma il Presidente è orientato a fare qualcosa (…) ma per ora non le posso dire nulla (…). Sto elaborando un pochino le cose… però la decisione l’abbiamo già presa… Adesso il Presidente è in Giordania, quando torna si decide insieme… faccio la mia proposta e vediamo un attimino”. Poi anticipa a Mancino che il Quirinale girerà la lettera a Esposito con una richiesta precisa: “Il coordinamento consiste anche nell’utilizzare una strategia comune, nel compiere atti insieme (…) Tutto questo non sta accadendo”.
Il 4 il segretario generale del Quirinale, Donato Marra, trasmette la lettera a Esposito accompagnata da una nota con i desiderata di Napolitano, cioè di Mancino: “Illustre Presidente, per incarico del Presidente della Repubblica trasmetto la lettera con la quale il Senatore Nicola Mancino (che non è più senatore dal 2006, ndr) si duole del fatto che non siano state fin qui adottate forme di coordinamento delle attività svolte da più uffici giudiziari sulla cd. ‘trattativa’ che si assume intervenuta fra soggetti istituzionali ed esponenti della criminalità organizzata a ridosso delle stragi del 1992-‘93. (…) Il Capo dello Stato auspica possano essere prontamente adottate iniziative che assicurino la conformità di indirizzo delle procedure ai sensi degli strumenti che il nostro ordinamento prevede (…); e ciò specie al fine di dissipare le perplessità che derivano dalla percezione di gestioni non unitarie delle indagini collegate, i cui esiti possono anche incidere sulla coerenza dei successivi percorsi processuali. Il Presidente Napolitano le sarà grato di ogni consentita notizia”.
L’indomani, giorno 5, nessuno sa (né saprebbe mai, se a metà giugno non venissero pubblicate le intercettazioni) della lettera del Colle al Pg. Nessuno tranne Mancino, subito informato da D’Ambrosio, che gliela legge e gli confida che l’ha voluta Napolitano in persona, concordandola preventivamente col nuovo Pg Gianfranco Ciani e col sostituto Pasquale Ciccolo. D: Ho parlato pure, abbiamo parlato pure con Ciani. (…). Ho parlato sia con Ciccola che con Ciani: han voluto la lettera così fatta per sentirsi più forti (…) C’era una situazione che il Presidente aveva già detto all’Adunanza (del Csm, ndr), ha rilevato e percepisce questa mancanza di coordinamento e ti dice: esercita questi tuoi poteri anche nei confronti di Grasso. Qui il problema vero… Grasso si copre, questa è la verità, con la storia dell’avocazione, no? Perché è una gran cretinata l’avocazione, perché lui la cosa a cui deve pensare è il coordinamento (…).
M: Esatto, esatto.
D: Perché il minimo del coordinamento è questo, adesso vediamo come lo risolverà Ciani (…) noi non abbiamo mandato lei allo sbaraglio (…) Adesso lei lo sa, quando uscirà quello che il Presidente auspica, tra l’altro il Presidente l’ha letta prima di mandarla, eh non è una cosa solo di Marra. Lei può dire che ha saputo della lettera che le è stata mandata, è stato informato che la lettera è stata mandata al Pg. Poi ha saputo che era ai fini di un coordinamento investigativo, lei lo può dire parlando informalmente con il Presidente, perché no? (…). Lui sa tutto. E che, non lo sa? L’ha detto lui: “Io voglio che la lettera venga inviata, ma anche con la mia condivisione”.
Ciani, “più forte” grazie alla lettera del Colle, convoca segretamente il Pna Grasso il 19 aprile per parlare sia di avocare l’inchiesta di Palermo, sia di “coordinarla” con Caltanissetta e Firenze. Grasso respinge entrambe le proposte indecenti e se le fa mettere per iscritto. Recita il verbale della riunione: “Il Pna precisa di non avere registrato violazioni del protocollo del 28 aprile 2011 tali da poter fondare un intervento di avocazione. Il Pna rimetterà al Pg un’informativa scritta”.
Cioè ogni mossa del Quirinale pro Mancino è destituita di ogni fondamento: Grasso non ha né i poteri né i presupposti per fare ciò che gli viene chiesto: le indagini di Palermo sono regolarmente “coordinate” con quelle delle altre Procure da un anno. Resta da capire in base a quali norme o poteri o prerogative il Quirinale abbia tentato per mesi di condizionare, intralciare, deviare un’indagine in corso su richiesta di un potente ma privato cittadino, coinvolto in veste di testimone e prossimo indagato per falsa testimonianza. E in base a quali norme Napolitano pretenda ora che le sue telefonate vengano subito distrutte, trascinando alla Consulta i pm che obbediscono alla legge anziché a lui. Un abuso di potere per coprirne un altro.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/07 ... ti/295857/
I nastri del Presidente sono segreti, non quelli di D’Ambrosio. Il consigliere del Quirinale all'ex ministro: "Il presidente sa tutto, dice se lei ha parlato con martelli". I tre mesi che sconvolsero il Colle.
di Marco Travaglio | 17 luglio 2012
Commenti (124)
Cos’avrà mai detto Napolitano nelle due telefonate intercettate sull’utenza di Mancino? Impossibile saperlo: le conversazioni sono stralciate, segretate e destinate quasi certamente alla distruzione, e il Presidente si è ben guardato dal renderle pubbliche. Ora però la mossa inedita e clamorosa del conflitto contro i pm alla Consulta non fa che ingigantire i sospetti di chi pensa che quei nastri top secret contengano condotte scorrette: dal punto di vista non penale (i pm le ritengono “irrilevanti”), ma etico-politico-istituzionale. L’antefatto è noto, almeno per i lettori del Fatto: il 4 novembre 2011 il gip di Palermo Riccardo Ricciardi accoglie la richiesta della Procura di intercettare gli ex ministri Mancino e Conso e altri personaggi coinvolti nelle indagini sulle trattative Stato-mafia perché “è verosimile che gli stessi possano entrare in contatto tra loro o con altri soggetti che in quel medesimo arco temporale rivestivano cariche di rilevante importanza, per riferire elementi utili alle indagini (…) se non addirittura per concordare tra loro ‘versioni di comodo’ in vista degli imminenti interrogatori”. Infatti, appena gli inquirenti iniziano ad ascoltare Mancino, scoprono che sta cercando di intralciare le indagini financo con l’aiuto del Quirinale, che arriva addirittura a suggerirgli di concordare una versione di comodo con Martelli (che giura di averlo informato dei colloqui Ros-Ciancimino). Se infatti ignoriamo le parole di Napolitano, sappiamo tutto quello che il suo consigliere giuridico Loris D’Ambrosio raccontava a Mancino sulla frenetica attività del Presidente in suo favore. Tutto vero o D’Ambrosio spendeva il nome di Napolitano millantando interventi mai avvenuti? Nella seconda ipotesi, Napolitano l’avrebbe già sconfessato e licenziato: invece D’Ambrosio, un mese dopo la diffusione delle sue telefonate (depositate dai pm agli avvocati degli indagati, dunque non più segrete ), è ancora al suo posto. Ergo diceva la verità.
Dicembre 2011. Mancino viene sentito come teste dalla Procura di Palermo, poi si lamenta dei pm con D’Ambrosio e rivendica il suo “diritto a una tutela”. Prima di Natale, si lagna anche col procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, che però risponde di non avere “poteri di avocazione”. Mancino replica: “Ma poteri di coordinamento sì”. D’Ambrosio lo rassicura: “Si faccia il Natale tranquillo, tanto questi non arriveranno a niente, stanno facendo solo confusione”.
Febbraio 2012. Mancino, sentito come teste anche al processo Mori, si allarma perché il pm Nino Di Matteo dichiara che “qualcuno nelle istituzioni mente”. Teme di finire indagato per falsa testimonianza. Richiama D’Ambrosio e questi gli promette di intervenire su Grasso.
Marzo 2012. Mancino tempesta D’Ambrosio. Si dice “messo in un angolo”, “emarginato”, “distrutto”, “perfino nel Pd nessuno mi parla”. E sputa il rospo: “Vorrei evitare che venisse accolta l’istanza di un ulteriore confronto con Martelli che dice colossali bugie”. Il 5 D’Ambrosio tira in ballo Napolitano.
D: Posso parlare col Presidente, perché se l’ha presa a cuore, se l’aveva presa a cuore la questione (…).
M: L’unico che può dire qualche cosa è Messineo. L’altro che può dire qualche cosa è Grasso.
D:E va bene adesso sento il Presidente (…) Intervenire sul collegio (del processo Mori, ndr) è una cosa molto delicata (…). Provo a chiamare Grasso.
Il 12 marzo D’Ambrosio informa Mancino che ha parlato con Napolitano e con Grasso e preannuncia che il Presidente parlerà direttamente con Grasso. Ma anche il Pg della Cassazione, Vitaliano Esposito, preposto al controllo sulla Procura nazionale, per costringere Grasso a fare qualcosa sebbene abbia ripetuto di non poter fare nulla. Anche perché il “coordinamento” fra Procure è già assicurato da un protocollo approvato da Grasso e dalle tre Procure il 28 aprile 2011 e ratificato dal Csm (presieduto da Napolitano) il 27 luglio 2011, che ora il Presidente finge di dimenticare.
D: Io ho parlato col Presidente e ho parlato anche con Grasso. Ma noi non vediamo molti spazi purtroppo (…) ma adesso probabilmente il Presidente parlerà con Grasso nuovamente… eh… vediamo un attimo anche di vedere con Esposito… qualche cosa… ma la vediamo difficile la cosa ecco.
M: Oh… ma visto che Grasso coordina Caltanissetta, non può coordinare tutte e due le procure?
D: Ma io gliel’ho detto pure oggi a Grasso. Grasso mi ha risposto: ‘Va bene, ma io in realtà, il Csm mi ha fatto una normativa, però non mi serve niente’. In realtà è lui che non vuole fare (…) Per adesso mi ha detto il Presidente di parlare con Grasso, di vederlo… vediamo un po’.
M: Eh, vedo che Macaluso batte sulla tesi dell’unicità dell’indagine.
D: Sì, sì, ma questo gliel’ho detto al Presidente… l’ho visto.
M: Eh, perché non è che anche sul 41 bis indaga Caltanissetta, che fa? Caltanissetta va in una direzione e quelli possono andare in un’altra? Ma non lo so se c’è serietà (…).
D: Ripeto, dopo aver parlato col Presidente riparlo anche con Grasso e vediamo un po’… lo vedrò nei prossimi giorni. Però, lui… proprio oggi dopo parlandogli, mi ha detto: ‘Ma sai, lo so, non posso intervenire’… Capito? Quindi mi sembra orientato a non intervenire. Tant’è che il Presidente parlava di… come la Procura nazionale sta dentro la Procura generale (della Cassazione, ndr), di vedere un secondo con Esposito (…). Ma io comunque riparlerò con Grasso perché il Presidente mi ha detto di risentirlo (…). Insomma, noi, parlando col Presidente, se Grasso non fa qualcosa, la vediamo proprio difficile qualunque cosa. Adesso lo possiamo rivedere, magari lo vede il Presidente un giorno di questi (…) M: Lei veda un po’ se Grasso ha intenzione anche di ascoltare me… sia pure in maniera riservatissima. Che nessuno ne sappia niente.
D: Va bene, tanto io lo devo sentire Grasso e lo sento domani. Va bene? D’Ambrosio confida a Mancino che Napolitano gli suggerisce di concordare una versione di comodo (dunque falsa: la verità non si concorda) con Martelli per appianare le divergenze. D: Qui il problema che si pone è il contrasto di posizione oggi ribadito pure da Martelli… e non so se mi sono spiegato (…) la posizione di Martelli… tant’è che il Presidente ha detto: “Ma lei ha parlato con Martelli?”… eh… indipendentemente dal processo diciamo così.
M: Ma io non è che posso parlare io con Martelli… che fa?
D: No no… dico no… io ho detto: “Guardi non credo, signor Presidente, comunque non lo so. A me aveva detto che aveva parlato con Amato giusto… e anche con Scalfaro…”.
Aprile 2012. Il giorno 3 Mancino scrive una lettera al Quirinale. D’Ambrosio: “Stiamo ragionando, ma il Presidente è orientato a fare qualcosa (…) ma per ora non le posso dire nulla (…). Sto elaborando un pochino le cose… però la decisione l’abbiamo già presa… Adesso il Presidente è in Giordania, quando torna si decide insieme… faccio la mia proposta e vediamo un attimino”. Poi anticipa a Mancino che il Quirinale girerà la lettera a Esposito con una richiesta precisa: “Il coordinamento consiste anche nell’utilizzare una strategia comune, nel compiere atti insieme (…) Tutto questo non sta accadendo”.
Il 4 il segretario generale del Quirinale, Donato Marra, trasmette la lettera a Esposito accompagnata da una nota con i desiderata di Napolitano, cioè di Mancino: “Illustre Presidente, per incarico del Presidente della Repubblica trasmetto la lettera con la quale il Senatore Nicola Mancino (che non è più senatore dal 2006, ndr) si duole del fatto che non siano state fin qui adottate forme di coordinamento delle attività svolte da più uffici giudiziari sulla cd. ‘trattativa’ che si assume intervenuta fra soggetti istituzionali ed esponenti della criminalità organizzata a ridosso delle stragi del 1992-‘93. (…) Il Capo dello Stato auspica possano essere prontamente adottate iniziative che assicurino la conformità di indirizzo delle procedure ai sensi degli strumenti che il nostro ordinamento prevede (…); e ciò specie al fine di dissipare le perplessità che derivano dalla percezione di gestioni non unitarie delle indagini collegate, i cui esiti possono anche incidere sulla coerenza dei successivi percorsi processuali. Il Presidente Napolitano le sarà grato di ogni consentita notizia”.
L’indomani, giorno 5, nessuno sa (né saprebbe mai, se a metà giugno non venissero pubblicate le intercettazioni) della lettera del Colle al Pg. Nessuno tranne Mancino, subito informato da D’Ambrosio, che gliela legge e gli confida che l’ha voluta Napolitano in persona, concordandola preventivamente col nuovo Pg Gianfranco Ciani e col sostituto Pasquale Ciccolo. D: Ho parlato pure, abbiamo parlato pure con Ciani. (…). Ho parlato sia con Ciccola che con Ciani: han voluto la lettera così fatta per sentirsi più forti (…) C’era una situazione che il Presidente aveva già detto all’Adunanza (del Csm, ndr), ha rilevato e percepisce questa mancanza di coordinamento e ti dice: esercita questi tuoi poteri anche nei confronti di Grasso. Qui il problema vero… Grasso si copre, questa è la verità, con la storia dell’avocazione, no? Perché è una gran cretinata l’avocazione, perché lui la cosa a cui deve pensare è il coordinamento (…).
M: Esatto, esatto.
D: Perché il minimo del coordinamento è questo, adesso vediamo come lo risolverà Ciani (…) noi non abbiamo mandato lei allo sbaraglio (…) Adesso lei lo sa, quando uscirà quello che il Presidente auspica, tra l’altro il Presidente l’ha letta prima di mandarla, eh non è una cosa solo di Marra. Lei può dire che ha saputo della lettera che le è stata mandata, è stato informato che la lettera è stata mandata al Pg. Poi ha saputo che era ai fini di un coordinamento investigativo, lei lo può dire parlando informalmente con il Presidente, perché no? (…). Lui sa tutto. E che, non lo sa? L’ha detto lui: “Io voglio che la lettera venga inviata, ma anche con la mia condivisione”.
Ciani, “più forte” grazie alla lettera del Colle, convoca segretamente il Pna Grasso il 19 aprile per parlare sia di avocare l’inchiesta di Palermo, sia di “coordinarla” con Caltanissetta e Firenze. Grasso respinge entrambe le proposte indecenti e se le fa mettere per iscritto. Recita il verbale della riunione: “Il Pna precisa di non avere registrato violazioni del protocollo del 28 aprile 2011 tali da poter fondare un intervento di avocazione. Il Pna rimetterà al Pg un’informativa scritta”.
Cioè ogni mossa del Quirinale pro Mancino è destituita di ogni fondamento: Grasso non ha né i poteri né i presupposti per fare ciò che gli viene chiesto: le indagini di Palermo sono regolarmente “coordinate” con quelle delle altre Procure da un anno. Resta da capire in base a quali norme o poteri o prerogative il Quirinale abbia tentato per mesi di condizionare, intralciare, deviare un’indagine in corso su richiesta di un potente ma privato cittadino, coinvolto in veste di testimone e prossimo indagato per falsa testimonianza. E in base a quali norme Napolitano pretenda ora che le sue telefonate vengano subito distrutte, trascinando alla Consulta i pm che obbediscono alla legge anziché a lui. Un abuso di potere per coprirne un altro.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/07 ... ti/295857/
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Re: Cittadino Presidente
Pierluigi Bersani su Unita.it:
«Indecenti gli attacchi al Colle»
http://www.unita.it/italia/dalle-unioni ... t-1.430467
************************************************************
stimato Pierluigi,
.
francamente trovo decisamente molto più indecenti gli attacchi ai pilastri dello stato sociale ,
conquistati con anni di lotte e qualche morto,
.
quali sono,scuola pubblica ,welfare,statuto dei lavoratori ed ora sanità.
.
l'indecenza consta nel fatto che il PD quei provvedimenti da macelleria sociale li ha votati e li votarà.
.
e per finire caro Pierluigi,vorrei ricordarti cosa tu stesso dichiarasti giusto un anno fa,il 28 giugno 2011 :
.
"Non accetteremo diktat e non accetteremo che vengano colpiti welfare e lavoro".
.
ed eccoti il linki dove puoi...rileggerti:
.
http://beta.partitodemocratico.it/doc/2 ... ionale.htm
.
e già che ci sono,
trovo anche abbastanza indecenti questi "muri di gomma" che si ergono ogniqualvolta c'è di mezzo qualche istituzione dello stato.
.
che,tanto per dirne una, noi qui in Emilia stiamo ancora aspettando che si faccia piena e completa luce sul dc9 di Ustica
.
e su CHI fu a lanciare quel missile...
«Indecenti gli attacchi al Colle»
http://www.unita.it/italia/dalle-unioni ... t-1.430467
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stimato Pierluigi,
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francamente trovo decisamente molto più indecenti gli attacchi ai pilastri dello stato sociale ,
conquistati con anni di lotte e qualche morto,
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quali sono,scuola pubblica ,welfare,statuto dei lavoratori ed ora sanità.
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l'indecenza consta nel fatto che il PD quei provvedimenti da macelleria sociale li ha votati e li votarà.
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e per finire caro Pierluigi,vorrei ricordarti cosa tu stesso dichiarasti giusto un anno fa,il 28 giugno 2011 :
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"Non accetteremo diktat e non accetteremo che vengano colpiti welfare e lavoro".
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ed eccoti il linki dove puoi...rileggerti:
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http://beta.partitodemocratico.it/doc/2 ... ionale.htm
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e già che ci sono,
trovo anche abbastanza indecenti questi "muri di gomma" che si ergono ogniqualvolta c'è di mezzo qualche istituzione dello stato.
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che,tanto per dirne una, noi qui in Emilia stiamo ancora aspettando che si faccia piena e completa luce sul dc9 di Ustica
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e su CHI fu a lanciare quel missile...
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