ITALIA-EMERGENZA LAVORO
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Re: ITALIA-EMERGENZA LAVORO
Vola la cassa integrazione
a febbraio sale del 49,1%
Tornano a crescere le richieste da parte delle aziende dei sussidi per i cassa integrati.
secondo i dati dell'Istituto di previdenza italiano (Inps), si tratta di una inversione di tendenza rispetto agli ultimi quattro mesi, in cui i disoccupati erano in calo.
segue al link:
http://www.repubblica.it/economia/2012/ ... ef=HRER2-1
a febbraio sale del 49,1%
Tornano a crescere le richieste da parte delle aziende dei sussidi per i cassa integrati.
secondo i dati dell'Istituto di previdenza italiano (Inps), si tratta di una inversione di tendenza rispetto agli ultimi quattro mesi, in cui i disoccupati erano in calo.
segue al link:
http://www.repubblica.it/economia/2012/ ... ef=HRER2-1
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Re: ITALIA-EMERGENZA LAVORO
Green economy:
investire per creare posti di lavoro .
E’ la ricetta anche per l’Italia, per uscire dalla crisi e investire nel futuro, con 1 miliardo di investimenti green 29mila nuovi posti di lavoro.
“Se l’Unione Europea investisse nei settori della green economy, produrrebbe più posti di lavori ad un costo inferiore rispetto a quelli previsti dalle attuali Politiche di Coesione e dalla Politica Agricola Comune (PAC).
Finanziando infatti con un miliardo di euro infrastrutture sostenibili e programmi ambientali in agricoltura si possono creare 29mila posti di lavoro.
Con un investimento più mirato della stessa cifra, i posti di lavori diventerebbero circa 52.700, nel settore delle energie rinnovabili, o 25.900 nei settori del risparmio energetico (soprattutto in quello edilizio).
E’ questa la vera ricetta per uscire dalla crisi ed offrire un lavoro stabile anche per molti giovani”.
Così il WWF Italia, alla vigilia dell’anniversario del Protocollo di Kyoto che ricorre domani giovedì 16 febbraio, commenta i dati dello studio
“Investire sul futuro:
Più posti di lavoro con un bilancio dell’Unione Europea più verde”,
curato insieme con altre ONG ambientaliste internazionali .
Il report, basato su precedenti lavori dell’UNEP, mostra il potenziale occupazionale nei settori della green economy nel prossimo bilancio 2014- 2020 dell'UE.
Non solo.
Lo studio evidenzia anche l’assenza di una valutazione degli investimenti fatti finora dall’Unione Europea:
nonostante la spesa di circa mille miliardi nel suo ultimo bilancio (2007-2013),
l’UE non ha mai intrapreso un lavoro di analisi costi-benefici.
Anche a livello degli Stati membri l'impatto sull'occupazione non è considerato.
Mentre il bilancio dell’UE rappresenta meno dell’1% del PIL europeo,
orientando i fondi nazionali e privati esso potrebbe avere un impatto considerevole.
E’ alla portata dell’Unione Europea fornire ciò che è meglio per l'ambiente e affrontare la disoccupazione durante la preparazione del prossimo bilancio UE.
segue al link:
http://wwf.it/client/ricerca.aspx?root=30137&content=1
investire per creare posti di lavoro .
E’ la ricetta anche per l’Italia, per uscire dalla crisi e investire nel futuro, con 1 miliardo di investimenti green 29mila nuovi posti di lavoro.
“Se l’Unione Europea investisse nei settori della green economy, produrrebbe più posti di lavori ad un costo inferiore rispetto a quelli previsti dalle attuali Politiche di Coesione e dalla Politica Agricola Comune (PAC).
Finanziando infatti con un miliardo di euro infrastrutture sostenibili e programmi ambientali in agricoltura si possono creare 29mila posti di lavoro.
Con un investimento più mirato della stessa cifra, i posti di lavori diventerebbero circa 52.700, nel settore delle energie rinnovabili, o 25.900 nei settori del risparmio energetico (soprattutto in quello edilizio).
E’ questa la vera ricetta per uscire dalla crisi ed offrire un lavoro stabile anche per molti giovani”.
Così il WWF Italia, alla vigilia dell’anniversario del Protocollo di Kyoto che ricorre domani giovedì 16 febbraio, commenta i dati dello studio
“Investire sul futuro:
Più posti di lavoro con un bilancio dell’Unione Europea più verde”,
curato insieme con altre ONG ambientaliste internazionali .
Il report, basato su precedenti lavori dell’UNEP, mostra il potenziale occupazionale nei settori della green economy nel prossimo bilancio 2014- 2020 dell'UE.
Non solo.
Lo studio evidenzia anche l’assenza di una valutazione degli investimenti fatti finora dall’Unione Europea:
nonostante la spesa di circa mille miliardi nel suo ultimo bilancio (2007-2013),
l’UE non ha mai intrapreso un lavoro di analisi costi-benefici.
Anche a livello degli Stati membri l'impatto sull'occupazione non è considerato.
Mentre il bilancio dell’UE rappresenta meno dell’1% del PIL europeo,
orientando i fondi nazionali e privati esso potrebbe avere un impatto considerevole.
E’ alla portata dell’Unione Europea fornire ciò che è meglio per l'ambiente e affrontare la disoccupazione durante la preparazione del prossimo bilancio UE.
segue al link:
http://wwf.it/client/ricerca.aspx?root=30137&content=1
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Re: ITALIA-EMERGENZA LAVORO
Le crisi di marzo:
1 marzo
-Champion, lavoratrici trasferite da Scandicci a Carpi.
-Schonhuber Franchi, licenzia senza motivo 5 lavoratori a San Giovanni al Natisone.
-Coselgi di Pomezia, a rischio 34 posti di lavoro.
-Om di Bari, salta riconversione, 283 posti di lavoro a rischio.
2 marzo
-AnsaldoBreda, slitta assunzione dei lavoratori interinali.
-Coin, verso chiusura punto vendita Martignacco, 20 posti di lavoro a rischio.
-Gruppo STI annuncia chiusura e 234 licenziamenti.
6 marzo
-TCT Taranto, raggiunto accordo per 24 mesi di CIGS.
-Faber di Fossato di Vico,conferma chiusura e ricolloca il personale.
-Vivaisti Cicolella, 200 dipendenti attendono rinnovo della CIGS.
-Wonderful, altri 200 posti a rischio in Umbria.
http://www.cgil.it/dettagliodocumento.aspx?ID=18439
Le crisi di febbraio 2012 al link:
http://www.cgil.it/dettagliodocumento.aspx?ID=18578
1 marzo
-Champion, lavoratrici trasferite da Scandicci a Carpi.
-Schonhuber Franchi, licenzia senza motivo 5 lavoratori a San Giovanni al Natisone.
-Coselgi di Pomezia, a rischio 34 posti di lavoro.
-Om di Bari, salta riconversione, 283 posti di lavoro a rischio.
2 marzo
-AnsaldoBreda, slitta assunzione dei lavoratori interinali.
-Coin, verso chiusura punto vendita Martignacco, 20 posti di lavoro a rischio.
-Gruppo STI annuncia chiusura e 234 licenziamenti.
6 marzo
-TCT Taranto, raggiunto accordo per 24 mesi di CIGS.
-Faber di Fossato di Vico,conferma chiusura e ricolloca il personale.
-Vivaisti Cicolella, 200 dipendenti attendono rinnovo della CIGS.
-Wonderful, altri 200 posti a rischio in Umbria.
http://www.cgil.it/dettagliodocumento.aspx?ID=18439
Le crisi di febbraio 2012 al link:
http://www.cgil.it/dettagliodocumento.aspx?ID=18578
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Re: ITALIA-EMERGENZA LAVORO
Produzione industriale in calo.
è il ribasso peggiore dal 2009.
Contrazione del 2,5% rispetto a dicembre (dato destagionalizzato) e del 5% su base annua.
Segno meno energia (-5,9%)
e i beni di consumo (-5,8%).
Diminuiscono in misura significativa anche i beni intermedi (-5,4%)
e i beni strumentali (-4,2%).
A gennaio crollano gli autoveicoli: -36,8%.
segue al link:
http://www.repubblica.it/economia/2012/ ... -31227881/
è il ribasso peggiore dal 2009.
Contrazione del 2,5% rispetto a dicembre (dato destagionalizzato) e del 5% su base annua.
Segno meno energia (-5,9%)
e i beni di consumo (-5,8%).
Diminuiscono in misura significativa anche i beni intermedi (-5,4%)
e i beni strumentali (-4,2%).
A gennaio crollano gli autoveicoli: -36,8%.
segue al link:
http://www.repubblica.it/economia/2012/ ... -31227881/
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Re: ITALIA-EMERGENZA LAVORO
La Repubblica fondata sull'insicurezza.
Sempre più italiani si dichiarano preoccupati per il rischio di perdere il lavoro.
E quasi 9 persone su 10 pensano che i giovani occuperanno una posizione sociale peggiore dei genitori.
La crisi del lavoro costringe ad abituarsi all'incertezza.
Ipotecando il futuro.
di ILVO DIAMANTI
È IL LAVORO la questione intorno a cui ruota il dibattito politico di questa fase.
L'articolo 18, il mercato del lavoro, gli ammortizzatori sociali, il futuro dei giovani, il posto fisso, i mammoni.
Angelino Alfano ha indicato al governo tre priorità:
"Lavoro, lavoro e lavoro".
Apostrofato da Bersani: "L'ha scoperto solo ora (per non parlare delle frequenze tivù)".
Il lavoro e il suo reciproco:
il non-lavoro attraggono, dunque, l'interesse degli attori politici e del governo.
Ma, forse, non abbastanza rispetto a quanto avviene nella società.
La disoccupazione, infatti, è il problema più sentito dai cittadini, in Italia, da almeno due anni, come emerge dai dati dell'Osservatorio sulla sicurezza in Europa (curato da Demos 1, l'Osservatorio di Pavia e la Fondazione Unipolis), a cui facciamo riferimento in questa Mappa.
Una persona su due, infatti, si definisce "frequentemente" preoccupata
- per sé e i propri familiari -
di perdere il lavoro (gennaio 2012).
Circa dieci punti in più rispetto a un anno fa.
D'altronde, nel campione rappresentativo della popolazione italiana, il 35% dichiara che, nell'ultimo anno, in famiglia, qualcuno ha cercato lavoro, senza trovarlo.
Il 22%, che (in famiglia) qualcuno è stato messo in mobilità o in cassa integrazione. Il 19%, infine, che qualcuno, in famiglia, ha perduto il lavoro.
In definitiva, quasi una famiglia su due sta sperimentando gli effetti della crisi sul piano dell'occupazione.
Un problema comune al resto d'Europa, dove si rileva un grado di inquietudine analogo. Con una differenza significativa.
L'85% degli italiani ritiene che i giovani, nel prossimo futuro, occuperanno una posizione sociale peggiore rispetto ai genitori.
Quasi 10 punti in più rispetto a Francia e Gran Bretagna, ma circa 20 più che in Germania e Spagna.
In altri termini:
l'incertezza e la precarietà del lavoro si riflettono nell'incertezza e nella precarietà del futuro dei giovani.
Anzi, nell'incertezza del futuro, semplicemente. D'altronde, il 56% degli italiani non vede sbocco a questa crisi.
Non riesce a immaginare quando finirà. Certamente non prima di due anni.
Il lavoro - incerto, precario e perduto - alimenta l'insicurezza economica.
Un sentimento che contagia il 73% degli italiani e trascina le altre dimensioni dell'insicurezza.
Non a caso le paure relative alla globalizzazione e alla criminalità risultano molto più elevate fra coloro che si sentono maggiormente minacciati dalla disoccupazione.
È come se, insieme all'incertezza del lavoro, fosse cresciuto un diffuso e crescente senso di "insicurezza ontologica", per usare il linguaggio di Zygmunt Bauman.
Che, cioè, scuote alle radici il nostro sistema di riferimenti sociali e personali.
Mette in dubbio la nostra identità.
E ci schiaccia nel presente, lasciandoci senza ancore né legami.
Da ciò la differenza da un tempo, quando il lavoro ci forniva relazioni, prospettive, senso. Anche quando era una "materia scarsa", quanto e più di oggi.
Basti pensare alla rappresentazione - cruda e disincantata - di Luigi Meneghello, in "Libera nos a Malo":
"C'è invece l'espressione 'bisogna', nel senso in cui si dice che morire bisogna.
Anche lavorare bisogna, per sé, per la 'dòna', per 'el me òmo', per i figli, per i vecchi che non possono più lavorare. Bisogna lavorare, non otto ore, o sette ore, o dieci ore, ma praticamente sempre....".
Il lavoro, come necessità.
Dura e senza fine.
A cui affidare la propria condizione e quella della propria famiglia.
Ma anche la propria identità, la propria immagine e il proprio riconoscimento, di fronte agli altri.
Oggi, però, quel modello si è dissolto.
Perché se è vero che "lavorare bisogna" occorre aggiungere:
"Se possibile".
Ma soprattutto "senza certezze e senza continuità".
Il che scardina il fondamento stesso della nostra società "laburista".
Dove se lavori esisti ed esisti se lavori.
Dove le divisioni sociali e politiche si sono formate intorno alla posizione occupata nei rapporti di lavoro. Operai, impiegati, imprenditori. Lavoratori "dipendenti" e "autonomi".
Non è un problema di "lavoro fisso", ma di "lavoro certo".
E di professione, a cui si collegano il reddito e la posizione sociale.
Ma se il mercato del lavoro e il welfare diventano "liquidi" (per echeggiare ancora Bauman), allora anche il futuro tende a liquefarsi.
Allora le relazioni sociali, i valori e, a maggior ragione, i riferimenti politici e istituzionali: tutto diventa liquido e relativo.
E la sindrome dell'insicurezza si diffonde.
Non tanto fra i giovani, ma soprattutto fra le generazioni adulte e anziane.
I genitori e i nonni.
Gli indici più bassi di insicurezza economica, infatti, emergono tra i giovani fra 15 e 25 anni.
I più elevati:
tra le persone intorno ai 30 anni e, soprattutto di età centrale (45-54 anni).
I fratelli maggiori e genitori.
Lo stesso si osserva in relazione al futuro dei giovani.
I più pessimisti sono gli adulti e gli anziani.
I meno preoccupati proprio loro: i giovani più giovani. Anche se pochi a quell'età lavorano.
Non si tratta di incoscienza giovanile.
È che ormai si sono abituati all'in-certezza.
All'assenza di luoghi e riferimenti certi.
Si sono abituati al lavoro intermittente, assente e perfino alla transizione infinita.
Senza stazioni di passaggio e senza destinazioni.
Si sono abituati a fare affidamento sui genitori e la famiglia - finché dura.
E su se stessi.
Si sono abituati a un'idea del futuro senza progetti e senza percorsi programmati.
Idealisti con realismo.
L'angoscia, invece, è tutta nostra.
Colpisce la società adulta e anziana.
Coloro che hanno impostato la loro vita sul futuro.
E l'idea stessa di futuro sui giovani.
Sul passaggio da una generazione all'altra.
E sul lavoro - e il suo complemento:
lo sviluppo, anch'esso sinonimo di futuro.
Ma se il lavoro diventa liquido e in-definito.
Senza regole e senza prospettive.
Insicuro:
senza sicurezza del futuro.
Senza "previdenza".
Soprattutto per i giovani, intermittenti (nel lavoro) e imprevidenti (senza pensione).
Allora, rischiamo di trovarci non solo senza lavoro e senza pensione.
Ma senza futuro.
E senza presente.
Il problema può, forse, apparire astratto, dal punto di vista "tecnico".
Ma non dal punto di vista"politico".
E dal punto di vista "personale" mi inquieta molto.
(12 marzo 2012) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... -31377643/
Sempre più italiani si dichiarano preoccupati per il rischio di perdere il lavoro.
E quasi 9 persone su 10 pensano che i giovani occuperanno una posizione sociale peggiore dei genitori.
La crisi del lavoro costringe ad abituarsi all'incertezza.
Ipotecando il futuro.
di ILVO DIAMANTI
È IL LAVORO la questione intorno a cui ruota il dibattito politico di questa fase.
L'articolo 18, il mercato del lavoro, gli ammortizzatori sociali, il futuro dei giovani, il posto fisso, i mammoni.
Angelino Alfano ha indicato al governo tre priorità:
"Lavoro, lavoro e lavoro".
Apostrofato da Bersani: "L'ha scoperto solo ora (per non parlare delle frequenze tivù)".
Il lavoro e il suo reciproco:
il non-lavoro attraggono, dunque, l'interesse degli attori politici e del governo.
Ma, forse, non abbastanza rispetto a quanto avviene nella società.
La disoccupazione, infatti, è il problema più sentito dai cittadini, in Italia, da almeno due anni, come emerge dai dati dell'Osservatorio sulla sicurezza in Europa (curato da Demos 1, l'Osservatorio di Pavia e la Fondazione Unipolis), a cui facciamo riferimento in questa Mappa.
Una persona su due, infatti, si definisce "frequentemente" preoccupata
- per sé e i propri familiari -
di perdere il lavoro (gennaio 2012).
Circa dieci punti in più rispetto a un anno fa.
D'altronde, nel campione rappresentativo della popolazione italiana, il 35% dichiara che, nell'ultimo anno, in famiglia, qualcuno ha cercato lavoro, senza trovarlo.
Il 22%, che (in famiglia) qualcuno è stato messo in mobilità o in cassa integrazione. Il 19%, infine, che qualcuno, in famiglia, ha perduto il lavoro.
In definitiva, quasi una famiglia su due sta sperimentando gli effetti della crisi sul piano dell'occupazione.
Un problema comune al resto d'Europa, dove si rileva un grado di inquietudine analogo. Con una differenza significativa.
L'85% degli italiani ritiene che i giovani, nel prossimo futuro, occuperanno una posizione sociale peggiore rispetto ai genitori.
Quasi 10 punti in più rispetto a Francia e Gran Bretagna, ma circa 20 più che in Germania e Spagna.
In altri termini:
l'incertezza e la precarietà del lavoro si riflettono nell'incertezza e nella precarietà del futuro dei giovani.
Anzi, nell'incertezza del futuro, semplicemente. D'altronde, il 56% degli italiani non vede sbocco a questa crisi.
Non riesce a immaginare quando finirà. Certamente non prima di due anni.
Il lavoro - incerto, precario e perduto - alimenta l'insicurezza economica.
Un sentimento che contagia il 73% degli italiani e trascina le altre dimensioni dell'insicurezza.
Non a caso le paure relative alla globalizzazione e alla criminalità risultano molto più elevate fra coloro che si sentono maggiormente minacciati dalla disoccupazione.
È come se, insieme all'incertezza del lavoro, fosse cresciuto un diffuso e crescente senso di "insicurezza ontologica", per usare il linguaggio di Zygmunt Bauman.
Che, cioè, scuote alle radici il nostro sistema di riferimenti sociali e personali.
Mette in dubbio la nostra identità.
E ci schiaccia nel presente, lasciandoci senza ancore né legami.
Da ciò la differenza da un tempo, quando il lavoro ci forniva relazioni, prospettive, senso. Anche quando era una "materia scarsa", quanto e più di oggi.
Basti pensare alla rappresentazione - cruda e disincantata - di Luigi Meneghello, in "Libera nos a Malo":
"C'è invece l'espressione 'bisogna', nel senso in cui si dice che morire bisogna.
Anche lavorare bisogna, per sé, per la 'dòna', per 'el me òmo', per i figli, per i vecchi che non possono più lavorare. Bisogna lavorare, non otto ore, o sette ore, o dieci ore, ma praticamente sempre....".
Il lavoro, come necessità.
Dura e senza fine.
A cui affidare la propria condizione e quella della propria famiglia.
Ma anche la propria identità, la propria immagine e il proprio riconoscimento, di fronte agli altri.
Oggi, però, quel modello si è dissolto.
Perché se è vero che "lavorare bisogna" occorre aggiungere:
"Se possibile".
Ma soprattutto "senza certezze e senza continuità".
Il che scardina il fondamento stesso della nostra società "laburista".
Dove se lavori esisti ed esisti se lavori.
Dove le divisioni sociali e politiche si sono formate intorno alla posizione occupata nei rapporti di lavoro. Operai, impiegati, imprenditori. Lavoratori "dipendenti" e "autonomi".
Non è un problema di "lavoro fisso", ma di "lavoro certo".
E di professione, a cui si collegano il reddito e la posizione sociale.
Ma se il mercato del lavoro e il welfare diventano "liquidi" (per echeggiare ancora Bauman), allora anche il futuro tende a liquefarsi.
Allora le relazioni sociali, i valori e, a maggior ragione, i riferimenti politici e istituzionali: tutto diventa liquido e relativo.
E la sindrome dell'insicurezza si diffonde.
Non tanto fra i giovani, ma soprattutto fra le generazioni adulte e anziane.
I genitori e i nonni.
Gli indici più bassi di insicurezza economica, infatti, emergono tra i giovani fra 15 e 25 anni.
I più elevati:
tra le persone intorno ai 30 anni e, soprattutto di età centrale (45-54 anni).
I fratelli maggiori e genitori.
Lo stesso si osserva in relazione al futuro dei giovani.
I più pessimisti sono gli adulti e gli anziani.
I meno preoccupati proprio loro: i giovani più giovani. Anche se pochi a quell'età lavorano.
Non si tratta di incoscienza giovanile.
È che ormai si sono abituati all'in-certezza.
All'assenza di luoghi e riferimenti certi.
Si sono abituati al lavoro intermittente, assente e perfino alla transizione infinita.
Senza stazioni di passaggio e senza destinazioni.
Si sono abituati a fare affidamento sui genitori e la famiglia - finché dura.
E su se stessi.
Si sono abituati a un'idea del futuro senza progetti e senza percorsi programmati.
Idealisti con realismo.
L'angoscia, invece, è tutta nostra.
Colpisce la società adulta e anziana.
Coloro che hanno impostato la loro vita sul futuro.
E l'idea stessa di futuro sui giovani.
Sul passaggio da una generazione all'altra.
E sul lavoro - e il suo complemento:
lo sviluppo, anch'esso sinonimo di futuro.
Ma se il lavoro diventa liquido e in-definito.
Senza regole e senza prospettive.
Insicuro:
senza sicurezza del futuro.
Senza "previdenza".
Soprattutto per i giovani, intermittenti (nel lavoro) e imprevidenti (senza pensione).
Allora, rischiamo di trovarci non solo senza lavoro e senza pensione.
Ma senza futuro.
E senza presente.
Il problema può, forse, apparire astratto, dal punto di vista "tecnico".
Ma non dal punto di vista"politico".
E dal punto di vista "personale" mi inquieta molto.
(12 marzo 2012) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... -31377643/
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Re: ITALIA-EMERGENZA LAVORO
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...omissi...
L'angoscia, invece, è tutta nostra.
Colpisce la società adulta e anziana.
Coloro che hanno impostato la loro vita sul futuro.
E l'idea stessa di futuro sui giovani.
Sul passaggio da una generazione all'altra.
E sul lavoro - e il suo complemento:
lo sviluppo, anch'esso sinonimo di futuro.
Ma se il lavoro diventa liquido e in-definito.
Senza regole e senza prospettive.
Insicuro:
senza sicurezza del futuro.
Senza "previdenza".
Soprattutto per i giovani, intermittenti (nel lavoro) e imprevidenti (senza pensione).
Allora, rischiamo di trovarci non solo senza lavoro e senza pensione.
Ma senza futuro.
E senza presente.
Il problema può, forse, apparire astratto, dal punto di vista "tecnico".
Ma non dal punto di vista"politico".
E dal punto di vista "personale" mi inquieta molto.
(12 marzo 2012) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... -31377643/
anche a me inquieta molto.
per questo auspico che la politica sappia riprendere il soppravento su questo governo di "tecnici" di ragioneria bancaria,
che vedono le cifre ma non vedono le persone.
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Re: ITALIA-EMERGENZA LAVORO
sono talmente rare le buone notizie che è davvero una soddisfazione comunicarle:
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Faenza,
la Omsa si salva con la produzione di divani.
Svolta positiva per l'azienda di calze:
entro la fine del mese lo stabilimento sarà acquistato da Atl group,
che si impegna a dare lavoro ad almeno 120 persone.
A inizio anno 239 lavoratrici lasciate a casa.
E' uno spiraglio più che concreto quello che si è aperto oggi nella sede della Regione Emilia-Romagna per il futuro della Omsa di Faenza:
lo stabilimento sarà acquistato da Atl group di Forlì, che produce divani,
che si impegna ad assumere 120 operaie del gruppo Golden lady.
Sono il doppio - 239 lavoratrici - lasciate a casa a inizio anno a mezzo fax.
Un atteggiamento, quest'ultimo, che oltre a colpire le dirette interessate aveva anche irritato i vertici della Regione.
Il contratto di acquisto dello stabilimento avverrà
"presumibilmente entro fine marzo 2012", quindi a giorni.
Due stabilimenti di Atl si trasferiranno in quello faentino,
previo adeguamento degli impianti e conseguente acquisto di nuovi macchinari.
Ma serve la copertura finanziaria dell'investimento, pari a 20 milioni, da parte di un gruppo di banche.
Plaude all'intesa raggiunta oggi il governatore Vasco Errani:
"Con il tavolo di oggi si è aperta una fase nuova per dare una risoluzione strategica alla vertenza Golden Lady-Omsa, che rappresenta per noi un punto fondamentale.
Per la prima volta c'è un progetto vero di reindustrializzazione dell’area Omsa:
non era una cosa scontata,
date le condizioni di crisi in cui agiamo.
Occorre un percorso rapido, conservando la compattezza avuta fino ad oggi e mettendo al primo posto il lavoro".
http://bologna.repubblica.it/cronaca/20 ... f=HREC1-12
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Faenza,
la Omsa si salva con la produzione di divani.
Svolta positiva per l'azienda di calze:
entro la fine del mese lo stabilimento sarà acquistato da Atl group,
che si impegna a dare lavoro ad almeno 120 persone.
A inizio anno 239 lavoratrici lasciate a casa.
E' uno spiraglio più che concreto quello che si è aperto oggi nella sede della Regione Emilia-Romagna per il futuro della Omsa di Faenza:
lo stabilimento sarà acquistato da Atl group di Forlì, che produce divani,
che si impegna ad assumere 120 operaie del gruppo Golden lady.
Sono il doppio - 239 lavoratrici - lasciate a casa a inizio anno a mezzo fax.
Un atteggiamento, quest'ultimo, che oltre a colpire le dirette interessate aveva anche irritato i vertici della Regione.
Il contratto di acquisto dello stabilimento avverrà
"presumibilmente entro fine marzo 2012", quindi a giorni.
Due stabilimenti di Atl si trasferiranno in quello faentino,
previo adeguamento degli impianti e conseguente acquisto di nuovi macchinari.
Ma serve la copertura finanziaria dell'investimento, pari a 20 milioni, da parte di un gruppo di banche.
Plaude all'intesa raggiunta oggi il governatore Vasco Errani:
"Con il tavolo di oggi si è aperta una fase nuova per dare una risoluzione strategica alla vertenza Golden Lady-Omsa, che rappresenta per noi un punto fondamentale.
Per la prima volta c'è un progetto vero di reindustrializzazione dell’area Omsa:
non era una cosa scontata,
date le condizioni di crisi in cui agiamo.
Occorre un percorso rapido, conservando la compattezza avuta fino ad oggi e mettendo al primo posto il lavoro".
http://bologna.repubblica.it/cronaca/20 ... f=HREC1-12
Re: ITALIA-EMERGENZA LAVORO
If I were you .... I would have opened a new topic , namedshiloh ha scritto:sono talmente rare le buone notizie che è davvero una soddisfazione comunicarle:
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GOOD NEWS
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Re: ITALIA-EMERGENZA LAVORO
I can't.Amadeus ha scritto:If I were you .... I would have opened a new topic , namedshiloh ha scritto:sono talmente rare le buone notizie che è davvero una soddisfazione comunicarle:
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GOOD NEWS
the copyright on that topic belongs to you ma'am.
If I were in your shoes I would have already done it...so please go on.
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Re: ITALIA-EMERGENZA LAVORO
Per quanto riguarda la situazione dell'Omsa, la notizia è che la fabbrica verrà acquistata da altri e riconvertita. Al momento circa la metà delle operaie salverebbe il proprio posto, per le altre si dovrà comunque cercare una soluzione.
Posto che rimane la vergogna della "fuga" all'estero per spendere meno per la manodopera dai vecchi proprietari, la riconversione di alcune produzioni può essere, come dicevo anche nel topic sulla fiat, un modo per riprendere la strada dello sviluppo.
Fermo restando che vanno "salvate" anche le altre operaie, assolutamente.
Posto che rimane la vergogna della "fuga" all'estero per spendere meno per la manodopera dai vecchi proprietari, la riconversione di alcune produzioni può essere, come dicevo anche nel topic sulla fiat, un modo per riprendere la strada dello sviluppo.
Fermo restando che vanno "salvate" anche le altre operaie, assolutamente.
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
Robert Harris, "Archangel"
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